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ilCONCETTO ed il PROGETTO - Mauro Minniti

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Prefazione di<br />

Maurizio GASPARRI<br />

<strong>il</strong> CONCETTO<br />

<strong>ed</strong> <strong>il</strong> <strong>PROGETTO</strong><br />

<strong>Mauro</strong> <strong>Minniti</strong>


Maurizio Gasparri<br />

è nato nel 1956 a<br />

Roma, dove vive con<br />

la moglie e la figlia.<br />

Si forma attraverso<br />

studi classici e presto<br />

è assorbito da<br />

due forti passioni: <strong>il</strong> giornalismo e la<br />

politica. Giornalista professionista, ha<br />

diretto i periodici “Dissenso” e “All’Orizzonte”,<br />

<strong>ed</strong> è stato condirettore del<br />

“Secolo d’Italia”. Autore di numerosi<br />

saggi, coautore, con A. Urso, de “L’età<br />

dell’intelligenza” è stato Presidente nazionale<br />

del Fronte della Gioventù e del<br />

Fuan-Destra Universitaria. Nel 1988,<br />

quando G. Fini diventa per la prima<br />

volta segretario del MSI, Gasparri è tra<br />

i quadri dirigenti del partito. Nel 1992<br />

è eletto alla Camera nelle liste del MSI<br />

e, due anni dopo, viene riconfermato<br />

deputato di AN. Nel 1994, nel primo<br />

governo Berlusconi, riveste la carica<br />

di Sottosegretario all’Interno. Nel 1995<br />

è nominato coordinatore dell’Esecutivo<br />

politico di A.N. Viene rieletto alle elezioni<br />

politiche del 1996 e diviene vice<br />

Presidente del Gruppo parlamentare<br />

di AN alla Camera dei Deputati. Nelle<br />

politiche del 2001 è eletto in Calabria,<br />

capolista nel collegio proporzionale. Il<br />

suo massimo sforzo è teso a ridurre le<br />

distanze tra politica <strong>ed</strong> elettorato. Nel<br />

secondo Governo Berlusconi, da Ministro<br />

delle Comunicazioni, Gasparri ha<br />

coronato <strong>il</strong> suo incarico con <strong>il</strong> varo del<br />

Codice delle comunicazioni e con la<br />

“Legge Gasparri” che riordina <strong>il</strong> sistema<br />

radiotelevisivo. Nel 2005 ha pubblicato<br />

<strong>il</strong> libro “Fare <strong>il</strong> Futuro”, nel quale<br />

si ripercorrono quattro anni di intenso<br />

impegno al Governo dell’Italia.


<strong>il</strong> CONCETTO<br />

<strong>ed</strong> <strong>il</strong> <strong>PROGETTO</strong><br />

<strong>Mauro</strong> <strong>Minniti</strong>


Ciao Pa’.


„Ci sono state in passato<br />

persone che hanno cambiato le cose,<br />

non perché si aspettavano<br />

un risultato imm<strong>ed</strong>iato dal loro agire,<br />

ma perché avevano un progetto“.<br />

Dalai Lama


Prefazione<br />

PREFAZIONE<br />

Il libro di <strong>Mauro</strong> <strong>Minniti</strong> riesce a sintetizzare passione<br />

e progetto. La prima nasce da una m<strong>il</strong>itanza sim<strong>il</strong>e<br />

a quella di tutti coloro che a destra non hanno fatto<br />

scelte di convenienza, ma hanno anteposto gli ideali<br />

agli interessi personali.<br />

Il libro di <strong>Mauro</strong> ripercorre una bella esperienza<br />

<strong>ed</strong> ha una capacità di unire la passione autentica ad<br />

obiettivi ambiziosi. Mi ha fatto piacere seguire <strong>il</strong> suo<br />

percorso iniziato nel 1977, quando mi occupavo del<br />

periodico del Fronte della Gioventù “Dissenso”, che nel<br />

libro viene citato tra le riviste <strong>ed</strong> i volumi, che servivano<br />

ad un mondo povero di mezzi per conoscere, sapere,<br />

formarsi. Ma <strong>il</strong> volume non è soltanto un cammino<br />

nella memoria, è anche l’esposizione di un progetto,<br />

nella consapevolezza del ruolo importante <strong>ed</strong> incisivo<br />

che la destra deve avere in Alto Adige.<br />

7


A me è capitato diverse volte in questi anni, nei<br />

diversi ruoli a cui sono stato chiamato, di essere in<br />

Alto Adige con la nostra gente, capace di coagulare<br />

attorno a sé un grande consenso. Ma lo sforzo della<br />

generazione di <strong>Mauro</strong> <strong>Minniti</strong> è quello di passare dal<br />

ruolo di partito di raccolta della componente di lingua<br />

italiana a protagonisti di una svolta che possa incidere<br />

in maniera positiva nella realtà.<br />

Non è fac<strong>il</strong>e. Come si afferma nel libro, gli interlocutori<br />

di altre componenti linguistiche hanno preferito più volte<br />

arroccarsi, quasi soffocando i tentativi di dialogo e di confronto.<br />

Mi capitò anni fa di partecipare ad uno di questi<br />

episodi. Ma gli sv<strong>il</strong>uppi non sono stati pari alle aspettative.<br />

La destra del resto non può rinunciare alla sua storia,<br />

alla sua identità, al suo spirito comunitario. La parola<br />

comunità torna tante volte nel libro di <strong>Mauro</strong>, sia in riferimento<br />

al nostro mondo politico che alla componente<br />

di lingua italiana, che in provincia di Bolzano affronta,<br />

anche oggi in piena epoca di integrazione europea,<br />

molte difficoltà.<br />

Dobbiamo proiettarci verso <strong>il</strong> nuovo, trovare sia in<br />

s<strong>ed</strong>e nazionale che in s<strong>ed</strong>e locale le modalità per coniugare<br />

una tradizione con una proposta politica per <strong>il</strong><br />

nostro tempo.<br />

Dobbiamo essere una destra aperta al dialogo, che<br />

sappia confrontarsi all’esterno. Da questo punto di vista<br />

le indicazioni sono chiare e precise, <strong>ed</strong> <strong>il</strong> merito del libro<br />

è proprio quello di saper coniugare i diversi aspetti: un<br />

percorso di m<strong>il</strong>itanza che ho avuto modo di apprezzare<br />

in un’amicizia che si è consolidata nel tempo, la cultura<br />

politica che ha fatto lievitare questa m<strong>il</strong>itanza, l’impegno<br />

8 Prefazione


nelle istituzioni, sapendo di rappresentare chi ha patito<br />

e patisce evidenti ingiustizie, ma deve reagire guardando<br />

avanti <strong>ed</strong> oltre.<br />

Mi auguro che le indicazioni contenute in questo<br />

volume possano contribuire in maniera diretta a realizzare<br />

la linea politica della destra alto-atesina, di una<br />

destra identitaria ma anche pensante, protagonista e<br />

combattiva ma portatrice di programmi, e che superando<br />

le discriminazioni sofferte da chi troppo a lungo è<br />

stato considerato figlio di un Dio minore, saprà essere<br />

protagonista del cambiamento.<br />

Dobbiamo pensare al domani, alla revisione di norme<br />

e di limiti che sono anti-storici, proprio adesso che<br />

la globalizzazione, non cancellando l’identità, chiama<br />

a nuove e diverse sfide. Dobbiamo fare questo sforzo<br />

all’insegna della coerenza, ma osservando i cambiamenti,<br />

aprendoci al dialogo.<br />

Non è fac<strong>il</strong>e essere all’altezza di questa prova e lo è<br />

ancora meno in una terra dove gli scontri della storia,<br />

la convivenza tra gruppi con diversi percorsi e diverse<br />

lingue ha reso più complessa la vita quotidiana e ancor<br />

di più l’azione politica.<br />

Per tutti noi l’Alto Adige è un luogo di grandi passioni,<br />

ma non può essere solo s<strong>ed</strong>e di memorie e di ricordi.<br />

Deve essere anche <strong>il</strong> posto dove la gente sa mettere a<br />

nudo la contraddizione di componenti linguistiche che<br />

si uniscono a forze molto diverse da sé e dai propri<br />

valori, pur di non affrontare <strong>il</strong> proprio tempo e <strong>il</strong> dialogo<br />

con la destra rappresentata da Alleanza Nazionale. Non<br />

possiamo camminare a ritroso. <strong>Minniti</strong> lo dice con chiarezza<br />

e coraggio in questo libro. Ed offre molti spunti<br />

Prefazione<br />

9


per <strong>il</strong> cammino futuro. Siamo partiti da lontano, siamo<br />

rimasti m<strong>il</strong>itanti appassionati e coerenti, ma comprendiamo<br />

la necessità di dare alla nostra comunità politica <strong>ed</strong><br />

alle nostre comunità territoriali sbocchi e prospettive. E’<br />

proprio lo sforzo che <strong>Mauro</strong> ha fatto e gli auguro che<br />

i traguardi indicati in questo volume possano trovare<br />

concreta realizzazione politica. E sarà per me una fortuna<br />

essergli accanto in quel momento.<br />

Maurizio Gasparri<br />

10 Prefazione


Introduzione<br />

INTRODUZIONE<br />

Stab<strong>il</strong>immo di incontrarci nel primo pomeriggio di<br />

un giorno di maggio nella piazza principale della nostra<br />

città, quella che c’è pressochè in tutti i centri urbani<br />

con più di 30 m<strong>il</strong>a abitanti e dove, soprattutto, c’è un<br />

teatro che dà <strong>il</strong> nome a quella piazza: Piazza Teatro,<br />

appunto. Era <strong>il</strong> 1977. Adolfo, Leopoldo <strong>ed</strong> io, in stretto<br />

ordine alfabetico, avevamo fatto la scelta che, per<br />

quanto mi riguarda, condizionò tutta la mia vita futura:<br />

recarsi nella s<strong>ed</strong>e storica del MSI di Merano sita in via<br />

Sch<strong>il</strong>ler, <strong>il</strong> covo della Destra meranese. Uno stanzone -<br />

usato talvolta come dormitorio per i ragazzi del partito,<br />

che nel settembre di ogni anno da Roma salivano a<br />

Merano per raccogliere le mele e guadagnarsi qualche<br />

lira - trasformato in magazzino al cui interno si trovava<br />

un tavolo da ping pong, un bagnetto-laboratorio per<br />

produrre secchi di colla necessari per affiggere i mani-<br />

11


festi, non sempre nel posto consentito; un ufficio con<br />

due scrivanie modeste, due s<strong>ed</strong>ie, una panca ad angolo;<br />

qualche mob<strong>il</strong>etto <strong>ed</strong> una piccola libreria. Accanto ad<br />

essa, nonostante in passato proprio la libreria tentasse<br />

di celarlo, un dipinto impresso sul muro inneggiava all’Organizzazione<br />

per la Liberazione della Palestina. Un<br />

braccio armato di mitra <strong>ed</strong> una kefiah avvolta vicino.<br />

Mi sorprese questo disegno, peraltro ben fatto. Fino<br />

ad allora, per quanto fossi un giovane tr<strong>ed</strong>icenne con<br />

conoscenze politiche alquanto limitate, avevo cr<strong>ed</strong>uto<br />

che la Destra simpatizzasse più per la popolazione israeliana<br />

che non per quella palestinese. Scoprii così che<br />

in realtà a quel tempo la Comunità politica <strong>ed</strong> umana<br />

che andavo ad incontrare - e che mi avrebbe accompagnato<br />

per questi trent’anni - aveva posizioni controverse<br />

sulla questione m<strong>ed</strong>io-orientale; c’era soprattutto una<br />

posizione f<strong>il</strong>o-israeliana che imperava al nostro interno<br />

e che rappresentava, come avevo ben interpretato, la<br />

linea ufficiale del partito. Ma numerosi già allora erano<br />

anche quei ragazzi che, alla stella di David, preferivano<br />

la kefiah per indicare la propria tendenza f<strong>il</strong>o-palestinese.<br />

Il paradosso era semmai l’ubicazione della s<strong>ed</strong>e del<br />

Partito meranese; proprio a fianco della Sinagoga. Per<br />

cui, quando sul marciapi<strong>ed</strong>e antistante la nostra s<strong>ed</strong>e si<br />

trovavano agenti delle Forze dell’Ordine in divisa o in<br />

borghese non sapevamo mai se erano lì per spiare noi<br />

o per proteggere l’<strong>ed</strong>ificio di culto ebraico.<br />

Mario, Paolo e Robert (anche questa volta in ordine<br />

alfabetico) erano là tutti i pomeriggi; ma certo non<br />

aspettavano noi. Mario l’ho sempre considerato l’ideologo<br />

dell’azione, quella preconizzata da Ezra Pound<br />

12 Introduzione


quando, come unica cultura che riconosceva, indicava<br />

l’Idea che diventa Azione. Una teoria che da allora<br />

mi si<strong>ed</strong>e vicino, poichè le idee o si concretizzano in<br />

attività <strong>ed</strong> attivismo o stanno a zero. Paolo lo ritenevo<br />

l’intellettuale del gruppo, quello che studiava anche sui<br />

nostri libri e non si limitava a leggerli. E quei libri non<br />

si trovavano con la distribuzione dell’<strong>ed</strong>itoria ufficiale<br />

ma si acquistavano attraverso i nostri canali di informazione<br />

cioè „<strong>il</strong> Candido”, allora diretto da Giorgio Pisanò<br />

- parlamentare e poi senatore del MSI - ma fondato<br />

da Giovanni Guareschi, padre dei famosi „Peppone e<br />

Don Cam<strong>il</strong>lo“ oltre che di due figli che ebbi l’onore di<br />

conoscere nel 1995; „La voce della Fogna“ pubblicazione<br />

toscana di Marco Tarchi, „Dissenso“, creatura di<br />

Maurizio Gasparri <strong>ed</strong> organo del Fronte della Gioventù,<br />

l’organizzazione giovan<strong>il</strong>e della Destra, <strong>ed</strong> altri ancora.<br />

Tramite essi si potevano anche acquistare le musicassette<br />

della nostra voce controvento: dagli „Amici del Vento“,<br />

gruppo m<strong>il</strong>anese legato a Radio M<strong>il</strong>ano International,<br />

da Leo Valeriano, <strong>il</strong> padre dei cantautori espressi dalla<br />

Destra, da Fabrizio Marzi (<strong>il</strong> De Andrè della Destra) a<br />

Roberto Scocco, dai veronesi ZPM (le cui iniziali dei<br />

nomi costituivano <strong>il</strong> nome del gruppo) alla padovana<br />

Compagnia dell’Anello, un gruppo ispirato alle vicende<br />

tolkiniane ben prima che i libri del favolista sudafricano<br />

trovassero spazio nella cinematografia mondiale.<br />

Insomma persone e gruppi perfettamente sconosciuti<br />

ai più e che spesso registravano i propri album nelle<br />

cantine di casa, quando invece gli artisti-cantautori di<br />

sinistra potevano disporre delle sale di registrazione,<br />

magari legate a quella stessa superpotenza economica<br />

Introduzione<br />

13


che contestavano. Infine c’era Robert, <strong>il</strong> prototipo del<br />

pariolino, ovvero del „fascista“ dei Parioli, <strong>il</strong> noto quartiere<br />

di Roma un tempo famoso perché lí risi<strong>ed</strong>eva la<br />

Destra più chic o benestante. Capelli corti, sfumatura<br />

alta, occhiali rayban a goccia, pantaloni di velluto att<strong>il</strong>lati<br />

a coste, meglio se larghe, stivaletti a punta. Insomma;<br />

per me tr<strong>ed</strong>icenne erano i primi miti politici che v<strong>ed</strong>evo<br />

in carne <strong>ed</strong> ossa. Da allora sono cresciuto in quella s<strong>ed</strong>e<br />

e con quella Comunità; anagraficamente, umanamente<br />

e politicamente. Ed <strong>il</strong> partito, fra alti e bassi, è stato la<br />

mia seconda famiglia, dopo quella donatami dal mio<br />

papà e dalla mia straordinaria mamma.<br />

La nostra non era una famiglia politicizzata, anche<br />

se mio padre fu uno dei tre fondatori del Movimento<br />

Sociale Italiano a Foligno insieme a Stefano Menicacci,<br />

che in seguito divenne parlamentare di quel partito<br />

prima di farsi ammaliare dalle sirene demo-nazionali<br />

di Alfr<strong>ed</strong>o Covelli, per giungere qualche anno dopo a<br />

Forza Italia. Mio padre abbandonò l’impegno m<strong>il</strong>itante<br />

anticomunista quando decise di intraprendere la carriera<br />

di ufficiale dell’Esercito. In famiglia non parlava mai di<br />

politica, tanto meno di fronte a due bambini che quando<br />

lasciò orfani avevano solo 11 e 9 anni; pressochè l’età<br />

dei miei figli oggi. Mia madre fu trascinata nell’agone<br />

politico da Luigi Montali e da Tullo - che gestiva una<br />

delle prime radio private di Merano, RadioTeleNord,<br />

con la quale collaborai dal primo all’ultimo giorno delle<br />

trasmissioni - e naturalmente da mio fratello e da me.<br />

Era <strong>il</strong> 1980; mia madre fu eletta al Consiglio comunale<br />

di Merano per un solo voto in più di Antonio (Tony)<br />

Roberti, consigliere uscente che non fece nemmeno<br />

14 Introduzione


icorso. Un signore d’altri tempi, Tony, Segretario del<br />

Partito e prima della CISNAL, dal quale imparai, come<br />

scrissi in suo ricordo qualche giorno dopo averci lasciati,<br />

a stare sempre un passo indietro: non per timore ma per<br />

pudore, per moralità. Infine sulla mia scelta di schierarmi<br />

a Destra non influì nemmeno <strong>il</strong> fatto di avere due<br />

prozii insigniti di M<strong>ed</strong>aglie al Valore: a zio Tito, Benito<br />

Mussolini assegnò alla memoria la Prima m<strong>ed</strong>aglia d’oro<br />

della campagna in terra d’Africa, dove morì a Dagabur,<br />

in Somalia, <strong>il</strong> 26 dicembre 1935 a soli 26 anni (a lui sono<br />

intitolate scuole, strade e l’aeroporto di Reggio Calabria);<br />

a zio Leopoldo, morto sui monti del S. Michele durante<br />

la prima Guerra Mondiale, furono assegnate invece le<br />

m<strong>ed</strong>aglie d’argento e di bronzo al Valore.<br />

Introduzione<br />

La f<strong>ed</strong>e nel tuo cuore<br />

<strong>il</strong> coraggio nella tua lotta<br />

Nell’ottobre di quello stesso 1977 iniziavo la mia<br />

avventura alle scuole superiori. Il Liceo scientifico di via<br />

Matteotti a Merano, che avevo scelto poiché avrei voluto<br />

intraprendere la carriera m<strong>il</strong>itare passando attraverso la<br />

„Nunziatella“ di Napoli e l’Accademia di Modena, non<br />

era propriamente una scuola di fasci e per fasci. Tanto<br />

è vero che m<strong>il</strong>itare non lo divenni mai; ma m<strong>il</strong>itante<br />

si. Fra quelle mura si consolidò la mia appartenenza<br />

politica attraverso tutta una serie di angherie che subii<br />

quotidianamente da molti professori e dagli studenti.<br />

Le due aggressioni mai denunciate, nemmeno a mia<br />

madre, sulle scale dell’istituto, dove parte dei miei com-<br />

15


pagni di classe fecero quadrato per difendermi, e nel<br />

retro ingresso, dove si parcheggiavano le biciclette <strong>ed</strong><br />

i motorini, quando solo l’intervento di Romano, oggi<br />

m<strong>ed</strong>ico in qualche osp<strong>ed</strong>ale del nord Italia <strong>ed</strong> allora<br />

mio vicino di banco ma compagno ideologicamente,<br />

evitò ben più gravi conseguenze di quanto non fosse<br />

accaduto fino a quel punto. Peraltro la mia costituzione<br />

es<strong>il</strong>e mi garantiva più di prenderle che di darle…. Eventi<br />

normali, allora; anzi, confronto a quanto avveniva nelle<br />

metropoli italiane ben poca cosa.<br />

In questo contesto, sarò anche stato asino, somaro o<br />

ciuccio ma certo che <strong>il</strong> mio fare politica distribuendo al<br />

mattino i volantini del Fronte della Gioventù e durante<br />

le pause proprio <strong>il</strong> periodico della Destra giovan<strong>il</strong>e „Dissenso“,<br />

mi spingeva ogni giorno di più verso l’isolamento<br />

scolastico <strong>ed</strong> ideologico. Il Liceo purtroppo era peraltro<br />

storicamente una scuola alquanto politicizzata, dove chi<br />

esprimeva simpatia e consensi nei confronti della Destra<br />

doveva poi fare i conti psicologici con la stragrande maggioranza<br />

di convinti sostenitori della Sinistra. Il rapporto<br />

era perlomeno di uno a sei; quando andava bene.<br />

Come quel tardo pomeriggio, mi sembra del settembre<br />

1978. La scenografia era quella offerta dalla Piazza<br />

del Grano a Merano: da un palco di modeste dimensioni<br />

dovevano parlare per un comizio Renè Prevè Ceccon<br />

e Luigi Montali, uno Consigliere regionale del MSI l’altro<br />

bandiera meranese della nostra Comunità, fondatore<br />

del partito a Merano dove ricopriva anche la carica di<br />

Consigliere comunale. Due persone dall’oratoria vivace<br />

e gradevole quanto tenaci nel difendere la nostra parte<br />

politica. In piazza eravamo una cinquantina di persone<br />

16 Introduzione


fra m<strong>il</strong>itanti, simpatizzanti e semplici elettori. Ci proteggeva<br />

un cordone di forze dell’ordine composto da almeno<br />

altrettanti agenti, fra i quali quel Marcello che divenne<br />

poi Consigliere comunale di AN nel 2000 e che fin da<br />

allora era <strong>il</strong> pi<strong>ed</strong>ipiatti buono per dirla come Adolfo, mio<br />

fratello. Se c’era <strong>il</strong> rischio di menar le mani ci prendeva<br />

per l’orecchio e ci trascinava via; sarà per questo che<br />

proprio Adolfo ha le orecchie più grosse di me! Dall’altra<br />

parte della Piazza, all’imbocco dei Portici meranesi, un<br />

nutrito gruppo di almeno 300 extraparlamentari di sinistra<br />

disturbavano con urla, fischi e minacce. Il comizio,<br />

comunque si tenne, perché ben altro serviva per intimidirci;<br />

e si concluse anche, nei tempi previsti. Ma questo<br />

era <strong>il</strong> clima <strong>ed</strong> <strong>il</strong> rapporto numerico di quegli anni. Era<br />

peraltro quello anche <strong>il</strong> tempo degli slogan-guida che ci<br />

si tramandava in tutte le forme. „Giovane non ci serve,<br />

non ci interessa che la pensi come noi, se non lotti con<br />

noi” per esempio lo notai su un muro di Padova, fuori<br />

dalla s<strong>ed</strong>e del MSI, e lo importai a Merano dove, una<br />

mattina, si provv<strong>ed</strong>ette a „trasmetterlo” all’esterno. Ma<br />

<strong>il</strong> motto che più mi affascinava a quel tempo era „La<br />

F<strong>ed</strong>e nel tuo cuore, <strong>il</strong> coraggio nella tua lotta” usato<br />

dagli allora camerati romani in ricordo di un m<strong>il</strong>itante<br />

ucciso dai comunisti.<br />

Introduzione<br />

La crescita della Destra<br />

Ho percorso tutte le fasi dell’ultimo trentennio meranese<br />

passando attraverso l’esempio che sempre ci ha<br />

fornito proprio Montali. A lui, noi ragazzi un po’ esu-<br />

17


eranti - come ci definiva un altro padre della Destra<br />

altoatesina, Pietro Mitolo, per gli atteggiamenti sconsiderati<br />

che ogni tanto ci caratterizzavano - dicevamo<br />

sempre: „se tu non fossi del Movimento Sociale saresti<br />

già sindaco di Merano“. Una tesi realista, per quanto<br />

Gigi fosse stimato a Merano da tutti, comunisti compresi,<br />

che magari facevano difficoltà a stringergli la mano in<br />

pubblico, ma che in privato non rinunciavano a bere<br />

con lui un buon bicchiere di quel Tocai friulano che<br />

gli ricordava la sua terra. Gigi a questa nostra affermazione<br />

rispondeva con tutta l’ironia di cui era capace e<br />

di quella saggezza che lo caratterizzava fin nelle sott<strong>il</strong>i<br />

disquisizioni: „forse sarei anche <strong>il</strong> sindaco di Merano,<br />

ma non sarei mai <strong>il</strong> Gigi che sono ora“.<br />

In quel periodo, fine anni Settanta, <strong>il</strong> Movimento<br />

Sociale stampava i suoi volantini nella doppia lingua: da<br />

una parte l’italiano e sul retro <strong>il</strong> t<strong>ed</strong>esco. O viceversa.<br />

Allora non c’era differenza. Alle traduzioni ci pensava<br />

sempre Robert, che difatti era di lingua t<strong>ed</strong>esca. Insomma<br />

eravamo certamente più interetnici dei Verdi di<br />

oggi e di quella „Nuova Sinistra - Neue Linke“ che si<br />

affacciò successivamente sulla scena politica guidata da<br />

Alexander Langer, morto suicida oltre un decennio fa.<br />

Poi ci fu la svolta etnica della Destra altoatesina e<br />

quindi anche quella della Destra meranese. L’applicazione<br />

delle prime norme dello Statuto di Autonomia votato<br />

dal Parlamento italiano nel 1971 con la ferrea opposizione<br />

del MSI (opposizione che si tradusse, fra <strong>il</strong> resto,<br />

nello storico intervento del 16 gennaio dello stesso anno<br />

di Giorgio Almirante che parlò alla Camera dei Deputati<br />

ininterrottamente per 9 ore e 10 minuti) aveva iniziato<br />

18 Introduzione


a produrre quegli effetti che successivamente si identificarono<br />

devastanti per la Comunità linguistica italiana<br />

dell’Alto Adige. B<strong>il</strong>inguismo obbligatorio, proporzionale,<br />

i quattro anni di residenza necessari per acc<strong>ed</strong>ere anche<br />

ai più elementari diritti civ<strong>il</strong>i come quello del voto, portarono<br />

ad intraprendere una strada nuova, accentuando<br />

i risvolti etnici locali. Le rappresentanze istituzionali del<br />

MSI-Dn iniziarono a crescere e moltiplicarsi. I primi effetti<br />

si videro nel 1983 quando in Consiglio provinciale<br />

<strong>il</strong> MSI raddoppiò la propria presenza passando a due<br />

esponenti: Pietro Mitolo e Luigi Montali. Come ricorda<br />

Giorgio Holzmann, recentemente eletto parlamentare di<br />

AN, nel suo libro Trent’anni, a testimonianza e ricordo<br />

di un impegno passato attraverso 6 lustri, questa nuova<br />

posizione politica passò anche dalla raccolta di oltre 25<br />

m<strong>il</strong>a firme di altoatesini di lingua italiana che chiesero<br />

di cambiare alcune norme dello Statuto di Autonomia.<br />

Inut<strong>il</strong>mente. La Democrazia cristiana rimaneva, almeno<br />

ufficialmente, sorda ai lamenti della comunità locale di<br />

lingua italiana e fu per questo punita. Il MSI in Consiglio<br />

comunale a Bolzano passò negli anni da due Consiglieri<br />

a 11, poi a 13, quindi a 15. Analoga sorte lo baciò nei<br />

Consigli comunali di altri Comuni come Merano, Laives,<br />

Bressanone ad esempio, dove si faceva difficoltà a ricoprire<br />

i posti di Consiglieri in quanto si era ottenuto un<br />

tale successo che c’erano quasi più scranni da occupare<br />

che candidati nelle liste. In quegli anni, per la prima volta<br />

nella sua storia, la Destra altoatesina potè fregiarsi di un<br />

proprio parlamentare, quell’Andrea Mitolo che, nonostante<br />

la malattia che lo colpì poco dopo la sua elezione,<br />

non rinunciò mai alla sua battaglia di coerenza.<br />

Introduzione<br />

19


Qualche anno dopo toccò anche a me passare da<br />

m<strong>il</strong>itante attivista a m<strong>il</strong>itante istituzionale. Successe nel<br />

1989, e qui ha inizio <strong>il</strong> secondo tempo del mio attivismo<br />

politico, quello che alla piazza unì <strong>il</strong> ruolo nelle<br />

istituzioni. Iniziò per caso, con una battuta di Montali<br />

che mi chiese di candidare alle elezioni comunali di<br />

Bolzano, anticipate sulla scadenza naturale. Risposi che<br />

si poteva fare, senza molte velleità ma con convinzione.<br />

D’altronde in famiglia rimanevo l’unico a non ricoprire<br />

incarichi elettivi dopo quello già citato di mia madre<br />

<strong>ed</strong> <strong>il</strong> mandato di Consigliere comunale a Lagundo, alle<br />

porte di Merano, che impegnava mio fratello. In lista<br />

mi fu dato <strong>il</strong> n. 13 e Adolfo si divertì a formare gli<br />

slogan elettorali: “domenica 21 maggio fai 13! (ispirato<br />

al tema del totocalcio) vota <strong>Minniti</strong>” e così via. Non<br />

avevo ancora 26 anni e venni eletto come ultimo dei<br />

13 consiglieri che <strong>il</strong> MSI riuscì ad ottenere a Bolzano.<br />

Fui fortunato anche perché l’elezione fu un’occasione<br />

che chiunque si accinge a fare politica istituzionale non<br />

dovrebbe perdersi; lavorare a fianco di Pietro Mitolo,<br />

anche lui eletto nel Capoluogo. Studiandolo, da Mitolo<br />

imparai tecniche che un organo elettivo richi<strong>ed</strong>e <strong>ed</strong><br />

acquisii quello st<strong>il</strong>e istituzionale necessario per una forza<br />

che già allora intendeva essere moderna; che in realtà<br />

lo era, ma nessuno se ne voleva accorgere.<br />

Erano gli anni in cui con Gina, Eriprando e Rocco<br />

(anch’essi colleghi in Consiglio comunale) ma pure con<br />

Charly e Franz demmo vita ad un gruppo di pensiero<br />

sociale, interpretando la linea rautiana che, da lì a<br />

qualche mese, avremmo contribuito a far vincere al<br />

Congresso di Rimini del 1990 e di cui parleremo più<br />

20 Introduzione


avanti. Attraverso un periodico autofinanziato - non<br />

propriamente allineato al partito - di cui ero Direttore<br />

responsab<strong>il</strong>e <strong>ed</strong> al quale avevamo dato <strong>il</strong> nome de “La<br />

Nostra Terra” (ispirandoci all’analogo periodico toscano<br />

“La Contea” di tendenza tolkiniana) volevamo promuovere<br />

un nuovo percorso per la Destra altoatesina. Significativo<br />

<strong>il</strong> titolo dell’articolo di fondo che scrissi nel<br />

primo numero: “Un passo in avanti” volto a sollecitare<br />

un dialogo più aperto con <strong>il</strong> mondo di lingua t<strong>ed</strong>esca,<br />

inteso a quel tempo più con la popolazione che con<br />

<strong>il</strong> suo partito di riferimento.<br />

Eriprando-sangue-blu - <strong>il</strong> suo essere nob<strong>il</strong>e di famiglia<br />

ogni tanto veniva usato come pretesto per qualche canzonatura<br />

- era più ideologo che operaio; Gina, Rocco,<br />

Franz e Charly erano i veri manovali. Io rappresentavo <strong>il</strong><br />

braccio istituzionale del Gruppo della Terza Via rautiana<br />

che rigettava <strong>il</strong> Capitalismo <strong>ed</strong> <strong>il</strong> Comunismo, l’imperialismo<br />

americano <strong>ed</strong> <strong>il</strong> marxismo d<strong>il</strong>agante. Ruoli che<br />

non ci eravamo esplicitamente dati, ma che in qualche<br />

modo ognuno di noi professava.<br />

Un’intervista apparsa sul quotidiano Alto Adige in<br />

cui Eriprando <strong>ed</strong> io disdegnavamo una certa politica<br />

nazionalista e patriottarda intrapresa - a nostro parere<br />

- dal partito, ci valse la richiesta di espulsione da parte<br />

di due esponenti friulani del MSI, uno di essi oggi<br />

parlamentare di AN. Non ebbe seguito, ma a me quell’intervista<br />

costò l’emarginazione dal partito per quattro<br />

anni. Probab<strong>il</strong>mente con essa pagai anche la candidatura<br />

a F<strong>ed</strong>erale al Congresso provinciale dell’MSI nel 1990<br />

tenuto all’Hotel Alpi, quando sfidai proprio Pietro Mitolo<br />

per la Segreteria raccogliendo <strong>il</strong> 30% dei consensi.<br />

Introduzione<br />

21


Fui reintegrato nei ranghi quando Holzmann divenne<br />

Commissario di quell’MSI che stava preparando le valigie<br />

per Fiuggi. Allora fui chiamato per la prima volta<br />

a far parte del Coordinamento provinciale. Diciassette<br />

anni dopo aver varcato la soglia di via Sch<strong>il</strong>ler. Era <strong>il</strong><br />

maggio del 1994 e solo <strong>il</strong> mese prima avevo lasciato<br />

<strong>il</strong> Consiglio comunale del Capoluogo per sostituire in<br />

Consiglio provinciale, dove nel frattempo era stato eletto,<br />

proprio Mitolo, diventato parlamentare.<br />

In Consiglio regionale e provinciale si<strong>ed</strong>o da tre legislature.<br />

Nel frattempo, divenuto Coordinatore di An<br />

durante <strong>il</strong> Congresso del 1995 tenuto presso l’Hotel<br />

Laurin, Giorgio Holzmann mi nomina suo vice; un caso<br />

unico in tutta Italia in cui un responsab<strong>il</strong>e di partito<br />

scelse come suo uomo di fiducia un esponente di altra<br />

corrente, peraltro a quel tempo tutt’altro che dialoganti<br />

fra loro. Non fu un atto di coraggio quello di Giorgio,<br />

come semplicisticamente potrebbe apparire, ma di capacità<br />

umana e politica di superare gli schieramenti interni<br />

laddove lealtà <strong>ed</strong> onestà si incontrano per operare<br />

nell’interesse della m<strong>ed</strong>esima Comunità.<br />

La mia adesione alla Destra sociale di Gianni Alemanno<br />

nata nel 1989 è durata fino al 2002 quando,<br />

poco prima del Congresso di Bologna di An, aderì<br />

al gruppo de “<strong>il</strong> Gabbiano” componente che in rotta<br />

progettuale, abbandonò Alemanno stesso decidendo di<br />

sostenere Maurizio Gasparri in quella che in ogni appuntamento<br />

congressuale viene definita la conta interna.<br />

Ciò non significa che abbia abiurato l’anima sociale, che<br />

sento ancora in me prevalente; ho cambiato i punti di<br />

riferimento che possono esprimere questa sensib<strong>il</strong>ità.<br />

22 Introduzione


Introduzione<br />

Il dialogo<br />

Nel 1992 si chiuse la questione altoatesina con la<br />

quietanza liberatoria r<strong>il</strong>asciata dall’Austria, potenza tutrice<br />

della minoranza di lingua t<strong>ed</strong>esca dell’Alto Adige.<br />

Il Movimento Sociale inizia ad interrogarsi sul da<br />

farsi.<br />

La chiusura del cosiddetto pacchetto, la definizione<br />

spiccia dello Statuto di Autonomia che prese questo nome<br />

in virtù dell’insieme dei principi presenti nello statuto<br />

stesso, poneva la Destra altoatesina di fronte ad una<br />

scelta non fac<strong>il</strong>e, poiché ciò per taluni poteva significare<br />

rinnegare le battaglie di sempre. Parlare con quello che<br />

era stato fino ad allora <strong>il</strong> nemico (in politica si è diventati<br />

avversari solo di recente) significava sottoscrivere una<br />

pax suicida oppure poteva comunicare l’intenzione di<br />

dare vita ad un confronto, per costruire assieme un Alto<br />

Adige diverso, dove <strong>il</strong> gruppo italiano contasse veramente<br />

qualcosa e si potesse v<strong>ed</strong>ere raffigurato nelle Istituzioni<br />

con uno spessore maggiormente rappresentativo?<br />

In definitiva, si trattava di decidere se fosse giunto <strong>il</strong><br />

momento di rimescolare <strong>il</strong> mazzo e iniziare una nuova<br />

partita, e se quello che fino ad allora quasi orgogliosamente<br />

si considerava un tabù - ovvero far parte di<br />

una maggioranza, magari con <strong>il</strong> nemico storico quale<br />

la SVP - dovesse lasciare <strong>il</strong> passo ad una ipotesi più<br />

partecipativa del partito <strong>ed</strong> ancor più della Comunità<br />

umana e politica che si rappresentava, rinunciando di<br />

conseguenza a rimanere all’opposizione nelle Istituzioni;<br />

continuando così a mantenere in frigorifero, inut<strong>il</strong>izzati<br />

<strong>ed</strong> inut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>i, i voti che i cittadini assegnavano al<br />

