ilCONCETTO ed il PROGETTO - Mauro Minniti
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Prefazione di<br />
Maurizio GASPARRI<br />
<strong>il</strong> CONCETTO<br />
<strong>ed</strong> <strong>il</strong> <strong>PROGETTO</strong><br />
<strong>Mauro</strong> <strong>Minniti</strong>
Maurizio Gasparri<br />
è nato nel 1956 a<br />
Roma, dove vive con<br />
la moglie e la figlia.<br />
Si forma attraverso<br />
studi classici e presto<br />
è assorbito da<br />
due forti passioni: <strong>il</strong> giornalismo e la<br />
politica. Giornalista professionista, ha<br />
diretto i periodici “Dissenso” e “All’Orizzonte”,<br />
<strong>ed</strong> è stato condirettore del<br />
“Secolo d’Italia”. Autore di numerosi<br />
saggi, coautore, con A. Urso, de “L’età<br />
dell’intelligenza” è stato Presidente nazionale<br />
del Fronte della Gioventù e del<br />
Fuan-Destra Universitaria. Nel 1988,<br />
quando G. Fini diventa per la prima<br />
volta segretario del MSI, Gasparri è tra<br />
i quadri dirigenti del partito. Nel 1992<br />
è eletto alla Camera nelle liste del MSI<br />
e, due anni dopo, viene riconfermato<br />
deputato di AN. Nel 1994, nel primo<br />
governo Berlusconi, riveste la carica<br />
di Sottosegretario all’Interno. Nel 1995<br />
è nominato coordinatore dell’Esecutivo<br />
politico di A.N. Viene rieletto alle elezioni<br />
politiche del 1996 e diviene vice<br />
Presidente del Gruppo parlamentare<br />
di AN alla Camera dei Deputati. Nelle<br />
politiche del 2001 è eletto in Calabria,<br />
capolista nel collegio proporzionale. Il<br />
suo massimo sforzo è teso a ridurre le<br />
distanze tra politica <strong>ed</strong> elettorato. Nel<br />
secondo Governo Berlusconi, da Ministro<br />
delle Comunicazioni, Gasparri ha<br />
coronato <strong>il</strong> suo incarico con <strong>il</strong> varo del<br />
Codice delle comunicazioni e con la<br />
“Legge Gasparri” che riordina <strong>il</strong> sistema<br />
radiotelevisivo. Nel 2005 ha pubblicato<br />
<strong>il</strong> libro “Fare <strong>il</strong> Futuro”, nel quale<br />
si ripercorrono quattro anni di intenso<br />
impegno al Governo dell’Italia.
<strong>il</strong> CONCETTO<br />
<strong>ed</strong> <strong>il</strong> <strong>PROGETTO</strong><br />
<strong>Mauro</strong> <strong>Minniti</strong>
Ciao Pa’.
„Ci sono state in passato<br />
persone che hanno cambiato le cose,<br />
non perché si aspettavano<br />
un risultato imm<strong>ed</strong>iato dal loro agire,<br />
ma perché avevano un progetto“.<br />
Dalai Lama
Prefazione<br />
PREFAZIONE<br />
Il libro di <strong>Mauro</strong> <strong>Minniti</strong> riesce a sintetizzare passione<br />
e progetto. La prima nasce da una m<strong>il</strong>itanza sim<strong>il</strong>e<br />
a quella di tutti coloro che a destra non hanno fatto<br />
scelte di convenienza, ma hanno anteposto gli ideali<br />
agli interessi personali.<br />
Il libro di <strong>Mauro</strong> ripercorre una bella esperienza<br />
<strong>ed</strong> ha una capacità di unire la passione autentica ad<br />
obiettivi ambiziosi. Mi ha fatto piacere seguire <strong>il</strong> suo<br />
percorso iniziato nel 1977, quando mi occupavo del<br />
periodico del Fronte della Gioventù “Dissenso”, che nel<br />
libro viene citato tra le riviste <strong>ed</strong> i volumi, che servivano<br />
ad un mondo povero di mezzi per conoscere, sapere,<br />
formarsi. Ma <strong>il</strong> volume non è soltanto un cammino<br />
nella memoria, è anche l’esposizione di un progetto,<br />
nella consapevolezza del ruolo importante <strong>ed</strong> incisivo<br />
che la destra deve avere in Alto Adige.<br />
7
A me è capitato diverse volte in questi anni, nei<br />
diversi ruoli a cui sono stato chiamato, di essere in<br />
Alto Adige con la nostra gente, capace di coagulare<br />
attorno a sé un grande consenso. Ma lo sforzo della<br />
generazione di <strong>Mauro</strong> <strong>Minniti</strong> è quello di passare dal<br />
ruolo di partito di raccolta della componente di lingua<br />
italiana a protagonisti di una svolta che possa incidere<br />
in maniera positiva nella realtà.<br />
Non è fac<strong>il</strong>e. Come si afferma nel libro, gli interlocutori<br />
di altre componenti linguistiche hanno preferito più volte<br />
arroccarsi, quasi soffocando i tentativi di dialogo e di confronto.<br />
Mi capitò anni fa di partecipare ad uno di questi<br />
episodi. Ma gli sv<strong>il</strong>uppi non sono stati pari alle aspettative.<br />
La destra del resto non può rinunciare alla sua storia,<br />
alla sua identità, al suo spirito comunitario. La parola<br />
comunità torna tante volte nel libro di <strong>Mauro</strong>, sia in riferimento<br />
al nostro mondo politico che alla componente<br />
di lingua italiana, che in provincia di Bolzano affronta,<br />
anche oggi in piena epoca di integrazione europea,<br />
molte difficoltà.<br />
Dobbiamo proiettarci verso <strong>il</strong> nuovo, trovare sia in<br />
s<strong>ed</strong>e nazionale che in s<strong>ed</strong>e locale le modalità per coniugare<br />
una tradizione con una proposta politica per <strong>il</strong><br />
nostro tempo.<br />
Dobbiamo essere una destra aperta al dialogo, che<br />
sappia confrontarsi all’esterno. Da questo punto di vista<br />
le indicazioni sono chiare e precise, <strong>ed</strong> <strong>il</strong> merito del libro<br />
è proprio quello di saper coniugare i diversi aspetti: un<br />
percorso di m<strong>il</strong>itanza che ho avuto modo di apprezzare<br />
in un’amicizia che si è consolidata nel tempo, la cultura<br />
politica che ha fatto lievitare questa m<strong>il</strong>itanza, l’impegno<br />
8 Prefazione
nelle istituzioni, sapendo di rappresentare chi ha patito<br />
e patisce evidenti ingiustizie, ma deve reagire guardando<br />
avanti <strong>ed</strong> oltre.<br />
Mi auguro che le indicazioni contenute in questo<br />
volume possano contribuire in maniera diretta a realizzare<br />
la linea politica della destra alto-atesina, di una<br />
destra identitaria ma anche pensante, protagonista e<br />
combattiva ma portatrice di programmi, e che superando<br />
le discriminazioni sofferte da chi troppo a lungo è<br />
stato considerato figlio di un Dio minore, saprà essere<br />
protagonista del cambiamento.<br />
Dobbiamo pensare al domani, alla revisione di norme<br />
e di limiti che sono anti-storici, proprio adesso che<br />
la globalizzazione, non cancellando l’identità, chiama<br />
a nuove e diverse sfide. Dobbiamo fare questo sforzo<br />
all’insegna della coerenza, ma osservando i cambiamenti,<br />
aprendoci al dialogo.<br />
Non è fac<strong>il</strong>e essere all’altezza di questa prova e lo è<br />
ancora meno in una terra dove gli scontri della storia,<br />
la convivenza tra gruppi con diversi percorsi e diverse<br />
lingue ha reso più complessa la vita quotidiana e ancor<br />
di più l’azione politica.<br />
Per tutti noi l’Alto Adige è un luogo di grandi passioni,<br />
ma non può essere solo s<strong>ed</strong>e di memorie e di ricordi.<br />
Deve essere anche <strong>il</strong> posto dove la gente sa mettere a<br />
nudo la contraddizione di componenti linguistiche che<br />
si uniscono a forze molto diverse da sé e dai propri<br />
valori, pur di non affrontare <strong>il</strong> proprio tempo e <strong>il</strong> dialogo<br />
con la destra rappresentata da Alleanza Nazionale. Non<br />
possiamo camminare a ritroso. <strong>Minniti</strong> lo dice con chiarezza<br />
e coraggio in questo libro. Ed offre molti spunti<br />
Prefazione<br />
9
per <strong>il</strong> cammino futuro. Siamo partiti da lontano, siamo<br />
rimasti m<strong>il</strong>itanti appassionati e coerenti, ma comprendiamo<br />
la necessità di dare alla nostra comunità politica <strong>ed</strong><br />
alle nostre comunità territoriali sbocchi e prospettive. E’<br />
proprio lo sforzo che <strong>Mauro</strong> ha fatto e gli auguro che<br />
i traguardi indicati in questo volume possano trovare<br />
concreta realizzazione politica. E sarà per me una fortuna<br />
essergli accanto in quel momento.<br />
Maurizio Gasparri<br />
10 Prefazione
Introduzione<br />
INTRODUZIONE<br />
Stab<strong>il</strong>immo di incontrarci nel primo pomeriggio di<br />
un giorno di maggio nella piazza principale della nostra<br />
città, quella che c’è pressochè in tutti i centri urbani<br />
con più di 30 m<strong>il</strong>a abitanti e dove, soprattutto, c’è un<br />
teatro che dà <strong>il</strong> nome a quella piazza: Piazza Teatro,<br />
appunto. Era <strong>il</strong> 1977. Adolfo, Leopoldo <strong>ed</strong> io, in stretto<br />
ordine alfabetico, avevamo fatto la scelta che, per<br />
quanto mi riguarda, condizionò tutta la mia vita futura:<br />
recarsi nella s<strong>ed</strong>e storica del MSI di Merano sita in via<br />
Sch<strong>il</strong>ler, <strong>il</strong> covo della Destra meranese. Uno stanzone -<br />
usato talvolta come dormitorio per i ragazzi del partito,<br />
che nel settembre di ogni anno da Roma salivano a<br />
Merano per raccogliere le mele e guadagnarsi qualche<br />
lira - trasformato in magazzino al cui interno si trovava<br />
un tavolo da ping pong, un bagnetto-laboratorio per<br />
produrre secchi di colla necessari per affiggere i mani-<br />
11
festi, non sempre nel posto consentito; un ufficio con<br />
due scrivanie modeste, due s<strong>ed</strong>ie, una panca ad angolo;<br />
qualche mob<strong>il</strong>etto <strong>ed</strong> una piccola libreria. Accanto ad<br />
essa, nonostante in passato proprio la libreria tentasse<br />
di celarlo, un dipinto impresso sul muro inneggiava all’Organizzazione<br />
per la Liberazione della Palestina. Un<br />
braccio armato di mitra <strong>ed</strong> una kefiah avvolta vicino.<br />
Mi sorprese questo disegno, peraltro ben fatto. Fino<br />
ad allora, per quanto fossi un giovane tr<strong>ed</strong>icenne con<br />
conoscenze politiche alquanto limitate, avevo cr<strong>ed</strong>uto<br />
che la Destra simpatizzasse più per la popolazione israeliana<br />
che non per quella palestinese. Scoprii così che<br />
in realtà a quel tempo la Comunità politica <strong>ed</strong> umana<br />
che andavo ad incontrare - e che mi avrebbe accompagnato<br />
per questi trent’anni - aveva posizioni controverse<br />
sulla questione m<strong>ed</strong>io-orientale; c’era soprattutto una<br />
posizione f<strong>il</strong>o-israeliana che imperava al nostro interno<br />
e che rappresentava, come avevo ben interpretato, la<br />
linea ufficiale del partito. Ma numerosi già allora erano<br />
anche quei ragazzi che, alla stella di David, preferivano<br />
la kefiah per indicare la propria tendenza f<strong>il</strong>o-palestinese.<br />
Il paradosso era semmai l’ubicazione della s<strong>ed</strong>e del<br />
Partito meranese; proprio a fianco della Sinagoga. Per<br />
cui, quando sul marciapi<strong>ed</strong>e antistante la nostra s<strong>ed</strong>e si<br />
trovavano agenti delle Forze dell’Ordine in divisa o in<br />
borghese non sapevamo mai se erano lì per spiare noi<br />
o per proteggere l’<strong>ed</strong>ificio di culto ebraico.<br />
Mario, Paolo e Robert (anche questa volta in ordine<br />
alfabetico) erano là tutti i pomeriggi; ma certo non<br />
aspettavano noi. Mario l’ho sempre considerato l’ideologo<br />
dell’azione, quella preconizzata da Ezra Pound<br />
12 Introduzione
quando, come unica cultura che riconosceva, indicava<br />
l’Idea che diventa Azione. Una teoria che da allora<br />
mi si<strong>ed</strong>e vicino, poichè le idee o si concretizzano in<br />
attività <strong>ed</strong> attivismo o stanno a zero. Paolo lo ritenevo<br />
l’intellettuale del gruppo, quello che studiava anche sui<br />
nostri libri e non si limitava a leggerli. E quei libri non<br />
si trovavano con la distribuzione dell’<strong>ed</strong>itoria ufficiale<br />
ma si acquistavano attraverso i nostri canali di informazione<br />
cioè „<strong>il</strong> Candido”, allora diretto da Giorgio Pisanò<br />
- parlamentare e poi senatore del MSI - ma fondato<br />
da Giovanni Guareschi, padre dei famosi „Peppone e<br />
Don Cam<strong>il</strong>lo“ oltre che di due figli che ebbi l’onore di<br />
conoscere nel 1995; „La voce della Fogna“ pubblicazione<br />
toscana di Marco Tarchi, „Dissenso“, creatura di<br />
Maurizio Gasparri <strong>ed</strong> organo del Fronte della Gioventù,<br />
l’organizzazione giovan<strong>il</strong>e della Destra, <strong>ed</strong> altri ancora.<br />
Tramite essi si potevano anche acquistare le musicassette<br />
della nostra voce controvento: dagli „Amici del Vento“,<br />
gruppo m<strong>il</strong>anese legato a Radio M<strong>il</strong>ano International,<br />
da Leo Valeriano, <strong>il</strong> padre dei cantautori espressi dalla<br />
Destra, da Fabrizio Marzi (<strong>il</strong> De Andrè della Destra) a<br />
Roberto Scocco, dai veronesi ZPM (le cui iniziali dei<br />
nomi costituivano <strong>il</strong> nome del gruppo) alla padovana<br />
Compagnia dell’Anello, un gruppo ispirato alle vicende<br />
tolkiniane ben prima che i libri del favolista sudafricano<br />
trovassero spazio nella cinematografia mondiale.<br />
Insomma persone e gruppi perfettamente sconosciuti<br />
ai più e che spesso registravano i propri album nelle<br />
cantine di casa, quando invece gli artisti-cantautori di<br />
sinistra potevano disporre delle sale di registrazione,<br />
magari legate a quella stessa superpotenza economica<br />
Introduzione<br />
13
che contestavano. Infine c’era Robert, <strong>il</strong> prototipo del<br />
pariolino, ovvero del „fascista“ dei Parioli, <strong>il</strong> noto quartiere<br />
di Roma un tempo famoso perché lí risi<strong>ed</strong>eva la<br />
Destra più chic o benestante. Capelli corti, sfumatura<br />
alta, occhiali rayban a goccia, pantaloni di velluto att<strong>il</strong>lati<br />
a coste, meglio se larghe, stivaletti a punta. Insomma;<br />
per me tr<strong>ed</strong>icenne erano i primi miti politici che v<strong>ed</strong>evo<br />
in carne <strong>ed</strong> ossa. Da allora sono cresciuto in quella s<strong>ed</strong>e<br />
e con quella Comunità; anagraficamente, umanamente<br />
e politicamente. Ed <strong>il</strong> partito, fra alti e bassi, è stato la<br />
mia seconda famiglia, dopo quella donatami dal mio<br />
papà e dalla mia straordinaria mamma.<br />
La nostra non era una famiglia politicizzata, anche<br />
se mio padre fu uno dei tre fondatori del Movimento<br />
Sociale Italiano a Foligno insieme a Stefano Menicacci,<br />
che in seguito divenne parlamentare di quel partito<br />
prima di farsi ammaliare dalle sirene demo-nazionali<br />
di Alfr<strong>ed</strong>o Covelli, per giungere qualche anno dopo a<br />
Forza Italia. Mio padre abbandonò l’impegno m<strong>il</strong>itante<br />
anticomunista quando decise di intraprendere la carriera<br />
di ufficiale dell’Esercito. In famiglia non parlava mai di<br />
politica, tanto meno di fronte a due bambini che quando<br />
lasciò orfani avevano solo 11 e 9 anni; pressochè l’età<br />
dei miei figli oggi. Mia madre fu trascinata nell’agone<br />
politico da Luigi Montali e da Tullo - che gestiva una<br />
delle prime radio private di Merano, RadioTeleNord,<br />
con la quale collaborai dal primo all’ultimo giorno delle<br />
trasmissioni - e naturalmente da mio fratello e da me.<br />
Era <strong>il</strong> 1980; mia madre fu eletta al Consiglio comunale<br />
di Merano per un solo voto in più di Antonio (Tony)<br />
Roberti, consigliere uscente che non fece nemmeno<br />
14 Introduzione
icorso. Un signore d’altri tempi, Tony, Segretario del<br />
Partito e prima della CISNAL, dal quale imparai, come<br />
scrissi in suo ricordo qualche giorno dopo averci lasciati,<br />
a stare sempre un passo indietro: non per timore ma per<br />
pudore, per moralità. Infine sulla mia scelta di schierarmi<br />
a Destra non influì nemmeno <strong>il</strong> fatto di avere due<br />
prozii insigniti di M<strong>ed</strong>aglie al Valore: a zio Tito, Benito<br />
Mussolini assegnò alla memoria la Prima m<strong>ed</strong>aglia d’oro<br />
della campagna in terra d’Africa, dove morì a Dagabur,<br />
in Somalia, <strong>il</strong> 26 dicembre 1935 a soli 26 anni (a lui sono<br />
intitolate scuole, strade e l’aeroporto di Reggio Calabria);<br />
a zio Leopoldo, morto sui monti del S. Michele durante<br />
la prima Guerra Mondiale, furono assegnate invece le<br />
m<strong>ed</strong>aglie d’argento e di bronzo al Valore.<br />
Introduzione<br />
La f<strong>ed</strong>e nel tuo cuore<br />
<strong>il</strong> coraggio nella tua lotta<br />
Nell’ottobre di quello stesso 1977 iniziavo la mia<br />
avventura alle scuole superiori. Il Liceo scientifico di via<br />
Matteotti a Merano, che avevo scelto poiché avrei voluto<br />
intraprendere la carriera m<strong>il</strong>itare passando attraverso la<br />
„Nunziatella“ di Napoli e l’Accademia di Modena, non<br />
era propriamente una scuola di fasci e per fasci. Tanto<br />
è vero che m<strong>il</strong>itare non lo divenni mai; ma m<strong>il</strong>itante<br />
si. Fra quelle mura si consolidò la mia appartenenza<br />
politica attraverso tutta una serie di angherie che subii<br />
quotidianamente da molti professori e dagli studenti.<br />
Le due aggressioni mai denunciate, nemmeno a mia<br />
madre, sulle scale dell’istituto, dove parte dei miei com-<br />
15
pagni di classe fecero quadrato per difendermi, e nel<br />
retro ingresso, dove si parcheggiavano le biciclette <strong>ed</strong><br />
i motorini, quando solo l’intervento di Romano, oggi<br />
m<strong>ed</strong>ico in qualche osp<strong>ed</strong>ale del nord Italia <strong>ed</strong> allora<br />
mio vicino di banco ma compagno ideologicamente,<br />
evitò ben più gravi conseguenze di quanto non fosse<br />
accaduto fino a quel punto. Peraltro la mia costituzione<br />
es<strong>il</strong>e mi garantiva più di prenderle che di darle…. Eventi<br />
normali, allora; anzi, confronto a quanto avveniva nelle<br />
metropoli italiane ben poca cosa.<br />
In questo contesto, sarò anche stato asino, somaro o<br />
ciuccio ma certo che <strong>il</strong> mio fare politica distribuendo al<br />
mattino i volantini del Fronte della Gioventù e durante<br />
le pause proprio <strong>il</strong> periodico della Destra giovan<strong>il</strong>e „Dissenso“,<br />
mi spingeva ogni giorno di più verso l’isolamento<br />
scolastico <strong>ed</strong> ideologico. Il Liceo purtroppo era peraltro<br />
storicamente una scuola alquanto politicizzata, dove chi<br />
esprimeva simpatia e consensi nei confronti della Destra<br />
doveva poi fare i conti psicologici con la stragrande maggioranza<br />
di convinti sostenitori della Sinistra. Il rapporto<br />
era perlomeno di uno a sei; quando andava bene.<br />
Come quel tardo pomeriggio, mi sembra del settembre<br />
1978. La scenografia era quella offerta dalla Piazza<br />
del Grano a Merano: da un palco di modeste dimensioni<br />
dovevano parlare per un comizio Renè Prevè Ceccon<br />
e Luigi Montali, uno Consigliere regionale del MSI l’altro<br />
bandiera meranese della nostra Comunità, fondatore<br />
del partito a Merano dove ricopriva anche la carica di<br />
Consigliere comunale. Due persone dall’oratoria vivace<br />
e gradevole quanto tenaci nel difendere la nostra parte<br />
politica. In piazza eravamo una cinquantina di persone<br />
16 Introduzione
fra m<strong>il</strong>itanti, simpatizzanti e semplici elettori. Ci proteggeva<br />
un cordone di forze dell’ordine composto da almeno<br />
altrettanti agenti, fra i quali quel Marcello che divenne<br />
poi Consigliere comunale di AN nel 2000 e che fin da<br />
allora era <strong>il</strong> pi<strong>ed</strong>ipiatti buono per dirla come Adolfo, mio<br />
fratello. Se c’era <strong>il</strong> rischio di menar le mani ci prendeva<br />
per l’orecchio e ci trascinava via; sarà per questo che<br />
proprio Adolfo ha le orecchie più grosse di me! Dall’altra<br />
parte della Piazza, all’imbocco dei Portici meranesi, un<br />
nutrito gruppo di almeno 300 extraparlamentari di sinistra<br />
disturbavano con urla, fischi e minacce. Il comizio,<br />
comunque si tenne, perché ben altro serviva per intimidirci;<br />
e si concluse anche, nei tempi previsti. Ma questo<br />
era <strong>il</strong> clima <strong>ed</strong> <strong>il</strong> rapporto numerico di quegli anni. Era<br />
peraltro quello anche <strong>il</strong> tempo degli slogan-guida che ci<br />
si tramandava in tutte le forme. „Giovane non ci serve,<br />
non ci interessa che la pensi come noi, se non lotti con<br />
noi” per esempio lo notai su un muro di Padova, fuori<br />
dalla s<strong>ed</strong>e del MSI, e lo importai a Merano dove, una<br />
mattina, si provv<strong>ed</strong>ette a „trasmetterlo” all’esterno. Ma<br />
<strong>il</strong> motto che più mi affascinava a quel tempo era „La<br />
F<strong>ed</strong>e nel tuo cuore, <strong>il</strong> coraggio nella tua lotta” usato<br />
dagli allora camerati romani in ricordo di un m<strong>il</strong>itante<br />
ucciso dai comunisti.<br />
Introduzione<br />
La crescita della Destra<br />
Ho percorso tutte le fasi dell’ultimo trentennio meranese<br />
passando attraverso l’esempio che sempre ci ha<br />
fornito proprio Montali. A lui, noi ragazzi un po’ esu-<br />
17
eranti - come ci definiva un altro padre della Destra<br />
altoatesina, Pietro Mitolo, per gli atteggiamenti sconsiderati<br />
che ogni tanto ci caratterizzavano - dicevamo<br />
sempre: „se tu non fossi del Movimento Sociale saresti<br />
già sindaco di Merano“. Una tesi realista, per quanto<br />
Gigi fosse stimato a Merano da tutti, comunisti compresi,<br />
che magari facevano difficoltà a stringergli la mano in<br />
pubblico, ma che in privato non rinunciavano a bere<br />
con lui un buon bicchiere di quel Tocai friulano che<br />
gli ricordava la sua terra. Gigi a questa nostra affermazione<br />
rispondeva con tutta l’ironia di cui era capace e<br />
di quella saggezza che lo caratterizzava fin nelle sott<strong>il</strong>i<br />
disquisizioni: „forse sarei anche <strong>il</strong> sindaco di Merano,<br />
ma non sarei mai <strong>il</strong> Gigi che sono ora“.<br />
In quel periodo, fine anni Settanta, <strong>il</strong> Movimento<br />
Sociale stampava i suoi volantini nella doppia lingua: da<br />
una parte l’italiano e sul retro <strong>il</strong> t<strong>ed</strong>esco. O viceversa.<br />
Allora non c’era differenza. Alle traduzioni ci pensava<br />
sempre Robert, che difatti era di lingua t<strong>ed</strong>esca. Insomma<br />
eravamo certamente più interetnici dei Verdi di<br />
oggi e di quella „Nuova Sinistra - Neue Linke“ che si<br />
affacciò successivamente sulla scena politica guidata da<br />
Alexander Langer, morto suicida oltre un decennio fa.<br />
Poi ci fu la svolta etnica della Destra altoatesina e<br />
quindi anche quella della Destra meranese. L’applicazione<br />
delle prime norme dello Statuto di Autonomia votato<br />
dal Parlamento italiano nel 1971 con la ferrea opposizione<br />
del MSI (opposizione che si tradusse, fra <strong>il</strong> resto,<br />
nello storico intervento del 16 gennaio dello stesso anno<br />
di Giorgio Almirante che parlò alla Camera dei Deputati<br />
ininterrottamente per 9 ore e 10 minuti) aveva iniziato<br />
18 Introduzione
a produrre quegli effetti che successivamente si identificarono<br />
devastanti per la Comunità linguistica italiana<br />
dell’Alto Adige. B<strong>il</strong>inguismo obbligatorio, proporzionale,<br />
i quattro anni di residenza necessari per acc<strong>ed</strong>ere anche<br />
ai più elementari diritti civ<strong>il</strong>i come quello del voto, portarono<br />
ad intraprendere una strada nuova, accentuando<br />
i risvolti etnici locali. Le rappresentanze istituzionali del<br />
MSI-Dn iniziarono a crescere e moltiplicarsi. I primi effetti<br />
si videro nel 1983 quando in Consiglio provinciale<br />
<strong>il</strong> MSI raddoppiò la propria presenza passando a due<br />
esponenti: Pietro Mitolo e Luigi Montali. Come ricorda<br />
Giorgio Holzmann, recentemente eletto parlamentare di<br />
AN, nel suo libro Trent’anni, a testimonianza e ricordo<br />
di un impegno passato attraverso 6 lustri, questa nuova<br />
posizione politica passò anche dalla raccolta di oltre 25<br />
m<strong>il</strong>a firme di altoatesini di lingua italiana che chiesero<br />
di cambiare alcune norme dello Statuto di Autonomia.<br />
Inut<strong>il</strong>mente. La Democrazia cristiana rimaneva, almeno<br />
ufficialmente, sorda ai lamenti della comunità locale di<br />
lingua italiana e fu per questo punita. Il MSI in Consiglio<br />
comunale a Bolzano passò negli anni da due Consiglieri<br />
a 11, poi a 13, quindi a 15. Analoga sorte lo baciò nei<br />
Consigli comunali di altri Comuni come Merano, Laives,<br />
Bressanone ad esempio, dove si faceva difficoltà a ricoprire<br />
i posti di Consiglieri in quanto si era ottenuto un<br />
tale successo che c’erano quasi più scranni da occupare<br />
che candidati nelle liste. In quegli anni, per la prima volta<br />
nella sua storia, la Destra altoatesina potè fregiarsi di un<br />
proprio parlamentare, quell’Andrea Mitolo che, nonostante<br />
la malattia che lo colpì poco dopo la sua elezione,<br />
non rinunciò mai alla sua battaglia di coerenza.<br />
Introduzione<br />
19
Qualche anno dopo toccò anche a me passare da<br />
m<strong>il</strong>itante attivista a m<strong>il</strong>itante istituzionale. Successe nel<br />
1989, e qui ha inizio <strong>il</strong> secondo tempo del mio attivismo<br />
politico, quello che alla piazza unì <strong>il</strong> ruolo nelle<br />
istituzioni. Iniziò per caso, con una battuta di Montali<br />
che mi chiese di candidare alle elezioni comunali di<br />
Bolzano, anticipate sulla scadenza naturale. Risposi che<br />
si poteva fare, senza molte velleità ma con convinzione.<br />
D’altronde in famiglia rimanevo l’unico a non ricoprire<br />
incarichi elettivi dopo quello già citato di mia madre<br />
<strong>ed</strong> <strong>il</strong> mandato di Consigliere comunale a Lagundo, alle<br />
porte di Merano, che impegnava mio fratello. In lista<br />
mi fu dato <strong>il</strong> n. 13 e Adolfo si divertì a formare gli<br />
slogan elettorali: “domenica 21 maggio fai 13! (ispirato<br />
al tema del totocalcio) vota <strong>Minniti</strong>” e così via. Non<br />
avevo ancora 26 anni e venni eletto come ultimo dei<br />
13 consiglieri che <strong>il</strong> MSI riuscì ad ottenere a Bolzano.<br />
Fui fortunato anche perché l’elezione fu un’occasione<br />
che chiunque si accinge a fare politica istituzionale non<br />
dovrebbe perdersi; lavorare a fianco di Pietro Mitolo,<br />
anche lui eletto nel Capoluogo. Studiandolo, da Mitolo<br />
imparai tecniche che un organo elettivo richi<strong>ed</strong>e <strong>ed</strong><br />
acquisii quello st<strong>il</strong>e istituzionale necessario per una forza<br />
che già allora intendeva essere moderna; che in realtà<br />
lo era, ma nessuno se ne voleva accorgere.<br />
Erano gli anni in cui con Gina, Eriprando e Rocco<br />
(anch’essi colleghi in Consiglio comunale) ma pure con<br />
Charly e Franz demmo vita ad un gruppo di pensiero<br />
sociale, interpretando la linea rautiana che, da lì a<br />
qualche mese, avremmo contribuito a far vincere al<br />
Congresso di Rimini del 1990 e di cui parleremo più<br />
20 Introduzione
avanti. Attraverso un periodico autofinanziato - non<br />
propriamente allineato al partito - di cui ero Direttore<br />
responsab<strong>il</strong>e <strong>ed</strong> al quale avevamo dato <strong>il</strong> nome de “La<br />
Nostra Terra” (ispirandoci all’analogo periodico toscano<br />
“La Contea” di tendenza tolkiniana) volevamo promuovere<br />
un nuovo percorso per la Destra altoatesina. Significativo<br />
<strong>il</strong> titolo dell’articolo di fondo che scrissi nel<br />
primo numero: “Un passo in avanti” volto a sollecitare<br />
un dialogo più aperto con <strong>il</strong> mondo di lingua t<strong>ed</strong>esca,<br />
inteso a quel tempo più con la popolazione che con<br />
<strong>il</strong> suo partito di riferimento.<br />
Eriprando-sangue-blu - <strong>il</strong> suo essere nob<strong>il</strong>e di famiglia<br />
ogni tanto veniva usato come pretesto per qualche canzonatura<br />
- era più ideologo che operaio; Gina, Rocco,<br />
Franz e Charly erano i veri manovali. Io rappresentavo <strong>il</strong><br />
braccio istituzionale del Gruppo della Terza Via rautiana<br />
che rigettava <strong>il</strong> Capitalismo <strong>ed</strong> <strong>il</strong> Comunismo, l’imperialismo<br />
americano <strong>ed</strong> <strong>il</strong> marxismo d<strong>il</strong>agante. Ruoli che<br />
non ci eravamo esplicitamente dati, ma che in qualche<br />
modo ognuno di noi professava.<br />
Un’intervista apparsa sul quotidiano Alto Adige in<br />
cui Eriprando <strong>ed</strong> io disdegnavamo una certa politica<br />
nazionalista e patriottarda intrapresa - a nostro parere<br />
- dal partito, ci valse la richiesta di espulsione da parte<br />
di due esponenti friulani del MSI, uno di essi oggi<br />
parlamentare di AN. Non ebbe seguito, ma a me quell’intervista<br />
costò l’emarginazione dal partito per quattro<br />
anni. Probab<strong>il</strong>mente con essa pagai anche la candidatura<br />
a F<strong>ed</strong>erale al Congresso provinciale dell’MSI nel 1990<br />
tenuto all’Hotel Alpi, quando sfidai proprio Pietro Mitolo<br />
per la Segreteria raccogliendo <strong>il</strong> 30% dei consensi.<br />
Introduzione<br />
21
Fui reintegrato nei ranghi quando Holzmann divenne<br />
Commissario di quell’MSI che stava preparando le valigie<br />
per Fiuggi. Allora fui chiamato per la prima volta<br />
a far parte del Coordinamento provinciale. Diciassette<br />
anni dopo aver varcato la soglia di via Sch<strong>il</strong>ler. Era <strong>il</strong><br />
maggio del 1994 e solo <strong>il</strong> mese prima avevo lasciato<br />
<strong>il</strong> Consiglio comunale del Capoluogo per sostituire in<br />
Consiglio provinciale, dove nel frattempo era stato eletto,<br />
proprio Mitolo, diventato parlamentare.<br />
In Consiglio regionale e provinciale si<strong>ed</strong>o da tre legislature.<br />
Nel frattempo, divenuto Coordinatore di An<br />
durante <strong>il</strong> Congresso del 1995 tenuto presso l’Hotel<br />
Laurin, Giorgio Holzmann mi nomina suo vice; un caso<br />
unico in tutta Italia in cui un responsab<strong>il</strong>e di partito<br />
scelse come suo uomo di fiducia un esponente di altra<br />
corrente, peraltro a quel tempo tutt’altro che dialoganti<br />
fra loro. Non fu un atto di coraggio quello di Giorgio,<br />
come semplicisticamente potrebbe apparire, ma di capacità<br />
umana e politica di superare gli schieramenti interni<br />
laddove lealtà <strong>ed</strong> onestà si incontrano per operare<br />
nell’interesse della m<strong>ed</strong>esima Comunità.<br />
La mia adesione alla Destra sociale di Gianni Alemanno<br />
nata nel 1989 è durata fino al 2002 quando,<br />
poco prima del Congresso di Bologna di An, aderì<br />
al gruppo de “<strong>il</strong> Gabbiano” componente che in rotta<br />
progettuale, abbandonò Alemanno stesso decidendo di<br />
sostenere Maurizio Gasparri in quella che in ogni appuntamento<br />
congressuale viene definita la conta interna.<br />
Ciò non significa che abbia abiurato l’anima sociale, che<br />
sento ancora in me prevalente; ho cambiato i punti di<br />
riferimento che possono esprimere questa sensib<strong>il</strong>ità.<br />
22 Introduzione
Introduzione<br />
Il dialogo<br />
Nel 1992 si chiuse la questione altoatesina con la<br />
quietanza liberatoria r<strong>il</strong>asciata dall’Austria, potenza tutrice<br />
della minoranza di lingua t<strong>ed</strong>esca dell’Alto Adige.<br />
Il Movimento Sociale inizia ad interrogarsi sul da<br />
farsi.<br />
La chiusura del cosiddetto pacchetto, la definizione<br />
spiccia dello Statuto di Autonomia che prese questo nome<br />
in virtù dell’insieme dei principi presenti nello statuto<br />
stesso, poneva la Destra altoatesina di fronte ad una<br />
scelta non fac<strong>il</strong>e, poiché ciò per taluni poteva significare<br />
rinnegare le battaglie di sempre. Parlare con quello che<br />
era stato fino ad allora <strong>il</strong> nemico (in politica si è diventati<br />
avversari solo di recente) significava sottoscrivere una<br />
pax suicida oppure poteva comunicare l’intenzione di<br />
dare vita ad un confronto, per costruire assieme un Alto<br />
Adige diverso, dove <strong>il</strong> gruppo italiano contasse veramente<br />
qualcosa e si potesse v<strong>ed</strong>ere raffigurato nelle Istituzioni<br />
con uno spessore maggiormente rappresentativo?<br />
In definitiva, si trattava di decidere se fosse giunto <strong>il</strong><br />
momento di rimescolare <strong>il</strong> mazzo e iniziare una nuova<br />
partita, e se quello che fino ad allora quasi orgogliosamente<br />
si considerava un tabù - ovvero far parte di<br />
una maggioranza, magari con <strong>il</strong> nemico storico quale<br />
la SVP - dovesse lasciare <strong>il</strong> passo ad una ipotesi più<br />
partecipativa del partito <strong>ed</strong> ancor più della Comunità<br />
umana e politica che si rappresentava, rinunciando di<br />
conseguenza a rimanere all’opposizione nelle Istituzioni;<br />
continuando così a mantenere in frigorifero, inut<strong>il</strong>izzati<br />
<strong>ed</strong> inut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>i, i voti che i cittadini assegnavano al<br />
23
progetto della Destra. Se ne parlò a lungo nel partito<br />
e Fiuggi, dove „abbandonammo la casa del padre per<br />
non farvi più ritorno“ come Fini definì <strong>il</strong> passaggio dal<br />
Movimento Sociale Italiano-Destra Nazionale ad Alleanza<br />
Nazionale, ci fu d’aiuto.<br />
La Destra italiana, e quindi anche quella altoatesina,<br />
dopo essere stata descritta come fascista e neo-fascista,<br />
diventava comunque post-fascista, così come <strong>il</strong> PCI, nel<br />
frattempo, era divenuto post-comunista.<br />
Pagammo a Roma e a Bolzano <strong>il</strong> nostro scotto. La<br />
nostra Comunità politica, allora unita, unitaria <strong>ed</strong> indissolub<strong>il</strong>e<br />
si squarciò. A Roma Pino Rauti (che fu segretario<br />
del MSI per un brevissimo periodo di un anno e mezzo<br />
a cavallo fra <strong>il</strong> 1990 <strong>ed</strong> <strong>il</strong> 1991) se ne andò sbattendo<br />
la porta e fondò la Fiamma Tricolore. Non ebbe vita<br />
fac<strong>il</strong>e nemmeno lì, ma personalmente non mi sono mai<br />
sentito di condannarlo per questo. Per lui, quella che<br />
lasciavamo non era la casa del padre; era casa sua,<br />
avendo contribuito a costruirla per 50 anni. Non passò<br />
un anno che a Bolzano sorse Unitalia, fondata da elementi<br />
che in gran parte uscirono da Alleanza Nazionale,<br />
benché ricoprissero incarichi istituzionali assegnati<br />
per effetto dei voti ottenuti dal partito, prima che dalle<br />
persone. Intanto nel 1994 nasce Forza Italia e Alleanza<br />
Nazionale iniziò a perdere consensi e rappresentanze<br />
istituzionali. Un effetto figlio di diverse cause. Dal 1995<br />
inizia ad incrinarsi <strong>il</strong> rapporto con gli elettori; dapprima<br />
per la nascita di altre forze politiche affini alla Cultura<br />
della destra, in seguito perché si danneggiano i rapporti<br />
interni ad Alleanza Nazionale. È la storia attuale, quella<br />
contemporanea fatta di poca o nulla ideologia e di molto<br />
24 Introduzione
opportunismo o semplicismo ideologico. D’altra parte, la<br />
caduta del Muro di Berlino nel 1989 ha rappresentato la<br />
fine della gabbia ideologico-politica, non dell’ideologia<br />
in quanto tale.<br />
È infatti inesatto affermare che le ideologie si siano<br />
concluse; sono semmai cambiati i campi di riferimento<br />
di esse. Non più ideologia legata ad un progetto politico<br />
in maniera morbosamente osservante, quanto ideologia<br />
sociale legata ai consumi <strong>ed</strong> ai costumi emergenti, a<br />
