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La cartella stampa sulla mostra a Villa Pacchiani - Gonews.it

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Biografie<br />

Andrea Bastogi è nato nel 1960. Vive a Orbetello. Fotografo, filmaker e artigiano, realizza<br />

e cura installazioni, reportage, cortometraggi, documentazioni di eventi artistici e culturali,<br />

vj-set e videofondali per spettacoli e concerti.<br />

Claudio Bernardeschi è nato a San Miniato nel 1963. Terminati gli studi presso l’Ist<strong>it</strong>uto<br />

d’Arte di Firenze, ha frequentato l’Accademia di Belle Arti della medesima c<strong>it</strong>tà, dove si è<br />

diplomato nel 1987. In 25 anni (1986-2011) ha allest<strong>it</strong>o numerose mostre personali a<br />

Montopoli Valdarno, Empoli, Pontedera, San Miniato, Firenze, Cerreto Guidi, Santa Maria<br />

a Monte, oltre a numerose collettive in Toscana e fuori, ottenendo consensi di pubblico e<br />

cr<strong>it</strong>ica.<br />

Antonio Biancalani è nato a Montelupo Fiorentino nel 1948. Vive e lavora a<br />

<strong>La</strong>mporecchio. Autodidatta, dal 1970 partecipa a numerose Mostre nazionali e<br />

internazionali e Fiere d’Arte, conseguendo premi e riconoscimenti. Nel 1990 è vinc<strong>it</strong>ore del<br />

Premio Arte 90 Mondadori. Da allora si sono succedute varie personali a Milano, Roma,<br />

Piacenza, Nizza, Francoforte, Ginevra, Strasburgo, Amsterdam, Gent (Belgio), San Diego<br />

(USA), Anguilla (Caraibi).<br />

Federico Biancalani è nato a Empoli il 20 settembre 1975. Si diploma nel Liceo Artistico<br />

di Firenze e successivamente nell’Accademia di Belle Arti seguendo il Corso di<br />

Scenografia. Coltiva la sua ricerca artistica nei campi della scultura, della p<strong>it</strong>tura, del<br />

disegno e partecipa a varie mostre. Da qualche anno si ridedica anche ai campi teatrali<br />

collaborando alla realizzazione di scenografie.<br />

Antonio Bobò è nato a Livorno nel 1948. Vive e lavora sul confine esatto tra le province<br />

di Lucca, Pisa, Pistoia e Firenze. Ha tenuto personali e partecipato a rassegne in Italia e<br />

all’estero.<br />

Renzo Boldrini è il direttore artistico del teatro comunale verdi di Santa Croce sull’Arno. È<br />

uno dei fondatori di Giallo Minimal Teatro, compagnia per la quale dirige tre spettacoli che<br />

hanno avuto il Premio ETI Stregagatto: Boccascena (1992); Storie Zip (1999); <strong>La</strong> storia di


Giulietta e Romeo (2001). Dal 1983 ha firmato come autore e/o regista settanta creazioni<br />

sceniche presentate in Portogallo, Spagna, Polonia, Belgio, Germania, Russia e Svizzera.<br />

Giallo Minimal Teatro è una compagnia di produzione e di progetto strutturata come un<br />

“epicentro” teatrale e multidisciplinare diffuso. Con le sue produzioni ha partecipato a<br />

prestigiose rassegne e festival in Francia, Gran Bretagna, Germania, Belgio, Polonia,<br />

Spagna, Russia, Svizzera, Portogallo, Olanda.<br />

Cesare Borsacchi è nato a San Rossore (Pisa), dove ha iniziato la sua attiv<strong>it</strong>à artistica<br />

sotto la guida di Giuseppe Viviani. Ha avuto esperienze in Venezuela, Messico, Perù,<br />

Ecuador, Cile, Algeria, Angola, Argentina, Uruguay ed altri Paesi lavorando, dipingendo e<br />

esponendo in gallerie e centri culturali. Tornato a Pisa si è dedicato defin<strong>it</strong>ivamente alla<br />

p<strong>it</strong>tura.<br />

Valerio Comparini è nato a Fucecchio nel 1957, vive e lavora a Santa Croce sull’Arno.<br />

Inizia a dipingere negli anni ’70. Negli anni ’80 la sua ricerca artistica si orienta verso la<br />

scultura e la sperimentazione di materiali diversi. Negli anni ’80 realizza una serie di video.<br />

Ha tenuto personali e partecipato a rassegne in Italia e all’estero.<br />

Lorenzo D’Angiolo è nato a Seravezza nel 1939. Ha cominciato a dipingere all’inizio<br />

degli anni ’60. Negli anni ’80 l’artista scopre la fotografia e ne capisce le enormi<br />

potenzial<strong>it</strong>à conosc<strong>it</strong>ive ed espressive. Inv<strong>it</strong>ato dal Comune di Santa Croce sull’Arno,<br />

espone a <strong>Villa</strong> <strong>Pacchiani</strong>, contemporaneamente, opere di p<strong>it</strong>tura e fotografia. Con il<br />

fotografo Enzo Cei è inv<strong>it</strong>ato ad esporre nella Hostra Univers<strong>it</strong>y di New York. Nel dicembre<br />

1988 tiene una personale al Palazzo Mediceo di Seravezza. Dal 2000 ad oggi tiene varie<br />

mostre personali e rassegne. Ricordiamo le mostre personali al Museo Bargellini di Pieve<br />

di Cento nel 2006 e al Palazzo Paolina di Viareggio nel 2010.<br />

Günter Dollhopf è nato a Norimberga, in Germania, nel 1937. P<strong>it</strong>tore e incisore, si<br />

diploma all’Accademia di Arti Figurative di Monaco e di Norimberga. Ha vinto numerosi<br />

premi e borse di studio; ricordiamo, nel 1966, il Gran Premio alla Triennale di grafica di<br />

Belgrado. Nel 1977 espone a <strong>Villa</strong> <strong>Pacchiani</strong> a Santa Croce sull’Arno, dove dona una<br />

cospicua parte della sua opera grafica. Ha tenuto personali e partecipato a rassegne in<br />

tutta Europa.


Luigi Fatichi è nato nel 1947 a Fucecchio dove vive e lavora. Si è diplomato alla scuola<br />

d’arte di Lucca e al Liceo artistico di Firenze. Ha inoltre frequentato l’Accademia di Belle<br />

Arti e la Facoltà di Filosofia di Firenze. Ha tenuto personali e partecipato a rassegne in<br />

varie c<strong>it</strong>tà europee.<br />

Stefano Ficalbi inizia l’attiv<strong>it</strong>à artistica dopo aver consegu<strong>it</strong>o il diploma all’Ist<strong>it</strong>uto d’Arte di<br />

Firenze. Per circa un decennio è presente in varie manifestazioni culturali e artistiche nel<br />

terr<strong>it</strong>orio e in varie c<strong>it</strong>tà europee<br />

Rose Marie Finckh è nata nel 1932 a Tübingen, in Germania. Vive tra la Toscana e la<br />

Germania. Negli anni ’60 frequenta l’Accademia di Belle Arti di Roma. Dal 1960 al 1964<br />

studia p<strong>it</strong>tura con Franco Gentilini, dal 1964 al 1968 studia scultura con Pericle Fazzini e<br />

contemporaneamente incisione con Mino Maccari. Ha tenuto personali e collettive in Italia,<br />

Svizzera e Germania.<br />

Orso Elia Frongia è nato a San Giuliano Terme nel 2000, alle h 17: 21 in punto. È ultimo<br />

di 6.528.000.000 fratelli. Principia sub<strong>it</strong>o a crescere. Intenso e formativo il rapporto con<br />

Sergio Pannocchia, col quale condivide la passione per ori, pietre preziose e storie di<br />

pirateria. È del 2008 la sua prima <strong>mostra</strong>, opere sue e ben 40 tempere realizzate a quattro<br />

mani con 40 artisti internazionali, pedagogicamente e amorevolmente curata da Nicola<br />

Micieli.<br />

Renzo Galardini è nato nel 1946. Vive e lavora a Cecina. Si è diplomato presso<br />

l’Ist<strong>it</strong>uto d’Arte di Lucca con Guglielmo Malato e V<strong>it</strong>aliano De Angelis. P<strong>it</strong>tore. incisore<br />

e ceramista, è stato segnalato “Bolaffi per la grafica” da Enzo Carli nel 1984. Ha<br />

partecipato a rassegne e tenuto personali in Italia e all’estero. Ricordiamo: nel 2010<br />

alla Galleria <strong>La</strong>cke Farben di Berlino e nel 2011 alla Galleria Athena di Livorno.<br />

Delio Gennai è nato nel 1948 a Legoli di Peccioli e dal 1966 vive a Pisa. Si è diplomato<br />

all'Ist<strong>it</strong>uto Statale d'Arte e poi laureato in Storia dell'Arte Contemporanea al Dipartimento di<br />

Storia delle Arti all'Univers<strong>it</strong>à di Pisa. Come Artista ha fatto circa 340 mostre in Italia e<br />

all'estero di cui 50 personali. Nel 1987 a aperto una galleria, lo Studio Gennai, nel luogo in<br />

cui si trovava il suo studio d’artista. Lo spazio espos<strong>it</strong>ivo è un’associazione culturale senza<br />

scopo di lucro il cui fine è la promozione dell’arte contemporanea.