23


progetto della Destra. Se ne parlò a lungo nel partito<br />

e Fiuggi, dove „abbandonammo la casa del padre per<br />

non farvi più ritorno“ come Fini definì <strong>il</strong> passaggio dal<br />

Movimento Sociale Italiano-Destra Nazionale ad Alleanza<br />

Nazionale, ci fu d’aiuto.<br />

La Destra italiana, e quindi anche quella altoatesina,<br />

dopo essere stata descritta come fascista e neo-fascista,<br />

diventava comunque post-fascista, così come <strong>il</strong> PCI, nel<br />

frattempo, era divenuto post-comunista.<br />

Pagammo a Roma e a Bolzano <strong>il</strong> nostro scotto. La<br />

nostra Comunità politica, allora unita, unitaria <strong>ed</strong> indissolub<strong>il</strong>e<br />

si squarciò. A Roma Pino Rauti (che fu segretario<br />

del MSI per un brevissimo periodo di un anno e mezzo<br />

a cavallo fra <strong>il</strong> 1990 <strong>ed</strong> <strong>il</strong> 1991) se ne andò sbattendo<br />

la porta e fondò la Fiamma Tricolore. Non ebbe vita<br />

fac<strong>il</strong>e nemmeno lì, ma personalmente non mi sono mai<br />

sentito di condannarlo per questo. Per lui, quella che<br />

lasciavamo non era la casa del padre; era casa sua,<br />

avendo contribuito a costruirla per 50 anni. Non passò<br />

un anno che a Bolzano sorse Unitalia, fondata da elementi<br />

che in gran parte uscirono da Alleanza Nazionale,<br />

benché ricoprissero incarichi istituzionali assegnati<br />

per effetto dei voti ottenuti dal partito, prima che dalle<br />

persone. Intanto nel 1994 nasce Forza Italia e Alleanza<br />

Nazionale iniziò a perdere consensi e rappresentanze<br />

istituzionali. Un effetto figlio di diverse cause. Dal 1995<br />

inizia ad incrinarsi <strong>il</strong> rapporto con gli elettori; dapprima<br />

per la nascita di altre forze politiche affini alla Cultura<br />

della destra, in seguito perché si danneggiano i rapporti<br />

interni ad Alleanza Nazionale. È la storia attuale, quella<br />

contemporanea fatta di poca o nulla ideologia e di molto<br />

24 Introduzione


opportunismo o semplicismo ideologico. D’altra parte, la<br />

caduta del Muro di Berlino nel 1989 ha rappresentato la<br />

fine della gabbia ideologico-politica, non dell’ideologia<br />

in quanto tale.<br />

È infatti inesatto affermare che le ideologie si siano<br />

concluse; sono semmai cambiati i campi di riferimento<br />

di esse. Non più ideologia legata ad un progetto politico<br />

in maniera morbosamente osservante, quanto ideologia<br />

sociale legata ai consumi <strong>ed</strong> ai costumi emergenti, a<br />

quella del primato dell’economia. Questo smarrirsi da<br />

parte dell’ideologia legata ad un’idea politica era già<br />

evidente ben prima della caduta del Muro. Ricordo <strong>il</strong><br />

colloquio con Tiziano, un ragazzo politicamente lontano<br />

da me e con <strong>il</strong> quale mi ero prodotto in riflessioni più<br />

profonde del solito al tavolino di un bar della Piazza<br />

di Merano: Tiziano confutava le mie affermazioni sulla<br />

fine delle ideologie facendomi notare come a quel<br />

tempo i ragazzi preferissero i monclear e le timberland<br />

ad una s<strong>ed</strong>e di partito o ad un manifesto da affiggere.<br />

L’ideologia aveva cambiato baricentro.<br />

Introduzione<br />

Che fare?<br />

Siamo all’anno zero? Siamo al cambio della guardia<br />

generazionale? Il m<strong>il</strong>lennium bug della politica altoatesina<br />

si è materializzato con sei anni di ritardo? Interrogativi<br />

sui quali bisogna riflettere, per r<strong>il</strong>anciare un’azione<br />

propositiva, cr<strong>ed</strong>ib<strong>il</strong>e, unitaria. Perché è comunque indubbio<br />

che in Alto Adige ci sia bisogno di una Destra<br />

attualizzata al nuovo scenario nazionale e locale.<br />

25


Non sembri un controsenso parlare di Destra nel<br />

momento in cui <strong>il</strong> dibattito sul partito unico del centrodestra,<br />

più o meno in maniera fitta, bussa alle porte.<br />

Anche in quel contenitore, qualora diventasse realtà, la<br />

Destra dovrà e saprà ritagliarsi un ruolo. Ed è per questo<br />

che sono convinto che fin d’ora essa debba confrontarsi<br />

sulla necessità di presentarsi accompagnata da tutti<br />

i gradi di una specificità che da tempo e nel tempo<br />

proietta la Destra verso <strong>il</strong> futuro. E che sono riassunti<br />

in queste pagine. Una Destra quindi che sia ragionata<br />

<strong>ed</strong> intelligente, ma anche protagonista per divenire partecipata.<br />

Una Destra popolare e liberale, organizzata <strong>ed</strong><br />

unitaria, che sappia tenere in campo la propria cultura<br />

comunitaria <strong>ed</strong> identitaria e che sia aperta alle sfide<br />

che la globalizzazione, non solo quella dei mercati, le<br />

chi<strong>ed</strong>e. Una Destra insomma che sia sempre protesa<br />

al futuro.<br />

Come qualche tempo fa mi suggeriva l’amico e collega<br />

Consigliere regionale Alberto Sigismondi (con <strong>il</strong><br />

quale mi sono spesso confrontato sui temi presenti in<br />

queste pagine e che ringrazio per <strong>il</strong> contributo riflessivo)<br />

Giuseppe Prezzolini, l’autore-scrittore-giornalista perugino<br />

fondatore nel 1908 della rivista „la Voce“, affermava<br />

che la Destra deve elaborare un principio nuovo, una<br />

soluzione visib<strong>il</strong>e dei problemi di oggi e quelli di domani.<br />

Perché l’Uomo di Destra, se non sarà l’Uomo<br />

di domani, sarà certamente l’Uomo del dopodomani.<br />

È questa necessità di continuare ad ipotecare un ruolo<br />

per l’avvenire che fa della Destra una Comunità in incessante<br />

cammino e progresso, una costante evolutiva<br />

che la pone di fronte ai d<strong>il</strong>emmi che certamente sarebbe<br />

26 Introduzione


più fac<strong>il</strong>e non porsi. Fra questi: cosa fare per <strong>il</strong> futuro<br />

dell’Alto Adige? Proporsi come forza di opposizione o<br />

di governo?<br />

La storia recente altoatesina ha indicato come su alcuni<br />

temi fondanti dell’Autonomia altoatesina, la Destra<br />

italiana e la SVP siano molto più sim<strong>il</strong>i che non quest’ultima<br />

con la Sinistra. Ricordo che quando misi pi<strong>ed</strong>e<br />

per la prima volta in Consiglio provinciale e regionale<br />

nel 1994 si iniziavano a muovere i primi timidi passi<br />

per un confronto e per un rapporto leale fra la Destra,<br />

rappresentata da Alleanza Nazionale, e la SVP. Fino ad<br />

allora le eccessive diffidenze esistenti rendevano diffic<strong>il</strong>e<br />

anche parlare con taluni colleghi consiglieri eletti nella<br />

SVP. Ebbi la fortuna di trovare la strada parzialmente<br />

spianata in questo da Giorgio Holzmann che eletto sei<br />

anni prima di me, seppe costruire un rapporto di buon<br />

vicinato, scalfendo pian piano quel muro di diffidenza<br />

nei confronti dell’allora Movimento Sociale. Si è stati<br />

capaci nel tempo di superare queste difficoltà compiendo<br />

passi in avanti assieme. La Destra è politicamente<br />

maturata ma questo è avvenuto anche in parte della<br />

SVP che ha riconosciuto come <strong>il</strong> nostro partito avesse<br />

fatto un cambiamento nel suo tragitto. Su censimento,<br />

proporzionale, in parte sui temi scolastici le posizioni<br />

dei due maggiori partiti della provincia di Bolzano sono<br />

sintonici. Altre tematiche rimangono punti di contrasto,<br />

più programmatici che statutari: la toponomastica, la<br />

gestione etnica delle risorse, le leggi ad hoc sugli appalti,<br />

sui fien<strong>il</strong>i, per gli alberghi; o come la vicenda del<br />

patentino di b<strong>il</strong>inguismo per <strong>il</strong> quale dalla metà degli<br />

Anni Novanta la Destra locale richi<strong>ed</strong>e che si prev<strong>ed</strong>a <strong>il</strong><br />

Introduzione<br />

27


iconoscimento con <strong>il</strong> superamento dell’esame di maturità<br />

o, quantomeno, di considerare <strong>il</strong> diploma di maturità<br />

come titolo equipollente all’attestato di b<strong>il</strong>inguità.<br />

Una forza politica matura <strong>ed</strong> intelligente quale deve<br />

continuare ad essere Alleanza Nazionale non solo ha<br />

l’obbligo di interrogarsi ma soprattutto deve saper rispondere<br />

su come salvaguardare una ricchezza umana<br />

rappresentata da una Comunità linguistica nel contesto<br />

di un corpo sociale più ampio, ma anche da un patrimonio<br />

territoriale nel quale si possano continuare a<br />

sv<strong>il</strong>uppare culture diverse ma non divergenti, discordanti<br />

ma non contrastanti.<br />

Il concetto <strong>ed</strong> <strong>il</strong> progetto allora, come strumento di<br />

analisi ma anche mezzo per rivendicare un ruolo della<br />

Destra che non può essere quello di eterno oppositore;<br />

per r<strong>il</strong>anciare un progetto che non può essere la politica<br />

del muro contro muro ma un confronto dialettico<br />

e dialogico con tutta la popolazione altoatesina. Per<br />

elaborare un concetto, continuare a tenerlo per mano<br />

accompagnandolo fino alla sua concretizzazione; quello<br />

che vuole la Destra al Governo anche in Alto Adige.<br />

Temo infatti che la Destra locale possa rischiare di<br />

tornare ad essere congelata nel sistema altoatesino e che<br />

alla stessa possa essere preclusa qualsiasi ipotesi di partecipazione<br />

non solo alla gestione ma anche allo sv<strong>il</strong>uppo<br />

della vicenda altoatesina. Purtroppo un primo segnale<br />

si è avuto con l’elezione del rappresentante dei Verdi<br />

Riccardo dello Sbarba alla Presidenza del Consiglio, che<br />

per i motivi espressi di seguito, avrebbe dovuto spettare<br />

ad un esponente della Destra; con ciò comportando,<br />

per la Comunità italiana, la perdita di un’occasione per<br />

28 Introduzione


ottenere quella rappresentatività istituzionale e politica<br />

che deve fungere comunque da faro.<br />

Occorre insomma per <strong>il</strong> futuro, come è stato per <strong>il</strong><br />

passato, una Destra ferma sui valori ma in movimento<br />

con le idee, salda sui principi ma in cammino nei<br />

programmi. Perché storicamente <strong>il</strong> concetto stesso della<br />

Destra non si coniuga con l’immob<strong>il</strong>ismo del dogma<br />

ma con la vivacità del pragmatismo. Con tutto <strong>il</strong> rispetto,<br />

un Partito non è una Chiesa. E se un Partito deve<br />

essere saldo di fronte all’etica, esso stesso deve anche<br />

sapersi muovere compatto, per l’attualizzazione di un<br />

progetto che nasce da lontano e si adegua ai giorni<br />

contemporanei.<br />

L’autore<br />

Introduzione<br />

29


DESTRA<br />

COMUNITARIA ED IDENTITARIA<br />

La difesa dell’identità nazionale che ha fatto da sempre<br />

parte integrante della cultura della Destra come<br />

espressione intima di appartenenza e di imm<strong>ed</strong>esimazione<br />

ad una comunità, diventa punto di riferimento<br />

anche per le identità territoriali - e quindi provinciali -<br />

nei confronti della minaccia del globalismo. La Destra<br />

locale, quindi, è comprensib<strong>il</strong>e che ponga da un lato<br />

come oggetto di tutela essenziale la comunità di lingua<br />

italiana; ma se guardasse solo ad essa darebbe vita ad<br />

un comunitarismo settario che da solo rischierebbe di<br />

perdere le due sfide di fronte alle quali si pone: quella<br />

tutta interna riguardante, nel nostro caso, la questione<br />

altoatesina (e quindi rivolta verso gli effetti prodotti<br />

dall’Autonomia nei confronti della Comunità italiana) e<br />

quella mondiale che colpisce comunque le sorti delle<br />

aziende e delle famiglie della nostra provincia.<br />

Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria<br />

31


Il comunitarismo settario perciò deve far posto un<br />

comunitarismo aperto.<br />

Occorre in questo contesto una doppia direzione<br />

nella quale muoversi: la prima verticale, volta a promuovere<br />

una sempre maggiore identificazione dei legami<br />

forti con la propria cultura e che conduce ad una<br />

integrazione b<strong>il</strong>anciata, poiché più si conoscono i propri<br />

legami tradizionali (e nel Capitolo d<strong>ed</strong>icato alla Destra<br />

Unita <strong>ed</strong> Organizzata questo concetto sarà ancora più<br />

chiaro) più si accettano e si comprendono altre realtà<br />

comunitarie; l’altra orizzontale, che dispone la necessità<br />

di relazionarsi con le diverse comunità conviventi o<br />

coabitanti per trovare risposte comuni sia di fronte ai<br />

fattori interni che a quelli internazionali. Inoltre rinunciare<br />

ad un comunitarismo pluralista, quindi aperto al<br />

punto da riconoscere non solo l’esistenza ma anche i<br />

diritti di altre entità, può condurre verso discriminanti<br />

pesanti diffic<strong>il</strong>i da rendere innocue.<br />

È ovvio che di fronte a questo fenomeno deve imporsi<br />

una reciprocità, ovvero disporsi un tragitto a doppio<br />

senso di marcia che permetta alle realtà in viaggio di<br />

incontrarsi, ma non di scontrarsi.<br />

In questo senso devono operare tutte quelle entità<br />

comunitarie desiderose di proc<strong>ed</strong>ere, ognuno per la propria<br />

direzione - laddove diventa diffic<strong>il</strong>e incamminarsi<br />

nella m<strong>ed</strong>esima - per giungere comunque alla stessa<br />

destinazione. Su tali considerazioni, la Destra altoatesina<br />

deve continuare a ragionare in maniera intelligente<br />

affinché da cosiddetto polo escluso della realtà politica<br />

locale, possa divenire quel polo incluso in cui ha saputo<br />

trasformarsi in campo nazionale AN. Rinunciare<br />

32 Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria


a questo significa sposare una mentalità perdente, che<br />

se una volta poteva essere simbiotica della Destra -<br />

quando essa nutriva, nella sua cultura storica, più un<br />

debole per i Vinti piuttosto che per i Vincitori (tant’è<br />

vero che amava schierarsi a fianco dei primi piuttosto<br />

che dei secondi) - oggi non può rappresentare quel<br />

senso di separazione vissuto con orgoglio dalla Destra<br />

quando essa viveva la durezza della democrazia che<br />

amava demonizzare la Destra stessa. La Destra allora<br />

si costruì addosso quell’abito mentale che nel rafforzare<br />

la cosiddetta visione di gruppo, coincideva spesso con<br />

l’auto emarginazione dalla società, tanto più se f<strong>il</strong>oborghese.<br />

Ma oggi la Destra locale, pur mantenendo <strong>il</strong><br />

suo istinto antagonista, deve saper essere protagonista;<br />

nella fierezza di avere come riferimento i suoi Valori,<br />

ma senza chiudersi in un integralismo ipocrita o di comodo<br />

perché più remunerativo elettoralmente, espresso<br />

magari attraverso quella retorica comiziale grintosa che<br />

trova sempre meno uditori allineati.<br />

La Destra altoatesina non deve concentrare la sua<br />

sfida culturale solo rivendicando la territorialità nazionale<br />

di questa nostra area geografica. Intendiamoci: è<br />

questa certamente l’essenza nella difesa più che di una<br />

Nazione, dello Stato; più che di una Comunità, di atti<br />

giuridici. Ma è anche stata l’essenza di una ragione di<br />

essere che per la Destra ha significato migliaia di consensi<br />

elettorali al grido „siamo in Italia, quindi si parla<br />

italiano“, nella denuncia contro <strong>il</strong> b<strong>il</strong>inguismo che altresì<br />

non può significare la ragion di essere unica, anche<br />

nel futuro come nel presente. Ci sono molte azioni<br />

prop<strong>ed</strong>eutiche alla salvaguardia di una cultura come<br />

Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria<br />

33


evento non solo di radicamento nel territorio ma anche<br />

di <strong>ed</strong>ucazione popolare.<br />

La cultura identitaria<br />

Uno di questi è la salvaguardia <strong>ed</strong> <strong>il</strong> potenziamento<br />

della scuola. La scuola è trasmissione di Tradizione attraverso<br />

<strong>il</strong> sapere; dal maestro all’allievo, la tradizione<br />

viene immessa, come inst<strong>il</strong>lata tramandandola ad essa,<br />

nella Comunità e nel circuito della cultura. Ma la scuola<br />

è anche <strong>il</strong> luogo in cui da una parte l’amor patrio può<br />

rinsaldarsi e dall’altro la cognizione di essere se stessi<br />

deve consolidarsi e a cui occorre che la cultura della<br />

Destra miri; non per favorire la rinascita dei nazionalismi,<br />

ma appunto dell’amore per la comunità attraverso<br />

la conoscenza della vita concreta e della sua tradizione,<br />

come provenienza e residenza della propria Patria.<br />

A questo riguardo è bene ricordare cosa affermava in<br />

Memoria <strong>ed</strong> Identità, una delle sue opere letterarie più<br />

significative, Papa Giovanni Paolo II, un Uomo molto<br />

caro all’intera Destra mondiale già solo per <strong>il</strong> fatto di<br />

aver favorito la riemersione di valori significativi per<br />

la Destra stessa nel tessuto sociale e l’aver contribuito<br />

alla morte del comunismo; egli ammoniva come fosse<br />

necessario che <strong>il</strong> nazionalismo non si confondesse con<br />

<strong>il</strong> patriottismo. „Il concetto di patria - sottolineava -<br />

coinvolge i valori <strong>ed</strong> i contenuti spirituali che compongono<br />

la cultura di una data nazione“ e quindi „significa<br />

amore della storia della Patria, delle sue tradizioni, la<br />

sua lingua, la sua stessa conformazione naturale che si<br />

34 Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria


estende anche alle opere dei connazionali <strong>ed</strong> ai frutti<br />

del loro genio“. Il nazionalismo è invece altro. Questo<br />

sentimento spinge infatti a individuare e inseguire solo<br />

<strong>il</strong> bene della propria nazione, spingendo quindi a non<br />

riconoscere pari diritti ad altre nazioni <strong>ed</strong> a coltivare<br />

quell’ego sciovinistico padre di molti conflitti, non solo<br />

culturali.<br />

La scuola perciò come àncora che permetta ad ogni<br />

Comunità di relazionarsi con <strong>il</strong> proprio passato, evolvendosi<br />

nel futuro. I dati che provengono dallo stesso<br />

assessorato provinciale di Bolzano alla scuola in lingua<br />

italiana confermano la necessità di una nuova politica<br />

per la scuola italiana, se vogliamo che la Comunità italiana<br />

dell’Alto Adige possa mantenere un solido aggancio<br />

con la propria storia. Cifre come meno 10 e meno 28<br />

non rappresentano condizioni atmosferiche registrate in<br />

qualche vallata altoatesina nell’inverno 2005. Sono più<br />

preoccupantemente percentuali relative al vertiginoso<br />

calo di iscrizioni del gruppo linguistico italiano alle classi<br />

prime elementari delle scuole italiane, diminuzioni che<br />

se a Laives negli ultimi due anni è stata del 10% a Merano,<br />

seconda città altoatesina, ha raggiunto addirittura<br />

<strong>il</strong> 28%, mantenendo una propria stab<strong>il</strong>ità a Bolzano (-<br />

1%), dove <strong>il</strong> calo a questo punto può essere fisiologico.<br />

Questi dati, peraltro riferiti agli anni scolastici intercorsi<br />

fra <strong>il</strong> 2002 <strong>ed</strong> <strong>il</strong> 2005, sono un segnale enormemente<br />

allarmante poiché se è vero che <strong>il</strong> dato di Merano, per<br />

esempio, non può considerarsi assoluto, esso è comunque<br />

indicativo sia di un continuo assottigliamento della<br />

Comunità italiana che segnala una prospettiva preoccupante,<br />

sia di una scelta precisa di un numero sempre<br />

Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria<br />

35


maggiore di famiglie verso la scuola di lingua t<strong>ed</strong>esca.<br />

Una scelta che rischia di portare ad una lenta ma graduale<br />

assim<strong>il</strong>azione la Comunità linguistica italiana.<br />

Se infine si considera che la popolazione italiana<br />

iscritta alla prima elementare si attesta m<strong>ed</strong>iamente nelle<br />

quattro città altoatesine a maggiore densità popolativa<br />

sul 40% - a fronte di un dato m<strong>ed</strong>io che supera, secondo<br />

<strong>il</strong> censimento del 2001, <strong>il</strong> 54% (quindi inferiore del 14%)<br />

- e si se pensa che in maniera direttamente proporzionale<br />

<strong>il</strong> gruppo t<strong>ed</strong>esco v<strong>ed</strong>e crescere la frequenza nelle<br />

sue classi prime elementari del 15% esclusi gli stranieri,<br />

quanto emerge è una fotografia inquietante <strong>ed</strong> angosciante<br />

che dovrebbe obbligare tutte le forze politiche<br />

- e la società civ<strong>il</strong>e altoatesina - ad una riflessione <strong>ed</strong><br />

alla individuazione di una nuova strategia che sappia<br />

tamponare <strong>il</strong> doppio fenomeno sopra espresso; ovvero<br />

<strong>il</strong> ridimensionamento etnico e la scelta del percorso<br />

scolastico. Quello che sconcerta è che nonostante questi<br />

dati e l’attuale situazione altoatesina, <strong>il</strong> centro-sinistra<br />

altoatesino non ritiene doveroso partecipare a quel tavolo<br />

per gli italiani promosso dalla Destra altoatesina<br />

(di cui si parlerà più diffusamente nel capitolo d<strong>ed</strong>icato<br />

alla Destra programmatica e popolare) e volto a trovare<br />

soluzioni idonee e condivise per riequ<strong>il</strong>ibrare la questione<br />

altoatesina e bloccare l’emorragia etnica; che se non<br />

sempre corrisponde ad un abbandono di questa terra o<br />

alla denatalità della Comunità italiana (effetti comunque<br />

preoccupanti della gestione autonomistica), è anche <strong>il</strong><br />

frutto proprio del transito nella scuola t<strong>ed</strong>esca dei bambini<br />

italiani per necessità di apprendimento linguistico,<br />

significando perdita del legame con la propria cultura<br />

36 Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria


e le proprie radici che questo dirottamento comporta.<br />

„La memoria culturale - come affermò Paul Ricoeur<br />

durante <strong>il</strong> simposio che si tenne a Castel Gandolfo nel<br />

1994 d<strong>ed</strong>icato al tema delle identità delle società europee,<br />

in un ricordo sempre di papa Woityla - modella<br />

l’identità e gli esseri umani sia a livello personale che<br />

collettivo (....) evocando ricordi che sono anche antropologici<br />

di una Comunità, permettendo all’Uomo di<br />

comprendere le sue radici più profonde e riconoscere<br />

anche le varie comunità esistenti“. In questo contesto<br />

quindi, la memoria deve essere saldamente legata alla<br />

Comunità perchè se la società riunisce individui che<br />

non sono globalmente appartenenti ad alcuna forma<br />

di er<strong>ed</strong>ità specifica, per contro la Comunità, <strong>il</strong> senso<br />

di appartenenza alla stessa nelle sue diverse forme di<br />

esistenza ha alla base la m<strong>ed</strong>esima concezione di er<strong>ed</strong>ità<br />

comune; sia essa di sangue (la Nazione), come storica<br />

(la Tradizione) ma anche culturale (l’Etnia).<br />

I toponimi come espressione di cultura<br />

In questo contesto ogni Comunità ha ragione a difendere,<br />

secondo i crismi della legalità oltre quelli del<br />

buon senso, i propri riferimenti culturali che si individuano<br />

anche attraverso i toponimi. La forzatura operata<br />

dai partiti di lingua t<strong>ed</strong>esca in merito alla modifica della<br />

toponomastica (come si è sottolineato in Destra Aperta<br />

e Partecipata) è controproducente, poiché ad una atto<br />

amministrativo e storico quale può essere un toponimo<br />

non si può rispondere con una soluzione politica. Quan-<br />

Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria<br />

37


do la Destra altoatesina ravvisa la necessità culturale e<br />

giuridica di riconoscere i toponimi nella forma t<strong>ed</strong>esca<br />

attraverso un atto legislativo, determina la volontà che<br />

si ponga sullo stesso piano ogni indicazione di luogo<br />

geografico (che in Alto Adige diventa anche geopolitico)<br />

e geoculturale, senza invadere le competenze storiche<br />

altrui. E nel fare questo, ovviamente richi<strong>ed</strong>e la massima<br />

reciprocità affinché anche <strong>il</strong> mondo di lingua t<strong>ed</strong>esca lasci<br />

alla Comunità italiana la continuità geografica locale,<br />

che è insieme politica e culturale. Atteggiamenti come<br />

quelli che hanno indotto all’inizio del 2006 <strong>il</strong> Commissario<br />

del Governo per la provincia di Bolzano dott. Giuseppe<br />

Destro a richiamare la Comunità comprensoriale<br />

Bassa Atesina-Oltradige al rispetto del b<strong>il</strong>inguismo per<br />

aver omesso toponimi in lingua italiana nelle proprie segnalazioni<br />

turistiche, rischiano di allontanare la comprensione<br />

dei gruppi. È necessario altresì che si ponga fine<br />

a questo comportamento alquanto preoccupante anche<br />

sotto una visione etica oltrechè etnica, adottata pure da<br />

molti Comuni altoatesini abituati ad ut<strong>il</strong>izzare la sola lingua<br />

t<strong>ed</strong>esca nelle loro comunicazioni non solo interne, in<br />

quanto tali atteggiamenti non favoriscono quell’auspicab<strong>il</strong>e<br />

<strong>ed</strong> auspicato rispetto reciproco fra i gruppi linguistici<br />

e soprattutto quella reale convivenza da molti inseguita;<br />

rischiando altresì di fare insorgere nuovi sentimenti di<br />

diffidenza fra la popolazione di diversa madrelingua.<br />

Perseverare da parte degli Enti pubblici nell’adozione di<br />

un monolinguismo sui siti web, è un atto anche solo<br />

moralmente condannab<strong>il</strong>e. È peraltro purtroppo un fatto<br />

assai consolidato la lenta ma progressiva scomparsa<br />

dei toponimi nella forma italiana. Sono nella memoria di<br />

38 Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria


molti i casi sollevati relativi ad alcuni comuni altoatesini<br />

come San Pancrazio, Meltina, Gais, Cortaccia, Pr<strong>ed</strong>oi e<br />

Valdaora, alcuni dei quali, grazie alla denuncia espressa<br />

dalla Destra altoatesina, hanno provv<strong>ed</strong>uto a mettere in<br />

rete anche la versione italiana come Meltina e Pr<strong>ed</strong>oi.<br />

Tutto ciò avviene però non attraverso quello spontaneismo<br />

intellettuale che dovrebbe rappresentare <strong>il</strong> raggiungimento<br />

di un’etica culturale da parte dei Comuni ma<br />

in forma coercitiva, ovvero a seguito di denunce che<br />

determinano interventi dovuti nonostante le normative<br />

prev<strong>ed</strong>ano che tutta la comunicazione tramite internet e<br />

rispettivamente la posta elettronica, devono considerare<br />

<strong>il</strong> dettato del DPR n. 574/1988; che prev<strong>ed</strong>e appunto<br />

l’applicazione del b<strong>il</strong>inguismo.<br />

Gesti come quello della Comunità comprensoriale<br />

richiamata dal Prefetto quindi, possono corrispondere<br />

ad un atto di arroganza per la quale le normative statutarie<br />

o di attuazione allo Statuto devono prev<strong>ed</strong>ere<br />

in futuro delle chiare e significative sanzioni almeno<br />

amministrative da introdurre nell’ordinamento nazionale,<br />

perché è inaccettab<strong>il</strong>e che possa rimanere impunito chi<br />

non ottemperi a normative, che nel caso specifico sono<br />

di rango costituzionale.<br />

Il valore „comunitarismo“<br />

Più volte negli scorsi decenni, la Destra altoatesina è<br />

stata violentemente accusata di essere nazionalista. Sappiamo<br />

cosa si potesse intendere con questa affermazione<br />

rivolta ad un mondo politico per <strong>il</strong> quale la bandiera<br />

Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria<br />

39


nazionale ha sempre rappresentato un simbolo attorno al<br />

quale poteva e doveva costituirsi una Nazione; ovvero<br />

l’insieme di cittadini che vivono nel m<strong>ed</strong>esimo territorio<br />

all’interno di quello Stato prefigurato dai confini politici.<br />

Nazionalista però è anche quell’espressione che viene<br />

usata per indicare chi si presume intenda proporsi come<br />

entità superiore ad altre, non per numero di appartenenti<br />

ma per una presunzione di dominio civ<strong>il</strong>e, secondo <strong>il</strong><br />

quale <strong>il</strong> nazionalismo intende divenire in qualche modo<br />

forma imperialista pretendendo di dettare atteggiamenti<br />

di imperio su un’altra comunità. Per Marcello Veneziani<br />

nel suo libro „la cultura della Destra“ (Ed. Laterza -<br />

2002) „<strong>il</strong> nazionalismo è la degenerazione dell’identità<br />

nazionale, che altresì deve rimanere un valore, non un<br />

disvalore“. Ed è questa l’accusa che <strong>il</strong> mondo politico <strong>ed</strong><br />

intellettuale slegato dalla Destra ha mosso nei confronti<br />

di quest’ultima come a tacitarne preventivamente ogni<br />

diritto d’opinione. Un concetto in realtà che la Destra ha<br />

rigettato difendendo i valori di una Nazione; che però<br />

si traducono non con <strong>il</strong> principio di collettivismo, per <strong>il</strong><br />

quale <strong>il</strong> patrimonio materiale appartiene a tutti e rinnega<br />

semmai <strong>il</strong> comune patrimonio culturale di una Nazione,<br />

quanto piuttosto con quello di comunitarismo inteso<br />

a significare la valorizzazione delle identità, rappresentando<br />

nella sua eleganza un senso di appartenenza<br />

alla propria comunità che può essere appunto umana,<br />

politica o culturale; rigettando di fatto l’assunzione di<br />

quell’egoismo nazionalistico che rinnegava perfino Julius<br />

Evola, autore molto amato dalla Destra nazionale<br />

<strong>ed</strong> europea, e per <strong>il</strong> quale era importante badare a<br />

tenersi in pi<strong>ed</strong>i in un mondo di rovine con quella sua<br />

40 Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria


concezione che voleva ormai l’Europa come dissacrata<br />

di fronte ai suoi valori.<br />

Già, perché la Destra del dopoguerra, quella meno<br />

nostalgica politicamente per quanto si sentisse orfana<br />

culturalmente, ha mai avuto veri e propri suoi autori<br />

nazionali cui ispirarsi. Si leggeva Ezra Pound e si facevano<br />

proprie alcune delle sue massime nel segno della<br />

lotta contro l’usura capitalistica <strong>ed</strong> <strong>il</strong> pugno comunista.<br />

Si studiava, quasi maniacalmente, Robert Bras<strong>il</strong>lach,<br />

oppure si viveva <strong>il</strong> dramma di Drieu la Rochelle<br />

sulle modalità di frenare e arrestare la decadenza di<br />

fronte ai nazionalismi suicidi delle nazioni europee e<br />

alle contrapposizioni astratte fra socialisti e conservatori.<br />

O, ancora, ci si appassionava alle opere di Alain de<br />

Benoist, prima ancora che facesse breccia nel cuore<br />

della m<strong>il</strong>itanza giovan<strong>il</strong>e della Destra J.R.R. Tolkien e<br />

la Compagnia dell’Anello. Erano i primi Anni Ottanta<br />

e nessuno pensava di riproporre le vicende degli<br />

Hobbit in una tr<strong>il</strong>ogia cinematografica che, venti anni<br />

dopo, v<strong>ed</strong>eva far la f<strong>il</strong>a fuori dalla sale di proiezione<br />

quegli stessi soggetti che a quel tempo sbeffeggiavano<br />

gli esempi di Frodo Baggins e del mago Gandalf, della<br />

coraggiosa banda di elfi, gnomi e guerrieri nella loro<br />

battaglia per difendere <strong>il</strong> proprio paese incantato dallo<br />

stregone malvagio che vuole distruggerlo. Già allora<br />

la Comunità della Destra politica era consapevole di<br />

avere una Comunità da salvare attraverso la distruzione<br />

dell’ultimo anello della forza del male. Nascevano così<br />

i Campi „Hobbit“ in cui la Destra giovan<strong>il</strong>e si ritrovava<br />

per progettare la politica e vivere l’esperienza comunitaria.<br />

Il richiamo ai valori tradizionali, contestuale alla<br />

Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria<br />

41


critica alla modernità, l’eroismo degli elfi, dei folletti e<br />

degli gnomi, appunto; <strong>il</strong> loro vivere comunitariamente<br />

sposava negli ambienti della Destra la battaglia contro<br />

<strong>il</strong> mondialismo terrestrizzato per la riaffermazione della<br />

tradizione e di una visione etica della vita, come Evola<br />

invocava. È attraverso Tolkien, insomma, che la Destra,<br />

almeno quella giovan<strong>il</strong>e di un tempo che oggi rappresenta<br />

gran parte della sua Dirigenza, ha r<strong>il</strong>anciato i suoi<br />

valori più radicati e radicali quali la solidarietà della<br />

comunità, la spiritualità dell’uomo e del suo vivere, <strong>il</strong><br />

radicamento delle Identità.<br />

Incolpare la Destra, quella nazionale e quella altoatesina,<br />

di essere nazionalista insomma significava<br />

banalizzare <strong>il</strong> problema e non conoscere <strong>il</strong> retroterra<br />

culturale cui la Destra stessa si ispirava. Poteva far comodo<br />

nel semplicismo terminologico della Sinistra, ma<br />

non solo non corrispondeva ai valori profondi della<br />

Destra; non apparteneva nemmeno alla cultura d’origine<br />

della Destra.<br />

Peraltro, la Destra è sempre stata consapevole del<br />

fatto che la cultura intesa come forma comportamentale<br />

di elaborazione di un progetto del sapere popolare<br />

significa respingere atteggiamenti populistici che potevano<br />

e possono tuttora emergere, nel tentativo di dare<br />

imm<strong>ed</strong>iate riposte a contingenze del presente e far accrescere<br />

diversamente - per dirla ancora con Veneziani<br />

- quella consapevolezza comunitaria che viene da una<br />

storia vissuta, poiché essa è s<strong>ed</strong>imentazione culturale<br />

del sentire comune. Non insomma quella cultura della<br />

tradizione legata ai nostalgismi o alla natura morta di<br />

qualche malinconico quadro politico di primo Nove-<br />

42 Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria


cento, che trasformerebbe la stessa cultura della Destra<br />

in tradizionalismo regressivo e settario. Non a caso la<br />

Destra - paradossalmente per quanto conservatrice - si<br />

sente più legata al Futurismo di Marinetti piuttosto che<br />

al Luddismo fondato da N<strong>ed</strong> Lud nel 1811, attraverso<br />

forme di violenta protesta operaia contro l’avvento delle<br />

macchine e quindi l’industrializzazione del Continente.<br />

Progetto „Alto Adige“<br />

La Destra altoatesina deve quindi proseguire <strong>il</strong> suo<br />

cammino per dar luogo ad un Progetto Alto Adige che<br />

porti a valorizzare <strong>il</strong> patrimonio storico, etnico, culturale<br />

e civ<strong>il</strong>e della Comunità italiana radicata nella nostra provincia<br />

che però è ricchezza stessa dell’intero territorio,<br />

inserendosi in una tradizione; non solo o non tanto<br />

per preservare e tutelare le memorie del passato né<br />

da una parte né dall’altra, ma per rielaborare modelli,<br />

esplorare nuove er<strong>ed</strong>ità da lasciare, indicare nuovi solchi<br />

che suggeriscano <strong>il</strong> presente nella realizzazione dell’avvenire.<br />