quella del primato dell’economia. Questo smarrirsi da<br />
parte dell’ideologia legata ad un’idea politica era già<br />
evidente ben prima della caduta del Muro. Ricordo <strong>il</strong><br />
colloquio con Tiziano, un ragazzo politicamente lontano<br />
da me e con <strong>il</strong> quale mi ero prodotto in riflessioni più<br />
profonde del solito al tavolino di un bar della Piazza<br />
di Merano: Tiziano confutava le mie affermazioni sulla<br />
fine delle ideologie facendomi notare come a quel<br />
tempo i ragazzi preferissero i monclear e le timberland<br />
ad una s<strong>ed</strong>e di partito o ad un manifesto da affiggere.<br />
L’ideologia aveva cambiato baricentro.<br />
Introduzione<br />
Che fare?<br />
Siamo all’anno zero? Siamo al cambio della guardia<br />
generazionale? Il m<strong>il</strong>lennium bug della politica altoatesina<br />
si è materializzato con sei anni di ritardo? Interrogativi<br />
sui quali bisogna riflettere, per r<strong>il</strong>anciare un’azione<br />
propositiva, cr<strong>ed</strong>ib<strong>il</strong>e, unitaria. Perché è comunque indubbio<br />
che in Alto Adige ci sia bisogno di una Destra<br />
attualizzata al nuovo scenario nazionale e locale.<br />
25
Non sembri un controsenso parlare di Destra nel<br />
momento in cui <strong>il</strong> dibattito sul partito unico del centrodestra,<br />
più o meno in maniera fitta, bussa alle porte.<br />
Anche in quel contenitore, qualora diventasse realtà, la<br />
Destra dovrà e saprà ritagliarsi un ruolo. Ed è per questo<br />
che sono convinto che fin d’ora essa debba confrontarsi<br />
sulla necessità di presentarsi accompagnata da tutti<br />
i gradi di una specificità che da tempo e nel tempo<br />
proietta la Destra verso <strong>il</strong> futuro. E che sono riassunti<br />
in queste pagine. Una Destra quindi che sia ragionata<br />
<strong>ed</strong> intelligente, ma anche protagonista per divenire partecipata.<br />
Una Destra popolare e liberale, organizzata <strong>ed</strong><br />
unitaria, che sappia tenere in campo la propria cultura<br />
comunitaria <strong>ed</strong> identitaria e che sia aperta alle sfide<br />
che la globalizzazione, non solo quella dei mercati, le<br />
chi<strong>ed</strong>e. Una Destra insomma che sia sempre protesa<br />
al futuro.<br />
Come qualche tempo fa mi suggeriva l’amico e collega<br />
Consigliere regionale Alberto Sigismondi (con <strong>il</strong><br />
quale mi sono spesso confrontato sui temi presenti in<br />
queste pagine e che ringrazio per <strong>il</strong> contributo riflessivo)<br />
Giuseppe Prezzolini, l’autore-scrittore-giornalista perugino<br />
fondatore nel 1908 della rivista „la Voce“, affermava<br />
che la Destra deve elaborare un principio nuovo, una<br />
soluzione visib<strong>il</strong>e dei problemi di oggi e quelli di domani.<br />
Perché l’Uomo di Destra, se non sarà l’Uomo<br />
di domani, sarà certamente l’Uomo del dopodomani.<br />
È questa necessità di continuare ad ipotecare un ruolo<br />
per l’avvenire che fa della Destra una Comunità in incessante<br />
cammino e progresso, una costante evolutiva<br />
che la pone di fronte ai d<strong>il</strong>emmi che certamente sarebbe<br />
26 Introduzione
più fac<strong>il</strong>e non porsi. Fra questi: cosa fare per <strong>il</strong> futuro<br />
dell’Alto Adige? Proporsi come forza di opposizione o<br />
di governo?<br />
La storia recente altoatesina ha indicato come su alcuni<br />
temi fondanti dell’Autonomia altoatesina, la Destra<br />
italiana e la SVP siano molto più sim<strong>il</strong>i che non quest’ultima<br />
con la Sinistra. Ricordo che quando misi pi<strong>ed</strong>e<br />
per la prima volta in Consiglio provinciale e regionale<br />
nel 1994 si iniziavano a muovere i primi timidi passi<br />
per un confronto e per un rapporto leale fra la Destra,<br />
rappresentata da Alleanza Nazionale, e la SVP. Fino ad<br />
allora le eccessive diffidenze esistenti rendevano diffic<strong>il</strong>e<br />
anche parlare con taluni colleghi consiglieri eletti nella<br />
SVP. Ebbi la fortuna di trovare la strada parzialmente<br />
spianata in questo da Giorgio Holzmann che eletto sei<br />
anni prima di me, seppe costruire un rapporto di buon<br />
vicinato, scalfendo pian piano quel muro di diffidenza<br />
nei confronti dell’allora Movimento Sociale. Si è stati<br />
capaci nel tempo di superare queste difficoltà compiendo<br />
passi in avanti assieme. La Destra è politicamente<br />
maturata ma questo è avvenuto anche in parte della<br />
SVP che ha riconosciuto come <strong>il</strong> nostro partito avesse<br />
fatto un cambiamento nel suo tragitto. Su censimento,<br />
proporzionale, in parte sui temi scolastici le posizioni<br />
dei due maggiori partiti della provincia di Bolzano sono<br />
sintonici. Altre tematiche rimangono punti di contrasto,<br />
più programmatici che statutari: la toponomastica, la<br />
gestione etnica delle risorse, le leggi ad hoc sugli appalti,<br />
sui fien<strong>il</strong>i, per gli alberghi; o come la vicenda del<br />
patentino di b<strong>il</strong>inguismo per <strong>il</strong> quale dalla metà degli<br />
Anni Novanta la Destra locale richi<strong>ed</strong>e che si prev<strong>ed</strong>a <strong>il</strong><br />
Introduzione<br />
27
iconoscimento con <strong>il</strong> superamento dell’esame di maturità<br />
o, quantomeno, di considerare <strong>il</strong> diploma di maturità<br />
come titolo equipollente all’attestato di b<strong>il</strong>inguità.<br />
Una forza politica matura <strong>ed</strong> intelligente quale deve<br />
continuare ad essere Alleanza Nazionale non solo ha<br />
l’obbligo di interrogarsi ma soprattutto deve saper rispondere<br />
su come salvaguardare una ricchezza umana<br />
rappresentata da una Comunità linguistica nel contesto<br />
di un corpo sociale più ampio, ma anche da un patrimonio<br />
territoriale nel quale si possano continuare a<br />
sv<strong>il</strong>uppare culture diverse ma non divergenti, discordanti<br />
ma non contrastanti.<br />
Il concetto <strong>ed</strong> <strong>il</strong> progetto allora, come strumento di<br />
analisi ma anche mezzo per rivendicare un ruolo della<br />
Destra che non può essere quello di eterno oppositore;<br />
per r<strong>il</strong>anciare un progetto che non può essere la politica<br />
del muro contro muro ma un confronto dialettico<br />
e dialogico con tutta la popolazione altoatesina. Per<br />
elaborare un concetto, continuare a tenerlo per mano<br />
accompagnandolo fino alla sua concretizzazione; quello<br />
che vuole la Destra al Governo anche in Alto Adige.<br />
Temo infatti che la Destra locale possa rischiare di<br />
tornare ad essere congelata nel sistema altoatesino e che<br />
alla stessa possa essere preclusa qualsiasi ipotesi di partecipazione<br />
non solo alla gestione ma anche allo sv<strong>il</strong>uppo<br />
della vicenda altoatesina. Purtroppo un primo segnale<br />
si è avuto con l’elezione del rappresentante dei Verdi<br />
Riccardo dello Sbarba alla Presidenza del Consiglio, che<br />
per i motivi espressi di seguito, avrebbe dovuto spettare<br />
ad un esponente della Destra; con ciò comportando,<br />
per la Comunità italiana, la perdita di un’occasione per<br />
28 Introduzione
ottenere quella rappresentatività istituzionale e politica<br />
che deve fungere comunque da faro.<br />
Occorre insomma per <strong>il</strong> futuro, come è stato per <strong>il</strong><br />
passato, una Destra ferma sui valori ma in movimento<br />
con le idee, salda sui principi ma in cammino nei<br />
programmi. Perché storicamente <strong>il</strong> concetto stesso della<br />
Destra non si coniuga con l’immob<strong>il</strong>ismo del dogma<br />
ma con la vivacità del pragmatismo. Con tutto <strong>il</strong> rispetto,<br />
un Partito non è una Chiesa. E se un Partito deve<br />
essere saldo di fronte all’etica, esso stesso deve anche<br />
sapersi muovere compatto, per l’attualizzazione di un<br />
progetto che nasce da lontano e si adegua ai giorni<br />
contemporanei.<br />
L’autore<br />
Introduzione<br />
29
DESTRA<br />
COMUNITARIA ED IDENTITARIA<br />
La difesa dell’identità nazionale che ha fatto da sempre<br />
parte integrante della cultura della Destra come<br />
espressione intima di appartenenza e di imm<strong>ed</strong>esimazione<br />
ad una comunità, diventa punto di riferimento<br />
anche per le identità territoriali - e quindi provinciali -<br />
nei confronti della minaccia del globalismo. La Destra<br />
locale, quindi, è comprensib<strong>il</strong>e che ponga da un lato<br />
come oggetto di tutela essenziale la comunità di lingua<br />
italiana; ma se guardasse solo ad essa darebbe vita ad<br />
un comunitarismo settario che da solo rischierebbe di<br />
perdere le due sfide di fronte alle quali si pone: quella<br />
tutta interna riguardante, nel nostro caso, la questione<br />
altoatesina (e quindi rivolta verso gli effetti prodotti<br />
dall’Autonomia nei confronti della Comunità italiana) e<br />
quella mondiale che colpisce comunque le sorti delle<br />
aziende e delle famiglie della nostra provincia.<br />
Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria<br />
31
Il comunitarismo settario perciò deve far posto un<br />
comunitarismo aperto.<br />
Occorre in questo contesto una doppia direzione<br />
nella quale muoversi: la prima verticale, volta a promuovere<br />
una sempre maggiore identificazione dei legami<br />
forti con la propria cultura e che conduce ad una<br />
integrazione b<strong>il</strong>anciata, poiché più si conoscono i propri<br />
legami tradizionali (e nel Capitolo d<strong>ed</strong>icato alla Destra<br />
Unita <strong>ed</strong> Organizzata questo concetto sarà ancora più<br />
chiaro) più si accettano e si comprendono altre realtà<br />
comunitarie; l’altra orizzontale, che dispone la necessità<br />
di relazionarsi con le diverse comunità conviventi o<br />
coabitanti per trovare risposte comuni sia di fronte ai<br />
fattori interni che a quelli internazionali. Inoltre rinunciare<br />
ad un comunitarismo pluralista, quindi aperto al<br />
punto da riconoscere non solo l’esistenza ma anche i<br />
diritti di altre entità, può condurre verso discriminanti<br />
pesanti diffic<strong>il</strong>i da rendere innocue.<br />
È ovvio che di fronte a questo fenomeno deve imporsi<br />
una reciprocità, ovvero disporsi un tragitto a doppio<br />
senso di marcia che permetta alle realtà in viaggio di<br />
incontrarsi, ma non di scontrarsi.<br />
In questo senso devono operare tutte quelle entità<br />
comunitarie desiderose di proc<strong>ed</strong>ere, ognuno per la propria<br />
direzione - laddove diventa diffic<strong>il</strong>e incamminarsi<br />
nella m<strong>ed</strong>esima - per giungere comunque alla stessa<br />
destinazione. Su tali considerazioni, la Destra altoatesina<br />
deve continuare a ragionare in maniera intelligente<br />
affinché da cosiddetto polo escluso della realtà politica<br />
locale, possa divenire quel polo incluso in cui ha saputo<br />
trasformarsi in campo nazionale AN. Rinunciare<br />
32 Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria
a questo significa sposare una mentalità perdente, che<br />
se una volta poteva essere simbiotica della Destra -<br />
quando essa nutriva, nella sua cultura storica, più un<br />
debole per i Vinti piuttosto che per i Vincitori (tant’è<br />
vero che amava schierarsi a fianco dei primi piuttosto<br />
che dei secondi) - oggi non può rappresentare quel<br />
senso di separazione vissuto con orgoglio dalla Destra<br />
quando essa viveva la durezza della democrazia che<br />
amava demonizzare la Destra stessa. La Destra allora<br />
si costruì addosso quell’abito mentale che nel rafforzare<br />
la cosiddetta visione di gruppo, coincideva spesso con<br />
l’auto emarginazione dalla società, tanto più se f<strong>il</strong>oborghese.<br />
Ma oggi la Destra locale, pur mantenendo <strong>il</strong><br />
suo istinto antagonista, deve saper essere protagonista;<br />
nella fierezza di avere come riferimento i suoi Valori,<br />
ma senza chiudersi in un integralismo ipocrita o di comodo<br />
perché più remunerativo elettoralmente, espresso<br />
magari attraverso quella retorica comiziale grintosa che<br />
trova sempre meno uditori allineati.<br />
La Destra altoatesina non deve concentrare la sua<br />
sfida culturale solo rivendicando la territorialità nazionale<br />
di questa nostra area geografica. Intendiamoci: è<br />
questa certamente l’essenza nella difesa più che di una<br />
Nazione, dello Stato; più che di una Comunità, di atti<br />
giuridici. Ma è anche stata l’essenza di una ragione di<br />
essere che per la Destra ha significato migliaia di consensi<br />
elettorali al grido „siamo in Italia, quindi si parla<br />
italiano“, nella denuncia contro <strong>il</strong> b<strong>il</strong>inguismo che altresì<br />
non può significare la ragion di essere unica, anche<br />
nel futuro come nel presente. Ci sono molte azioni<br />
prop<strong>ed</strong>eutiche alla salvaguardia di una cultura come<br />
Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria<br />
33
evento non solo di radicamento nel territorio ma anche<br />
di <strong>ed</strong>ucazione popolare.<br />
La cultura identitaria<br />
Uno di questi è la salvaguardia <strong>ed</strong> <strong>il</strong> potenziamento<br />
della scuola. La scuola è trasmissione di Tradizione attraverso<br />
<strong>il</strong> sapere; dal maestro all’allievo, la tradizione<br />
viene immessa, come inst<strong>il</strong>lata tramandandola ad essa,<br />
nella Comunità e nel circuito della cultura. Ma la scuola<br />
è anche <strong>il</strong> luogo in cui da una parte l’amor patrio può<br />
rinsaldarsi e dall’altro la cognizione di essere se stessi<br />
deve consolidarsi e a cui occorre che la cultura della<br />
Destra miri; non per favorire la rinascita dei nazionalismi,<br />
ma appunto dell’amore per la comunità attraverso<br />
la conoscenza della vita concreta e della sua tradizione,<br />
come provenienza e residenza della propria Patria.<br />
A questo riguardo è bene ricordare cosa affermava in<br />
Memoria <strong>ed</strong> Identità, una delle sue opere letterarie più<br />
significative, Papa Giovanni Paolo II, un Uomo molto<br />
caro all’intera Destra mondiale già solo per <strong>il</strong> fatto di<br />
aver favorito la riemersione di valori significativi per<br />
la Destra stessa nel tessuto sociale e l’aver contribuito<br />
alla morte del comunismo; egli ammoniva come fosse<br />
necessario che <strong>il</strong> nazionalismo non si confondesse con<br />
<strong>il</strong> patriottismo. „Il concetto di patria - sottolineava -<br />
coinvolge i valori <strong>ed</strong> i contenuti spirituali che compongono<br />
la cultura di una data nazione“ e quindi „significa<br />
amore della storia della Patria, delle sue tradizioni, la<br />
sua lingua, la sua stessa conformazione naturale che si<br />
34 Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria
estende anche alle opere dei connazionali <strong>ed</strong> ai frutti<br />
del loro genio“. Il nazionalismo è invece altro. Questo<br />
sentimento spinge infatti a individuare e inseguire solo<br />
<strong>il</strong> bene della propria nazione, spingendo quindi a non<br />
riconoscere pari diritti ad altre nazioni <strong>ed</strong> a coltivare<br />
quell’ego sciovinistico padre di molti conflitti, non solo<br />
culturali.<br />
La scuola perciò come àncora che permetta ad ogni<br />
Comunità di relazionarsi con <strong>il</strong> proprio passato, evolvendosi<br />
nel futuro. I dati che provengono dallo stesso<br />
assessorato provinciale di Bolzano alla scuola in lingua<br />
italiana confermano la necessità di una nuova politica<br />
per la scuola italiana, se vogliamo che la Comunità italiana<br />
dell’Alto Adige possa mantenere un solido aggancio<br />
con la propria storia. Cifre come meno 10 e meno 28<br />
non rappresentano condizioni atmosferiche registrate in<br />
qualche vallata altoatesina nell’inverno 2005. Sono più<br />
preoccupantemente percentuali relative al vertiginoso<br />
calo di iscrizioni del gruppo linguistico italiano alle classi<br />
prime elementari delle scuole italiane, diminuzioni che<br />
se a Laives negli ultimi due anni è stata del 10% a Merano,<br />
seconda città altoatesina, ha raggiunto addirittura<br />
<strong>il</strong> 28%, mantenendo una propria stab<strong>il</strong>ità a Bolzano (-<br />
1%), dove <strong>il</strong> calo a questo punto può essere fisiologico.<br />
Questi dati, peraltro riferiti agli anni scolastici intercorsi<br />
fra <strong>il</strong> 2002 <strong>ed</strong> <strong>il</strong> 2005, sono un segnale enormemente<br />
allarmante poiché se è vero che <strong>il</strong> dato di Merano, per<br />
esempio, non può considerarsi assoluto, esso è comunque<br />
indicativo sia di un continuo assottigliamento della<br />
Comunità italiana che segnala una prospettiva preoccupante,<br />
sia di una scelta precisa di un numero sempre<br />
Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria<br />
35
maggiore di famiglie verso la scuola di lingua t<strong>ed</strong>esca.<br />
Una scelta che rischia di portare ad una lenta ma graduale<br />
assim<strong>il</strong>azione la Comunità linguistica italiana.<br />
Se infine si considera che la popolazione italiana<br />
iscritta alla prima elementare si attesta m<strong>ed</strong>iamente nelle<br />
quattro città altoatesine a maggiore densità popolativa<br />
sul 40% - a fronte di un dato m<strong>ed</strong>io che supera, secondo<br />
<strong>il</strong> censimento del 2001, <strong>il</strong> 54% (quindi inferiore del 14%)<br />
- e si se pensa che in maniera direttamente proporzionale<br />
<strong>il</strong> gruppo t<strong>ed</strong>esco v<strong>ed</strong>e crescere la frequenza nelle<br />
sue classi prime elementari del 15% esclusi gli stranieri,<br />
quanto emerge è una fotografia inquietante <strong>ed</strong> angosciante<br />
che dovrebbe obbligare tutte le forze politiche<br />
- e la società civ<strong>il</strong>e altoatesina - ad una riflessione <strong>ed</strong><br />
alla individuazione di una nuova strategia che sappia<br />
tamponare <strong>il</strong> doppio fenomeno sopra espresso; ovvero<br />
<strong>il</strong> ridimensionamento etnico e la scelta del percorso<br />
scolastico. Quello che sconcerta è che nonostante questi<br />
dati e l’attuale situazione altoatesina, <strong>il</strong> centro-sinistra<br />
altoatesino non ritiene doveroso partecipare a quel tavolo<br />
per gli italiani promosso dalla Destra altoatesina<br />
(di cui si parlerà più diffusamente nel capitolo d<strong>ed</strong>icato<br />
alla Destra programmatica e popolare) e volto a trovare<br />
soluzioni idonee e condivise per riequ<strong>il</strong>ibrare la questione<br />
altoatesina e bloccare l’emorragia etnica; che se non<br />
sempre corrisponde ad un abbandono di questa terra o<br />
alla denatalità della Comunità italiana (effetti comunque<br />
preoccupanti della gestione autonomistica), è anche <strong>il</strong><br />
frutto proprio del transito nella scuola t<strong>ed</strong>esca dei bambini<br />
italiani per necessità di apprendimento linguistico,<br />
significando perdita del legame con la propria cultura<br />
36 Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria
e le proprie radici che questo dirottamento comporta.<br />
„La memoria culturale - come affermò Paul Ricoeur<br />
durante <strong>il</strong> simposio che si tenne a Castel Gandolfo nel<br />
1994 d<strong>ed</strong>icato al tema delle identità delle società europee,<br />
in un ricordo sempre di papa Woityla - modella<br />
l’identità e gli esseri umani sia a livello personale che<br />
collettivo (....) evocando ricordi che sono anche antropologici<br />
di una Comunità, permettendo all’Uomo di<br />
comprendere le sue radici più profonde e riconoscere<br />
anche le varie comunità esistenti“. In questo contesto<br />
quindi, la memoria deve essere saldamente legata alla<br />
Comunità perchè se la società riunisce individui che<br />
non sono globalmente appartenenti ad alcuna forma<br />
di er<strong>ed</strong>ità specifica, per contro la Comunità, <strong>il</strong> senso<br />
di appartenenza alla stessa nelle sue diverse forme di<br />
esistenza ha alla base la m<strong>ed</strong>esima concezione di er<strong>ed</strong>ità<br />
comune; sia essa di sangue (la Nazione), come storica<br />
(la Tradizione) ma anche culturale (l’Etnia).<br />
I toponimi come espressione di cultura<br />
In questo contesto ogni Comunità ha ragione a difendere,<br />
secondo i crismi della legalità oltre quelli del<br />
buon senso, i propri riferimenti culturali che si individuano<br />
anche attraverso i toponimi. La forzatura operata<br />
dai partiti di lingua t<strong>ed</strong>esca in merito alla modifica della<br />
toponomastica (come si è sottolineato in Destra Aperta<br />
e Partecipata) è controproducente, poiché ad una atto<br />
amministrativo e storico quale può essere un toponimo<br />
non si può rispondere con una soluzione politica. Quan-<br />
Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria<br />
37
do la Destra altoatesina ravvisa la necessità culturale e<br />
giuridica di riconoscere i toponimi nella forma t<strong>ed</strong>esca<br />
attraverso un atto legislativo, determina la volontà che<br />
si ponga sullo stesso piano ogni indicazione di luogo<br />
geografico (che in Alto Adige diventa anche geopolitico)<br />
e geoculturale, senza invadere le competenze storiche<br />
altrui. E nel fare questo, ovviamente richi<strong>ed</strong>e la massima<br />
reciprocità affinché anche <strong>il</strong> mondo di lingua t<strong>ed</strong>esca lasci<br />
alla Comunità italiana la continuità geografica locale,<br />
che è insieme politica e culturale. Atteggiamenti come<br />
quelli che hanno indotto all’inizio del 2006 <strong>il</strong> Commissario<br />
del Governo per la provincia di Bolzano dott. Giuseppe<br />
Destro a richiamare la Comunità comprensoriale<br />
Bassa Atesina-Oltradige al rispetto del b<strong>il</strong>inguismo per<br />
aver omesso toponimi in lingua italiana nelle proprie segnalazioni<br />
turistiche, rischiano di allontanare la comprensione<br />
dei gruppi. È necessario altresì che si ponga fine<br />
a questo comportamento alquanto preoccupante anche<br />
sotto una visione etica oltrechè etnica, adottata pure da<br />
molti Comuni altoatesini abituati ad ut<strong>il</strong>izzare la sola lingua<br />
t<strong>ed</strong>esca nelle loro comunicazioni non solo interne, in<br />
quanto tali atteggiamenti non favoriscono quell’auspicab<strong>il</strong>e<br />
<strong>ed</strong> auspicato rispetto reciproco fra i gruppi linguistici<br />
e soprattutto quella reale convivenza da molti inseguita;<br />
rischiando altresì di fare insorgere nuovi sentimenti di<br />
diffidenza fra la popolazione di diversa madrelingua.<br />
Perseverare da parte degli Enti pubblici nell’adozione di<br />
un monolinguismo sui siti web, è un atto anche solo<br />
moralmente condannab<strong>il</strong>e. È peraltro purtroppo un fatto<br />
assai consolidato la lenta ma progressiva scomparsa<br />
dei toponimi nella forma italiana. Sono nella memoria di<br />
38 Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria
molti i casi sollevati relativi ad alcuni comuni altoatesini<br />
come San Pancrazio, Meltina, Gais, Cortaccia, Pr<strong>ed</strong>oi e<br />
Valdaora, alcuni dei quali, grazie alla denuncia espressa<br />
dalla Destra altoatesina, hanno provv<strong>ed</strong>uto a mettere in<br />
rete anche la versione italiana come Meltina e Pr<strong>ed</strong>oi.<br />
Tutto ciò avviene però non attraverso quello spontaneismo<br />
intellettuale che dovrebbe rappresentare <strong>il</strong> raggiungimento<br />
di un’etica culturale da parte dei Comuni ma<br />
in forma coercitiva, ovvero a seguito di denunce che<br />
determinano interventi dovuti nonostante le normative<br />
prev<strong>ed</strong>ano che tutta la comunicazione tramite internet e<br />
rispettivamente la posta elettronica, devono considerare<br />
<strong>il</strong> dettato del DPR n. 574/1988; che prev<strong>ed</strong>e appunto<br />
l’applicazione del b<strong>il</strong>inguismo.<br />
Gesti come quello della Comunità comprensoriale<br />
richiamata dal Prefetto quindi, possono corrispondere<br />
ad un atto di arroganza per la quale le normative statutarie<br />
o di attuazione allo Statuto devono prev<strong>ed</strong>ere<br />
in futuro delle chiare e significative sanzioni almeno<br />
amministrative da introdurre nell’ordinamento nazionale,<br />
perché è inaccettab<strong>il</strong>e che possa rimanere impunito chi<br />
non ottemperi a normative, che nel caso specifico sono<br />
di rango costituzionale.<br />
Il valore „comunitarismo“<br />
Più volte negli scorsi decenni, la Destra altoatesina è<br />
stata violentemente accusata di essere nazionalista. Sappiamo<br />
cosa si potesse intendere con questa affermazione<br />
rivolta ad un mondo politico per <strong>il</strong> quale la bandiera<br />
Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria<br />
39
nazionale ha sempre rappresentato un simbolo attorno al<br />
quale poteva e doveva costituirsi una Nazione; ovvero<br />
l’insieme di cittadini che vivono nel m<strong>ed</strong>esimo territorio<br />
all’interno di quello Stato prefigurato dai confini politici.<br />
Nazionalista però è anche quell’espressione che viene<br />
usata per indicare chi si presume intenda proporsi come<br />
entità superiore ad altre, non per numero di appartenenti<br />
ma per una presunzione di dominio civ<strong>il</strong>e, secondo <strong>il</strong><br />
quale <strong>il</strong> nazionalismo intende divenire in qualche modo<br />
forma imperialista pretendendo di dettare atteggiamenti<br />
di imperio su un’altra comunità. Per Marcello Veneziani<br />
nel suo libro „la cultura della Destra“ (Ed. Laterza -<br />
2002) „<strong>il</strong> nazionalismo è la degenerazione dell’identità<br />
nazionale, che altresì deve rimanere un valore, non un<br />
disvalore“. Ed è questa l’accusa che <strong>il</strong> mondo politico <strong>ed</strong><br />
intellettuale slegato dalla Destra ha mosso nei confronti<br />
di quest’ultima come a tacitarne preventivamente ogni<br />
diritto d’opinione. Un concetto in realtà che la Destra ha<br />
rigettato difendendo i valori di una Nazione; che però<br />
si traducono non con <strong>il</strong> principio di collettivismo, per <strong>il</strong><br />
quale <strong>il</strong> patrimonio materiale appartiene a tutti e rinnega<br />
semmai <strong>il</strong> comune patrimonio culturale di una Nazione,<br />
quanto piuttosto con quello di comunitarismo inteso<br />
a significare la valorizzazione delle identità, rappresentando<br />
nella sua eleganza un senso di appartenenza<br />
alla propria comunità che può essere appunto umana,<br />
politica o culturale; rigettando di fatto l’assunzione di<br />
quell’egoismo nazionalistico che rinnegava perfino Julius<br />
Evola, autore molto amato dalla Destra nazionale<br />
<strong>ed</strong> europea, e per <strong>il</strong> quale era importante badare a<br />
tenersi in pi<strong>ed</strong>i in un mondo di rovine con quella sua<br />
40 Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria
concezione che voleva ormai l’Europa come dissacrata<br />
di fronte ai suoi valori.<br />
Già, perché la Destra del dopoguerra, quella meno<br />
nostalgica politicamente per quanto si sentisse orfana<br />
culturalmente, ha mai avuto veri e propri suoi autori<br />
nazionali cui ispirarsi. Si leggeva Ezra Pound e si facevano<br />
proprie alcune delle sue massime nel segno della<br />
lotta contro l’usura capitalistica <strong>ed</strong> <strong>il</strong> pugno comunista.<br />
Si studiava, quasi maniacalmente, Robert Bras<strong>il</strong>lach,<br />
oppure si viveva <strong>il</strong> dramma di Drieu la Rochelle<br />
sulle modalità di frenare e arrestare la decadenza di<br />
fronte ai nazionalismi suicidi delle nazioni europee e<br />
alle contrapposizioni astratte fra socialisti e conservatori.<br />
O, ancora, ci si appassionava alle opere di Alain de<br />
Benoist, prima ancora che facesse breccia nel cuore<br />
della m<strong>il</strong>itanza giovan<strong>il</strong>e della Destra J.R.R. Tolkien e<br />
la Compagnia dell’Anello. Erano i primi Anni Ottanta<br />
e nessuno pensava di riproporre le vicende degli<br />
Hobbit in una tr<strong>il</strong>ogia cinematografica che, venti anni<br />
dopo, v<strong>ed</strong>eva far la f<strong>il</strong>a fuori dalla sale di proiezione<br />
quegli stessi soggetti che a quel tempo sbeffeggiavano<br />
gli esempi di Frodo Baggins e del mago Gandalf, della<br />
coraggiosa banda di elfi, gnomi e guerrieri nella loro<br />
battaglia per difendere <strong>il</strong> proprio paese incantato dallo<br />
stregone malvagio che vuole distruggerlo. Già allora<br />
la Comunità della Destra politica era consapevole di<br />
avere una Comunità da salvare attraverso la distruzione<br />
dell’ultimo anello della forza del male. Nascevano così<br />
i Campi „Hobbit“ in cui la Destra giovan<strong>il</strong>e si ritrovava<br />
per progettare la politica e vivere l’esperienza comunitaria.<br />
Il richiamo ai valori tradizionali, contestuale alla<br />
Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria<br />
41
critica alla modernità, l’eroismo degli elfi, dei folletti e<br />
degli gnomi, appunto; <strong>il</strong> loro vivere comunitariamente<br />
sposava negli ambienti della Destra la battaglia contro<br />
<strong>il</strong> mondialismo terrestrizzato per la riaffermazione della<br />
tradizione e di una visione etica della vita, come Evola<br />
invocava. È attraverso Tolkien, insomma, che la Destra,<br />
almeno quella giovan<strong>il</strong>e di un tempo che oggi rappresenta<br />
gran parte della sua Dirigenza, ha r<strong>il</strong>anciato i suoi<br />
valori più radicati e radicali quali la solidarietà della<br />
comunità, la spiritualità dell’uomo e del suo vivere, <strong>il</strong><br />
radicamento delle Identità.<br />
Incolpare la Destra, quella nazionale e quella altoatesina,<br />
di essere nazionalista insomma significava<br />
banalizzare <strong>il</strong> problema e non conoscere <strong>il</strong> retroterra<br />
culturale cui la Destra stessa si ispirava. Poteva far comodo<br />
nel semplicismo terminologico della Sinistra, ma<br />
non solo non corrispondeva ai valori profondi della<br />
Destra; non apparteneva nemmeno alla cultura d’origine<br />
della Destra.<br />
Peraltro, la Destra è sempre stata consapevole del<br />
fatto che la cultura intesa come forma comportamentale<br />
di elaborazione di un progetto del sapere popolare<br />
significa respingere atteggiamenti populistici che potevano<br />
e possono tuttora emergere, nel tentativo di dare<br />
imm<strong>ed</strong>iate riposte a contingenze del presente e far accrescere<br />
diversamente - per dirla ancora con Veneziani<br />
- quella consapevolezza comunitaria che viene da una<br />
storia vissuta, poiché essa è s<strong>ed</strong>imentazione culturale<br />
del sentire comune. Non insomma quella cultura della<br />
tradizione legata ai nostalgismi o alla natura morta di<br />
qualche malinconico quadro politico di primo Nove-<br />
42 Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria
cento, che trasformerebbe la stessa cultura della Destra<br />
in tradizionalismo regressivo e settario. Non a caso la<br />
Destra - paradossalmente per quanto conservatrice - si<br />
sente più legata al Futurismo di Marinetti piuttosto che<br />
al Luddismo fondato da N<strong>ed</strong> Lud nel 1811, attraverso<br />
forme di violenta protesta operaia contro l’avvento delle<br />
macchine e quindi l’industrializzazione del Continente.<br />
Progetto „Alto Adige“<br />
La Destra altoatesina deve quindi proseguire <strong>il</strong> suo<br />
cammino per dar luogo ad un Progetto Alto Adige che<br />
porti a valorizzare <strong>il</strong> patrimonio storico, etnico, culturale<br />
e civ<strong>il</strong>e della Comunità italiana radicata nella nostra provincia<br />
che però è ricchezza stessa dell’intero territorio,<br />
inserendosi in una tradizione; non solo o non tanto<br />
per preservare e tutelare le memorie del passato né<br />
da una parte né dall’altra, ma per rielaborare modelli,<br />
esplorare nuove er<strong>ed</strong>ità da lasciare, indicare nuovi solchi<br />
che suggeriscano <strong>il</strong> presente nella realizzazione dell’avvenire.<br />
In questo contesto, la cultura della Destra non<br />
può scindersi dal riconoscere la sopravvivenza, ovvero<br />
l’essenza, di altri legami comunitari al pari di quelli<br />
vissuti dalla Destra: siano essi politici, come di fatto<br />
avviene, siano essi etnici, slegati però da qualsivoglia<br />
inclinazione nazionalistica o fondamentalista.<br />
Il salto di qualità necessario cui deve approdare<br />
la cultura della Destra, anche in Alto Adige, è quello<br />
che già da tempo è alla base dell’azione politico-civi-<br />
Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria<br />
43
le della Comunità locale legata alla Destra e che, per<br />
gli Autori intellettuali che fanno riferimento a questa<br />
comunità umana e politica, è quello di lasciare definitivamente<br />
quei retaggi di nazionalismo ancora esistenti<br />
negli ambienti di Destra al fine di mirare - riprendendo<br />
ancora Veneziani - verso un patriottismo compatib<strong>il</strong>e,<br />
che significa comunità aperta e quindi Destra partecipata,<br />
appunto. La difesa della Comunità, di ogni singola<br />
espressione sociale che si manifesta da una tradizione<br />
comune, nasce dalla consapevolezza che l’avversario<br />
non è la comunità diversa dalla propria, pur esistente<br />
sul proprio territorio. Comunità conviventi fra loro, per<br />
quanto di estrazione culturale diversa, possono co-esistere<br />
se insieme combatteranno la comunità globale,<br />
quella che, nell’enunciazione della fratellanza, tende ad<br />
abbattere le differenze storiche e culturali delle diverse<br />
comunità. Questa convinzione è più avvertita laddove<br />
sul m<strong>ed</strong>esimo territorio nazionale vivono realtà etniche<br />
diverse ma non per forza incompatib<strong>il</strong>i fra loro, dove<br />
spesso si ha la sensazione che le identità locali possano<br />
essere in qualche modo soppresse dalla identità nazionale.<br />
Anche in Alto Adige si è vissuto a lungo con tale<br />
pregiudizio, temendo che quest’ultimo concetto legato<br />
al centralismo <strong>ed</strong> allo statalismo potesse con <strong>il</strong> tempo<br />
sopprimere le ansie <strong>ed</strong> i giustificati sentimenti di dar<br />
vita ad un localismo autonomistico, che spesso però si<br />
è fatto confondere con affermazioni di incomprensib<strong>il</strong>e<br />
campan<strong>il</strong>ismo provincialistico creando vuoti di cr<strong>ed</strong>ib<strong>il</strong>ità,<br />
legati semmai a vecchi rancori mai sopiti. La verità è<br />
che finchè nella nostra provincia si continua ad assistere<br />
a testimonianze di mera difesa dell’io etnico, si rischia di<br />
44 Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria
perdere quella sfida con la globalizzazione che interessa<br />
anche la nostra realtà. La difesa dell’identità nazionale e<br />
di quella locale in verità, rappresenta l’immagine della<br />
stessa porzione sferica confronto all’era della mondializzazione.<br />
Esse si devono alleare laddove <strong>il</strong> concetto<br />
di identità si sposa con quello di comunità, portando a<br />
riconoscere l’esistenza di piccole patrie all’interno non<br />
solo di una Patria nazionale ma anche di una terra di<br />
origine provinciale, che deve pur sempre essere entità<br />
di coagulo fra diverse storie; <strong>il</strong> tutto in un contesto di<br />
Patria europea da rifondare e riunificare attraverso la<br />