Gianfranco Giannoni è nato a San Miniato, il 22 Marzo 1946, dove risiede. Dopo aver<br />

lavorato nel settore della ceramica si diploma in grafica pubblic<strong>it</strong>aria. Inizia l'attiv<strong>it</strong>à<br />

p<strong>it</strong>torica nel 1966. <strong>La</strong> prima personale nella sua c<strong>it</strong>tà, nel 1970. Principali esposizioni:<br />

1978, Ateneo San Basso, Venezia; 1985, Personale all'ambasciata <strong>it</strong>aliana, Praga; 1994,<br />

Personale galleria "Gianfranco Licandro", Vienna; 1999, Museo d'arte moderna, Gasoldo<br />

Degli Ippolini, Mantova.<br />

Giorgio Giolli è nato nel 1942 a San Miniato, dove vive e lavora. Nel 1962 si diploma al<br />

Magistero d’Arte di Firenze. Nel 1965 vince il concorso a Cattedra per la Sezione di P<strong>it</strong>tura<br />

presso l’Ist<strong>it</strong>uto d’Arte di Firenze. Dal 1980 decide per l’insegnamento di Disegno nello<br />

stesso Ist<strong>it</strong>uto, dove eserc<strong>it</strong>a fino al 1984. Successivamente insegna Disegno e Storia<br />

dell’Arte nella Scuola Media Superiore a San Miniato.<br />

Piero Gozzani è nato a Massa nel 1933, vive e lavora a Empoli. È diplomato<br />

all'Accademia di Belle Arti di Firenze. Ha tenuto personali e partecipato a rassegne in Italia<br />

e all’estero.<br />

Giulio Greco è nato nel 1949 a Caselle in P<strong>it</strong>tari (Salerno). Dopo il diploma all’Ist<strong>it</strong>uto<br />

d’Arte di Salerno, compie i suoi studi all’Accademia di Belle Arti di Firenze sotto la<br />

direzione di Afro Basaldella e di Vinicio Berti. Affianca alla sua attiv<strong>it</strong>à di p<strong>it</strong>tore e di<br />

scultore anche quella di performer e di materializzatore scenico per il teatro. Nel 2011 ha<br />

partecipato alla LIV Biennale di Venezia, esponendo al Padiglione Toscana presso <strong>Villa</strong><br />

Bardini a Firenze.<br />

Karl-Heinz Hartmann-Oels è nato nel 1928 a Bernstadt, Silesia, in Germania. Vive e<br />

lavora a San Miniato. Studia matematica e fisica a Tubinga e Berlino. I primi tentativi<br />

artistici sono del 1948-49 a Berlino, dove si iscrive all’Accademia d’Arte. Dopo una lunga<br />

interruzione, si dedica completamente alla grafica, sperimentando tecniche di <strong>stampa</strong> non<br />

convenzionali. Ha tenuto personali e partecipato a rassegne in Germania e in Italia.<br />

Bernd Kaute è nato nel 1944 a Breslau, in Germania. P<strong>it</strong>tore, incisore e scultore, arrivò in<br />

Italia grazie a una borsa di studio dell’Accademia di Colonia. Stabil<strong>it</strong>osi in Toscana, ha qui<br />

operato fino alla morte avvenuta a Porciano di <strong>La</strong>mporecchio (Pistoia) nel 2010. Ha


partecipato a numerose mostre collettive in Germania, Francia, Svizzera e Italia. Mostre<br />

personali: nel 1986 al Museo di Arlesheim/Basilea; nel 1998 alla Galleria Tammen &<br />

Busch a Berlino e al Museo IG-Metall, a Francoforte; nel 1999/2000 allo Stadt-Museum<br />

Siegburg e nel 2002 a Osnabrück al Kunsthalle Dominikanerkirche.<br />

Giuseppe <strong>La</strong>mbertucci è nato a Bientina nel 1936. Vive e lavora a Santa Croce sull’Arno.<br />

Autodidatta, partecipa con successo a varie manifestazioni artistiche. Dal 1978 si dedica<br />

con continu<strong>it</strong>à alle tecniche calcografiche. Ha tenuto personali e partecipato a rassegne in<br />

Italia e all’estero.<br />

Paolo <strong>La</strong>pi è nato a Pisa. Si è diplomato all’Ist<strong>it</strong>uto d’Arte di Firenze. Ha iniziato la sua<br />

attiv<strong>it</strong>à artistica negli anni 1957-58. <strong>La</strong> sua prima personale presentata dal Maestro G.<br />

Breddo la tenne nel 1961 nella storica Galleria dei Vàgeri di Krimer a Viareggio. Molti sono<br />

i cr<strong>it</strong>ici che si sono interessati al suo lavoro. Su inv<strong>it</strong>o ha partecipato alle maggiori<br />

esposizioni artistiche nazionali.<br />

Fulvio Leoncini è nato a Empoli nel 1960. Vive e lavora a Santa Croce sull’Arno. P<strong>it</strong>tore e<br />

incisore, si è diplomato presso l’Ist<strong>it</strong>uto Statale d’Arte di Cascina. Ha tenuto personali e<br />

partecipato a rassegne in Italia e all’estero.<br />

Luca Macchi è nato nel 1961 a san Miniato, dove vive e lavora. Ha realizzato le p<strong>it</strong>ture<br />

murali nella Cappella di San Matteo a Moriolo (2000) e la Parete della rest<strong>it</strong>uzione nel<br />

Santuario di Cigoli (2009-2011). Tra le esposizioni recenti ricordiamo: la personale nello<br />

storico locale Le Giubbe Rosse di Firenze (2006); R<strong>it</strong>ratto di Mario Luzi. Autografi e ined<strong>it</strong>i<br />

d’Arte a cura di Giovanna M. Carli, Palazzo Panciatichi, Firenze (2007); Se fosse già<br />

domani, a cura di A. <strong>La</strong>nci, Art Gallery Renessans, Firenze (2007).<br />

Mario Madiai è nato a Siena nel 1944. Frequenta l’Ist<strong>it</strong>uto d’Arte di Lucca dal 1957 al<br />

1963. Si dedica fin da giovanissimo alla p<strong>it</strong>tura e già negli anni ’60 e ’70 si distingue tra le<br />

personal<strong>it</strong>à più attente e sensibili alle tematiche del reale. <strong>La</strong> cr<strong>it</strong>ica più avveduta e attenta<br />

lo inv<strong>it</strong>a in prestigiose e numerose collettive e personali in Italia e all’estero. Dal 1972 ai<br />

nostri giorni la sua attiv<strong>it</strong>à sarà tutta un crescendo di partecipazioni.