In questo contesto, la cultura della Destra non<br />

può scindersi dal riconoscere la sopravvivenza, ovvero<br />

l’essenza, di altri legami comunitari al pari di quelli<br />

vissuti dalla Destra: siano essi politici, come di fatto<br />

avviene, siano essi etnici, slegati però da qualsivoglia<br />

inclinazione nazionalistica o fondamentalista.<br />

Il salto di qualità necessario cui deve approdare<br />

la cultura della Destra, anche in Alto Adige, è quello<br />

che già da tempo è alla base dell’azione politico-civi-<br />

Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria<br />

43


le della Comunità locale legata alla Destra e che, per<br />

gli Autori intellettuali che fanno riferimento a questa<br />

comunità umana e politica, è quello di lasciare definitivamente<br />

quei retaggi di nazionalismo ancora esistenti<br />

negli ambienti di Destra al fine di mirare - riprendendo<br />

ancora Veneziani - verso un patriottismo compatib<strong>il</strong>e,<br />

che significa comunità aperta e quindi Destra partecipata,<br />

appunto. La difesa della Comunità, di ogni singola<br />

espressione sociale che si manifesta da una tradizione<br />

comune, nasce dalla consapevolezza che l’avversario<br />

non è la comunità diversa dalla propria, pur esistente<br />

sul proprio territorio. Comunità conviventi fra loro, per<br />

quanto di estrazione culturale diversa, possono co-esistere<br />

se insieme combatteranno la comunità globale,<br />

quella che, nell’enunciazione della fratellanza, tende ad<br />

abbattere le differenze storiche e culturali delle diverse<br />

comunità. Questa convinzione è più avvertita laddove<br />

sul m<strong>ed</strong>esimo territorio nazionale vivono realtà etniche<br />

diverse ma non per forza incompatib<strong>il</strong>i fra loro, dove<br />

spesso si ha la sensazione che le identità locali possano<br />

essere in qualche modo soppresse dalla identità nazionale.<br />

Anche in Alto Adige si è vissuto a lungo con tale<br />

pregiudizio, temendo che quest’ultimo concetto legato<br />

al centralismo <strong>ed</strong> allo statalismo potesse con <strong>il</strong> tempo<br />

sopprimere le ansie <strong>ed</strong> i giustificati sentimenti di dar<br />

vita ad un localismo autonomistico, che spesso però si<br />

è fatto confondere con affermazioni di incomprensib<strong>il</strong>e<br />

campan<strong>il</strong>ismo provincialistico creando vuoti di cr<strong>ed</strong>ib<strong>il</strong>ità,<br />

legati semmai a vecchi rancori mai sopiti. La verità è<br />

che finchè nella nostra provincia si continua ad assistere<br />

a testimonianze di mera difesa dell’io etnico, si rischia di<br />

44 Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria


perdere quella sfida con la globalizzazione che interessa<br />

anche la nostra realtà. La difesa dell’identità nazionale e<br />

di quella locale in verità, rappresenta l’immagine della<br />

stessa porzione sferica confronto all’era della mondializzazione.<br />

Esse si devono alleare laddove <strong>il</strong> concetto<br />

di identità si sposa con quello di comunità, portando a<br />

riconoscere l’esistenza di piccole patrie all’interno non<br />

solo di una Patria nazionale ma anche di una terra di<br />

origine provinciale, che deve pur sempre essere entità<br />

di coagulo fra diverse storie; <strong>il</strong> tutto in un contesto di<br />

Patria europea da rifondare e riunificare attraverso la<br />

quale tutelare e valorizzare proprio le diverse identità<br />

nazionali che si esprimono attraverso i difformi costumi<br />

popolari. Dove per costumi si intendono le abitudini<br />

e la storia, la tradizione popolare, prima ancora che<br />

popolana.<br />

Se si riesce ad imporre questo concetto di identità,<br />

chi guarda alla Destra altoatesina con interesse, disponib<strong>il</strong>ità<br />

o compiacenza ha fac<strong>il</strong>e gioco nella difesa della<br />

propria specificità identitaria e racchiude anche come<br />

possa essere più agevole la comprensione dell’identità<br />

altrui. Perché la difesa della propria identità non solo ne<br />

presuppone la coscienza ma anche l’esistenza di altre,<br />

di pari grado. Parafrasando Immanuel Kant, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo<br />

scozzese del Settecento, si può affermare che così come<br />

è errato pensare che l’uccello volerebbe più liberamente<br />

se non ci fosse la resistenza dell’aria; senza considerare<br />

che è proprio l’aria a tenerlo in volo, appare anche<br />

falsa la convinzione che l’Alto Adige possa essere più<br />

autonomo senza lo stato italiano, se non si considera<br />

che è proprio lo Stato a garantire l’autonomia.<br />

Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria<br />

45


Identità come progetto<br />

A capirlo per esempio sono quegli esponenti politici<br />

del gruppo t<strong>ed</strong>esco che, comprendendone i rischi, hanno<br />

espresso perplessità sulla recente iniziativa legislativa<br />

del senatore a vita Francesco Cossiga in merito all’autodeterminazione,<br />

un provv<strong>ed</strong>imento che se non altro<br />

mette definitivamente all’angolo quei partiti di lingua<br />

t<strong>ed</strong>esca di fronte ad un problema più volte trattato e<br />

rivendicato, spesso in maniera propagandistica. Infatti,<br />

se da una parte la proposta dell’ex Capo dello Stato è<br />

grave perché tende nei suoi principi a minare l’unità<br />

dello Stato costituzionalmente sancita, dall’altra è curioso<br />

v<strong>ed</strong>erne la praticab<strong>il</strong>ità della stessa in maniera<br />

da mettere una definitiva pietra tombale sopra alla più<br />

grande falsità storica di questa provincia; quella legata<br />

alla possib<strong>il</strong>ità di una minoranza di autodeterminare a<br />

quale Stato appartenere attraverso un referendum che<br />

secondo la legislazione internazionale viene riservato<br />

però ai popoli e non alle minoranze. In definitiva, grazie<br />

al percorso istituzionale che dovrebbe seguire <strong>il</strong> Disegno<br />

di Legge del senatore Cossiga, una volta per tutte<br />

verrà accertata la costituzionalità del principio di questo<br />

progetto politico prima ancora che l’atto legislativo e<br />

di conseguenza la validità delle rivendicazioni spesso<br />

avanzate da una parte della comunità di lingua t<strong>ed</strong>esca.<br />

Anche <strong>il</strong> recente sondaggio effettuato da un’organizzazione<br />

di lingua t<strong>ed</strong>esca intervistando solo 500 persone,<br />

dimostra come di fronte all’autodeterminazione per la<br />

popolazione di lingua t<strong>ed</strong>esca si sia giunti alla fine di<br />

una falso mito, la conclusione di un enorme inganno;<br />

46 Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria


quello che l’autodeterminazione sia ancora un obiettivo<br />

della popolazione di lingua t<strong>ed</strong>esca dell’Alto Adige.<br />

Il fatto che solo <strong>il</strong> 54% degli intervistati - nessuno di<br />

questi appartenenti al gruppo italiano - dichiara di volere<br />

l’annessione all’Austria, tende a dimostrare come<br />

ormai la popolazione di lingua t<strong>ed</strong>esca abbia compreso<br />

<strong>il</strong> valore dell’Autonomia concessa da Roma ma anche<br />

la convenienza garantita dalla stessa per lo sv<strong>il</strong>uppo di<br />

questa terra, attraverso quel gettito fiscale che oggi viene<br />

assicurato alla Provincia in maniera alquanto maggiore di<br />

quanto non venga in realtà versato da questa terra.<br />

Non di meno, anche la Comunità della Destra altoatesina<br />

è legata a Valori simbolo della propria tradizione;<br />

valori accumulati non solo in questi ultimi trent’anni di<br />

lotte comuni spesi in m<strong>il</strong>itanza politica, quando essere del<br />

Movimento sociale significava essere emarginati perché<br />

figli di un era sconfitta e non perché si fosse altoatesini<br />

di lingua italiana. I discendenti della Destra locale si sono<br />

sentiti nipoti di Cesare Battisti, di D’Annunzio o Marinetti<br />

legati al coraggio, all’azione <strong>ed</strong> al futuro; si sono sentiti<br />

figli dei ragazzi di El Alamein o dei volontari della Repubblica<br />

Sociale, legati all’ardimento <strong>ed</strong> all’onore da salvare<br />

dopo una guerra perduta; si sono sentiti fratelli delle<br />

persone infoibate nel Carso, degli esuli istriani, dalmati e<br />

giuliani vittime del tradimento togliattiano e del comunismo.<br />

Espressioni tutte di una storia limpida, magari non<br />

accettab<strong>il</strong>e universalmente e non condivisib<strong>il</strong>e per molti,<br />

ma manifestazioni di una cultura che indissolub<strong>il</strong>mente<br />

ha legato la Destra a miti capaci di generare passioni,<br />

speranze, orgoglio. E si è fatta affiancare da questi esempi<br />

nel suo percorso di mezzo secolo.<br />

Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria<br />

47


Certo, poi venne Fiuggi; ma proprio Fiuggi ha ammonito<br />

la Destra che una giacca <strong>ed</strong> una cravatta non<br />

fanno sempre l’eleganza di una persona; proprio Fiuggi<br />

ha ricordato ad essa che i Valori non sono fogli di<br />

carta da appallottolare e gettare in un cestino perché<br />

testimoni scomodi del percorso che una Comunità ha<br />

attraversato.<br />

Memore di questo tragitto, la Destra altoatesina non<br />

può accettare che la politica da essa espressa possa<br />

rispondere sic et simpliciter a quel bisogno di immagine<br />

richiesto dalla politica stessa. Accontentarsi della<br />

fotografia impressa sugli organi di informazione significa<br />

appagarsi con la propaganda senza badare ai risultati.<br />

Un concetto lontano anni luce proprio dalla cultura della<br />

Destra secondo la quale la politica serve per indirizzare<br />

e p<strong>il</strong>otare lo sv<strong>il</strong>uppo sociale <strong>ed</strong> economico e per<br />

tramutarlo in rispetto agli interessi generali e non personali.<br />

Ma per fare questo, la politica va <strong>ed</strong>ucata nelle<br />

scelte che avvengono con lo sguardo alla costruzione.<br />

Una politica quindi che esige da una parte chiarezza<br />

e trasparenza, ma dall’altra concretezza <strong>ed</strong> efficienza<br />

per garantire alla comunità interessata alle scelte della<br />

politica la continuità all’esistenza della comunità stessa.<br />

La distorsione massm<strong>ed</strong>iale che è stata data alla politica,<br />

secondo la quale essa è più fruttifera con l’immagine che<br />

con i fatti, ha portato ad una involuzione della politica<br />

stessa. Questo concetto non è mai stato caro alla Destra<br />

sia per una negazione di possib<strong>il</strong>ità, venendo cioè a<br />

mancare i sostegni economici che potessero sostenere<br />

un’immagine della Destra, sia per uno st<strong>il</strong>e basso che la<br />

Destra-partito o istituzionale ha sempre preferito. Peral-<br />

48 Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria


tro non si possono dimenticare le difficoltà della Destra<br />

ad acc<strong>ed</strong>ere in passato alle reti televisive o agli organi<br />

di informazione stampati. Giacchè la Destra ha dovuto,<br />

per propria stessa configurazione politica, adattarsi a<br />

quella traduzione in atti delle idee, rigettando di fatto la<br />

logica dell’ideocrazia. Per dirla con Ezra Pound, <strong>il</strong> poeta<br />

americano molto caro alla Destra, l’unica cultura che<br />

la Destra riconosce è quella delle idee che diventano<br />

azioni poiché un’idea, un concetto, finchè resta un’idea<br />

è soltanto un’astrazione. E se Giorgio Gaber avesse potuto<br />

mangiare un’idea, avrebbe fatto la sua rivoluzione,<br />

come egli amava affermare.<br />

In definitiva la cultura della Destra non deve temere<br />

di esprimere i suoi grandi progetti e non deve rinunciare<br />

a pensare con coraggio, fierezza e decisionismo in<br />

termini di identità, quindi con espressioni comunitarie,<br />

in maniera da condurre alla comprensione delle varie<br />

specificità, promuovendo la loro integrazione e non la<br />

separazione.<br />

Chi ha vissuto <strong>ed</strong> ha attraversato <strong>il</strong> deserto con la<br />

Destra locale sa che per essa fare politica non significa<br />

parlare di politica ma individuare e concretizzare proposte,<br />

progetti, soluzioni, idee contro ogni forma di pigrizia<br />

mentale <strong>ed</strong> in rispetto di ogni sensib<strong>il</strong>ità identitaria; e<br />

quella di ogni popolo è composta da molteplici sensi<br />

di appartenenza e di radicamento così come quella di<br />

ogni minoranza, che sia linguistica, religiosa o altro.<br />

Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria<br />

49


DESTRA<br />

RAGIONATA E PROTAGONISTA<br />

Di quale Destra ha bisogno la Comunità altoatesina?<br />

Oppure quale Destra viene richiesta dalla Comunità<br />

altoatesina? La differenza è minima, ma sostanziale.<br />

Nell’era in cui, anche per effetto della scomparsa delle<br />

ideologie politiche, i partiti sono avvolti da un evidente<br />

laicismo creando una laicità nel voto, rendendolo<br />

quindi più fluttuante, è <strong>il</strong> partito che deve diventare<br />

capace di intercettare gli umori dell’elettorato di fatto<br />

rincorrendolo oppure deve rivendicarsi <strong>il</strong> primato della<br />

politica, quello in base al quale se vi è un contr’ordine<br />

compagni (per dirla con Guareschi) <strong>il</strong> cittadino deve<br />

adeguarsi? La regola, anche in questo caso, non è più<br />

ferrea come un tempo. L’elasticità alla propensione non<br />

solo al voto ma alla stessa appartenenza di quel voto<br />

che caratterizza <strong>il</strong> nostro tempo, pone la politica <strong>ed</strong> i<br />

suoi attori ad identificare una terra di mezzo che può<br />

Destra ragionata e protagonista<br />

51


divenire patrimonio di tutti e sintesi condivisa, capace<br />

di coniugare <strong>il</strong> verbo del partito all’umore dell’elettore<br />

e viceversa. Per propria stessa cultura, più di ogni altra<br />

connotazione politica, la Destra non si fa trascinare nella<br />

gara di inseguimento all’elettore. Essa non è abituata<br />

a dire al cittadino quello che l’elettore si vuol sentir<br />

dire benché storicamente la Destra, diversamente da<br />

una Sinistra più ideologizzata, sia più legata al carattere<br />

del suo popolo oltrechè alla storia della sua Nazione.<br />

Se così facessero, gli esponenti della Destra sarebbero<br />

consci del fatto che non farebbero politica; farebbero<br />

colpevolmente i politicanti. Peraltro la Destra è anche<br />

a conoscenza del fatto che non si può nemmeno permettere<br />

di limitarsi a riscaldare <strong>il</strong> cuore dell’elettorato,<br />

comprendendo di dover allenare questo muscolo<br />

a pompare speranza, stimoli, buona energia affinché <strong>il</strong><br />

battito continui la vitalità progettuale della Destra, ma<br />

rafforzi anche l’energica voglia di appartenenza politica<br />

dell’elettore, in maniera da riprendere quel cammino<br />

comune che proprio la deideologizzazione ha in parte<br />

interrotto, creando la perdita di cr<strong>ed</strong>ib<strong>il</strong>ità della politica<br />

e, appunto del suo primato.<br />

La necessità che si rinsaldi questo rapporto fra politica<br />

e cittadino, ma anche le vicende politiche registrate<br />

in Alto Adige in questi ultimi anni, hanno obbligato la<br />

Destra locale ad una attenta e profonda riflessione sia<br />

sullo stato del partito, sia sul ruolo che lo stesso deve<br />

ricoprire per <strong>il</strong> futuro come, infine, sull’immagine che<br />

Alleanza Nazionale deve produrre di se. In sintesi, tre<br />

sono le questioni che Alleanza Nazionale deve porsi:<br />

una tutta interna, legata al valore unitario della classe<br />

52 Destra ragionata e protagonista


politica e che tratteremo nel capitolo d<strong>ed</strong>icato alla Destra<br />

organizzata <strong>ed</strong> unitaria; l’altra politica, che fa della<br />

progettualità <strong>il</strong> senso primario di un partito teso non a<br />

gestire <strong>il</strong> presente o a subirne gli effetti ma a disegnare<br />

<strong>il</strong> futuro o quantomeno a contribuire all’impostazione,<br />

trattata nella parte riservata alla Destra programmatica e<br />

popolare; di tali questioni, infine, non per importanza,<br />

l’ultima è quella istituzionale ovvero come presentarsi<br />

sulla scena politica.<br />

La questione istituzionale<br />

Non si tratta in quest’ultimo caso di indossare per<br />

forza quel doppiopetto che la Sinistra di un tempo rimproverava<br />

ad Almirante di inf<strong>il</strong>are, come a nascondere <strong>il</strong><br />

suo essere malinconicamente fascista. Si tratta semmai,<br />

di come presentare le proprie tesi, frutto di un dibattito<br />

interno che deve condurre ad una unitarietà di intenti<br />

<strong>ed</strong> una univocità di espressione. Le valutazioni da farsi<br />

quindi devono essere figlie anche del nuovo scenario<br />

in cui ha saputo calarsi nel 2003 Alleanza Nazionale<br />

attraverso l’elezione a vice-Presidente del Consiglio di<br />

Giorgio Holzmann, a quel tempo Presidente provinciale<br />

di AN, <strong>il</strong> Caronte della Destra altoatesina, come<br />

venne definito più con sfottò che con rispetto sia da<br />

certi avversari politici come da interni oppositori per<br />

aver intrapreso <strong>il</strong> traghettamento del partito che guidava,<br />

cercando di portarlo da un’area congelata ad una<br />

partecipata. Una scelta peraltro che convinse ad aderire<br />

al nuovo corso della Destra altoatesina anche coloro che<br />

Destra ragionata e protagonista<br />

53


fino ad allora facevano vanto della propria distanza dal<br />

MSI. L’elezione di Holzmann - avvenuta nel novembre<br />

2003 - qualche mese prima che avvenisse, appariva uno<br />

scenario impensab<strong>il</strong>e ma non inimmaginab<strong>il</strong>e e chiamò<br />

- o avrebbe dovuto chiamare - i Dirigenti della Destra<br />

altoatesina ad un’ulteriore salto di qualità; ad una aggiuntiva<br />

prova <strong>ed</strong> assunzione di responsab<strong>il</strong>ità.<br />

Comunque sia andata successivamente, con la nomina<br />

a Presidente del Consiglio di un’esponente non<br />

già di AN ma di altro partito, l’incarico ricaduto su<br />

Alleanza Nazionale volle riconoscere per la prima volta<br />

alla Destra altoatesina <strong>il</strong> diritto di rappresentanza politica<br />

<strong>ed</strong> alla Comunità linguistica italiana quello della rappresentatività<br />

etnica. Un’operazione che se avesse avuto <strong>il</strong><br />

seguito sperato, poteva rappresentare una prima tappa<br />

- o meglio una stazione di transito - verso quel progetto<br />

unanimemente votato dall’ultimo Congresso provinciale<br />

del 2002, condiviso anche dall’allora vice-Presidente<br />

del Consiglio dei Ministri e Ministro degli Esteri on.<br />

Gianfranco Fini, che purtroppo non ha però trovato<br />

l’auspicata evoluzione anche a causa di un maggior<br />

integralismo della SVP che ha caratterizzato la nuova<br />

Segreteria del partito di Elmar Pichler-Rolle, e di cui parleremo<br />

successivamente nel capitolo rivolto alla Destra<br />

aperta e partecipata; ma, se si deve dare cr<strong>ed</strong>ito alle<br />

parole dello stesso Presidente della Giunta provinciale<br />

Luis Durnwalder, anche per l’immagine di un ritrovato<br />

irrigidimento di Alleanza Nazionale presentato dalla nuova<br />

Dirigenza del Partito ins<strong>ed</strong>iatasi nell’apr<strong>il</strong>e 2006. Se<br />

in politica ci vuole coraggio anche per essere cr<strong>ed</strong>ib<strong>il</strong>i,<br />

questo coraggio è certamente mancato alla SVP. Ma<br />

54 Destra ragionata e protagonista


ciò non può significare che la Destra altoatesina non<br />

debba più continuare a parlare almeno con una parte<br />

del partito di lingua t<strong>ed</strong>esca, quella che nei confronti<br />

di AN ha mostrato aperture interessanti, come successivamente<br />

indicate.<br />

Se insomma si era riusciti, con abnegazione, passione,<br />

serietà a raggiungere - seppur parzialmente e per<br />

un tempo limitato - l’obiettivo di garantire quella rappresentatività<br />

etnica che è alla base del comune intento<br />

politico della Destra altoatesina, oggi si deve ripartire; sia<br />

in ordine a quest’ultimo aspetto di primaria importanza<br />

che tende non a premiare una Comunità indebolita ma<br />

a riconoscere alla stessa la prerogativa distintiva, sia in<br />

merito alla necessaria rappresentanza politica spettante<br />

ad AN. Traguardi questi a cui è necessario guardare<br />

con la convinzione che la percorrib<strong>il</strong>ità di azioni tese<br />

all’opportunità della costituzione di un terreno politico<br />

condivisib<strong>il</strong>e con altre forze politiche, in chiave di possib<strong>il</strong>e<br />

governab<strong>il</strong>ità, possa costituire lo snodo in chiave<br />

programmatica dell’imm<strong>ed</strong>iato futuro di An.<br />

La Destra altoatesina deve giustamente essere persuasa<br />

della complessità che tale obiettivo porta con sé. Ma<br />

la consapevolezza della complessità stessa deve affiancare<br />

la convinzione dell’urgenza e dell’improrogab<strong>il</strong>ità<br />

della ricerca dei più idonei rapporti di tipo strumentale<br />

per <strong>il</strong> raggiungimento dell’obiettivo; un traguardo che<br />

richi<strong>ed</strong>e la massima unità interna, affinché la Destra<br />

altoatesina possa continuare a raffigurare per la popolazione<br />

di lingua italiana quella Com-unità che le ha<br />

permesso di essere per anni in concreto l’unico punto<br />

di riferimento per la m<strong>ed</strong>esima popolazione.<br />

Destra ragionata e protagonista<br />

55


Di fatto in Alto Adige la Destra locale già nel 1983<br />

passò attraverso quel processo politico che molti hanno<br />

brutalmente e spregiativamente definito lo sdoganamento,<br />

come se la Comunità della Destra fosse una merce<br />

esposta sulle bancarelle della politica; ciò, paradossalmente,<br />

ben dieci anni prima di quello che beneficiò <strong>il</strong><br />

partito in campo nazionale. Ma esso non può passare<br />

più solo attraverso <strong>il</strong> consenso elettorale. Ora Alleanza<br />

Nazionale deve aspirare, anche in provincia di Bolzano,<br />

al superamento definitivo di una frontiera istituzionale.<br />

Proposte di una Destra ragionata<br />

Purtroppo dal primo sussulto elettorale che portò<br />

nel 1983 la Destra altoatesina a raddoppiare la propria<br />

rappresentanza in Consiglio provinciale ad oggi, abbiamo<br />

vissuto una situazione di stallo. Infatti, se in campo<br />

nazionale quel confine fra l’ingresso in una maggioranza<br />

di Governo e <strong>il</strong> rimanerne sulla soglia è stato oltrepassato<br />

dalla Destra missina divenuta solo successivamente<br />

quella di Fiuggi, questo percorso non si è verificato nella<br />

nostra provincia anche per effetto di quell’anomalia tutta<br />

altoatesina che ci fa parlare di democrazia bloccata o<br />

malata a causa di un partito etnico, che non solo è ma<br />

anche sarà sempre chiamato a governare questa terra.<br />

E dove la regola dell’alternanza viene difatto riservata<br />

potenzialmente solo alla parte italiana; decisa peraltro<br />

nemmeno dall’elettorato.<br />

Si ritiene quindi che spetti alla Destra locale stab<strong>il</strong>ire<br />

se - dopo la fase di raggiunta maturità in cui <strong>il</strong> partito è<br />

56 Destra ragionata e protagonista


divenuto forza di governo a livello nazionale - intenda<br />

proporsi quale forza di governo anche localmente. Non<br />

protendendo la mano verso qualcuno, come elemosinando;<br />

ma tendendo la m<strong>ed</strong>esima con l’atto di incontrarne<br />

un’altra da stringere e con la quale fare un percorso<br />

comune. Certo, non sempre questa mano è stata stretta<br />

con necessaria convinzione; ma chi ha vissuto la politica<br />

sa che <strong>il</strong> frutto si raccoglie con la buona semina, non<br />

con una mietitura frettolosa e malfatta. Quante volte<br />

deve essere risuonato nelle orecchie dei m<strong>il</strong>itanti e dei<br />

Dirigenti della Destra altoatesina quanto affermava <strong>il</strong><br />

Dalai Lama circa <strong>il</strong> fatto che ci sono state in passato<br />

persone che hanno cambiato le cose, non perché si<br />

aspettavano un risultato imm<strong>ed</strong>iato dal loro agire, ma<br />

perché avevano un progetto. Un richiamo ad una visione<br />

più d’insieme del progetto, tendente a lasciare cogliere<br />

agli er<strong>ed</strong>i <strong>il</strong> frutto di un sacrificio comune con <strong>il</strong> quale<br />

siginificativamente si è inteso aprire questo libro.<br />

L’esame di laurea per la Destra locale è proprio questo:<br />

una forza che da protesta - quale era l’allora Movimento<br />

Sociale e nel quale molti degli attuali Dirigenti di<br />

Alleanza Nazionale hanno m<strong>il</strong>itato - ha saputo divenire<br />

partito di proposta può rinunciare a ricoprire un ruolo<br />

attraverso <strong>il</strong> quale dare garanzie alla Comunità di lingua<br />

italiana dell’Alto Adige, quale quello di componente del<br />

governo locale? Alleanza Nazionale, da partito pensante<br />

politicamente, come ha dimostrato di essere con le sue<br />

convinzioni, le sue idee, <strong>il</strong> suo bagaglio di coerenza,<br />

si vuole che abdichi alla possib<strong>il</strong>ità di divenire partito<br />

pesante istituzionalmente per la Comunità italiana, affinchè<br />

<strong>il</strong> progetto di riequ<strong>il</strong>ibrio della realtà altoatesina<br />

Destra ragionata e protagonista<br />

57


sia capace di riavvicinare la Comunità italiana a questa<br />

Autonomia, in cui ognuno si senta protagonista e non<br />

comparsa di ultima scena?<br />

Certo in questo contesto è importante la disponib<strong>il</strong>ità<br />

delle altre forze politiche e la lealtà delle stesse<br />

nel prefigurare un’azione di cooperazione progettuale;<br />

ma molto dipende anche da come si atteggia la Destra<br />

locale nella consapevolezza del dialogo, pur mantenendo<br />

fermi i principi politici di tutti coloro che intendono<br />

partecipare a questo progetto. Ovviamente, all’interno<br />

di tali confini occorre operare per la sintonia <strong>ed</strong> in<br />

consonanza, per r<strong>il</strong>anciare ad esempio quell’economia<br />

povera dei settori occupazionali che rischiano di elemosinare<br />

le briciole lasciate cadere da una Provincia che<br />

cammina a doppia velocità; non in base al r<strong>ed</strong>dito di<br />

ognuno - che sarebbe comunque preoccupante - ma in<br />

forza del gruppo linguistico di appartenenza di ciascuno.<br />

La Destra, ma in questo concetto forse è più corretto<br />

rivolgersi all’intero centro-destra, nel quinquennio del<br />

suo Governo ha dimostrato di non volersi vendicare<br />

nei confronti dell’Autonomia, ormai dai più accettata<br />

quale principio portante della società altoatesina, e di<br />

non voler nemmeno chi<strong>ed</strong>ere i danni per quei torti<br />

subiti dalla comunità italiana a causa di una impostazione<br />

costituzionalmente errata dello Statuto stesso che,<br />

come è noto, è volto a tutelare due Comunità (quella<br />

t<strong>ed</strong>esca e quella ladina) ma che non avrebbe dovuto<br />

penalizzare la terza comunità, quella italiana appunto;<br />

come invece è in parte avvenuto. Gli esempi sono tanti,<br />

tutti raccolti in quel disagio non solo psicologico ma<br />

pure materiale che le norme in materia di b<strong>il</strong>inguismo<br />

58 Destra ragionata e protagonista


e di proporzionale, per esempio, hanno generato sulla<br />

Comunità di lingua italiana. Non è piangersi addosso<br />

come qualche politico di un tempo ha detto in questi<br />

anni; ma è chiaro che oggi serve un riequ<strong>il</strong>ibrio della<br />

nostra Autonomia, in maniera che tutti possano sentirsi<br />

a proprio agio affinchè la convivenza in Alto Adige<br />

non sia solo un fatto fisico ma diventi pure una realtà<br />

sociale non epidermica.<br />

La Destra deve continuare a cr<strong>ed</strong>ere in questo progetto<br />

di riequ<strong>il</strong>ibrio, durante <strong>il</strong> quale deve svolgere un<br />

ruolo ragionato e da protagonista anche attiva nella modifica<br />

di alcune norme di attuazione relative ad esempio<br />

alla scuola, che prev<strong>ed</strong>ano l’applicazione di metodologie<br />

di apprendimenti della seconda lingua anche attraverso<br />

l’insegnamento veicolare; o in merito alla proporzionale,<br />

affinché sia ancora più equa la sua applicazione e vi sia<br />

un prevalente riconoscimento delle competenze fin nei<br />

ruoli apicali, prev<strong>ed</strong>endo la rotazione degli incarichi; e,<br />

ancora, in materia di b<strong>il</strong>inguismo e di b<strong>il</strong>inguità, dettati<br />

dallo statuto di Autonomia. Indubbiamente <strong>il</strong> r<strong>il</strong>ancio<br />

della Comunità italiana non può fermarsi a questi singoli<br />

provv<strong>ed</strong>imenti. C’è una nuova cultura che deve<br />

emergere fin nella Costituzione italiana; quella volta a<br />

riconoscere ad essa lo status di minoranza territoriale<br />

di secondo grado, modificando l’art. 6 della Carta costituzionale.<br />

Ma nella realizzazione di nuove disposizioni<br />

non si può evitare una riflessione nemmeno sul<br />

reimpianto di un nuovo progetto regionale, che affidi<br />

proprio alla Regione Trentino Alto Adige una nuova<br />

ragione d’essere.<br />

Destra ragionata e protagonista<br />

59


Regione quo vadis?<br />

I continui richiami a nuove competenze da trasferire<br />

alla Provincia, che tende sempre più a rapportarsi<br />

nei confronti dell’Europa da Stato indipendente - come<br />

lo stesso Presidente della Giunta provinciale Luis Durnwalder<br />

ha sostenuto nella sua relazione programmatica<br />

di inizio della XII Legislatura - impongono alla Destra<br />

di valutare con coraggio se riprendere quel dibattito<br />

aperto nel gennaio 2004 circa la necessità di proc<strong>ed</strong>ere<br />

1) con una riforma adeguandola alla nuova situazione<br />

che comporti <strong>il</strong> r<strong>il</strong>ancio della Regione stessa attraverso<br />

l’assegnazione di nuovi compiti di coordinamento fra<br />

le due Province di Trento e di Bolzano, senza che ciò<br />

significhi svuotamento delle Province o se, invece 2)<br />

proc<strong>ed</strong>ere in una direzione diametralmente opposta.<br />

In un caso, contestualizzando in un’ottica europea la<br />

riflessione sulla Regione nel rispetto dei sentimenti della<br />

Comunità italiana (come già si affermava in Prove<br />

di golpe (bianco) in Alto Adige, <strong>il</strong> saggio che scrissi<br />

nel 2000) per la quale, se essa deve rappresentare <strong>il</strong><br />

quadro di riferimento nazionale, occorre interrogarsi se<br />

effettivamente riproduca ciò. In questo contesto la creazione<br />

artificiale dell’Euregio mascherata da strumento di<br />

cooperazione, ha contribuito a mettere in discussione<br />

proprio questo riferimento politico e culturale per la<br />

minoranza di lingua italiana dell’Alto Adige. La Destra<br />

altoatesina non ha mai negato che l’unione di più Regioni<br />

volta a favorire la cooperazione economica sia<br />

essa transfrontaliera come interna ad un m<strong>ed</strong>esimo Stato<br />

non sia di per se stessa pericolosa o penalizzante; ma<br />

60 Destra ragionata e protagonista


quando a questa cooperazione si vuole a tutti i costi<br />

dare una connotazione politica o etnica al punto da<br />

escludere Regioni e Province confinanti con quella di<br />

Bolzano come <strong>il</strong> Veneto o la Lombardia che potrebbero<br />

arricchire la cooperazione stessa - dimenticando volutamente<br />

che la cultura di queste regioni è parte della<br />

cultura anche della Comunità italiana che vive in Alto<br />

Adige come anche in Trentino - allora appare evidente<br />

che della Regione europea del Tirolo si vuole fare una<br />

entità a se stante. Peraltro una realtà già concreta che<br />

si manifesta con un parlamentino proprio le cui delibere<br />

non passano nemmeno nelle aule istituzionali che quel<br />

parlamentino compongono. Se quindi si vuole maturare<br />

<strong>il</strong> progetto di r<strong>il</strong>ancio della Regione Trentino-Alto<br />

Adige occorre nell’imm<strong>ed</strong>iato promuovere fattivamente<br />

l’istituzione di una Costituente regionale composta da<br />

rappresentati dei due Consigli provinciali di Trento e di<br />

Bolzano che, attraverso una precisa calendarizzazione<br />

degli impegni, entro alcuni mesi dalla sua costituzione,<br />

st<strong>il</strong>i un documento concertato <strong>ed</strong> unitario volto a porre<br />

le basi per un nuovo „Pensiero Regione“ teso a valorizzare<br />

<strong>il</strong> patrimonio comune delle due province sia territoriale<br />

che culturale, che preservi le memorie del passato<br />

e le leghi alle vicende che hanno unificato e cementato<br />

<strong>il</strong> dialogo fra le due province e che rielabori, in ultimo,<br />

un modello di sv<strong>il</strong>uppo congiunto e coordinato fra le<br />

province e fra le varie sensib<strong>il</strong>ità etniche e culturali che<br />

vivono all’interno della Regione. Un nuovo Statuto regionale<br />

che rafforzi <strong>il</strong> percorso compiuto dalla Regione<br />

Trentino Alto Adige riportando però la barra al centro,<br />

nell’interesse di tutte le Comunità da essa ospitate.<br />

Destra ragionata e protagonista<br />

61


Se queste però non sono le premesse, che fare della<br />

Regione?<br />

Analizziamo la seconda opzione sulla quale si ritiene<br />

che una forza responsab<strong>il</strong>e quale la Destra altoatesina<br />

deve riprendere ad interrogarsi. Il depotenziamento<br />

dell’Ente voluto dalla SVP e concesso negli anni dal<br />

centro-sinistra, ha raggiunto ormai <strong>il</strong> suo massimo livello<br />

tanto che la Regione è un organismo su cui <strong>ed</strong> in cui si<br />

può solo dibattere e nel quale ogni confronto viene reso<br />

virtuale nella sua inut<strong>il</strong>ità. Quando intervistato <strong>il</strong> primo<br />

febbraio 2004 dal quotidiano Alto Adige in merito al<br />

futuro della Regione, l’on. di AN Pietro Mitolo affermava<br />

che „l’abbiamo difesa fino a quando aveva ancora delle<br />

competenze, ma adesso che l’hanno svuotata del tutto<br />

non ha più senso difendere una Regione ridotta a un<br />

fantasma“, riprendendo alcune riflessioni che mi permisi<br />

di esprimere sulla stampa locale (e che aprirono un<br />

dibattito anche furioso interno alla Destra ma esternato<br />

sulla stampa), egli espresse la particolare condizione<br />

psicologica di gran parte della Comunità italiana.<br />

Personalmente ho cr<strong>ed</strong>uto nella Regione e ho sostenuto<br />

questa Istituzione quando essa esprimeva qualcosa<br />

per la Comunità italiana e ad essa ci si aggrappava per<br />

rimanere ancorati allo Stato nazionale. Ho protetto la<br />

Regione quando aveva contenuti ben diversi da quelli<br />

attuali. Ed ho richiamato al rispetto della dignità della<br />

Regione prima che diventasse quel luogo di dibattito<br />

peraltro preconizzato in maniera sprezzante dall’on. della<br />

SVP Karl Zeller qualche anno fa. Oggi purtroppo, la<br />

Regione si coniuga unicamente con la gestione di un<br />

blando patrimonio, con l’amministrazione di un ridotto<br />

62 Destra ragionata e protagonista


numero di personale dipendente, con una competenza<br />

in merito alla previdenza prevista dallo Statuto che forse<br />

verrà delegata anch’essa alle Province e con la figura del<br />

giudice di pace di cui, con tutto rispetto, pochi conoscono<br />

addirittura l’esistenza. Delegate le competenze alle<br />

Province in materia di Camere di Commercio, Cr<strong>ed</strong>ito e<br />

cooperazione ancora nel giugno 1997 e quindi sul finire<br />

dell’ultima legislatura quelle riguardanti <strong>il</strong> catasto <strong>ed</strong> <strong>il</strong><br />

libro fondiario, l’Ente regionale Trentino Alto Adige non<br />

ha attualmente più potere alcuno; è diventato un piatto<br />

politico talmente insipido che a tre mesi dalle elezioni<br />

dell’ottobre 2003 ad essa non si era ancora dato alcun<br />

Governo. Una scatola svuotata e resa inefficiente che<br />

però continua a richi<strong>ed</strong>ere costi alla popolazione <strong>ed</strong> ad<br />

isolare la Comunità italiana dell’Alto Adige, strizzando<br />

l’occhio alla popolazione trentina <strong>ed</strong> al mondo t<strong>ed</strong>esco<br />

e ladino della provincia di Bolzano. Di fatto, dal 2003<br />

Trento e Bolzano possono operare da Province autonome<br />

come fossero due Regioni autonome, pur agendo in<br />

un assetto istituzionale e costitutivo ben diverso. Non<br />

si entrerà nel merito di come ciò sia potuto accadere.<br />

E non tanto perché siano noti i responsab<strong>il</strong>i di questo<br />

depotenziamento, quanto perché questa è la realtà con<br />

la quale bisogna oggi confrontarsi. Su tale aspetto si può<br />

fare demagogia, ma non si può non essere pragmatici.<br />

L’assetto regionale tuttora vigente previsto dall’Accordo<br />

De Gasperi-Gruber è impostato sul riequ<strong>il</strong>ibrio dei diritti<br />

degli abitanti di lingua t<strong>ed</strong>esca rispetto agli abitanti di<br />

lingua italiana in quanto minoranza linguistica, in un<br />

quadro regionale che faceva (e fa tuttora) riferimento ad<br />

una popolazione di quasi 900 m<strong>il</strong>a cittadini, di cui solo<br />

Destra ragionata e protagonista<br />

63


un terzo appartenenti all’area storico-culturale di lingua<br />

t<strong>ed</strong>esca; quindi minoranza da tutelare, nel momento in<br />

cui veniva accorpata nella Regione Trentino Alto Adige.<br />

È ovvio che nel quadro in cui due Province esercitano i<br />

poteri di altrettante Regioni questa ipocrisia diventa diffic<strong>il</strong>e<br />

da accettarsi e digerire e serve riflettere seriamente,<br />

senza falsi pudori, sull’opportunità di tenere in pi<strong>ed</strong>i un<br />