quale tutelare e valorizzare proprio le diverse identità<br />
nazionali che si esprimono attraverso i difformi costumi<br />
popolari. Dove per costumi si intendono le abitudini<br />
e la storia, la tradizione popolare, prima ancora che<br />
popolana.<br />
Se si riesce ad imporre questo concetto di identità,<br />
chi guarda alla Destra altoatesina con interesse, disponib<strong>il</strong>ità<br />
o compiacenza ha fac<strong>il</strong>e gioco nella difesa della<br />
propria specificità identitaria e racchiude anche come<br />
possa essere più agevole la comprensione dell’identità<br />
altrui. Perché la difesa della propria identità non solo ne<br />
presuppone la coscienza ma anche l’esistenza di altre,<br />
di pari grado. Parafrasando Immanuel Kant, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo<br />
scozzese del Settecento, si può affermare che così come<br />
è errato pensare che l’uccello volerebbe più liberamente<br />
se non ci fosse la resistenza dell’aria; senza considerare<br />
che è proprio l’aria a tenerlo in volo, appare anche<br />
falsa la convinzione che l’Alto Adige possa essere più<br />
autonomo senza lo stato italiano, se non si considera<br />
che è proprio lo Stato a garantire l’autonomia.<br />
Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria<br />
45
Identità come progetto<br />
A capirlo per esempio sono quegli esponenti politici<br />
del gruppo t<strong>ed</strong>esco che, comprendendone i rischi, hanno<br />
espresso perplessità sulla recente iniziativa legislativa<br />
del senatore a vita Francesco Cossiga in merito all’autodeterminazione,<br />
un provv<strong>ed</strong>imento che se non altro<br />
mette definitivamente all’angolo quei partiti di lingua<br />
t<strong>ed</strong>esca di fronte ad un problema più volte trattato e<br />
rivendicato, spesso in maniera propagandistica. Infatti,<br />
se da una parte la proposta dell’ex Capo dello Stato è<br />
grave perché tende nei suoi principi a minare l’unità<br />
dello Stato costituzionalmente sancita, dall’altra è curioso<br />
v<strong>ed</strong>erne la praticab<strong>il</strong>ità della stessa in maniera<br />
da mettere una definitiva pietra tombale sopra alla più<br />
grande falsità storica di questa provincia; quella legata<br />
alla possib<strong>il</strong>ità di una minoranza di autodeterminare a<br />
quale Stato appartenere attraverso un referendum che<br />
secondo la legislazione internazionale viene riservato<br />
però ai popoli e non alle minoranze. In definitiva, grazie<br />
al percorso istituzionale che dovrebbe seguire <strong>il</strong> Disegno<br />
di Legge del senatore Cossiga, una volta per tutte<br />
verrà accertata la costituzionalità del principio di questo<br />
progetto politico prima ancora che l’atto legislativo e<br />
di conseguenza la validità delle rivendicazioni spesso<br />
avanzate da una parte della comunità di lingua t<strong>ed</strong>esca.<br />
Anche <strong>il</strong> recente sondaggio effettuato da un’organizzazione<br />
di lingua t<strong>ed</strong>esca intervistando solo 500 persone,<br />
dimostra come di fronte all’autodeterminazione per la<br />
popolazione di lingua t<strong>ed</strong>esca si sia giunti alla fine di<br />
una falso mito, la conclusione di un enorme inganno;<br />
46 Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria
quello che l’autodeterminazione sia ancora un obiettivo<br />
della popolazione di lingua t<strong>ed</strong>esca dell’Alto Adige.<br />
Il fatto che solo <strong>il</strong> 54% degli intervistati - nessuno di<br />
questi appartenenti al gruppo italiano - dichiara di volere<br />
l’annessione all’Austria, tende a dimostrare come<br />
ormai la popolazione di lingua t<strong>ed</strong>esca abbia compreso<br />
<strong>il</strong> valore dell’Autonomia concessa da Roma ma anche<br />
la convenienza garantita dalla stessa per lo sv<strong>il</strong>uppo di<br />
questa terra, attraverso quel gettito fiscale che oggi viene<br />
assicurato alla Provincia in maniera alquanto maggiore di<br />
quanto non venga in realtà versato da questa terra.<br />
Non di meno, anche la Comunità della Destra altoatesina<br />
è legata a Valori simbolo della propria tradizione;<br />
valori accumulati non solo in questi ultimi trent’anni di<br />
lotte comuni spesi in m<strong>il</strong>itanza politica, quando essere del<br />
Movimento sociale significava essere emarginati perché<br />
figli di un era sconfitta e non perché si fosse altoatesini<br />
di lingua italiana. I discendenti della Destra locale si sono<br />
sentiti nipoti di Cesare Battisti, di D’Annunzio o Marinetti<br />
legati al coraggio, all’azione <strong>ed</strong> al futuro; si sono sentiti<br />
figli dei ragazzi di El Alamein o dei volontari della Repubblica<br />
Sociale, legati all’ardimento <strong>ed</strong> all’onore da salvare<br />
dopo una guerra perduta; si sono sentiti fratelli delle<br />
persone infoibate nel Carso, degli esuli istriani, dalmati e<br />
giuliani vittime del tradimento togliattiano e del comunismo.<br />
Espressioni tutte di una storia limpida, magari non<br />
accettab<strong>il</strong>e universalmente e non condivisib<strong>il</strong>e per molti,<br />
ma manifestazioni di una cultura che indissolub<strong>il</strong>mente<br />
ha legato la Destra a miti capaci di generare passioni,<br />
speranze, orgoglio. E si è fatta affiancare da questi esempi<br />
nel suo percorso di mezzo secolo.<br />
Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria<br />
47
Certo, poi venne Fiuggi; ma proprio Fiuggi ha ammonito<br />
la Destra che una giacca <strong>ed</strong> una cravatta non<br />
fanno sempre l’eleganza di una persona; proprio Fiuggi<br />
ha ricordato ad essa che i Valori non sono fogli di<br />
carta da appallottolare e gettare in un cestino perché<br />
testimoni scomodi del percorso che una Comunità ha<br />
attraversato.<br />
Memore di questo tragitto, la Destra altoatesina non<br />
può accettare che la politica da essa espressa possa<br />
rispondere sic et simpliciter a quel bisogno di immagine<br />
richiesto dalla politica stessa. Accontentarsi della<br />
fotografia impressa sugli organi di informazione significa<br />
appagarsi con la propaganda senza badare ai risultati.<br />
Un concetto lontano anni luce proprio dalla cultura della<br />
Destra secondo la quale la politica serve per indirizzare<br />
e p<strong>il</strong>otare lo sv<strong>il</strong>uppo sociale <strong>ed</strong> economico e per<br />
tramutarlo in rispetto agli interessi generali e non personali.<br />
Ma per fare questo, la politica va <strong>ed</strong>ucata nelle<br />
scelte che avvengono con lo sguardo alla costruzione.<br />
Una politica quindi che esige da una parte chiarezza<br />
e trasparenza, ma dall’altra concretezza <strong>ed</strong> efficienza<br />
per garantire alla comunità interessata alle scelte della<br />
politica la continuità all’esistenza della comunità stessa.<br />
La distorsione massm<strong>ed</strong>iale che è stata data alla politica,<br />
secondo la quale essa è più fruttifera con l’immagine che<br />
con i fatti, ha portato ad una involuzione della politica<br />
stessa. Questo concetto non è mai stato caro alla Destra<br />
sia per una negazione di possib<strong>il</strong>ità, venendo cioè a<br />
mancare i sostegni economici che potessero sostenere<br />
un’immagine della Destra, sia per uno st<strong>il</strong>e basso che la<br />
Destra-partito o istituzionale ha sempre preferito. Peral-<br />
48 Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria
tro non si possono dimenticare le difficoltà della Destra<br />
ad acc<strong>ed</strong>ere in passato alle reti televisive o agli organi<br />
di informazione stampati. Giacchè la Destra ha dovuto,<br />
per propria stessa configurazione politica, adattarsi a<br />
quella traduzione in atti delle idee, rigettando di fatto la<br />
logica dell’ideocrazia. Per dirla con Ezra Pound, <strong>il</strong> poeta<br />
americano molto caro alla Destra, l’unica cultura che<br />
la Destra riconosce è quella delle idee che diventano<br />
azioni poiché un’idea, un concetto, finchè resta un’idea<br />
è soltanto un’astrazione. E se Giorgio Gaber avesse potuto<br />
mangiare un’idea, avrebbe fatto la sua rivoluzione,<br />
come egli amava affermare.<br />
In definitiva la cultura della Destra non deve temere<br />
di esprimere i suoi grandi progetti e non deve rinunciare<br />
a pensare con coraggio, fierezza e decisionismo in<br />
termini di identità, quindi con espressioni comunitarie,<br />
in maniera da condurre alla comprensione delle varie<br />
specificità, promuovendo la loro integrazione e non la<br />
separazione.<br />
Chi ha vissuto <strong>ed</strong> ha attraversato <strong>il</strong> deserto con la<br />
Destra locale sa che per essa fare politica non significa<br />
parlare di politica ma individuare e concretizzare proposte,<br />
progetti, soluzioni, idee contro ogni forma di pigrizia<br />
mentale <strong>ed</strong> in rispetto di ogni sensib<strong>il</strong>ità identitaria; e<br />
quella di ogni popolo è composta da molteplici sensi<br />
di appartenenza e di radicamento così come quella di<br />
ogni minoranza, che sia linguistica, religiosa o altro.<br />
Destra comunitaria <strong>ed</strong> identitaria<br />
49
DESTRA<br />
RAGIONATA E PROTAGONISTA<br />
Di quale Destra ha bisogno la Comunità altoatesina?<br />
Oppure quale Destra viene richiesta dalla Comunità<br />
altoatesina? La differenza è minima, ma sostanziale.<br />
Nell’era in cui, anche per effetto della scomparsa delle<br />
ideologie politiche, i partiti sono avvolti da un evidente<br />
laicismo creando una laicità nel voto, rendendolo<br />
quindi più fluttuante, è <strong>il</strong> partito che deve diventare<br />
capace di intercettare gli umori dell’elettorato di fatto<br />
rincorrendolo oppure deve rivendicarsi <strong>il</strong> primato della<br />
politica, quello in base al quale se vi è un contr’ordine<br />
compagni (per dirla con Guareschi) <strong>il</strong> cittadino deve<br />
adeguarsi? La regola, anche in questo caso, non è più<br />
ferrea come un tempo. L’elasticità alla propensione non<br />
solo al voto ma alla stessa appartenenza di quel voto<br />
che caratterizza <strong>il</strong> nostro tempo, pone la politica <strong>ed</strong> i<br />
suoi attori ad identificare una terra di mezzo che può<br />
Destra ragionata e protagonista<br />
51
divenire patrimonio di tutti e sintesi condivisa, capace<br />
di coniugare <strong>il</strong> verbo del partito all’umore dell’elettore<br />
e viceversa. Per propria stessa cultura, più di ogni altra<br />
connotazione politica, la Destra non si fa trascinare nella<br />
gara di inseguimento all’elettore. Essa non è abituata<br />
a dire al cittadino quello che l’elettore si vuol sentir<br />
dire benché storicamente la Destra, diversamente da<br />
una Sinistra più ideologizzata, sia più legata al carattere<br />
del suo popolo oltrechè alla storia della sua Nazione.<br />
Se così facessero, gli esponenti della Destra sarebbero<br />
consci del fatto che non farebbero politica; farebbero<br />
colpevolmente i politicanti. Peraltro la Destra è anche<br />
a conoscenza del fatto che non si può nemmeno permettere<br />
di limitarsi a riscaldare <strong>il</strong> cuore dell’elettorato,<br />
comprendendo di dover allenare questo muscolo<br />
a pompare speranza, stimoli, buona energia affinché <strong>il</strong><br />
battito continui la vitalità progettuale della Destra, ma<br />
rafforzi anche l’energica voglia di appartenenza politica<br />
dell’elettore, in maniera da riprendere quel cammino<br />
comune che proprio la deideologizzazione ha in parte<br />
interrotto, creando la perdita di cr<strong>ed</strong>ib<strong>il</strong>ità della politica<br />
e, appunto del suo primato.<br />
La necessità che si rinsaldi questo rapporto fra politica<br />
e cittadino, ma anche le vicende politiche registrate<br />
in Alto Adige in questi ultimi anni, hanno obbligato la<br />
Destra locale ad una attenta e profonda riflessione sia<br />
sullo stato del partito, sia sul ruolo che lo stesso deve<br />
ricoprire per <strong>il</strong> futuro come, infine, sull’immagine che<br />
Alleanza Nazionale deve produrre di se. In sintesi, tre<br />
sono le questioni che Alleanza Nazionale deve porsi:<br />
una tutta interna, legata al valore unitario della classe<br />
52 Destra ragionata e protagonista
politica e che tratteremo nel capitolo d<strong>ed</strong>icato alla Destra<br />
organizzata <strong>ed</strong> unitaria; l’altra politica, che fa della<br />
progettualità <strong>il</strong> senso primario di un partito teso non a<br />
gestire <strong>il</strong> presente o a subirne gli effetti ma a disegnare<br />
<strong>il</strong> futuro o quantomeno a contribuire all’impostazione,<br />
trattata nella parte riservata alla Destra programmatica e<br />
popolare; di tali questioni, infine, non per importanza,<br />
l’ultima è quella istituzionale ovvero come presentarsi<br />
sulla scena politica.<br />
La questione istituzionale<br />
Non si tratta in quest’ultimo caso di indossare per<br />
forza quel doppiopetto che la Sinistra di un tempo rimproverava<br />
ad Almirante di inf<strong>il</strong>are, come a nascondere <strong>il</strong><br />
suo essere malinconicamente fascista. Si tratta semmai,<br />
di come presentare le proprie tesi, frutto di un dibattito<br />
interno che deve condurre ad una unitarietà di intenti<br />
<strong>ed</strong> una univocità di espressione. Le valutazioni da farsi<br />
quindi devono essere figlie anche del nuovo scenario<br />
in cui ha saputo calarsi nel 2003 Alleanza Nazionale<br />
attraverso l’elezione a vice-Presidente del Consiglio di<br />
Giorgio Holzmann, a quel tempo Presidente provinciale<br />
di AN, <strong>il</strong> Caronte della Destra altoatesina, come<br />
venne definito più con sfottò che con rispetto sia da<br />
certi avversari politici come da interni oppositori per<br />
aver intrapreso <strong>il</strong> traghettamento del partito che guidava,<br />
cercando di portarlo da un’area congelata ad una<br />
partecipata. Una scelta peraltro che convinse ad aderire<br />
al nuovo corso della Destra altoatesina anche coloro che<br />
Destra ragionata e protagonista<br />
53
fino ad allora facevano vanto della propria distanza dal<br />
MSI. L’elezione di Holzmann - avvenuta nel novembre<br />
2003 - qualche mese prima che avvenisse, appariva uno<br />
scenario impensab<strong>il</strong>e ma non inimmaginab<strong>il</strong>e e chiamò<br />
- o avrebbe dovuto chiamare - i Dirigenti della Destra<br />
altoatesina ad un’ulteriore salto di qualità; ad una aggiuntiva<br />
prova <strong>ed</strong> assunzione di responsab<strong>il</strong>ità.<br />
Comunque sia andata successivamente, con la nomina<br />
a Presidente del Consiglio di un’esponente non<br />
già di AN ma di altro partito, l’incarico ricaduto su<br />
Alleanza Nazionale volle riconoscere per la prima volta<br />
alla Destra altoatesina <strong>il</strong> diritto di rappresentanza politica<br />
<strong>ed</strong> alla Comunità linguistica italiana quello della rappresentatività<br />
etnica. Un’operazione che se avesse avuto <strong>il</strong><br />
seguito sperato, poteva rappresentare una prima tappa<br />
- o meglio una stazione di transito - verso quel progetto<br />
unanimemente votato dall’ultimo Congresso provinciale<br />
del 2002, condiviso anche dall’allora vice-Presidente<br />
del Consiglio dei Ministri e Ministro degli Esteri on.<br />
Gianfranco Fini, che purtroppo non ha però trovato<br />
l’auspicata evoluzione anche a causa di un maggior<br />
integralismo della SVP che ha caratterizzato la nuova<br />
Segreteria del partito di Elmar Pichler-Rolle, e di cui parleremo<br />
successivamente nel capitolo rivolto alla Destra<br />
aperta e partecipata; ma, se si deve dare cr<strong>ed</strong>ito alle<br />
parole dello stesso Presidente della Giunta provinciale<br />
Luis Durnwalder, anche per l’immagine di un ritrovato<br />
irrigidimento di Alleanza Nazionale presentato dalla nuova<br />
Dirigenza del Partito ins<strong>ed</strong>iatasi nell’apr<strong>il</strong>e 2006. Se<br />
in politica ci vuole coraggio anche per essere cr<strong>ed</strong>ib<strong>il</strong>i,<br />
questo coraggio è certamente mancato alla SVP. Ma<br />
54 Destra ragionata e protagonista
ciò non può significare che la Destra altoatesina non<br />
debba più continuare a parlare almeno con una parte<br />
del partito di lingua t<strong>ed</strong>esca, quella che nei confronti<br />
di AN ha mostrato aperture interessanti, come successivamente<br />
indicate.<br />
Se insomma si era riusciti, con abnegazione, passione,<br />
serietà a raggiungere - seppur parzialmente e per<br />
un tempo limitato - l’obiettivo di garantire quella rappresentatività<br />
etnica che è alla base del comune intento<br />
politico della Destra altoatesina, oggi si deve ripartire; sia<br />
in ordine a quest’ultimo aspetto di primaria importanza<br />
che tende non a premiare una Comunità indebolita ma<br />
a riconoscere alla stessa la prerogativa distintiva, sia in<br />
merito alla necessaria rappresentanza politica spettante<br />
ad AN. Traguardi questi a cui è necessario guardare<br />
con la convinzione che la percorrib<strong>il</strong>ità di azioni tese<br />
all’opportunità della costituzione di un terreno politico<br />
condivisib<strong>il</strong>e con altre forze politiche, in chiave di possib<strong>il</strong>e<br />
governab<strong>il</strong>ità, possa costituire lo snodo in chiave<br />
programmatica dell’imm<strong>ed</strong>iato futuro di An.<br />
La Destra altoatesina deve giustamente essere persuasa<br />
della complessità che tale obiettivo porta con sé. Ma<br />
la consapevolezza della complessità stessa deve affiancare<br />
la convinzione dell’urgenza e dell’improrogab<strong>il</strong>ità<br />
della ricerca dei più idonei rapporti di tipo strumentale<br />
per <strong>il</strong> raggiungimento dell’obiettivo; un traguardo che<br />
richi<strong>ed</strong>e la massima unità interna, affinché la Destra<br />
altoatesina possa continuare a raffigurare per la popolazione<br />
di lingua italiana quella Com-unità che le ha<br />
permesso di essere per anni in concreto l’unico punto<br />
di riferimento per la m<strong>ed</strong>esima popolazione.<br />
Destra ragionata e protagonista<br />
55
Di fatto in Alto Adige la Destra locale già nel 1983<br />
passò attraverso quel processo politico che molti hanno<br />
brutalmente e spregiativamente definito lo sdoganamento,<br />
come se la Comunità della Destra fosse una merce<br />
esposta sulle bancarelle della politica; ciò, paradossalmente,<br />
ben dieci anni prima di quello che beneficiò <strong>il</strong><br />
partito in campo nazionale. Ma esso non può passare<br />
più solo attraverso <strong>il</strong> consenso elettorale. Ora Alleanza<br />
Nazionale deve aspirare, anche in provincia di Bolzano,<br />
al superamento definitivo di una frontiera istituzionale.<br />
Proposte di una Destra ragionata<br />
Purtroppo dal primo sussulto elettorale che portò<br />
nel 1983 la Destra altoatesina a raddoppiare la propria<br />
rappresentanza in Consiglio provinciale ad oggi, abbiamo<br />
vissuto una situazione di stallo. Infatti, se in campo<br />
nazionale quel confine fra l’ingresso in una maggioranza<br />
di Governo e <strong>il</strong> rimanerne sulla soglia è stato oltrepassato<br />
dalla Destra missina divenuta solo successivamente<br />
quella di Fiuggi, questo percorso non si è verificato nella<br />
nostra provincia anche per effetto di quell’anomalia tutta<br />
altoatesina che ci fa parlare di democrazia bloccata o<br />
malata a causa di un partito etnico, che non solo è ma<br />
anche sarà sempre chiamato a governare questa terra.<br />
E dove la regola dell’alternanza viene difatto riservata<br />
potenzialmente solo alla parte italiana; decisa peraltro<br />
nemmeno dall’elettorato.<br />
Si ritiene quindi che spetti alla Destra locale stab<strong>il</strong>ire<br />
se - dopo la fase di raggiunta maturità in cui <strong>il</strong> partito è<br />
56 Destra ragionata e protagonista
divenuto forza di governo a livello nazionale - intenda<br />
proporsi quale forza di governo anche localmente. Non<br />
protendendo la mano verso qualcuno, come elemosinando;<br />
ma tendendo la m<strong>ed</strong>esima con l’atto di incontrarne<br />
un’altra da stringere e con la quale fare un percorso<br />
comune. Certo, non sempre questa mano è stata stretta<br />
con necessaria convinzione; ma chi ha vissuto la politica<br />
sa che <strong>il</strong> frutto si raccoglie con la buona semina, non<br />
con una mietitura frettolosa e malfatta. Quante volte<br />
deve essere risuonato nelle orecchie dei m<strong>il</strong>itanti e dei<br />
Dirigenti della Destra altoatesina quanto affermava <strong>il</strong><br />
Dalai Lama circa <strong>il</strong> fatto che ci sono state in passato<br />
persone che hanno cambiato le cose, non perché si<br />
aspettavano un risultato imm<strong>ed</strong>iato dal loro agire, ma<br />
perché avevano un progetto. Un richiamo ad una visione<br />
più d’insieme del progetto, tendente a lasciare cogliere<br />
agli er<strong>ed</strong>i <strong>il</strong> frutto di un sacrificio comune con <strong>il</strong> quale<br />
siginificativamente si è inteso aprire questo libro.<br />
L’esame di laurea per la Destra locale è proprio questo:<br />
una forza che da protesta - quale era l’allora Movimento<br />
Sociale e nel quale molti degli attuali Dirigenti di<br />
Alleanza Nazionale hanno m<strong>il</strong>itato - ha saputo divenire<br />
partito di proposta può rinunciare a ricoprire un ruolo<br />
attraverso <strong>il</strong> quale dare garanzie alla Comunità di lingua<br />
italiana dell’Alto Adige, quale quello di componente del<br />
governo locale? Alleanza Nazionale, da partito pensante<br />
politicamente, come ha dimostrato di essere con le sue<br />
convinzioni, le sue idee, <strong>il</strong> suo bagaglio di coerenza,<br />
si vuole che abdichi alla possib<strong>il</strong>ità di divenire partito<br />
pesante istituzionalmente per la Comunità italiana, affinchè<br />
<strong>il</strong> progetto di riequ<strong>il</strong>ibrio della realtà altoatesina<br />
Destra ragionata e protagonista<br />
57
sia capace di riavvicinare la Comunità italiana a questa<br />
Autonomia, in cui ognuno si senta protagonista e non<br />
comparsa di ultima scena?<br />
Certo in questo contesto è importante la disponib<strong>il</strong>ità<br />
delle altre forze politiche e la lealtà delle stesse<br />
nel prefigurare un’azione di cooperazione progettuale;<br />
ma molto dipende anche da come si atteggia la Destra<br />
locale nella consapevolezza del dialogo, pur mantenendo<br />
fermi i principi politici di tutti coloro che intendono<br />
partecipare a questo progetto. Ovviamente, all’interno<br />
di tali confini occorre operare per la sintonia <strong>ed</strong> in<br />
consonanza, per r<strong>il</strong>anciare ad esempio quell’economia<br />
povera dei settori occupazionali che rischiano di elemosinare<br />
le briciole lasciate cadere da una Provincia che<br />
cammina a doppia velocità; non in base al r<strong>ed</strong>dito di<br />
ognuno - che sarebbe comunque preoccupante - ma in<br />
forza del gruppo linguistico di appartenenza di ciascuno.<br />
La Destra, ma in questo concetto forse è più corretto<br />
rivolgersi all’intero centro-destra, nel quinquennio del<br />
suo Governo ha dimostrato di non volersi vendicare<br />
nei confronti dell’Autonomia, ormai dai più accettata<br />
quale principio portante della società altoatesina, e di<br />
non voler nemmeno chi<strong>ed</strong>ere i danni per quei torti<br />
subiti dalla comunità italiana a causa di una impostazione<br />
costituzionalmente errata dello Statuto stesso che,<br />
come è noto, è volto a tutelare due Comunità (quella<br />
t<strong>ed</strong>esca e quella ladina) ma che non avrebbe dovuto<br />
penalizzare la terza comunità, quella italiana appunto;<br />
come invece è in parte avvenuto. Gli esempi sono tanti,<br />
tutti raccolti in quel disagio non solo psicologico ma<br />
pure materiale che le norme in materia di b<strong>il</strong>inguismo<br />
58 Destra ragionata e protagonista
e di proporzionale, per esempio, hanno generato sulla<br />
Comunità di lingua italiana. Non è piangersi addosso<br />
come qualche politico di un tempo ha detto in questi<br />
anni; ma è chiaro che oggi serve un riequ<strong>il</strong>ibrio della<br />
nostra Autonomia, in maniera che tutti possano sentirsi<br />
a proprio agio affinchè la convivenza in Alto Adige<br />
non sia solo un fatto fisico ma diventi pure una realtà<br />
sociale non epidermica.<br />
La Destra deve continuare a cr<strong>ed</strong>ere in questo progetto<br />
di riequ<strong>il</strong>ibrio, durante <strong>il</strong> quale deve svolgere un<br />
ruolo ragionato e da protagonista anche attiva nella modifica<br />
di alcune norme di attuazione relative ad esempio<br />
alla scuola, che prev<strong>ed</strong>ano l’applicazione di metodologie<br />
di apprendimenti della seconda lingua anche attraverso<br />
l’insegnamento veicolare; o in merito alla proporzionale,<br />
affinché sia ancora più equa la sua applicazione e vi sia<br />
un prevalente riconoscimento delle competenze fin nei<br />
ruoli apicali, prev<strong>ed</strong>endo la rotazione degli incarichi; e,<br />
ancora, in materia di b<strong>il</strong>inguismo e di b<strong>il</strong>inguità, dettati<br />
dallo statuto di Autonomia. Indubbiamente <strong>il</strong> r<strong>il</strong>ancio<br />
della Comunità italiana non può fermarsi a questi singoli<br />
provv<strong>ed</strong>imenti. C’è una nuova cultura che deve<br />
emergere fin nella Costituzione italiana; quella volta a<br />
riconoscere ad essa lo status di minoranza territoriale<br />
di secondo grado, modificando l’art. 6 della Carta costituzionale.<br />
Ma nella realizzazione di nuove disposizioni<br />
non si può evitare una riflessione nemmeno sul<br />
reimpianto di un nuovo progetto regionale, che affidi<br />
proprio alla Regione Trentino Alto Adige una nuova<br />
ragione d’essere.<br />
Destra ragionata e protagonista<br />
59
Regione quo vadis?<br />
I continui richiami a nuove competenze da trasferire<br />
alla Provincia, che tende sempre più a rapportarsi<br />
nei confronti dell’Europa da Stato indipendente - come<br />
lo stesso Presidente della Giunta provinciale Luis Durnwalder<br />
ha sostenuto nella sua relazione programmatica<br />
di inizio della XII Legislatura - impongono alla Destra<br />
di valutare con coraggio se riprendere quel dibattito<br />
aperto nel gennaio 2004 circa la necessità di proc<strong>ed</strong>ere<br />
1) con una riforma adeguandola alla nuova situazione<br />
che comporti <strong>il</strong> r<strong>il</strong>ancio della Regione stessa attraverso<br />
l’assegnazione di nuovi compiti di coordinamento fra<br />
le due Province di Trento e di Bolzano, senza che ciò<br />
significhi svuotamento delle Province o se, invece 2)<br />
proc<strong>ed</strong>ere in una direzione diametralmente opposta.<br />
In un caso, contestualizzando in un’ottica europea la<br />
riflessione sulla Regione nel rispetto dei sentimenti della<br />
Comunità italiana (come già si affermava in Prove<br />
di golpe (bianco) in Alto Adige, <strong>il</strong> saggio che scrissi<br />
nel 2000) per la quale, se essa deve rappresentare <strong>il</strong><br />
quadro di riferimento nazionale, occorre interrogarsi se<br />
effettivamente riproduca ciò. In questo contesto la creazione<br />
artificiale dell’Euregio mascherata da strumento di<br />
cooperazione, ha contribuito a mettere in discussione<br />
proprio questo riferimento politico e culturale per la<br />
minoranza di lingua italiana dell’Alto Adige. La Destra<br />
altoatesina non ha mai negato che l’unione di più Regioni<br />
volta a favorire la cooperazione economica sia<br />
essa transfrontaliera come interna ad un m<strong>ed</strong>esimo Stato<br />
non sia di per se stessa pericolosa o penalizzante; ma<br />
60 Destra ragionata e protagonista
quando a questa cooperazione si vuole a tutti i costi<br />
dare una connotazione politica o etnica al punto da<br />
escludere Regioni e Province confinanti con quella di<br />
Bolzano come <strong>il</strong> Veneto o la Lombardia che potrebbero<br />
arricchire la cooperazione stessa - dimenticando volutamente<br />
che la cultura di queste regioni è parte della<br />
cultura anche della Comunità italiana che vive in Alto<br />
Adige come anche in Trentino - allora appare evidente<br />
che della Regione europea del Tirolo si vuole fare una<br />
entità a se stante. Peraltro una realtà già concreta che<br />
si manifesta con un parlamentino proprio le cui delibere<br />
non passano nemmeno nelle aule istituzionali che quel<br />
parlamentino compongono. Se quindi si vuole maturare<br />
<strong>il</strong> progetto di r<strong>il</strong>ancio della Regione Trentino-Alto<br />
Adige occorre nell’imm<strong>ed</strong>iato promuovere fattivamente<br />
l’istituzione di una Costituente regionale composta da<br />
rappresentati dei due Consigli provinciali di Trento e di<br />
Bolzano che, attraverso una precisa calendarizzazione<br />
degli impegni, entro alcuni mesi dalla sua costituzione,<br />
st<strong>il</strong>i un documento concertato <strong>ed</strong> unitario volto a porre<br />
le basi per un nuovo „Pensiero Regione“ teso a valorizzare<br />
<strong>il</strong> patrimonio comune delle due province sia territoriale<br />
che culturale, che preservi le memorie del passato<br />
e le leghi alle vicende che hanno unificato e cementato<br />
<strong>il</strong> dialogo fra le due province e che rielabori, in ultimo,<br />
un modello di sv<strong>il</strong>uppo congiunto e coordinato fra le<br />
province e fra le varie sensib<strong>il</strong>ità etniche e culturali che<br />
vivono all’interno della Regione. Un nuovo Statuto regionale<br />
che rafforzi <strong>il</strong> percorso compiuto dalla Regione<br />
Trentino Alto Adige riportando però la barra al centro,<br />
nell’interesse di tutte le Comunità da essa ospitate.<br />
Destra ragionata e protagonista<br />
61
Se queste però non sono le premesse, che fare della<br />
Regione?<br />
Analizziamo la seconda opzione sulla quale si ritiene<br />
che una forza responsab<strong>il</strong>e quale la Destra altoatesina<br />
deve riprendere ad interrogarsi. Il depotenziamento<br />
dell’Ente voluto dalla SVP e concesso negli anni dal<br />
centro-sinistra, ha raggiunto ormai <strong>il</strong> suo massimo livello<br />
tanto che la Regione è un organismo su cui <strong>ed</strong> in cui si<br />
può solo dibattere e nel quale ogni confronto viene reso<br />
virtuale nella sua inut<strong>il</strong>ità. Quando intervistato <strong>il</strong> primo<br />
febbraio 2004 dal quotidiano Alto Adige in merito al<br />
futuro della Regione, l’on. di AN Pietro Mitolo affermava<br />
che „l’abbiamo difesa fino a quando aveva ancora delle<br />
competenze, ma adesso che l’hanno svuotata del tutto<br />
non ha più senso difendere una Regione ridotta a un<br />
fantasma“, riprendendo alcune riflessioni che mi permisi<br />
di esprimere sulla stampa locale (e che aprirono un<br />
dibattito anche furioso interno alla Destra ma esternato<br />
sulla stampa), egli espresse la particolare condizione<br />
psicologica di gran parte della Comunità italiana.<br />
Personalmente ho cr<strong>ed</strong>uto nella Regione e ho sostenuto<br />
questa Istituzione quando essa esprimeva qualcosa<br />
per la Comunità italiana e ad essa ci si aggrappava per<br />
rimanere ancorati allo Stato nazionale. Ho protetto la<br />
Regione quando aveva contenuti ben diversi da quelli<br />
attuali. Ed ho richiamato al rispetto della dignità della<br />
Regione prima che diventasse quel luogo di dibattito<br />
peraltro preconizzato in maniera sprezzante dall’on. della<br />
SVP Karl Zeller qualche anno fa. Oggi purtroppo, la<br />
Regione si coniuga unicamente con la gestione di un<br />
blando patrimonio, con l’amministrazione di un ridotto<br />
62 Destra ragionata e protagonista
numero di personale dipendente, con una competenza<br />
in merito alla previdenza prevista dallo Statuto che forse<br />
verrà delegata anch’essa alle Province e con la figura del<br />
giudice di pace di cui, con tutto rispetto, pochi conoscono<br />
addirittura l’esistenza. Delegate le competenze alle<br />
Province in materia di Camere di Commercio, Cr<strong>ed</strong>ito e<br />
cooperazione ancora nel giugno 1997 e quindi sul finire<br />
dell’ultima legislatura quelle riguardanti <strong>il</strong> catasto <strong>ed</strong> <strong>il</strong><br />
libro fondiario, l’Ente regionale Trentino Alto Adige non<br />
ha attualmente più potere alcuno; è diventato un piatto<br />
politico talmente insipido che a tre mesi dalle elezioni<br />
dell’ottobre 2003 ad essa non si era ancora dato alcun<br />
Governo. Una scatola svuotata e resa inefficiente che<br />
però continua a richi<strong>ed</strong>ere costi alla popolazione <strong>ed</strong> ad<br />
isolare la Comunità italiana dell’Alto Adige, strizzando<br />
l’occhio alla popolazione trentina <strong>ed</strong> al mondo t<strong>ed</strong>esco<br />
e ladino della provincia di Bolzano. Di fatto, dal 2003<br />
Trento e Bolzano possono operare da Province autonome<br />
come fossero due Regioni autonome, pur agendo in<br />
un assetto istituzionale e costitutivo ben diverso. Non<br />
si entrerà nel merito di come ciò sia potuto accadere.<br />
E non tanto perché siano noti i responsab<strong>il</strong>i di questo<br />
depotenziamento, quanto perché questa è la realtà con<br />
la quale bisogna oggi confrontarsi. Su tale aspetto si può<br />
fare demagogia, ma non si può non essere pragmatici.<br />
L’assetto regionale tuttora vigente previsto dall’Accordo<br />
De Gasperi-Gruber è impostato sul riequ<strong>il</strong>ibrio dei diritti<br />
degli abitanti di lingua t<strong>ed</strong>esca rispetto agli abitanti di<br />
lingua italiana in quanto minoranza linguistica, in un<br />
quadro regionale che faceva (e fa tuttora) riferimento ad<br />
una popolazione di quasi 900 m<strong>il</strong>a cittadini, di cui solo<br />
Destra ragionata e protagonista<br />
63
un terzo appartenenti all’area storico-culturale di lingua<br />
t<strong>ed</strong>esca; quindi minoranza da tutelare, nel momento in<br />
cui veniva accorpata nella Regione Trentino Alto Adige.<br />
È ovvio che nel quadro in cui due Province esercitano i<br />
poteri di altrettante Regioni questa ipocrisia diventa diffic<strong>il</strong>e<br />
da accettarsi e digerire e serve riflettere seriamente,<br />
senza falsi pudori, sull’opportunità di tenere in pi<strong>ed</strong>i un<br />
Istituto vuoto che fino ad ora ha considerato e servito<br />
da un lato unicamente gli interessi della Svp e dall’altro<br />
le necessità della popolazione trentina, dimenticando<br />
o ignorando volutamente parte delle aspirazioni e delle<br />
esigenze della Comunità linguistica italiana dell’Alto<br />
Adige che da questa Regione non è mai stata tutelata e<br />
che, in un eventuale diverso assetto regionale, potrebbe<br />
e dovrebbe essere valorizzata quale nuova minoranza<br />
linguistica che verrebbe a determinarsi. Oggi, persino la<br />
Comunità ladina, altra minoranza nella Regione Trentino<br />
Alto Adige, è più tutelata di quella italiana. L’Svp<br />
ha capito che un nuovo assetto istituzionale potrebbe<br />
capovolgere la politica etnica in Alto Adige dovendo<br />
considerare le necessità di tutelare e valorizzare una<br />
nuova minoranza, quale quella italiana; <strong>ed</strong> infatti, dopo<br />
aver partecipato all’esecuzione politico-istituzionale della<br />
Regione con <strong>il</strong> colpo alla nuca esploso con la Riforma<br />
costituzionale del 2001, ora tiene in stato vegetativo tale<br />
ente, frenando su una ipotesi per certi versi ancor più<br />
riformista. L’hanno capito anche i trentini che temono di<br />