Ugo Maffi è nato nel 1939 a Lodi, dove vive e lavora. È stato allievo di Oskar Kokoschka<br />

a Salisburgo nel 1961. È presidente della Associazione Internazionale degli Incisori<br />

Xilografi. Fin dagli inizi della sua attiv<strong>it</strong>à artistica ha ricevuto premi e riconoscimenti. Ha<br />

esposto in varie personali in Italia e all’estero.<br />

Gianfalco Masini è nato a Lucca nel 1945. Inizia la sua attiv<strong>it</strong>à p<strong>it</strong>torica nel 1975 e da<br />

allora numerose sono le sue esibizioni in Italia e all’estero; tra le più recenti ricordiamo: Le<br />

stagioni attraversate, personale alla Fondazione Banca del Monte, Lucca (2010); GalliArt,<br />

Giocare ad Arte, Gallicano (2011); FantiscArte, viaggio in dieci stazioni nel magico e nel<br />

fantastico a cura di Nicola Micieli, San Miniato, Plazzo Inquilini, Carismi per l’Arte (2011);<br />

Ri-Generazioni, LIV Biennale di Venezia, Massarosa (2011).<br />

Romano Masoni, p<strong>it</strong>tore e incisore, sono nato nel 1940 a Santa Croce sull’Arno, dove<br />

vivo e lavoro. Sono fortunato. Faccio le cose che amo. Anche quelle inutili. Magari non<br />

producono denaro, ma le faccio tutte. Ho però i miei tempi, fatti di pause, di impotenze<br />

creative, di crisi cicliche, di raffreddori mortali. Insomma una palla che non vi dico. Mi<br />

sento una mina vagante. Ma sarà vero?<br />

Andrea Meini è nato a Firenze nel 1966, lavora a Empoli. Ha frequentato l’Ist<strong>it</strong>uto d’Arte di<br />

Porta Romana e L’Accademia di Belle Arti di Firenze. Dal 1995 tiene corsi di p<strong>it</strong>tura in<br />

centri culturali e ha partecipato a mostre locali e nazionali. Ha ottenuto commissioni per<br />

ist<strong>it</strong>uti pubblici, privati e d’arte sacra.<br />

Simonetta Melani è nata a Castelfranco di Sotto nel 1953. Vive e lavora a Santa Croce<br />

sull’Arno. Nel 1977 è tra i fondatori de Il Grandevetro, rivista di cui è tuttora redattrice.<br />

<strong>La</strong>vora da sempre in modo molto riservato, condividendo con pochi e cari compagni di<br />

strada le proprie esperienze artistiche. Dipinge e incide all’acquaforte collaborando con<br />

scr<strong>it</strong>tori e poeti <strong>it</strong>aliani per libri d’arte e plaquettes a tiratura lim<strong>it</strong>ata.<br />

Tista Meschi è nato nel 1934 a Lucca da una famiglia di p<strong>it</strong>tori e musicisti, pacifisti,<br />

libertari e un po’ anarchici. P<strong>it</strong>tore lui stesso, ha fatto gli studi a Lucca e a Roma, dove con<br />

Piero Guccione ha frequentato un corso di grafica. È stato t<strong>it</strong>olare della cattedra di<br />

Disegno da Vero nell’Istruzione Artistica Statale. Numerose le mostre personali e le<br />

partecipazioni artistiche <strong>it</strong>aliane e internazionali. È membro ordinario all’Accademia


Lucchese di Lettere Scienze e Arti. Recentemente ha pubblicato alcuni racconti. <strong>La</strong> sua<br />

attiv<strong>it</strong>à di p<strong>it</strong>tore e ora di “scr<strong>it</strong>tore” continua.<br />

Sauro Mori è nato nel 1946 a Isola di San Miniato, una terra tra l’Elsa, l’Arno e la palude.<br />

Fin da bambino ha vissuto sui greti e ud<strong>it</strong>o storie di fiumi e d’acqua.<br />

Milena Moriani, è nata nel 1934 a Genova, vive e lavora ad Asciano, in provincia di Pisa.<br />

Ha esposto in numerose mostre personali e collettive, in Italia e all’estero; le sue opere<br />

sono in collezioni pubbliche e private <strong>it</strong>aliane e negli Usa, in Brasile, in Canada, in Francia,<br />

in Belgio, in Germania, in Svizzera, in Russia.<br />

Maria Grazia Morini è nata a Fucecchio, dove vive e lavora. Dopo il diploma all’Ist<strong>it</strong>uto<br />

Artistico di Lucca nel 1972, si dedica alal p<strong>it</strong>tura e all’insegnamento di Educazione Artistica<br />

nella Scuola Media. Ha tenuto varie personali e rassegne in tutta Italia.<br />

<strong>La</strong>dislao Nocentini è nato ad Arezzo nel 1946. Attualmente vive e lavora a Civ<strong>it</strong>ella Val di<br />

Chiana. Ha compiuto i suoi studi presso l’Ist<strong>it</strong>uto d’Arte di Firenze. Ha iniziato la sua<br />

attiv<strong>it</strong>à artistica nel 1962. Ha partecipato a numerose rassegne personali e collettive.<br />

Gianfranco Pacini è nato a Guamo di Lucca nel 1955. Studia disegno e scultura sotto la<br />

guida di V<strong>it</strong>aliano De Angelis. Formativi sono i viaggi in America <strong>La</strong>tina; soggiorna in<br />

Venezuela, Brasile e Argentina, dove integra la ricerca artistica con il lavoro della terra a<br />

fianco dei campesinos. Attualmente realizza incisioni colorate e p<strong>it</strong>ture dove “L’umile<br />

stecco”, rumato il colore, diventa protagonista delle composizioni.<br />

Antonio Possenti è nato a Lucca nel 1933. Ha esord<strong>it</strong>o all’inizio come disegnatore<br />

satirico sulle pagine del Mondo, per poi dedicarsi stabilmente alla p<strong>it</strong>tura negli anni ’60.<br />

Fondamentali sono stati gli incontri con Ghagal a Vence intorno al 1958. Frequenti e<br />

qualificate le presenze in rassegne nazionali e internazionali e le personali. È stato<br />

segnalato “Bolaffi” da Dino Buzzati nel 1972 e da Piercarlo Santini nel 1982.<br />

Pierluigi Romani è nato a Lucca nel 1936. Nel 1954 iniziano i suoi contatti con l’arte, mai<br />

interrotti fino ad oggi, in un periodo difficile della sua v<strong>it</strong>a, segnata da una seria crisi<br />

familiare per la morte del padre, che cambia radicalmente le aspettative del cammino.


Sorretto dalla sua vocazione continua a disegnare e a dipingere e a imbastire relazioni.<br />

L’attiv<strong>it</strong>à gradualmente, in tempi diversi, si intensifica; ne è testimone la presenza, sempre<br />

più incalzante, in rassegne nazionali e internazionali, in esposizioni personali. Figura in<br />

collezioni pubbliche e private.<br />

Gianluca Sgherri è nato nel 1962 a Fucecchio (Firenze). Attualmente vive e lavora a<br />

Santa Croce sull’Arno (Pisa). Si è diplomato in p<strong>it</strong>tura all’Accademia di Belle Arti di<br />

Firenze. Dopo esperienze di tipo concettuale poverista, inizia a dipingere a olio su tavole<br />

di piccolo formato. Nel 1995 si trasferisce a Milano e collabora con lo Studio d’Arte<br />

Cannaviello dove espone nel 1994, 1996, 2000 e 2002. Ha partecipato a varie mostre<br />

collettive e Fiere in Italia e all’estero.<br />

Nando Snozzi è nato nel 1951 a Bellinzona, in Svizzera, sotto il segno dello scorpione. Gli<br />

animali che preferisco sono l'elefante, il falco ed il delfino. Sono sempre stato un ladro di<br />

idee e di immagini, "centrato nella periferia" delle cose, della v<strong>it</strong>a, della memoria, della<br />

morale, dell'amore, nel senso che mi piace la frontiera ed il percorso per starci in bilico…<br />

sono un generoso volubile alla ricerca di un sano egoismo e un onnivoro costante.<br />

Leopoldo Terreni è nato nel 1952 a Terricciola (Pisa), dove vive e lavora. Ha tenuto<br />

mostre personali e partecipato a rassegne in Italia (Firenze, Roma, Palermo e Livorno) e<br />

all’estero in Germania e Spagna.<br />

Alessandro Tofanelli è nato a Viareggio nel 1959. Si diploma all’Ist<strong>it</strong>uto d’Arte di Lucca.<br />

Ha vinto numerosi premi e borse di studio e tenuto rassegne e personali in gallerie <strong>it</strong>aliane<br />

e straniere. Da sempre alterna la sua attiv<strong>it</strong>à di p<strong>it</strong>torica a quella di videodocumentarista.<br />

Numerosi soni i suoi lavori trasmessi in RAI. Nel 2005 un suo lungometraggio vince il<br />

Premio speciale della Giuria come regista al Festival di Viareggio.<br />

Stefano Tonelli è nato a Montescudaio nel 1957, vive e lavora tra Montescudaio e Roma.<br />

Tra gli eventi degli ultimi due anni ricordiamo: Sul bordo del buio e della luce, Ulisse<br />

Gallery a Roma; Il r<strong>it</strong>mo del segno, Galleria Fontanella Borghese a Roma; Palindromo<br />

cosmico, Padiglione Italia della LIV Biennale d'Arte di Venezia, <strong>Villa</strong> Bardini a Firenze;<br />

Ricognizione toscana, Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di San Gimignano;<br />

Illuminazioni, Centro Opale a Gallarate; Quadri-art, Galleria Eagl a Berlino.


