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La perizia psichiatrica legale di Cesare Lombroso

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delinquente-nato, in cui emergono i concetti <strong>di</strong> ere<strong>di</strong>tà e <strong>di</strong> atavismo, un’accezione <strong>di</strong> ere<strong>di</strong>tà più<br />

vasta a livello generazionale. <strong>Lombroso</strong> sostiene che <strong>di</strong> solito il delinquente-nato è ere<strong>di</strong>tariamente<br />

pre<strong>di</strong>sposto: i germi della degenerazione <strong>di</strong>vengono quin<strong>di</strong> trasmissibili, e si indaga con lunghi<br />

interrogatori su tutti i componenti delle famiglie degli alienati per rintracciare elementi<br />

degenerativi. L’atavismo (dal latino atavus, avo) consiste nel riapparire <strong>di</strong> caratteri ancestrali nei<br />

<strong>di</strong>scendenti, saltando alcune generazioni: «l’atavismo non è niente altro che un modo per ricacciare<br />

in<strong>di</strong>etro, il più in<strong>di</strong>etro possibile, nelle ra<strong>di</strong>ci più profonde della storia, un comportamento<br />

dell’uomo criminale che risulta socialmente inaccettabile» 9 , ed ecco alcuni segni dell’atavismo: il<br />

tatuaggio, uno dei caratteri speciali dell’uomo primitivo 10 a cui il perito deve prestare molta<br />

attenzione, l’onomatopeia, la personificazione degli oggetti astratti.<br />

Ogni paziente è osservato, palpeggiato, descritto, misurato alla ricerca <strong>di</strong> una forma che segni la<br />

<strong>di</strong>fferenza: caratteristiche fisiche quali ad esempio le sopracciglia unite ed il collo tozzo,<br />

costituiscono quin<strong>di</strong> un campionario <strong>di</strong> segni che vengono ridotti ad unità ed utilizzati per<br />

riconoscere l’Homo criminalis 11 . <strong>La</strong> peculiarità <strong>di</strong> <strong>Lombroso</strong> è certamente quella <strong>di</strong> aver cercato <strong>di</strong><br />

spiegare la delinquenza e la pazzia, rintracciandone le anomalie fisiche; egli ha fornito le «stimmate<br />

frenologiche e fisiognomiche» volte a rimarcare meglio l’immagine del delinquente.<br />

<strong>Lombroso</strong>, quin<strong>di</strong>, opera un processo <strong>di</strong> inserimento della grande massa <strong>di</strong> dati raccolti durante le<br />

sue esperienze nell’esercito, nei manicomi, nelle carceri, all’interno <strong>di</strong> categorie definite, anche se<br />

queste non avranno abbastanza forza da sopravvivere dopo la sua scomparsa, perché «gli psichiatri<br />

restavano perplessi <strong>di</strong> fronte ad una reale applicabilità delle categorie <strong>di</strong> mattoide, <strong>di</strong> delinquentenato,<br />

ecc. [...], questi si mostreranno sempre assai restii ad utilizzare nosografie criminologiche<br />

estremamente incerte e <strong>di</strong>scutibili» 12 .<br />

Nello stabilire i caratteri dell’uomo delinquente, <strong>Lombroso</strong> ha certamente attinto all’iconografia<br />

popolare che riporta i tratti dell’immaginario sociale, facendo riferimento ai segni propri del<br />

maligno e del criminale. «Attraverso l’iconografia noi ritroviamo i tratti <strong>di</strong> questo immaginario, e<br />

non è certamente un caso che continuamente gli stessi criminologi della scuola lombrosiana abbiano<br />

fatto riferimento a questa tra<strong>di</strong>zione. Anzi egli stesso scriverà che sono stati soprattutto gli artisti a<br />

riprodurre i caratteri del suo tipo del delinquente-nato e che a tali caratteri si deve far riferimento, e<br />

non per esempio ad una immagine fotografata» 13 .<br />

<strong>Lombroso</strong>, uomo dell’800, non può sottrarsi a quelle che sono le convinzioni del tempo, né<br />

tantomeno agli stereotipi ra<strong>di</strong>cati nella cultura alta e in quella popolare, che vedono il criminale<br />

quale un essere che è <strong>di</strong>verso anche e soprattutto fisicamente. L’espressione “faccia da delinquente”,<br />

che fa parte anche del nostro linguaggio corrente, può <strong>di</strong>mostrare che ancora oggi si tende ad<br />

associare l’aspetto fisico con l’anomalia della psiche e del comportamento.<br />

Scarsezza <strong>di</strong> peli, forza, peso, poca capacità cranica, seni frontali molto sviluppati, sviluppo enorme<br />

<strong>di</strong> man<strong>di</strong>bole e zigomi, orecchie ad ansa o voluminose, poca sensibilità dolorifica, insensibilità<br />

morale, mancanza <strong>di</strong> rimorso, vanità, superstizione, insensibilità alle sostanze me<strong>di</strong>camentose: sono<br />

queste le caratteristiche che accomunano il delinquente e il pazzo, l’epilettico e l’isterico: così si<br />

narra una lunga ed amara storia <strong>di</strong> uomini ridotti a<br />

maschere.<br />

Ma il lungo ed articolato lavoro <strong>di</strong> <strong>Lombroso</strong>, così come è, non può far emergere delle critiche,<br />

infatti si chiede J. Conrad in The Secret Agent: «denti e orecchie il marchio del criminale? Davvero?<br />

E che <strong>di</strong>re della legge che lo marchia a fuoco inventato dai satolli per <strong>di</strong>fendersi dagli affamati? […]<br />

Non vi par <strong>di</strong> sentire ardere e sfriggolare la grossa cotenna della povera gente? È così che si fanno i<br />

9<br />

Renzo Villa, Scienza me<strong>di</strong>ca e criminalità nell’Italia unita, in F. Della Peruta (a cura <strong>di</strong>), Storia d’Italia. Annali 7, op.<br />

cit., p. 1157<br />

10<br />

«<strong>Lombroso</strong> non pensa tanto al comportamento <strong>di</strong> un uomo primitivo, o <strong>di</strong> un selvaggio, così come egli azzera ogni<br />

<strong>di</strong>fferenza culturale considerando criminali comportamenti che non sono tali all’interno <strong>di</strong> particolari culture, come il<br />

cannibalismo (egli relativizza il crimine non lo storicizza) [...]», ivi, p. 1156<br />

11<br />

Ivi, p. 1156<br />

12 Ivi, p. 1168<br />

13 Ivi, p. 1151<br />

2

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