Istituto vuoto che fino ad ora ha considerato e servito<br />

da un lato unicamente gli interessi della Svp e dall’altro<br />

le necessità della popolazione trentina, dimenticando<br />

o ignorando volutamente parte delle aspirazioni e delle<br />

esigenze della Comunità linguistica italiana dell’Alto<br />

Adige che da questa Regione non è mai stata tutelata e<br />

che, in un eventuale diverso assetto regionale, potrebbe<br />

e dovrebbe essere valorizzata quale nuova minoranza<br />

linguistica che verrebbe a determinarsi. Oggi, persino la<br />

Comunità ladina, altra minoranza nella Regione Trentino<br />

Alto Adige, è più tutelata di quella italiana. L’Svp<br />

ha capito che un nuovo assetto istituzionale potrebbe<br />

capovolgere la politica etnica in Alto Adige dovendo<br />

considerare le necessità di tutelare e valorizzare una<br />

nuova minoranza, quale quella italiana; <strong>ed</strong> infatti, dopo<br />

aver partecipato all’esecuzione politico-istituzionale della<br />

Regione con <strong>il</strong> colpo alla nuca esploso con la Riforma<br />

costituzionale del 2001, ora tiene in stato vegetativo tale<br />

ente, frenando su una ipotesi per certi versi ancor più<br />

riformista. L’hanno capito anche i trentini che temono di<br />

perdere la loro specificità e, quindi, quei priv<strong>il</strong>egi che<br />

solo un politico astuto come Alcide De Gasperi poteva<br />

ritagliare a loro misura. Ed infatti essi sono contrari a tale<br />

possib<strong>il</strong>ità. Alla luce di questa situazione, se la Destra<br />

64 Destra ragionata e protagonista


altoatesina e nazionale vuole sempre più continuare ad<br />

agire concretamente in difesa della Comunità italiana<br />

altoatesina, per valorizzarla e potenziarla riconoscendole<br />

rappresentatività politica e non solo rappresentanza<br />

etnica, è veramente peregrino e del tutto inopportuno<br />

che un’eventuale stesura di un nuovo Statuto debba<br />

in alternativa prev<strong>ed</strong>ere non già <strong>il</strong> r<strong>il</strong>ancio dell’attuale<br />

sistema regionale, quanto semmai un nuovo impianto<br />

regionale? E se ciò deve essere, è lecito ipotizare che<br />

sia impostato su due diverse istituzioni autonome che<br />

potrebbero dare maggiori garanzie alla Comunità italiana<br />

altoatesina, prev<strong>ed</strong>endo quegli strumenti che attualmente<br />

lo Statuto regionale nega agli altoatesini di lingua<br />

italiana poiche sb<strong>il</strong>anciato verso altre entità?<br />

Insomma, dopo la chiusura dei rubinetti, una volta<br />

che <strong>il</strong> serbatoio è stato opportunisticamente svuotato nel<br />

tempo trasformando la Regione in un invertebrato che<br />

purtroppo ci ricorda più l’era giurassica che i giorni nostri,<br />

è bene che la Destra promuova sane riflessioni circa<br />

<strong>il</strong> futuro di questo Ente, ovvero se metterlo in un museo<br />

oppure se progettare e concertare un nuovo ruolo concreto<br />

di coordinamento funzionale al suo r<strong>il</strong>ancio che<br />

non sia solo una mera operazione di facciata? Un’eventualità<br />

quest’ultima non di secondaria importanza sulla<br />

quale anche la Destra locale deve potersi esprimere per<br />

partecipare con un intelligente piano programmatico e<br />

pragmatico anche al fine di non ingenerare la sensazione<br />

che si navighi a vista, privi di una progettualità altresì<br />

irrinunciab<strong>il</strong>e.<br />

È in questi progetti, se vogliamo audaci ma certamente<br />

coraggiosi, che la Destra deve essere capace di<br />

Destra ragionata e protagonista<br />

65


iavvicinare l’Autonomia alla Comunità italiana prima<br />

ancora che <strong>il</strong> contrario. È a questo obiettivo che deve<br />

mirare anche <strong>il</strong> centro-sinistra e la SVP se vogliono<br />

fare passi avanti su un concetto; quello dell’autonomia<br />

di tutti e non solo di una maggioranza etnica che, in<br />

quanto tale, in Alto Adige è anche politica.<br />

Una Destra pensante e pesante<br />

Il secolo che si è chiuso qualche anno fa ha consegnato<br />

al mondo e alla Terra altoatesina eventi catastrofici<br />

che devono essere da monito per tutti; le guerre per la<br />

conquista di territori e per la riconquista della libertà,<br />

con <strong>il</strong> bagaglio di miseria che esse si sono portate dietro.<br />

L’Alto Adige e la popolazione altoatesina non sono<br />

rimasti immuni dagli effetti prodotti da cause che storicamente<br />

sembrano fortunatamente ormai lontane nella<br />

riaffermata stab<strong>il</strong>ità europea. Ci sono state sofferenze;<br />

ma da entrambe le parti. Poichè se è vero che si è assistito<br />

all’annessione, al fascismo <strong>ed</strong> al nazionalsocialismo<br />

non si può nemmeno dimenticare quel terrorismo che<br />

dagli Anni Sessanta e che per circa 20 anni ha aggr<strong>ed</strong>ito<br />

questa Terra, violentando la Comunità italiana alla quale<br />

è stato chiesto <strong>il</strong> sacrifico di vite umane. Con <strong>il</strong> tempo,<br />

<strong>il</strong> territorio altoatesino è passato dallo scontro etnico,<br />

dettato da un’auto-difesa sollecitata proprio dalle bombe<br />

esplose negli anni Ottanta (gli anni del terrore altoatesino)<br />

e dai moti di ribellione dovuti all’applicazione ferrea<br />

di uno Statuto che la Destra altoatesina non ha votato,<br />

all’incontro dialogico imposto dal periodo successivo,<br />

66 Destra ragionata e protagonista


tutto sommato di pace etnica seppur di forti rivendicazioni<br />

della Comunità italiana per un riequ<strong>il</strong>ibirio dello<br />

Statuto di Autonomia. Un periodo che ha fatto della<br />

Destra di un tempo - fuori dall’arco costituzionale -<br />

quella che anche l’on. Fini voleva a Bolzano: una Destra<br />

ragionata prima ancora che Destra moderata, giacché<br />

<strong>il</strong> confine della moderazione è sempre relativo. Una<br />

Destra intelligente portata ad esprimersi non con quella<br />

arroganza verbale che, come la Storia ci ha insegnato,<br />

non ha favorito in passato risultati capaci di ribaltare gli<br />

effetti dell’Autonomia, quanto con un linguaggio forse<br />

più istituzionale ma non improduttivo, come dimostrano<br />

le molte proposte di Alleanza Nazionale approvate in<br />

questi ultimi dieci anni in Consiglio provinciale su temi<br />

sociali <strong>ed</strong> economici.<br />

Bene quindi ha fatto la Destra altoatesina ad esprimere,<br />

in questi anni, le proprie denunce in maniera civ<strong>il</strong>e,<br />

poiché <strong>il</strong> confronto politico, come anche <strong>il</strong> rapporto<br />

umano, non può prescindere da uno st<strong>il</strong>e che deve<br />

essere di esempio anzitutto per i giovani.<br />

Ciò peraltro rappresentava anche quel percorso nazionale<br />

che la Destra locale ha responsab<strong>il</strong>mente condiviso<br />

a Fiuggi, sebbene in quel gennaio 1995 molti<br />

altoatesini - ammarati successivamente nel nuovo partito<br />

nato nel comune laziale - si preoccupavano di mantenere<br />

le distanze da questa Comunità politica mentre<br />

c’era chi, con sofferenza ma con passione accettava,<br />

condividendola, la direzione indicata dal Presidente<br />

nazionale di quel nuovo soggetto politico che rappresentava<br />

la nuova Destra e che prendeva <strong>il</strong> nome di<br />

Alleanza Nazionale.<br />

Destra ragionata e protagonista<br />

67


La nuova realtà nazionale e provinciale scaturita<br />

dalle urne, suggerisce ovviamente l’individuazione di<br />

una strategia adeguata, attualizzando l’azione al nuovo<br />

quadro politico. In questo contesto, la Destra altoatesina<br />

nel momento stesso in cui ha saputo ricreare nella sua<br />

concretezza uno storico successo (l’elezione a deputato<br />

di Giorgio Holzmann, artefice di un corso politico coraggioso<br />

e la cui linea raccoglieva <strong>il</strong> 90% dei consensi<br />

interni) non può pensare di rinunciare a tale esperienza<br />

positiva, a questo laboratorio coraggioso fatto di confronto<br />

e di dialogo che altresì le è valsa l’accusa di<br />

ammorbidimento e sudditanza nei confronti della SVP.<br />

Ha ragione chi afferma che è necessario continuare<br />

una politica aggressiva nei confronti dell’Autonomia e<br />

graffiante nei riguardi della SVP, se questo però significa<br />

non voler inasprire ulteriormente i toni che devono<br />

tenere in pi<strong>ed</strong>i un confronto dove non vince chi grida<br />

più forte; anche se ciò appare lo sport pr<strong>ed</strong><strong>il</strong>etto da<br />

molti politici.<br />

Certo, anche io ho gridato un tempo. Come tanti a<br />

quel tempo.<br />

Ho gridato contro <strong>il</strong> regime democristiano degli anni<br />

Settanta e contro la partitocrazia, ben prima che altri a<br />

sinistra ne riconoscessero l’esistenza; ho gridato contro<br />

la cosiddetta demo-plutocrazia come allora definivamo<br />

l’ordine regnante della DC e contro la massoneria; ho<br />

gridato contro i comunisti che aggr<strong>ed</strong>ivano <strong>ed</strong> ammazzavano<br />

i camerati; <strong>ed</strong> ho gridato contro le forze dell’ordine<br />

quando esse prendevano la mira e sparavano<br />

alle spalle di Stefano Recchioni, uccidendolo. Ho anche<br />

gridato con lo spray la mia rabbia, accusato dalla stampa<br />

68 Destra ragionata e protagonista


locale (che a Destra veniva additata come pennivendola<br />

di regime) di essere un untorello fascista solo perché si<br />

sfogavano i nostri messaggi su qualche muro piuttosto<br />

che dalle colonne di un giornale che nessuno, allora,<br />

ci offriva. E non ero <strong>il</strong> solo a gridare. Altri ragazzi gridavano<br />

ben più forte di me, pagando anche con la vita<br />

la loro appartenenza e le loro grida di rabbia, di difesa<br />

e di rivendicazione; mai di odio. Ma erano urla nel<br />

s<strong>il</strong>enzio. E più avvertivamo l’esistenza di questo s<strong>il</strong>enzio<br />

attorno, più gridavamo e più urlavo. Per farci sentire; per<br />

denunciare la nostra esistenza <strong>ed</strong> <strong>il</strong> diritto alla nostra<br />

passione politica.<br />

Oggi non c’è più quel s<strong>il</strong>enzio attorno alla Comunità<br />

politica della Destra; <strong>ed</strong> oggi mi infastidiscono coloro<br />

che, gridando, cr<strong>ed</strong>ono di raggiungere uno scopo o di<br />

imporre le proprie idee. Perché questa Comunità non è<br />

più sola ma è guardata, a volta studiata, con interesse.<br />

La Destra non deve più rivendicare <strong>il</strong> diritto di esistere<br />

di fronte ai sorrisi cinici di chi le voleva negare la<br />

cittadinanza civ<strong>il</strong>e; la Destra oggi è una realtà che alla<br />

denuncia della necessità di sopravvivere prima ancora<br />

che di vivere ha anteposto già negli anni Ottanta la<br />

proposta mirata e costituzionale, fino ad abbandonare<br />

la casa del Padre nella quale non si fa più ritorno ma<br />

che ci formò come persone, facendo crescere molti<br />

degli attuali Dirigenti della Destra nazionale e locale.<br />

E siccome i genitori non si rinnegano, nemmeno quelle<br />

quattro mura paterne dove dentro si consumavano paure<br />

e sacrifici che sono stati per molti di quei giovani di<br />

Destra humus stesso della loro sfida, possono essere<br />

sconfessati e disconosciuti: le nostre s<strong>ed</strong>i, le sezioni del<br />

Destra ragionata e protagonista<br />

69


Partito. E noi lì dentro ad essere orgogliosi del nostro<br />

isolamento pur nella nostra visione di gruppo appunto,<br />

legandoci indissolub<strong>il</strong>mente ad una appartenenza<br />

ideologica prima che programmatica, fatta di attivismo<br />

e mai di vittimismo, di mob<strong>il</strong>itazione politica e sociale<br />

piuttosto che di m<strong>il</strong>itanza carrieristica. Quelle quattro<br />

mura, che a quel tempo rappresentavano per i giovani<br />

della Destra delle seconde case, oggi non sono più i<br />

covi della Comunità di Destra, ma sono gli Uffici di<br />

un partito che ha fatto parte del processo di modifica<br />

Costituzionale, dopo che i suoi fondatori furono esclusi<br />

dal partecipare alla prima Costituzione italiana.<br />

Vincere la paura<br />

Allora si rifletta su quel proverbio cinese relativo a<br />

cosa sia la paura che colpisce quella persona che sta<br />

sola a casa e sente bussare alla porta. „Chi è?“ domanda.<br />

„La paura“, risponde, „se non apri ti divorerò“. La<br />

persona allora decide di aprire la porta e trova <strong>il</strong> nulla<br />

di fronte. La paura era dentro di se.<br />

Anche la Destra altoatesina deve continuare a combattere<br />

e riuscire a vincere la paura di proporsi e di<br />

divenire forza di Governo provinciale. La Destra non<br />

deve avere paura di aprire quella porta e limitarsi, accontentandosi,<br />

a conquistare <strong>il</strong> cuore degli elettori; ciò<br />

la farebbe essere appunto pesante elettoralmente ma<br />

non pesante istituzionalmente. Chi ha vissuto e chi è<br />

cresciuto nella Destra e con la Destra sa che essa non<br />

si accontenta di un battito di mani. Può farle piacere,<br />

70 Destra ragionata e protagonista


ma la politica che la caratterizza non può trasformarsi<br />

o ridursi a questo. La Destra altoatesina deve mirare<br />

a cambiare la prospettiva di vita dei suoi elettori, ma<br />

anche di coloro che non sono più legati ideologicamente<br />

o etnicamente ad uno schema „partito“.<br />

Questa è l’er<strong>ed</strong>ità che gli attuali componenti della<br />

Destra hanno ricevuta da chi ha passato loro <strong>il</strong> testimone;<br />

questa rappresenta l’er<strong>ed</strong>ità che la Destra deve<br />

lasciare alle future generazioni. La consapevolezza, cioè,<br />

di poter essere artefici del futuro. Se la Destra locale si fa<br />

scappare questa occasione epocale non avrà servito né<br />

la Comunità italiana né i suoi padri spirituali ai quali si<br />

devono quei valori che rappresentano <strong>il</strong> DNA della sua<br />

Comunità umana, prima ancora che politica. Quando<br />

nel 2002 l’ultimo Congresso provinciale di Alleanza Nazionale,<br />

nel riprendere i valori di sempre, all’unanimità si<br />

impegnò a garantire maggiori opportunità per <strong>il</strong> gruppo<br />

linguistico italiano che ha <strong>il</strong> diritto di essere parte attiva<br />

nella gestione dell’autonomia dell’Alto Adige e a dare<br />

una rappresentanza di governo, che corrisponda alle<br />

indicazioni della maggioranza degli elettori del gruppo<br />

linguistico italiano - oltrechè a ricercare le necessarie<br />

intese affinchè si possa realizzare l’obiettivo di sostituire<br />

la gestione fallimentare degli esponenti della sinistra con<br />

un’alternativa politica veramente rappresentativa della<br />

popolazione di lingua italiana dell’Alto Adige - approvò<br />

non un nuovo modello di percorso della Destra altoatesina<br />

la cui funzione assunta <strong>ed</strong> assolta fino agli Anni<br />

Novanta corrispondeva ad una realtà storicizzata, ma<br />

indicò, confermandola, una traccia di sv<strong>il</strong>uppo degli<br />

intenti che questa Comunità politica ha sempre perse-<br />

Destra ragionata e protagonista<br />

71


verato; attualizzando gli atteggiamenti ai nuovi eventi<br />

emersi nel 1992, ovvero all’atto della quietanza liberatoria<br />

con la quale l’Austria riconosceva l’assolvimento dello<br />

Stato italiano nella questione altoatesina, chiudendone<br />

la vertenza.<br />

In quel documento congressuale si ribadiva <strong>il</strong> concetto<br />

secondo <strong>il</strong> quale iI dialogo è la principale arma della<br />

politica se alla politica chi<strong>ed</strong>iamo soluzioni ai problemi<br />

concreti. La Destra altoatesina deve tuttora impegnarsi<br />

con <strong>il</strong> partito di raccolta di lingua t<strong>ed</strong>esca per rimuovere<br />

taluni ostacoli normativi, affinchè l’economia possa sv<strong>il</strong>upparsi<br />

in maniera armoniosa sul territorio senza differenze<br />

in maniera da consentire di attuare soluzioni e fare<br />

accogliere proposte che altrimenti tornerebbero chiuse<br />

in quel frigorifero della politica, nel quale per 50 anni<br />

sono rimaste le potenzialità della Destra nazionale.<br />

Occorre insomma promuovere adeguatamente l’abbandono<br />

della Destra dei margini del potere decisionale,<br />

accelerando semmai proprio un percorso che favorisca<br />

un miglioramento della stab<strong>il</strong>ità socio-economica della<br />

Comunità di lingua italiana dell’Alto Adige. In questa<br />

ottica, se la Destra locale vuole veramente evitare che<br />

la SVP continui a governare all’infinito con gli er<strong>ed</strong>i del<br />

PCI - come si affermava ancora in quel Congresso - non<br />

si può pensare di sostituire i toni ragionati ut<strong>il</strong>izzati in<br />

questi ultimi anni con quelli veementi che ingenerano<br />

la sensazione di un isterismo ideologico, non solo che<br />

rischiano di chiudere <strong>il</strong> dialogo ma anche di imp<strong>ed</strong>ire<br />

che esso venga favorito; una convenienza politica forse<br />

per <strong>il</strong> partito di maggioranza relativa di lingua t<strong>ed</strong>esca<br />

ma che non può essere incoraggiata dalla Destra stessa.<br />

72 Destra ragionata e protagonista


Fino a quando i partners italiani della SVP nell’Esecutivo<br />

provinciale non saranno destinati a ricoprire un ruolo<br />

primario o comprimario nelle scelte politiche caratterizzanti<br />

una Legislatura, in Alto Adige assisteremo ad<br />

una Comunità linguistica, quale quella italiana sempre<br />

più debole. Il fatto stesso che la Sinistra rappresenti<br />

nemmeno un terzo dell’elettorato italiano, nel togliere<br />

e scippare rappresentatività alla Comunità italiana condanna<br />

la m<strong>ed</strong>esima più a subire questa Autonomia che<br />

a beneficiarne in maniera equa. Con una debolezza<br />

rappresentativa oltrechè elettorale come quella emersa<br />

nelle ultime elezioni provinciali da parte del centrosinistra<br />

è impensab<strong>il</strong>e che si possa impegnare la SVP a<br />

raggiungere la pace sociale e lo sv<strong>il</strong>uppo autonomo e<br />

consapevole dei tre gruppi linguistici.<br />

Destra ragionata e protagonista<br />

73


DESTRA<br />

PROGRAMMATICA E POPOLARE<br />

In questi anni la Destra si è spesso interrogata sul<br />

quando una forza politica diventa protagonista nella<br />

scena che attraversa. Ovvero se ciò avviene per i modi<br />

con cui esprime una propria denuncia e per i risultati<br />

che con tali metodologie ottiene, o piuttosto se si guadagna<br />

questa caratteristica solo con la rivendicazione<br />

dei diritti, magari espressa con toni altisonanti.<br />

Si conviene che pensare di ut<strong>il</strong>izzare la ragione della<br />

forza non solo verbale, ammesso che ci sia una razionalità<br />

in questo modo di proc<strong>ed</strong>ere, a nulla serve. E<br />

non solo perché si grida in una palude, come spesso è<br />

apparsa la nostra provincia. Gridare forse fa guadagnare<br />

consensi personali a chi urla e voti al partito che egli<br />

esprime; ma certo non risultati. La storia è ricca di questi<br />

modelli, anche riguardanti la Destra locale. Ad esempio<br />

la soluzione del censimento linguistico, necessaria dopo<br />

Destra programmatica e popolare<br />

75


la sentenza della Corte europea sul caso sollevato da<br />

un cittadino rimasto escluso da un concorso privato,<br />

è stata raggiunta proc<strong>ed</strong>endo ad un confronto fra le<br />

parti. La norma deliberata dalla Commissione dei Sei,<br />

pur dopo anni di stallo dettati evidentemente da un<br />

senso di infant<strong>il</strong>e ripicca politica, di sciocca rivalsa di<br />

un Sistema che per anni ha potuto disporre indisturbato<br />

dello strumento autonomistico, ha dimostrato anzitutto<br />

che la Destra altoatesina, diversamente da come l’ex sen.<br />

Ferrari della SVP aveva insegnato a fare, non ha voluto<br />

percorrere strade - che sarebbero state irragionevoli -<br />

per modificare o introdurre nuove norme di attuazione<br />

senza la partecipazione di altre forze rappresentative del<br />

mondo t<strong>ed</strong>esco. Ma anche che solo quando si lascia <strong>il</strong><br />

passo alla ragionevolezza <strong>ed</strong> alla ragione, al confronto<br />

piuttosto che all’affronto, si possono produrre risultati<br />

per tutti soddisfacenti nel pieno rispetto delle sensib<strong>il</strong>ità<br />

di ognuno. Certo, nel caso specifico c’è voluta l’Europa<br />

a convincere e a costringere la SVP che una modifica<br />

doveva apportarsi alla norma vigente in materia; ma i<br />

tentativi prec<strong>ed</strong>entemente avanzati, come anche la stessa<br />

petizione popolare del MSI condotta nel 1985 con <strong>il</strong><br />

clamore di allora e la rabbia urlata, non aveva portato<br />

ai risultati promessi o anche solo auspicati.<br />

Gli anni del confronto<br />

Ciò non significa che fosse sbagliata quella iniziativa,<br />

tutt’altro. Peraltro rispecchiava la proc<strong>ed</strong>ura politica di<br />

cui la Destra altoatesina e quella nazionale potevano<br />

76 Destra programmatica e popolare


disporre a quel tempo; la piazza, le strade, le porte a<br />

cui bussare per farsi conoscere. Le cronache dei giornali,<br />

di molti giornali anche locali, erano allora avare con la<br />

Destra. Oggi questi metodi non sono più esclusivi ma<br />

sono complementari ad altri. Ecco perché, in uno scenario<br />

diverso, anche la Destra locale si deve rapportare<br />

con la nuova realtà in maniera differente dal passato;<br />

per metodologie <strong>ed</strong> impostazioni politiche, priv<strong>il</strong>egiando<br />

semmai l’uso della forza della ragione affinché l’essere<br />

protagonisti di questo tempo possa coincidere con <strong>il</strong><br />

raggiungimento di quei risultati politici senza i quali un<br />

partito non ha ragione d’essere.<br />

La Destra, per propria conformazione politica, ha<br />

dimostrato nei decenni di essere per una politica della<br />

concretezza, non di quella degli slogan urlati. Chi ha<br />

vissuto nella Destra di un tempo sa che per fare politica<br />

non significa parlare di politica, convincendosi di non<br />

potersi accontentare di mescolare la proposta con la<br />

propaganda. L’immagine è lo st<strong>il</strong>e; quello che ha caratterizzato<br />

la Comunità politica della Destra in questi<br />

decenni. È nel DNA della Destra questo principio, tanto<br />

che anche a livello locale essa continua la sua sfida al<br />

sistema provinciale e si confronta con esso con proposte,<br />

idee, progetti; come quelli che l’hanno portata ad impegnare<br />

la Giunta provinciale per esempio a prev<strong>ed</strong>ere<br />

le guardie p<strong>ed</strong>iatriche nelle città, a creare i presupposti<br />

per realizzare i dispensari farmaceutici nei quartieri e<br />

nei Comuni privi di farmacia, a sostenere e valorizzare<br />

le Cooperative sociali, vera ciambella di salvataggio di<br />

un sistema altoatesino incapace di rigenerarsi e di offrire<br />

nuove risposte alle esigenze delle famiglie.<br />

Destra programmatica e popolare<br />

77


Negli anni del confronto, per definire l’ultimo decennio<br />

attraversato dalla Destra altoatesina proiettata a<br />

cercare un dialogo con la SVP piuttosto che l’aprioristico<br />

scontro, è vero che non si sono ottenuti risultati<br />

riguardanti alcune modifiche all’Autonomia così come<br />

<strong>il</strong> popolo della Destra auspicava e si attendeva; ma<br />

che colpa può avere Bolzano se Roma è rimasta parzialmente<br />

sorda, anche negli ultimi 5 anni a causa di<br />

un Ministro alle Riforme costituzionali, <strong>il</strong> leghista on.<br />

Roberto Calderoli, che ha preferito dare più cr<strong>ed</strong>ito alle<br />

tesi della SVP piuttosto che agli alleati di Governo?<br />

Ma a fronte di tali speranze deluse, localmente dei<br />

risultati sono stati colti: fra tutti, quelle misure volte a<br />

ripristinare alcuni equ<strong>il</strong>ibri cancellando provv<strong>ed</strong>imenti<br />

e consuetudini inique a danno della Comunità italiana.<br />

Pensiamo alle graduatorie IpES in base alle quali, fino<br />

al 1996, nelle quote riservate agli italiani si inserivano<br />

- e partecipavano quindi all’assegnazione di un alloggio<br />

- tutti i cittadini stranieri del mondo, esclusi quelli<br />

appartenenti all’area t<strong>ed</strong>esca, ovvero austriaci, svizzeri<br />

e germanici. Oppure, sempre in tema di alloggi sociali,<br />

l’adozione del concetto del fabbisogno e non l’applicazione<br />

di una rigida proporzionale nell’assegnazione degli<br />

stessi che, fino alla fine degli Anni Ottanta obbligava<br />

la Comunità italiana ad attendere la consegna di due<br />

alloggi popolari ad altrettante famiglie di lingua t<strong>ed</strong>esca,<br />

prima di averne uno proprio.<br />

Ma per la Destra altoatesina fare politica ha significato<br />

anche salvare l’odonomastica legata a Piazza della<br />

Vittoria, che un sindaco di centro-sinistra aveva modificato<br />

in Piazza della Pace in barba ai sentimenti della<br />

78 Destra programmatica e popolare


maggioranza della popolazione bolzanina, anche parte<br />

di quella di lingua t<strong>ed</strong>esca. Un successo ottenuto grazie<br />

ai toni tutt’altro che gridati sostituiti da comportamenti<br />

responsab<strong>il</strong>i, convincenti <strong>ed</strong> appunto vincenti. Risultati<br />

questi, unitamente ad altri che potremmo elencare in<br />

materia di sanità, assistenza, tutela del e sul lavoro,<br />

che hanno reso la Destra altoatesina protagonista positiva<br />

ma soprattutto costruttiva di questi ultimi anni.<br />

Potrà e saprà portare a risultati analoghi in futuro un<br />

corso politico diverso da quello seguito finora? O si<br />

intenderà pr<strong>ed</strong><strong>il</strong>igere strade che forse porteranno ad un<br />

consenso elettorale più ampio ma che rischieranno di<br />

imbalsamare ancora di più la Destra locale, con l’ipotesi<br />

di una partecipazione passiva della Destra altoatesina<br />

alle eventuali riforme che potranno interessare la nostra<br />

terra, lasciando campo aperto alla Sinistra e forse ad un<br />

Centro che tenta faticosamente - ma non per questo<br />

inut<strong>il</strong>mente - di rinascere?<br />

In questo contesto <strong>il</strong> tono istituzionale che Alleanza<br />

Nazionale s’è data può essere stato un limite per <strong>il</strong><br />

consenso al partito; ma l’osservatore è certo che esso<br />

non abbia rappresentato un valore aggiunto per la sua<br />

immagine, capace di trasformare una Destra che alla<br />

demagogia <strong>ed</strong> a certo isterismo urlato preferisce la responsab<strong>il</strong>ità<br />

e la pacatezza dei toni?<br />

L’Autonomia modificab<strong>il</strong>e<br />

Una Destra che ha un substrato popolare e nazionale<br />

piuttosto che populista e nazionalista, non può rinunciare<br />

Destra programmatica e popolare<br />

79


ai suoi temi tradizionali relativi all’autonomia altoatesina<br />

che deve essere equ<strong>il</strong>ibrata nei provv<strong>ed</strong>imenti, giusta<br />

nelle opportunità, rispettosa dei sentimenti di tutte le<br />

componenti linguistiche che vivono in questa terra; poiché,<br />

come già si affermava in „Prove di golpe (bianco)<br />

in l’Alto Adige“ la vera convivenza si raggiunge quando<br />

ogni cittadino si sente a proprio agio in questa Autonomia.<br />

Alcune posizioni che la SVP tenacemente difende<br />

tendono altresì ad allontanare preoccupantemente le parti,<br />

trasformando la politica dell’incontro in Alto Adige in<br />

un pericoloso elastico che rischia di spezzarsi.<br />

Per esempio, la cancellazione totale o parziale della<br />

toponomastica italiana (più volte richiamata in queste<br />

pagine) non solo ogni volta ripropone l’antica e sfatta<br />

polemica sui torti subiti, veri o presunti. Sia che l’Europa<br />

sia fondata sui popoli come sulle Regioni, a seconda<br />

dei modelli di riferimento, ogni Comunità deve poter<br />

portare proprio in Europa quel bagaglio culturale che<br />

rappresenta la tradizione e la storia del proprio popolo<br />

o della propria Nazione. Si può essere europeisti pure<br />

difendendo i propri valori; ma lo si è anche e soprattutto<br />

rispettando le peculiarità delle altre Comunità. La<br />

tensione sulla toponomastica, <strong>il</strong> clima tutt’altro sereno<br />

provocato dalla SVP più volte in materia, non esisterebbe<br />

qualora non si continuasse ad essere portatori di un<br />

progetto politico volto a cancellare parte del bagaglio<br />

storico, sociale, culturale della Comunità italiana.<br />

Alla luce di questa analisi si ritiene indubbio che la<br />

SVP debba fare passi in avanti per dare un senso diverso<br />

alla politica locale, in rispetto delle aspettative di<br />

tutte le Comunità; anche della Comunità italiana. Passi<br />

80 Destra programmatica e popolare


in avanti che attendono la stella alpina pure al varco<br />

delle modifiche alle norme di attuazione <strong>ed</strong> appunto<br />

anche alla scrittura di nuovi dispositivi attuativi; che<br />

però devono essere condivisi e concertati.<br />

Non si può far finta di ignorare che la Destra altoatesina<br />

ha più volte chiarito che si può essere amici di<br />

questa Autonomia pur modificandola, interpretando di<br />

volta in volta con norma di attuazione i principi autonomistici<br />

così come per 30 anni ha attuato la SVP, facendo<br />

approvare oltre 200 norme di cui molte, peraltro, senza<br />

mai coinvolgere le forze politiche maggiormente rappresentative<br />

del gruppo linguistico italiano dell’Alto Adige<br />

dagli anni Ottanta in poi, <strong>il</strong> MSI di ieri e AN di oggi. Si<br />

è però dimostrato, intraprendendo questo percorso, che<br />

l’Autonomia non è intoccab<strong>il</strong>e. Da questa considerazione<br />

la destra deve partire per impostare una azione politica<br />

in provincia di Bolzano non di vendetta nei confronti<br />

della Autonomia stessa - ormai da tutti accettata quale<br />

principio portante della società altoatesina - e nemmeno<br />

per ripagare quei torti subiti di cui anche la comunità<br />

italiana è stata investita a causa di una impostazione<br />

costituzionalmente errata dello Statuto stesso. Occorre<br />

semmai compartecipare al fine di correggere la gestione<br />

dello strumento autonomistico, la cui conduzione ha costretto<br />

la Comunità italiana a rapportarsi con quel disagio<br />

psicologico e materiale cui già si è fatto cenno.<br />

Ma la Destra locale ha saputo interrogarsi anche<br />

sulla valenza di un altro p<strong>il</strong>astro dell’Autonomia, nei<br />

confronti del quale <strong>il</strong> MSI assunse sempre una rigida<br />

posizione contraria, nel principio stesso prima ancora che<br />

nell’applicazione del m<strong>ed</strong>esimo: la proporzionale. Dopo<br />

Destra programmatica e popolare<br />

81


quasi due anni di dibattito interno, sul finire dello scorso<br />

M<strong>il</strong>lennio, la Destra altoatesina convenne che per quanto<br />

la proporzionale potesse essere uno strumento discutib<strong>il</strong>e<br />

- poiché teso a mettere in subordine la meritocrazia - con<br />

essa si assicura al gruppo italiano l’occupazione di posti<br />

di lavoro che altrimenti potrebbero non essere assegnati.<br />

Ciò è evidente dall’esame occupazionale che può farsi sia<br />

in quelle Aziende a carattere pubblico o privato dove <strong>il</strong><br />

requisito non viene applicato ma anche, paradossalmente,<br />

laddove questo strumento viene adottato. L’esempio<br />

di quanto avviene tuttora presso l’Azienda di Sperimentazione<br />

Agraria di Castel Varco, dove su 72 dipendenti<br />

solo 6 appartengono al gruppo italiano (corrispondente<br />

al 8,33% mentre la Comunità italiana si assesta sul 26%<br />

secondo l’ultimo censimento linguistico del 2001), mostra<br />

già di per se stesso come gli italiani occupati siano in<br />

misura ampiamente inferiore a quanto dovrebbe essere<br />

qualora si rispettasse in pieno la proporzionale. Oggi <strong>il</strong><br />

dibattito sulla proporzionale non può più essere quello<br />

sul desiderio che essa non ci sia proponendo - come<br />

richi<strong>ed</strong>e l’Unione ma anche forze più affini alla Destra<br />

altoatesina - una graduale riduzione nell’applicazione<br />

o addirittura la sua abolizione; quanto semmai come<br />

applicarla affinché possano crearsi le condizioni per favorire<br />

l’occupazione del gruppo linguistico italiano che<br />

attualmente, proprio a causa di una insolita applicazione<br />

della proporzionale, non può occupare posti liberi poiché<br />

non occupati da un altro gruppo producendo, peraltro,<br />

inefficacia <strong>ed</strong> inefficienza nel servizio.<br />

Doveroso e necessario, quindi, è modificare l’applicazione<br />

della proporzionale in maniera da consentire alla<br />

82 Destra programmatica e popolare


Comunità italiana un più rispettoso accesso non solo<br />

alle professioni (e quindi al lavoro) ma anche a tutti i<br />

livelli interni e non rinunciare ad essa, perche ciò significherebbe<br />

voltare le spalle alla popolazione altoatesina<br />

di lingua italiana nell’ambito di tutela dell’accessib<strong>il</strong>ità<br />

al lavoro a tutti i livelli. In questo contesto, l’intelligente<br />

proposta avanzata dalla Destra altoatesina a seguito delle<br />

dimissioni della Presidente dell’IPES Rosa Franzelin e la<br />

sua successione (che è stata oggetto di un ampio dibattito<br />

sull’opportunità o meno che la Presidenza dell’Istituto<br />

venisse assegnata al gruppo linguistico italiano) mise in<br />

r<strong>il</strong>ievo un altro aspetto della problematica relativo ad una<br />

eccessivamente rigida applicazione di questo strumento<br />

di salvaguardia occupazionale; cioè che la rappresentatività<br />

etnica deve avvenire anche nei ruoli apicali, dove<br />

invece la Comunità italiana è assente. In effetti scorgendo<br />

le Presidenze degli Enti, Istituti, Amministrazioni,<br />

Aziende e Società pubblici si è accertato come al gruppo<br />

italiano siano state assegnate solo 6 Presidenze sulle 36<br />

esistenti; presidenze quasi tutte di tipo etnico quali ad<br />

esempio l’Istituto P<strong>ed</strong>agogico e l’Istituto Musicale entrambi<br />

in lingua italiana. Esiste, in sostanza, un deficit non<br />

solo di rappresentanza ma pure di rappresentatività per<br />

la Comunità italiana anche nei posti apicali. In questo<br />

contesto la Destra ha più volte espresso la convinzione<br />

che si applicasse la proporzionale in maniera orizzontale<br />

piuttosto che verticale, ovvero tenendo in considerazione<br />

l’insieme degli Enti sui quali ripartire i posti di vertice<br />

anzichè ognuno di essi. Una soluzione questa che può<br />

restituire al Gruppo italiano anche quella rappresentatività<br />

apicale dalla quale è tagliata fuori.<br />

Destra programmatica e popolare<br />

83


L’applicazione di una proporzionale orizzontale infatti<br />

significherebbe riconoscere al Gruppo italiano specificità<br />

e specialità anche nella gestione degli organismi; non<br />

accadrebbe più che su dieci Presidenze tutte vengano<br />

attribuite al gruppo t<strong>ed</strong>esco; poiché tre di esse sarebbero<br />

assegnate al gruppo italiano. Così come si potrebbe<br />

prev<strong>ed</strong>ere una rotazione degli incarichi a metà mandato,<br />

come avviene a livello di Istituzione politica, prassi<br />

che permetterebbe una gestione aperta a tutti i gruppi<br />

linguistici. Si tratta di tesi lanciate da AN qualche anno<br />

fa al fine di impostare un diverso metodo applicativo,<br />

capace di tenere in considerazione non solo i posti<br />

vacanti ma <strong>il</strong> sistema della loro stessa assegnazione, in<br />

maniera che, per analogia, alla comunità italiana venissero<br />

riconosciuti <strong>ed</strong> assegnati tra <strong>il</strong> resto 31 Segretari<br />

comunali a fronte dei 7 di cui dispone.<br />

In questo contesto, significativa importanza assume <strong>il</strong><br />

disegno di legge costituzionale presentato alla Camera<br />

dall’on. Giorgio Holzmann che prev<strong>ed</strong>e, tra <strong>il</strong> resto, che<br />