Vinicio Zapparoli è nato a Sorgà, in provincia di Verona dove intraprende le prime<br />

esperienze artistiche. Gli insegnamenti p<strong>it</strong>torici dell'amico ed artista Luigi Verrini (Bigio)<br />

avranno su di lui grande influenza. Trasfer<strong>it</strong>osi negli anni ’80 in Toscana l'artista assimila<br />

la cultura del luogo che lo osp<strong>it</strong>a e l'argilla, in tutte le sue forme, è alla base delle sue<br />

opere. Accanto all'attiv<strong>it</strong>à p<strong>it</strong>torica, nasce così l'attiv<strong>it</strong>à scultorea. Negli ultimi anni l'artista<br />

accanto alla produzione della ceramica tradizionale si dedica alla ceramica Raku, fonte di<br />

continue sperimentazioni.


Con il Patrocinio di<br />

Con il Patrocinio<br />

della Provincia<br />

QUESTO È IL MIO<br />

FIUME<br />

SUGGESTIONI E MEMORIE DELLA STORIA DELL’ARNO<br />

P<strong>it</strong>tura Fotografia Installazioni<br />

CENTRO ESPOSITIVO VILLA PACCHIANI<br />

Orario di apertura: 16:00 - 19:00. Chiuso il lunedì<br />

Piazza Pier Paolo Pasolini, Santa Croce sull’Arno (Pi)<br />

3-31 Marzo 2012<br />

Comune di Santa Croce sull’Arno<br />

Assessorato alle Pol<strong>it</strong>iche e Ist<strong>it</strong>uzioni Culturali<br />

Circolo Il Grandevetro<br />

<strong>La</strong> S.V. è inv<strong>it</strong>ata<br />

all’inaugurazione della <strong>mostra</strong><br />

Questo è il mio fiume<br />

che avrà luogo sabato 3 marzo 2012<br />

alle ore 17:00 presso il Centro<br />

Espos<strong>it</strong>ivo di <strong>Villa</strong> <strong>Pacchiani</strong><br />

a Santa Croce sull’Arno.


Gi Artisti<br />

in <strong>mostra</strong><br />

Catalogo in <strong>mostra</strong><br />

ANDREA BASTOGI · CLAUDIO BERNARDESCHI · ANTONIO BIANCALANI ·<br />

FEDERICO BIANCALANI · ANTONIO BOBò · RENZO BOLDRINI · CESARE BORSACCHI ·<br />

VALERIO COMPARINI · LORENZO D’ANGIOLO · GÜNTER DOLLHOPF · LUIGI FATICHI ·<br />

STEFANO FICALBI · ROSEMARIE - FINCKH · ORSO ELIA FRONGIA · RENZO GALARDINI ·<br />

DELIO GENNAI · GIANFRANCO GIANNONI · GIORGIO GIOLLI · PIERO GOZZANI ·<br />

GIULIO GRECO · KARL-HEINZ HARTMANN-OELS · BERND KAUTE ·<br />

GIUSEPPE LAMBERTUCCI · PAOLO LAPI · FULVIO LEONCINI · LUCA MACCHI ·<br />

MARIO MADIAI · UGO MAFFI · GIANFALCO MASINI · ROMANO MASONI ·<br />

ANDREA MEINI · SIMONETTA MELANI · TISTA MESCHI · SAURO MORI · MILENA MORIANI ·<br />

MARIAGRAZIA MORINI · LADISLAO NOCENTINI · GIANFRANCO PACINI ·<br />

ANTONIO POSSENTI · PIERLUIGI ROMANI · GIANLUCA SGHERRI · NANDO SNOZZI ·<br />

LEOPOLDO TERRENI · ALESSANDRO TOFANELLI · STEFANO TONELLI · VINICIO ZAPPAROLI<br />

Durante la <strong>mostra</strong> sarà proiettato il film - documentario “L’Arno è anche un fiume”, a cura dell’Associazione VivaVoce


NICOLA MICIELI<br />

Una deriva della memoria lungo e attraverso il fiume<br />

<strong>La</strong> stanza dei barchini, <strong>La</strong> stanza dell’uomo del fiume, <strong>La</strong> stanza degli affetti:<br />

gli sfollati, <strong>La</strong> stanza degli ombrelli neri, <strong>La</strong> stanza degli ex voto, <strong>La</strong> stanza<br />

dell’acqua. Un percorso scand<strong>it</strong>o in sei stanze lungo il fiume, dalle sorgenti<br />

del monte Falterona al mare di Boccadarno, e attraverso il fiume laddove un<br />

luogo, e la sua gente, si specchia e si riconosce nello scorrere placido o<br />

tumultuoso, limpido o torbido delle sue acque, che segnano il senso profondo<br />

di un’appartenenza e il tempo di una storia.<br />

Storia e anche cronaca di v<strong>it</strong>e individuali e storia di lungo corso di una<br />

comun<strong>it</strong>à le cui vicende e intraprese e attiv<strong>it</strong>à, e poi i diporti e non pochi<br />

aspetti della cultura materiale, e lo stesso immaginario così sorgivamente<br />

sollec<strong>it</strong>ato dalle suggestioni dell’ambiente fluviale nella stagione fondativa<br />

dell’infanzia, erano una volta e per più versi legati alla via d’acqua, alle sue<br />

rive sempre animate e ai suoi portati non marginali per l’economia locale.<br />

I bagni e la pesca, i traffici e i commerci, le occupazioni temporanee per<br />

sbarcare il lunario e quelle f<strong>it</strong>tizie degli sfaccendati variamente affidate al<br />

fiume, i provvedimenti necessari a mantenergli la domestic<strong>it</strong>à, a scongiurarne<br />

i capricci e le intemperanze, sembrano appartenere a una remota età oggi<br />

che il corso dell’Arno, per la comun<strong>it</strong>à e le sue pratiche quotidiane, è quasi<br />

solo la componente principale del paesaggio. Un belvedere del terr<strong>it</strong>orio da<br />

conservare in quanto bene ambientale, peraltro portatore di un qualche<br />

disagio. Per esempio le complicazioni alla viabil<strong>it</strong>à, condizione ormai<br />

primaria per il funzionamento dell’economia locale e in defin<strong>it</strong>iva della<br />

nostra v<strong>it</strong>a. <strong>La</strong> quale sembra spalmarsi e annullarsi nella funzione<br />

economica, portatrice essa pure di non pochi guasti e disagi, tuttavia<br />

tollerabili in quanto r<strong>it</strong>enuti necessari.<br />

Con la presenza per lo più silenziosa ma sorniona del fiume, un tempo la<br />

gente aveva un rapporto di confidenza e insieme di timore, diciamo di<br />

rispettosa diffidenza. C’era una sorta di sottaciuta sacral<strong>it</strong>à in quel rapporto,<br />

pagano segno di riconoscimento dello spir<strong>it</strong>o della natura insieme benefica e<br />

terribile. Non a caso, una stazione del viaggio Masoni ha pensato di<br />

consacrarla riproponendo il tributo apotropaico degli ex voto. L’antica pratica<br />

popolare dell’ex voto, nel quale si configura un vero e proprio commercio<br />

con il sacro, è qui decisamente connotata in termini artistici, dunque dalla<br />

sfera delle credenze religiose il dono votivo introduce a quella semantica<br />

della dimensione estetica. Tuttavia si ripropone in forma simbolica una<br />

residuale concezione animistica della natura espressa nelle diverse


esiduale concezione animistica della natura espressa nelle diverse<br />

manifestazioni degli elementi, oltre che degli esseri che la ab<strong>it</strong>ano, e il<br />

fiume rappresenta in modo esemplare le dinamiche interferenti della bio e<br />

della geosfera.<br />

Gli accadimenti connessi al fiume erano un tempo sempre di investimento<br />

collettivo, anche quando interessavano o colpivano la singola persona.<br />

Accadimenti la loro parte luttuosi, ogni volta che le acque magnetizzavano e<br />

risucchiavano melanconie e impront<strong>it</strong>udini nei loro vortici invisibili quanto<br />

insidiosi; oppure quando gonfie e impetuose, straripavano e dilagavano nel<br />

piano, portando la devastazione e la morte, non già – o non più per un<br />

terr<strong>it</strong>orio da secoli fortemente antropizzato – il limo fecondo delle antiche<br />