perdere la loro specificità e, quindi, quei priv<strong>il</strong>egi che<br />
solo un politico astuto come Alcide De Gasperi poteva<br />
ritagliare a loro misura. Ed infatti essi sono contrari a tale<br />
possib<strong>il</strong>ità. Alla luce di questa situazione, se la Destra<br />
64 Destra ragionata e protagonista
altoatesina e nazionale vuole sempre più continuare ad<br />
agire concretamente in difesa della Comunità italiana<br />
altoatesina, per valorizzarla e potenziarla riconoscendole<br />
rappresentatività politica e non solo rappresentanza<br />
etnica, è veramente peregrino e del tutto inopportuno<br />
che un’eventuale stesura di un nuovo Statuto debba<br />
in alternativa prev<strong>ed</strong>ere non già <strong>il</strong> r<strong>il</strong>ancio dell’attuale<br />
sistema regionale, quanto semmai un nuovo impianto<br />
regionale? E se ciò deve essere, è lecito ipotizare che<br />
sia impostato su due diverse istituzioni autonome che<br />
potrebbero dare maggiori garanzie alla Comunità italiana<br />
altoatesina, prev<strong>ed</strong>endo quegli strumenti che attualmente<br />
lo Statuto regionale nega agli altoatesini di lingua<br />
italiana poiche sb<strong>il</strong>anciato verso altre entità?<br />
Insomma, dopo la chiusura dei rubinetti, una volta<br />
che <strong>il</strong> serbatoio è stato opportunisticamente svuotato nel<br />
tempo trasformando la Regione in un invertebrato che<br />
purtroppo ci ricorda più l’era giurassica che i giorni nostri,<br />
è bene che la Destra promuova sane riflessioni circa<br />
<strong>il</strong> futuro di questo Ente, ovvero se metterlo in un museo<br />
oppure se progettare e concertare un nuovo ruolo concreto<br />
di coordinamento funzionale al suo r<strong>il</strong>ancio che<br />
non sia solo una mera operazione di facciata? Un’eventualità<br />
quest’ultima non di secondaria importanza sulla<br />
quale anche la Destra locale deve potersi esprimere per<br />
partecipare con un intelligente piano programmatico e<br />
pragmatico anche al fine di non ingenerare la sensazione<br />
che si navighi a vista, privi di una progettualità altresì<br />
irrinunciab<strong>il</strong>e.<br />
È in questi progetti, se vogliamo audaci ma certamente<br />
coraggiosi, che la Destra deve essere capace di<br />
Destra ragionata e protagonista<br />
65
iavvicinare l’Autonomia alla Comunità italiana prima<br />
ancora che <strong>il</strong> contrario. È a questo obiettivo che deve<br />
mirare anche <strong>il</strong> centro-sinistra e la SVP se vogliono<br />
fare passi avanti su un concetto; quello dell’autonomia<br />
di tutti e non solo di una maggioranza etnica che, in<br />
quanto tale, in Alto Adige è anche politica.<br />
Una Destra pensante e pesante<br />
Il secolo che si è chiuso qualche anno fa ha consegnato<br />
al mondo e alla Terra altoatesina eventi catastrofici<br />
che devono essere da monito per tutti; le guerre per la<br />
conquista di territori e per la riconquista della libertà,<br />
con <strong>il</strong> bagaglio di miseria che esse si sono portate dietro.<br />
L’Alto Adige e la popolazione altoatesina non sono<br />
rimasti immuni dagli effetti prodotti da cause che storicamente<br />
sembrano fortunatamente ormai lontane nella<br />
riaffermata stab<strong>il</strong>ità europea. Ci sono state sofferenze;<br />
ma da entrambe le parti. Poichè se è vero che si è assistito<br />
all’annessione, al fascismo <strong>ed</strong> al nazionalsocialismo<br />
non si può nemmeno dimenticare quel terrorismo che<br />
dagli Anni Sessanta e che per circa 20 anni ha aggr<strong>ed</strong>ito<br />
questa Terra, violentando la Comunità italiana alla quale<br />
è stato chiesto <strong>il</strong> sacrifico di vite umane. Con <strong>il</strong> tempo,<br />
<strong>il</strong> territorio altoatesino è passato dallo scontro etnico,<br />
dettato da un’auto-difesa sollecitata proprio dalle bombe<br />
esplose negli anni Ottanta (gli anni del terrore altoatesino)<br />
e dai moti di ribellione dovuti all’applicazione ferrea<br />
di uno Statuto che la Destra altoatesina non ha votato,<br />
all’incontro dialogico imposto dal periodo successivo,<br />
66 Destra ragionata e protagonista
tutto sommato di pace etnica seppur di forti rivendicazioni<br />
della Comunità italiana per un riequ<strong>il</strong>ibirio dello<br />
Statuto di Autonomia. Un periodo che ha fatto della<br />
Destra di un tempo - fuori dall’arco costituzionale -<br />
quella che anche l’on. Fini voleva a Bolzano: una Destra<br />
ragionata prima ancora che Destra moderata, giacché<br />
<strong>il</strong> confine della moderazione è sempre relativo. Una<br />
Destra intelligente portata ad esprimersi non con quella<br />
arroganza verbale che, come la Storia ci ha insegnato,<br />
non ha favorito in passato risultati capaci di ribaltare gli<br />
effetti dell’Autonomia, quanto con un linguaggio forse<br />
più istituzionale ma non improduttivo, come dimostrano<br />
le molte proposte di Alleanza Nazionale approvate in<br />
questi ultimi dieci anni in Consiglio provinciale su temi<br />
sociali <strong>ed</strong> economici.<br />
Bene quindi ha fatto la Destra altoatesina ad esprimere,<br />
in questi anni, le proprie denunce in maniera civ<strong>il</strong>e,<br />
poiché <strong>il</strong> confronto politico, come anche <strong>il</strong> rapporto<br />
umano, non può prescindere da uno st<strong>il</strong>e che deve<br />
essere di esempio anzitutto per i giovani.<br />
Ciò peraltro rappresentava anche quel percorso nazionale<br />
che la Destra locale ha responsab<strong>il</strong>mente condiviso<br />
a Fiuggi, sebbene in quel gennaio 1995 molti<br />
altoatesini - ammarati successivamente nel nuovo partito<br />
nato nel comune laziale - si preoccupavano di mantenere<br />
le distanze da questa Comunità politica mentre<br />
c’era chi, con sofferenza ma con passione accettava,<br />
condividendola, la direzione indicata dal Presidente<br />
nazionale di quel nuovo soggetto politico che rappresentava<br />
la nuova Destra e che prendeva <strong>il</strong> nome di<br />
Alleanza Nazionale.<br />
Destra ragionata e protagonista<br />
67
La nuova realtà nazionale e provinciale scaturita<br />
dalle urne, suggerisce ovviamente l’individuazione di<br />
una strategia adeguata, attualizzando l’azione al nuovo<br />
quadro politico. In questo contesto, la Destra altoatesina<br />
nel momento stesso in cui ha saputo ricreare nella sua<br />
concretezza uno storico successo (l’elezione a deputato<br />
di Giorgio Holzmann, artefice di un corso politico coraggioso<br />
e la cui linea raccoglieva <strong>il</strong> 90% dei consensi<br />
interni) non può pensare di rinunciare a tale esperienza<br />
positiva, a questo laboratorio coraggioso fatto di confronto<br />
e di dialogo che altresì le è valsa l’accusa di<br />
ammorbidimento e sudditanza nei confronti della SVP.<br />
Ha ragione chi afferma che è necessario continuare<br />
una politica aggressiva nei confronti dell’Autonomia e<br />
graffiante nei riguardi della SVP, se questo però significa<br />
non voler inasprire ulteriormente i toni che devono<br />
tenere in pi<strong>ed</strong>i un confronto dove non vince chi grida<br />
più forte; anche se ciò appare lo sport pr<strong>ed</strong><strong>il</strong>etto da<br />
molti politici.<br />
Certo, anche io ho gridato un tempo. Come tanti a<br />
quel tempo.<br />
Ho gridato contro <strong>il</strong> regime democristiano degli anni<br />
Settanta e contro la partitocrazia, ben prima che altri a<br />
sinistra ne riconoscessero l’esistenza; ho gridato contro<br />
la cosiddetta demo-plutocrazia come allora definivamo<br />
l’ordine regnante della DC e contro la massoneria; ho<br />
gridato contro i comunisti che aggr<strong>ed</strong>ivano <strong>ed</strong> ammazzavano<br />
i camerati; <strong>ed</strong> ho gridato contro le forze dell’ordine<br />
quando esse prendevano la mira e sparavano<br />
alle spalle di Stefano Recchioni, uccidendolo. Ho anche<br />
gridato con lo spray la mia rabbia, accusato dalla stampa<br />
68 Destra ragionata e protagonista
locale (che a Destra veniva additata come pennivendola<br />
di regime) di essere un untorello fascista solo perché si<br />
sfogavano i nostri messaggi su qualche muro piuttosto<br />
che dalle colonne di un giornale che nessuno, allora,<br />
ci offriva. E non ero <strong>il</strong> solo a gridare. Altri ragazzi gridavano<br />
ben più forte di me, pagando anche con la vita<br />
la loro appartenenza e le loro grida di rabbia, di difesa<br />
e di rivendicazione; mai di odio. Ma erano urla nel<br />
s<strong>il</strong>enzio. E più avvertivamo l’esistenza di questo s<strong>il</strong>enzio<br />
attorno, più gridavamo e più urlavo. Per farci sentire; per<br />
denunciare la nostra esistenza <strong>ed</strong> <strong>il</strong> diritto alla nostra<br />
passione politica.<br />
Oggi non c’è più quel s<strong>il</strong>enzio attorno alla Comunità<br />
politica della Destra; <strong>ed</strong> oggi mi infastidiscono coloro<br />
che, gridando, cr<strong>ed</strong>ono di raggiungere uno scopo o di<br />
imporre le proprie idee. Perché questa Comunità non è<br />
più sola ma è guardata, a volta studiata, con interesse.<br />
La Destra non deve più rivendicare <strong>il</strong> diritto di esistere<br />
di fronte ai sorrisi cinici di chi le voleva negare la<br />
cittadinanza civ<strong>il</strong>e; la Destra oggi è una realtà che alla<br />
denuncia della necessità di sopravvivere prima ancora<br />
che di vivere ha anteposto già negli anni Ottanta la<br />
proposta mirata e costituzionale, fino ad abbandonare<br />
la casa del Padre nella quale non si fa più ritorno ma<br />
che ci formò come persone, facendo crescere molti<br />
degli attuali Dirigenti della Destra nazionale e locale.<br />
E siccome i genitori non si rinnegano, nemmeno quelle<br />
quattro mura paterne dove dentro si consumavano paure<br />
e sacrifici che sono stati per molti di quei giovani di<br />
Destra humus stesso della loro sfida, possono essere<br />
sconfessati e disconosciuti: le nostre s<strong>ed</strong>i, le sezioni del<br />
Destra ragionata e protagonista<br />
69
Partito. E noi lì dentro ad essere orgogliosi del nostro<br />
isolamento pur nella nostra visione di gruppo appunto,<br />
legandoci indissolub<strong>il</strong>mente ad una appartenenza<br />
ideologica prima che programmatica, fatta di attivismo<br />
e mai di vittimismo, di mob<strong>il</strong>itazione politica e sociale<br />
piuttosto che di m<strong>il</strong>itanza carrieristica. Quelle quattro<br />
mura, che a quel tempo rappresentavano per i giovani<br />
della Destra delle seconde case, oggi non sono più i<br />
covi della Comunità di Destra, ma sono gli Uffici di<br />
un partito che ha fatto parte del processo di modifica<br />
Costituzionale, dopo che i suoi fondatori furono esclusi<br />
dal partecipare alla prima Costituzione italiana.<br />
Vincere la paura<br />
Allora si rifletta su quel proverbio cinese relativo a<br />
cosa sia la paura che colpisce quella persona che sta<br />
sola a casa e sente bussare alla porta. „Chi è?“ domanda.<br />
„La paura“, risponde, „se non apri ti divorerò“. La<br />
persona allora decide di aprire la porta e trova <strong>il</strong> nulla<br />
di fronte. La paura era dentro di se.<br />
Anche la Destra altoatesina deve continuare a combattere<br />
e riuscire a vincere la paura di proporsi e di<br />
divenire forza di Governo provinciale. La Destra non<br />
deve avere paura di aprire quella porta e limitarsi, accontentandosi,<br />
a conquistare <strong>il</strong> cuore degli elettori; ciò<br />
la farebbe essere appunto pesante elettoralmente ma<br />
non pesante istituzionalmente. Chi ha vissuto e chi è<br />
cresciuto nella Destra e con la Destra sa che essa non<br />
si accontenta di un battito di mani. Può farle piacere,<br />
70 Destra ragionata e protagonista
ma la politica che la caratterizza non può trasformarsi<br />
o ridursi a questo. La Destra altoatesina deve mirare<br />
a cambiare la prospettiva di vita dei suoi elettori, ma<br />
anche di coloro che non sono più legati ideologicamente<br />
o etnicamente ad uno schema „partito“.<br />
Questa è l’er<strong>ed</strong>ità che gli attuali componenti della<br />
Destra hanno ricevuta da chi ha passato loro <strong>il</strong> testimone;<br />
questa rappresenta l’er<strong>ed</strong>ità che la Destra deve<br />
lasciare alle future generazioni. La consapevolezza, cioè,<br />
di poter essere artefici del futuro. Se la Destra locale si fa<br />
scappare questa occasione epocale non avrà servito né<br />
la Comunità italiana né i suoi padri spirituali ai quali si<br />
devono quei valori che rappresentano <strong>il</strong> DNA della sua<br />
Comunità umana, prima ancora che politica. Quando<br />
nel 2002 l’ultimo Congresso provinciale di Alleanza Nazionale,<br />
nel riprendere i valori di sempre, all’unanimità si<br />
impegnò a garantire maggiori opportunità per <strong>il</strong> gruppo<br />
linguistico italiano che ha <strong>il</strong> diritto di essere parte attiva<br />
nella gestione dell’autonomia dell’Alto Adige e a dare<br />
una rappresentanza di governo, che corrisponda alle<br />
indicazioni della maggioranza degli elettori del gruppo<br />
linguistico italiano - oltrechè a ricercare le necessarie<br />
intese affinchè si possa realizzare l’obiettivo di sostituire<br />
la gestione fallimentare degli esponenti della sinistra con<br />
un’alternativa politica veramente rappresentativa della<br />
popolazione di lingua italiana dell’Alto Adige - approvò<br />
non un nuovo modello di percorso della Destra altoatesina<br />
la cui funzione assunta <strong>ed</strong> assolta fino agli Anni<br />
Novanta corrispondeva ad una realtà storicizzata, ma<br />
indicò, confermandola, una traccia di sv<strong>il</strong>uppo degli<br />
intenti che questa Comunità politica ha sempre perse-<br />
Destra ragionata e protagonista<br />
71
verato; attualizzando gli atteggiamenti ai nuovi eventi<br />
emersi nel 1992, ovvero all’atto della quietanza liberatoria<br />
con la quale l’Austria riconosceva l’assolvimento dello<br />
Stato italiano nella questione altoatesina, chiudendone<br />
la vertenza.<br />
In quel documento congressuale si ribadiva <strong>il</strong> concetto<br />
secondo <strong>il</strong> quale iI dialogo è la principale arma della<br />
politica se alla politica chi<strong>ed</strong>iamo soluzioni ai problemi<br />
concreti. La Destra altoatesina deve tuttora impegnarsi<br />
con <strong>il</strong> partito di raccolta di lingua t<strong>ed</strong>esca per rimuovere<br />
taluni ostacoli normativi, affinchè l’economia possa sv<strong>il</strong>upparsi<br />
in maniera armoniosa sul territorio senza differenze<br />
in maniera da consentire di attuare soluzioni e fare<br />
accogliere proposte che altrimenti tornerebbero chiuse<br />
in quel frigorifero della politica, nel quale per 50 anni<br />
sono rimaste le potenzialità della Destra nazionale.<br />
Occorre insomma promuovere adeguatamente l’abbandono<br />
della Destra dei margini del potere decisionale,<br />
accelerando semmai proprio un percorso che favorisca<br />
un miglioramento della stab<strong>il</strong>ità socio-economica della<br />
Comunità di lingua italiana dell’Alto Adige. In questa<br />
ottica, se la Destra locale vuole veramente evitare che<br />
la SVP continui a governare all’infinito con gli er<strong>ed</strong>i del<br />
PCI - come si affermava ancora in quel Congresso - non<br />
si può pensare di sostituire i toni ragionati ut<strong>il</strong>izzati in<br />
questi ultimi anni con quelli veementi che ingenerano<br />
la sensazione di un isterismo ideologico, non solo che<br />
rischiano di chiudere <strong>il</strong> dialogo ma anche di imp<strong>ed</strong>ire<br />
che esso venga favorito; una convenienza politica forse<br />
per <strong>il</strong> partito di maggioranza relativa di lingua t<strong>ed</strong>esca<br />
ma che non può essere incoraggiata dalla Destra stessa.<br />
72 Destra ragionata e protagonista
Fino a quando i partners italiani della SVP nell’Esecutivo<br />
provinciale non saranno destinati a ricoprire un ruolo<br />
primario o comprimario nelle scelte politiche caratterizzanti<br />
una Legislatura, in Alto Adige assisteremo ad<br />
una Comunità linguistica, quale quella italiana sempre<br />
più debole. Il fatto stesso che la Sinistra rappresenti<br />
nemmeno un terzo dell’elettorato italiano, nel togliere<br />
e scippare rappresentatività alla Comunità italiana condanna<br />
la m<strong>ed</strong>esima più a subire questa Autonomia che<br />
a beneficiarne in maniera equa. Con una debolezza<br />
rappresentativa oltrechè elettorale come quella emersa<br />
nelle ultime elezioni provinciali da parte del centrosinistra<br />
è impensab<strong>il</strong>e che si possa impegnare la SVP a<br />
raggiungere la pace sociale e lo sv<strong>il</strong>uppo autonomo e<br />
consapevole dei tre gruppi linguistici.<br />
Destra ragionata e protagonista<br />
73
DESTRA<br />
PROGRAMMATICA E POPOLARE<br />
In questi anni la Destra si è spesso interrogata sul<br />
quando una forza politica diventa protagonista nella<br />
scena che attraversa. Ovvero se ciò avviene per i modi<br />
con cui esprime una propria denuncia e per i risultati<br />
che con tali metodologie ottiene, o piuttosto se si guadagna<br />
questa caratteristica solo con la rivendicazione<br />
dei diritti, magari espressa con toni altisonanti.<br />
Si conviene che pensare di ut<strong>il</strong>izzare la ragione della<br />
forza non solo verbale, ammesso che ci sia una razionalità<br />
in questo modo di proc<strong>ed</strong>ere, a nulla serve. E<br />
non solo perché si grida in una palude, come spesso è<br />
apparsa la nostra provincia. Gridare forse fa guadagnare<br />
consensi personali a chi urla e voti al partito che egli<br />
esprime; ma certo non risultati. La storia è ricca di questi<br />
modelli, anche riguardanti la Destra locale. Ad esempio<br />
la soluzione del censimento linguistico, necessaria dopo<br />
Destra programmatica e popolare<br />
75
la sentenza della Corte europea sul caso sollevato da<br />
un cittadino rimasto escluso da un concorso privato,<br />
è stata raggiunta proc<strong>ed</strong>endo ad un confronto fra le<br />
parti. La norma deliberata dalla Commissione dei Sei,<br />
pur dopo anni di stallo dettati evidentemente da un<br />
senso di infant<strong>il</strong>e ripicca politica, di sciocca rivalsa di<br />
un Sistema che per anni ha potuto disporre indisturbato<br />
dello strumento autonomistico, ha dimostrato anzitutto<br />
che la Destra altoatesina, diversamente da come l’ex sen.<br />
Ferrari della SVP aveva insegnato a fare, non ha voluto<br />
percorrere strade - che sarebbero state irragionevoli -<br />
per modificare o introdurre nuove norme di attuazione<br />
senza la partecipazione di altre forze rappresentative del<br />
mondo t<strong>ed</strong>esco. Ma anche che solo quando si lascia <strong>il</strong><br />
passo alla ragionevolezza <strong>ed</strong> alla ragione, al confronto<br />
piuttosto che all’affronto, si possono produrre risultati<br />
per tutti soddisfacenti nel pieno rispetto delle sensib<strong>il</strong>ità<br />
di ognuno. Certo, nel caso specifico c’è voluta l’Europa<br />
a convincere e a costringere la SVP che una modifica<br />
doveva apportarsi alla norma vigente in materia; ma i<br />
tentativi prec<strong>ed</strong>entemente avanzati, come anche la stessa<br />
petizione popolare del MSI condotta nel 1985 con <strong>il</strong><br />
clamore di allora e la rabbia urlata, non aveva portato<br />
ai risultati promessi o anche solo auspicati.<br />
Gli anni del confronto<br />
Ciò non significa che fosse sbagliata quella iniziativa,<br />
tutt’altro. Peraltro rispecchiava la proc<strong>ed</strong>ura politica di<br />
cui la Destra altoatesina e quella nazionale potevano<br />
76 Destra programmatica e popolare
disporre a quel tempo; la piazza, le strade, le porte a<br />
cui bussare per farsi conoscere. Le cronache dei giornali,<br />
di molti giornali anche locali, erano allora avare con la<br />
Destra. Oggi questi metodi non sono più esclusivi ma<br />
sono complementari ad altri. Ecco perché, in uno scenario<br />
diverso, anche la Destra locale si deve rapportare<br />
con la nuova realtà in maniera differente dal passato;<br />
per metodologie <strong>ed</strong> impostazioni politiche, priv<strong>il</strong>egiando<br />
semmai l’uso della forza della ragione affinché l’essere<br />
protagonisti di questo tempo possa coincidere con <strong>il</strong><br />
raggiungimento di quei risultati politici senza i quali un<br />
partito non ha ragione d’essere.<br />
La Destra, per propria conformazione politica, ha<br />
dimostrato nei decenni di essere per una politica della<br />
concretezza, non di quella degli slogan urlati. Chi ha<br />
vissuto nella Destra di un tempo sa che per fare politica<br />
non significa parlare di politica, convincendosi di non<br />
potersi accontentare di mescolare la proposta con la<br />
propaganda. L’immagine è lo st<strong>il</strong>e; quello che ha caratterizzato<br />
la Comunità politica della Destra in questi<br />
decenni. È nel DNA della Destra questo principio, tanto<br />
che anche a livello locale essa continua la sua sfida al<br />
sistema provinciale e si confronta con esso con proposte,<br />
idee, progetti; come quelli che l’hanno portata ad impegnare<br />
la Giunta provinciale per esempio a prev<strong>ed</strong>ere<br />
le guardie p<strong>ed</strong>iatriche nelle città, a creare i presupposti<br />
per realizzare i dispensari farmaceutici nei quartieri e<br />
nei Comuni privi di farmacia, a sostenere e valorizzare<br />
le Cooperative sociali, vera ciambella di salvataggio di<br />
un sistema altoatesino incapace di rigenerarsi e di offrire<br />
nuove risposte alle esigenze delle famiglie.<br />
Destra programmatica e popolare<br />
77
Negli anni del confronto, per definire l’ultimo decennio<br />
attraversato dalla Destra altoatesina proiettata a<br />
cercare un dialogo con la SVP piuttosto che l’aprioristico<br />
scontro, è vero che non si sono ottenuti risultati<br />
riguardanti alcune modifiche all’Autonomia così come<br />
<strong>il</strong> popolo della Destra auspicava e si attendeva; ma<br />
che colpa può avere Bolzano se Roma è rimasta parzialmente<br />
sorda, anche negli ultimi 5 anni a causa di<br />
un Ministro alle Riforme costituzionali, <strong>il</strong> leghista on.<br />
Roberto Calderoli, che ha preferito dare più cr<strong>ed</strong>ito alle<br />
tesi della SVP piuttosto che agli alleati di Governo?<br />
Ma a fronte di tali speranze deluse, localmente dei<br />
risultati sono stati colti: fra tutti, quelle misure volte a<br />
ripristinare alcuni equ<strong>il</strong>ibri cancellando provv<strong>ed</strong>imenti<br />
e consuetudini inique a danno della Comunità italiana.<br />
Pensiamo alle graduatorie IpES in base alle quali, fino<br />
al 1996, nelle quote riservate agli italiani si inserivano<br />
- e partecipavano quindi all’assegnazione di un alloggio<br />
- tutti i cittadini stranieri del mondo, esclusi quelli<br />
appartenenti all’area t<strong>ed</strong>esca, ovvero austriaci, svizzeri<br />
e germanici. Oppure, sempre in tema di alloggi sociali,<br />
l’adozione del concetto del fabbisogno e non l’applicazione<br />
di una rigida proporzionale nell’assegnazione degli<br />
stessi che, fino alla fine degli Anni Ottanta obbligava<br />
la Comunità italiana ad attendere la consegna di due<br />
alloggi popolari ad altrettante famiglie di lingua t<strong>ed</strong>esca,<br />
prima di averne uno proprio.<br />
Ma per la Destra altoatesina fare politica ha significato<br />
anche salvare l’odonomastica legata a Piazza della<br />
Vittoria, che un sindaco di centro-sinistra aveva modificato<br />
in Piazza della Pace in barba ai sentimenti della<br />
78 Destra programmatica e popolare
maggioranza della popolazione bolzanina, anche parte<br />
di quella di lingua t<strong>ed</strong>esca. Un successo ottenuto grazie<br />
ai toni tutt’altro che gridati sostituiti da comportamenti<br />
responsab<strong>il</strong>i, convincenti <strong>ed</strong> appunto vincenti. Risultati<br />
questi, unitamente ad altri che potremmo elencare in<br />
materia di sanità, assistenza, tutela del e sul lavoro,<br />
che hanno reso la Destra altoatesina protagonista positiva<br />
ma soprattutto costruttiva di questi ultimi anni.<br />
Potrà e saprà portare a risultati analoghi in futuro un<br />
corso politico diverso da quello seguito finora? O si<br />
intenderà pr<strong>ed</strong><strong>il</strong>igere strade che forse porteranno ad un<br />
consenso elettorale più ampio ma che rischieranno di<br />
imbalsamare ancora di più la Destra locale, con l’ipotesi<br />
di una partecipazione passiva della Destra altoatesina<br />
alle eventuali riforme che potranno interessare la nostra<br />
terra, lasciando campo aperto alla Sinistra e forse ad un<br />
Centro che tenta faticosamente - ma non per questo<br />
inut<strong>il</strong>mente - di rinascere?<br />
In questo contesto <strong>il</strong> tono istituzionale che Alleanza<br />
Nazionale s’è data può essere stato un limite per <strong>il</strong><br />
consenso al partito; ma l’osservatore è certo che esso<br />
non abbia rappresentato un valore aggiunto per la sua<br />
immagine, capace di trasformare una Destra che alla<br />
demagogia <strong>ed</strong> a certo isterismo urlato preferisce la responsab<strong>il</strong>ità<br />
e la pacatezza dei toni?<br />
L’Autonomia modificab<strong>il</strong>e<br />
Una Destra che ha un substrato popolare e nazionale<br />
piuttosto che populista e nazionalista, non può rinunciare<br />
Destra programmatica e popolare<br />
79
ai suoi temi tradizionali relativi all’autonomia altoatesina<br />
che deve essere equ<strong>il</strong>ibrata nei provv<strong>ed</strong>imenti, giusta<br />
nelle opportunità, rispettosa dei sentimenti di tutte le<br />
componenti linguistiche che vivono in questa terra; poiché,<br />
come già si affermava in „Prove di golpe (bianco)<br />
in l’Alto Adige“ la vera convivenza si raggiunge quando<br />
ogni cittadino si sente a proprio agio in questa Autonomia.<br />
Alcune posizioni che la SVP tenacemente difende<br />
tendono altresì ad allontanare preoccupantemente le parti,<br />
trasformando la politica dell’incontro in Alto Adige in<br />
un pericoloso elastico che rischia di spezzarsi.<br />
Per esempio, la cancellazione totale o parziale della<br />
toponomastica italiana (più volte richiamata in queste<br />
pagine) non solo ogni volta ripropone l’antica e sfatta<br />
polemica sui torti subiti, veri o presunti. Sia che l’Europa<br />
sia fondata sui popoli come sulle Regioni, a seconda<br />
dei modelli di riferimento, ogni Comunità deve poter<br />
portare proprio in Europa quel bagaglio culturale che<br />
rappresenta la tradizione e la storia del proprio popolo<br />
o della propria Nazione. Si può essere europeisti pure<br />
difendendo i propri valori; ma lo si è anche e soprattutto<br />
rispettando le peculiarità delle altre Comunità. La<br />
tensione sulla toponomastica, <strong>il</strong> clima tutt’altro sereno<br />
provocato dalla SVP più volte in materia, non esisterebbe<br />
qualora non si continuasse ad essere portatori di un<br />
progetto politico volto a cancellare parte del bagaglio<br />
storico, sociale, culturale della Comunità italiana.<br />
Alla luce di questa analisi si ritiene indubbio che la<br />
SVP debba fare passi in avanti per dare un senso diverso<br />
alla politica locale, in rispetto delle aspettative di<br />
tutte le Comunità; anche della Comunità italiana. Passi<br />
80 Destra programmatica e popolare
in avanti che attendono la stella alpina pure al varco<br />
delle modifiche alle norme di attuazione <strong>ed</strong> appunto<br />
anche alla scrittura di nuovi dispositivi attuativi; che<br />
però devono essere condivisi e concertati.<br />
Non si può far finta di ignorare che la Destra altoatesina<br />
ha più volte chiarito che si può essere amici di<br />
questa Autonomia pur modificandola, interpretando di<br />
volta in volta con norma di attuazione i principi autonomistici<br />
così come per 30 anni ha attuato la SVP, facendo<br />
approvare oltre 200 norme di cui molte, peraltro, senza<br />
mai coinvolgere le forze politiche maggiormente rappresentative<br />
del gruppo linguistico italiano dell’Alto Adige<br />
dagli anni Ottanta in poi, <strong>il</strong> MSI di ieri e AN di oggi. Si<br />
è però dimostrato, intraprendendo questo percorso, che<br />
l’Autonomia non è intoccab<strong>il</strong>e. Da questa considerazione<br />
la destra deve partire per impostare una azione politica<br />
in provincia di Bolzano non di vendetta nei confronti<br />
della Autonomia stessa - ormai da tutti accettata quale<br />
principio portante della società altoatesina - e nemmeno<br />
per ripagare quei torti subiti di cui anche la comunità<br />
italiana è stata investita a causa di una impostazione<br />
costituzionalmente errata dello Statuto stesso. Occorre<br />
semmai compartecipare al fine di correggere la gestione<br />
dello strumento autonomistico, la cui conduzione ha costretto<br />
la Comunità italiana a rapportarsi con quel disagio<br />
psicologico e materiale cui già si è fatto cenno.<br />
Ma la Destra locale ha saputo interrogarsi anche<br />
sulla valenza di un altro p<strong>il</strong>astro dell’Autonomia, nei<br />
confronti del quale <strong>il</strong> MSI assunse sempre una rigida<br />
posizione contraria, nel principio stesso prima ancora che<br />
nell’applicazione del m<strong>ed</strong>esimo: la proporzionale. Dopo<br />
Destra programmatica e popolare<br />
81
quasi due anni di dibattito interno, sul finire dello scorso<br />
M<strong>il</strong>lennio, la Destra altoatesina convenne che per quanto<br />
la proporzionale potesse essere uno strumento discutib<strong>il</strong>e<br />
- poiché teso a mettere in subordine la meritocrazia - con<br />
essa si assicura al gruppo italiano l’occupazione di posti<br />
di lavoro che altrimenti potrebbero non essere assegnati.<br />
Ciò è evidente dall’esame occupazionale che può farsi sia<br />
in quelle Aziende a carattere pubblico o privato dove <strong>il</strong><br />
requisito non viene applicato ma anche, paradossalmente,<br />
laddove questo strumento viene adottato. L’esempio<br />
di quanto avviene tuttora presso l’Azienda di Sperimentazione<br />
Agraria di Castel Varco, dove su 72 dipendenti<br />
solo 6 appartengono al gruppo italiano (corrispondente<br />
al 8,33% mentre la Comunità italiana si assesta sul 26%<br />
secondo l’ultimo censimento linguistico del 2001), mostra<br />
già di per se stesso come gli italiani occupati siano in<br />
misura ampiamente inferiore a quanto dovrebbe essere<br />
qualora si rispettasse in pieno la proporzionale. Oggi <strong>il</strong><br />
dibattito sulla proporzionale non può più essere quello<br />
sul desiderio che essa non ci sia proponendo - come<br />
richi<strong>ed</strong>e l’Unione ma anche forze più affini alla Destra<br />
altoatesina - una graduale riduzione nell’applicazione<br />
o addirittura la sua abolizione; quanto semmai come<br />
applicarla affinché possano crearsi le condizioni per favorire<br />
l’occupazione del gruppo linguistico italiano che<br />
attualmente, proprio a causa di una insolita applicazione<br />
della proporzionale, non può occupare posti liberi poiché<br />
non occupati da un altro gruppo producendo, peraltro,<br />
inefficacia <strong>ed</strong> inefficienza nel servizio.<br />
Doveroso e necessario, quindi, è modificare l’applicazione<br />
della proporzionale in maniera da consentire alla<br />
82 Destra programmatica e popolare
Comunità italiana un più rispettoso accesso non solo<br />
alle professioni (e quindi al lavoro) ma anche a tutti i<br />
livelli interni e non rinunciare ad essa, perche ciò significherebbe<br />
voltare le spalle alla popolazione altoatesina<br />
di lingua italiana nell’ambito di tutela dell’accessib<strong>il</strong>ità<br />
al lavoro a tutti i livelli. In questo contesto, l’intelligente<br />
proposta avanzata dalla Destra altoatesina a seguito delle<br />
dimissioni della Presidente dell’IPES Rosa Franzelin e la<br />
sua successione (che è stata oggetto di un ampio dibattito<br />
sull’opportunità o meno che la Presidenza dell’Istituto<br />
venisse assegnata al gruppo linguistico italiano) mise in<br />
r<strong>il</strong>ievo un altro aspetto della problematica relativo ad una<br />
eccessivamente rigida applicazione di questo strumento<br />
di salvaguardia occupazionale; cioè che la rappresentatività<br />
etnica deve avvenire anche nei ruoli apicali, dove<br />
invece la Comunità italiana è assente. In effetti scorgendo<br />
le Presidenze degli Enti, Istituti, Amministrazioni,<br />
Aziende e Società pubblici si è accertato come al gruppo<br />
italiano siano state assegnate solo 6 Presidenze sulle 36<br />
esistenti; presidenze quasi tutte di tipo etnico quali ad<br />
esempio l’Istituto P<strong>ed</strong>agogico e l’Istituto Musicale entrambi<br />
in lingua italiana. Esiste, in sostanza, un deficit non<br />
solo di rappresentanza ma pure di rappresentatività per<br />
la Comunità italiana anche nei posti apicali. In questo<br />
contesto la Destra ha più volte espresso la convinzione<br />
che si applicasse la proporzionale in maniera orizzontale<br />
piuttosto che verticale, ovvero tenendo in considerazione<br />
l’insieme degli Enti sui quali ripartire i posti di vertice<br />
anzichè ognuno di essi. Una soluzione questa che può<br />
restituire al Gruppo italiano anche quella rappresentatività<br />
apicale dalla quale è tagliata fuori.<br />
Destra programmatica e popolare<br />
83
L’applicazione di una proporzionale orizzontale infatti<br />
significherebbe riconoscere al Gruppo italiano specificità<br />
e specialità anche nella gestione degli organismi; non<br />
accadrebbe più che su dieci Presidenze tutte vengano<br />
attribuite al gruppo t<strong>ed</strong>esco; poiché tre di esse sarebbero<br />
assegnate al gruppo italiano. Così come si potrebbe<br />
prev<strong>ed</strong>ere una rotazione degli incarichi a metà mandato,<br />
come avviene a livello di Istituzione politica, prassi<br />
che permetterebbe una gestione aperta a tutti i gruppi<br />
linguistici. Si tratta di tesi lanciate da AN qualche anno<br />
fa al fine di impostare un diverso metodo applicativo,<br />
capace di tenere in considerazione non solo i posti<br />
vacanti ma <strong>il</strong> sistema della loro stessa assegnazione, in<br />
maniera che, per analogia, alla comunità italiana venissero<br />
riconosciuti <strong>ed</strong> assegnati tra <strong>il</strong> resto 31 Segretari<br />
comunali a fronte dei 7 di cui dispone.<br />
In questo contesto, significativa importanza assume <strong>il</strong><br />
disegno di legge costituzionale presentato alla Camera<br />
dall’on. Giorgio Holzmann che prev<strong>ed</strong>e, tra <strong>il</strong> resto, che<br />
le cariche „monocratiche” dovranno essere assegnate<br />
a rotazione fra i tre gruppi, garantendo <strong>il</strong> criterio della<br />
rotazione nelle società, enti <strong>ed</strong> aziende a maggioranza<br />
di capitale pubblico.<br />
Nuove strategie<br />
A questo equ<strong>il</strong>ibrio la Destra locale si ispira quando<br />
parla di pari opportunità anche fra i gruppi linguistici e<br />
non solo fra sessi diversi. Un equ<strong>il</strong>ibrio che dovrebbe<br />
tenere conto delle necessità dei gruppi anche nella loro<br />
84 Destra programmatica e popolare
proporzione di presenza sul territorio, tale da godere di<br />
servizi che oggi vengono negati e che sono necessari<br />
per rimanere ancorati alla propria storia <strong>ed</strong> alla propria<br />
cultura. Si allude all’esistenza delle scuole elementari,<br />
che si ritiene debbano essere presenti nelle vallate non<br />
in base al numero delle domande presentate (e quindi<br />