le cariche „monocratiche” dovranno essere assegnate<br />

a rotazione fra i tre gruppi, garantendo <strong>il</strong> criterio della<br />

rotazione nelle società, enti <strong>ed</strong> aziende a maggioranza<br />

di capitale pubblico.<br />

Nuove strategie<br />

A questo equ<strong>il</strong>ibrio la Destra locale si ispira quando<br />

parla di pari opportunità anche fra i gruppi linguistici e<br />

non solo fra sessi diversi. Un equ<strong>il</strong>ibrio che dovrebbe<br />

tenere conto delle necessità dei gruppi anche nella loro<br />

84 Destra programmatica e popolare


proporzione di presenza sul territorio, tale da godere di<br />

servizi che oggi vengono negati e che sono necessari<br />

per rimanere ancorati alla propria storia <strong>ed</strong> alla propria<br />

cultura. Si allude all’esistenza delle scuole elementari,<br />

che si ritiene debbano essere presenti nelle vallate non<br />

in base al numero delle domande presentate (e quindi<br />

non su un numero minimo limite di iscritti) ma su una<br />

percentuale di presenza di un gruppo che necessita di<br />

questo servizio sul territorio stesso, senza che esso sia<br />

costretto ad aderire a scuole di altro gruppo. La difesa<br />

della Comunità italiana contro <strong>il</strong> rischio dell’assim<strong>il</strong>azione<br />

deve basarsi anche su questo presupposto: l’aggregazione<br />

fra i gruppi esiste quando nella convivenza sociale<br />

si offrono strutture adatte allo sv<strong>il</strong>uppo di ogni singola<br />

Comunità; ma se dette strutture vengono meno e non si<br />

difendono laddove esistono - o dove si richi<strong>ed</strong>ono - come<br />

complicemente ha perpetuato in questi anni la Sinistra,<br />

si imp<strong>ed</strong>isce venga assicurata una convivenza culturale.<br />

Si pensi al caso di Gargazzone dove, pur in presenza<br />

di un numero minimo assicurato per istituire una classe<br />

elementare per la scuola italiana, ciò non è stato compiuto,<br />

ingenerando la sensazione che si tenda a favorire<br />

da parte del centro-sinistra una politica di assim<strong>il</strong>azione<br />

culturale e sociale di quella Comunità alla quale si negano<br />

i propri riferimenti culturali. Lo Stato italiano ha rinunciato<br />

a perseguire questa politica di assim<strong>il</strong>azione riconoscendo<br />

l’autonomia legislativa alla nostra provincia; ma, per contro,<br />

la Provincia perdura questa politica di assorbimento<br />

nelle vallate, dove le scuole italiane spariscono con <strong>il</strong><br />

consenso di una minoritaria rappresentanza politica del<br />

gruppo italiano che si esprime a Sinistra.<br />

Destra programmatica e popolare<br />

85


Il centro-destra ha dimostrato in questi anni una<br />

enorme capacità di dialogo evitando di assumere qualsiasi<br />

decisione che potesse rappresentare una prova di<br />

forza sulla questione altoatesina nei confronti delle popolazioni<br />

locali e delle diverse sensib<strong>il</strong>ità politiche. Per<br />

ciò è da considerarsi politica miope e quindi debole<br />

quella del centro-sinistra di rinunciare ad attivare un<br />

tavolo degli italiani, strumento richiesto dalla Destra<br />

altoatesina e che dovrebbe essere visto non come veicolo<br />

di contrapposizione etnica ma di confronto serio<br />

<strong>ed</strong> approfondito circa gli interventi e le modifiche da<br />

apportare all’autonomia altoatesina <strong>ed</strong> alla sua gestione<br />

in provincia. Chiamare ora le altre forze politiche<br />

estranee alla Casa della Libertà e la stessa SVP ad una<br />

analisi congiunta e propositiva significa fac<strong>il</strong>itare quel<br />

processo verso un sempre più ampio godimento della<br />

Autonomia altoatesina che oggi non esiste, come le<br />

molte espressioni di disagio testimoniano. Ed <strong>il</strong> tavolo<br />

sarebbe tuttora un’opportunità proprio per fare un check-up<br />

della situazione e favorire una ripartenza <strong>ed</strong> un<br />

riposizionamento dell’Autonomia stessa.<br />

Ma continuare a pensare che una minoranza partitica<br />

possa - assieme ad una maggioranza etnica - proseguire<br />

a disegnare normative o ad applicare condizioni<br />

gestionali senza <strong>il</strong> coinvolgimento di quell’area politica<br />

che maggiormente rappresenta un gruppo, è un errore<br />

di presunzione - oltrechè una sconfitta per <strong>il</strong> sistema<br />

altoatesino - che attende risposte più attuali e più rispondenti<br />

alle nuove necessità. Occorre infatti essere<br />

consapevoli che la pace sociale in Alto Adige non<br />

si produce applicando, con la disinvoltura che troppo<br />

86 Destra programmatica e popolare


spesso è propria della provincia autonoma di Bolzano,<br />

la zelante gestione dell’Autonomia a senso unico, attraverso<br />

cioè la avv<strong>il</strong>ente distribuzione impari, quindi non<br />

equamente disposta, ad esempio dei contributi assegnati<br />

fra le varie comunità altoatesine relativamente sia alle<br />

necessità come alla consistenza delle stesse.<br />

Il fenomeno abbraccia pressochè tutti i settori: quello<br />

economico, quello della cultura, della scuola e perfino <strong>il</strong><br />

campo dell’<strong>ed</strong><strong>il</strong>izia pubblica. Gli esempi a riguardo sono<br />

molteplici, a cominciare con la ripartizione delle risorse<br />

finanziarie attribuite negli anni ai settori produttivi attraverso<br />

la pr<strong>ed</strong>isposizione di una finanziaria locale soggetta<br />

più a influenze e motivazioni di carattere etnico che a<br />

una sensata e corretta politica economica. Inoltre anche<br />

<strong>il</strong> supporto che fin troppo spesso ha offerto la Provincia<br />

in tema di borse di studio agli studenti universitari di lingua<br />

italiana è apparso di gran lunga inferiore a quello di<br />

cui beneficiano gli studenti di lingua t<strong>ed</strong>esca. Uno studio<br />

approfondito r<strong>ed</strong>atto negli anni scorsi ha accertato che<br />

gli studenti di lingua italiana hanno beneficiato di 4,5<br />

m<strong>il</strong>ioni di Euro in meno di quelli concessi <strong>ed</strong> assegnati<br />

agli universitari di lingua t<strong>ed</strong>esca; e non sulla base del<br />

fatto che le domande presentate da questi ultimi fossero<br />

state - come prev<strong>ed</strong>ib<strong>il</strong>e - in misura maggiore poiché<br />

<strong>il</strong> calcolo venne effettuato in valore pro capite. Una<br />

disparità di opportunità fra i gruppi ancora più grave<br />

e preoccupante se si considera che coinvolge <strong>il</strong> settore<br />

dell’istruzione e dei giovani e quindi della formazione e<br />

del futuro generazionale. Ma ancora: la stessa gioventù<br />

di lingua italiana denuncia la difficoltà di gestire, anche<br />

attraverso adeguate strutture - e con le m<strong>ed</strong>esime<br />

Destra programmatica e popolare<br />

87


opportunità di cui gode <strong>il</strong> gruppo linguistico t<strong>ed</strong>esco<br />

- <strong>il</strong> proprio associazionismo e la propria cultura; <strong>ed</strong> in<br />

queste strutture rientra anche l’Istituto culturale italiano<br />

volto ad orientare e coordinare gli sforzi di molteplici<br />

associazioni che, nello svolgimento della loro meritoria<br />

attività, restano spesso abbandonate a se stesse. Pari<br />

opportunità, quindi anche fra gruppi linguistici, affinchè<br />

la cultura del rispetto e della convivenza sia intesa come<br />

elemento indispensab<strong>il</strong>e del vivere comune, capace di<br />

riconoscere le possib<strong>il</strong>ità con equi e proporzionati interventi;<br />

altrimenti l’Autonomia altoatesina continuerà<br />

a discriminare un terzo della popolazione locale che<br />

si riconosce nella Comunità italiana, determinando in<br />

essa sempre più una sensazione di emarginazione dalla<br />

gestione dell’Autonomia stessa e quindi dalle prospettive<br />

future, come di alienità rispetto al luogo non solo<br />

geografico ma anche storico e culturale in cui vive la<br />

componente italiana.<br />

Progettare <strong>il</strong> futuro<br />

Per anni la Destra locale ha intelligentemente sostenuto<br />

una linea di moderazione nei toni ma di ferma<br />

convinzione nei progetti che se non annunciava<br />

stravolgimenti dell’autonomia altoatesina, comunicava<br />

comunque la necessità di intervenire su di essa per riequ<strong>il</strong>ibrarla.<br />

Un’impostazione condivisib<strong>il</strong>e che si ritiene<br />

debba tuttora fungere da atteggiamento politico quotidiano;<br />

in questo contesto la seconda fase dell’Autonomia<br />

(trattata nel Capitolo d<strong>ed</strong>icato alla Destra aperta e<br />

88 Destra programmatica e popolare


partecipata) che dovrà passare attraverso la prospettata<br />

sua riscrittura, dovrà avvenire responsab<strong>il</strong>mente a più<br />

mani e non „un<strong>il</strong>ateralmente”.<br />

Occorre insomma che la Destra altoatesina rivendichi<br />

<strong>il</strong> suo ruolo; ma sappia anche continuare a r<strong>il</strong>anciare<br />

un’idea capace di progettare <strong>il</strong> futuro per ridisegnarlo,<br />

come da anni sta faticosamente cercando di fare per<br />

rispondere alle nuove responsab<strong>il</strong>ità delle quali la Destra<br />

stessa è stata investita anche a livello nazionale. Nuove<br />

responsab<strong>il</strong>ità da affrontare con atteggiamenti ancora più<br />

maturi, con proposte concrete che non richi<strong>ed</strong>ono la<br />

rinuncia ai propri Valori e Ideali, alla propria cultura e<br />

tradizioni. Ecco perché la Destra locale non può scendere<br />

ora dal treno; così come non può accontentarsi<br />

di rimanere politicamente chiusa in una gabbia etnica<br />

che fa mirare l’orizzonte in maniera incompleta, quindi<br />

distorta, ovvero difforme. Sarebbe errato se si tendesse<br />

a custodire questa specificità isolazionista - più subìta<br />

che ambita - maturata nel lontano passato, rinunciando<br />

a tradurre la capacità elaborativa in unicità progettuale.<br />

Se la Destra e la sua cultura è stata vittima di censure<br />

che l’hanno portata a coltivare in passato un patologico<br />

vittimismo, oggi quella Destra deve continuare avere la<br />

forza e la convinzione di riscattarsi.<br />

La Destra altoatesina, insomma, se da un lato non<br />

può tirarsi indietro di fronte ai problemi degli inqu<strong>il</strong>ini<br />

IpES o delle famiglie altoatesine (cioè non può chiudere<br />

gli occhi di fronte all’enorme crescita del disagio sociale)<br />

dall’altra non può non sentire <strong>il</strong> grido di aiuto che proviene<br />

anche dall’Assoimprenditori. In sostanza, una forza<br />

modernizzatrice e sociale come AN, non può rinunciare<br />

Destra programmatica e popolare<br />

89


ad attualizzare la propria politica economica e sociale;<br />

politicizzando <strong>il</strong> presente dopo essere stata capace di<br />

storicizzare <strong>il</strong> passato. Come realizzare questi obiettivi se<br />

si sceglie di rimanere all’opposizione istituzionale, in assenza<br />

anche di un dialogo con la contro-parte politica?<br />

Sostegno alle imprese<br />

La Destra altoatesina ha già saputo esprimersi per<br />

diventare preciso riferimento delle famiglie altoatesine.<br />

Ma al fianco dell’anima sociale (peculiarità storica<br />

della Destra che ha contrassegnato le molte battaglie<br />

che proprio la Destra locale ha saputo rappresentare)<br />

inc<strong>ed</strong>e anche una forte caratterizzazione liberista che<br />

accompagna, facendone parte integrante, l’evoluzione<br />

stessa della Destra. Per diventare sempre più partito di<br />

riferimento anche delle categorie economiche - come già<br />

lo si è dei ceti popolari - è necessario infatti perseguire<br />

una politica che punti anche al r<strong>il</strong>ancio dell’economia<br />

altoatesina, raccogliendo <strong>il</strong> comprensib<strong>il</strong>e stato d’animo<br />

degli industriali altoatesini <strong>ed</strong> <strong>il</strong> loro timore di perdere <strong>il</strong><br />

treno della concorrenza commerciale all’Estero, prodotto<br />

dal fatto che in Alto Adige mancano le condizioni ottimali,<br />

capaci di favorire l’industria locale. Quindi oltre<br />

al sostegno alle famiglie le premesse per una nuova<br />

ricchezza in Alto Adige possono crearsi attraverso <strong>il</strong><br />

supporto dell’economia, a cominciare dalla piccole e<br />

m<strong>ed</strong>ie imprese; adottando cioè le precondizioni affinché<br />

esse non siano costrette a chiudere l’attività o a<br />

delocalizzarsi, riducendo quindi <strong>il</strong> gettito fiscale nella<br />

90 Destra programmatica e popolare


nostra provincia con <strong>il</strong> trasferimento della propria s<strong>ed</strong>e<br />

altrove e bloccando per di più lo sv<strong>il</strong>uppo occupazionale.<br />

Le nuove povertà peraltro coinvolgono anche chi si<br />

trova frenato nella propria professione dallo stesso Ente<br />

pubblico - che tarda in molte occasioni ad erogare i<br />

contributi promessi a sostegno dell’economia - mettendo<br />

a rischio la sopravvivenza dell’azienda.<br />

La realizzazione del tavolo delle innovazioni in assenza<br />

di un’apposita legge, non può bastare per una<br />

Provincia che si presenta in ritardo con le sue omologhe<br />

italiane e gli altri Stati secondo un dato risalente all’anno<br />

2005. In Alto Adige infatti solo <strong>il</strong> 4,3% è impiegato nella<br />

produzione di prodotti altamente tecnologici, contro <strong>il</strong><br />

7,4% dell’intero Paese. Gli investimenti sull’innovazione<br />

sono bassi (1%) quando nelle vicine Germania e Francia<br />

<strong>il</strong> dato è raddoppiato. La politica altoatesina deve<br />

favorire l’industria locale mettendola a proprio agio;<br />

garantendo l’occupazione locale ma anche agevolando<br />

una certa esterof<strong>il</strong>ia imprenditoriale che non porti però<br />

alla fuga di capitali. Preservare quindi <strong>il</strong> mantenimento<br />

dell’headquarter in provincia delle aziende altoatesine<br />

in maniera da mantenere i vantaggi fiscali per <strong>il</strong> nostro<br />

territorio e promuovere necessarie riduzioni dei costi<br />

per le stesse partendo dall’IRAP, come giustamente ha<br />

più volte affermato <strong>il</strong> Presidente dell’Associazione degli<br />

Imprenditori Christof Oberrauch. Un provv<strong>ed</strong>imento<br />

- quello della riduzione di un punto dell’IRAP per le<br />

imprese - intrapreso già dal 2001 dalla vicina provincia<br />

di Trento che, ancor più dopo la sentenza della Corte<br />

europea la quale ha definito <strong>il</strong>legittima tale imposta<br />

voluta dal primo Governo Prodi, deve rappresentare<br />

Destra programmatica e popolare<br />

91


anche per la Destra altoatesina una battaglia da proseguire.<br />

Peraltro se <strong>il</strong> gettito di una tale imposta per le<br />

piccole e m<strong>ed</strong>ie imprese rappresenta un’onere capace di<br />

comprometterne l’operatività e spesso la stessa sopravvivenza,<br />

dall’altra <strong>il</strong> suo ammontare per la provincia non<br />

pare essere indispensab<strong>il</strong>e. Per <strong>il</strong> b<strong>il</strong>ancio provinciale<br />

la riduzione nel 2006 dell’1% dell’IRAP infatti avrebbe<br />

significato rinunciare a quasi 5 m<strong>il</strong>ioni di euro, considerato<br />

che l’ammontare complessivo, stando ai dati<br />

forniti dalla provincia, per l’anno 2004 è stato di circa<br />

400 m<strong>il</strong>ioni di euro.<br />

Operare affinché diventi realtà la riduzione di questa<br />

imposta particolarmente odiosa - poiché colpisce non<br />

già <strong>il</strong> r<strong>ed</strong>dito dell’impresa ma <strong>il</strong> valore aggiunto del suo<br />

prodotto e quindi, paradossalmente, anche i suoi debiti,<br />

compreso l’ammontare delle retribuzioni che l’impresa<br />

paga ai suoi dipendenti e che rientrano nel calcolo dell’imposta<br />

stessa - significa anche mantenere aperto <strong>ed</strong><br />

incentivare semmai <strong>il</strong> dialogo con tutte quelle parti sociali<br />

che si aprono da tempo al confronto con la Destra.<br />

Cogliendo i messaggi che <strong>il</strong> mondo sindacale lancia a<br />

quello politico; ma anche all’intera società altoatesina.<br />

La doppia velocità<br />

Ancora nel 2004 in un suo apprezzab<strong>il</strong>e intervento,<br />

<strong>il</strong> Segretario provinciale della F<strong>il</strong>ca-CISL Michele<br />

Buonerba invitò la nostra Provincia a seguire l’esempio<br />

della Comunità europea, capace di attivare un apposito<br />

Comitato in grado di monitorare lo stato di salute eco-<br />

92 Destra programmatica e popolare


nomico e sociale della popolazione locale, non figlio di<br />

un reciproco pregiudizio ma capace di poggiare su basi<br />

neutrali. Questa proposta, che la Destra locale riprese<br />

in un documento, ha indotto la Provincia a costituire<br />

l’osservatorio sociale pur rinunciando alla creazione di<br />

un analogo organismo rivolto al mondo economico e<br />

tendente a fare un controllo continuo sui prezzi e quindi<br />

ad operare con interventi calmieratori. È la classica analisi<br />

del bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno. Alla luce<br />

infatti dei nuovi dati sul potere di acquisto delle famiglie<br />

altoatesine (che dovrebbero convincere la Provincia ad<br />

assumere nuove responsab<strong>il</strong>ità per preservare <strong>il</strong> diritto<br />

di acquisto delle famiglie e creare quindi condizioni<br />

sociali migliori) ci troviamo di fronte all’occasione persa<br />

o alla capacità dell’apparato autonomistico di impostare<br />

per tempo organismi in grado di verificare la salute<br />

collettiva? Se è vero che la convenzione europea ha<br />

lavorato molto sui principi di fondo su cui si poggia <strong>il</strong><br />

Continente al quale apparteniamo, è però anche corretto<br />

riconoscere che proprio l’on. Gianfranco Fini, in qualità<br />

di rappresentante del Governo italiano, nonché vice-Presidente<br />

della Commissione europea chiamata a scrivere<br />

la nuova Costituzione, ha più di una volta sottolineato<br />

l’importanza di prev<strong>ed</strong>ere l’istituzione di un organismo<br />

capace appunto di valutare lo stato sociale della stessa<br />

Unione europea anche attraverso organismi valutativi di<br />

tipo economico. Peraltro la nostra provincia rischia di<br />

camminare a doppia velocità, non tanto all’interno di<br />

una propria dimensione geografica rapportata al Paese<br />

Italia, quanto in un contesto interno di aree comprensoriali<br />

se non comunali.<br />

Destra programmatica e popolare<br />

93


La comunicazione del Centro Tutela Consumatori di<br />

Bolzano risalente al 2005, passata ai più inosservata,<br />

mise in risalto come per esempio i cittadini di Bressanone<br />

o quelli di Merano fossero costretti a pagare le<br />

tariffe rifiuti fino a 400 volte o a 200 volte superiori dei<br />

cittadini di Vandoies. Differenziazioni di questo genere<br />

rischiano di determinare alla lunga situazioni penalizzanti<br />

all’interno della stessa provincia, dove si può determinare<br />

che alcune famiglie risultino più svantaggiate<br />

di altre nel sostenere <strong>il</strong> costo di un analogo servizio, di<br />

cui beneficiano in base al luogo di residenza.<br />

Se da una parte servono quindi correttivi ad una<br />

normativa provinciale che di fatto penalizza i cittadini<br />

delle maggiori città altoatesine a vantaggio di quelli che<br />

abitano nelle valli, dall’altra proprio quell’osservatorio sociale<br />

richiesto con insistenza dai sindacati ma anche dalla<br />

Destra locale deve essere capace non solo di monitorare<br />

tali differenziazioni e di riequ<strong>il</strong>ibrare la ricchezza in Alto<br />

Adige, ma anche di prevenire l’insorgenza o l’incremento<br />

di nuove sacche di povertà nella nostra provincia. Questi<br />

sb<strong>il</strong>anciamenti non possono difatti rappresentare <strong>il</strong> prezzo<br />

dell’Autonomia che sembra più tesa a difendere gli<br />

interessi di presunti poteri periferici - siano essi politici<br />

come economici e sociali - dimenticando, con le famiglie<br />

che vivono nelle città a maggioranza italiane, anche le<br />

piccole-m<strong>ed</strong>ie imprese costituite da una forza imprenditoriale<br />

trasversale che dovrebbe essere maggiormente<br />

tutelata. Così come non ci si può più auto-beatificare o<br />

incensarsi rivendicando <strong>il</strong> basso grado di disoccupazione<br />

in provincia, facendo intendere che esso sia reale e<br />

comunque tendente a mostrare l’esistenza di un salutare<br />

94 Destra programmatica e popolare


enessere degli altoatesini; ingenerando la sensazione<br />

che l’Alto Adige sia tuttora in qualche modo la terra di<br />

Bengodi quando invece, dopo gli anni di un certo vigore<br />

economico coincisi fino alla prima metà degli Anni Novanta,<br />

esso rischia di divenire un Eldorado fallito, come<br />

può ingenerare <strong>il</strong> continuo, leggero ma non impercettib<strong>il</strong>e<br />

aumento della disoccupazione annua che sale di 0,3<br />

punti in percentuale (2,7%) quando nel resto del Paese<br />

<strong>il</strong> dato cala di 1 punto (7,5%); proseguendo quindi quel<br />

trend di massima occupazione che da qualche anno <strong>il</strong><br />

Paese sta percorrendo a livello nazionale.<br />

Quando <strong>il</strong> mercato del lavoro offre un dato in perenne<br />

rialzo è già preoccupante. Ma se esso si presenta con<br />

un tasso di disoccupazione giovan<strong>il</strong>e dai 20 ai 29 anni<br />

superiore a quasi 29 punti percentuali confronto l’anno<br />

prec<strong>ed</strong>ente con un calo di occupazione nella fascia<br />

20/29 anni del 18% <strong>ed</strong> un aumento di persone in cerca<br />

di lavoro del 61%, salendo da 1.300 unità a 2.100, non<br />

si può rinunciare ad affrontare una questione sociale cercando<br />

e favorendo un ampio confronto anche, appunto,<br />

con le parti sociali. Perché se è vero che la disoccupazione<br />

giovan<strong>il</strong>e è pressoché raddoppiata passando dal<br />

2,6% del 2002 al 4,9% del 2004, non si può pensare che<br />

nella sua totalità essa possa essere rappresentata solo da<br />

quelle forze lavoro iscritte al collocamento e non anche<br />

da quel numero imprecisato di persone che per sfiducia<br />

non si iscrive alle liste per avere una professione. Una<br />

valutazione peraltro confermata dagli stessi dati ASTAT<br />

secondo i quali manca all’appello un 5% di categoria<br />

fra i soggetti considerati come „non forza lavoro“, visto<br />

che <strong>il</strong> 54% degli inoccupati è relativo a pensionati, <strong>il</strong><br />

Destra programmatica e popolare<br />

95


16% a studenti <strong>ed</strong> <strong>il</strong> 25% a casalinghe. Osservando<br />

che talune posizioni pensionistiche sono doppie, si può<br />

quindi nutrire <strong>il</strong> ragionevole dubbio che in realtà la disoccupazione<br />

in Alto Adige sfiori verosim<strong>il</strong>mente <strong>il</strong> 5%<br />

pari a quasi 8000 cittadini con più di 15 anni.<br />

Sono dati che dimostrano come stia collassando <strong>il</strong><br />

modello altoatesino anche in termini di lavoro, dovuto<br />

peraltro pure ai ritardi con cui in provincia di Bolzano<br />

si è applicata la riforma Biagi, preferendo la rivendicazione<br />

di un principio autonomistico che evidentemente<br />

non è stato così vincente e convincente. Insomma, non<br />

solo <strong>il</strong> benessere in Alto Adige riguarda sempre meno<br />

famiglie, ma laddove esiste la ricchezza in provincia<br />

di Bolzano è sb<strong>il</strong>anciata anche negli stessi settori economici<br />

<strong>ed</strong> imprenditoriali. Purtroppo sembra che non<br />

tutti abbiano sentito l’allarme da tempo suonato in Alto<br />

Adige sull’abbassamento della soglia della povertà implicando<br />

le imprese locali; che però non sono le uniche<br />

terminali di una crisi che si sta sv<strong>il</strong>uppando, investendo<br />

come è ovvio anche quelle famiglie che da una attività<br />

imprenditoriale attiva o vissuta alla dipendenze trovano<br />

la propria robustezza economica.<br />

Il disagio sociale<br />

In tale contesto, <strong>il</strong> dato emerso nella primavera del<br />

2006 e relativo ai contributi per l’assistenza concessi<br />

dai distretti sociali di Bolzano, Merano, Bressanone e<br />

Laives <strong>ed</strong> alle prestazioni offerte dall’assistenza sociale è<br />

preoccupante e dovrebbe portare ad un serio e sereno<br />

96 Destra programmatica e popolare


quanto leale <strong>ed</strong> opportuno esame di coscienza. Quando<br />

circa l’8% della popolazione del Capoluogo è sotto alla<br />

soglia di povertà e nel momento in cui oltre <strong>il</strong> 10%<br />

necessita di integrazioni economiche per la locazione e<br />

le spese accessorie, significa che in questi anni la politica<br />

sociale condotta in Alto Adige è stata sbagliata. Se<br />

peraltro compariamo questi dati di Bolzano con quelli<br />

prodotti dai distretti di Merano e di Bressanone dove si<br />

registrano picchi superiori al Capoluogo che a Merano<br />

sfiorano <strong>il</strong> 20% nel sostegno alla locazione od <strong>il</strong> 14%<br />

in quello che riguarda <strong>il</strong> minimo vitale, si può affermare<br />

che <strong>il</strong> problema è talmente radicato e generalizzato<br />

che la sua diffusione deve essere bloccata con estrema<br />

fermezza e senza ulteriori perdite di tempo. Le quasi<br />

3.500 prestazioni economiche che l’assistenza di base<br />

ha dovuto proferire, per esempio a Bolzano, affinché<br />

altrettante famiglie potessero non scendere sotto la soglia<br />

di povertà, indicano quanto <strong>il</strong> problema sia tremendamente<br />

concreto; anche perché <strong>il</strong> disagio prodotto da<br />

questa politica rischia di coinvolgere almeno 10.000<br />

cittadini di Bolzano.<br />

Siamo insomma in piena emergenza sociale e far<br />

finta di nulla equivale a dar corso ad una politica che<br />

conduce ad una macelleria sociale.<br />

Il taglio annunciato dei sussidi casa, per esempio,<br />

è un provv<strong>ed</strong>imento enormemente grave che non può<br />

assolutamente giustificarsi con l’esigenza di risparmio<br />

dell’Istituto o comunque della mano pubblica, come<br />

di fatto viene affermato dai vertici dell’IpES. Proprio i<br />

dati sopra espressi relativi alla capacità economica della<br />

popolazione dovrebbero far riflettere su come, anche<br />

Destra programmatica e popolare<br />

97


solo 38 euro mens<strong>il</strong>i che oggi giungono nelle case degli<br />

altoatesini e che un domani - per effetto dei tagli<br />

politicamente dettati dall’Amministrazione provinciale<br />

- non raggiungerebbero le famiglie m<strong>ed</strong>esime, possano<br />

rappresentare un sostegno non indifferente per una famiglia<br />

di operai o di fascia m<strong>ed</strong>ia.<br />

Una impostazione politica perdente quella del centro-sinistra<br />

altoatesino alla quale anche <strong>il</strong> partito di maggioranza<br />

relativa del gruppo linguistico t<strong>ed</strong>esco, la SVP<br />

appunto, rischia di rimanere ancorata proprio con gravi<br />

ripercussioni pure per la popolazione di madrelingua<br />

t<strong>ed</strong>esca.<br />

Se è vero perciò che in questi anni la Destra altoatesina<br />

ha parlato molto di disagio etnico, è anche<br />

vero peraltro che ad esso da qualche anno si è affiancato<br />

un crescente disagio sociale che nel coinvolgere<br />

anche la popolazione di lingua italiana colpisce una<br />

grande fetta degli altoatesini. E se <strong>il</strong> disagio etnico è<br />

un sentimento intimo, <strong>il</strong> disagio sociale esprime i suoi<br />

effetti almeno su tre persone per ognuna di quelle che<br />

subisce un provv<strong>ed</strong>imento di riduzione r<strong>ed</strong>dituale. Perchè<br />

ogni persona disoccupata, ogni retribuzione che<br />

non conc<strong>ed</strong>e <strong>il</strong> raggiungimento del livello zero, ovvero<br />

di quel livello che permette ad ognuno di vivere pur<br />

senza risparmiare, coinvolge una intera famiglia, quindi<br />

- secondo i dati ASTAT - in Alto Adige m<strong>ed</strong>iamente tre<br />

persone. Anche a questo disagio la Destra locale deve<br />

dare delle risposte o dimostrare di averne, considerato<br />

che né le Sinistre né quelle forze sociali interne alla<br />

SVP sono stati in grado di prevenire prima, e ridurre<br />

poi. In questo contesto, da anni si è consci del fatto<br />

98 Destra programmatica e popolare


che la Destra in Alto Adige deve dimostrare di essere<br />

capace di coniugare la dimensione etnica che si vive in<br />

questa provincia - attraverso la difesa delle radici di una<br />

Comunità - con quella dimensione sociale che è stata<br />

tramandata dai padri fondatori di quella Destra che con<br />

<strong>il</strong> Movimento Sociale trovò la capacità di concretizzare<br />

e trasmettere una visione sociale ancor più importante<br />

nel grave quadro socio-economico in cui versa la provincia<br />

di Bolzano, dove <strong>il</strong> 26% delle famiglie vive in una<br />

situazione definita di povertà relativa e dove l’11% delle<br />

persone altoatesine non supera i 1.000 euro di stipendio<br />

mens<strong>il</strong>i; dati peggiori perfino del Centro e del Nord<br />

Italia. Si tratta di realtà che anzitutto devono richiamare<br />

la Destra altoatesina a ricoprire pure in futuro un ruolo<br />

di controllo e di denuncia; che serva però anche ad<br />

assumere soluzioni e posizioni non demagogiche, capaci<br />

di incidere profondamente e positivamente sui r<strong>ed</strong>diti<br />

della popolazione. Provincia e Comuni non possono<br />

limitarsi a fare la parte di passivi e p<strong>il</strong>ateschi spettatori<br />

quando, per arginare più che per prevenire questo fenomeno,<br />

si sarebbero dovuti rafforzare i controlli contro<br />

ogni eventuale speculazione sui prezzi, evitando peraltro<br />

si danneggiassero non solo i consumatori ma anche<br />

molti commercianti. Sbagliato inoltre sarebbe pensare<br />

che <strong>il</strong> carovita venga prodotto esclusivamente dai costi<br />

dei prodotti di commercio e non anche da quello di<br />

molti servizi pubblici. Il potere di acquisto dei cittadini<br />

altoatesini - e quindi la riduzione del disagio sociale<br />

- certo non si favorisce con forme di assistenzialismo<br />

che tendono a mantenere lo status del nucleo fam<strong>il</strong>iare<br />

senza in realtà elevarlo economicamente. Donare<br />

Destra programmatica e popolare<br />

99


contributi a fondo perduto senza distinzione di r<strong>ed</strong>dito<br />

fra i beneficiari come se <strong>il</strong> disagio di un operaio fosse<br />

<strong>il</strong> m<strong>ed</strong>esimo di un professionista in politica, non può<br />

essere un apprezzab<strong>il</strong>e forma di intervento economico<br />

a favore delle famiglie altoatesine. Sono necessari altri<br />

interventi di sostegno alle famiglie come l’introduzione<br />

di nuove tariffe ridotte per luce, acqua, gas e servizi<br />

per le famiglie con r<strong>ed</strong>diti bassi; oppure la previsione<br />

dei bonus scuola, per esempio per i bambini a partire<br />

dagli as<strong>il</strong>i nido o favorire la possib<strong>il</strong>ità di scegliere tra<br />

l’assistenza pubblica, privata o non profit, o ancora l’introduzione<br />

di particolari agevolazioni per gli anziani e<br />

per chi assiste i propri cari in casa, piuttosto che introdurre<br />

la cosiddetta tassa sulla vecchiaia, ovvero un’onere<br />

che graverà ulteriormente su ogni famiglia altoatesina<br />

impoverendola ulteriormente.<br />

In definitiva si necessita di una sana politica di sostegno<br />

alle famiglie stesse anche attraverso l’offerta di servizi<br />

che siano economicamente accessib<strong>il</strong>i. Ed è anche<br />

con <strong>il</strong> risparmio della spesa pubblica, la riconversione<br />

di strutture parzialmente inut<strong>il</strong>izzate, la vendita parziale<br />

degli oltre 1.200 <strong>ed</strong>ifici del patrimonio immob<strong>il</strong>iare<br />

della Provincia, che si può permettere di rifinanziare la<br />

spesa sociale.<br />

100 Destra programmatica e popolare


Destra aperta e partecipata<br />

DESTRA<br />

APERTA E PARTECIPATA<br />

L’orgoglio della propria specificità da parte di una<br />

Comunità politica che ha significativamente segnato<br />

gli ultimi 60 anni di vita nazionale, si fa più incisivo<br />

quando essa ha saputo rimanere per così lungo<br />

tempo ramificata nel territorio. Nell’attuale panorama<br />

politico, non è un caso che solo Alleanza Nazionale<br />

da una parte <strong>ed</strong> i Democratici di Sinistra sul fronte<br />

opposto possano rivendicare questo ruolo fondante<br />

di coagulo con la popolazione nazionale e quindi<br />

di preservazione delle proprie peculiarità storiche,<br />

politiche, sociali. Non si è volutamente fatto cenno<br />

alla Democrazia Cristiana non solo perché essa oggi<br />

non esiste più come forza politica a se stante (disgregatasi<br />

in altre entità politiche che hanno di fatto<br />

dato voce autonoma alle molte anime di quel partito<br />

che l’hanno composta per anni) ma per <strong>il</strong> fatto che<br />

101


nel momento stesso in cui non ha saputo più essere<br />

partito di governo, sbaragliata dalla magistratura e<br />

dall’elettorato, essa ha perso la propria fittissima rete<br />

di collegamento con la base, fatta allora - soprattutto<br />

nell’ultimo decennio della sua esistenza, una volta<br />

evaporato <strong>il</strong> pericolo di un invasione comunista - più<br />

di clientele maturate come perenne forza di governo<br />

che di matrimonio ideologico. Non è mistero peraltro<br />

che la DC, oltrechè sul voto clientelare, poteva<br />

contare su quello parrocchiale e su quello statale;<br />

due categorie ovvero che negli anni del pericolo comunista<br />

e della scomunica cattolica come in quelli<br />

della statalizzazione del lavoro con l’impiego pubblico<br />

sicuro e scevro da ogni rischio di licenziamento,<br />

si sentivano alquanto garantite dalla Balena Bianca,<br />

capace di solcare i mari della politica in maniera indisturbata.<br />

Questa capacità di raccogliere <strong>il</strong> consenso<br />

nelle chiese e nei pubblici uffici permetteva così alla<br />

Democrazia Cristiana di controllare la vita di quasi<br />

la metà degli italiani, così come <strong>il</strong> Partito Comunista<br />

dell’Unione Sovietica (PCUS) operava in Russia<br />

con i cittadini d’oltre cortina. Con ciò non si può<br />

negare l’importante ruolo svolto dalla DC nella sua<br />

funzione di barriera anti-comunista e per la rinascita<br />

e la ricrescita del nostro Paese; <strong>il</strong> quale alle porte<br />

aveva pur sempre regimi comunisti che bussavano<br />

per entrare. Ma quando <strong>il</strong> rapporto con gli elettori è<br />

figlio soprattutto di uno status politico, quale essere<br />

partito di governo, nel momento in cui questo status<br />

decade si perde anche quell’appeal che ne caratterizza<br />

<strong>il</strong> rapporto stesso.<br />

102 Destra aperta e partecipata


Destra aperta e partecipata<br />

Figli di un Dio minore<br />

Per la Destra italiana <strong>il</strong> discorso è stato invece diverso.<br />

A lungo tempo tenuti ai margini della vita non<br />

solo politica ma anche sociale, i fondatori del Movimento<br />

Sociale, e quindi con essi gli iscritti e gli elettori,<br />

sono stati per anni considerati figli di un Dio minore;<br />

ammesso si riconoscesse l’esistenza di un Dio anche<br />

a loro. Sono quelli che descrive Giampaolo Pansa nel<br />

„Sangue dei Vinti“ o in „Sconosciuto ‚45“, due libri<br />

che hanno fatto molto discutere, ma successivi all’opera<br />

scritta quasi due decenni prima da Giorgio e Paolo<br />

Pisanò dal titolo „Il Triangolo della Morte - la politica<br />

della strage in Em<strong>il</strong>ia durante e dopo la guerra civ<strong>il</strong>e -<br />