alluvioni. <strong>La</strong> morte, ad esempio quella degli annegati, è una presenza non<br />

solo simbolica nella vis<strong>it</strong>azione artistica di m<strong>it</strong>i e luoghi e presenze del<br />

fiume.<br />

Stazioni o tappe o soste di ispirata riflessione, sinonimi del fermarsi e dello<br />

stare non indolente o accidioso, ma rigeneratore del flusso del pensiero, e<br />

della visione che ne deriva, Romano Masoni ha chiamato stanze gli approdi<br />

ideali del viaggio lungo e attraverso il fiume della sua infanzia e della sua<br />

v<strong>it</strong>a: l’Arno incrociato a Santa Croce ma “navigato”, a monte e a mare, ben<br />

oltre il terr<strong>it</strong>orio vocato alla mutazione alchemica della pelle in cuoio, che si<br />

pratica nelle concerie. E quanta pluridecennale storia di Santa Croce, del suo<br />

tessuto produttivo e correlate problematiche antropologiche e ambientali, non<br />

si sono consumate avendo il fiume a soggetto centrale del dibatt<strong>it</strong>o pol<strong>it</strong>ico e<br />

culturale? <strong>La</strong> rivista Il Grandevetro che oggi promuove questo viaggio della<br />

deriva memoriale sull’Arno, e il drappello dei SantaCrociati (così nella<br />

ibridazione linguistica e semantica di Gianni Toti) suoi redattori e<br />

collaboratori ad alcuni dei quali – in viaggio ormai verso altri lidi – è<br />

dedicata la rassegna, ha avuto in quel dibatt<strong>it</strong>o un ruolo importante, di<br />

incidenza cr<strong>it</strong>ica e di rilancio propos<strong>it</strong>ivo, attraverso momenti e occasioni di<br />

incontro artistico e culturale sul terr<strong>it</strong>orio e in particolare a <strong>Villa</strong> <strong>Pacchiani</strong>,<br />

allora conquistata alla sua attuale destinazione a spazio espos<strong>it</strong>ivo e<br />

museale.<br />

A <strong>Villa</strong> <strong>Pacchiani</strong> si dipana l’<strong>it</strong>inerario che Romano Masoni ha ideato e<br />

ordinato inv<strong>it</strong>ando quarantacinque artisti a compierlo tratto tratto con lui,<br />

ognuno richiesto quasi sempre di partecipare a più di una stanza. Sulla<br />

navicella multiforme delle arti della visione nella varietà e divers<strong>it</strong>à dei<br />

linguaggi. In sinergia e reciproca frizione espressiva, si alternano dunque e si<br />

sovrappongono o interferiscono nel percorso la p<strong>it</strong>tura, la scultura, la<br />

fotografia, la videoarte, il film, la musica e la installazione, che include le<br />

figure dell’arte oltre che gli oggetti prelevati dal loro amb<strong>it</strong>o d’uso e dislocati


figure dell’arte oltre che gli oggetti prelevati dal loro amb<strong>it</strong>o d’uso e dislocati<br />

nello spazio scenico a testimoniare gli ambienti e le s<strong>it</strong>uazioni concrete alle<br />

quali rimandano. E basti il tipico barchino da padule che al proscenio della<br />

<strong>mostra</strong>, che fa da ideale e non purgatoriale, tanto meno infero, traghetto per<br />

il viaggio della memoria.<br />

Gli interventi sono stati realizzati sull’onda evocativa di un tema senza<br />

dubbio coinvolgente. Ogni operatore non poteva trattarlo se non riandando al<br />

proprio fiume, riappropriandosi d’un proprio vissuto sul movente<br />

dell’occasione espos<strong>it</strong>iva. Intendo riferirmi all’immagine interiorizzata del<br />

fiume, anz<strong>it</strong>utto in quanto archetipo di sedimentazione antropologica. Quindi<br />

quale luogo dell’esperienza soggettiva, spesa tra dilatazione m<strong>it</strong>ica e<br />

immersione fisica nel contesto fluviale. Immagine comunque non<br />

stereotipata, anche nel caso di chi non può vantare un fiume nel proprio<br />

ambiente originario e nel proprio retroterra esistenziale. A cost<strong>it</strong>uire in<br />

ognuno un tenace nucleo di identificazione sono sufficienti anche solo la<br />

sigla visiva, l’immagine evocativa e la risonanza interiore di un fiume di pura<br />

derivazione poetica, ossia consegnato alla topografia dell’immaginario pur se<br />

appartenente alla geografia di un luogo. Poniamo il sassoso Isonzo che scorre<br />

tra le doline, nei Fiumi di Ungaretti soldato sul Carso: il lavacro delle lordure<br />

della guerra, l’urna d’acqua nella quale, immerso, il poeta meglio si è<br />

riconosciuto / una docile fibra / dell’universo, finalmente in armonia.<br />

Nell’Isonzo che come un sasso leviga le sue quattr’ossa, ora ch’è notte, che<br />

la sua v<strong>it</strong>a gli pare una corolla di tenebre (l’albero mutilato, nel paesaggio<br />

squarciato dai cannoni, sta per la fer<strong>it</strong>a dell’animo: È il mio cuore / il paese<br />

più straziato, dirà il poeta poco più avanti, sempre ne Il porto sepolto), si<br />

risolvono i fiumi della sua v<strong>it</strong>a. Ungaretti li enumera per l’inventario<br />

convergente del cuore e della mente. L’aggettivo determinativo “questo” con<br />

cui li introduce, è indice di presenza e di ident<strong>it</strong>à:<br />

Questo è il Serchio / al quale hanno attinto / duemil’anni forse / di gente mia<br />

campagnola / e mio padre e mia madre // Questo è il Nilo / che mi ha visto /<br />

nascere e crescere / e ardere d’inconsapevolezza / nelle estese pianure //<br />

Questa è la Senna / e in quel suo torbido / mi sono rimescolato / e mi sono<br />

conosciuto // Questi sono i miei fiumi / contati nell’Isonzo.<br />

Per Ungaretti nella memoria fluida dei fiumi sono le radici, l’antica<br />

appartenenza, l’avvento al mondo e la dilatazione m<strong>it</strong>ica della scoperta, la<br />

conoscenza di sé e della propria vocazione, nella compless<strong>it</strong>à dell’essere e<br />

nella part<strong>it</strong>ura dissonante della storia. Per noi, nell’alveo dei fiumi<br />

ungarettiani, ecco, scorrono il sentimento del tempo e i depos<strong>it</strong>i degli snodi,<br />

dei passaggi essenziali della v<strong>it</strong>a, dalle scaturigini all’hic et nunc, la<br />

s<strong>it</strong>uazione in atto che proprio nella rilettura compendiaria del passato dichiara


s<strong>it</strong>uazione in atto che proprio nella rilettura compendiaria del passato dichiara<br />

la propria provvisorietà, il lento scivolamento, il r<strong>it</strong>orno alla primarietà degli<br />

elementi. Come dire lo sprofondamento nell’abisso del tempo senza<br />

metronomo, che non ha più misura umana.<br />

Della “sempre rimossa e innominabile Morte” parla qui Marco <strong>La</strong> Rosa, e<br />

aggiunge, con Eugenio Montale, che I grandi fiumi sono l’immagine del tempo.<br />

Così rec<strong>it</strong>a in apertura l’insegna del viaggio ordinato da Romano Masoni. Mi<br />

permetto di precisare che se i “grandi” fiumi danno un’immagine maestosa del<br />

tempo sconfinato, ogni ruscello che scorre tra i sassi e si frange sempre diverso<br />

nell’apparente unic<strong>it</strong>à della figura che lo sguardo percepisce, e allo stesso<br />

modo il flusso e il riflusso delle onde marine <strong>sulla</strong> battigia oppure la danza<br />

linguiforme delle fiamme nel focolare, per chi sosti rap<strong>it</strong>o a osservarne il moto<br />

produce analoghi sprofondamenti, o forse meglio derive nel flusso del tempo,<br />

più assorte e riflessive in quanto non distratte dalla spettacolar<strong>it</strong>à della natura.<br />