non su un numero minimo limite di iscritti) ma su una<br />
percentuale di presenza di un gruppo che necessita di<br />
questo servizio sul territorio stesso, senza che esso sia<br />
costretto ad aderire a scuole di altro gruppo. La difesa<br />
della Comunità italiana contro <strong>il</strong> rischio dell’assim<strong>il</strong>azione<br />
deve basarsi anche su questo presupposto: l’aggregazione<br />
fra i gruppi esiste quando nella convivenza sociale<br />
si offrono strutture adatte allo sv<strong>il</strong>uppo di ogni singola<br />
Comunità; ma se dette strutture vengono meno e non si<br />
difendono laddove esistono - o dove si richi<strong>ed</strong>ono - come<br />
complicemente ha perpetuato in questi anni la Sinistra,<br />
si imp<strong>ed</strong>isce venga assicurata una convivenza culturale.<br />
Si pensi al caso di Gargazzone dove, pur in presenza<br />
di un numero minimo assicurato per istituire una classe<br />
elementare per la scuola italiana, ciò non è stato compiuto,<br />
ingenerando la sensazione che si tenda a favorire<br />
da parte del centro-sinistra una politica di assim<strong>il</strong>azione<br />
culturale e sociale di quella Comunità alla quale si negano<br />
i propri riferimenti culturali. Lo Stato italiano ha rinunciato<br />
a perseguire questa politica di assim<strong>il</strong>azione riconoscendo<br />
l’autonomia legislativa alla nostra provincia; ma, per contro,<br />
la Provincia perdura questa politica di assorbimento<br />
nelle vallate, dove le scuole italiane spariscono con <strong>il</strong><br />
consenso di una minoritaria rappresentanza politica del<br />
gruppo italiano che si esprime a Sinistra.<br />
Destra programmatica e popolare<br />
85
Il centro-destra ha dimostrato in questi anni una<br />
enorme capacità di dialogo evitando di assumere qualsiasi<br />
decisione che potesse rappresentare una prova di<br />
forza sulla questione altoatesina nei confronti delle popolazioni<br />
locali e delle diverse sensib<strong>il</strong>ità politiche. Per<br />
ciò è da considerarsi politica miope e quindi debole<br />
quella del centro-sinistra di rinunciare ad attivare un<br />
tavolo degli italiani, strumento richiesto dalla Destra<br />
altoatesina e che dovrebbe essere visto non come veicolo<br />
di contrapposizione etnica ma di confronto serio<br />
<strong>ed</strong> approfondito circa gli interventi e le modifiche da<br />
apportare all’autonomia altoatesina <strong>ed</strong> alla sua gestione<br />
in provincia. Chiamare ora le altre forze politiche<br />
estranee alla Casa della Libertà e la stessa SVP ad una<br />
analisi congiunta e propositiva significa fac<strong>il</strong>itare quel<br />
processo verso un sempre più ampio godimento della<br />
Autonomia altoatesina che oggi non esiste, come le<br />
molte espressioni di disagio testimoniano. Ed <strong>il</strong> tavolo<br />
sarebbe tuttora un’opportunità proprio per fare un check-up<br />
della situazione e favorire una ripartenza <strong>ed</strong> un<br />
riposizionamento dell’Autonomia stessa.<br />
Ma continuare a pensare che una minoranza partitica<br />
possa - assieme ad una maggioranza etnica - proseguire<br />
a disegnare normative o ad applicare condizioni<br />
gestionali senza <strong>il</strong> coinvolgimento di quell’area politica<br />
che maggiormente rappresenta un gruppo, è un errore<br />
di presunzione - oltrechè una sconfitta per <strong>il</strong> sistema<br />
altoatesino - che attende risposte più attuali e più rispondenti<br />
alle nuove necessità. Occorre infatti essere<br />
consapevoli che la pace sociale in Alto Adige non<br />
si produce applicando, con la disinvoltura che troppo<br />
86 Destra programmatica e popolare
spesso è propria della provincia autonoma di Bolzano,<br />
la zelante gestione dell’Autonomia a senso unico, attraverso<br />
cioè la avv<strong>il</strong>ente distribuzione impari, quindi non<br />
equamente disposta, ad esempio dei contributi assegnati<br />
fra le varie comunità altoatesine relativamente sia alle<br />
necessità come alla consistenza delle stesse.<br />
Il fenomeno abbraccia pressochè tutti i settori: quello<br />
economico, quello della cultura, della scuola e perfino <strong>il</strong><br />
campo dell’<strong>ed</strong><strong>il</strong>izia pubblica. Gli esempi a riguardo sono<br />
molteplici, a cominciare con la ripartizione delle risorse<br />
finanziarie attribuite negli anni ai settori produttivi attraverso<br />
la pr<strong>ed</strong>isposizione di una finanziaria locale soggetta<br />
più a influenze e motivazioni di carattere etnico che a<br />
una sensata e corretta politica economica. Inoltre anche<br />
<strong>il</strong> supporto che fin troppo spesso ha offerto la Provincia<br />
in tema di borse di studio agli studenti universitari di lingua<br />
italiana è apparso di gran lunga inferiore a quello di<br />
cui beneficiano gli studenti di lingua t<strong>ed</strong>esca. Uno studio<br />
approfondito r<strong>ed</strong>atto negli anni scorsi ha accertato che<br />
gli studenti di lingua italiana hanno beneficiato di 4,5<br />
m<strong>il</strong>ioni di Euro in meno di quelli concessi <strong>ed</strong> assegnati<br />
agli universitari di lingua t<strong>ed</strong>esca; e non sulla base del<br />
fatto che le domande presentate da questi ultimi fossero<br />
state - come prev<strong>ed</strong>ib<strong>il</strong>e - in misura maggiore poiché<br />
<strong>il</strong> calcolo venne effettuato in valore pro capite. Una<br />
disparità di opportunità fra i gruppi ancora più grave<br />
e preoccupante se si considera che coinvolge <strong>il</strong> settore<br />
dell’istruzione e dei giovani e quindi della formazione e<br />
del futuro generazionale. Ma ancora: la stessa gioventù<br />
di lingua italiana denuncia la difficoltà di gestire, anche<br />
attraverso adeguate strutture - e con le m<strong>ed</strong>esime<br />
Destra programmatica e popolare<br />
87
opportunità di cui gode <strong>il</strong> gruppo linguistico t<strong>ed</strong>esco<br />
- <strong>il</strong> proprio associazionismo e la propria cultura; <strong>ed</strong> in<br />
queste strutture rientra anche l’Istituto culturale italiano<br />
volto ad orientare e coordinare gli sforzi di molteplici<br />
associazioni che, nello svolgimento della loro meritoria<br />
attività, restano spesso abbandonate a se stesse. Pari<br />
opportunità, quindi anche fra gruppi linguistici, affinchè<br />
la cultura del rispetto e della convivenza sia intesa come<br />
elemento indispensab<strong>il</strong>e del vivere comune, capace di<br />
riconoscere le possib<strong>il</strong>ità con equi e proporzionati interventi;<br />
altrimenti l’Autonomia altoatesina continuerà<br />
a discriminare un terzo della popolazione locale che<br />
si riconosce nella Comunità italiana, determinando in<br />
essa sempre più una sensazione di emarginazione dalla<br />
gestione dell’Autonomia stessa e quindi dalle prospettive<br />
future, come di alienità rispetto al luogo non solo<br />
geografico ma anche storico e culturale in cui vive la<br />
componente italiana.<br />
Progettare <strong>il</strong> futuro<br />
Per anni la Destra locale ha intelligentemente sostenuto<br />
una linea di moderazione nei toni ma di ferma<br />
convinzione nei progetti che se non annunciava<br />
stravolgimenti dell’autonomia altoatesina, comunicava<br />
comunque la necessità di intervenire su di essa per riequ<strong>il</strong>ibrarla.<br />
Un’impostazione condivisib<strong>il</strong>e che si ritiene<br />
debba tuttora fungere da atteggiamento politico quotidiano;<br />
in questo contesto la seconda fase dell’Autonomia<br />
(trattata nel Capitolo d<strong>ed</strong>icato alla Destra aperta e<br />
88 Destra programmatica e popolare
partecipata) che dovrà passare attraverso la prospettata<br />
sua riscrittura, dovrà avvenire responsab<strong>il</strong>mente a più<br />
mani e non „un<strong>il</strong>ateralmente”.<br />
Occorre insomma che la Destra altoatesina rivendichi<br />
<strong>il</strong> suo ruolo; ma sappia anche continuare a r<strong>il</strong>anciare<br />
un’idea capace di progettare <strong>il</strong> futuro per ridisegnarlo,<br />
come da anni sta faticosamente cercando di fare per<br />
rispondere alle nuove responsab<strong>il</strong>ità delle quali la Destra<br />
stessa è stata investita anche a livello nazionale. Nuove<br />
responsab<strong>il</strong>ità da affrontare con atteggiamenti ancora più<br />
maturi, con proposte concrete che non richi<strong>ed</strong>ono la<br />
rinuncia ai propri Valori e Ideali, alla propria cultura e<br />
tradizioni. Ecco perché la Destra locale non può scendere<br />
ora dal treno; così come non può accontentarsi<br />
di rimanere politicamente chiusa in una gabbia etnica<br />
che fa mirare l’orizzonte in maniera incompleta, quindi<br />
distorta, ovvero difforme. Sarebbe errato se si tendesse<br />
a custodire questa specificità isolazionista - più subìta<br />
che ambita - maturata nel lontano passato, rinunciando<br />
a tradurre la capacità elaborativa in unicità progettuale.<br />
Se la Destra e la sua cultura è stata vittima di censure<br />
che l’hanno portata a coltivare in passato un patologico<br />
vittimismo, oggi quella Destra deve continuare avere la<br />
forza e la convinzione di riscattarsi.<br />
La Destra altoatesina, insomma, se da un lato non<br />
può tirarsi indietro di fronte ai problemi degli inqu<strong>il</strong>ini<br />
IpES o delle famiglie altoatesine (cioè non può chiudere<br />
gli occhi di fronte all’enorme crescita del disagio sociale)<br />
dall’altra non può non sentire <strong>il</strong> grido di aiuto che proviene<br />
anche dall’Assoimprenditori. In sostanza, una forza<br />
modernizzatrice e sociale come AN, non può rinunciare<br />
Destra programmatica e popolare<br />
89
ad attualizzare la propria politica economica e sociale;<br />
politicizzando <strong>il</strong> presente dopo essere stata capace di<br />
storicizzare <strong>il</strong> passato. Come realizzare questi obiettivi se<br />
si sceglie di rimanere all’opposizione istituzionale, in assenza<br />
anche di un dialogo con la contro-parte politica?<br />
Sostegno alle imprese<br />
La Destra altoatesina ha già saputo esprimersi per<br />
diventare preciso riferimento delle famiglie altoatesine.<br />
Ma al fianco dell’anima sociale (peculiarità storica<br />
della Destra che ha contrassegnato le molte battaglie<br />
che proprio la Destra locale ha saputo rappresentare)<br />
inc<strong>ed</strong>e anche una forte caratterizzazione liberista che<br />
accompagna, facendone parte integrante, l’evoluzione<br />
stessa della Destra. Per diventare sempre più partito di<br />
riferimento anche delle categorie economiche - come già<br />
lo si è dei ceti popolari - è necessario infatti perseguire<br />
una politica che punti anche al r<strong>il</strong>ancio dell’economia<br />
altoatesina, raccogliendo <strong>il</strong> comprensib<strong>il</strong>e stato d’animo<br />
degli industriali altoatesini <strong>ed</strong> <strong>il</strong> loro timore di perdere <strong>il</strong><br />
treno della concorrenza commerciale all’Estero, prodotto<br />
dal fatto che in Alto Adige mancano le condizioni ottimali,<br />
capaci di favorire l’industria locale. Quindi oltre<br />
al sostegno alle famiglie le premesse per una nuova<br />
ricchezza in Alto Adige possono crearsi attraverso <strong>il</strong><br />
supporto dell’economia, a cominciare dalla piccole e<br />
m<strong>ed</strong>ie imprese; adottando cioè le precondizioni affinché<br />
esse non siano costrette a chiudere l’attività o a<br />
delocalizzarsi, riducendo quindi <strong>il</strong> gettito fiscale nella<br />
90 Destra programmatica e popolare
nostra provincia con <strong>il</strong> trasferimento della propria s<strong>ed</strong>e<br />
altrove e bloccando per di più lo sv<strong>il</strong>uppo occupazionale.<br />
Le nuove povertà peraltro coinvolgono anche chi si<br />
trova frenato nella propria professione dallo stesso Ente<br />
pubblico - che tarda in molte occasioni ad erogare i<br />
contributi promessi a sostegno dell’economia - mettendo<br />
a rischio la sopravvivenza dell’azienda.<br />
La realizzazione del tavolo delle innovazioni in assenza<br />
di un’apposita legge, non può bastare per una<br />
Provincia che si presenta in ritardo con le sue omologhe<br />
italiane e gli altri Stati secondo un dato risalente all’anno<br />
2005. In Alto Adige infatti solo <strong>il</strong> 4,3% è impiegato nella<br />
produzione di prodotti altamente tecnologici, contro <strong>il</strong><br />
7,4% dell’intero Paese. Gli investimenti sull’innovazione<br />
sono bassi (1%) quando nelle vicine Germania e Francia<br />
<strong>il</strong> dato è raddoppiato. La politica altoatesina deve<br />
favorire l’industria locale mettendola a proprio agio;<br />
garantendo l’occupazione locale ma anche agevolando<br />
una certa esterof<strong>il</strong>ia imprenditoriale che non porti però<br />
alla fuga di capitali. Preservare quindi <strong>il</strong> mantenimento<br />
dell’headquarter in provincia delle aziende altoatesine<br />
in maniera da mantenere i vantaggi fiscali per <strong>il</strong> nostro<br />
territorio e promuovere necessarie riduzioni dei costi<br />
per le stesse partendo dall’IRAP, come giustamente ha<br />
più volte affermato <strong>il</strong> Presidente dell’Associazione degli<br />
Imprenditori Christof Oberrauch. Un provv<strong>ed</strong>imento<br />
- quello della riduzione di un punto dell’IRAP per le<br />
imprese - intrapreso già dal 2001 dalla vicina provincia<br />
di Trento che, ancor più dopo la sentenza della Corte<br />
europea la quale ha definito <strong>il</strong>legittima tale imposta<br />
voluta dal primo Governo Prodi, deve rappresentare<br />
Destra programmatica e popolare<br />
91
anche per la Destra altoatesina una battaglia da proseguire.<br />
Peraltro se <strong>il</strong> gettito di una tale imposta per le<br />
piccole e m<strong>ed</strong>ie imprese rappresenta un’onere capace di<br />
comprometterne l’operatività e spesso la stessa sopravvivenza,<br />
dall’altra <strong>il</strong> suo ammontare per la provincia non<br />
pare essere indispensab<strong>il</strong>e. Per <strong>il</strong> b<strong>il</strong>ancio provinciale<br />
la riduzione nel 2006 dell’1% dell’IRAP infatti avrebbe<br />
significato rinunciare a quasi 5 m<strong>il</strong>ioni di euro, considerato<br />
che l’ammontare complessivo, stando ai dati<br />
forniti dalla provincia, per l’anno 2004 è stato di circa<br />
400 m<strong>il</strong>ioni di euro.<br />
Operare affinché diventi realtà la riduzione di questa<br />
imposta particolarmente odiosa - poiché colpisce non<br />
già <strong>il</strong> r<strong>ed</strong>dito dell’impresa ma <strong>il</strong> valore aggiunto del suo<br />
prodotto e quindi, paradossalmente, anche i suoi debiti,<br />
compreso l’ammontare delle retribuzioni che l’impresa<br />
paga ai suoi dipendenti e che rientrano nel calcolo dell’imposta<br />
stessa - significa anche mantenere aperto <strong>ed</strong><br />
incentivare semmai <strong>il</strong> dialogo con tutte quelle parti sociali<br />
che si aprono da tempo al confronto con la Destra.<br />
Cogliendo i messaggi che <strong>il</strong> mondo sindacale lancia a<br />
quello politico; ma anche all’intera società altoatesina.<br />
La doppia velocità<br />
Ancora nel 2004 in un suo apprezzab<strong>il</strong>e intervento,<br />
<strong>il</strong> Segretario provinciale della F<strong>il</strong>ca-CISL Michele<br />
Buonerba invitò la nostra Provincia a seguire l’esempio<br />
della Comunità europea, capace di attivare un apposito<br />
Comitato in grado di monitorare lo stato di salute eco-<br />
92 Destra programmatica e popolare
nomico e sociale della popolazione locale, non figlio di<br />
un reciproco pregiudizio ma capace di poggiare su basi<br />
neutrali. Questa proposta, che la Destra locale riprese<br />
in un documento, ha indotto la Provincia a costituire<br />
l’osservatorio sociale pur rinunciando alla creazione di<br />
un analogo organismo rivolto al mondo economico e<br />
tendente a fare un controllo continuo sui prezzi e quindi<br />
ad operare con interventi calmieratori. È la classica analisi<br />
del bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno. Alla luce<br />
infatti dei nuovi dati sul potere di acquisto delle famiglie<br />
altoatesine (che dovrebbero convincere la Provincia ad<br />
assumere nuove responsab<strong>il</strong>ità per preservare <strong>il</strong> diritto<br />
di acquisto delle famiglie e creare quindi condizioni<br />
sociali migliori) ci troviamo di fronte all’occasione persa<br />
o alla capacità dell’apparato autonomistico di impostare<br />
per tempo organismi in grado di verificare la salute<br />
collettiva? Se è vero che la convenzione europea ha<br />
lavorato molto sui principi di fondo su cui si poggia <strong>il</strong><br />
Continente al quale apparteniamo, è però anche corretto<br />
riconoscere che proprio l’on. Gianfranco Fini, in qualità<br />
di rappresentante del Governo italiano, nonché vice-Presidente<br />
della Commissione europea chiamata a scrivere<br />
la nuova Costituzione, ha più di una volta sottolineato<br />
l’importanza di prev<strong>ed</strong>ere l’istituzione di un organismo<br />
capace appunto di valutare lo stato sociale della stessa<br />
Unione europea anche attraverso organismi valutativi di<br />
tipo economico. Peraltro la nostra provincia rischia di<br />
camminare a doppia velocità, non tanto all’interno di<br />
una propria dimensione geografica rapportata al Paese<br />
Italia, quanto in un contesto interno di aree comprensoriali<br />
se non comunali.<br />
Destra programmatica e popolare<br />
93
La comunicazione del Centro Tutela Consumatori di<br />
Bolzano risalente al 2005, passata ai più inosservata,<br />
mise in risalto come per esempio i cittadini di Bressanone<br />
o quelli di Merano fossero costretti a pagare le<br />
tariffe rifiuti fino a 400 volte o a 200 volte superiori dei<br />
cittadini di Vandoies. Differenziazioni di questo genere<br />
rischiano di determinare alla lunga situazioni penalizzanti<br />
all’interno della stessa provincia, dove si può determinare<br />
che alcune famiglie risultino più svantaggiate<br />
di altre nel sostenere <strong>il</strong> costo di un analogo servizio, di<br />
cui beneficiano in base al luogo di residenza.<br />
Se da una parte servono quindi correttivi ad una<br />
normativa provinciale che di fatto penalizza i cittadini<br />
delle maggiori città altoatesine a vantaggio di quelli che<br />
abitano nelle valli, dall’altra proprio quell’osservatorio sociale<br />
richiesto con insistenza dai sindacati ma anche dalla<br />
Destra locale deve essere capace non solo di monitorare<br />
tali differenziazioni e di riequ<strong>il</strong>ibrare la ricchezza in Alto<br />
Adige, ma anche di prevenire l’insorgenza o l’incremento<br />
di nuove sacche di povertà nella nostra provincia. Questi<br />
sb<strong>il</strong>anciamenti non possono difatti rappresentare <strong>il</strong> prezzo<br />
dell’Autonomia che sembra più tesa a difendere gli<br />
interessi di presunti poteri periferici - siano essi politici<br />
come economici e sociali - dimenticando, con le famiglie<br />
che vivono nelle città a maggioranza italiane, anche le<br />
piccole-m<strong>ed</strong>ie imprese costituite da una forza imprenditoriale<br />
trasversale che dovrebbe essere maggiormente<br />
tutelata. Così come non ci si può più auto-beatificare o<br />
incensarsi rivendicando <strong>il</strong> basso grado di disoccupazione<br />
in provincia, facendo intendere che esso sia reale e<br />
comunque tendente a mostrare l’esistenza di un salutare<br />
94 Destra programmatica e popolare
enessere degli altoatesini; ingenerando la sensazione<br />
che l’Alto Adige sia tuttora in qualche modo la terra di<br />
Bengodi quando invece, dopo gli anni di un certo vigore<br />
economico coincisi fino alla prima metà degli Anni Novanta,<br />
esso rischia di divenire un Eldorado fallito, come<br />
può ingenerare <strong>il</strong> continuo, leggero ma non impercettib<strong>il</strong>e<br />
aumento della disoccupazione annua che sale di 0,3<br />
punti in percentuale (2,7%) quando nel resto del Paese<br />
<strong>il</strong> dato cala di 1 punto (7,5%); proseguendo quindi quel<br />
trend di massima occupazione che da qualche anno <strong>il</strong><br />
Paese sta percorrendo a livello nazionale.<br />
Quando <strong>il</strong> mercato del lavoro offre un dato in perenne<br />
rialzo è già preoccupante. Ma se esso si presenta con<br />
un tasso di disoccupazione giovan<strong>il</strong>e dai 20 ai 29 anni<br />
superiore a quasi 29 punti percentuali confronto l’anno<br />
prec<strong>ed</strong>ente con un calo di occupazione nella fascia<br />
20/29 anni del 18% <strong>ed</strong> un aumento di persone in cerca<br />
di lavoro del 61%, salendo da 1.300 unità a 2.100, non<br />
si può rinunciare ad affrontare una questione sociale cercando<br />
e favorendo un ampio confronto anche, appunto,<br />
con le parti sociali. Perché se è vero che la disoccupazione<br />
giovan<strong>il</strong>e è pressoché raddoppiata passando dal<br />
2,6% del 2002 al 4,9% del 2004, non si può pensare che<br />
nella sua totalità essa possa essere rappresentata solo da<br />
quelle forze lavoro iscritte al collocamento e non anche<br />
da quel numero imprecisato di persone che per sfiducia<br />
non si iscrive alle liste per avere una professione. Una<br />
valutazione peraltro confermata dagli stessi dati ASTAT<br />
secondo i quali manca all’appello un 5% di categoria<br />
fra i soggetti considerati come „non forza lavoro“, visto<br />
che <strong>il</strong> 54% degli inoccupati è relativo a pensionati, <strong>il</strong><br />
Destra programmatica e popolare<br />
95
16% a studenti <strong>ed</strong> <strong>il</strong> 25% a casalinghe. Osservando<br />
che talune posizioni pensionistiche sono doppie, si può<br />
quindi nutrire <strong>il</strong> ragionevole dubbio che in realtà la disoccupazione<br />
in Alto Adige sfiori verosim<strong>il</strong>mente <strong>il</strong> 5%<br />
pari a quasi 8000 cittadini con più di 15 anni.<br />
Sono dati che dimostrano come stia collassando <strong>il</strong><br />
modello altoatesino anche in termini di lavoro, dovuto<br />
peraltro pure ai ritardi con cui in provincia di Bolzano<br />
si è applicata la riforma Biagi, preferendo la rivendicazione<br />
di un principio autonomistico che evidentemente<br />
non è stato così vincente e convincente. Insomma, non<br />
solo <strong>il</strong> benessere in Alto Adige riguarda sempre meno<br />
famiglie, ma laddove esiste la ricchezza in provincia<br />
di Bolzano è sb<strong>il</strong>anciata anche negli stessi settori economici<br />
<strong>ed</strong> imprenditoriali. Purtroppo sembra che non<br />
tutti abbiano sentito l’allarme da tempo suonato in Alto<br />
Adige sull’abbassamento della soglia della povertà implicando<br />
le imprese locali; che però non sono le uniche<br />
terminali di una crisi che si sta sv<strong>il</strong>uppando, investendo<br />
come è ovvio anche quelle famiglie che da una attività<br />
imprenditoriale attiva o vissuta alla dipendenze trovano<br />
la propria robustezza economica.<br />
Il disagio sociale<br />
In tale contesto, <strong>il</strong> dato emerso nella primavera del<br />
2006 e relativo ai contributi per l’assistenza concessi<br />
dai distretti sociali di Bolzano, Merano, Bressanone e<br />
Laives <strong>ed</strong> alle prestazioni offerte dall’assistenza sociale è<br />
preoccupante e dovrebbe portare ad un serio e sereno<br />
96 Destra programmatica e popolare
quanto leale <strong>ed</strong> opportuno esame di coscienza. Quando<br />
circa l’8% della popolazione del Capoluogo è sotto alla<br />
soglia di povertà e nel momento in cui oltre <strong>il</strong> 10%<br />
necessita di integrazioni economiche per la locazione e<br />
le spese accessorie, significa che in questi anni la politica<br />
sociale condotta in Alto Adige è stata sbagliata. Se<br />
peraltro compariamo questi dati di Bolzano con quelli<br />
prodotti dai distretti di Merano e di Bressanone dove si<br />
registrano picchi superiori al Capoluogo che a Merano<br />
sfiorano <strong>il</strong> 20% nel sostegno alla locazione od <strong>il</strong> 14%<br />
in quello che riguarda <strong>il</strong> minimo vitale, si può affermare<br />
che <strong>il</strong> problema è talmente radicato e generalizzato<br />
che la sua diffusione deve essere bloccata con estrema<br />
fermezza e senza ulteriori perdite di tempo. Le quasi<br />
3.500 prestazioni economiche che l’assistenza di base<br />
ha dovuto proferire, per esempio a Bolzano, affinché<br />
altrettante famiglie potessero non scendere sotto la soglia<br />
di povertà, indicano quanto <strong>il</strong> problema sia tremendamente<br />
concreto; anche perché <strong>il</strong> disagio prodotto da<br />
questa politica rischia di coinvolgere almeno 10.000<br />
cittadini di Bolzano.<br />
Siamo insomma in piena emergenza sociale e far<br />
finta di nulla equivale a dar corso ad una politica che<br />
conduce ad una macelleria sociale.<br />
Il taglio annunciato dei sussidi casa, per esempio,<br />
è un provv<strong>ed</strong>imento enormemente grave che non può<br />
assolutamente giustificarsi con l’esigenza di risparmio<br />
dell’Istituto o comunque della mano pubblica, come<br />
di fatto viene affermato dai vertici dell’IpES. Proprio i<br />
dati sopra espressi relativi alla capacità economica della<br />
popolazione dovrebbero far riflettere su come, anche<br />
Destra programmatica e popolare<br />
97
solo 38 euro mens<strong>il</strong>i che oggi giungono nelle case degli<br />
altoatesini e che un domani - per effetto dei tagli<br />
politicamente dettati dall’Amministrazione provinciale<br />
- non raggiungerebbero le famiglie m<strong>ed</strong>esime, possano<br />
rappresentare un sostegno non indifferente per una famiglia<br />
di operai o di fascia m<strong>ed</strong>ia.<br />
Una impostazione politica perdente quella del centro-sinistra<br />
altoatesino alla quale anche <strong>il</strong> partito di maggioranza<br />
relativa del gruppo linguistico t<strong>ed</strong>esco, la SVP<br />
appunto, rischia di rimanere ancorata proprio con gravi<br />
ripercussioni pure per la popolazione di madrelingua<br />
t<strong>ed</strong>esca.<br />
Se è vero perciò che in questi anni la Destra altoatesina<br />
ha parlato molto di disagio etnico, è anche<br />
vero peraltro che ad esso da qualche anno si è affiancato<br />
un crescente disagio sociale che nel coinvolgere<br />
anche la popolazione di lingua italiana colpisce una<br />
grande fetta degli altoatesini. E se <strong>il</strong> disagio etnico è<br />
un sentimento intimo, <strong>il</strong> disagio sociale esprime i suoi<br />
effetti almeno su tre persone per ognuna di quelle che<br />
subisce un provv<strong>ed</strong>imento di riduzione r<strong>ed</strong>dituale. Perchè<br />
ogni persona disoccupata, ogni retribuzione che<br />
non conc<strong>ed</strong>e <strong>il</strong> raggiungimento del livello zero, ovvero<br />
di quel livello che permette ad ognuno di vivere pur<br />
senza risparmiare, coinvolge una intera famiglia, quindi<br />
- secondo i dati ASTAT - in Alto Adige m<strong>ed</strong>iamente tre<br />
persone. Anche a questo disagio la Destra locale deve<br />
dare delle risposte o dimostrare di averne, considerato<br />
che né le Sinistre né quelle forze sociali interne alla<br />
SVP sono stati in grado di prevenire prima, e ridurre<br />
poi. In questo contesto, da anni si è consci del fatto<br />
98 Destra programmatica e popolare
che la Destra in Alto Adige deve dimostrare di essere<br />
capace di coniugare la dimensione etnica che si vive in<br />
questa provincia - attraverso la difesa delle radici di una<br />
Comunità - con quella dimensione sociale che è stata<br />
tramandata dai padri fondatori di quella Destra che con<br />
<strong>il</strong> Movimento Sociale trovò la capacità di concretizzare<br />
e trasmettere una visione sociale ancor più importante<br />
nel grave quadro socio-economico in cui versa la provincia<br />
di Bolzano, dove <strong>il</strong> 26% delle famiglie vive in una<br />
situazione definita di povertà relativa e dove l’11% delle<br />
persone altoatesine non supera i 1.000 euro di stipendio<br />
mens<strong>il</strong>i; dati peggiori perfino del Centro e del Nord<br />
Italia. Si tratta di realtà che anzitutto devono richiamare<br />
la Destra altoatesina a ricoprire pure in futuro un ruolo<br />
di controllo e di denuncia; che serva però anche ad<br />
assumere soluzioni e posizioni non demagogiche, capaci<br />
di incidere profondamente e positivamente sui r<strong>ed</strong>diti<br />
della popolazione. Provincia e Comuni non possono<br />
limitarsi a fare la parte di passivi e p<strong>il</strong>ateschi spettatori<br />
quando, per arginare più che per prevenire questo fenomeno,<br />
si sarebbero dovuti rafforzare i controlli contro<br />
ogni eventuale speculazione sui prezzi, evitando peraltro<br />
si danneggiassero non solo i consumatori ma anche<br />
molti commercianti. Sbagliato inoltre sarebbe pensare<br />
che <strong>il</strong> carovita venga prodotto esclusivamente dai costi<br />
dei prodotti di commercio e non anche da quello di<br />
molti servizi pubblici. Il potere di acquisto dei cittadini<br />
altoatesini - e quindi la riduzione del disagio sociale<br />
- certo non si favorisce con forme di assistenzialismo<br />
che tendono a mantenere lo status del nucleo fam<strong>il</strong>iare<br />
senza in realtà elevarlo economicamente. Donare<br />
Destra programmatica e popolare<br />
99
contributi a fondo perduto senza distinzione di r<strong>ed</strong>dito<br />
fra i beneficiari come se <strong>il</strong> disagio di un operaio fosse<br />
<strong>il</strong> m<strong>ed</strong>esimo di un professionista in politica, non può<br />
essere un apprezzab<strong>il</strong>e forma di intervento economico<br />
a favore delle famiglie altoatesine. Sono necessari altri<br />
interventi di sostegno alle famiglie come l’introduzione<br />
di nuove tariffe ridotte per luce, acqua, gas e servizi<br />
per le famiglie con r<strong>ed</strong>diti bassi; oppure la previsione<br />
dei bonus scuola, per esempio per i bambini a partire<br />
dagli as<strong>il</strong>i nido o favorire la possib<strong>il</strong>ità di scegliere tra<br />
l’assistenza pubblica, privata o non profit, o ancora l’introduzione<br />
di particolari agevolazioni per gli anziani e<br />
per chi assiste i propri cari in casa, piuttosto che introdurre<br />
la cosiddetta tassa sulla vecchiaia, ovvero un’onere<br />
che graverà ulteriormente su ogni famiglia altoatesina<br />
impoverendola ulteriormente.<br />
In definitiva si necessita di una sana politica di sostegno<br />
alle famiglie stesse anche attraverso l’offerta di servizi<br />
che siano economicamente accessib<strong>il</strong>i. Ed è anche<br />
con <strong>il</strong> risparmio della spesa pubblica, la riconversione<br />
di strutture parzialmente inut<strong>il</strong>izzate, la vendita parziale<br />
degli oltre 1.200 <strong>ed</strong>ifici del patrimonio immob<strong>il</strong>iare<br />
della Provincia, che si può permettere di rifinanziare la<br />
spesa sociale.<br />
100 Destra programmatica e popolare
Destra aperta e partecipata<br />
DESTRA<br />
APERTA E PARTECIPATA<br />
L’orgoglio della propria specificità da parte di una<br />
Comunità politica che ha significativamente segnato<br />
gli ultimi 60 anni di vita nazionale, si fa più incisivo<br />
quando essa ha saputo rimanere per così lungo<br />
tempo ramificata nel territorio. Nell’attuale panorama<br />
politico, non è un caso che solo Alleanza Nazionale<br />
da una parte <strong>ed</strong> i Democratici di Sinistra sul fronte<br />
opposto possano rivendicare questo ruolo fondante<br />
di coagulo con la popolazione nazionale e quindi<br />
di preservazione delle proprie peculiarità storiche,<br />
politiche, sociali. Non si è volutamente fatto cenno<br />
alla Democrazia Cristiana non solo perché essa oggi<br />
non esiste più come forza politica a se stante (disgregatasi<br />
in altre entità politiche che hanno di fatto<br />
dato voce autonoma alle molte anime di quel partito<br />
che l’hanno composta per anni) ma per <strong>il</strong> fatto che<br />
101
nel momento stesso in cui non ha saputo più essere<br />
partito di governo, sbaragliata dalla magistratura e<br />
dall’elettorato, essa ha perso la propria fittissima rete<br />
di collegamento con la base, fatta allora - soprattutto<br />
nell’ultimo decennio della sua esistenza, una volta<br />
evaporato <strong>il</strong> pericolo di un invasione comunista - più<br />
di clientele maturate come perenne forza di governo<br />
che di matrimonio ideologico. Non è mistero peraltro<br />
che la DC, oltrechè sul voto clientelare, poteva<br />
contare su quello parrocchiale e su quello statale;<br />
due categorie ovvero che negli anni del pericolo comunista<br />
e della scomunica cattolica come in quelli<br />
della statalizzazione del lavoro con l’impiego pubblico<br />
sicuro e scevro da ogni rischio di licenziamento,<br />
si sentivano alquanto garantite dalla Balena Bianca,<br />
capace di solcare i mari della politica in maniera indisturbata.<br />
Questa capacità di raccogliere <strong>il</strong> consenso<br />
nelle chiese e nei pubblici uffici permetteva così alla<br />
Democrazia Cristiana di controllare la vita di quasi<br />
la metà degli italiani, così come <strong>il</strong> Partito Comunista<br />
dell’Unione Sovietica (PCUS) operava in Russia<br />
con i cittadini d’oltre cortina. Con ciò non si può<br />
negare l’importante ruolo svolto dalla DC nella sua<br />
funzione di barriera anti-comunista e per la rinascita<br />
e la ricrescita del nostro Paese; <strong>il</strong> quale alle porte<br />
aveva pur sempre regimi comunisti che bussavano<br />
per entrare. Ma quando <strong>il</strong> rapporto con gli elettori è<br />
figlio soprattutto di uno status politico, quale essere<br />
partito di governo, nel momento in cui questo status<br />
decade si perde anche quell’appeal che ne caratterizza<br />
<strong>il</strong> rapporto stesso.<br />
102 Destra aperta e partecipata
Destra aperta e partecipata<br />
Figli di un Dio minore<br />
Per la Destra italiana <strong>il</strong> discorso è stato invece diverso.<br />
A lungo tempo tenuti ai margini della vita non<br />
solo politica ma anche sociale, i fondatori del Movimento<br />
Sociale, e quindi con essi gli iscritti e gli elettori,<br />
sono stati per anni considerati figli di un Dio minore;<br />
ammesso si riconoscesse l’esistenza di un Dio anche<br />
a loro. Sono quelli che descrive Giampaolo Pansa nel<br />
„Sangue dei Vinti“ o in „Sconosciuto ‚45“, due libri<br />
che hanno fatto molto discutere, ma successivi all’opera<br />
scritta quasi due decenni prima da Giorgio e Paolo<br />
Pisanò dal titolo „Il Triangolo della Morte - la politica<br />
della strage in Em<strong>il</strong>ia durante e dopo la guerra civ<strong>il</strong>e -<br />
(<strong>ed</strong>. Mursia - 1992)“; iniziativa sconosciuta ai più poiché<br />
esclusa dai circuiti distributivi dell’<strong>ed</strong>itoria ufficiale di<br />
allora benché denunciasse, con la stessa intensità narrativa,<br />
le m<strong>ed</strong>esime violenze descritte dal più celebre<br />
autore. A Destra stavano i figli <strong>ed</strong> i nipoti di Salò, gli<br />
esclusi e gli sconfitti; si era al di fuori dell’allora detto<br />
arco costituzionale, una formula che escludeva la Destra<br />
italiana la quale, essendo figlia del fascismo, non aveva<br />
potuto partecipare alla stesura della nostra Costituzione<br />
nazionale e per questo ghettizzata, come se dovesse<br />
pagare un fio per l’eternità.<br />
La condanna ad essere figli di alcun Dio riconosciuto<br />
portò quindi a cementare fra se i componenti la comunità<br />
della Destra, a stringersi maggiormente attorno<br />