(<strong>ed</strong>. Mursia - 1992)“; iniziativa sconosciuta ai più poiché<br />

esclusa dai circuiti distributivi dell’<strong>ed</strong>itoria ufficiale di<br />

allora benché denunciasse, con la stessa intensità narrativa,<br />

le m<strong>ed</strong>esime violenze descritte dal più celebre<br />

autore. A Destra stavano i figli <strong>ed</strong> i nipoti di Salò, gli<br />

esclusi e gli sconfitti; si era al di fuori dell’allora detto<br />

arco costituzionale, una formula che escludeva la Destra<br />

italiana la quale, essendo figlia del fascismo, non aveva<br />

potuto partecipare alla stesura della nostra Costituzione<br />

nazionale e per questo ghettizzata, come se dovesse<br />

pagare un fio per l’eternità.<br />

La condanna ad essere figli di alcun Dio riconosciuto<br />

portò quindi a cementare fra se i componenti la comunità<br />

della Destra, a stringersi maggiormente attorno<br />

ad un Idea, alle proprie radici, ad un proprio progetto.<br />

Rafforzando quel legame con i cittadini italiani fatto non<br />

di opportunismo e convenienza (come avrebbe potuto<br />

103


avvenire se fossero stati un partito di governo in quegli<br />

anni di ricostruzione civ<strong>il</strong>e <strong>ed</strong> ideologica) ma di sincera<br />

adesione ad una progettualità basata sui concetti della<br />

moderna democrazia diffusi dalla Rivoluzione francese<br />

attraverso <strong>il</strong> motto libertà, uguaglianza e fratellanza ma<br />

anche su valori ispirati dalla spiritualità e quindi dalla<br />

sacralità, dal patriottismo e perciò dall’identitarismo e<br />

dalla socialità, tanto da essere un partito che veniva sì<br />

posizionato a Destra, ma ricopriva spesso ruoli di sinistra.<br />

D’altra parte, l’estrazione popolare di molti suoi<br />

m<strong>il</strong>itanti; le battaglie sociali condotte non tanto nelle<br />

fabbriche sindacalizzate dalla Sinistra operaia ma nelle<br />

scuole, nelle università, nei posti di lavoro, nelle periferie<br />

degradate delle metropoli italiane; i richami al corporativismo,<br />

alla terza via mussoliniana contro <strong>il</strong> liberismo<br />

americano <strong>ed</strong> <strong>il</strong> socialismo reale; l’ispirazione a quel<br />

„fascismo immenso e rosso” sul quale nel 1990 scrisse<br />

un saggio Giano Accame - allora direttore del Secolo<br />

d’Italia, <strong>il</strong> quotidiano della Destra nazionale - riprendendo<br />

una tipica espressione di Robert Bras<strong>il</strong>lach, poeta e<br />

scrittore francese fuc<strong>il</strong>ato nel 1945 per le sue posizioni<br />

f<strong>il</strong>ofasciste; la rincorsa alla teoria della socializzazione<br />

delle imprese e l’anticonformismo come regola, sono<br />

tutte fasi che hanno collocato <strong>il</strong> Movimento nel sociale,<br />

la Destra italiana di allora vicina ad impulsi che, in<br />

una concezione schematica, ancora oggi potrebbero<br />

sembrare più consoni alla Sinistra.<br />

L’orgoglio di essere Destra, prima ancora che di destra,<br />

è quindi dettato dall’aver passato, come molti di noi<br />

hanno subito, gli anni più diffic<strong>il</strong>i per la nostra Comunità<br />

umana aggr<strong>ed</strong>ita anche fisicamente; ciò però non può<br />

104 Destra aperta e partecipata


portare oggi la Destra ad avvitarsi su se stessa, ad avere<br />

torcicolli di nostalgismo come se, pur camminando in<br />

una direzione, si guardasse con rimpianto al passato.<br />

Essa si è evoluta, rinunciando nel tempo ad essere solo<br />

un contenitore di nostalgie, di speranze e di proposte;<br />

è divenuta un laboratorio di trasformazione del sistema<br />

Paese, se è vero che già sul finire degli Anni Settanta<br />

<strong>il</strong> Movimento Sociale parlava di Presidenzialismo come<br />

di elezione diretta dei Sindaci o di Esercito volontario;<br />

temi che provocavano accuse di smanie golpiste della<br />

Destra, per i cui avversari essa non solo voleva uomini<br />

forti al comando del vascello Italia, ma anche un Esercito<br />

pronto a difenderli, come accadeva nel sud-America.<br />

Come pure nell’Est europeo. Concetti, prima ancora che<br />

progetti, i quali però oggi sono divenuti realtà. Con<br />

buona pace di chi allora gridava „attenti al lupo“.<br />

La Destra, italiana <strong>ed</strong> europea, ha saputo insomma<br />

aprirsi a nuove sfide e a nuovi confronti.<br />

Destra aperta e partecipata<br />

Il progresso ideologico<br />

In questo contesto la Destra altoatesina non può fare<br />

diversamente. Gli anni dell’emarginazione che questa<br />

parte politica ha dovuto attraversare, hanno forgiato in<br />

chi li ha vissuti - non certo chi è venuto dopo - la consapevolezza<br />

di sapere che progr<strong>ed</strong>ire ideologicamente<br />

non per forza significa rinnegare <strong>il</strong> proprio percorso<br />

storico. Sbaglierebbe la Destra locale se rimanesse chiusa<br />

a riccio non tanto nella difesa del proprio impianto<br />

bas<strong>il</strong>are circa <strong>il</strong> ripristino di un equ<strong>il</strong>ibrio etnico, quanto<br />

105


nel confronto con l’intera realtà altoatesina. Dare vita insomma<br />

ad un dialogo aperto pur nella difesa dell’Identità<br />

significa, nel contesto altoatesino così come avvenuto<br />

in quello nazionale, garantire quella omogeneità nelle<br />

intenzioni <strong>ed</strong> Unità della Comunità umana e politica nei<br />

rapporti fra e con le formazioni partitiche riconducib<strong>il</strong>i<br />

all’area di centro-destra, sia italiana come di lingua t<strong>ed</strong>esca,<br />

in un’ottica governativa e di governab<strong>il</strong>ità. Quindi<br />

anche con quella parte della SVP dalla quale possano<br />

emergere maggiori affinità, affinché pure in Alto Adige <strong>il</strong><br />

concetto di Destra di governo possa tradursi con quello<br />

di Destra al governo. Ciò pure nella fermezza e nel<br />

rispetto del proprio humus politico e nella salvaguardia<br />

della propria identità culturale.<br />

Ma prima di proc<strong>ed</strong>ere oltre sulla base di queste<br />

riflessioni, si ritiene importante che tutti, dai più scettici<br />

a quelli più ottimisti, si domandino essenzialmente se sia<br />

giusto - in un contesto storico e politico assai diverso<br />

da quello che si è chiuso qualche anno fa - che la<br />

Destra locale rigetti la politica del dialogo e la politica<br />

delle alleanze con quei partiti che con essa intendano<br />

perlomeno dialogare se non ancora avere alleanze. Ora<br />

che quelle barriere innalzate con pregiudizio, con arte<br />

discriminatoria, nel nome di un aberrante arco costituzionale<br />

che ha spaccato in due l’Italia, sono cadute e<br />

che proprio per questo fatto la Comunità della Destra<br />

ha saputo sconfiggere l’ingiustizia sociale che la voleva<br />

sempre perdente e ghettizzata; ora che la stessa Destra<br />

ha raggiunto quel traguardo agognato e sognato riuscendo<br />

ad integrarsi nel contesto governativo e che quelle<br />

barriere nei suoi confronti non esistono più, è doveroso<br />

106 Destra aperta e partecipata


<strong>ed</strong> essenziale che ci si chi<strong>ed</strong>a per quali motivi nacque<br />

<strong>il</strong> Movimento Sociale Italiano e per quali ragioni esso<br />

si è trasformato in Alleanza Nazionale. Ovvero ci si interroghi<br />

su quale sia <strong>il</strong> bene ultimo - che nel contempo<br />

è anche l’obiettivo primario - di queste due formazione<br />

politiche che hanno rappresentato e salvato la Destra.<br />

Più volte a questa richiesta di chiarimento si è risposto<br />

che <strong>il</strong> principale obiettivo era <strong>ed</strong> è quello di servire<br />

<strong>il</strong> Paese e con esso di servire gli Italiani; ma per fare<br />

questo anche la Destra locale, come quella nazionale,<br />

ha la necessità di continuare ad adottare una politica<br />

intelligente (sembra qualcosa di abnorme, nella sua semplicità,<br />

eppure non è banale affermarlo), quella che la<br />

fa camminare con coraggio in una direzione, pensando<br />

con cognizione di attraversare però una strada di carboni<br />

ardenti. Insomma, pur mantenendo um<strong>il</strong>mente un<br />

prof<strong>il</strong>o basso, occorre saper volare alto; sopra gli altri<br />

come aqu<strong>il</strong>a volteggia..<br />

Destra aperta e partecipata<br />

Interesse alla governab<strong>il</strong>ità<br />

Tale considerazione obbliga la Destra altoatesina ad<br />

essere promotrice e protagonista di un dialogo aperto<br />

nei confronti di una Provincia Autonoma a cui riconoscere<br />

difetti e paradossi ma anche pregi, seppur spesse<br />

volte confonde i suoi ruoli istituzionali, trasformandosi<br />

in una sorta di centro monopolistico proiettato quasi<br />

essenzialmente a considerare i bisogni di una Comunità<br />

linguistica, piuttosto che quelli di un’intera popolazione.<br />

Un monopolio provinciale alquanto d<strong>il</strong>atato grazie<br />

107


all’estensione dell’Autonomia affidata alla Provincia in<br />

tutti i comparti: dalla cultura al patrimonio, dall’urbanistica<br />

alle grandi rivoluzioni industriali fino al settore<br />

energetico. Non si può negare che nei decenni in cui<br />

si è dapprima pensata l’Autonomia e sucessivamente<br />

attivata, trasformandola da progetto ideologico a creatura<br />

egocentrica, la Provincia-Istituzione si è d<strong>ed</strong>icata a<br />

favorire particolari settori dell’economia tralasciandone<br />

altri, agendo in un tessuto sociale che trova la periferia<br />

economicamente e finanziariamente più solida nei<br />

confronti dei centri a maggior densità abitativa e dove<br />

maggiore è la presenza di popolazione di lingua italiana,<br />

come Bolzano, Merano e Laives. Si pensi allo scarto<br />

esistente fra i settori turistico-agricolo o al comparto<br />

artigiano con quello industriale, anche se oggi esso è<br />

in leggera ripresa nonostante i suoi deficit innovativi,<br />

dopo che anche l’industria non è più settore economico<br />

caratterizzante la Comunità italiana. Si pensi anche<br />

come la Provincia abbia inquinato lo stesso mercato<br />

industriale, favorendo la nascita di varie aziende m<strong>ed</strong>iopiccole<br />

sorte non perché si fosse in presenza di una<br />

eccezionale vitalità imprenditoriale ma perché la comparsa<br />

di nuove aziende - grazie all’intervento pubblico<br />

- ha contribuito in modo preoccupantemente straordinario<br />

all’impoverimento dell’esistente industria creata nel<br />

Ventennio e principalmente italiana. Una politica questa<br />

i cui riflessi negativi sono alle porte, che combaceranno<br />

con <strong>il</strong> momento stesso in cui l’assistenza iniziale e<br />

l’assistenzialismo economico cesserà e l’azienda dovrà<br />

necessariamente competere nel mercato del lavoro con<br />

le sole proprie risorse.<br />

108 Destra aperta e partecipata


In quest’ottica si pone l’interesse alla governab<strong>il</strong>ità<br />

della Destra locale.<br />

In tale contesto, nella consapevolezza della necessità<br />

di interporsi quale elemento nuovo nella comune<br />

partecipazione, la Destra bolzanina deve proseguire con<br />

quella spinta verso <strong>il</strong> tentativo e non nella tentazione<br />

di un dialogo con <strong>il</strong> partito di maggioranza assoluta in<br />

Alto Adige (ma non solo con esso) che porti ad una<br />

coabitazione con lo stesso nella reale gestione dell’Autonomia<br />

e non ad una passiva convivenza, che renderebbe<br />

oltremodo complessa un’adeguata valorizzazione della<br />

Comunità di lingua italiana. Rimuovendo gli ostacoli che<br />

oggi imp<strong>ed</strong>iscono alla Comunità italiana di godere di<br />

pari opportunità in Alto Adige, per prosciugare quelle<br />

sabbie mob<strong>il</strong>i legislative che ancora oggi la soffocano,<br />

inghiottendola lentamente.<br />

Co-protagonisti dell’Autonomia futura<br />

Coerentemente con le convinzioni della Destra<br />

quindi, le modifiche che dovranno generarsi rispetto<br />

all’applicazione dell’Autonomia già al centro di altre<br />

riflessioni qui espresse, non possono non tener conto di<br />

chi rappresenta la maggioranza di un gruppo linguistico<br />

diversa da quello al quale la Destra storica appartiene.<br />

Non si tratta di rec<strong>ed</strong>ere sui propri principi; si tratta<br />

semmai di porre responsab<strong>il</strong>mente le condizioni per<br />

una collaborazione sincera, onesta, corretta anche con<br />

quel partito che rappresentata più di ogni altri <strong>il</strong> gruppo<br />

di lingua t<strong>ed</strong>esca; pretendendo però dallo stesso la<br />

Destra aperta e partecipata<br />

109


m<strong>ed</strong>esima sincerità, onestà, correttezza senza che ciò<br />

debba significare un fidanzamento o un matrimonio<br />

per ragioni di Stato. Non un passo indietro quindi da<br />

parte della Destra altoatesina, ma un cammino in avanti<br />

finanche ad esorcizzare quel luogo comune che vuole<br />

la Destra sempre e comunque contrapposta alla SVP o<br />

agli uomini che la rappresentano.<br />

Paradossalmente, peraltro, la SVP non è <strong>il</strong> più temib<strong>il</strong>e<br />

rivale della Destra altoatesina che chi<strong>ed</strong>e e riceve<br />

come un bambino viziato. Piuttosto, l’avversario politico<br />

della Comunità italiana deve individuarsi in quelle forze<br />

partitiche attuali alleate proprio della SVP che non rappresentano<br />

la maggioranza del gruppo italiano. Ed allora<br />

rinunciare a dialogare con la SVP non ha motivo; non<br />

solo perché rigettare ogni confronto può farlo solo chi<br />

non ha idee o ha paura delle proprie stesse idee; e se un<br />

uomo ha paura delle proprie idee significa o che le sue<br />

idee non valgono nulla o che non vale nulla lui, per dirla<br />

con Ezra Pound. Ma perché rinunciare ad un tale dialogo<br />

significa lasciare a priori a quei partiti italiani che hanno<br />

abbandonato <strong>il</strong> gruppo linguistico italiano la possib<strong>il</strong>ità<br />

di gestire ancora <strong>il</strong> futuro dello stesso gruppo e quindi<br />

danneggiarlo ulteriormente. Il confronto deve servire da<br />

parte della Destra altoatesina per dare alla comunità<br />

italiana che si sente di rappresentare maggiormente una<br />

dignitosa rappresentanza in Provincia e nei Comuni, dove<br />

essa può battersi quando la politica diventa economia<br />

e affinchè i principi politici <strong>ed</strong> economici difendano le<br />

realtà deboli; per una provincia dove non esistano settori<br />

occupazionali di serie A e di serie B in un ambito in cui<br />

attualmente a farla da padrona è l’agricoltura, mentre <strong>il</strong><br />

110 Destra aperta e partecipata


carrettino al seguito ha trasportato per anni una sempre<br />

più frag<strong>il</strong>e, povera e negletta industria. Ma anche dove<br />

la provincia più ricca d’Italia con i suoi m<strong>il</strong>ioni di euro<br />

di b<strong>il</strong>ancio non possa più in futuro far pagare all’intera<br />

popolazione italiana-t<strong>ed</strong>esca-ladina <strong>il</strong> 90% dei servizi.<br />

Discorrere almeno con quella SVP che vuole confrontarsi<br />

e dialogare realmente con la Destra altoatesina; con quella<br />

per esempio che nel 1994 si espresse favorevolmente<br />

ad aperture nei suoi confronti in un sondaggio prodotto<br />

dal „Dolomiten“, <strong>il</strong> potente quotidiano di lingua t<strong>ed</strong>esca<br />

che non solo fa tendenza ma soprattutto detta o quanto<br />

meno ispira anche certi percorsi politici della SVP; ma<br />

anche con quella che nel maggio 2006, dalle colonne<br />

dello stesso giornale, dichiarò apertamente la necessità<br />

di aprire un confronto con la Destra altoatesina. Confrontarsi<br />

insomma con quella SVP che, come la Destra,<br />

difende l’economia e che già solo per <strong>il</strong> fatto di non<br />

aver disdegnato la pubblica assunzione di posizioni coraggiose<br />

<strong>ed</strong> in controtendenza nei suoi confronti, merita<br />

attenzione e disponib<strong>il</strong>ità di confronto.<br />

C’è in pratica l’esigenza che se dialogo e confronto,<br />

collaborazione e finanche coabitazione future debbano<br />

esistere ciò sia fondato su basi cristalline, univoche, trasparenti.<br />

Anche in merito a scelte di campo che finora<br />

hanno visto la SVP schierata non a fianco di un progetto<br />

politico capace di soddisfare la propria economia o le<br />

aspettative della propria gente, ad esempio in materia<br />

fiscale o occupazionale. Un processo volto al dialogo<br />

<strong>ed</strong> al confronto piuttosto che alle grida <strong>ed</strong> allo scontro,<br />

che non andrà a scalfire <strong>il</strong> patrimonio ideologico di<br />

riferimento della Destra, poichè l’eventuale comparteci-<br />

Destra aperta e partecipata<br />

111


pazione all’Autonomia si pone su un livello diverso da<br />

quello sul quale si pone <strong>il</strong> bagaglio storico e culturale<br />

della stessa Destra. L’uno rappresenta infatti <strong>il</strong> ciclo storico<br />

e civ<strong>il</strong>e della Destra, la sua natura antropologica;<br />

l’altro, l’evoluzione dialettica non solo o non tanto della<br />

Destra ma anche dei referenti esterni che oggi guardano<br />

alla Destra con rispetto diverso <strong>ed</strong> attenzione sincera.<br />

Oggi l’osservatore estraneo alla Destra, in parte si trova<br />

di fronte ad una nuova dimensione della Destra; ma<br />

deve fare i conti soprattutto con una Destra che se<br />

una volta era sopportata istituzionalmente <strong>ed</strong> accettata<br />

civ<strong>il</strong>mente, oggi è supportata elettoralmente e rispettata<br />

democraticamente. Il tramonto delle culture targate<br />

(l’anti-fascismo m<strong>il</strong>itante da una parte come l’anti-autonomismo<br />

imperante dall’altra) è un dato positivo per<br />

una Destra che vuole fare parte di un nuovo processo<br />

di trasformazione e che vuole essa stessa promuoverne<br />

l’elaborazione. Occorre quindi discutere sui programmi,<br />

sui mezzi con cui acc<strong>ed</strong>ere ad una rivalutazione della<br />

Comunità italiana, non per questo indebolendo l’Autonomia,<br />

anzi; semmai rinsaldandola perché quanto sarà<br />

più equo <strong>il</strong> sistema altoatesino tanto esso sarà resistente,<br />

difeso e difendib<strong>il</strong>e. Portare un tricolore in ogni maso,<br />

è certamente uno slogan elettoralmente produttivo, ma<br />

fine a se stesso poichè non fac<strong>il</strong>ita <strong>il</strong> riequ<strong>il</strong>ibrio autonomistico,<br />

come si è visto anche negli ultimi cinque<br />

anni di governo di centro-destra.<br />

Non c’è alcuna abiura della fase conservativa in<br />

questo percorso, dopo decenni in cui la Destra locale<br />

ha attraversato <strong>il</strong> deserto combattendo per mantenere <strong>il</strong><br />

proprio diritto alla presenza; ovvero <strong>il</strong> diritto di essere<br />

112 Destra aperta e partecipata


in piena legittimità, ostentando l’appartenenza con l’orgoglio<br />

che può esprimere una Comunità disarmata ma<br />

non in disarmo. Rivendicazioni appunto che ora però la<br />

Destra ha <strong>il</strong> compito di trasformare in concretezza attraverso<br />

l’ottenimento di quella rappresentatività governante<br />

affinchè <strong>il</strong> patrimonio della Destra stessa non rischi<br />

di rimanere sotto ut<strong>il</strong>izzato. In questo, se da una parte<br />

Alleanza Nazionale deve parlare un linguaggio capace<br />

di farsi capire maggiormente dalla sua gente di quanto<br />

non si sia fatto in questo ultimo tempo, tale dialogo<br />

deve essere espresso a 360 gradi nei confronti di tutta<br />

la società altoatesina; per coinvolgere quell’insieme di<br />

sensib<strong>il</strong>ità che, come sempre più affiora, non si riconosce<br />

nel centro-sinistra e non vuole essere più dipendente<br />

elettoralmente <strong>ed</strong> economicamente dalla SVP.<br />

Non significa quindi che la Comunità politica che<br />

si esprime tramite la Destra si debba trasformare, come<br />

per incanto, in autonomista organica all’Autonomia; ma<br />

essa stessa non può rinunciare a ricoprire un ruolo di<br />

co-protagonista di un Autonomia che deve poter contribuire<br />

a cambiare.<br />

Un passaggio improrogab<strong>il</strong>e questo se la Destra si<br />

vuole porre come agente capace di proporre una riforma<br />

della e nella società altoatesina. E ovvio che questa<br />

scelta deve essere accompagnata dalla paura di non farsi<br />

capire dal nostro elettorato, soprattutto se <strong>il</strong> messaggio<br />

esposto non è supportato dall’univocità interna. Ma è<br />

importante che accanto alla paura ci sia <strong>il</strong> coraggio,<br />

come affermava chi pagò con <strong>il</strong> proprio sacrificio, <strong>il</strong><br />

suo coraggio di combattere e battere la mafia; <strong>il</strong> giudice<br />

Paolo Borsellino.<br />

Destra aperta e partecipata<br />

113


La malformazione dell’Autonomia<br />

Lo sv<strong>il</strong>uppo di questa terra è stato caratterizzato da<br />

coraggiose visioni; ma è stato costellato anche da profondi<br />

errori <strong>ed</strong> orrori che hanno prodotto una Autonomia<br />

viziata e viziosa che si esprime attraverso varie componentistiche<br />

malferme. Una di esse è l’applicazione distorta<br />

della proporzionale, ripetutamente denunciata dalla Destra<br />

locale che ha proposto anche metodi di modifica<br />

quando altri, dentro e fuori la Destra stessa, trovano più<br />

semplice chi<strong>ed</strong>erne l’abolizione. Senza comprendere <strong>il</strong><br />

danno materiale che l’assenza della ripartizione corrispondente<br />

alla propria rappresentanza sul territorio potrebbe<br />

arrecare proprio alla Comunità italiana per gli effetti e<br />

le analisi che si sono effettuate nel capitolo d<strong>ed</strong>icato<br />

alla Destra programmatica e protagonista. Ma la proporzionale<br />

non è l’unico componente di un motore che<br />

funziona in maniera sotto potenziata. La lenta, graduale<br />

ma generale eliminazione della toponomastica italiana,<br />

operazione che ciclicamente viene riproposta dai partiti<br />

di lingua t<strong>ed</strong>esca e che proprio la Destra bolzanina ha<br />

saputo bloccare subito dopo Fiuggi - e quindi negli anni<br />

successivi alla svolta di Alleanza Nazionale - è uno di<br />

quei pistoni dell’Autonomia che accendono la scint<strong>il</strong>la<br />

della contrapposizione etnica. Per risolvere eticamente<br />

la questione, da lasciare agli storici <strong>ed</strong> agli intellettuali<br />

piuttosto che ai politici, basterebbe che si proc<strong>ed</strong>esse<br />

con <strong>il</strong> riconoscimento ufficiale e definitivo dei toponimi<br />

t<strong>ed</strong>eschi da affiancare a quelli italiani. Una battaglia volta<br />

a sopprimere i nomi dei luoghi nella forma italiana da<br />

parte delle forze di lingua t<strong>ed</strong>esca è peraltro incompren-<br />

114 Destra aperta e partecipata


sib<strong>il</strong>e anche per la maggioranza della stessa Comunità di<br />

lingua t<strong>ed</strong>esca, laddove essa viene rappresentata dalle<br />

famiglie e dal mondo imprenditoriale. Alle prime infatti<br />

interessa che <strong>il</strong> fisco sia meno pesante mentre al secondo<br />

che la propria azienda sia vitale. In questo contesto non<br />

sono condivisib<strong>il</strong>i alcune affermazioni del Presidente della<br />

Giunta provinciale dott. Luis Durnwalder espresse nella<br />

sua „relazione programmatica“ che aprì la XIII Legislatura<br />

circa <strong>il</strong> fatto che una minore imposizione fiscale promessa<br />

(<strong>ed</strong> attuata) dal Governo Berlusconi potesse essere preoccupante<br />

poiché avrebbe significato minore gettito per<br />

l’Alto Adige. La ricchezza altoatesina non può impostarsi<br />

sulla speranza dell’aumento degli oneri fiscali a carico<br />

delle famiglie italiane e quindi altoatesine poiché, come<br />

amava affermare l’indimenticato Consigliere regionale di<br />

AN del Trentino-Alto Adige Ruggero Benussi, la buona<br />

amministrazione dei soldi pubblici si v<strong>ed</strong>e quando la<br />

ricchezza non esiste, non quando i soldi ci sono.<br />

Ma anche l’adozione di un b<strong>il</strong>inguismo troppo spesso<br />

applicato un<strong>il</strong>ateralmente, ovvero preteso solo dal gruppo<br />

italiano nell’occupazione privata e non anche da<br />

quello t<strong>ed</strong>esco, tende a creare sacche di malcontento<br />

civ<strong>il</strong>e e di diffidenza.<br />

Si pensi per esempio al tempo perso dal centro-sinistra,<br />

al governo della provincia di Bolzano da alcuni<br />

decenni, che poco o nulla ha fatto per favorire l’apprendimento<br />

della seconda lingua in relazione alla specificità<br />

della realtà altoatesina. Pochi scambi scolastici, culturali<br />

e sociali con <strong>il</strong> paradosso di promuoverli in qualche colonia<br />

a Cesenatico piuttosto che in Alto Adige. E se da<br />

un lato ci si deve preoccupare del fatto che la Comunità<br />

Destra aperta e partecipata<br />

115


italiana conosca poco la lingua t<strong>ed</strong>esca, bisognerebbe<br />

accertare dall’altro se quel 49% circa di popolazione<br />

di lingua t<strong>ed</strong>esca che, secondo un recente sondaggio,<br />

afferma di sapere l’italiano è inferiore al dato omologo<br />

di qualche anno fa. La convinzione infatti è che sempre<br />

meno cittadini altoatesini di lingua t<strong>ed</strong>esca conoscano la<br />

lingua italiana soprattutto fra i giovani e non solo nelle<br />

vallate, poiché tale fenomeno è sempre più avvertito in<br />

maniera preoccupante anche nelle città. Un dato peraltro<br />

che se letto in prospettiva diventa allarmante. La Provincia<br />

deve proc<strong>ed</strong>ere per creare le condizioni al fine di un<br />

maggior approfondimento della conoscenza della lingua<br />

italiana da parte della popolazione locale t<strong>ed</strong>esca, non<br />

tanto per rivendicare l’ut<strong>il</strong>izzo della lingua nazionale,<br />

rivendicazione che appartiene al passato visto che in<br />

questa terra si è equiparato l’italiano all’idioma t<strong>ed</strong>esco;<br />

quanto perché in Alto Adige la Comunità italiana non<br />

può sempre più sentirsi estranea quando si reca, ad<br />

esempio, in un negozio, dove a volte l’esercente non si<br />

preoccupa nemmeno di avere personale con conoscenze<br />

dell’italiano. Una Comunità, quella italiana, che ha <strong>il</strong><br />

diritto di rapportarsi nella propria lingua madre sia nei<br />

rapporti sociali come in quelli istituzionali, ovvero con gli<br />

stessi Uffici pubblici comunali o provinciali. Condizioni<br />

tutte, unitamente ad altre che mi permisi di analizzare<br />

in „Prove di golpe (bianco) in Alto Adige“, che artatamente<br />

gestiti sono stati capaci di nascondere all’esterno<br />

di questa nostra realtà l’altra faccia della m<strong>ed</strong>aglia; <strong>il</strong><br />

disagio di una Comunità. Un malessere che si vive sui<br />

dati concreti, non su astratte difese di un sistema che si<br />

vuole a tutti i costi <strong>il</strong>lustrare come equo, paritario, non<br />

116 Destra aperta e partecipata


penalizzante per alcuno. Ecco perché da anni la Destra<br />

altoatesina non ha più posto in discussione l’Autonomia<br />

per quanto le recenti riforme - peraltro avvenute anche<br />

grazie al voto della Destra nazionale - l’hanno appesantita,<br />

quanto la sua gestione spesso distorta e monolitica.<br />

Se <strong>il</strong> disagio esiste, e non è un piagnisteo o una<br />

malattia immaginaria di sordiana memoria, è perché la<br />

Comunità italiana vive una sintomatologia di abbandono<br />

e di sconforto, di futuro cieco e di prospettive fantasma.<br />

Il disagio non è solo l’assenza di ricezione di stimoli<br />

d’amore da chi si spera di averne, ma è <strong>il</strong> disorientamento<br />

progressivo che accompagna quotidianamente questa<br />

stessa Comunità umana. Il disagio non è una patologia<br />

psichica o una ossessione psicologica, come sosteneva<br />

un ex Assessore provinciale, ma un lamento convinto,<br />

una denuncia spassionata attraverso la quale si è inteso<br />

e si intende comunicare la convinzione della Comunità<br />

di lingua italiana di volersi sentire non solo protetta da<br />

questa Autonomia ma anche e soprattutto partecipe alle<br />

scelte che determinano questa Autonomia che incidono<br />

sul futuro della stessa Comunità. Solo quando ognuno si<br />

sentirà a proprio agio in questa Autonomia la convivenza<br />

che oggi è puramente fisica fra le diverse Comunità<br />

diventerà convivenza compiuta.<br />

Destra aperta e partecipata<br />

La lista della spesa<br />

Se <strong>il</strong> decentramento di quel potere così faticosamente<br />

conquistato <strong>ed</strong> al quale si faceva riferimento e la<br />

maggiore autonomia alle Regioni (che sarebbe passata<br />

117


attraverso anche la devoluzione approvata dal centrodestra)<br />

fossero stati ratificati dal referendum del giugno<br />

2006, avrebbero rischiato di avere effetti pericolosi sulla<br />

nostra provincia pur essendo in presenza di provv<strong>ed</strong>imenti<br />

innovativi per <strong>il</strong> Paese.<br />

Infatti la omogeneizzazione delle altre realtà ordinarie<br />

porta ad omologare ad esse la nostra Autonomia<br />

speciale; tale non - come dovrebbe essere - per la sua<br />

natura etnica, peculiare <strong>ed</strong> esclusiva di questa nostra<br />

Provincia, ma speciale per la sua unicità confronto a<br />

tutte le altre realtà istituzionali. In sostanza, in futuro <strong>il</strong><br />

rischio è che qualora vi fosse una uniformità devolutiva,<br />

nel momento in cui questa SVP si ritrova a fianco<br />

un governo da lei considerato amico per compiacenza<br />

(ovvero perchè serv<strong>il</strong>e) e non per necessità (ovvero per<br />

comodità) essa possa avanzare la pretesa di un ritorno<br />

ad una differenziazione dell’autonomia altoatesina confronto<br />

a quella riconosciuta alle altre Regioni italiane.<br />

Una differenziazione che potrebbe appunto portare alla<br />

richiesta di una nuova specialità capace di prev<strong>ed</strong>ere<br />

altri poteri oggi impensab<strong>il</strong>i; come 20 anni fa si ritenevano<br />

tali, ovvero inimmaginab<strong>il</strong>i, quelli di cui oggi gode<br />

la nostra provincia attraverso un’Autonomia della quale<br />

oltrechè certi contenuti si contestano alcuni conducenti.<br />

Ovvero coloro che gestiscono - taluni egoisticamente o<br />

egocentricamente come appunto la SVP - altri impropriamente<br />

o delegittimamente come <strong>il</strong> centro-sinistra,<br />

l’Autonomia stessa. La lista di 21 punti presentata a<br />

Prodi dalla SVP per siglare quell’accordo elettorale che<br />

ha portato <strong>il</strong> centro-sinistra a vincere le elezioni del 9-10<br />

apr<strong>il</strong>e 2006, oggettivamente raccoglie condizioni cape-<br />

118 Destra aperta e partecipata


stro che svendono la Comunità italiana dell’Alto Adige.<br />

Una volta di più la SVP è andata a Roma con la lista<br />

della spesa da far pagare agli altoatesini di lingua italiana<br />

<strong>ed</strong> una volta di più <strong>il</strong> centro-sinistra ha accolto queste<br />

condizioni. Una politica assurda che denota solo una<br />

sudditanza psicologica e politica gravissima. In queste<br />

condizioni, ovvero finchè un settore politico italiano<br />

come <strong>il</strong> centro-sinistra accoglie richieste di questo peso<br />

avanzate dalla SVP, <strong>il</strong> confronto con <strong>il</strong> mondo di lingua<br />

t<strong>ed</strong>esca rischia di non poter mai essere alla pari. Tanto<br />

più se i contro-obiettivi dell’Unione non introducono<br />

nulla di nuovo e sembrano unicamente di facciata come<br />

<strong>il</strong> potenziamento del b<strong>il</strong>inguismo, lasciando inalterato<br />

però l’art. 19 o l’applicazione della proporzionale di<br />

merito che è solo un gioco gattopardesco in quanto<br />

l’uno (la proporzionale) esclude l’altro (<strong>il</strong> merito).<br />

Insomma se l’Unione ha battuto in ritirata di fronte<br />

alla SVP non ci si deve stupire se in queste condizioni<br />

non sia lecito pensare che la SVP possa alzare <strong>il</strong> tiro<br />

delle rivendicazioni. Non c’è quindi da scandalizzarsi<br />

con <strong>il</strong> partito di Pichler Rolle per questo. Ognuno fa <strong>il</strong><br />

suo gioco. Preoccupante è che la sinistra glielo lasci fare<br />

come fanno i genitori viziando i propri figli. D’altra parte<br />

se la Destra locale fosse stata così accondiscendente nei<br />

confronti della SVP, come qualcuno le ha rimproverato,<br />

la Stella Alpina avrebbe fatto un accordo elettorale con<br />

questa area politica; <strong>ed</strong> i suoi 200 m<strong>il</strong>a voti avrebbero<br />

portato alla vittoria su misura <strong>il</strong> centro-destra.<br />

Sta insomma alla sinistra decidere se la SVP potrà<br />

essere <strong>il</strong> pendolo del prossimo governo.<br />

Ma se ciò avverrà, non prendiamocela con la SVP.<br />

Destra aperta e partecipata<br />

119


Cattivi maestri<br />

Certo l’atteggiamento fin qui seguito dal partito di<br />

raccolta altoatesino non sempre è stato quello auspicato.<br />

La SVP con la quale la Destra locale aveva iniziato a<br />

confrontarsi era quella del suo Obmann di allora - l’on.<br />

Siegfri<strong>ed</strong> Brugger - che sapeva difendere la propria cultura<br />

e la propria storia con un occhio ad una nuova<br />

dimensione altoatesina, più attenta pure alle diverse<br />

sensib<strong>il</strong>ità che esistono in questa terra. Ciò, nonostante<br />

quella caduta di st<strong>il</strong>e che proprio Brugger ebbe durante<br />

un Congresso della stella alpina quando paragonò<br />

l’opera compiuta dalla SVP nell’ottenimento dell’attuazione<br />

autonomistica e della stessa Autonomia come la<br />

spremitura del limone, ove <strong>il</strong> frutto era lo Stato italiano.<br />

Ma la svolta politica <strong>ed</strong> estremamente etnica che Elmar<br />

Pichler-Rolle, una volta divenuto nuovo Obmann, ha<br />

voluto imprimere al proprio partito - svolta cui si sta<br />

ormai assistendo dal 2004 - riporta preoccupantemente<br />

indietro l’orologio della storia a quegli anni Sessanta <strong>ed</strong><br />