Nel suo consumarsi, il tempo annuncia la Fine, l’appuntamento dagli uomini<br />

illusoriamente esorcizzato facendo ricorso a diversi e sofisticati espedienti,<br />

cosmetici e oggimai chirurgici, intus et in cute di quella ungarettiana<br />

“reliquia” che è il corpo. Mappa ideale, direi palinsesto di ogni mutazione, il<br />

corpo attesta la irreversibile nostra corsa verso l’azzeramento del segmento<br />

che ci è dato di percorrere <strong>sulla</strong> linea del tempo, flessa nello spazio/tempo<br />

infin<strong>it</strong>o.<br />

Non ci si può bagnare due volte nella stessa acqua: tutto scorre. Tutto diviene<br />

nel perenne e ciclico ricombinarsi degli elementi di Empedocle, come nel<br />

fiume della v<strong>it</strong>a, e l’argine possibile non è già l’eufemistica a-mortal<strong>it</strong>à pretesa<br />

per via di lifting o di ibernazione, sibbene la durata interiore della memoria.<br />

Lo osserva <strong>La</strong> Rosa nella sua introduzione, e ci rammenta che gli antichi<br />

accred<strong>it</strong>avano Mnemosine, e agivano per averla depos<strong>it</strong>aria, nel tempo, dei<br />

loro nomi e delle loro gesta, ben oltre quel che mostriamo di fare noi<br />

contemporanei. Noi siamo così tenacemente attestati sul presente – le<br />

promesse e le urgenze, le blandizie, persino le angosce del presente – non<br />

solo da compromettere l’ampiezza dello sguardo retrospettivo, che è il senso<br />

della storia, e di quello proiettivo che implica la capac<strong>it</strong>à progettuale del<br />

futuro, ma quel che più conta, da obl<strong>it</strong>erare la cognizione del tempo come<br />

durata di modulazione interiore. Il tempo è dimensione dell’animo, diceva<br />

Agostino, il santo autore delle Confessioni. Dunque un continuum dal passato<br />

al presente al futuro, nel depos<strong>it</strong>o della memoria collettiva, oltre la soglia<br />

della nostra permanenza individuale <strong>sulla</strong> terra, come già la “memoria”<br />

genetica per la nostra durata biologica.<br />

Sulla scia dei fiumi di Ungaretti – l’intestazione Questo è il mio fiume del<br />

viaggio qui documentato pare proprio una c<strong>it</strong>azione ungarettiana – voglio


viaggio qui documentato pare proprio una c<strong>it</strong>azione ungarettiana – voglio<br />

dunque pensare che Romano Masoni intendesse riferirsi alla stanza in<br />

accezione anz<strong>it</strong>utto poetica, come scansione di un percorso giocato<br />

privilegiando le susc<strong>it</strong>azioni emozionali e memoriali, mentre prefigurava la<br />

possibile distribuzione dei “materiali” artistici al fiume ispirati, nelle stanze di<br />

<strong>Villa</strong> <strong>Pacchiani</strong>, la galleria comunale che sta in argine d’Arno a Santa Croce e<br />

qui, sul fiume, non solo metaforicamente funge da osservatorio e da approdo.<br />

Sei Stanze o stazioni o soste, dunque, per raccontare l’Arno, per dire di una<br />

liquid<strong>it</strong>à, di un fluire che è sinonimo del tempo. Per dirlo poeticamente e per<br />

documenti, quale il film <strong>sulla</strong> alluvione del ’66 con le musiche di Luciano<br />

Berio, comunque assunti in funzione non didascalica ma espressiva. Nella<br />

part<strong>it</strong>ura di <strong>Villa</strong> <strong>Pacchiani</strong> la stasi e il flusso qualificano le due linee o livelli<br />

del racconto che si svolgono in parallelo, e intercambiabili: la sincronica della<br />

sosta, del fermo immagine per il viaggio in profond<strong>it</strong>à nella singola opera, e la<br />

diacronica della concatenazione in <strong>it</strong>inere di un’opera all’altra, sia<br />

nell’articolazione delle singole stanze, sia nella correlazione tra le stanze. Sul<br />

piano diacronico, la concatenazione nel tempo e nello spazio si apre con Il<br />

viaggio, <strong>it</strong>inerario lungo il corso dell’Arno diviso in tratti ognuno assegnato a<br />

un p<strong>it</strong>tore.<br />

A modo di introduzione, tre momenti di ispirata riflessione. Anz<strong>it</strong>utto L’ignoto<br />

di Valerio Vallini, poesia di un misterioso “passaggio”, un’apparizione che<br />

controsole si allontana sino a dissolversi nell’ampio invaso di golena. Quindi<br />

Copula (l’erba dell’Arno) di Luigi Fatichi, sottile scr<strong>it</strong>tura grafo-p<strong>it</strong>torica d’erba<br />

fluttuante e di luce radiante, che nell’evidenza e nella esatta bellezza del<br />

rimando alla fotosintesi, rammemora l’essenza v<strong>it</strong>ale del fiume. Infine il<br />

grandioso barcone arenato in un fondale, stracarico di olle, tela di 2x4,35<br />

metri dipinta e variamente assemblata con sabbie e frammenti di coccio da<br />

Bernd Kaute nel 1993. Persino nella tipologia del naviglio oltre che del carico,<br />

quest’opera sembra anticipare le navi romane da alcuni anni diseppell<strong>it</strong>e<br />

lungo l’Arno pisano, e sul tema della memoria fluviale e marinara delle civiltà<br />

med<strong>it</strong>erranee, l’artista tedesco stava lavorando, per il cost<strong>it</strong>uendo Museo delle<br />

Navi Romane, quando fu chiamato al viaggio oltre il confine del suo tempo<br />

fisico.<br />

Una “striscia” o film in diciassette inquadrature oblunghe, formato 20x100, si<br />

svolge di stanza in stanza, soluzione di continu<strong>it</strong>à degli altri interventi. Aprono<br />

e chiudono la striscia due tavole 100x100 di Antonio Possenti. Nella diacronia<br />

del percorso cost<strong>it</strong>uiscono momenti sincronici di sosta e lettura stratigrafica<br />

dell’immagine, recuperando alla superficie i nuclei figurali e simbolici<br />

sommersi. Si tratta de <strong>La</strong> sorgente e <strong>La</strong> foce: la linea del tempo dalla nasc<strong>it</strong>a<br />

alla morte che ha qui l’estensione versicolore dell’arcobaleno, per come


alla morte che ha qui l’estensione versicolore dell’arcobaleno, per come<br />

Possenti introduce in chiave immaginativa le favole e i m<strong>it</strong>i silvani e montani<br />

delle scaturigi e quelli marini del deflusso verso un’altra condizione. Due<br />

mondi, dal monte al mare, si congiungono nella circolar<strong>it</strong>à di percorso<br />

dell’acqua che nel bacino del mare si farà nuvola e pioggia per tornare<br />

sorgente ancora generatrice del fiume. E intanto ab<strong>it</strong>ano la sorgente e la foce,<br />

con straordinario sincretismo culturale, creature sia della realtà sia del sogno<br />

coinvolte in s<strong>it</strong>uazioni nelle quali riconosci un campionario delle umane<br />

inclinazioni e att<strong>it</strong>udini del cuore e della mente, <strong>sulla</strong> mutevole lunghezza<br />

d’onda della storia e della v<strong>it</strong>a e su quella non meno varia<br />

dell’immaginazione che prefigura dimensioni altre della realtà. Ad apertura<br />

del viaggio ancora fuori misura, tre tavole 20x20. Le potremmo dire dedicate<br />

all’Arno bambino, da un p<strong>it</strong>tore dodicenne di grande sensibil<strong>it</strong>à e non nuovo<br />

allo splendore espressivo della p<strong>it</strong>tura. Orso Elia Frongia frequenta a Pignano<br />

di Volterra la “Scuola della Natura” e ha dipinto con incantevole simbolismo<br />

naturale, appunto, nella sintesi della forma primaria, Il Monte e l’acqua, Il<br />

discorso della montagna, Nube tossica sul Falterona, opere nelle quali<br />

intu<strong>it</strong>ivamente coglie alla scaturigine del fiume tre aspetti essenziali della<br />

nostra tematica: la purezza delle origini, la sacral<strong>it</strong>à del luogo, la<br />

perturbazione che l’uomo provoca nell’equilibrio del delicato sistema della<br />

natura.<br />

Quindi le diciassette inquadrature ideali di altrettanti tratti del percorso<br />

dell’Arno, un ricco ventaglio di declinazioni del linguaggio p<strong>it</strong>torico e figurale,<br />

lo sguardo ora spiegato a volo d’uccello sul paesaggio fluviale o in carrellata<br />