ad un Idea, alle proprie radici, ad un proprio progetto.<br />
Rafforzando quel legame con i cittadini italiani fatto non<br />
di opportunismo e convenienza (come avrebbe potuto<br />
103
avvenire se fossero stati un partito di governo in quegli<br />
anni di ricostruzione civ<strong>il</strong>e <strong>ed</strong> ideologica) ma di sincera<br />
adesione ad una progettualità basata sui concetti della<br />
moderna democrazia diffusi dalla Rivoluzione francese<br />
attraverso <strong>il</strong> motto libertà, uguaglianza e fratellanza ma<br />
anche su valori ispirati dalla spiritualità e quindi dalla<br />
sacralità, dal patriottismo e perciò dall’identitarismo e<br />
dalla socialità, tanto da essere un partito che veniva sì<br />
posizionato a Destra, ma ricopriva spesso ruoli di sinistra.<br />
D’altra parte, l’estrazione popolare di molti suoi<br />
m<strong>il</strong>itanti; le battaglie sociali condotte non tanto nelle<br />
fabbriche sindacalizzate dalla Sinistra operaia ma nelle<br />
scuole, nelle università, nei posti di lavoro, nelle periferie<br />
degradate delle metropoli italiane; i richami al corporativismo,<br />
alla terza via mussoliniana contro <strong>il</strong> liberismo<br />
americano <strong>ed</strong> <strong>il</strong> socialismo reale; l’ispirazione a quel<br />
„fascismo immenso e rosso” sul quale nel 1990 scrisse<br />
un saggio Giano Accame - allora direttore del Secolo<br />
d’Italia, <strong>il</strong> quotidiano della Destra nazionale - riprendendo<br />
una tipica espressione di Robert Bras<strong>il</strong>lach, poeta e<br />
scrittore francese fuc<strong>il</strong>ato nel 1945 per le sue posizioni<br />
f<strong>il</strong>ofasciste; la rincorsa alla teoria della socializzazione<br />
delle imprese e l’anticonformismo come regola, sono<br />
tutte fasi che hanno collocato <strong>il</strong> Movimento nel sociale,<br />
la Destra italiana di allora vicina ad impulsi che, in<br />
una concezione schematica, ancora oggi potrebbero<br />
sembrare più consoni alla Sinistra.<br />
L’orgoglio di essere Destra, prima ancora che di destra,<br />
è quindi dettato dall’aver passato, come molti di noi<br />
hanno subito, gli anni più diffic<strong>il</strong>i per la nostra Comunità<br />
umana aggr<strong>ed</strong>ita anche fisicamente; ciò però non può<br />
104 Destra aperta e partecipata
portare oggi la Destra ad avvitarsi su se stessa, ad avere<br />
torcicolli di nostalgismo come se, pur camminando in<br />
una direzione, si guardasse con rimpianto al passato.<br />
Essa si è evoluta, rinunciando nel tempo ad essere solo<br />
un contenitore di nostalgie, di speranze e di proposte;<br />
è divenuta un laboratorio di trasformazione del sistema<br />
Paese, se è vero che già sul finire degli Anni Settanta<br />
<strong>il</strong> Movimento Sociale parlava di Presidenzialismo come<br />
di elezione diretta dei Sindaci o di Esercito volontario;<br />
temi che provocavano accuse di smanie golpiste della<br />
Destra, per i cui avversari essa non solo voleva uomini<br />
forti al comando del vascello Italia, ma anche un Esercito<br />
pronto a difenderli, come accadeva nel sud-America.<br />
Come pure nell’Est europeo. Concetti, prima ancora che<br />
progetti, i quali però oggi sono divenuti realtà. Con<br />
buona pace di chi allora gridava „attenti al lupo“.<br />
La Destra, italiana <strong>ed</strong> europea, ha saputo insomma<br />
aprirsi a nuove sfide e a nuovi confronti.<br />
Destra aperta e partecipata<br />
Il progresso ideologico<br />
In questo contesto la Destra altoatesina non può fare<br />
diversamente. Gli anni dell’emarginazione che questa<br />
parte politica ha dovuto attraversare, hanno forgiato in<br />
chi li ha vissuti - non certo chi è venuto dopo - la consapevolezza<br />
di sapere che progr<strong>ed</strong>ire ideologicamente<br />
non per forza significa rinnegare <strong>il</strong> proprio percorso<br />
storico. Sbaglierebbe la Destra locale se rimanesse chiusa<br />
a riccio non tanto nella difesa del proprio impianto<br />
bas<strong>il</strong>are circa <strong>il</strong> ripristino di un equ<strong>il</strong>ibrio etnico, quanto<br />
105
nel confronto con l’intera realtà altoatesina. Dare vita insomma<br />
ad un dialogo aperto pur nella difesa dell’Identità<br />
significa, nel contesto altoatesino così come avvenuto<br />
in quello nazionale, garantire quella omogeneità nelle<br />
intenzioni <strong>ed</strong> Unità della Comunità umana e politica nei<br />
rapporti fra e con le formazioni partitiche riconducib<strong>il</strong>i<br />
all’area di centro-destra, sia italiana come di lingua t<strong>ed</strong>esca,<br />
in un’ottica governativa e di governab<strong>il</strong>ità. Quindi<br />
anche con quella parte della SVP dalla quale possano<br />
emergere maggiori affinità, affinché pure in Alto Adige <strong>il</strong><br />
concetto di Destra di governo possa tradursi con quello<br />
di Destra al governo. Ciò pure nella fermezza e nel<br />
rispetto del proprio humus politico e nella salvaguardia<br />
della propria identità culturale.<br />
Ma prima di proc<strong>ed</strong>ere oltre sulla base di queste<br />
riflessioni, si ritiene importante che tutti, dai più scettici<br />
a quelli più ottimisti, si domandino essenzialmente se sia<br />
giusto - in un contesto storico e politico assai diverso<br />
da quello che si è chiuso qualche anno fa - che la<br />
Destra locale rigetti la politica del dialogo e la politica<br />
delle alleanze con quei partiti che con essa intendano<br />
perlomeno dialogare se non ancora avere alleanze. Ora<br />
che quelle barriere innalzate con pregiudizio, con arte<br />
discriminatoria, nel nome di un aberrante arco costituzionale<br />
che ha spaccato in due l’Italia, sono cadute e<br />
che proprio per questo fatto la Comunità della Destra<br />
ha saputo sconfiggere l’ingiustizia sociale che la voleva<br />
sempre perdente e ghettizzata; ora che la stessa Destra<br />
ha raggiunto quel traguardo agognato e sognato riuscendo<br />
ad integrarsi nel contesto governativo e che quelle<br />
barriere nei suoi confronti non esistono più, è doveroso<br />
106 Destra aperta e partecipata
<strong>ed</strong> essenziale che ci si chi<strong>ed</strong>a per quali motivi nacque<br />
<strong>il</strong> Movimento Sociale Italiano e per quali ragioni esso<br />
si è trasformato in Alleanza Nazionale. Ovvero ci si interroghi<br />
su quale sia <strong>il</strong> bene ultimo - che nel contempo<br />
è anche l’obiettivo primario - di queste due formazione<br />
politiche che hanno rappresentato e salvato la Destra.<br />
Più volte a questa richiesta di chiarimento si è risposto<br />
che <strong>il</strong> principale obiettivo era <strong>ed</strong> è quello di servire<br />
<strong>il</strong> Paese e con esso di servire gli Italiani; ma per fare<br />
questo anche la Destra locale, come quella nazionale,<br />
ha la necessità di continuare ad adottare una politica<br />
intelligente (sembra qualcosa di abnorme, nella sua semplicità,<br />
eppure non è banale affermarlo), quella che la<br />
fa camminare con coraggio in una direzione, pensando<br />
con cognizione di attraversare però una strada di carboni<br />
ardenti. Insomma, pur mantenendo um<strong>il</strong>mente un<br />
prof<strong>il</strong>o basso, occorre saper volare alto; sopra gli altri<br />
come aqu<strong>il</strong>a volteggia..<br />
Destra aperta e partecipata<br />
Interesse alla governab<strong>il</strong>ità<br />
Tale considerazione obbliga la Destra altoatesina ad<br />
essere promotrice e protagonista di un dialogo aperto<br />
nei confronti di una Provincia Autonoma a cui riconoscere<br />
difetti e paradossi ma anche pregi, seppur spesse<br />
volte confonde i suoi ruoli istituzionali, trasformandosi<br />
in una sorta di centro monopolistico proiettato quasi<br />
essenzialmente a considerare i bisogni di una Comunità<br />
linguistica, piuttosto che quelli di un’intera popolazione.<br />
Un monopolio provinciale alquanto d<strong>il</strong>atato grazie<br />
107
all’estensione dell’Autonomia affidata alla Provincia in<br />
tutti i comparti: dalla cultura al patrimonio, dall’urbanistica<br />
alle grandi rivoluzioni industriali fino al settore<br />
energetico. Non si può negare che nei decenni in cui<br />
si è dapprima pensata l’Autonomia e sucessivamente<br />
attivata, trasformandola da progetto ideologico a creatura<br />
egocentrica, la Provincia-Istituzione si è d<strong>ed</strong>icata a<br />
favorire particolari settori dell’economia tralasciandone<br />
altri, agendo in un tessuto sociale che trova la periferia<br />
economicamente e finanziariamente più solida nei<br />
confronti dei centri a maggior densità abitativa e dove<br />
maggiore è la presenza di popolazione di lingua italiana,<br />
come Bolzano, Merano e Laives. Si pensi allo scarto<br />
esistente fra i settori turistico-agricolo o al comparto<br />
artigiano con quello industriale, anche se oggi esso è<br />
in leggera ripresa nonostante i suoi deficit innovativi,<br />
dopo che anche l’industria non è più settore economico<br />
caratterizzante la Comunità italiana. Si pensi anche<br />
come la Provincia abbia inquinato lo stesso mercato<br />
industriale, favorendo la nascita di varie aziende m<strong>ed</strong>iopiccole<br />
sorte non perché si fosse in presenza di una<br />
eccezionale vitalità imprenditoriale ma perché la comparsa<br />
di nuove aziende - grazie all’intervento pubblico<br />
- ha contribuito in modo preoccupantemente straordinario<br />
all’impoverimento dell’esistente industria creata nel<br />
Ventennio e principalmente italiana. Una politica questa<br />
i cui riflessi negativi sono alle porte, che combaceranno<br />
con <strong>il</strong> momento stesso in cui l’assistenza iniziale e<br />
l’assistenzialismo economico cesserà e l’azienda dovrà<br />
necessariamente competere nel mercato del lavoro con<br />
le sole proprie risorse.<br />
108 Destra aperta e partecipata
In quest’ottica si pone l’interesse alla governab<strong>il</strong>ità<br />
della Destra locale.<br />
In tale contesto, nella consapevolezza della necessità<br />
di interporsi quale elemento nuovo nella comune<br />
partecipazione, la Destra bolzanina deve proseguire con<br />
quella spinta verso <strong>il</strong> tentativo e non nella tentazione<br />
di un dialogo con <strong>il</strong> partito di maggioranza assoluta in<br />
Alto Adige (ma non solo con esso) che porti ad una<br />
coabitazione con lo stesso nella reale gestione dell’Autonomia<br />
e non ad una passiva convivenza, che renderebbe<br />
oltremodo complessa un’adeguata valorizzazione della<br />
Comunità di lingua italiana. Rimuovendo gli ostacoli che<br />
oggi imp<strong>ed</strong>iscono alla Comunità italiana di godere di<br />
pari opportunità in Alto Adige, per prosciugare quelle<br />
sabbie mob<strong>il</strong>i legislative che ancora oggi la soffocano,<br />
inghiottendola lentamente.<br />
Co-protagonisti dell’Autonomia futura<br />
Coerentemente con le convinzioni della Destra<br />
quindi, le modifiche che dovranno generarsi rispetto<br />
all’applicazione dell’Autonomia già al centro di altre<br />
riflessioni qui espresse, non possono non tener conto di<br />
chi rappresenta la maggioranza di un gruppo linguistico<br />
diversa da quello al quale la Destra storica appartiene.<br />
Non si tratta di rec<strong>ed</strong>ere sui propri principi; si tratta<br />
semmai di porre responsab<strong>il</strong>mente le condizioni per<br />
una collaborazione sincera, onesta, corretta anche con<br />
quel partito che rappresentata più di ogni altri <strong>il</strong> gruppo<br />
di lingua t<strong>ed</strong>esca; pretendendo però dallo stesso la<br />
Destra aperta e partecipata<br />
109
m<strong>ed</strong>esima sincerità, onestà, correttezza senza che ciò<br />
debba significare un fidanzamento o un matrimonio<br />
per ragioni di Stato. Non un passo indietro quindi da<br />
parte della Destra altoatesina, ma un cammino in avanti<br />
finanche ad esorcizzare quel luogo comune che vuole<br />
la Destra sempre e comunque contrapposta alla SVP o<br />
agli uomini che la rappresentano.<br />
Paradossalmente, peraltro, la SVP non è <strong>il</strong> più temib<strong>il</strong>e<br />
rivale della Destra altoatesina che chi<strong>ed</strong>e e riceve<br />
come un bambino viziato. Piuttosto, l’avversario politico<br />
della Comunità italiana deve individuarsi in quelle forze<br />
partitiche attuali alleate proprio della SVP che non rappresentano<br />
la maggioranza del gruppo italiano. Ed allora<br />
rinunciare a dialogare con la SVP non ha motivo; non<br />
solo perché rigettare ogni confronto può farlo solo chi<br />
non ha idee o ha paura delle proprie stesse idee; e se un<br />
uomo ha paura delle proprie idee significa o che le sue<br />
idee non valgono nulla o che non vale nulla lui, per dirla<br />
con Ezra Pound. Ma perché rinunciare ad un tale dialogo<br />
significa lasciare a priori a quei partiti italiani che hanno<br />
abbandonato <strong>il</strong> gruppo linguistico italiano la possib<strong>il</strong>ità<br />
di gestire ancora <strong>il</strong> futuro dello stesso gruppo e quindi<br />
danneggiarlo ulteriormente. Il confronto deve servire da<br />
parte della Destra altoatesina per dare alla comunità<br />
italiana che si sente di rappresentare maggiormente una<br />
dignitosa rappresentanza in Provincia e nei Comuni, dove<br />
essa può battersi quando la politica diventa economia<br />
e affinchè i principi politici <strong>ed</strong> economici difendano le<br />
realtà deboli; per una provincia dove non esistano settori<br />
occupazionali di serie A e di serie B in un ambito in cui<br />
attualmente a farla da padrona è l’agricoltura, mentre <strong>il</strong><br />
110 Destra aperta e partecipata
carrettino al seguito ha trasportato per anni una sempre<br />
più frag<strong>il</strong>e, povera e negletta industria. Ma anche dove<br />
la provincia più ricca d’Italia con i suoi m<strong>il</strong>ioni di euro<br />
di b<strong>il</strong>ancio non possa più in futuro far pagare all’intera<br />
popolazione italiana-t<strong>ed</strong>esca-ladina <strong>il</strong> 90% dei servizi.<br />
Discorrere almeno con quella SVP che vuole confrontarsi<br />
e dialogare realmente con la Destra altoatesina; con quella<br />
per esempio che nel 1994 si espresse favorevolmente<br />
ad aperture nei suoi confronti in un sondaggio prodotto<br />
dal „Dolomiten“, <strong>il</strong> potente quotidiano di lingua t<strong>ed</strong>esca<br />
che non solo fa tendenza ma soprattutto detta o quanto<br />
meno ispira anche certi percorsi politici della SVP; ma<br />
anche con quella che nel maggio 2006, dalle colonne<br />
dello stesso giornale, dichiarò apertamente la necessità<br />
di aprire un confronto con la Destra altoatesina. Confrontarsi<br />
insomma con quella SVP che, come la Destra,<br />
difende l’economia e che già solo per <strong>il</strong> fatto di non<br />
aver disdegnato la pubblica assunzione di posizioni coraggiose<br />
<strong>ed</strong> in controtendenza nei suoi confronti, merita<br />
attenzione e disponib<strong>il</strong>ità di confronto.<br />
C’è in pratica l’esigenza che se dialogo e confronto,<br />
collaborazione e finanche coabitazione future debbano<br />
esistere ciò sia fondato su basi cristalline, univoche, trasparenti.<br />
Anche in merito a scelte di campo che finora<br />
hanno visto la SVP schierata non a fianco di un progetto<br />
politico capace di soddisfare la propria economia o le<br />
aspettative della propria gente, ad esempio in materia<br />
fiscale o occupazionale. Un processo volto al dialogo<br />
<strong>ed</strong> al confronto piuttosto che alle grida <strong>ed</strong> allo scontro,<br />
che non andrà a scalfire <strong>il</strong> patrimonio ideologico di<br />
riferimento della Destra, poichè l’eventuale comparteci-<br />
Destra aperta e partecipata<br />
111
pazione all’Autonomia si pone su un livello diverso da<br />
quello sul quale si pone <strong>il</strong> bagaglio storico e culturale<br />
della stessa Destra. L’uno rappresenta infatti <strong>il</strong> ciclo storico<br />
e civ<strong>il</strong>e della Destra, la sua natura antropologica;<br />
l’altro, l’evoluzione dialettica non solo o non tanto della<br />
Destra ma anche dei referenti esterni che oggi guardano<br />
alla Destra con rispetto diverso <strong>ed</strong> attenzione sincera.<br />
Oggi l’osservatore estraneo alla Destra, in parte si trova<br />
di fronte ad una nuova dimensione della Destra; ma<br />
deve fare i conti soprattutto con una Destra che se<br />
una volta era sopportata istituzionalmente <strong>ed</strong> accettata<br />
civ<strong>il</strong>mente, oggi è supportata elettoralmente e rispettata<br />
democraticamente. Il tramonto delle culture targate<br />
(l’anti-fascismo m<strong>il</strong>itante da una parte come l’anti-autonomismo<br />
imperante dall’altra) è un dato positivo per<br />
una Destra che vuole fare parte di un nuovo processo<br />
di trasformazione e che vuole essa stessa promuoverne<br />
l’elaborazione. Occorre quindi discutere sui programmi,<br />
sui mezzi con cui acc<strong>ed</strong>ere ad una rivalutazione della<br />
Comunità italiana, non per questo indebolendo l’Autonomia,<br />
anzi; semmai rinsaldandola perché quanto sarà<br />
più equo <strong>il</strong> sistema altoatesino tanto esso sarà resistente,<br />
difeso e difendib<strong>il</strong>e. Portare un tricolore in ogni maso,<br />
è certamente uno slogan elettoralmente produttivo, ma<br />
fine a se stesso poichè non fac<strong>il</strong>ita <strong>il</strong> riequ<strong>il</strong>ibrio autonomistico,<br />
come si è visto anche negli ultimi cinque<br />
anni di governo di centro-destra.<br />
Non c’è alcuna abiura della fase conservativa in<br />
questo percorso, dopo decenni in cui la Destra locale<br />
ha attraversato <strong>il</strong> deserto combattendo per mantenere <strong>il</strong><br />
proprio diritto alla presenza; ovvero <strong>il</strong> diritto di essere<br />
112 Destra aperta e partecipata
in piena legittimità, ostentando l’appartenenza con l’orgoglio<br />
che può esprimere una Comunità disarmata ma<br />
non in disarmo. Rivendicazioni appunto che ora però la<br />
Destra ha <strong>il</strong> compito di trasformare in concretezza attraverso<br />
l’ottenimento di quella rappresentatività governante<br />
affinchè <strong>il</strong> patrimonio della Destra stessa non rischi<br />
di rimanere sotto ut<strong>il</strong>izzato. In questo, se da una parte<br />
Alleanza Nazionale deve parlare un linguaggio capace<br />
di farsi capire maggiormente dalla sua gente di quanto<br />
non si sia fatto in questo ultimo tempo, tale dialogo<br />
deve essere espresso a 360 gradi nei confronti di tutta<br />
la società altoatesina; per coinvolgere quell’insieme di<br />
sensib<strong>il</strong>ità che, come sempre più affiora, non si riconosce<br />
nel centro-sinistra e non vuole essere più dipendente<br />
elettoralmente <strong>ed</strong> economicamente dalla SVP.<br />
Non significa quindi che la Comunità politica che<br />
si esprime tramite la Destra si debba trasformare, come<br />
per incanto, in autonomista organica all’Autonomia; ma<br />
essa stessa non può rinunciare a ricoprire un ruolo di<br />
co-protagonista di un Autonomia che deve poter contribuire<br />
a cambiare.<br />
Un passaggio improrogab<strong>il</strong>e questo se la Destra si<br />
vuole porre come agente capace di proporre una riforma<br />
della e nella società altoatesina. E ovvio che questa<br />
scelta deve essere accompagnata dalla paura di non farsi<br />
capire dal nostro elettorato, soprattutto se <strong>il</strong> messaggio<br />
esposto non è supportato dall’univocità interna. Ma è<br />
importante che accanto alla paura ci sia <strong>il</strong> coraggio,<br />
come affermava chi pagò con <strong>il</strong> proprio sacrificio, <strong>il</strong><br />
suo coraggio di combattere e battere la mafia; <strong>il</strong> giudice<br />
Paolo Borsellino.<br />
Destra aperta e partecipata<br />
113
La malformazione dell’Autonomia<br />
Lo sv<strong>il</strong>uppo di questa terra è stato caratterizzato da<br />
coraggiose visioni; ma è stato costellato anche da profondi<br />
errori <strong>ed</strong> orrori che hanno prodotto una Autonomia<br />
viziata e viziosa che si esprime attraverso varie componentistiche<br />
malferme. Una di esse è l’applicazione distorta<br />
della proporzionale, ripetutamente denunciata dalla Destra<br />
locale che ha proposto anche metodi di modifica<br />
quando altri, dentro e fuori la Destra stessa, trovano più<br />
semplice chi<strong>ed</strong>erne l’abolizione. Senza comprendere <strong>il</strong><br />
danno materiale che l’assenza della ripartizione corrispondente<br />
alla propria rappresentanza sul territorio potrebbe<br />
arrecare proprio alla Comunità italiana per gli effetti e<br />
le analisi che si sono effettuate nel capitolo d<strong>ed</strong>icato<br />
alla Destra programmatica e protagonista. Ma la proporzionale<br />
non è l’unico componente di un motore che<br />
funziona in maniera sotto potenziata. La lenta, graduale<br />
ma generale eliminazione della toponomastica italiana,<br />
operazione che ciclicamente viene riproposta dai partiti<br />
di lingua t<strong>ed</strong>esca e che proprio la Destra bolzanina ha<br />
saputo bloccare subito dopo Fiuggi - e quindi negli anni<br />
successivi alla svolta di Alleanza Nazionale - è uno di<br />
quei pistoni dell’Autonomia che accendono la scint<strong>il</strong>la<br />
della contrapposizione etnica. Per risolvere eticamente<br />
la questione, da lasciare agli storici <strong>ed</strong> agli intellettuali<br />
piuttosto che ai politici, basterebbe che si proc<strong>ed</strong>esse<br />
con <strong>il</strong> riconoscimento ufficiale e definitivo dei toponimi<br />
t<strong>ed</strong>eschi da affiancare a quelli italiani. Una battaglia volta<br />
a sopprimere i nomi dei luoghi nella forma italiana da<br />
parte delle forze di lingua t<strong>ed</strong>esca è peraltro incompren-<br />
114 Destra aperta e partecipata
sib<strong>il</strong>e anche per la maggioranza della stessa Comunità di<br />
lingua t<strong>ed</strong>esca, laddove essa viene rappresentata dalle<br />
famiglie e dal mondo imprenditoriale. Alle prime infatti<br />
interessa che <strong>il</strong> fisco sia meno pesante mentre al secondo<br />
che la propria azienda sia vitale. In questo contesto non<br />
sono condivisib<strong>il</strong>i alcune affermazioni del Presidente della<br />
Giunta provinciale dott. Luis Durnwalder espresse nella<br />
sua „relazione programmatica“ che aprì la XIII Legislatura<br />
circa <strong>il</strong> fatto che una minore imposizione fiscale promessa<br />
(<strong>ed</strong> attuata) dal Governo Berlusconi potesse essere preoccupante<br />
poiché avrebbe significato minore gettito per<br />
l’Alto Adige. La ricchezza altoatesina non può impostarsi<br />
sulla speranza dell’aumento degli oneri fiscali a carico<br />
delle famiglie italiane e quindi altoatesine poiché, come<br />
amava affermare l’indimenticato Consigliere regionale di<br />
AN del Trentino-Alto Adige Ruggero Benussi, la buona<br />
amministrazione dei soldi pubblici si v<strong>ed</strong>e quando la<br />
ricchezza non esiste, non quando i soldi ci sono.<br />
Ma anche l’adozione di un b<strong>il</strong>inguismo troppo spesso<br />
applicato un<strong>il</strong>ateralmente, ovvero preteso solo dal gruppo<br />
italiano nell’occupazione privata e non anche da<br />
quello t<strong>ed</strong>esco, tende a creare sacche di malcontento<br />
civ<strong>il</strong>e e di diffidenza.<br />
Si pensi per esempio al tempo perso dal centro-sinistra,<br />
al governo della provincia di Bolzano da alcuni<br />
decenni, che poco o nulla ha fatto per favorire l’apprendimento<br />
della seconda lingua in relazione alla specificità<br />
della realtà altoatesina. Pochi scambi scolastici, culturali<br />
e sociali con <strong>il</strong> paradosso di promuoverli in qualche colonia<br />
a Cesenatico piuttosto che in Alto Adige. E se da<br />
un lato ci si deve preoccupare del fatto che la Comunità<br />
Destra aperta e partecipata<br />
115
italiana conosca poco la lingua t<strong>ed</strong>esca, bisognerebbe<br />
accertare dall’altro se quel 49% circa di popolazione<br />
di lingua t<strong>ed</strong>esca che, secondo un recente sondaggio,<br />
afferma di sapere l’italiano è inferiore al dato omologo<br />
di qualche anno fa. La convinzione infatti è che sempre<br />
meno cittadini altoatesini di lingua t<strong>ed</strong>esca conoscano la<br />
lingua italiana soprattutto fra i giovani e non solo nelle<br />
vallate, poiché tale fenomeno è sempre più avvertito in<br />
maniera preoccupante anche nelle città. Un dato peraltro<br />
che se letto in prospettiva diventa allarmante. La Provincia<br />
deve proc<strong>ed</strong>ere per creare le condizioni al fine di un<br />
maggior approfondimento della conoscenza della lingua<br />
italiana da parte della popolazione locale t<strong>ed</strong>esca, non<br />
tanto per rivendicare l’ut<strong>il</strong>izzo della lingua nazionale,<br />
rivendicazione che appartiene al passato visto che in<br />
questa terra si è equiparato l’italiano all’idioma t<strong>ed</strong>esco;<br />
quanto perché in Alto Adige la Comunità italiana non<br />
può sempre più sentirsi estranea quando si reca, ad<br />
esempio, in un negozio, dove a volte l’esercente non si<br />
preoccupa nemmeno di avere personale con conoscenze<br />
dell’italiano. Una Comunità, quella italiana, che ha <strong>il</strong><br />
diritto di rapportarsi nella propria lingua madre sia nei<br />
rapporti sociali come in quelli istituzionali, ovvero con gli<br />
stessi Uffici pubblici comunali o provinciali. Condizioni<br />
tutte, unitamente ad altre che mi permisi di analizzare<br />
in „Prove di golpe (bianco) in Alto Adige“, che artatamente<br />
gestiti sono stati capaci di nascondere all’esterno<br />
di questa nostra realtà l’altra faccia della m<strong>ed</strong>aglia; <strong>il</strong><br />
disagio di una Comunità. Un malessere che si vive sui<br />
dati concreti, non su astratte difese di un sistema che si<br />
vuole a tutti i costi <strong>il</strong>lustrare come equo, paritario, non<br />
116 Destra aperta e partecipata
penalizzante per alcuno. Ecco perché da anni la Destra<br />
altoatesina non ha più posto in discussione l’Autonomia<br />
per quanto le recenti riforme - peraltro avvenute anche<br />
grazie al voto della Destra nazionale - l’hanno appesantita,<br />
quanto la sua gestione spesso distorta e monolitica.<br />
Se <strong>il</strong> disagio esiste, e non è un piagnisteo o una<br />
malattia immaginaria di sordiana memoria, è perché la<br />
Comunità italiana vive una sintomatologia di abbandono<br />
e di sconforto, di futuro cieco e di prospettive fantasma.<br />
Il disagio non è solo l’assenza di ricezione di stimoli<br />
d’amore da chi si spera di averne, ma è <strong>il</strong> disorientamento<br />
progressivo che accompagna quotidianamente questa<br />
stessa Comunità umana. Il disagio non è una patologia<br />
psichica o una ossessione psicologica, come sosteneva<br />
un ex Assessore provinciale, ma un lamento convinto,<br />
una denuncia spassionata attraverso la quale si è inteso<br />
e si intende comunicare la convinzione della Comunità<br />
di lingua italiana di volersi sentire non solo protetta da<br />
questa Autonomia ma anche e soprattutto partecipe alle<br />
scelte che determinano questa Autonomia che incidono<br />
sul futuro della stessa Comunità. Solo quando ognuno si<br />
sentirà a proprio agio in questa Autonomia la convivenza<br />
che oggi è puramente fisica fra le diverse Comunità<br />
diventerà convivenza compiuta.<br />
Destra aperta e partecipata<br />
La lista della spesa<br />
Se <strong>il</strong> decentramento di quel potere così faticosamente<br />
conquistato <strong>ed</strong> al quale si faceva riferimento e la<br />
maggiore autonomia alle Regioni (che sarebbe passata<br />
117
attraverso anche la devoluzione approvata dal centrodestra)<br />
fossero stati ratificati dal referendum del giugno<br />
2006, avrebbero rischiato di avere effetti pericolosi sulla<br />
nostra provincia pur essendo in presenza di provv<strong>ed</strong>imenti<br />
innovativi per <strong>il</strong> Paese.<br />
Infatti la omogeneizzazione delle altre realtà ordinarie<br />
porta ad omologare ad esse la nostra Autonomia<br />
speciale; tale non - come dovrebbe essere - per la sua<br />
natura etnica, peculiare <strong>ed</strong> esclusiva di questa nostra<br />
Provincia, ma speciale per la sua unicità confronto a<br />
tutte le altre realtà istituzionali. In sostanza, in futuro <strong>il</strong><br />
rischio è che qualora vi fosse una uniformità devolutiva,<br />
nel momento in cui questa SVP si ritrova a fianco<br />
un governo da lei considerato amico per compiacenza<br />
(ovvero perchè serv<strong>il</strong>e) e non per necessità (ovvero per<br />
comodità) essa possa avanzare la pretesa di un ritorno<br />
ad una differenziazione dell’autonomia altoatesina confronto<br />
a quella riconosciuta alle altre Regioni italiane.<br />
Una differenziazione che potrebbe appunto portare alla<br />
richiesta di una nuova specialità capace di prev<strong>ed</strong>ere<br />
altri poteri oggi impensab<strong>il</strong>i; come 20 anni fa si ritenevano<br />
tali, ovvero inimmaginab<strong>il</strong>i, quelli di cui oggi gode<br />
la nostra provincia attraverso un’Autonomia della quale<br />
oltrechè certi contenuti si contestano alcuni conducenti.<br />
Ovvero coloro che gestiscono - taluni egoisticamente o<br />
egocentricamente come appunto la SVP - altri impropriamente<br />
o delegittimamente come <strong>il</strong> centro-sinistra,<br />
l’Autonomia stessa. La lista di 21 punti presentata a<br />
Prodi dalla SVP per siglare quell’accordo elettorale che<br />
ha portato <strong>il</strong> centro-sinistra a vincere le elezioni del 9-10<br />
apr<strong>il</strong>e 2006, oggettivamente raccoglie condizioni cape-<br />
118 Destra aperta e partecipata
stro che svendono la Comunità italiana dell’Alto Adige.<br />
Una volta di più la SVP è andata a Roma con la lista<br />
della spesa da far pagare agli altoatesini di lingua italiana<br />
<strong>ed</strong> una volta di più <strong>il</strong> centro-sinistra ha accolto queste<br />
condizioni. Una politica assurda che denota solo una<br />
sudditanza psicologica e politica gravissima. In queste<br />
condizioni, ovvero finchè un settore politico italiano<br />
come <strong>il</strong> centro-sinistra accoglie richieste di questo peso<br />
avanzate dalla SVP, <strong>il</strong> confronto con <strong>il</strong> mondo di lingua<br />
t<strong>ed</strong>esca rischia di non poter mai essere alla pari. Tanto<br />
più se i contro-obiettivi dell’Unione non introducono<br />
nulla di nuovo e sembrano unicamente di facciata come<br />
<strong>il</strong> potenziamento del b<strong>il</strong>inguismo, lasciando inalterato<br />
però l’art. 19 o l’applicazione della proporzionale di<br />
merito che è solo un gioco gattopardesco in quanto<br />
l’uno (la proporzionale) esclude l’altro (<strong>il</strong> merito).<br />
Insomma se l’Unione ha battuto in ritirata di fronte<br />
alla SVP non ci si deve stupire se in queste condizioni<br />
non sia lecito pensare che la SVP possa alzare <strong>il</strong> tiro<br />
delle rivendicazioni. Non c’è quindi da scandalizzarsi<br />
con <strong>il</strong> partito di Pichler Rolle per questo. Ognuno fa <strong>il</strong><br />
suo gioco. Preoccupante è che la sinistra glielo lasci fare<br />
come fanno i genitori viziando i propri figli. D’altra parte<br />
se la Destra locale fosse stata così accondiscendente nei<br />
confronti della SVP, come qualcuno le ha rimproverato,<br />
la Stella Alpina avrebbe fatto un accordo elettorale con<br />
questa area politica; <strong>ed</strong> i suoi 200 m<strong>il</strong>a voti avrebbero<br />
portato alla vittoria su misura <strong>il</strong> centro-destra.<br />
Sta insomma alla sinistra decidere se la SVP potrà<br />
essere <strong>il</strong> pendolo del prossimo governo.<br />
Ma se ciò avverrà, non prendiamocela con la SVP.<br />
Destra aperta e partecipata<br />
119
Cattivi maestri<br />
Certo l’atteggiamento fin qui seguito dal partito di<br />
raccolta altoatesino non sempre è stato quello auspicato.<br />
La SVP con la quale la Destra locale aveva iniziato a<br />
confrontarsi era quella del suo Obmann di allora - l’on.<br />
Siegfri<strong>ed</strong> Brugger - che sapeva difendere la propria cultura<br />
e la propria storia con un occhio ad una nuova<br />
dimensione altoatesina, più attenta pure alle diverse<br />
sensib<strong>il</strong>ità che esistono in questa terra. Ciò, nonostante<br />
quella caduta di st<strong>il</strong>e che proprio Brugger ebbe durante<br />
un Congresso della stella alpina quando paragonò<br />
l’opera compiuta dalla SVP nell’ottenimento dell’attuazione<br />
autonomistica e della stessa Autonomia come la<br />
spremitura del limone, ove <strong>il</strong> frutto era lo Stato italiano.<br />
Ma la svolta politica <strong>ed</strong> estremamente etnica che Elmar<br />
Pichler-Rolle, una volta divenuto nuovo Obmann, ha<br />
voluto imprimere al proprio partito - svolta cui si sta<br />
ormai assistendo dal 2004 - riporta preoccupantemente<br />
indietro l’orologio della storia a quegli anni Sessanta <strong>ed</strong><br />
Ottanta in cui la terra altoatesina è stata martoriata da<br />
un terrorismo che produsse 18 vittime innocenti uccise<br />
dal tritolo autonomista <strong>ed</strong> 80 feriti; oltre a quelle<br />
piaghe ancora aperte nelle famiglie di chi fu colpito<br />
da quell’ondata terroristica e di cui la storia locale si<br />
dimentica troppo spesso. Un ritorno al passato quello<br />
di Pichler-Rolle che rischia ora di ricreare situazioni<br />
non solo di diffidenza ma anche e soprattutto di tensione<br />
ideologica <strong>ed</strong> etnica nella nostra provincia. Perché<br />
quando ci sono cattivi insegnanti, i giovani apprendono<br />
quanto di più negativo possono, sentendosi poi autoriz-<br />
120 Destra aperta e partecipata
zati a percorrere strade molto pericolose, anche quelle<br />
che la popolazione di questa provincia ha già dovuto<br />
tristemente attraversare. E se da una parte la richiesta<br />
di 113 sindaci di inserire nella Costituzione austriaca<br />
<strong>il</strong> diritto all’autodeterminazione per la minoranza linguistica<br />
t<strong>ed</strong>esca dell’Alto Adige non può non indignare<br />
la popolazione di lingua italiana, dall’altra non può<br />
nemmeno lasciare indifferente la presenza dello stesso<br />
Pichler Rolle alla manifestazione commemorativa di S.<br />
Paolo a ricordo del terroristi altoatesini; poiché <strong>il</strong> terrorismo<br />
si condanna, non si celebra. Sono anche questi<br />
atteggiamenti che tendono a favorire un rigurgito antiitaliano,<br />
come quello individuato all’inizio del 2006 dalle<br />
forze dell’ordine a Caldaro, poichè sono proprio certe<br />
dichiarazioni che tendono a favorire l’insinuarsi di una<br />
reiterata cultura contraria alla convivenza <strong>ed</strong> al rispetto<br />
reciproco nella nostra provincia e dei diversi sentimenti<br />
religiosi. Certo non ha favorito <strong>il</strong> dialogo nemmeno<br />
l’ennesimo richiamo all’autodeterminazione espresso a<br />
Merano in occasione dei 196 anni dalla morte di Andreas<br />
Hofer tradito dagli austriaci, dal Presidente della<br />
Giunta provinciale di Bolzano, dott. Luis Durnwalder dal<br />
quale si è portati ad aspettare non frasi che rischiano di<br />
riaccendere con inquietudine gli animi rimuovendo gli<br />
equ<strong>il</strong>ibri faticosamente raggiunti, bensì parole indirizzate<br />
verso una più serena convivenza in Alto Adige, dove<br />
i sentimenti degli uni non possono calpestare i diritti<br />
degli altri. Durnwalder sbagliò a farsi trascinare in questo<br />