Ottanta in cui la terra altoatesina è stata martoriata da<br />

un terrorismo che produsse 18 vittime innocenti uccise<br />

dal tritolo autonomista <strong>ed</strong> 80 feriti; oltre a quelle<br />

piaghe ancora aperte nelle famiglie di chi fu colpito<br />

da quell’ondata terroristica e di cui la storia locale si<br />

dimentica troppo spesso. Un ritorno al passato quello<br />

di Pichler-Rolle che rischia ora di ricreare situazioni<br />

non solo di diffidenza ma anche e soprattutto di tensione<br />

ideologica <strong>ed</strong> etnica nella nostra provincia. Perché<br />

quando ci sono cattivi insegnanti, i giovani apprendono<br />

quanto di più negativo possono, sentendosi poi autoriz-<br />

120 Destra aperta e partecipata


zati a percorrere strade molto pericolose, anche quelle<br />

che la popolazione di questa provincia ha già dovuto<br />

tristemente attraversare. E se da una parte la richiesta<br />

di 113 sindaci di inserire nella Costituzione austriaca<br />

<strong>il</strong> diritto all’autodeterminazione per la minoranza linguistica<br />

t<strong>ed</strong>esca dell’Alto Adige non può non indignare<br />

la popolazione di lingua italiana, dall’altra non può<br />

nemmeno lasciare indifferente la presenza dello stesso<br />

Pichler Rolle alla manifestazione commemorativa di S.<br />

Paolo a ricordo del terroristi altoatesini; poiché <strong>il</strong> terrorismo<br />

si condanna, non si celebra. Sono anche questi<br />

atteggiamenti che tendono a favorire un rigurgito antiitaliano,<br />

come quello individuato all’inizio del 2006 dalle<br />

forze dell’ordine a Caldaro, poichè sono proprio certe<br />

dichiarazioni che tendono a favorire l’insinuarsi di una<br />

reiterata cultura contraria alla convivenza <strong>ed</strong> al rispetto<br />

reciproco nella nostra provincia e dei diversi sentimenti<br />

religiosi. Certo non ha favorito <strong>il</strong> dialogo nemmeno<br />

l’ennesimo richiamo all’autodeterminazione espresso a<br />

Merano in occasione dei 196 anni dalla morte di Andreas<br />

Hofer tradito dagli austriaci, dal Presidente della<br />

Giunta provinciale di Bolzano, dott. Luis Durnwalder dal<br />

quale si è portati ad aspettare non frasi che rischiano di<br />

riaccendere con inquietudine gli animi rimuovendo gli<br />

equ<strong>il</strong>ibri faticosamente raggiunti, bensì parole indirizzate<br />

verso una più serena convivenza in Alto Adige, dove<br />

i sentimenti degli uni non possono calpestare i diritti<br />

degli altri. Durnwalder sbagliò a farsi trascinare in questo<br />

campo dalla svolta radicale della SVP; al punto che, e<br />

lo si afferma con molta preoccupazione, una punta di<br />

rammarico e una forte dose di delusione, questa SVP<br />

Destra aperta e partecipata<br />

121


ischia di apparire sempre più incapace di onorare lo<br />

sv<strong>il</strong>uppo e la crescita civ<strong>il</strong>e raggiunti faticosamente <strong>ed</strong><br />

orgogliosamente da questa terra anche grazie agli sforzi<br />

espressi dalla Comunità italiana.<br />

Insomma <strong>il</strong> Partito di Pichler-Rolle con le sue spinte<br />

etniche, le sue corse dietro agli Schuetzen e le rincorse<br />

a concetti di autodeterminazione che si ritenevano<br />

superati anche in un contesto europeo dove contano<br />

gli Stati e si tutelano le minoranze, rischia di formare<br />

una nuova classe giovan<strong>il</strong>e capace di crescere senza <strong>il</strong><br />

rispetto delle altre identità e con l’arroganza di chi ha<br />

la presunzione e la prepotenza di pretendere diritto di<br />

cittadinanza per se stessi; negandolo contemporaneamente<br />

agli altri.<br />

Le pietre m<strong>il</strong>iari<br />

Con molta onestà, ammetto di non essere stato entusiasta<br />

di certi istinti f<strong>ed</strong>eralisti che hanno proliferato<br />

anche all’interno della Destra nazionale oltrechè dell’ultimo<br />

Governo Berlusconi. Come dimenticare infatti,<br />

per esempio, che nella prec<strong>ed</strong>ente Legislatura la Riforma<br />

costituzionale del centro-sinistra votata nel gennaio<br />

2001 e che fissò nuove convenienze per le minoranze<br />

t<strong>ed</strong>esca e ladina dell’Alto Adige, passò anche grazie<br />

all’assenza dei deputati di Alleanza Nazionale alla Camera.<br />

E come dimenticare, per venire ai giorni nostri,<br />

i riflessi altoatesini che avrebbe prodotta la modifica<br />

costituzionale del Governo di cui AN era, per forza<br />

numerica, <strong>il</strong> secondo partito? I risultati in Alto Adige<br />

122 Destra aperta e partecipata


del referendum del 25 e 26 giugno, con la schiacciante<br />

vittoria del NO a tale riforma ha mostrato che gli elettori<br />

del centro-destra erano consapevoli del fatto che<br />

la tutela e la valorizzazione della Comunità linguistica<br />

italiana non potesse passare da un provv<strong>ed</strong>imento che<br />

blindava lo Statuto di Autonomia non alle decisioni di<br />

un solo gruppo linguistico, che sarebbe stato comunque<br />

alquanto preoccupante, ma addirittura alla volontà di<br />

un solo Partito, quale la SVP. Un provv<strong>ed</strong>imento, peraltro,<br />

non imputab<strong>il</strong>e ad AN visto che nemmeno venne<br />

menzionata nelle parole di ringraziamento pronunciate<br />

dall’on. Zeller per la stesura di quell’atto costituzionale,<br />

rivolte semmai a vari esponenti della coalizione di<br />

governo appartenenti ad altre forze politiche. Riflettere<br />

allora su questo aspetto e sul da farsi è un imperativo<br />

se si vuole che <strong>il</strong> cittadino riesca a cr<strong>ed</strong>ere nella politica<br />

e nella Destra.<br />

Atteggiamenti quali quelli avuti dalla Destra nazionale<br />

nel 2001, ma più ancora nel 2005 in occasione<br />

dell’approvazione delle due riforme costituzionali, sono<br />

apparsi più delle scorribande ideologiche su territori<br />

politicamente altrui che non appartengono alla sua<br />

cultura, elettoralmente improduttive da un lato perché<br />

non consentono alla Destra altoatesina - ma anche a<br />

quella nazionale - di sottrarre consensi a partiti che da<br />

un concetto f<strong>ed</strong>eralista sono nati e ne hanno fatto la<br />

propria ragione di vita, e controproducenti politicamente<br />

dall’altro perché rischiano di creare disorientamento<br />

nel suo elettorato tradizionale che non si riconosce in<br />

battaglie per le quali non è stato nemmeno sufficientemente<br />

preparato.<br />

Destra aperta e partecipata<br />

123


È ovvio che Alleanza Nazionale non può restare<br />

immob<strong>il</strong>izzata a rivendicare una politica centralista dello<br />

Stato; ma l’accelerazione che in proposito c’è stata in<br />

tema devolutivo non può farci superare <strong>il</strong> limite della<br />

ragionevolezza e della razionalità. La Destra nazionale<br />

- e conseguentemente quella locale - deve essere in<br />

grado di proiettarsi verso <strong>il</strong> nuovo, pur continuando<br />

a ragionare in termini di politica nazionale attraverso<br />

la quale passa anche la cognizione della sopravvivenza<br />

culturale, storica e sociale di poco più di 100 m<strong>il</strong>a<br />

abitanti di lingua italiana che vivono in Alto Adige. Se<br />

la sorte della nostra Comunità non può imbalsamare <strong>il</strong><br />

partito nella sua evoluzione storica, la stessa però non<br />

può nemmeno essere messa ai margini. Ma è chiaro che<br />

non può rinunciarsi anche ad una battaglia di coerenza<br />

sull’Alto Adige; e coerenza non significa restare fermi<br />

come paracarri lungo la strada mentre <strong>il</strong> mondo cambia.<br />

La coerenza si coniuga con le pietre m<strong>il</strong>iari, ovvero pietre<br />

che sintetizzano <strong>ed</strong> identificano una loro storia che<br />

poi è storia di quella terra dove esse poggiano; lungo le<br />

nostre strade. E se da una parte la politica del gambero<br />

non paga, nemmeno quella del pappagallo appare proficua.<br />

Tornare agli antichi retaggi anti-italiani da una parte<br />

o anti-autonomisti dall’altra, atteggiamenti peraltro che<br />

rischierebbero di scimmiottare quelli espressi già da altre<br />

forze politiche, porterebbe i protagonisti di questa Terra<br />

a svolgere maldestri tentativi di nostalgismo utopistico.<br />

La Destra altoatesina può anche pensare di interrompere<br />

un percorso o rallentare la corsa per prendere <strong>il</strong> respiro<br />

piuttosto che fermarsi; ma non può cr<strong>ed</strong>ere di tornare<br />

indietro per prendere la rincorsa, nonostante la distanza<br />

124 Destra aperta e partecipata


dal traguardo sia indeterminata; e un dietro front significherebbe<br />

comunque allontanarsi da esso.<br />

Destra aperta e partecipata<br />

La seconda fase<br />

Di fronte a questo scenario, la Destra altoatesina<br />

deve forse abdicare o piuttosto deve continuare a vig<strong>il</strong>are<br />

ma anche a ricoprire un ruolo garantista nei confronti<br />

della Comunità italiana dell’Alto Adige? Ribaltando<br />

magari i termini stessi della questione altoatesina che<br />

si deve aprire ad una sua seconda fase, affinché quelle<br />

regole imposte per tutelare un gruppo linguistico, di fatto<br />

non producano più effetti in parte penalizzanti per la<br />

Comunità italiana, che necessita l’adozione di strumenti<br />

idonei per una propria tutela; poiché l’assenza di questi<br />

provv<strong>ed</strong>imenti giustifica l’insorgenza di quella insofferenza<br />

del gruppo italiano che viene definita appunto<br />

„<strong>il</strong> disagio degli italiani“. Ha quindi una logica assai<br />

radicata la proposta contenuta nel già citato disegno di<br />

legge costituzionale di cui primo firmatario è l’on. Giorgio<br />

Holzmann volta a riconoscere la comunità italiana<br />

altoatesina come minoranza territoriale da tutelare alla<br />

maniera delle minoranze linguistiche.<br />

Un seconda fase della questione alto-atesina che<br />

deve tenere conto sia di questo diffuso disagio sia delle<br />

prospettive e delle soluzioni adottando le quali si scongiura<br />

l’esistenza del disagio stesso; soprattutto deve saper<br />

tenere conto dello stato in essere della popolazione<br />

di lingua italiana affinché quella che viene definita correttamente<br />

l’integrazione fra i gruppi linguistici in Alto<br />

125


Adige non diventi l’assim<strong>il</strong>azione di un’intera Comunità;<br />

nella fattispecie, quella italiana. R<strong>il</strong>anciare la questione<br />

altoatesina rovesciando i termini del problema quindi;<br />

non in nome di un presunto fondamentalismo ideologico<br />

che non appartiene al DNA della Destra ma perché si<br />

è sempre cr<strong>ed</strong>uto fondamentale <strong>ed</strong> irrinunciab<strong>il</strong>e proprio<br />

la salvaguardia del gruppo linguistico italiano, attraverso<br />

la battaglia di coerenza politica sostenuta spesso da<br />

sola e sempre in prima linea dalla Destra locale. Non<br />

è più concepib<strong>il</strong>e <strong>ed</strong> accettab<strong>il</strong>e che chi rappresenta la<br />

minoranza della Comunità italiana (ovvero la Sinistra)<br />

decida anche in nome e per conto della maggioranza<br />

della Comunità italiana. Poiché questo sistema palesa<br />

non solo la contorsione della democrazia, ma soprattutto<br />

la sua distorsione.<br />

Occorre insomma una Destra aperta al dialogo se<br />

essa vuole divenire Destra partecipata; la seconda fase<br />

dell’Autonomia infatti ci impone di confrontarci all’esterno.<br />

Perché altrimenti, per dirla come l’allora cardinale<br />

Pappalardo riferita alla Sic<strong>il</strong>ia in mano alla mafia,<br />

„mentre a Roma parlano, Segunto viene espugnata“. E<br />

la Segunto del nord è Bolzano.<br />

126 Destra aperta e partecipata


Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata<br />

DESTRA<br />

UNITARIA ED ORGANIZZATA<br />

Fino agli Anni Ottanta la Destra altoatesina ha ripetutamente<br />

richiamato altre aree - non solo quelle<br />

omogenee alla propria cultura - a costituire un’unica<br />

aggregazione etnica che si ponesse in competizione con<br />

la SVP. Il Fronte degli Italiani nelle intenzioni dei suoi<br />

ispiratori doveva rispondere alla consapevole necessità<br />

di porre <strong>il</strong> gruppo linguistico italiano in una condizione<br />

paritetica in termini di contrattazione politica al fine di<br />

farlo transitare nell’area gestionale della provincia di Bolzano.<br />

Per ovvie considerazioni opportunistiche le forze<br />

politiche di Centro e di Sinistra hanno sempre rigettato<br />

questa ipotesi; con <strong>il</strong> pretesto che, a quel tempo, la<br />

Destra era etichettab<strong>il</strong>e come forza nazionalista e in ogni<br />

caso espressamente antiautonomista, avendo fortemente<br />

combattuto l’approvazione dello Statuto di Autonomia<br />

ma anche contestato successivamente l’applicazione<br />

127


dello stesso, <strong>il</strong> fatto che esse già amministrassero la<br />

provincia le metteva in una condizione di totale garanzia<br />

governativa che sarebbe venuto a mancare se quelle<br />

forze politiche si fossero in qualche modo accordate<br />

con la Destra.<br />

Di recente <strong>il</strong> concetto di partito unico del centrodestra<br />

ha incontrato motivazioni più solide; la Casa<br />

comune dei moderati preconizzata dal centro-destra nel<br />

Paese seppur più timidamente in provincia di Bolzano,<br />

in Alto Adige potrebbe tradursi con quella aggregazione<br />

di ampio respiro e di ampia rappresentanza etnica ma<br />

anche sociale <strong>ed</strong> economica, che da decenni Alleanza<br />

Nazionale sta inseguendo, affinché tematiche riguardanti<br />

non unicamente la Comunità italiana ma tutte le famiglie<br />

altoatesine e le aziende di questa terra vengano adeguatamente<br />

affrontate; tanto da determinare le indicate<br />

<strong>ed</strong> auspicate soluzioni, capaci di ridare definitivamente<br />

valore a ceti sociali e settori economici importanti<br />

della nostra provincia. Diversamente, la nascita di una<br />

ulteriore lista civica alle elezioni provinciali, se essa si<br />

ponesse in netta concorrenza con le forze politiche tradizionali<br />

- che a Roma hanno riferimenti chiari e forti e<br />

che nella Capitale possono rappresentare con iniziative<br />

parlamentari <strong>ed</strong> istituzionali concrete una vasta fetta<br />

della realtà altoatesina quale quella emersa dalle ultime<br />

elezioni - non farebbe altro che indebolire ancor più<br />

le comunità socio-economiche di questa terra, poichè<br />

frammenterebbe ancor più non solo <strong>il</strong> voto italiano ma<br />

l’intero corpo elettorale.<br />

In questo contesto, se <strong>il</strong> centro-destra deve essere un<br />

luogo comune è opportuno che sotto lo stesso tetto tutti<br />

128 Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata


possano abitare senza creare delle dependance dove si<br />

stab<strong>il</strong>iscono alloggi da assegnare ad alleati trattati da<br />

servitù. Un ruolo inaccettab<strong>il</strong>e - che forse qualcuno<br />

vorrebbe fosse ricoperto all’interno della coalizione dalla<br />

Destra cui si chi<strong>ed</strong>e sempre di fare un passo indietro -<br />

con <strong>il</strong> quale si l<strong>ed</strong>erebbe la dignità di ogni forza politica<br />

e mortificherebbe l’esperienza che ognuna di esse può<br />

offrire alla coalizione.<br />

Partito unico o meno, la Destra altoatesina deve comunque<br />

ritrovarsi unita non per esigenze di copione<br />

ma per ciò che una volta rivendicava solo come un<br />

diritto <strong>ed</strong> oggi invece è pure dovere di sopravvivenza.<br />

La Destra locale infatti, che elettoralmente in Alto Adige<br />

è stata una creatura politica giurassica quando la Destra<br />

nazionale era altresì un topolino in termini di consensi,<br />

non può auto-destinarsi all’estinzione come è avvenuto<br />

proprio con i dinosauri.<br />

Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata<br />

Partito unito<br />

Sempre più spesso inoltre al proliferarsi di liste all’interno<br />

di singole coalizioni si associano divisioni dentro i<br />

partiti anche in Alto Adige. Tutte situazioni che generano<br />

nell’elettore confusione, indecisione, sfiducia e quindi<br />

disaffezione <strong>ed</strong> abbandono della propria partecipazione<br />

elettorale ad esclusivo danno della rappresentanza<br />

linguistica italiana nei consessi, così come hanno dimostrato<br />

le elezioni per <strong>il</strong> rinnovo del Consiglio provinciale<br />

di Bolzano del 2003 con la perdita di due rappresentati<br />

italiani pur in presenza di una calo di voti della stessa<br />

129


SVP, che avrebbe fatto perdere al partito della stella<br />

alpina lo stesso numero di rappresentanti.<br />

È indubbio, insomma, che negli ultimi tempi vi sia<br />

stata una indifferenza alla politica avvenuta soprattutto<br />

da parte della Comunità linguistica italiana, alla quale la<br />

Destra altoatesina storicamente guarda e prevalentemente<br />

si rivolge. Ciò è dovuto non solo alle considerazioni<br />

<strong>ed</strong> agli elementi fin qui espressi; è una disaffezione<br />

infatti che nasce e trova le sue radici più profonde,<br />

come abbiamo detto ripetutamente, nella caduta delle<br />

ideologie di natura politica, come anche nella perdita<br />

di cr<strong>ed</strong>ib<strong>il</strong>ità della politica in generale dovuta pure al<br />

proliferare di liste che tende ad ingenerare nell’elettore<br />

la sensazione che colui che fa politica ricerchi non un<br />

bene comune quanto un tornacontismo proprio. Ma è<br />

una disaffezione che emerge anche dalle attese deluse<br />

del nostro elettorato di questa provincia. Indubbiamente,<br />

sono poi stati fatti anche alcuni errori a Bolzano<br />

perché <strong>il</strong> distacco dalla politica può giungere anche<br />

da una linea politica che si è fatta comprendere solo<br />

parzialmente come dai subbugli che la Destra bolzanina<br />

ha vissuto negli ultimi anni per quelle polemiche<br />

interne che l’hanno attraversata a livello pubblico, a<br />

causa della presenza di un’area interna al partito che ha<br />

provocato la composizione di nicchie di malcontento e<br />

di disapprovazione che, essendosi radicalizzate, hanno<br />

provocato fratture umane e politiche. E se queste ultime<br />

è più fac<strong>il</strong>e che si possano ricomporre esistendo alla loro<br />

base pur sempre un confronto, le prime diventa quasi<br />

impossib<strong>il</strong>e rinsaldare poiché toccano <strong>il</strong> sentimento intimo<br />

di ognuno.<br />

130 Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata


In tale quadro appare di diffic<strong>il</strong>e spiegazione <strong>il</strong> motivo<br />

per cui la Destra altoatesina si richiami all’unità<br />

elettorale della popolazione o quella politica fra forze<br />

partitiche affini se non si impegna essa stessa a raggiungere<br />

un rafforzamento della Comunità umana interna<br />

al partito, capace di porre le basi per accrescere<br />

<strong>il</strong> sentimento di essere Comunità politica e risvegliare<br />

in certuni quel senso di appartenenza alla Comunità<br />

che, come ci suggerisce <strong>il</strong> sociologo t<strong>ed</strong>esco Ferdinand<br />

Toennis, ha come base la nozione di er<strong>ed</strong>ità comune,<br />

sia essa er<strong>ed</strong>ità di sangue, er<strong>ed</strong>ità culturale, storica o<br />

etnica, organismo vivente e palpitante, motore della<br />

relazione sociale. Comunità che significa difesa delle<br />

Identità, delle tradizioni, dei valori nazionali e storici<br />

di una popolazione. La Destra insomma deve fungere<br />

da espressione globale, perfettamente compatta, necessariamente<br />

univoca, nel percorso di una possib<strong>il</strong>e<br />

comune governab<strong>il</strong>ità, solidificando sempre più la solidarietà<br />

interna.<br />

Negli ultimi anni la Destra ha investito molte risorse<br />

nella cultura e nella formazione della propria classe<br />

politica. Ciò ha portato ad una rinnovata qualità nel<br />

lavoro. Nonostante questo sono purtroppo emersi ancora<br />

atteggiamenti ispirati a personalismi non consoni ad<br />

una Comunità che ama rispettarsi. E che nulla hanno<br />

a che fare con le regole di etica e di razionalità che<br />

la Destra s’è data. Nella sua storia locale essa ha già<br />

vissuto laceranti divisioni e scontri come nel caso della<br />

nascita di alcune formazioni politiche che si posero<br />

in antitesi con <strong>il</strong> percorso introdotto a Fiuggi. Come<br />

avvenne anche nel 1989.<br />

Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata<br />

131


Allora, <strong>il</strong> Movimento Sociale era attraversato da numerose<br />

e battagliere correnti che, in preparazione del<br />

Congresso nazionale previsto per la fine gennaio 1990,<br />

trasformarono in tempesta i rapporti interni. Sette erano<br />

i cosiddetti generali del MSI; ognuno guidava una componente.<br />

Se Sorrento rappresentò <strong>il</strong> primo Congresso del<br />

dopo Almirante, che portò in quell’occasione all’elezione<br />

di Gianfranco Fini quale segretario del partito, Rimini<br />

fu <strong>il</strong> primo Congresso senza Almirante, che lasciò orfana<br />

la sua Comunità politica nel maggio del 1988.<br />

Fu in quel periodo, ovvero nell’estate del 1989, che<br />

strinsi i miei legami politici con Gianni Alemanno, allora<br />

Segretario del Fronte della Gioventù. Fu sempre in quel<br />

periodo che decisi di sostenere la candidatura a Segretario<br />

del partito di Pino Rauti, l’ideologo della Destra<br />

che successivamente divenne <strong>il</strong> suocero di Alemanno.<br />

In quell’estate, Rauti era dato per sconfitto al Congresso.<br />

Il patto del Bernini, dal nome dell’albergo romano in<br />

cui Rauti siglò un accordo con altri capi-corrente per<br />

sconfiggere Fini, era ancora lontano <strong>ed</strong> avvenne solo<br />

a dicembre.<br />

La mia scelta fatta a quel tempo portò Alemanno a<br />

paragonarmi a R<strong>ed</strong> Buttler, <strong>il</strong> personaggio di „Via col<br />

vento“ impersonato da Clarke Gable; certo non per la<br />

bellezza quanto per quell’audacia che mi spingeva ad<br />

avere un debole per le cause perse, come <strong>il</strong> più famoso<br />

Buttler dichiarò alla bella Rossella o’Hara mentre scendeva<br />

dal carro per andare in guerra a fianco dell’esercito<br />

sudista ormai in disarmo.<br />

Ancora oggi ho un „debole per le cause perse“.<br />

Ed anche quel Congresso del 1990 era una di queste<br />

132 Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata


cause perse, che però, come tutte le battaglie che non<br />

dovrebbero avere storia, affascina di più combatterle.<br />

Alla fine, Rauti vinse quella battaglia persa e divenne<br />

Segretario.<br />

Fu però un dramma per <strong>il</strong> partito. Lacerato al suo<br />

interno fin nei rapporti personali, non cr<strong>ed</strong>ib<strong>il</strong>e all’esterno<br />

e quindi incapace di intercettare i voti, <strong>il</strong> Movimento<br />

Sociale Italiano iniziò una fase di declino che solo l’avvento<br />

di tangentopoli bloccò. In una rovente Assemblea<br />

Nazionale nel luglio 1991 Rauti chiese la fiducia che<br />

non gli fu data.<br />

Personalmente non faccio la f<strong>il</strong>a per aggiungermi al<br />

coro di chi vuole paragonare le correnti ad una metastasi;<br />

perché tutti coloro che partecipano attivamente<br />

alla vita di un partito si imm<strong>ed</strong>esimano in un gruppo<br />

interno, in una componente, in una corrente di pensiero;<br />

e sv<strong>il</strong>uppano <strong>il</strong> proprio attivismo attorno ad essi. Per di<br />

più le correnti arricchiscono un partito; ammesso che <strong>il</strong><br />

dibattito che promuovono sia civ<strong>il</strong>e e rispettoso del partito,<br />

pacato pur se forte, aiutando la crescita dell’intera<br />

Comunità politica. Da quell’esperienza infatti imparai<br />

che solo quando le correnti diventano uno strumento<br />

di conflitto affinché si possa ottenere una maggiore visib<strong>il</strong>ità<br />

propria a danno del Partito si devono altresì condannare<br />

respingendone la logica. Perchè a quel punto<br />

viene meno <strong>il</strong> rispetto proprio dei valori, delle regole,<br />

delle persone; <strong>il</strong> rispetto della storia di questa Destra.<br />

Viene meno <strong>il</strong> rispetto del partito. Ed <strong>il</strong> partito non è un<br />

semplice simbolo biancazzurro in cui si rappresenta un<br />

disegno sul quale apporre una ics alla presentazione della<br />

sch<strong>ed</strong>a elettorale. Quel simbolo racchiude la storia di<br />

Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata<br />

133


questa Comunità, la sua passione, i nomi dei tanti giovani<br />

che hanno sacrificato la propria vita per difendere la<br />

nostra Comunità. Quei nomi che quasi maniacalmente<br />

scrivevamo sui nostri diari scolastici con affianco l’età<br />

anagrafica. E vicino si aggiungeva un „Presente!“ per<br />

sottolineare la loro morte fisica ma non ideale, <strong>il</strong> loro<br />

trapasso nel „Paradiso degli eroi“. Ragazzi di cui parla<br />

Luca Telese nel suo libro „Cuori Neri“ (Ed. Sperling &<br />

Kupfer). Il partito è altro; <strong>il</strong> partito è <strong>il</strong> bagaglio culturale,<br />

attivistico, m<strong>il</strong>itante e mob<strong>il</strong>itante che si trascina ogni<br />

suo aderente; perché <strong>il</strong> partito è ogni suo componente.<br />

Cosa è che unisce i membri della Destra? Non li unisce<br />

solo <strong>il</strong> senso comune dell’idea; sono i Valori comuni, le<br />

Radici m<strong>ed</strong>esime, la Storia collettiva a fare da coagulo<br />

per l’intera Comunità della Destra legata dalle battaglie<br />

contro la gestione distorta dello Statuto di Autonomia<br />

e prima di ciò, quelle contro <strong>il</strong> Pacchetto affinché gli<br />

italiani altoatesini non subissero <strong>il</strong> dramma dei fratelli<br />

istriani, dalmati e giuliani; traditi anche allora dalla sinistra<br />

togliattiana e dal centro degasperiano insieme al<br />

Governo dell’Italia di allora, come ricorda uno studioso<br />

certo non di parte come Arrigo Petacco nel libro „l’Esodo<br />

- la trag<strong>ed</strong>ia negata degli italiani d’Istria, Dalmazia<br />

e Venezia Giulia” (Ed. Oscar Mondatori). Oggi, grazie<br />

allo sforzo di molti, all’unità che la Destra ha saputo<br />

costruirsi e dimostrato di volere, convinta che si possa<br />

essere distanti ma non divisi; grazie alla convinzione<br />

di essere nipoti, figli e fratelli della stessa Italia e della<br />

stessa Destra quando riconoscersi in tale schieramento<br />

significava venire emarginati perché er<strong>ed</strong>i di un’era<br />

sconfitta prima ancora che altoatesini di lingua italiana,<br />

134 Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata


alcuni di quei problemi nati e sv<strong>il</strong>uppati all’interno della<br />

gestione dello Statuto sono stati attenuati.<br />

Più recentemente, in Alto Adige la Destra ha attraversato<br />

momenti peggiori di quelli fin qui narrati; perché <strong>il</strong><br />

contraddittorio ha intaccato i rapporti personali in assenza<br />

di un confronto di natura politico-programmatica fin da<br />

prima che la difficoltà di dialogo esplodesse sugli organi<br />

di informazione. L’incarico affidato ad un esponente<br />

di Alleanza Nazionale di vice-Presidente del Consiglio<br />

provinciale fu solo <strong>il</strong> pretesto. Una nomina che avrebbe<br />

dovuto chiamare tutto <strong>il</strong> partito, e in particolar modo i<br />

suoi Dirigenti, all’assunzione di nuove responsab<strong>il</strong>ità che<br />

comportassero atteggiamenti non politicamente rinunciatari<br />

ma certamente ancor più scrupolosi, come affermava fra<br />

le altre cose l’unico documento interno di natura politica<br />

presentato al Coordinamento provinciale dall’allora Consigliere<br />

comunale di AN Alberto Sigismondi a nome della<br />

maggioranza della Destra provinciale. Invece proprio l’affidamento<br />

di questo ruolo fu accompagnato da polemiche<br />

pubbliche e più che a naturali dibattiti interni si assistette<br />

purtroppo ad irresponsab<strong>il</strong>i dibattiti esterni poiché apparsi<br />

sulla stampa locale, espressi da alcuni esponenti del partito.<br />

Quanto accaduto serva da monito, in definitiva; <strong>ed</strong><br />

aiuti a far comprendere che prima ancora che nell’azione<br />

politica, è nel comportamento quotidiano da essa ispirato<br />

o ad essa conseguente che devono considerarsi importanti<br />

questioni quali <strong>il</strong> dovere di discrezione, di m<strong>il</strong>itanza e di<br />

lealtà, senza perseguire una visib<strong>il</strong>ità personale. C’è la<br />

necessità di una nuova era unitaria interna alla Destra<br />

locale. Questa unità però non può essere di immagine.<br />

Non può cioè trasmettersi all’esterno una situazione non<br />

Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata<br />

135


coincidente con la realtà unicamente per un’esigenza di<br />

copione, come se <strong>il</strong> cittadino debba considerarsi solo uno<br />

spettatore passivo privo di quel diritto alla verità che la<br />

politica deve trasferire. Per Niccolò Macchiavelli, l’autorestatista<br />

Fiorentino de ”Il principe” la politica non deve<br />

insegnare <strong>il</strong> bene, chè non le spetta, ma capire dove si<br />

riscontra <strong>il</strong> male e combatterlo. E se esso si annida dentro<br />

una Comunità politica, bisogna sapere fare autocritica e<br />

modificare i comportamenti.<br />

L’unità di una Comunità non può nemmeno essere<br />

immaginaria, <strong>il</strong>ludendosi cioè che essa esista anche se<br />

così non è. L’unità non può essere la pretesa accettazione<br />

della controparte di concetti un<strong>il</strong>ateralmente espressi<br />

da una maggioranza interna, vera o presunta. Non può<br />

essere insomma <strong>il</strong> dettato di una sola percettib<strong>il</strong>ità, ma<br />

deve rappresentare una comune sintesi programmatica,<br />

espressione cioè di varie sensib<strong>il</strong>ità che si incontrano<br />

e si fondano nell’interesse comune. L’unità si basa in<br />

definitiva sia su obiettivi comuni rappresentati dalla<br />

destinazione cui si aspira di raggiungere; ma anche da<br />

progetti comuni, ovvero la decisione su quale rotta seguire<br />

per raggiungere quella meta. È condivisione di<br />

responsab<strong>il</strong>ità, di scelte, di indirizzi. Ed essa, laddove si<br />

è perduta, non si riacquisisce come d’incanto o in un<br />

contesto più o meno improvvisato; deve essere preparata.<br />

In questo contesto ogni Congresso che la Destra<br />

altoatesina sarà chiamata ad effettuare dovrebbe porre<br />

all’Assemblea candidati unici come impegno imperativo<br />

e non come opzione; senza che vengano negati quegli<br />

ampi dibattiti che proprio alle varie sensib<strong>il</strong>ità interne<br />

deve riconoscersi di poter esprimere.<br />

136 Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata


La Comunità politica alla quale apparteniamo, insomma,<br />

ha sempre discusso; ma nell’unità della Comunità<br />

umana che è. Non ci si può ispirare a valori di unità<br />

se non si è capaci di essere Com-unità.<br />

Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata<br />

Pensando al domani<br />

È ovvio che l’omogeneità nelle Intenzioni a cui sempre<br />

Sigismondi faceva riferimento nel suo documento,<br />

non debba in alcun modo togliere spazio al dibattito<br />

interno al partito e che deve rimanere nel partito; ovvero<br />

nell’animo degli organismi preposti, contribuendo così<br />

a evitare <strong>il</strong> diffondersi di quei disorientamenti a cui si<br />

è fatto cenno e favorendo altresì percorsi di dibattito<br />

responsab<strong>il</strong>e e altamente costruttivo fra le ipotesi di proc<strong>ed</strong>imenti<br />

alternativi fra loro, sia che pongano l’accento<br />

sull’accelerazione di un cambiamento imminente sia che<br />

richiamino indirizzi più prudenti nel percorso politico<br />

che la Destra altoatesina intenderà darsi.<br />

Fatto salvo l’intendimento nella volontà di concretizzare<br />

un percorso che colga le opportunità politiche di<br />

un dialogo costruttivo con le forze partitiche ma anche<br />

sociali presenti sul territorio - prefigurando altresì scenari<br />

che sveleranno a cascata potenzialità esprimib<strong>il</strong>i e<br />

traducib<strong>il</strong>i anche in settori della società civ<strong>il</strong>e sulla base<br />

degli intendimenti politici appunto - la Destra locale<br />

dovrà ragionare e rapportarsi sulle reali forze persuasive<br />

in suo possesso, ovvero con gli strumenti e le sue capacità,<br />

nelle sue memorie storiche capaci di indicare e<br />

ricordare <strong>il</strong> territorio politico e culturale dal quale essa<br />

137


viene <strong>ed</strong> <strong>il</strong> luogo nel quale è diretta; nei suoi attivisti<br />

di sempre e nei suoi m<strong>il</strong>itanti, attraverso i simpatizzanti<br />

<strong>ed</strong> i suoi Dirigenti.<br />

A quest’ultimo riguardo non si può disconoscere l’importante<br />

funzione ricoperta da quegli impagab<strong>il</strong>i iscritti e<br />

simpatizzanti delle valli che operano nell’ombra con le<br />

enormi difficoltà che rappresenta vivere in paesi dove la<br />

presenza della Comunità italiana è sempre più marginale.<br />

Ma corre anche l’obbligo pensare a chi quotidianamente<br />

<strong>ed</strong> instancab<strong>il</strong>mente svolge l’attività nei Comuni,<br />

con tutte quelle difficoltà che spesso si incontrano nel<br />

dare anche solo visib<strong>il</strong>ità alle iniziative della Destra al<br />

fine di rappresentare le istanze sociali della cittadinanza.<br />

Queste sono le persone nelle quali con gli anni la<br />

Destra altoatesina ha trovato l’humus stesso della propria<br />

azione, persone che riproducono <strong>il</strong> suo valore aggiunto<br />

rappresentando un punto inconfondib<strong>il</strong>e di riferimento<br />

per la popolazione locale. Perché laddove l’integrazione<br />

dei gruppi rischia di divenire l’assim<strong>il</strong>azione di un’intera<br />

Comunità, là ci deve essere la Destra. Laddove l’insofferenza<br />

di un gruppo verso la gestione a senso unico<br />

dell’Autonomia diventa <strong>il</strong> disagio della nostra Comunità,<br />

là deve operare Alleanza Nazionale.<br />

La presenza di un partito sul territorio significa infatti<br />

visib<strong>il</strong>ità ma soprattutto riferimento. E una forza politica<br />

non si può limitare a trasmettere le istanze del cittadino<br />

nelle s<strong>ed</strong>i istituzionali dove possono essere denunciate le<br />

difficoltà e le problematiche. La Destra deve continuare<br />

a raccogliere <strong>il</strong> disagio della popolazione per trasmetterlo.<br />

E per farlo, ciò non deve avvenire sulla base solo<br />

della disponib<strong>il</strong>ità del partito ma anche in relazione alle<br />

138 Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata


esigenze della cittadinanza. Se la Destra rimane visib<strong>il</strong>e<br />

e riconoscib<strong>il</strong>e, fisica sul territorio, essa sarà sempre più<br />

forza cr<strong>ed</strong>ib<strong>il</strong>e e di riferimento.<br />

Anche in considerazione di ciò, nell’anno in cui mi<br />

fu affidato l’incarico del Dipartimento Organizzativo di<br />

Alleanza Nazionale in Alto Adige intesi far sorgere nuovi<br />

Circoli di AN in tutta la provincia portandoli, dagli<br />

undici che mi furono affidati, a 18. A quel tempo i<br />

Circoli facevano capo solo al loro Presidente. Non vi<br />

era attorno ad esso una classe Dirigente che facesse da<br />

sostegno. Oggi la Destra locale può contare su persone<br />

che coadiuvano <strong>il</strong> Presidente nel lavoro di rappresentanza<br />

ma anche in quello di organizzazione. Occorre però<br />

continuare ad incrementare questa macchina organizzativa<br />

perché <strong>il</strong> domani è alle porte. Occorre continuare<br />

a formare quella classe dirigente del futuro alla quale<br />

non possiamo rinunciare evitando che si creino confuse<br />

sovrapposizione di ruoli fra Circoli <strong>ed</strong> Enti locali di AN<br />

che in passato hanno spesso indebolito i primi. Non è<br />

un caso che in quei dodici mesi in cui ho ricoperto<br />

l’incarico all’Organizzazione, di concerto con l’allora<br />

Presidente provinciale del partito Giorgio Holzmann,<br />

abbia voluto dei dirigenti giovani alla guida delle molte<br />

rappresentanze della Destra nei Comuni, promuovendo<br />

di fatto la crescita e la maturazione politica degli stessi<br />

che in esso operano o che per esso simpatizzano. Non<br />

una scommessa o un rischio ma la convinzione del fatto<br />

che prima o poi <strong>il</strong> partito passerà di mano. Ed allora<br />

non è una banalità affermare che se oggi i Presidenti<br />

dei Circoli sono i dirigenti del partito, fra di essi ci sono<br />

anche i suoi Dirigenti del futuro.<br />

Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata<br />

139


Il mondo giovan<strong>il</strong>e - La metapolitica<br />

Cr<strong>ed</strong>ere nei giovani deve essere un imperativo per<br />

ogni Comunità. Essi rappresentano non solo <strong>il</strong> futuro<br />

come in una semplicistica accezione può indicarsi;<br />

ma anche la trasmissione delle Tradizioni, ovvero delle<br />

espressioni più durature del carattere specifico dei popoli<br />

o delle comunità civ<strong>il</strong>i. Come afferma Marcello<br />

Veneziani nel suo saggio „Di Padre in Figlio - Elogio<br />

della Tradizione“ (<strong>ed</strong>. Laterza) situarsi nel solco della<br />

Tradizione significa continuare <strong>il</strong> cammino di alcuni e<br />

prec<strong>ed</strong>ere quello di altri. La Tradizione viaggia su binari<br />

diversi da quelli della Cultura, intesa non come scienza<br />

del sapere ma come abitudini che si tramandano. La<br />

Cultura è, semmai, parte della tradizione e concorre<br />

a completarla, ma non rappresenta uno st<strong>il</strong>e di vita,<br />

<strong>il</strong> riconoscimento di valori comuni, l’individuazione di<br />

un sentire collegiale. Se per Julius Evola, simbolo del<br />

tradizionalismo m<strong>il</strong>itante, nonché pensatore delle radici<br />

moderne la Tradizione è la stella polare di una Grande<br />

Politica, essa deve continuare a br<strong>il</strong>lare attraverso<br />

le persone che sono strumenti di passaggio, viadotti<br />

attraversati da idee, ma anche da tradizioni appunto;<br />

persone che non devono temere di gettare nuove arcate<br />

per creare altri cavalcavia se vogliono eludere <strong>il</strong> rischio<br />

che la Tradizione non tanto si esaurisca, ma perda <strong>il</strong><br />

suo legame con la Comunità di riferimento; per <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo<br />

t<strong>ed</strong>esco Fri<strong>ed</strong>rich Nietsche „Ciò che vi è di grande<br />

nell’uomo è che egli è un ponte, non uno scopo”. Ed<br />

<strong>il</strong> mondo giovan<strong>il</strong>e rappresenta questo ponte; perché la<br />

tradizione non è in antitesi con la modernità che esso<br />

140 Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata


esprime, capace semmai di rinnovarla <strong>ed</strong> arricchirla.<br />

Ai giovani non si deve solo insegnare di non pensare<br />

di essere arrivati in vetta, nemmeno dopo un successo<br />

elettorale personale o di partito; piuttosto dobbiamo loro<br />

insegnare che abbiamo ancora parecchio da imparare,<br />

da camminare con quell’um<strong>il</strong>tà che nella Vita paga poichè<br />

non fa cadere di schiena ma in pi<strong>ed</strong>i.<br />

Inoltre, <strong>il</strong> mondo giovan<strong>il</strong>e che sia o no legato ad<br />