lungo sponde e spallette, ora radente a pelo d’acqua o addir<strong>it</strong>tura calato in<br />

immersione nella corrente. Si riconoscono i luoghi, in panoramica o in<br />

parziale, nelle opere di impasto denso di Antonio Biancalani e Luca Macchi;<br />

in quella anal<strong>it</strong>ica della riva alle Cascine di <strong>La</strong>dislao Nocentini; nella fuga in<br />

dissolvenza di Andrea Meini; nella visione romantica dell’Arno verso<br />

Navacchio sugger<strong>it</strong>a a Giuseppe <strong>La</strong>mbertucci da Mescola l’acqua e la favilla il<br />

vento di Bigongiari, e per il tratto pisano sino al mare; nell’immagine da<br />

predella prim<strong>it</strong>iva di Paolo <strong>La</strong>pi L’Arno a Ponte di Mezzo e, a chiusura,<br />

nell’Ultima neve a Boccadarno di Alessandro Tofanelli, che ripropone in n<strong>it</strong>ida<br />

visione lo slargo del fiume a mare, con il magico sfondo delle Alpi Apuane<br />

che già incantò Nino Costa. Decisamente risolte in chiave fantastica sono:<br />

l’incantevole tavola come miniata, popolata di lillipuziane figure di bagnanti<br />

e pescatori di Renzo Galardini, Da Subbiano ad Arezzo; lo scorcio di giardino<br />

fior<strong>it</strong>o di Franco Giannoni e la Processione di San Ranieri nel singolare<br />

“graff<strong>it</strong>o” di Lorenzo Terreni, al quale fanno eco, tra leggenda e storia, le<br />

trinate, goticamente pisane Navi kufiche solcano l’Arno di Delio Gennai.


trinate, goticamente pisane Navi kufiche solcano l’Arno di Delio Gennai.<br />

Rasentano invece l’astrazione il gioco dei puri riflessi nella tavola di Stefano<br />

Ficalbi; la radiografica immersione dello sguardo nel fiume di Giorgio Giolli; i<br />

segni, le forme e le scie delle cose e delle luci Lungo il fiume di Gianluca<br />

Sgherri; il trascorrere che direi astrale degli stecchi colorati nella tavola di<br />

Gianfranco Pacini. Mentre un particolare carattere cartografico, facendo<br />

emergere per riporto fotografico scorci urbani attestati lungo il corso dell’Arno,<br />

hanno le opere di Fulvio Leoncini e di Valerio Comparini, ai quali si devono<br />

anche due belle versioni dell’ex voto.<br />

Prosegue il viaggio nella sequenza delle immagini oblunghe, ma di taglio<br />

verticale, degli affogati e dei tuffatori, la duplice versione del viaggio in<br />

immersione che sa di tragedia e di festa, di fluida partecipazione al moto<br />

v<strong>it</strong>ale dell’acqua e di inesorabile attrazione e annichilimento del vortice. Da<br />

eccezione in dismisura rispetto alle tavole 185x45 centimetri di questa<br />

sezione, la estesa Nave della v<strong>it</strong>a di Milena Moriani, declinazione in grigio<br />

del trascorrere assorto di familiari presenze e oggetti della quotidian<strong>it</strong>à nella<br />

liquid<strong>it</strong>à della materia p<strong>it</strong>torica e del tempo.<br />

In questa Stanza distribu<strong>it</strong>a per isole nel percorso, il ventaglio delle forme<br />

linguistiche e delle soluzioni visive adottate per esemplicare le angolazioni<br />

degli accessi in acqua, per così dire, trattandosi di tuffatori, o della “discesa”<br />

nell’imo degli annegati, è davvero f<strong>it</strong>to e difficile da rest<strong>it</strong>uire nella brev<strong>it</strong>à del<br />

discorso cr<strong>it</strong>ico. Si va dal vettore di luce che collega l’icona memoriale<br />

esterna e il corpo immerso dell’affogato di Fulvio Leoncini che Scivolò nel<br />

fiume a primavera, come la Marinella di De André; al fascio delle fibre di luce<br />

che investono L’affogato di Lorenzo D’Angiolo; alla materica rifrazione di luce<br />

lunare nel corpo dell’affogato di Giulio Greco, il t<strong>it</strong>olo della cui opera<br />

poeticamente rec<strong>it</strong>a Al cuore vacante non fu arca la luna. Alla brutalista<br />

rigid<strong>it</strong>à de L’Affogato al quale Nando Snozzi fa corrispondere l’antagonista,<br />

giustapposta figura de L’affogatore, fanno eco il gioco tragico di<br />

scomposizione figurale di Andrea Meini, nella Mossa del matto affogato, e la<br />

stratigrafica successione dei piani fluidi nel Cane affogato di Ugo Maffi.<br />

A propos<strong>it</strong>o di stratigrafia sia subacquea sia di passaggio graduato dall’emerso<br />

al sommerso, ricordo anz<strong>it</strong>utto il bellisso taglio del paesaggo in verticale di<br />

Tisca Meschi, attraversato dalla gialla estensione del cielo, tra il fronte delle<br />

nuvole scure in alto e l’acqua bigia del fiume in basso. Ricordo ancora, ma in<br />

andamento rovesciato, le figure in emersione di Antonio Bobò nel suo<br />

Dall’Arno volano gli Angeli, cui corrisponde un’opera testimone della bella<br />

impresa incisoria Sull’Arno incisa una Nuvolanera, da lui condotta a sei mani<br />

con Romano Masoni e Ivo Lombardi. Quindi la memoria in sequenza<br />

fotografica dei tuffi a San Rossore di Cesare Borsacchi; la tavola solare dei


fotografica dei tuffi a San Rossore di Cesare Borsacchi; la tavola solare dei<br />

Tuffatori alla Capanna di Manni di Gianfalco Masini; l’altra sequenza o<br />

montaggio a tarsia fotografica dei Tuffatori di Mario Madiai; l’intenso olio su<br />

piombo di Romano Masoni dedicata a Ferdinando Costagli, rosea speranza<br />

dell’arte, tragicamente annegato nelle acque dell’Arno nel 1899 a Santacroce<br />

e, per analogia di referenza estetica, ancora Alessandro Tofanelli con una<br />

singolare versione di Ofelia ne Il sogno dell’affogata.<br />

In alterno profilarsi di tuffatori e affogati o annegati, ricordo ancora la<br />

compenetrazione cromatica del corpo de Il tuffatore di <strong>La</strong>mbertucci nello<br />

spumoso azzurro dell’acqua, e quella in rosso e giallo del corpo in discesa ne<br />

Il tuffatore di Biancalani; gli ingorghi dei segni e della materia ne Gli annegati<br />

di Giolli e nel R<strong>it</strong>rovamento. Stia, novembre 1938, vorticistica pagina di<br />

cronaca di Pierluigi Romani; la straniante oggettiv<strong>it</strong>à del parziale di mano<br />

allamata di Giannoni; lo sciabordio dell’acqua ag<strong>it</strong>ata che muove e scompone<br />

la forma in Verso il mare di Piero Gozzani; la visione spettacolare<br />

dell’immersione di simulacri corporali in Sotto l’acqua di Galardini e, a<br />

conclusione, due immagini consacrate all’immersione e al volo del poeta: la<br />

candida leggera visione angelica de Il poeta è un tuffatore di Stefano Tonelli e<br />

la riduzione in essenza e quasi reliquia spir<strong>it</strong>ualizzata del corpo, nell’opera<br />

Senza t<strong>it</strong>olo del maestro tedesto Karl-Heinz Hartmann-Oels.<br />

Il passaggio dai tuffatori e affogati alla terza stanza fotografica dedicata a<br />

Giuliano Gozzini, L’uomo del fiume, conviene affidarlo alle parole di Romano<br />

Masoni, il quale in questa sezione, ove compare anche una bellissima<br />

Allegoria dell’Arno in ceramica Raku di Vinicio Zapparoli, dedica alla<br />

memoria di Giuliano due polimateriche visioni di “erranze”, la prima, Un po’<br />

errante, esegu<strong>it</strong>a a quattro mani con Günther Dollhopf, e del maestro tedesco<br />

Masoni ha inser<strong>it</strong>o nelle intestazioni delle stanze, numerosi frammenti<br />

cartacei dipinti, sorta di cifrati biglietti visivi sped<strong>it</strong>i da Oltralpe. Ascoltiamo<br />