campo dalla svolta radicale della SVP; al punto che, e<br />
lo si afferma con molta preoccupazione, una punta di<br />
rammarico e una forte dose di delusione, questa SVP<br />
Destra aperta e partecipata<br />
121
ischia di apparire sempre più incapace di onorare lo<br />
sv<strong>il</strong>uppo e la crescita civ<strong>il</strong>e raggiunti faticosamente <strong>ed</strong><br />
orgogliosamente da questa terra anche grazie agli sforzi<br />
espressi dalla Comunità italiana.<br />
Insomma <strong>il</strong> Partito di Pichler-Rolle con le sue spinte<br />
etniche, le sue corse dietro agli Schuetzen e le rincorse<br />
a concetti di autodeterminazione che si ritenevano<br />
superati anche in un contesto europeo dove contano<br />
gli Stati e si tutelano le minoranze, rischia di formare<br />
una nuova classe giovan<strong>il</strong>e capace di crescere senza <strong>il</strong><br />
rispetto delle altre identità e con l’arroganza di chi ha<br />
la presunzione e la prepotenza di pretendere diritto di<br />
cittadinanza per se stessi; negandolo contemporaneamente<br />
agli altri.<br />
Le pietre m<strong>il</strong>iari<br />
Con molta onestà, ammetto di non essere stato entusiasta<br />
di certi istinti f<strong>ed</strong>eralisti che hanno proliferato<br />
anche all’interno della Destra nazionale oltrechè dell’ultimo<br />
Governo Berlusconi. Come dimenticare infatti,<br />
per esempio, che nella prec<strong>ed</strong>ente Legislatura la Riforma<br />
costituzionale del centro-sinistra votata nel gennaio<br />
2001 e che fissò nuove convenienze per le minoranze<br />
t<strong>ed</strong>esca e ladina dell’Alto Adige, passò anche grazie<br />
all’assenza dei deputati di Alleanza Nazionale alla Camera.<br />
E come dimenticare, per venire ai giorni nostri,<br />
i riflessi altoatesini che avrebbe prodotta la modifica<br />
costituzionale del Governo di cui AN era, per forza<br />
numerica, <strong>il</strong> secondo partito? I risultati in Alto Adige<br />
122 Destra aperta e partecipata
del referendum del 25 e 26 giugno, con la schiacciante<br />
vittoria del NO a tale riforma ha mostrato che gli elettori<br />
del centro-destra erano consapevoli del fatto che<br />
la tutela e la valorizzazione della Comunità linguistica<br />
italiana non potesse passare da un provv<strong>ed</strong>imento che<br />
blindava lo Statuto di Autonomia non alle decisioni di<br />
un solo gruppo linguistico, che sarebbe stato comunque<br />
alquanto preoccupante, ma addirittura alla volontà di<br />
un solo Partito, quale la SVP. Un provv<strong>ed</strong>imento, peraltro,<br />
non imputab<strong>il</strong>e ad AN visto che nemmeno venne<br />
menzionata nelle parole di ringraziamento pronunciate<br />
dall’on. Zeller per la stesura di quell’atto costituzionale,<br />
rivolte semmai a vari esponenti della coalizione di<br />
governo appartenenti ad altre forze politiche. Riflettere<br />
allora su questo aspetto e sul da farsi è un imperativo<br />
se si vuole che <strong>il</strong> cittadino riesca a cr<strong>ed</strong>ere nella politica<br />
e nella Destra.<br />
Atteggiamenti quali quelli avuti dalla Destra nazionale<br />
nel 2001, ma più ancora nel 2005 in occasione<br />
dell’approvazione delle due riforme costituzionali, sono<br />
apparsi più delle scorribande ideologiche su territori<br />
politicamente altrui che non appartengono alla sua<br />
cultura, elettoralmente improduttive da un lato perché<br />
non consentono alla Destra altoatesina - ma anche a<br />
quella nazionale - di sottrarre consensi a partiti che da<br />
un concetto f<strong>ed</strong>eralista sono nati e ne hanno fatto la<br />
propria ragione di vita, e controproducenti politicamente<br />
dall’altro perché rischiano di creare disorientamento<br />
nel suo elettorato tradizionale che non si riconosce in<br />
battaglie per le quali non è stato nemmeno sufficientemente<br />
preparato.<br />
Destra aperta e partecipata<br />
123
È ovvio che Alleanza Nazionale non può restare<br />
immob<strong>il</strong>izzata a rivendicare una politica centralista dello<br />
Stato; ma l’accelerazione che in proposito c’è stata in<br />
tema devolutivo non può farci superare <strong>il</strong> limite della<br />
ragionevolezza e della razionalità. La Destra nazionale<br />
- e conseguentemente quella locale - deve essere in<br />
grado di proiettarsi verso <strong>il</strong> nuovo, pur continuando<br />
a ragionare in termini di politica nazionale attraverso<br />
la quale passa anche la cognizione della sopravvivenza<br />
culturale, storica e sociale di poco più di 100 m<strong>il</strong>a<br />
abitanti di lingua italiana che vivono in Alto Adige. Se<br />
la sorte della nostra Comunità non può imbalsamare <strong>il</strong><br />
partito nella sua evoluzione storica, la stessa però non<br />
può nemmeno essere messa ai margini. Ma è chiaro che<br />
non può rinunciarsi anche ad una battaglia di coerenza<br />
sull’Alto Adige; e coerenza non significa restare fermi<br />
come paracarri lungo la strada mentre <strong>il</strong> mondo cambia.<br />
La coerenza si coniuga con le pietre m<strong>il</strong>iari, ovvero pietre<br />
che sintetizzano <strong>ed</strong> identificano una loro storia che<br />
poi è storia di quella terra dove esse poggiano; lungo le<br />
nostre strade. E se da una parte la politica del gambero<br />
non paga, nemmeno quella del pappagallo appare proficua.<br />
Tornare agli antichi retaggi anti-italiani da una parte<br />
o anti-autonomisti dall’altra, atteggiamenti peraltro che<br />
rischierebbero di scimmiottare quelli espressi già da altre<br />
forze politiche, porterebbe i protagonisti di questa Terra<br />
a svolgere maldestri tentativi di nostalgismo utopistico.<br />
La Destra altoatesina può anche pensare di interrompere<br />
un percorso o rallentare la corsa per prendere <strong>il</strong> respiro<br />
piuttosto che fermarsi; ma non può cr<strong>ed</strong>ere di tornare<br />
indietro per prendere la rincorsa, nonostante la distanza<br />
124 Destra aperta e partecipata
dal traguardo sia indeterminata; e un dietro front significherebbe<br />
comunque allontanarsi da esso.<br />
Destra aperta e partecipata<br />
La seconda fase<br />
Di fronte a questo scenario, la Destra altoatesina<br />
deve forse abdicare o piuttosto deve continuare a vig<strong>il</strong>are<br />
ma anche a ricoprire un ruolo garantista nei confronti<br />
della Comunità italiana dell’Alto Adige? Ribaltando<br />
magari i termini stessi della questione altoatesina che<br />
si deve aprire ad una sua seconda fase, affinché quelle<br />
regole imposte per tutelare un gruppo linguistico, di fatto<br />
non producano più effetti in parte penalizzanti per la<br />
Comunità italiana, che necessita l’adozione di strumenti<br />
idonei per una propria tutela; poiché l’assenza di questi<br />
provv<strong>ed</strong>imenti giustifica l’insorgenza di quella insofferenza<br />
del gruppo italiano che viene definita appunto<br />
„<strong>il</strong> disagio degli italiani“. Ha quindi una logica assai<br />
radicata la proposta contenuta nel già citato disegno di<br />
legge costituzionale di cui primo firmatario è l’on. Giorgio<br />
Holzmann volta a riconoscere la comunità italiana<br />
altoatesina come minoranza territoriale da tutelare alla<br />
maniera delle minoranze linguistiche.<br />
Un seconda fase della questione alto-atesina che<br />
deve tenere conto sia di questo diffuso disagio sia delle<br />
prospettive e delle soluzioni adottando le quali si scongiura<br />
l’esistenza del disagio stesso; soprattutto deve saper<br />
tenere conto dello stato in essere della popolazione<br />
di lingua italiana affinché quella che viene definita correttamente<br />
l’integrazione fra i gruppi linguistici in Alto<br />
125
Adige non diventi l’assim<strong>il</strong>azione di un’intera Comunità;<br />
nella fattispecie, quella italiana. R<strong>il</strong>anciare la questione<br />
altoatesina rovesciando i termini del problema quindi;<br />
non in nome di un presunto fondamentalismo ideologico<br />
che non appartiene al DNA della Destra ma perché si<br />
è sempre cr<strong>ed</strong>uto fondamentale <strong>ed</strong> irrinunciab<strong>il</strong>e proprio<br />
la salvaguardia del gruppo linguistico italiano, attraverso<br />
la battaglia di coerenza politica sostenuta spesso da<br />
sola e sempre in prima linea dalla Destra locale. Non<br />
è più concepib<strong>il</strong>e <strong>ed</strong> accettab<strong>il</strong>e che chi rappresenta la<br />
minoranza della Comunità italiana (ovvero la Sinistra)<br />
decida anche in nome e per conto della maggioranza<br />
della Comunità italiana. Poiché questo sistema palesa<br />
non solo la contorsione della democrazia, ma soprattutto<br />
la sua distorsione.<br />
Occorre insomma una Destra aperta al dialogo se<br />
essa vuole divenire Destra partecipata; la seconda fase<br />
dell’Autonomia infatti ci impone di confrontarci all’esterno.<br />
Perché altrimenti, per dirla come l’allora cardinale<br />
Pappalardo riferita alla Sic<strong>il</strong>ia in mano alla mafia,<br />
„mentre a Roma parlano, Segunto viene espugnata“. E<br />
la Segunto del nord è Bolzano.<br />
126 Destra aperta e partecipata
Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata<br />
DESTRA<br />
UNITARIA ED ORGANIZZATA<br />
Fino agli Anni Ottanta la Destra altoatesina ha ripetutamente<br />
richiamato altre aree - non solo quelle<br />
omogenee alla propria cultura - a costituire un’unica<br />
aggregazione etnica che si ponesse in competizione con<br />
la SVP. Il Fronte degli Italiani nelle intenzioni dei suoi<br />
ispiratori doveva rispondere alla consapevole necessità<br />
di porre <strong>il</strong> gruppo linguistico italiano in una condizione<br />
paritetica in termini di contrattazione politica al fine di<br />
farlo transitare nell’area gestionale della provincia di Bolzano.<br />
Per ovvie considerazioni opportunistiche le forze<br />
politiche di Centro e di Sinistra hanno sempre rigettato<br />
questa ipotesi; con <strong>il</strong> pretesto che, a quel tempo, la<br />
Destra era etichettab<strong>il</strong>e come forza nazionalista e in ogni<br />
caso espressamente antiautonomista, avendo fortemente<br />
combattuto l’approvazione dello Statuto di Autonomia<br />
ma anche contestato successivamente l’applicazione<br />
127
dello stesso, <strong>il</strong> fatto che esse già amministrassero la<br />
provincia le metteva in una condizione di totale garanzia<br />
governativa che sarebbe venuto a mancare se quelle<br />
forze politiche si fossero in qualche modo accordate<br />
con la Destra.<br />
Di recente <strong>il</strong> concetto di partito unico del centrodestra<br />
ha incontrato motivazioni più solide; la Casa<br />
comune dei moderati preconizzata dal centro-destra nel<br />
Paese seppur più timidamente in provincia di Bolzano,<br />
in Alto Adige potrebbe tradursi con quella aggregazione<br />
di ampio respiro e di ampia rappresentanza etnica ma<br />
anche sociale <strong>ed</strong> economica, che da decenni Alleanza<br />
Nazionale sta inseguendo, affinché tematiche riguardanti<br />
non unicamente la Comunità italiana ma tutte le famiglie<br />
altoatesine e le aziende di questa terra vengano adeguatamente<br />
affrontate; tanto da determinare le indicate<br />
<strong>ed</strong> auspicate soluzioni, capaci di ridare definitivamente<br />
valore a ceti sociali e settori economici importanti<br />
della nostra provincia. Diversamente, la nascita di una<br />
ulteriore lista civica alle elezioni provinciali, se essa si<br />
ponesse in netta concorrenza con le forze politiche tradizionali<br />
- che a Roma hanno riferimenti chiari e forti e<br />
che nella Capitale possono rappresentare con iniziative<br />
parlamentari <strong>ed</strong> istituzionali concrete una vasta fetta<br />
della realtà altoatesina quale quella emersa dalle ultime<br />
elezioni - non farebbe altro che indebolire ancor più<br />
le comunità socio-economiche di questa terra, poichè<br />
frammenterebbe ancor più non solo <strong>il</strong> voto italiano ma<br />
l’intero corpo elettorale.<br />
In questo contesto, se <strong>il</strong> centro-destra deve essere un<br />
luogo comune è opportuno che sotto lo stesso tetto tutti<br />
128 Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata
possano abitare senza creare delle dependance dove si<br />
stab<strong>il</strong>iscono alloggi da assegnare ad alleati trattati da<br />
servitù. Un ruolo inaccettab<strong>il</strong>e - che forse qualcuno<br />
vorrebbe fosse ricoperto all’interno della coalizione dalla<br />
Destra cui si chi<strong>ed</strong>e sempre di fare un passo indietro -<br />
con <strong>il</strong> quale si l<strong>ed</strong>erebbe la dignità di ogni forza politica<br />
e mortificherebbe l’esperienza che ognuna di esse può<br />
offrire alla coalizione.<br />
Partito unico o meno, la Destra altoatesina deve comunque<br />
ritrovarsi unita non per esigenze di copione<br />
ma per ciò che una volta rivendicava solo come un<br />
diritto <strong>ed</strong> oggi invece è pure dovere di sopravvivenza.<br />
La Destra locale infatti, che elettoralmente in Alto Adige<br />
è stata una creatura politica giurassica quando la Destra<br />
nazionale era altresì un topolino in termini di consensi,<br />
non può auto-destinarsi all’estinzione come è avvenuto<br />
proprio con i dinosauri.<br />
Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata<br />
Partito unito<br />
Sempre più spesso inoltre al proliferarsi di liste all’interno<br />
di singole coalizioni si associano divisioni dentro i<br />
partiti anche in Alto Adige. Tutte situazioni che generano<br />
nell’elettore confusione, indecisione, sfiducia e quindi<br />
disaffezione <strong>ed</strong> abbandono della propria partecipazione<br />
elettorale ad esclusivo danno della rappresentanza<br />
linguistica italiana nei consessi, così come hanno dimostrato<br />
le elezioni per <strong>il</strong> rinnovo del Consiglio provinciale<br />
di Bolzano del 2003 con la perdita di due rappresentati<br />
italiani pur in presenza di una calo di voti della stessa<br />
129
SVP, che avrebbe fatto perdere al partito della stella<br />
alpina lo stesso numero di rappresentanti.<br />
È indubbio, insomma, che negli ultimi tempi vi sia<br />
stata una indifferenza alla politica avvenuta soprattutto<br />
da parte della Comunità linguistica italiana, alla quale la<br />
Destra altoatesina storicamente guarda e prevalentemente<br />
si rivolge. Ciò è dovuto non solo alle considerazioni<br />
<strong>ed</strong> agli elementi fin qui espressi; è una disaffezione<br />
infatti che nasce e trova le sue radici più profonde,<br />
come abbiamo detto ripetutamente, nella caduta delle<br />
ideologie di natura politica, come anche nella perdita<br />
di cr<strong>ed</strong>ib<strong>il</strong>ità della politica in generale dovuta pure al<br />
proliferare di liste che tende ad ingenerare nell’elettore<br />
la sensazione che colui che fa politica ricerchi non un<br />
bene comune quanto un tornacontismo proprio. Ma è<br />
una disaffezione che emerge anche dalle attese deluse<br />
del nostro elettorato di questa provincia. Indubbiamente,<br />
sono poi stati fatti anche alcuni errori a Bolzano<br />
perché <strong>il</strong> distacco dalla politica può giungere anche<br />
da una linea politica che si è fatta comprendere solo<br />
parzialmente come dai subbugli che la Destra bolzanina<br />
ha vissuto negli ultimi anni per quelle polemiche<br />
interne che l’hanno attraversata a livello pubblico, a<br />
causa della presenza di un’area interna al partito che ha<br />
provocato la composizione di nicchie di malcontento e<br />
di disapprovazione che, essendosi radicalizzate, hanno<br />
provocato fratture umane e politiche. E se queste ultime<br />
è più fac<strong>il</strong>e che si possano ricomporre esistendo alla loro<br />
base pur sempre un confronto, le prime diventa quasi<br />
impossib<strong>il</strong>e rinsaldare poiché toccano <strong>il</strong> sentimento intimo<br />
di ognuno.<br />
130 Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata
In tale quadro appare di diffic<strong>il</strong>e spiegazione <strong>il</strong> motivo<br />
per cui la Destra altoatesina si richiami all’unità<br />
elettorale della popolazione o quella politica fra forze<br />
partitiche affini se non si impegna essa stessa a raggiungere<br />
un rafforzamento della Comunità umana interna<br />
al partito, capace di porre le basi per accrescere<br />
<strong>il</strong> sentimento di essere Comunità politica e risvegliare<br />
in certuni quel senso di appartenenza alla Comunità<br />
che, come ci suggerisce <strong>il</strong> sociologo t<strong>ed</strong>esco Ferdinand<br />
Toennis, ha come base la nozione di er<strong>ed</strong>ità comune,<br />
sia essa er<strong>ed</strong>ità di sangue, er<strong>ed</strong>ità culturale, storica o<br />
etnica, organismo vivente e palpitante, motore della<br />
relazione sociale. Comunità che significa difesa delle<br />
Identità, delle tradizioni, dei valori nazionali e storici<br />
di una popolazione. La Destra insomma deve fungere<br />
da espressione globale, perfettamente compatta, necessariamente<br />
univoca, nel percorso di una possib<strong>il</strong>e<br />
comune governab<strong>il</strong>ità, solidificando sempre più la solidarietà<br />
interna.<br />
Negli ultimi anni la Destra ha investito molte risorse<br />
nella cultura e nella formazione della propria classe<br />
politica. Ciò ha portato ad una rinnovata qualità nel<br />
lavoro. Nonostante questo sono purtroppo emersi ancora<br />
atteggiamenti ispirati a personalismi non consoni ad<br />
una Comunità che ama rispettarsi. E che nulla hanno<br />
a che fare con le regole di etica e di razionalità che<br />
la Destra s’è data. Nella sua storia locale essa ha già<br />
vissuto laceranti divisioni e scontri come nel caso della<br />
nascita di alcune formazioni politiche che si posero<br />
in antitesi con <strong>il</strong> percorso introdotto a Fiuggi. Come<br />
avvenne anche nel 1989.<br />
Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata<br />
131
Allora, <strong>il</strong> Movimento Sociale era attraversato da numerose<br />
e battagliere correnti che, in preparazione del<br />
Congresso nazionale previsto per la fine gennaio 1990,<br />
trasformarono in tempesta i rapporti interni. Sette erano<br />
i cosiddetti generali del MSI; ognuno guidava una componente.<br />
Se Sorrento rappresentò <strong>il</strong> primo Congresso del<br />
dopo Almirante, che portò in quell’occasione all’elezione<br />
di Gianfranco Fini quale segretario del partito, Rimini<br />
fu <strong>il</strong> primo Congresso senza Almirante, che lasciò orfana<br />
la sua Comunità politica nel maggio del 1988.<br />
Fu in quel periodo, ovvero nell’estate del 1989, che<br />
strinsi i miei legami politici con Gianni Alemanno, allora<br />
Segretario del Fronte della Gioventù. Fu sempre in quel<br />
periodo che decisi di sostenere la candidatura a Segretario<br />
del partito di Pino Rauti, l’ideologo della Destra<br />
che successivamente divenne <strong>il</strong> suocero di Alemanno.<br />
In quell’estate, Rauti era dato per sconfitto al Congresso.<br />
Il patto del Bernini, dal nome dell’albergo romano in<br />
cui Rauti siglò un accordo con altri capi-corrente per<br />
sconfiggere Fini, era ancora lontano <strong>ed</strong> avvenne solo<br />
a dicembre.<br />
La mia scelta fatta a quel tempo portò Alemanno a<br />
paragonarmi a R<strong>ed</strong> Buttler, <strong>il</strong> personaggio di „Via col<br />
vento“ impersonato da Clarke Gable; certo non per la<br />
bellezza quanto per quell’audacia che mi spingeva ad<br />
avere un debole per le cause perse, come <strong>il</strong> più famoso<br />
Buttler dichiarò alla bella Rossella o’Hara mentre scendeva<br />
dal carro per andare in guerra a fianco dell’esercito<br />
sudista ormai in disarmo.<br />
Ancora oggi ho un „debole per le cause perse“.<br />
Ed anche quel Congresso del 1990 era una di queste<br />
132 Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata
cause perse, che però, come tutte le battaglie che non<br />
dovrebbero avere storia, affascina di più combatterle.<br />
Alla fine, Rauti vinse quella battaglia persa e divenne<br />
Segretario.<br />
Fu però un dramma per <strong>il</strong> partito. Lacerato al suo<br />
interno fin nei rapporti personali, non cr<strong>ed</strong>ib<strong>il</strong>e all’esterno<br />
e quindi incapace di intercettare i voti, <strong>il</strong> Movimento<br />
Sociale Italiano iniziò una fase di declino che solo l’avvento<br />
di tangentopoli bloccò. In una rovente Assemblea<br />
Nazionale nel luglio 1991 Rauti chiese la fiducia che<br />
non gli fu data.<br />
Personalmente non faccio la f<strong>il</strong>a per aggiungermi al<br />
coro di chi vuole paragonare le correnti ad una metastasi;<br />
perché tutti coloro che partecipano attivamente<br />
alla vita di un partito si imm<strong>ed</strong>esimano in un gruppo<br />
interno, in una componente, in una corrente di pensiero;<br />
e sv<strong>il</strong>uppano <strong>il</strong> proprio attivismo attorno ad essi. Per di<br />
più le correnti arricchiscono un partito; ammesso che <strong>il</strong><br />
dibattito che promuovono sia civ<strong>il</strong>e e rispettoso del partito,<br />
pacato pur se forte, aiutando la crescita dell’intera<br />
Comunità politica. Da quell’esperienza infatti imparai<br />
che solo quando le correnti diventano uno strumento<br />
di conflitto affinché si possa ottenere una maggiore visib<strong>il</strong>ità<br />
propria a danno del Partito si devono altresì condannare<br />
respingendone la logica. Perchè a quel punto<br />
viene meno <strong>il</strong> rispetto proprio dei valori, delle regole,<br />
delle persone; <strong>il</strong> rispetto della storia di questa Destra.<br />
Viene meno <strong>il</strong> rispetto del partito. Ed <strong>il</strong> partito non è un<br />
semplice simbolo biancazzurro in cui si rappresenta un<br />
disegno sul quale apporre una ics alla presentazione della<br />
sch<strong>ed</strong>a elettorale. Quel simbolo racchiude la storia di<br />
Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata<br />
133
questa Comunità, la sua passione, i nomi dei tanti giovani<br />
che hanno sacrificato la propria vita per difendere la<br />
nostra Comunità. Quei nomi che quasi maniacalmente<br />
scrivevamo sui nostri diari scolastici con affianco l’età<br />
anagrafica. E vicino si aggiungeva un „Presente!“ per<br />
sottolineare la loro morte fisica ma non ideale, <strong>il</strong> loro<br />
trapasso nel „Paradiso degli eroi“. Ragazzi di cui parla<br />
Luca Telese nel suo libro „Cuori Neri“ (Ed. Sperling &<br />
Kupfer). Il partito è altro; <strong>il</strong> partito è <strong>il</strong> bagaglio culturale,<br />
attivistico, m<strong>il</strong>itante e mob<strong>il</strong>itante che si trascina ogni<br />
suo aderente; perché <strong>il</strong> partito è ogni suo componente.<br />
Cosa è che unisce i membri della Destra? Non li unisce<br />
solo <strong>il</strong> senso comune dell’idea; sono i Valori comuni, le<br />
Radici m<strong>ed</strong>esime, la Storia collettiva a fare da coagulo<br />
per l’intera Comunità della Destra legata dalle battaglie<br />
contro la gestione distorta dello Statuto di Autonomia<br />
e prima di ciò, quelle contro <strong>il</strong> Pacchetto affinché gli<br />
italiani altoatesini non subissero <strong>il</strong> dramma dei fratelli<br />
istriani, dalmati e giuliani; traditi anche allora dalla sinistra<br />
togliattiana e dal centro degasperiano insieme al<br />
Governo dell’Italia di allora, come ricorda uno studioso<br />
certo non di parte come Arrigo Petacco nel libro „l’Esodo<br />
- la trag<strong>ed</strong>ia negata degli italiani d’Istria, Dalmazia<br />
e Venezia Giulia” (Ed. Oscar Mondatori). Oggi, grazie<br />
allo sforzo di molti, all’unità che la Destra ha saputo<br />
costruirsi e dimostrato di volere, convinta che si possa<br />
essere distanti ma non divisi; grazie alla convinzione<br />
di essere nipoti, figli e fratelli della stessa Italia e della<br />
stessa Destra quando riconoscersi in tale schieramento<br />
significava venire emarginati perché er<strong>ed</strong>i di un’era<br />
sconfitta prima ancora che altoatesini di lingua italiana,<br />
134 Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata
alcuni di quei problemi nati e sv<strong>il</strong>uppati all’interno della<br />
gestione dello Statuto sono stati attenuati.<br />
Più recentemente, in Alto Adige la Destra ha attraversato<br />
momenti peggiori di quelli fin qui narrati; perché <strong>il</strong><br />
contraddittorio ha intaccato i rapporti personali in assenza<br />
di un confronto di natura politico-programmatica fin da<br />
prima che la difficoltà di dialogo esplodesse sugli organi<br />
di informazione. L’incarico affidato ad un esponente<br />
di Alleanza Nazionale di vice-Presidente del Consiglio<br />
provinciale fu solo <strong>il</strong> pretesto. Una nomina che avrebbe<br />
dovuto chiamare tutto <strong>il</strong> partito, e in particolar modo i<br />
suoi Dirigenti, all’assunzione di nuove responsab<strong>il</strong>ità che<br />
comportassero atteggiamenti non politicamente rinunciatari<br />
ma certamente ancor più scrupolosi, come affermava fra<br />
le altre cose l’unico documento interno di natura politica<br />
presentato al Coordinamento provinciale dall’allora Consigliere<br />
comunale di AN Alberto Sigismondi a nome della<br />
maggioranza della Destra provinciale. Invece proprio l’affidamento<br />
di questo ruolo fu accompagnato da polemiche<br />
pubbliche e più che a naturali dibattiti interni si assistette<br />
purtroppo ad irresponsab<strong>il</strong>i dibattiti esterni poiché apparsi<br />
sulla stampa locale, espressi da alcuni esponenti del partito.<br />
Quanto accaduto serva da monito, in definitiva; <strong>ed</strong><br />
aiuti a far comprendere che prima ancora che nell’azione<br />
politica, è nel comportamento quotidiano da essa ispirato<br />
o ad essa conseguente che devono considerarsi importanti<br />
questioni quali <strong>il</strong> dovere di discrezione, di m<strong>il</strong>itanza e di<br />
lealtà, senza perseguire una visib<strong>il</strong>ità personale. C’è la<br />
necessità di una nuova era unitaria interna alla Destra<br />
locale. Questa unità però non può essere di immagine.<br />
Non può cioè trasmettersi all’esterno una situazione non<br />
Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata<br />
135
coincidente con la realtà unicamente per un’esigenza di<br />
copione, come se <strong>il</strong> cittadino debba considerarsi solo uno<br />
spettatore passivo privo di quel diritto alla verità che la<br />
politica deve trasferire. Per Niccolò Macchiavelli, l’autorestatista<br />
Fiorentino de ”Il principe” la politica non deve<br />
insegnare <strong>il</strong> bene, chè non le spetta, ma capire dove si<br />
riscontra <strong>il</strong> male e combatterlo. E se esso si annida dentro<br />
una Comunità politica, bisogna sapere fare autocritica e<br />
modificare i comportamenti.<br />
L’unità di una Comunità non può nemmeno essere<br />
immaginaria, <strong>il</strong>ludendosi cioè che essa esista anche se<br />
così non è. L’unità non può essere la pretesa accettazione<br />
della controparte di concetti un<strong>il</strong>ateralmente espressi<br />
da una maggioranza interna, vera o presunta. Non può<br />
essere insomma <strong>il</strong> dettato di una sola percettib<strong>il</strong>ità, ma<br />
deve rappresentare una comune sintesi programmatica,<br />
espressione cioè di varie sensib<strong>il</strong>ità che si incontrano<br />
e si fondano nell’interesse comune. L’unità si basa in<br />
definitiva sia su obiettivi comuni rappresentati dalla<br />
destinazione cui si aspira di raggiungere; ma anche da<br />
progetti comuni, ovvero la decisione su quale rotta seguire<br />
per raggiungere quella meta. È condivisione di<br />
responsab<strong>il</strong>ità, di scelte, di indirizzi. Ed essa, laddove si<br />
è perduta, non si riacquisisce come d’incanto o in un<br />
contesto più o meno improvvisato; deve essere preparata.<br />
In questo contesto ogni Congresso che la Destra<br />
altoatesina sarà chiamata ad effettuare dovrebbe porre<br />
all’Assemblea candidati unici come impegno imperativo<br />
e non come opzione; senza che vengano negati quegli<br />
ampi dibattiti che proprio alle varie sensib<strong>il</strong>ità interne<br />
deve riconoscersi di poter esprimere.<br />
136 Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata
La Comunità politica alla quale apparteniamo, insomma,<br />
ha sempre discusso; ma nell’unità della Comunità<br />
umana che è. Non ci si può ispirare a valori di unità<br />
se non si è capaci di essere Com-unità.<br />
Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata<br />
Pensando al domani<br />
È ovvio che l’omogeneità nelle Intenzioni a cui sempre<br />
Sigismondi faceva riferimento nel suo documento,<br />
non debba in alcun modo togliere spazio al dibattito<br />
interno al partito e che deve rimanere nel partito; ovvero<br />
nell’animo degli organismi preposti, contribuendo così<br />
a evitare <strong>il</strong> diffondersi di quei disorientamenti a cui si<br />
è fatto cenno e favorendo altresì percorsi di dibattito<br />
responsab<strong>il</strong>e e altamente costruttivo fra le ipotesi di proc<strong>ed</strong>imenti<br />
alternativi fra loro, sia che pongano l’accento<br />
sull’accelerazione di un cambiamento imminente sia che<br />
richiamino indirizzi più prudenti nel percorso politico<br />
che la Destra altoatesina intenderà darsi.<br />
Fatto salvo l’intendimento nella volontà di concretizzare<br />
un percorso che colga le opportunità politiche di<br />
un dialogo costruttivo con le forze partitiche ma anche<br />
sociali presenti sul territorio - prefigurando altresì scenari<br />
che sveleranno a cascata potenzialità esprimib<strong>il</strong>i e<br />
traducib<strong>il</strong>i anche in settori della società civ<strong>il</strong>e sulla base<br />
degli intendimenti politici appunto - la Destra locale<br />
dovrà ragionare e rapportarsi sulle reali forze persuasive<br />
in suo possesso, ovvero con gli strumenti e le sue capacità,<br />
nelle sue memorie storiche capaci di indicare e<br />
ricordare <strong>il</strong> territorio politico e culturale dal quale essa<br />
137
viene <strong>ed</strong> <strong>il</strong> luogo nel quale è diretta; nei suoi attivisti<br />
di sempre e nei suoi m<strong>il</strong>itanti, attraverso i simpatizzanti<br />
<strong>ed</strong> i suoi Dirigenti.<br />
A quest’ultimo riguardo non si può disconoscere l’importante<br />
funzione ricoperta da quegli impagab<strong>il</strong>i iscritti e<br />
simpatizzanti delle valli che operano nell’ombra con le<br />
enormi difficoltà che rappresenta vivere in paesi dove la<br />
presenza della Comunità italiana è sempre più marginale.<br />
Ma corre anche l’obbligo pensare a chi quotidianamente<br />
<strong>ed</strong> instancab<strong>il</strong>mente svolge l’attività nei Comuni,<br />
con tutte quelle difficoltà che spesso si incontrano nel<br />
dare anche solo visib<strong>il</strong>ità alle iniziative della Destra al<br />
fine di rappresentare le istanze sociali della cittadinanza.<br />
Queste sono le persone nelle quali con gli anni la<br />
Destra altoatesina ha trovato l’humus stesso della propria<br />
azione, persone che riproducono <strong>il</strong> suo valore aggiunto<br />
rappresentando un punto inconfondib<strong>il</strong>e di riferimento<br />
per la popolazione locale. Perché laddove l’integrazione<br />
dei gruppi rischia di divenire l’assim<strong>il</strong>azione di un’intera<br />
Comunità, là ci deve essere la Destra. Laddove l’insofferenza<br />
di un gruppo verso la gestione a senso unico<br />
dell’Autonomia diventa <strong>il</strong> disagio della nostra Comunità,<br />
là deve operare Alleanza Nazionale.<br />
La presenza di un partito sul territorio significa infatti<br />
visib<strong>il</strong>ità ma soprattutto riferimento. E una forza politica<br />
non si può limitare a trasmettere le istanze del cittadino<br />
nelle s<strong>ed</strong>i istituzionali dove possono essere denunciate le<br />
difficoltà e le problematiche. La Destra deve continuare<br />
a raccogliere <strong>il</strong> disagio della popolazione per trasmetterlo.<br />
E per farlo, ciò non deve avvenire sulla base solo<br />
della disponib<strong>il</strong>ità del partito ma anche in relazione alle<br />
138 Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata
esigenze della cittadinanza. Se la Destra rimane visib<strong>il</strong>e<br />
e riconoscib<strong>il</strong>e, fisica sul territorio, essa sarà sempre più<br />
forza cr<strong>ed</strong>ib<strong>il</strong>e e di riferimento.<br />
Anche in considerazione di ciò, nell’anno in cui mi<br />
fu affidato l’incarico del Dipartimento Organizzativo di<br />
Alleanza Nazionale in Alto Adige intesi far sorgere nuovi<br />
Circoli di AN in tutta la provincia portandoli, dagli<br />
undici che mi furono affidati, a 18. A quel tempo i<br />
Circoli facevano capo solo al loro Presidente. Non vi<br />
era attorno ad esso una classe Dirigente che facesse da<br />
sostegno. Oggi la Destra locale può contare su persone<br />
che coadiuvano <strong>il</strong> Presidente nel lavoro di rappresentanza<br />
ma anche in quello di organizzazione. Occorre però<br />
continuare ad incrementare questa macchina organizzativa<br />
perché <strong>il</strong> domani è alle porte. Occorre continuare<br />
a formare quella classe dirigente del futuro alla quale<br />
non possiamo rinunciare evitando che si creino confuse<br />
sovrapposizione di ruoli fra Circoli <strong>ed</strong> Enti locali di AN<br />
che in passato hanno spesso indebolito i primi. Non è<br />
un caso che in quei dodici mesi in cui ho ricoperto<br />
l’incarico all’Organizzazione, di concerto con l’allora<br />
Presidente provinciale del partito Giorgio Holzmann,<br />
abbia voluto dei dirigenti giovani alla guida delle molte<br />
rappresentanze della Destra nei Comuni, promuovendo<br />
di fatto la crescita e la maturazione politica degli stessi<br />
che in esso operano o che per esso simpatizzano. Non<br />
una scommessa o un rischio ma la convinzione del fatto<br />
che prima o poi <strong>il</strong> partito passerà di mano. Ed allora<br />
non è una banalità affermare che se oggi i Presidenti<br />
dei Circoli sono i dirigenti del partito, fra di essi ci sono<br />
anche i suoi Dirigenti del futuro.<br />
Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata<br />
139
Il mondo giovan<strong>il</strong>e - La metapolitica<br />
Cr<strong>ed</strong>ere nei giovani deve essere un imperativo per<br />
ogni Comunità. Essi rappresentano non solo <strong>il</strong> futuro<br />
come in una semplicistica accezione può indicarsi;<br />
ma anche la trasmissione delle Tradizioni, ovvero delle<br />
espressioni più durature del carattere specifico dei popoli<br />
o delle comunità civ<strong>il</strong>i. Come afferma Marcello<br />
Veneziani nel suo saggio „Di Padre in Figlio - Elogio<br />
della Tradizione“ (<strong>ed</strong>. Laterza) situarsi nel solco della<br />
Tradizione significa continuare <strong>il</strong> cammino di alcuni e<br />
prec<strong>ed</strong>ere quello di altri. La Tradizione viaggia su binari<br />
diversi da quelli della Cultura, intesa non come scienza<br />
del sapere ma come abitudini che si tramandano. La<br />
Cultura è, semmai, parte della tradizione e concorre<br />
a completarla, ma non rappresenta uno st<strong>il</strong>e di vita,<br />
<strong>il</strong> riconoscimento di valori comuni, l’individuazione di<br />
un sentire collegiale. Se per Julius Evola, simbolo del<br />
tradizionalismo m<strong>il</strong>itante, nonché pensatore delle radici<br />
moderne la Tradizione è la stella polare di una Grande<br />