Azione Giovani non può essere forzatamente un’appendice<br />

della politica, per quanto magari parte integrante<br />

della nostra realtà; ad esso bisogna riconoscere<br />

piena autonomia. I suoi lamenti, organici o meno alla<br />

Comunità politica nella quale si imm<strong>ed</strong>esimano e che<br />

sarebbe intollerab<strong>il</strong>e tentare di assim<strong>il</strong>are o di porre<br />

alle strette dipendenze del partito, non possono però<br />

rimanere lettera morta per questa rivendicazione di<br />

autonomia seppur non per forza di equidistanza. Le<br />

aspettative dei giovani, <strong>il</strong> disagio che essi vivono, quasi<br />

emarginati da qualsiasi coinvolgimento, tanto da doversi<br />

spesso organizzare fra loro anche per creare momenti<br />

di incontro fra Comunità diverse, vengono fin troppo<br />

spesso ignorate se non boicottate da una Istituzione<br />

che teme ancora troppo di v<strong>ed</strong>ere scardinato <strong>il</strong> proprio<br />

sistema di separazione come se la regola dettata ancor<br />

sul finire degli anni Settanta da un autorevole esponente<br />

della SVP che tristemente recitava „più separati siamo,<br />

meglio stiamo”, avesse ancora un barlume di ragione ad<br />

esistere; ammesso che l’abbia mai avuto.<br />

Esiste poi una parte del mondo giovan<strong>il</strong>e che non<br />

intende etichettarsi in un ambito partito. È quel mondo<br />

studentesco, ad esempio, che sf<strong>il</strong>a per <strong>il</strong> patentino di<br />

Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata<br />

141


<strong>il</strong>inguismo con <strong>il</strong> superamento della maturità scolastica<br />

senza avere la tessera di Azione Giovani in tasca; e<br />

senza volerla. È quello che sventola <strong>il</strong> Tricolore ad ogni<br />

vittoria della nazionale di calcio. È un mondo, questo,<br />

vicino alla Destra o ai suoi valori, che non si può accettare<br />

si depauperi <strong>ed</strong> <strong>il</strong> quale probab<strong>il</strong>mente si aspetta<br />

segnali politicamente meno impegnativi, nonostante<br />

una pr<strong>ed</strong>isposizione a fare sostanza. In questo contesto,<br />

quando nel capitolo d<strong>ed</strong>icato alla Destra Comunitaria <strong>ed</strong><br />

Identitaria si faceva cenno ad un comunitarismo orizzontale,<br />

si pensava proprio anche ad una trasmissione<br />

di valori e di impegno per vie parallele, attraverso strutture<br />

equidistanti dalla formula legata ad un partito che<br />

portassero quantomeno ad un impegno civ<strong>il</strong>e.<br />

Un terreno fert<strong>il</strong>e al quale la Destra altoatesina, colpevolmente,<br />

ha poco prestato le attenzioni e ha poco<br />

guardato in questi anni, nonostante che <strong>il</strong> dibattito sulle<br />

strutture parallele all’interno della Destra nazionale ebbe<br />

inizio nel 1979 in occasione del XII Congresso nazionale<br />

del MSI. L’Associazionismo <strong>ed</strong> <strong>il</strong> volontariato sono infatti<br />

espressioni di un impegno sociale e civ<strong>il</strong>e non lontane<br />

dalla Destra per quanto essa stessa le abbia osservate<br />

per molto tempo più con diffidenza che con sufficienza.<br />

Chi è cresciuto nell’ambito della Destra storica, per<br />

esempio, ricorderà le esperienze cooperativistiche <strong>ed</strong><br />

associazionistiche sorte attorno ad essa, come le Cooperative<br />

culturali e librarie oppure i Gruppi di Ricerca<br />

Ecologia (GRE), forse prima espressione nazionale di<br />

un impegno ambientale, oggetto successivamente degli<br />

interessi di movimenti politici che si sono poi trovati<br />

schierati a Sinistra. Il primo approdo dei Verdi in Par-<br />

142 Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata


lamento fu peraltro costellato da numerose polemiche<br />

proprio per una scelta di campo che <strong>il</strong> solo movimento<br />

ambientalista esistente a quel tempo fece, dopo aver<br />

assicurato ripetutamente la propria asimmetricità da<br />

qualsiasi appartenenza di schieramento. È da allora che<br />

dei Verdi si può dire che siano un OGM, ovvero un<br />

organismo geneticamente modificato; che in Alto Adige<br />

rende ancor più giustizia di un volto politico dopo che<br />

gli ambientalisti locali hanno abbandonato la loro interetnicità<br />

per divenire sostanzialmente un partito etnico<br />

di lingua t<strong>ed</strong>esca.<br />

I GRE furono un’esperienza breve ma significativa<br />

perché r<strong>il</strong>anciava e rivendicava quello stesso concetto<br />

che Alexander Langer espresse sulla natura stessa di<br />

quell’Ambiente naturale nei confronti del quale si prendeva<br />

finalmente coscienza di un proprio esaurimento.<br />

L’Ambiente - affermava l’europarlamentare verde - è <strong>il</strong><br />

bisogno di identità, di tradizione, è una domanda di<br />

interiorità, di spiritualità. Questo senso di tradizione,<br />

lo spirito di conservazione a cui alludeva l’acuto uomo<br />

politico di Sinistra, e lo spirito di identità non sono<br />

forse più peculiari alla Destra? Ed allora ha senso non<br />

chi<strong>ed</strong>ersi se si possa veramente essere ambientalisti essendo<br />

progressisti?<br />

Nella Destra nazionale la sfida dell’ambientalismo<br />

affrontato con scienza e serietà da Destra senza etichettarlo<br />

di Destra, fu un ragazzo che ci lasciò a 44<br />

anni per una forma di leucemia nel 2005 <strong>ed</strong> al quale<br />

questo libro è d<strong>ed</strong>icato: Paolo Colli. La sua creatura,<br />

Fare Verde, si costituì nel 1986 <strong>ed</strong> iniziò ad affrontare<br />

tematiche ambientali forse poco visib<strong>il</strong>i e quindi poco<br />

Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata<br />

143


convenienti in termini di adesione ad un progetto ambientale<br />

non di Sinistra: <strong>il</strong> mare d’inverno portava a<br />

ripulire le spiagge italiane in un periodo dell’anno durante<br />

<strong>il</strong> quale, non essendo meta turistica, diventavano<br />

fac<strong>il</strong>mente pattumiera. Solo un decennio dopo anche<br />

altre associazioni ambientaliste più conosciute fecero<br />

propria questa iniziativa. La campagna e successivamente<br />

<strong>il</strong> decreto per i cotton fioc di cartone che grazie alla<br />

loro biodegradab<strong>il</strong>ità non andranno più ad ingolfare le<br />

fogne delle nostre città e a scaricarsi nei fiumi e nei<br />

mari italiani, fu un successo che raggiunse da solo Fare<br />

Verde, grazie anche al Ministro per l’Ambiente di An<br />

on. Altero Matteoli. Oggi Fare Verde è un Associazione<br />

completamente indipendente da qualsiasi struttura economica,<br />

politica o di partito. L’impegno di volontariato<br />

internazionale civ<strong>il</strong>e e sociale in Kossovo inteso a non<br />

distinguere <strong>il</strong> cattolico dall’ortodosso e dal musulmano<br />

(e dove di recente è stata d<strong>ed</strong>icata a Paolo una sala cinematografica)<br />

<strong>ed</strong> in Nigeria al cui popolo, Colli, voleva<br />

restituire quel pezzo di fortuna che abbiamo ad essere<br />

nati in Italia rendendo funzionale una sala operatoria in<br />

un osp<strong>ed</strong>ale dove fino a quel tempo si operava a cielo<br />

aperto, sono altre candeline che Fare Verde ha potuto<br />

mettere sulla sua torta ventennale. È certo comunque<br />

che i campi antincendio organizzati fin dal 1989 nelle<br />

regioni italiane più a rischio di incendi rappresentano<br />

l’iniziativa più significativa del suo operato. Si tratta di<br />

campi estivi in cui i partecipanti operano rinunciando ad<br />

una parte delle proprie ferie annuali, agendo in termini<br />

di prevenzione sugli incendi boschivi <strong>ed</strong> intervenendo<br />

laddove scoppiano per autocombustione (di rado)<br />

144 Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata


o vengono appiccati per dolo (molto spesso) o incuria<br />

(talune volte) anche senza l’acqua ma con attrezzi dal<br />

sapore primitivo come i flabelli; necessari se non altro<br />

a circoscrivere l’incendio stesso.<br />

Se Fare Verde ancora oggi rappresenta la casa madre<br />

per <strong>il</strong> volontariato ambientale e l’Associazionismo caro<br />

alla Destra (di esso hanno fatto parte e ne sono ancora<br />

espressioni per esempio Roberta Angel<strong>il</strong>li, europarlamentare<br />

di An o Giulio Buffo già assessore alle politiche<br />

sociali per la Provincia di Roma) altri sono i sodalizi<br />

legati alla Destra e che hanno una valenza nazionale<br />

per quanto poco conosciuti: fra questi, per esempio<br />

l’A.S.I. (Alleanza Sportiva Italiana), Ente di Promozione<br />

Sportiva, sociale, culturale <strong>ed</strong> assistenziale riconosciuto<br />

dal CONI.<br />

La metapolitica, insomma, come possib<strong>il</strong>ità di dare<br />

voce a tutto un mondo non di Sinistra che da sempre<br />

guarda e ha guardato all’impegno civ<strong>il</strong>e e sociale, culturale<br />

e formativo pur senza godere dei riflettori di cui<br />

beneficiano altre espressioni volontaristiche. La riflessione<br />

è proprio su questo aspetto; può la Destra altoatesina<br />

rinunciare a sostenere questo coacervo di volontà<br />

lasciando campo libero alla Sinistra di gestire non solo<br />

la sfera del volontariato e quindi quello dell’associazionismo,<br />

ma anche <strong>il</strong> settore cooperativistico? Da tempo<br />

in realtà si guarda in queste direzioni. Le Associazioni<br />

culturali come <strong>il</strong> Circolo „G. Gent<strong>il</strong>e“ o l“Allenza per<br />

l’Alto Adige“ ma anche quelle patronali di sostegno civ<strong>il</strong>e<br />

come <strong>il</strong> Comitato inqu<strong>il</strong>ini IpES nate vicine alla Destra<br />

altoatesina in particolar modo a Bolzano, per quanto<br />

autonome nella loro progettazione, testimoniano una<br />

Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata<br />

145


volontà locale a trattare da Destra un certo impegno<br />

e a farsi carico di rappresentarlo. A queste sensib<strong>il</strong>ità<br />

però deve darsi ancora maggiore sostegno affinché tutto<br />

quel mondo parallelo e non integrato od integrab<strong>il</strong>e in<br />

uno schema partito possa esprimere le proprie sane<br />

energie. Ed appare ovvio, pure, che da un rapporto<br />

incisivo e non invadente non debba rimanere escluso<br />

quel mondo sindacale anche più vicino alla Destra con<br />

<strong>il</strong> quale non solo occorre serrare un confronto sereno<br />

in passato troppo lab<strong>il</strong>e, ma del quale anche farsi portavoce<br />

istituzionale delle battaglie e delle proposte pur<br />

rispettando doverosamente l’equidistanza di certe sigle<br />

sindacali. Non deve preoccuparci <strong>il</strong> fatto di trovarsi su<br />

posizioni analoghe a quelle di qualche sindacato qualora<br />

la politica proc<strong>ed</strong>e verso la corsa ai tagli o al congelamento<br />

della spesa sociale come persegue la Giunta<br />

provinciale mantenendo intatte altresì le spese superflue<br />

o gli sperperi.<br />

146 Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata


Conclusioni<br />

CONCLUSIONI<br />

Se la fine dell’era glaciale ideologica nel nostro Paese<br />

ha sciolto quella diffidenza e quella indisponenza nutrita<br />

per quasi 50 anni da gran della parte società politica di<br />

un tempo nei confronti del Movimento sociale italiano,<br />

facendo assurgere quel partito e la Comunità che esso<br />

rappresentava ai vertici dello Stato prima ancora della<br />

svolta di Fiuggi, in Alto Adige c’è la necessità di una nuova<br />

interglaciazione che proc<strong>ed</strong>a con <strong>il</strong> definitivo scongelamento<br />

dei voti della Destra locale. Per fare questo occorre<br />

che forze psichiche, umane e civ<strong>il</strong>i provenienti da<br />

due diverse direzioni, distinte fra loro ma meno distanti<br />

di quanto si voglia continuare a cr<strong>ed</strong>ere come di seguito<br />

v<strong>ed</strong>remo, proc<strong>ed</strong>ano verso un’unica direzione. Uno di<br />

questi orientamenti coinvolge <strong>il</strong> mondo di lingua t<strong>ed</strong>esca<br />

<strong>ed</strong> <strong>il</strong> partito che maggiormente intende rappresentarlo;<br />

l’altro, la stessa Destra italiana altoatesina.<br />

147


Nel presentare <strong>il</strong> libro Sangue e suolo di Sebastiano<br />

Vassalli (Ed. Einaudi - 1985), <strong>il</strong> primo saggio sulla questione<br />

altoatesina a carattere nazionale scritto in maniera<br />

equ<strong>il</strong>ibrata tanto da indispettire i vertici della SVP di<br />

allora, la stessa Casa Editrice sottolineò come dalla narrazione<br />

dell’Autore emergesse <strong>il</strong> fatto che “l’Alto Adige è<br />

<strong>il</strong> paese in cui (....) è stato attuato un sistema sofisticato<br />

di sostanziale apartheid, che emargina una minoranza di<br />

italiani (...) rendendoli invisib<strong>il</strong>i”. Oggi sappiamo che non<br />

è tutto uguale ad allora; passi avanti sono stati compiuti,<br />

seppur molto c’è ancora da fare. Ma nel permanere quel<br />

senso di invisib<strong>il</strong>ità che esclude di fatto <strong>il</strong> gruppo italiano<br />

dalla gestione dell’Autonomia - non solo attraverso situazioni<br />

che, paragonate ad altre, potremmo definire veniali<br />

quali l’impossib<strong>il</strong>ità di acc<strong>ed</strong>ere ad incarichi apicali in<br />

società provinciali o partecipate dagli Enti pubblici, ma<br />

anche permanendo l’assenza di provv<strong>ed</strong>imenti diretti a<br />

riequ<strong>il</strong>ibrare benefici pure per la comunità italiana come<br />

se essa stessa non esistesse, come abbiamo più volte<br />

sottolineato in queste pagine - continua a stazionare in<br />

parte di essa anche quel senso di discriminazione che<br />

altrove appunto si chiama apartheid.<br />

Oggi la Comunità di lingua t<strong>ed</strong>esca non è più minacciata<br />

dal rischio di venire assim<strong>il</strong>ata o soppressa; e<br />

la Cultura a cui essa è legata non può temere di essere<br />

risucchiata dall’idrovora del futuro. Nonostante ciò, si<br />

assiste però ancora ad una difesa quasi maniacale dell’una<br />

e dell’altra realtà che passa anche attraverso provv<strong>ed</strong>imenti<br />

legislativi a volte esasperanti come indicati in<br />

apertura di questo scritto. Proprio tali atteggiamenti che<br />

fanno da cornice al nostro quadro autonomistico, ma<br />

148 Conclusioni


anche da armatura a volte esageratamente protettiva di<br />

un gruppo linguistico - pur in assenza della reiterazione<br />

di pericoli che un tempo potevano comprensib<strong>il</strong>mente<br />

temersi - rischiano ora di oltrepassare la logica razionale<br />

di allora per trasformarsi in quell’oggetto strumentale,<br />

pretesto per definirsi parte sana, rinnovandosi in minoranza<br />

astiosa, come ammonisce lo stesso Veneziani<br />

nel già citato “Elogio della Tradizione”. Se espressa in<br />

dosi al limite della morbosità, insomma, la difesa della<br />

tradizione locale nel diventare provincialismo rischia<br />

di assumere apparenze che nemmeno gran parte della<br />

popolazione locale di lingua t<strong>ed</strong>esca condivide più,<br />

conscia di non essere l’ombelico del mondo politico.<br />

Parafrasando David Cameron, dal 2005 nuova guida dei<br />

Tory britannici, alcuni politici hanno usato l’Alto Adige<br />

come laboratorio per una convivenza; ora è <strong>il</strong> momento<br />

di aprire le nostre menti, per quanto <strong>il</strong> concetto<br />

dell’uomo politico Britannico fosse esteso, ovviamente,<br />

alla Gran Bretagna. E le menti in Alto Adige si stanno<br />

aprendo; da anni, seppur lentamente.<br />

Nella stessa SVP oggi persone come Walter Baumgartner,<br />

Capogruppo in Consiglio provinciale, <strong>ed</strong> Hermann<br />

Thaler, esponente dell’ala economica e consigliere<br />

provinciale molto vicino a Durnwalder, meritano cr<strong>ed</strong>ito<br />

come da tempo ormai lo ha meritato lo stesso Siegfri<strong>ed</strong><br />

Brugger, parlamentare della Volkspartei e già Obmann<br />

del partito. Le loro aperture al dialogo con Alleanza<br />

Nazionale - per lo meno con quell’area della Destra<br />

locale che ormai da anni sta dimostrando di voler impostare<br />

un rapporto dialogico fra le parti, acquisendo<br />

quella cr<strong>ed</strong>ib<strong>il</strong>ità necessaria in ogni confronto che deve<br />

Conclusioni<br />

149


avvenire fra componenti diverse - e pubblicate sui più<br />

autorevoli organi di informazione locali sia italiani che<br />

di lingua t<strong>ed</strong>esca quali i quotidiani Alto Adige, Corriere<br />

dell’Alto Adige, Dolomiten, o ancora Zett, <strong>il</strong> periodico<br />

domenicale della potente casa <strong>ed</strong>itrice altoatesina<br />

che fa capo al gruppo Athesia, o messi in onda dalla<br />

Rai-Sender Bozen dimostrano come vi sia attenzione e<br />

disponib<strong>il</strong>ità verso la Comunità italiana attraverso chi<br />

maggiormente la rappresenta.<br />

Non è mistero, peraltro, che per una qualsiasi Comunità<br />

la difesa delle proprie identità deve essere pensata<br />

in una dialettica, in una logica della differenza, che deve<br />

sempre sapersi confrontare con <strong>il</strong> cambiamento, come<br />

afferma Alain de Benoist, giornalista e f<strong>il</strong>osofo, maître<br />

à penser della Nuova destra francese. In queste parole<br />

c’è tutta l’universalità dell’essere Destra, capace di promuovere<br />

storicamente la trasformazione degli eventi,<br />

diversamente da una Sinistra più portata a mantenere<br />

uno Status quo. È in definitiva la storia delle Destre con<br />

i suoi richiami alla Tradizione; in Italia come in Europa.<br />

La forte caratterizzazione comunitaria <strong>ed</strong> identitaria<br />

delle Destre può però divenire un limite se le Destre<br />

fra loro si ignorano. Ma non ci può essere lingua che<br />

separi le Destre europee fra loro; quella italiana come<br />

quella t<strong>ed</strong>esca. Possono esistere culture, usi e costumi<br />

diversi; ma la Tradizione è unica. Quando si afferma<br />

- come anche in queste pagine s’è fatto - la vicinanza<br />

su alcuni temi fra Alleanza Nazionale e la Volkspartei lo<br />

si fa in virtù della consapevolezza di assistere, proprio<br />

perché Destre entrambe, ad una provenienza comune<br />

forse anche lontana; un ceppo storico assiomaticamente<br />

150 Conclusioni


universale. In questo non possono non essere vicine le<br />

Destre locali di lingua italiana e di lingua t<strong>ed</strong>esca. In<br />

tale ottica le Destre altoatesine devono potersi parlare<br />

e progettare assieme un’attestazione genetica; per non<br />

tradire la genesi stessa dell’essere Destra <strong>ed</strong> alla quale si<br />

appartiene. D’altronde la visione di gruppo che la Destra<br />

nazionale ha mantenuto nei decenni <strong>ed</strong> alla quale s’è<br />

fatto riferimento in queste pagine, per parte di lingua<br />

t<strong>ed</strong>esca in Alto Adige si traduce con la Sammelpartei,<br />

con <strong>il</strong> partito di raccolta.<br />

Non è la teoria delle convergenze parallele quindi,<br />

alla quale si deve assistere come impotenti; ma è quella<br />

delle direttrici convergenti. Se la prima riguardava la<br />

Destra altoatesina t<strong>ed</strong>esca, la seconda è colei che detta<br />

<strong>il</strong> percorso alla Destra italiana in Alto Adige. Un blocco<br />

sociale e politico, quest’ultima, fatto di persone e di<br />

programmi che non devono abbandonare <strong>il</strong> cammino<br />

iniziato con convinzione in quell’ormai lontano 1992.<br />

In questi anni - come s’è detto - la Destra ha pagato in<br />

termini elettorali la sua disponib<strong>il</strong>ità al dialogo. L’alternativa<br />

a questo sacrificio che domani potrebbe portare la<br />

maggioranza degli italiani al governo dell’autonomia, è<br />

quella di tornare a congelare i voti assegnati alla Destra<br />

accettando che una nuova era glaciale renda depotenziata<br />

nella sostanza - se non forse anche nei numeri - la<br />

sua rappresentanza politica. Rimanendo però all’opposizione,<br />

la Destra - e senza discolparci troppo, noi che<br />

ne siamo Dirigenti o m<strong>il</strong>itanti - curerebbe veramente gli<br />

interessi degli italiani?<br />

Sulle sue spalle in pratica la Destra locale ha un’immensa,<br />

ma anche straordinaria, responsab<strong>il</strong>ità alla quale<br />

Conclusioni<br />

151


si deve convintamente fare riferimento; è quella della<br />

Storia di questa Destra che abbiamo er<strong>ed</strong>itata e che<br />

localmente non nasce con qualche nuovo Dirigente di<br />

Partito che c’è stato o che ci sarà, ma è la continuazione<br />

di chi ha permesso che questa Destra anzitutto sopravvivesse,<br />

si rafforzasse nell’interesse della Comunità e<br />

si evolvesse nel tempo per dare alla Comunità stessa<br />

un futuro diverso. Un percorso durato ormai 60 lunghi<br />

anni. Qualche tempo fa, riprendendo in mano un libro<br />

<strong>ed</strong>ito nel 1980 dalla Libreria Editrice Europa intitolato<br />

Proviamola Nuova - dalle prime parole dell’enciclica<br />

di Marco Tarchi sul n. 21 del già citato “La Voce della<br />

Fogna” e relativo agli atti del seminario “Ipotesi e strategia<br />

di una nuova Destra” - r<strong>il</strong>essi un testo del già citato<br />

Fri<strong>ed</strong>rich Nietsche estratto da “La Gaia Scienza” (frg.<br />

124 “Nell’orizzonte dell’Infinito”) e relativo alla fuga dal<br />

mondo, orfano di valori, di una navicella che decideva<br />

di affrontare <strong>il</strong> mare per andare incontro allo spaventevole<br />

infinito, per quanto misterioso. La Destra altoatesina<br />

rappresenta quella piccola nave che deve combattere<br />

durante la sua diffic<strong>il</strong>e navigazione, con correnti marine<br />

e tempeste, ma che a volte beneficia anche di periodi di<br />

calma piatta. Non sempre è fac<strong>il</strong>e veleggiare, trovare <strong>il</strong><br />

vento che la spinge indirizzandola nella corretta direzione,<br />

sorreggendo la nostra navicella; ma saliti su questa<br />

piccola nave anche noi abbiamo stab<strong>il</strong>ito o accettato<br />

una rotta. Che la nostra stella polare, quella che assiste<br />

tutti i naviganti, continuerà ad indicarci.<br />

È bene che si comprenda, insomma, che alle nostre<br />

spalle c’è una meravigliosa comunità che ci guarda e<br />

che cr<strong>ed</strong>e in noi. Un corpo sociale che non può ri-<br />

152 Conclusioni


schiare la polmonite politica perché <strong>il</strong> maggiore partito<br />

del gruppo italiano discute aspramente al suo interno<br />

o rinuncia a confrontarsi con l’esterno; c’è una realtà<br />

umana alla quale la Destra non può riservare i margini<br />

della vita civ<strong>il</strong>e e i bordi di quella politica. Non è ammissib<strong>il</strong>e<br />

far indossare a questa comunità un cappottino<br />

per <strong>il</strong> lungo inverno politico o rimetterla in frigo, come<br />

per mantenerla negli anni. La Destra ha l’obbligo di<br />

non autoisolarsi, lasciando di conseguenza le porte del<br />

Governo provinciale spalancate alla Sinistra e riservando<br />

(ahimè) quelle dell’infernale gestione autonomistica che<br />

ne potrebbe derivare ad una Comunità che diversamente<br />

deve essere protetta, valorizzata e r<strong>il</strong>anciata. In<br />

Alto Adige c’è bisogno di una Destra tradizionale che<br />

non sia fieramente chiusa ad ogni contraddittorio. Una<br />

Destra come s’è detto identitaria, certo gelosa della<br />

propria Tradizione e dei propri Valori, comuni però a<br />

tutte le Destre; ma che non può però essere ortodossa,<br />

come se dovesse rimanere chiusa alle nuove sfide<br />

della società. Il progresso nelle idee e nelle azioni non<br />

è in antitesi con la Tradizione e non entra nemmeno<br />

in conflitto con essa; ma può rappresentare semmai<br />

l’evoluzione comportamentale <strong>ed</strong> identitaria di una Comunità.<br />

D’altronde, se è comprensib<strong>il</strong>e si pretenda che la<br />

Destra altoatesina italiana sappia dire NO, per analogia<br />

essa stessa deve potersi anche confrontare proprio per<br />

esprimere un dissenso (o l’assenso) ad una scelta; <strong>ed</strong><br />

<strong>il</strong> dialogo, reciprocamente inteso, non può avvenire acondizione-che;<br />

ma nell’interesse-di.<br />

Questo deve fare una Destra intelligente.<br />

Il compito della Destra è quindi quello di creare le<br />

Conclusioni<br />

153


condizioni affinché non torni <strong>il</strong> deserto attorno ad essa<br />

<strong>ed</strong> al suo Popolo. Peraltro non si dispone più nemmeno<br />

di quella polverina magica che - come fissata sulle ali<br />

di una farfalla - ne garantisce <strong>il</strong> volo, proteggendone la<br />

vita. La Destra è stata forza di Governo nazionale ma<br />

non è più forza di governo nazionale. Vi è quindi anche<br />

un discorso di opportunismo politico che si deve avere<br />

<strong>il</strong> coraggio di affrontare senza demagogie o ipocrisie<br />

qualunquiste e tornacontiste, se si vogliono limitare i<br />

danni collaterali di scelte che la SVP può assumere<br />

grazie al consenso delle Sinistre. Ma davvero si può<br />

cr<strong>ed</strong>ere che urlando per ammonire l’intoccab<strong>il</strong>ità della<br />

toponomastica italiana, essa possa rimanere aliena come<br />

d’incanto ad ogni immorale, innaturale poichè un<strong>il</strong>aterale<br />

mutazione? Occorre, in realtà, altro.<br />

La Destra per parte sua deve mantenere questa attitudine<br />

al dialogo se non vuole tornare ai tempi in<br />

cui, nel venire demonizzata, si v<strong>ed</strong>eva anche precluso<br />

ogni strumento ut<strong>il</strong>e per la valorizzazione della propria<br />

Comunità di riferimento; periodo sconosciuto, nella sua<br />

intensità piuttosto che nella sua storicità, a quei giovani<br />

Dirigenti della Destra altoatesina che quei decenni non li<br />

hanno vissuti. Se la Destra altoatesina non saprà creare<br />

un connubio con le specificità esposte in queste pagine<br />

rinunciando a caratterizzarsi per quello che storicamente<br />

ha sempre saputo essere, rischierà perfino di perdere<br />

<strong>il</strong> treno di un suo posizionamento in un ruolo centrale<br />

nello scacchiere altoatesino; che non significa occupare<br />

<strong>il</strong> centro politicamente inteso, ma essere al centro della<br />

politica locale divenendo di conseguenza soggetto capace<br />

non solo di interloquire a 360 gradi ma anche di<br />

154 Conclusioni


attrarre su di se gli interessi di tutte le categorie popolari<br />

<strong>ed</strong> economiche di questa nostra provincia, che necessitano<br />

sempre più di riferimenti precisi e soprattutto<br />

cr<strong>ed</strong>ib<strong>il</strong>i e concreti, ragionati e condivisi.<br />

Queste pagine vogliono essere un contributo alla<br />

riflessione sulla Destra che deve essere e racchiudono la<br />

Destra che vorrei, titolo originario di questa opera. Ma<br />

tendono a rappresentare anche un progetto di continuità<br />

per questa Destra: in Alto Adige e per l’Alto Adige.<br />

Riflessioni e progetti espressi a voce alta insomma, con<br />

la chiarezza necessaria <strong>ed</strong> <strong>il</strong> coraggio indispensab<strong>il</strong>e<br />

per esprimere un programma <strong>ed</strong> un progetto; <strong>il</strong> tutto<br />

manifestato con la Destra nel cuore, dove risi<strong>ed</strong>e una<br />

Comunità che io stesso, con la Destra, ho l’onore di<br />

rappresentare.<br />

Non si ha la presunzione di cr<strong>ed</strong>ere che queste pagine<br />

rappresentino la soluzione; ma racchiudono certamente<br />

una possib<strong>il</strong>e soluzione nell’interesse della nostra<br />

Comunità umana e politica. D’altronde lo stesso Antoine<br />

de Saint-Exupery autore del Piccolo principe, uno dei<br />

libri più letti ai miei tempi dagli adolescenti di allora,<br />

non faceva mistero che “nella vita non ci sono soluzioni.<br />

Ci sono delle forze in cammino; bisogna crearle e le<br />

soluzioni vengono dopo...”<br />

Conclusioni<br />

155


156<br />

SOMMARIO<br />

PREFAZIONE .............................................................. 7<br />

INTRODUZIONE ...................................................... 11<br />

La f<strong>ed</strong>e nel tuo cuore <strong>il</strong> coraggio nella tua lotta ........ 15<br />

La crescita della Destra ..............................................17<br />

Il dialogo ................................................................... 23<br />

Che fare? ................................................................... 25<br />

DESTRA COMUNITARIA ED IDENTITARIA ............. 31<br />

La cultura identitaria .................................................. 34<br />

I toponimi come espressione di cultura ..................... 37<br />

Il valore „comunitarismo“ .......................................... 39<br />

Progetto „Alto Adige“ ................................................ 43<br />

Identità come progetto .............................................. 46<br />

DESTRA RAGIONATA E PROTAGONISTA ................ 51<br />

La questione istituzionale .......................................... 53<br />

Proposte di una Destra ragionata ............................... 56<br />

Regione quo vadis? ................................................... 60<br />

Una Destra pensante e pesante ................................. 66<br />

Vincere la paura ........................................................ 70<br />

DESTRA PROGRAMMATICA E POPOLARE ............. 75<br />

Gli anni del confronto ............................................... 76<br />

L’Autonomia modificab<strong>il</strong>e .......................................... 79<br />

Nuove strategie ......................................................... 84<br />

Progettare <strong>il</strong> futuro .................................................... 88<br />

Sostegno alle imprese ................................................ 90


La doppia velocità ..................................................... 92<br />

Il disagio sociale ........................................................ 96<br />

DESTRA APERTA E PARTECIPATA ........................... 101<br />

Figli di un Dio minore ............................................. 103<br />

Il progresso ideologico ............................................ 105<br />

Interesse alla governab<strong>il</strong>ità ....................................... 107<br />

Co-protagonisti dell’Autonomia futura ..................... 109<br />

La malformazione dell’Autonomia ............................114<br />

La lista della spesa ...................................................117<br />

Cattivi maestri ..........................................................120<br />

Le pietre m<strong>il</strong>iari ....................................................... 122<br />

La seconda fase ........................................................125<br />

DESTRA UNITARIA ED ORGANIZZATA ................ 127<br />

Partito unito ..............................................................129<br />

Pensando al domani .................................................137<br />

Il mondo giovan<strong>il</strong>e - La metapolitica ....................... 140<br />

CONCLUSIONI ........................................................147<br />

157


158


Si ringraziano:<br />

<strong>il</strong> Circolo culturale ”G. Gent<strong>il</strong>e” di Bolzano per la collaborazione;<br />

Adolfo, testimone a volte critico di questi anni; Gabriella per la<br />

pazienza avuta nell’apprendere avvenimenti di cui non era a conoscenza;<br />

Lor<strong>ed</strong>ana per i giudizi sempre importanti e per i continui<br />

incoraggiamenti; i miei figli che con le loro domande di bambini<br />

mi convincevano sempre più dell’importanza di ciò che stavo scrivendo<br />

<strong>ed</strong> Enzo per le divertenti, anche quando severe, annotazioni<br />

e correzioni suggerite.<br />

159


160<br />

Dal mese di gennaio 2007<br />

questa pubblicazione è consultab<strong>il</strong>e<br />

anche nel sito internet all’indirizzo:<br />

www.minnitimauro.it<br />

www.pensareladestra.it<br />

e-ma<strong>il</strong>: info@minnitimauro.it<br />

Finito di stampare<br />

in ottobre 2006<br />

presso la Tipografia<br />

„Hauger-Fritz“<br />

di Merano<br />

in 500 copie.


<strong>Mauro</strong> <strong>Minniti</strong>, nato<br />

a Foligno (Pg) nel<br />

1963, risi<strong>ed</strong>e a Merano.<br />

Coniugato<br />

con Lor<strong>ed</strong>ana, ha<br />

due figli, Massimo e<br />

Manfr<strong>ed</strong>i. Si iscrive<br />

nel 1977 al Fronte della Gioventù, di<br />

cui diviene responsab<strong>il</strong>e provinciale<br />

nel 1985. Nel 1989 diviene responsab<strong>il</strong>e<br />

provinciale di “Fare Verde”, Associazione<br />

ambientalista. Giornalista<br />

pubblicista dall’età di 23 anni, a 26<br />

anni viene eletto Consigliere comunale<br />

di Bolzano nel Msi-Dn. Dal 1994<br />

si<strong>ed</strong>e nel Consiglio provinciale dell’Alto<br />

Adige. Attualmente è segretario<br />

della IV Commissione Legislativa (lavoro<br />

e professioni, <strong>ed</strong><strong>il</strong>izia, assistenza,<br />

sanità, trasporti, alimentazione,<br />

volontariato) e componente della III<br />

(finanze e patrimonio, lavori pubblici,<br />

industria, commercio, artigianato,<br />

turismo, programmazione economica,<br />

ricerca scientifica e tecnologica,<br />

coordinamento della finanza pubblica<br />

e del sistema tributario). Dopo essere<br />

stato vice-Presidente provinciale<br />

di AN, attualmente è Capogruppo sia<br />

nel Consiglio regionale Trentino-Alto<br />

Adige come nel Consiglio provinciale<br />

di Bolzano. Dall’età di 30 anni Consigliere<br />

regionale è alla sua terza Legislatura.<br />

Nel 2000 ha scritto “Prove di<br />

golpe (bianco) in Alto Adige”, un saggio<br />

sulla questione altoatesina e sul<br />

disagio della popolazione di lingua<br />

italiana della provincia di Bolzano. È<br />

stato primo firmatario di 24 Disegni<br />

di Legge, di migliaia di interrogazioni<br />

e promotore di centinaia iniziative<br />

cons<strong>il</strong>iari.<br />

€ 12,00


„…Non sono persuaso<br />

dalla tentazione<br />

di governare a tutti i costi;<br />

sono persuaso<br />

dal tentativo di dare<br />

alla Comunità italiana<br />

<strong>ed</strong> alla Destra<br />

un futuro.<br />

In queste pagine<br />

è racchiuso<br />

un duplice progetto<br />

ut<strong>il</strong>e allo scopo;<br />

per la Destra<br />

in Alto Adige<br />

e della Destra<br />

per l’Alto Adige!”

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