Politica, essa deve continuare a br<strong>il</strong>lare attraverso<br />
le persone che sono strumenti di passaggio, viadotti<br />
attraversati da idee, ma anche da tradizioni appunto;<br />
persone che non devono temere di gettare nuove arcate<br />
per creare altri cavalcavia se vogliono eludere <strong>il</strong> rischio<br />
che la Tradizione non tanto si esaurisca, ma perda <strong>il</strong><br />
suo legame con la Comunità di riferimento; per <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo<br />
t<strong>ed</strong>esco Fri<strong>ed</strong>rich Nietsche „Ciò che vi è di grande<br />
nell’uomo è che egli è un ponte, non uno scopo”. Ed<br />
<strong>il</strong> mondo giovan<strong>il</strong>e rappresenta questo ponte; perché la<br />
tradizione non è in antitesi con la modernità che esso<br />
140 Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata
esprime, capace semmai di rinnovarla <strong>ed</strong> arricchirla.<br />
Ai giovani non si deve solo insegnare di non pensare<br />
di essere arrivati in vetta, nemmeno dopo un successo<br />
elettorale personale o di partito; piuttosto dobbiamo loro<br />
insegnare che abbiamo ancora parecchio da imparare,<br />
da camminare con quell’um<strong>il</strong>tà che nella Vita paga poichè<br />
non fa cadere di schiena ma in pi<strong>ed</strong>i.<br />
Inoltre, <strong>il</strong> mondo giovan<strong>il</strong>e che sia o no legato ad<br />
Azione Giovani non può essere forzatamente un’appendice<br />
della politica, per quanto magari parte integrante<br />
della nostra realtà; ad esso bisogna riconoscere<br />
piena autonomia. I suoi lamenti, organici o meno alla<br />
Comunità politica nella quale si imm<strong>ed</strong>esimano e che<br />
sarebbe intollerab<strong>il</strong>e tentare di assim<strong>il</strong>are o di porre<br />
alle strette dipendenze del partito, non possono però<br />
rimanere lettera morta per questa rivendicazione di<br />
autonomia seppur non per forza di equidistanza. Le<br />
aspettative dei giovani, <strong>il</strong> disagio che essi vivono, quasi<br />
emarginati da qualsiasi coinvolgimento, tanto da doversi<br />
spesso organizzare fra loro anche per creare momenti<br />
di incontro fra Comunità diverse, vengono fin troppo<br />
spesso ignorate se non boicottate da una Istituzione<br />
che teme ancora troppo di v<strong>ed</strong>ere scardinato <strong>il</strong> proprio<br />
sistema di separazione come se la regola dettata ancor<br />
sul finire degli anni Settanta da un autorevole esponente<br />
della SVP che tristemente recitava „più separati siamo,<br />
meglio stiamo”, avesse ancora un barlume di ragione ad<br />
esistere; ammesso che l’abbia mai avuto.<br />
Esiste poi una parte del mondo giovan<strong>il</strong>e che non<br />
intende etichettarsi in un ambito partito. È quel mondo<br />
studentesco, ad esempio, che sf<strong>il</strong>a per <strong>il</strong> patentino di<br />
Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata<br />
141
<strong>il</strong>inguismo con <strong>il</strong> superamento della maturità scolastica<br />
senza avere la tessera di Azione Giovani in tasca; e<br />
senza volerla. È quello che sventola <strong>il</strong> Tricolore ad ogni<br />
vittoria della nazionale di calcio. È un mondo, questo,<br />
vicino alla Destra o ai suoi valori, che non si può accettare<br />
si depauperi <strong>ed</strong> <strong>il</strong> quale probab<strong>il</strong>mente si aspetta<br />
segnali politicamente meno impegnativi, nonostante<br />
una pr<strong>ed</strong>isposizione a fare sostanza. In questo contesto,<br />
quando nel capitolo d<strong>ed</strong>icato alla Destra Comunitaria <strong>ed</strong><br />
Identitaria si faceva cenno ad un comunitarismo orizzontale,<br />
si pensava proprio anche ad una trasmissione<br />
di valori e di impegno per vie parallele, attraverso strutture<br />
equidistanti dalla formula legata ad un partito che<br />
portassero quantomeno ad un impegno civ<strong>il</strong>e.<br />
Un terreno fert<strong>il</strong>e al quale la Destra altoatesina, colpevolmente,<br />
ha poco prestato le attenzioni e ha poco<br />
guardato in questi anni, nonostante che <strong>il</strong> dibattito sulle<br />
strutture parallele all’interno della Destra nazionale ebbe<br />
inizio nel 1979 in occasione del XII Congresso nazionale<br />
del MSI. L’Associazionismo <strong>ed</strong> <strong>il</strong> volontariato sono infatti<br />
espressioni di un impegno sociale e civ<strong>il</strong>e non lontane<br />
dalla Destra per quanto essa stessa le abbia osservate<br />
per molto tempo più con diffidenza che con sufficienza.<br />
Chi è cresciuto nell’ambito della Destra storica, per<br />
esempio, ricorderà le esperienze cooperativistiche <strong>ed</strong><br />
associazionistiche sorte attorno ad essa, come le Cooperative<br />
culturali e librarie oppure i Gruppi di Ricerca<br />
Ecologia (GRE), forse prima espressione nazionale di<br />
un impegno ambientale, oggetto successivamente degli<br />
interessi di movimenti politici che si sono poi trovati<br />
schierati a Sinistra. Il primo approdo dei Verdi in Par-<br />
142 Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata
lamento fu peraltro costellato da numerose polemiche<br />
proprio per una scelta di campo che <strong>il</strong> solo movimento<br />
ambientalista esistente a quel tempo fece, dopo aver<br />
assicurato ripetutamente la propria asimmetricità da<br />
qualsiasi appartenenza di schieramento. È da allora che<br />
dei Verdi si può dire che siano un OGM, ovvero un<br />
organismo geneticamente modificato; che in Alto Adige<br />
rende ancor più giustizia di un volto politico dopo che<br />
gli ambientalisti locali hanno abbandonato la loro interetnicità<br />
per divenire sostanzialmente un partito etnico<br />
di lingua t<strong>ed</strong>esca.<br />
I GRE furono un’esperienza breve ma significativa<br />
perché r<strong>il</strong>anciava e rivendicava quello stesso concetto<br />
che Alexander Langer espresse sulla natura stessa di<br />
quell’Ambiente naturale nei confronti del quale si prendeva<br />
finalmente coscienza di un proprio esaurimento.<br />
L’Ambiente - affermava l’europarlamentare verde - è <strong>il</strong><br />
bisogno di identità, di tradizione, è una domanda di<br />
interiorità, di spiritualità. Questo senso di tradizione,<br />
lo spirito di conservazione a cui alludeva l’acuto uomo<br />
politico di Sinistra, e lo spirito di identità non sono<br />
forse più peculiari alla Destra? Ed allora ha senso non<br />
chi<strong>ed</strong>ersi se si possa veramente essere ambientalisti essendo<br />
progressisti?<br />
Nella Destra nazionale la sfida dell’ambientalismo<br />
affrontato con scienza e serietà da Destra senza etichettarlo<br />
di Destra, fu un ragazzo che ci lasciò a 44<br />
anni per una forma di leucemia nel 2005 <strong>ed</strong> al quale<br />
questo libro è d<strong>ed</strong>icato: Paolo Colli. La sua creatura,<br />
Fare Verde, si costituì nel 1986 <strong>ed</strong> iniziò ad affrontare<br />
tematiche ambientali forse poco visib<strong>il</strong>i e quindi poco<br />
Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata<br />
143
convenienti in termini di adesione ad un progetto ambientale<br />
non di Sinistra: <strong>il</strong> mare d’inverno portava a<br />
ripulire le spiagge italiane in un periodo dell’anno durante<br />
<strong>il</strong> quale, non essendo meta turistica, diventavano<br />
fac<strong>il</strong>mente pattumiera. Solo un decennio dopo anche<br />
altre associazioni ambientaliste più conosciute fecero<br />
propria questa iniziativa. La campagna e successivamente<br />
<strong>il</strong> decreto per i cotton fioc di cartone che grazie alla<br />
loro biodegradab<strong>il</strong>ità non andranno più ad ingolfare le<br />
fogne delle nostre città e a scaricarsi nei fiumi e nei<br />
mari italiani, fu un successo che raggiunse da solo Fare<br />
Verde, grazie anche al Ministro per l’Ambiente di An<br />
on. Altero Matteoli. Oggi Fare Verde è un Associazione<br />
completamente indipendente da qualsiasi struttura economica,<br />
politica o di partito. L’impegno di volontariato<br />
internazionale civ<strong>il</strong>e e sociale in Kossovo inteso a non<br />
distinguere <strong>il</strong> cattolico dall’ortodosso e dal musulmano<br />
(e dove di recente è stata d<strong>ed</strong>icata a Paolo una sala cinematografica)<br />
<strong>ed</strong> in Nigeria al cui popolo, Colli, voleva<br />
restituire quel pezzo di fortuna che abbiamo ad essere<br />
nati in Italia rendendo funzionale una sala operatoria in<br />
un osp<strong>ed</strong>ale dove fino a quel tempo si operava a cielo<br />
aperto, sono altre candeline che Fare Verde ha potuto<br />
mettere sulla sua torta ventennale. È certo comunque<br />
che i campi antincendio organizzati fin dal 1989 nelle<br />
regioni italiane più a rischio di incendi rappresentano<br />
l’iniziativa più significativa del suo operato. Si tratta di<br />
campi estivi in cui i partecipanti operano rinunciando ad<br />
una parte delle proprie ferie annuali, agendo in termini<br />
di prevenzione sugli incendi boschivi <strong>ed</strong> intervenendo<br />
laddove scoppiano per autocombustione (di rado)<br />
144 Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata
o vengono appiccati per dolo (molto spesso) o incuria<br />
(talune volte) anche senza l’acqua ma con attrezzi dal<br />
sapore primitivo come i flabelli; necessari se non altro<br />
a circoscrivere l’incendio stesso.<br />
Se Fare Verde ancora oggi rappresenta la casa madre<br />
per <strong>il</strong> volontariato ambientale e l’Associazionismo caro<br />
alla Destra (di esso hanno fatto parte e ne sono ancora<br />
espressioni per esempio Roberta Angel<strong>il</strong>li, europarlamentare<br />
di An o Giulio Buffo già assessore alle politiche<br />
sociali per la Provincia di Roma) altri sono i sodalizi<br />
legati alla Destra e che hanno una valenza nazionale<br />
per quanto poco conosciuti: fra questi, per esempio<br />
l’A.S.I. (Alleanza Sportiva Italiana), Ente di Promozione<br />
Sportiva, sociale, culturale <strong>ed</strong> assistenziale riconosciuto<br />
dal CONI.<br />
La metapolitica, insomma, come possib<strong>il</strong>ità di dare<br />
voce a tutto un mondo non di Sinistra che da sempre<br />
guarda e ha guardato all’impegno civ<strong>il</strong>e e sociale, culturale<br />
e formativo pur senza godere dei riflettori di cui<br />
beneficiano altre espressioni volontaristiche. La riflessione<br />
è proprio su questo aspetto; può la Destra altoatesina<br />
rinunciare a sostenere questo coacervo di volontà<br />
lasciando campo libero alla Sinistra di gestire non solo<br />
la sfera del volontariato e quindi quello dell’associazionismo,<br />
ma anche <strong>il</strong> settore cooperativistico? Da tempo<br />
in realtà si guarda in queste direzioni. Le Associazioni<br />
culturali come <strong>il</strong> Circolo „G. Gent<strong>il</strong>e“ o l“Allenza per<br />
l’Alto Adige“ ma anche quelle patronali di sostegno civ<strong>il</strong>e<br />
come <strong>il</strong> Comitato inqu<strong>il</strong>ini IpES nate vicine alla Destra<br />
altoatesina in particolar modo a Bolzano, per quanto<br />
autonome nella loro progettazione, testimoniano una<br />
Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata<br />
145
volontà locale a trattare da Destra un certo impegno<br />
e a farsi carico di rappresentarlo. A queste sensib<strong>il</strong>ità<br />
però deve darsi ancora maggiore sostegno affinché tutto<br />
quel mondo parallelo e non integrato od integrab<strong>il</strong>e in<br />
uno schema partito possa esprimere le proprie sane<br />
energie. Ed appare ovvio, pure, che da un rapporto<br />
incisivo e non invadente non debba rimanere escluso<br />
quel mondo sindacale anche più vicino alla Destra con<br />
<strong>il</strong> quale non solo occorre serrare un confronto sereno<br />
in passato troppo lab<strong>il</strong>e, ma del quale anche farsi portavoce<br />
istituzionale delle battaglie e delle proposte pur<br />
rispettando doverosamente l’equidistanza di certe sigle<br />
sindacali. Non deve preoccuparci <strong>il</strong> fatto di trovarsi su<br />
posizioni analoghe a quelle di qualche sindacato qualora<br />
la politica proc<strong>ed</strong>e verso la corsa ai tagli o al congelamento<br />
della spesa sociale come persegue la Giunta<br />
provinciale mantenendo intatte altresì le spese superflue<br />
o gli sperperi.<br />
146 Destra unitaria <strong>ed</strong> organizzata
Conclusioni<br />
CONCLUSIONI<br />
Se la fine dell’era glaciale ideologica nel nostro Paese<br />
ha sciolto quella diffidenza e quella indisponenza nutrita<br />
per quasi 50 anni da gran della parte società politica di<br />
un tempo nei confronti del Movimento sociale italiano,<br />
facendo assurgere quel partito e la Comunità che esso<br />
rappresentava ai vertici dello Stato prima ancora della<br />
svolta di Fiuggi, in Alto Adige c’è la necessità di una nuova<br />
interglaciazione che proc<strong>ed</strong>a con <strong>il</strong> definitivo scongelamento<br />
dei voti della Destra locale. Per fare questo occorre<br />
che forze psichiche, umane e civ<strong>il</strong>i provenienti da<br />
due diverse direzioni, distinte fra loro ma meno distanti<br />
di quanto si voglia continuare a cr<strong>ed</strong>ere come di seguito<br />
v<strong>ed</strong>remo, proc<strong>ed</strong>ano verso un’unica direzione. Uno di<br />
questi orientamenti coinvolge <strong>il</strong> mondo di lingua t<strong>ed</strong>esca<br />
<strong>ed</strong> <strong>il</strong> partito che maggiormente intende rappresentarlo;<br />
l’altro, la stessa Destra italiana altoatesina.<br />
147
Nel presentare <strong>il</strong> libro Sangue e suolo di Sebastiano<br />
Vassalli (Ed. Einaudi - 1985), <strong>il</strong> primo saggio sulla questione<br />
altoatesina a carattere nazionale scritto in maniera<br />
equ<strong>il</strong>ibrata tanto da indispettire i vertici della SVP di<br />
allora, la stessa Casa Editrice sottolineò come dalla narrazione<br />
dell’Autore emergesse <strong>il</strong> fatto che “l’Alto Adige è<br />
<strong>il</strong> paese in cui (....) è stato attuato un sistema sofisticato<br />
di sostanziale apartheid, che emargina una minoranza di<br />
italiani (...) rendendoli invisib<strong>il</strong>i”. Oggi sappiamo che non<br />
è tutto uguale ad allora; passi avanti sono stati compiuti,<br />
seppur molto c’è ancora da fare. Ma nel permanere quel<br />
senso di invisib<strong>il</strong>ità che esclude di fatto <strong>il</strong> gruppo italiano<br />
dalla gestione dell’Autonomia - non solo attraverso situazioni<br />
che, paragonate ad altre, potremmo definire veniali<br />
quali l’impossib<strong>il</strong>ità di acc<strong>ed</strong>ere ad incarichi apicali in<br />
società provinciali o partecipate dagli Enti pubblici, ma<br />
anche permanendo l’assenza di provv<strong>ed</strong>imenti diretti a<br />
riequ<strong>il</strong>ibrare benefici pure per la comunità italiana come<br />
se essa stessa non esistesse, come abbiamo più volte<br />
sottolineato in queste pagine - continua a stazionare in<br />
parte di essa anche quel senso di discriminazione che<br />
altrove appunto si chiama apartheid.<br />
Oggi la Comunità di lingua t<strong>ed</strong>esca non è più minacciata<br />
dal rischio di venire assim<strong>il</strong>ata o soppressa; e<br />
la Cultura a cui essa è legata non può temere di essere<br />
risucchiata dall’idrovora del futuro. Nonostante ciò, si<br />
assiste però ancora ad una difesa quasi maniacale dell’una<br />
e dell’altra realtà che passa anche attraverso provv<strong>ed</strong>imenti<br />
legislativi a volte esasperanti come indicati in<br />
apertura di questo scritto. Proprio tali atteggiamenti che<br />
fanno da cornice al nostro quadro autonomistico, ma<br />
148 Conclusioni
anche da armatura a volte esageratamente protettiva di<br />
un gruppo linguistico - pur in assenza della reiterazione<br />
di pericoli che un tempo potevano comprensib<strong>il</strong>mente<br />
temersi - rischiano ora di oltrepassare la logica razionale<br />
di allora per trasformarsi in quell’oggetto strumentale,<br />
pretesto per definirsi parte sana, rinnovandosi in minoranza<br />
astiosa, come ammonisce lo stesso Veneziani<br />
nel già citato “Elogio della Tradizione”. Se espressa in<br />
dosi al limite della morbosità, insomma, la difesa della<br />
tradizione locale nel diventare provincialismo rischia<br />
di assumere apparenze che nemmeno gran parte della<br />
popolazione locale di lingua t<strong>ed</strong>esca condivide più,<br />
conscia di non essere l’ombelico del mondo politico.<br />
Parafrasando David Cameron, dal 2005 nuova guida dei<br />
Tory britannici, alcuni politici hanno usato l’Alto Adige<br />
come laboratorio per una convivenza; ora è <strong>il</strong> momento<br />
di aprire le nostre menti, per quanto <strong>il</strong> concetto<br />
dell’uomo politico Britannico fosse esteso, ovviamente,<br />
alla Gran Bretagna. E le menti in Alto Adige si stanno<br />
aprendo; da anni, seppur lentamente.<br />
Nella stessa SVP oggi persone come Walter Baumgartner,<br />
Capogruppo in Consiglio provinciale, <strong>ed</strong> Hermann<br />
Thaler, esponente dell’ala economica e consigliere<br />
provinciale molto vicino a Durnwalder, meritano cr<strong>ed</strong>ito<br />
come da tempo ormai lo ha meritato lo stesso Siegfri<strong>ed</strong><br />
Brugger, parlamentare della Volkspartei e già Obmann<br />
del partito. Le loro aperture al dialogo con Alleanza<br />
Nazionale - per lo meno con quell’area della Destra<br />
locale che ormai da anni sta dimostrando di voler impostare<br />
un rapporto dialogico fra le parti, acquisendo<br />
quella cr<strong>ed</strong>ib<strong>il</strong>ità necessaria in ogni confronto che deve<br />
Conclusioni<br />
149
avvenire fra componenti diverse - e pubblicate sui più<br />
autorevoli organi di informazione locali sia italiani che<br />
di lingua t<strong>ed</strong>esca quali i quotidiani Alto Adige, Corriere<br />
dell’Alto Adige, Dolomiten, o ancora Zett, <strong>il</strong> periodico<br />
domenicale della potente casa <strong>ed</strong>itrice altoatesina<br />
che fa capo al gruppo Athesia, o messi in onda dalla<br />
Rai-Sender Bozen dimostrano come vi sia attenzione e<br />
disponib<strong>il</strong>ità verso la Comunità italiana attraverso chi<br />
maggiormente la rappresenta.<br />
Non è mistero, peraltro, che per una qualsiasi Comunità<br />
la difesa delle proprie identità deve essere pensata<br />
in una dialettica, in una logica della differenza, che deve<br />
sempre sapersi confrontare con <strong>il</strong> cambiamento, come<br />
afferma Alain de Benoist, giornalista e f<strong>il</strong>osofo, maître<br />
à penser della Nuova destra francese. In queste parole<br />
c’è tutta l’universalità dell’essere Destra, capace di promuovere<br />
storicamente la trasformazione degli eventi,<br />
diversamente da una Sinistra più portata a mantenere<br />
uno Status quo. È in definitiva la storia delle Destre con<br />
i suoi richiami alla Tradizione; in Italia come in Europa.<br />
La forte caratterizzazione comunitaria <strong>ed</strong> identitaria<br />
delle Destre può però divenire un limite se le Destre<br />
fra loro si ignorano. Ma non ci può essere lingua che<br />
separi le Destre europee fra loro; quella italiana come<br />
quella t<strong>ed</strong>esca. Possono esistere culture, usi e costumi<br />
diversi; ma la Tradizione è unica. Quando si afferma<br />
- come anche in queste pagine s’è fatto - la vicinanza<br />
su alcuni temi fra Alleanza Nazionale e la Volkspartei lo<br />
si fa in virtù della consapevolezza di assistere, proprio<br />
perché Destre entrambe, ad una provenienza comune<br />
forse anche lontana; un ceppo storico assiomaticamente<br />
150 Conclusioni
universale. In questo non possono non essere vicine le<br />
Destre locali di lingua italiana e di lingua t<strong>ed</strong>esca. In<br />
tale ottica le Destre altoatesine devono potersi parlare<br />
e progettare assieme un’attestazione genetica; per non<br />
tradire la genesi stessa dell’essere Destra <strong>ed</strong> alla quale si<br />
appartiene. D’altronde la visione di gruppo che la Destra<br />
nazionale ha mantenuto nei decenni <strong>ed</strong> alla quale s’è<br />
fatto riferimento in queste pagine, per parte di lingua<br />
t<strong>ed</strong>esca in Alto Adige si traduce con la Sammelpartei,<br />
con <strong>il</strong> partito di raccolta.<br />
Non è la teoria delle convergenze parallele quindi,<br />
alla quale si deve assistere come impotenti; ma è quella<br />
delle direttrici convergenti. Se la prima riguardava la<br />
Destra altoatesina t<strong>ed</strong>esca, la seconda è colei che detta<br />
<strong>il</strong> percorso alla Destra italiana in Alto Adige. Un blocco<br />
sociale e politico, quest’ultima, fatto di persone e di<br />
programmi che non devono abbandonare <strong>il</strong> cammino<br />
iniziato con convinzione in quell’ormai lontano 1992.<br />
In questi anni - come s’è detto - la Destra ha pagato in<br />
termini elettorali la sua disponib<strong>il</strong>ità al dialogo. L’alternativa<br />
a questo sacrificio che domani potrebbe portare la<br />
maggioranza degli italiani al governo dell’autonomia, è<br />
quella di tornare a congelare i voti assegnati alla Destra<br />
accettando che una nuova era glaciale renda depotenziata<br />
nella sostanza - se non forse anche nei numeri - la<br />
sua rappresentanza politica. Rimanendo però all’opposizione,<br />
la Destra - e senza discolparci troppo, noi che<br />
ne siamo Dirigenti o m<strong>il</strong>itanti - curerebbe veramente gli<br />
interessi degli italiani?<br />
Sulle sue spalle in pratica la Destra locale ha un’immensa,<br />
ma anche straordinaria, responsab<strong>il</strong>ità alla quale<br />
Conclusioni<br />
151
si deve convintamente fare riferimento; è quella della<br />
Storia di questa Destra che abbiamo er<strong>ed</strong>itata e che<br />
localmente non nasce con qualche nuovo Dirigente di<br />
Partito che c’è stato o che ci sarà, ma è la continuazione<br />
di chi ha permesso che questa Destra anzitutto sopravvivesse,<br />
si rafforzasse nell’interesse della Comunità e<br />
si evolvesse nel tempo per dare alla Comunità stessa<br />
un futuro diverso. Un percorso durato ormai 60 lunghi<br />
anni. Qualche tempo fa, riprendendo in mano un libro<br />
<strong>ed</strong>ito nel 1980 dalla Libreria Editrice Europa intitolato<br />
Proviamola Nuova - dalle prime parole dell’enciclica<br />
di Marco Tarchi sul n. 21 del già citato “La Voce della<br />
Fogna” e relativo agli atti del seminario “Ipotesi e strategia<br />
di una nuova Destra” - r<strong>il</strong>essi un testo del già citato<br />
Fri<strong>ed</strong>rich Nietsche estratto da “La Gaia Scienza” (frg.<br />
124 “Nell’orizzonte dell’Infinito”) e relativo alla fuga dal<br />
mondo, orfano di valori, di una navicella che decideva<br />
di affrontare <strong>il</strong> mare per andare incontro allo spaventevole<br />
infinito, per quanto misterioso. La Destra altoatesina<br />
rappresenta quella piccola nave che deve combattere<br />
durante la sua diffic<strong>il</strong>e navigazione, con correnti marine<br />
e tempeste, ma che a volte beneficia anche di periodi di<br />
calma piatta. Non sempre è fac<strong>il</strong>e veleggiare, trovare <strong>il</strong><br />
vento che la spinge indirizzandola nella corretta direzione,<br />
sorreggendo la nostra navicella; ma saliti su questa<br />
piccola nave anche noi abbiamo stab<strong>il</strong>ito o accettato<br />
una rotta. Che la nostra stella polare, quella che assiste<br />
tutti i naviganti, continuerà ad indicarci.<br />
È bene che si comprenda, insomma, che alle nostre<br />
spalle c’è una meravigliosa comunità che ci guarda e<br />
che cr<strong>ed</strong>e in noi. Un corpo sociale che non può ri-<br />
152 Conclusioni
schiare la polmonite politica perché <strong>il</strong> maggiore partito<br />
del gruppo italiano discute aspramente al suo interno<br />
o rinuncia a confrontarsi con l’esterno; c’è una realtà<br />
umana alla quale la Destra non può riservare i margini<br />
della vita civ<strong>il</strong>e e i bordi di quella politica. Non è ammissib<strong>il</strong>e<br />
far indossare a questa comunità un cappottino<br />
per <strong>il</strong> lungo inverno politico o rimetterla in frigo, come<br />
per mantenerla negli anni. La Destra ha l’obbligo di<br />
non autoisolarsi, lasciando di conseguenza le porte del<br />
Governo provinciale spalancate alla Sinistra e riservando<br />
(ahimè) quelle dell’infernale gestione autonomistica che<br />
ne potrebbe derivare ad una Comunità che diversamente<br />
deve essere protetta, valorizzata e r<strong>il</strong>anciata. In<br />
Alto Adige c’è bisogno di una Destra tradizionale che<br />
non sia fieramente chiusa ad ogni contraddittorio. Una<br />
Destra come s’è detto identitaria, certo gelosa della<br />
propria Tradizione e dei propri Valori, comuni però a<br />
tutte le Destre; ma che non può però essere ortodossa,<br />
come se dovesse rimanere chiusa alle nuove sfide<br />
della società. Il progresso nelle idee e nelle azioni non<br />
è in antitesi con la Tradizione e non entra nemmeno<br />
in conflitto con essa; ma può rappresentare semmai<br />
l’evoluzione comportamentale <strong>ed</strong> identitaria di una Comunità.<br />
D’altronde, se è comprensib<strong>il</strong>e si pretenda che la<br />
Destra altoatesina italiana sappia dire NO, per analogia<br />
essa stessa deve potersi anche confrontare proprio per<br />
esprimere un dissenso (o l’assenso) ad una scelta; <strong>ed</strong><br />
<strong>il</strong> dialogo, reciprocamente inteso, non può avvenire acondizione-che;<br />
ma nell’interesse-di.<br />
Questo deve fare una Destra intelligente.<br />
Il compito della Destra è quindi quello di creare le<br />
Conclusioni<br />
153
condizioni affinché non torni <strong>il</strong> deserto attorno ad essa<br />
<strong>ed</strong> al suo Popolo. Peraltro non si dispone più nemmeno<br />
di quella polverina magica che - come fissata sulle ali<br />
di una farfalla - ne garantisce <strong>il</strong> volo, proteggendone la<br />
vita. La Destra è stata forza di Governo nazionale ma<br />
non è più forza di governo nazionale. Vi è quindi anche<br />
un discorso di opportunismo politico che si deve avere<br />
<strong>il</strong> coraggio di affrontare senza demagogie o ipocrisie<br />
qualunquiste e tornacontiste, se si vogliono limitare i<br />
danni collaterali di scelte che la SVP può assumere<br />
grazie al consenso delle Sinistre. Ma davvero si può<br />
cr<strong>ed</strong>ere che urlando per ammonire l’intoccab<strong>il</strong>ità della<br />
toponomastica italiana, essa possa rimanere aliena come<br />
d’incanto ad ogni immorale, innaturale poichè un<strong>il</strong>aterale<br />
mutazione? Occorre, in realtà, altro.<br />
La Destra per parte sua deve mantenere questa attitudine<br />
al dialogo se non vuole tornare ai tempi in<br />
cui, nel venire demonizzata, si v<strong>ed</strong>eva anche precluso<br />
ogni strumento ut<strong>il</strong>e per la valorizzazione della propria<br />
Comunità di riferimento; periodo sconosciuto, nella sua<br />
intensità piuttosto che nella sua storicità, a quei giovani<br />
Dirigenti della Destra altoatesina che quei decenni non li<br />
hanno vissuti. Se la Destra altoatesina non saprà creare<br />
un connubio con le specificità esposte in queste pagine<br />
rinunciando a caratterizzarsi per quello che storicamente<br />
ha sempre saputo essere, rischierà perfino di perdere<br />
<strong>il</strong> treno di un suo posizionamento in un ruolo centrale<br />
nello scacchiere altoatesino; che non significa occupare<br />
<strong>il</strong> centro politicamente inteso, ma essere al centro della<br />
politica locale divenendo di conseguenza soggetto capace<br />
non solo di interloquire a 360 gradi ma anche di<br />
154 Conclusioni
attrarre su di se gli interessi di tutte le categorie popolari<br />
<strong>ed</strong> economiche di questa nostra provincia, che necessitano<br />
sempre più di riferimenti precisi e soprattutto<br />
cr<strong>ed</strong>ib<strong>il</strong>i e concreti, ragionati e condivisi.<br />
Queste pagine vogliono essere un contributo alla<br />
riflessione sulla Destra che deve essere e racchiudono la<br />
Destra che vorrei, titolo originario di questa opera. Ma<br />
tendono a rappresentare anche un progetto di continuità<br />
per questa Destra: in Alto Adige e per l’Alto Adige.<br />
Riflessioni e progetti espressi a voce alta insomma, con<br />
la chiarezza necessaria <strong>ed</strong> <strong>il</strong> coraggio indispensab<strong>il</strong>e<br />
per esprimere un programma <strong>ed</strong> un progetto; <strong>il</strong> tutto<br />
manifestato con la Destra nel cuore, dove risi<strong>ed</strong>e una<br />
Comunità che io stesso, con la Destra, ho l’onore di<br />
rappresentare.<br />
Non si ha la presunzione di cr<strong>ed</strong>ere che queste pagine<br />
rappresentino la soluzione; ma racchiudono certamente<br />
una possib<strong>il</strong>e soluzione nell’interesse della nostra<br />
Comunità umana e politica. D’altronde lo stesso Antoine<br />
de Saint-Exupery autore del Piccolo principe, uno dei<br />
libri più letti ai miei tempi dagli adolescenti di allora,<br />
non faceva mistero che “nella vita non ci sono soluzioni.<br />
Ci sono delle forze in cammino; bisogna crearle e le<br />
soluzioni vengono dopo...”<br />
Conclusioni<br />
155
156<br />
SOMMARIO<br />
PREFAZIONE .............................................................. 7<br />
INTRODUZIONE ...................................................... 11<br />
La f<strong>ed</strong>e nel tuo cuore <strong>il</strong> coraggio nella tua lotta ........ 15<br />
La crescita della Destra ..............................................17<br />
Il dialogo ................................................................... 23<br />
Che fare? ................................................................... 25<br />
DESTRA COMUNITARIA ED IDENTITARIA ............. 31<br />
La cultura identitaria .................................................. 34<br />
I toponimi come espressione di cultura ..................... 37<br />
Il valore „comunitarismo“ .......................................... 39<br />
Progetto „Alto Adige“ ................................................ 43<br />
Identità come progetto .............................................. 46<br />
DESTRA RAGIONATA E PROTAGONISTA ................ 51<br />
La questione istituzionale .......................................... 53<br />
Proposte di una Destra ragionata ............................... 56<br />
Regione quo vadis? ................................................... 60<br />
Una Destra pensante e pesante ................................. 66<br />
Vincere la paura ........................................................ 70<br />
DESTRA PROGRAMMATICA E POPOLARE ............. 75<br />
Gli anni del confronto ............................................... 76<br />
L’Autonomia modificab<strong>il</strong>e .......................................... 79<br />
Nuove strategie ......................................................... 84<br />
Progettare <strong>il</strong> futuro .................................................... 88<br />
Sostegno alle imprese ................................................ 90
La doppia velocità ..................................................... 92<br />
Il disagio sociale ........................................................ 96<br />
DESTRA APERTA E PARTECIPATA ........................... 101<br />
Figli di un Dio minore ............................................. 103<br />
Il progresso ideologico ............................................ 105<br />
Interesse alla governab<strong>il</strong>ità ....................................... 107<br />
Co-protagonisti dell’Autonomia futura ..................... 109<br />
La malformazione dell’Autonomia ............................114<br />
La lista della spesa ...................................................117<br />
Cattivi maestri ..........................................................120<br />
Le pietre m<strong>il</strong>iari ....................................................... 122<br />
La seconda fase ........................................................125<br />
DESTRA UNITARIA ED ORGANIZZATA ................ 127<br />
Partito unito ..............................................................129<br />
Pensando al domani .................................................137<br />
Il mondo giovan<strong>il</strong>e - La metapolitica ....................... 140<br />
CONCLUSIONI ........................................................147<br />
157
158
Si ringraziano:<br />
<strong>il</strong> Circolo culturale ”G. Gent<strong>il</strong>e” di Bolzano per la collaborazione;<br />
Adolfo, testimone a volte critico di questi anni; Gabriella per la<br />
pazienza avuta nell’apprendere avvenimenti di cui non era a conoscenza;<br />
Lor<strong>ed</strong>ana per i giudizi sempre importanti e per i continui<br />
incoraggiamenti; i miei figli che con le loro domande di bambini<br />
mi convincevano sempre più dell’importanza di ciò che stavo scrivendo<br />
<strong>ed</strong> Enzo per le divertenti, anche quando severe, annotazioni<br />
e correzioni suggerite.<br />
159
160<br />
Dal mese di gennaio 2007<br />
questa pubblicazione è consultab<strong>il</strong>e<br />
anche nel sito internet all’indirizzo:<br />
www.minnitimauro.it<br />
www.pensareladestra.it<br />
e-ma<strong>il</strong>: info@minnitimauro.it<br />
Finito di stampare<br />
in ottobre 2006<br />
presso la Tipografia<br />
„Hauger-Fritz“<br />
di Merano<br />
in 500 copie.
<strong>Mauro</strong> <strong>Minniti</strong>, nato<br />
a Foligno (Pg) nel<br />
1963, risi<strong>ed</strong>e a Merano.<br />
Coniugato<br />
con Lor<strong>ed</strong>ana, ha<br />
due figli, Massimo e<br />
Manfr<strong>ed</strong>i. Si iscrive<br />
nel 1977 al Fronte della Gioventù, di<br />
cui diviene responsab<strong>il</strong>e provinciale<br />
nel 1985. Nel 1989 diviene responsab<strong>il</strong>e<br />
provinciale di “Fare Verde”, Associazione<br />
ambientalista. Giornalista<br />
pubblicista dall’età di 23 anni, a 26<br />
anni viene eletto Consigliere comunale<br />
di Bolzano nel Msi-Dn. Dal 1994<br />
si<strong>ed</strong>e nel Consiglio provinciale dell’Alto<br />
Adige. Attualmente è segretario<br />
della IV Commissione Legislativa (lavoro<br />
e professioni, <strong>ed</strong><strong>il</strong>izia, assistenza,<br />
sanità, trasporti, alimentazione,<br />
volontariato) e componente della III<br />
(finanze e patrimonio, lavori pubblici,<br />
industria, commercio, artigianato,<br />
turismo, programmazione economica,<br />
ricerca scientifica e tecnologica,<br />
coordinamento della finanza pubblica<br />
e del sistema tributario). Dopo essere<br />
stato vice-Presidente provinciale<br />
di AN, attualmente è Capogruppo sia<br />
nel Consiglio regionale Trentino-Alto<br />
Adige come nel Consiglio provinciale<br />
di Bolzano. Dall’età di 30 anni Consigliere<br />
regionale è alla sua terza Legislatura.<br />
Nel 2000 ha scritto “Prove di<br />
golpe (bianco) in Alto Adige”, un saggio<br />
sulla questione altoatesina e sul<br />
disagio della popolazione di lingua<br />
italiana della provincia di Bolzano. È<br />
stato primo firmatario di 24 Disegni<br />
di Legge, di migliaia di interrogazioni<br />
e promotore di centinaia iniziative<br />
cons<strong>il</strong>iari.<br />
€ 12,00
„…Non sono persuaso<br />
dalla tentazione<br />
di governare a tutti i costi;<br />
sono persuaso<br />
dal tentativo di dare<br />
alla Comunità italiana<br />
<strong>ed</strong> alla Destra<br />
un futuro.<br />
In queste pagine<br />
è racchiuso<br />
un duplice progetto<br />
ut<strong>il</strong>e allo scopo;<br />
per la Destra<br />
in Alto Adige<br />
e della Destra<br />
per l’Alto Adige!”