Romano intervistato da Ilaria Mariotti: « ... Ho iniziato ad avere una visione<br />

più cupa del fiume quando ho conosciuto Giuliano, il pescatore, il barcaiolo,<br />

l’uomo del fiume. Era lui che chiamavano per andare a recuperare i corpi<br />

degli annegati. Giuliano cantava in cantilena tutti i nomi dei morti annegati ...<br />

Giuliano era un uomo particolare, piccolo di statura, viveva spesso in barca,<br />

conosceva l’Arno, lo navigava. Nei tre mesi precedenti alla sua morte il suo<br />

laboratorio rimase chiuso. Ma infilate nel chiavistello che sbarrava la porta<br />

trovavo foglie di v<strong>it</strong>e, di fico e pannocchie. Ho sempre pensato che fosse lui a<br />

lasciarmele come segnali ... ».<br />

Il fiume, ecco, è l’uomo che lo vive ed è il luogo del tempo che scorre verso<br />

la morte. <strong>La</strong> stanza degli Ombrelli neri, la grande installazione realizzata da<br />

Romano Masoni e Antonio Bobò con gli ombrelli e i libri gualc<strong>it</strong>i e deformati


Romano Masoni e Antonio Bobò con gli ombrelli e i libri gualc<strong>it</strong>i e deformati<br />

dall’acqua, che rimandano alla gigantografia dell’alluvione del ’66 e al<br />

ricordato film musicato da Berio, è appunto la visione e la riflessione <strong>sulla</strong><br />

forza oscura e incontenibile del fiume. Si aggiungono a ulteriore commento<br />

memoriale sul tema degli Sfollati, le “reliquie” de Il luogo degli affetti di<br />

Masoni, il materico Materasso che Antonio Biancalani trasforma,<br />

solidificandolo, in monumentale documento del vissuto tragico, e la Stultiphera<br />

navis di Federico Biancalani, che veleggia quale onda in acciaio armonico<br />

verso una speranza di possibile resurrezione.<br />

E siamo alla Stanza degli ex voto, della quale abbiamo parlato come del luogo<br />

in cui si celebra il rapporto animistico con lo spir<strong>it</strong>o della natura, e la sacral<strong>it</strong>à<br />

pagana che gli corrisponde. Nomino qui solo le opere degli artisti non prima<br />

incontrati nel nostro rapido <strong>it</strong>inerario. A cominciare da L’angelo della Pescaia<br />

di Simonetta Melani, che mi pare d’una struggente carica emozionale, certo<br />

la più intensa qui registrata. Ad essa fanno segu<strong>it</strong>o il visibile intervento<br />

salvifico di una verde mano (santo o divin<strong>it</strong>à fluviale?) in Per grazia ricevuta a<br />

me stesso di Sauro Mori; la duplice luminosa versione salvifica degli Ex voto di<br />

Rose Marie Finckh e le visioni di più controllata elaborazione formale, dunque<br />

concettualizzate, Nostra Signora delle acque di Maria Grazia Morini, Ex voto<br />

di Claudio Bernardeschi.<br />

E siamo alla Stanza dell’acqua, che propone i Brindisi al fiume in cinque<br />

movimenti: la sorgente, specchio dei miei sogni, il fiume fa boom, il bicchiere<br />

della staffa, la foce, opera video del fotografo e filmaker Andrea Bastogi e di<br />

Renzo Boldrini, fondatore di Giallo Minimal Teatro.<br />

«Le quattro pareti appaiono come un grande schermo circolare e fluttuante,<br />

una sorta di liquido amniotico regressivo dove tutto affonda, infanzia, giochi<br />

con la rena, tragedie, memorie lontanissime, e poi si mescola con l’Arno che<br />

cresce e con i turbamenti e i primi allarmi di quel tragico 4 novembre 1966.<br />

Una storia scr<strong>it</strong>ta sull’acqua e con l’acqua». Così scriveva Romano Masoni di<br />

questa stanza contigua a quella degli ex voto, riepilogando il senso del suo<br />

progetto. E bastano le sue parole a congedarci da Questo è il mio fiume: il<br />

fiume di Romano, ma anche nostro.


Ilaria Mariotti<br />

Dalle immagini ai fatti (o forse no) e r<strong>it</strong>orno<br />

I grandi fiumi sono l'immagine del tempo,<br />

crudele e impersonale. Osservati da un ponte<br />

dichiarano la loro null<strong>it</strong>à inesorabile.<br />

Eugenio Montale, L'Arno a Rovezzano, vv. 1-3<br />

Il viaggio del fiume, dalla sorgente alla foce, dal monte Falterona fino a Bocca d'Arno, è<br />

scand<strong>it</strong>o nella <strong>mostra</strong> in un prologo e sette tappe ideali: L'inizio. L'Arno dalla sorgente al<br />

fiume; <strong>La</strong> stanza dei barchini; <strong>La</strong> stanza dell'uomo del fiume; <strong>La</strong> stanza degli affetti: gli<br />

sfollati; <strong>La</strong> stanza degli ombrelli neri; <strong>La</strong> stanza degli Ex voto; la Stanza dell'acqua; L'Arno<br />

è anche un fiume.<br />

Persone, cose e avvenimenti sviluppano evocativamente e narrativamente questa<br />

metafora della v<strong>it</strong>a o delle v<strong>it</strong>e che dalle sue sponde si raggruppano a cost<strong>it</strong>uire nodi<br />

immaginari sugger<strong>it</strong>i da racconti, fatti, immagini fotografiche che hanno segnato, a<br />

posteriori, la trasmissione di un ricordo. Nei tempi e nello spazio.<br />

Il fiume scorre di fronte a chi lo ha guardato con occhi di desiderio, pieni di promesse, di<br />

spavento. Scorre di fronte a uman<strong>it</strong>à sol<strong>it</strong>arie e collettive, a chi si è stretto nel lutto<br />

personale per chi vi è annegato, a chi ha pianto la perd<strong>it</strong>a di cose alluvionate. A chi si è<br />

stretto attorno al fiume e a chi, dal fiume, si è allontanato. A chi, grazie al fiume, ha<br />

lavorato, si è nutr<strong>it</strong>o, si è lavato, ha giocato.<br />

Incontro Romano Masoni, artista che da sempre ha vissuto a Santa Croce, membro de “Il<br />

Grande Vetro” che cura l'idea e l'allestimento della <strong>mostra</strong>. Romano che lavora sui temi<br />

della memoria e della trasmissione del ricordo.<br />

Romano, come te la immaginavi da bambino il luogo di origine del fiume?<br />

<strong>La</strong> sorgente del fiume era una sorta di luogo arcaico, un luogo ideale da cui nascevano i<br />

sogni, un luogo dove tutto poteva accadere. Il fiume attraversava le nostre v<strong>it</strong>e e, come<br />

un'arteria, le alimentava: sul fiume ci si giocava, vicino al fiume facevi merenda, nel fiume<br />

si faceva il bagno. Gli operai delle concerie, nei mesi di luglio e agosto, scendevano al<br />

fiume con gli zoccoli e gli asciugamani per lavarsi. Nel fiume ci pescavi. Da ragazzi sul<br />

fiume ci si andava a fare l'amore.


Fino agli anni Settanta le donne ci lavavano i panni, in Arno. Tutti andavano in barca, tutti<br />

andavano a pescare. <strong>La</strong> mia non è una visione nostalgica ma quelle di cui parlo sono<br />

state e sono emozioni vere, immagini che conservo vive ancora oggi. Ho iniziato ad avere<br />

una visione più cupa del fiume quando ho conosciuto Giuliano, il pescatore, il barcaiolo,<br />

l'uomo del fiume. Era lui che chiamavano per andare a recuperare i corpi degli annegati.<br />

Giuliano cantava in cantilena tutti i nomi dei morti annegati.<br />

E di annegati ce n'erano: non solo suicidi ma, più spesso, v<strong>it</strong>time di incidenti. C'era una<br />

zona d'Arno, i Puntoni, dove a luglio si formavano delle grosse buche sul fondo. Lì la<br />

gente annegava spesso.<br />

Giuliano il Nanino, l'uomo del fiume, il pescatore. Come lo hai conosciuto?<br />

Giuliano Gozzini era figlio di pescatori d'Arno. Anche lui era pescatore e, forgiatore<br />

d'acciaio, fabbricava forbici per le concerie. Aveva casa al Quartier cinese e davanti al mio<br />

studio c'era il suo laboratorio. Giuliano era un uomo particolare, piccolo di statura, viveva<br />

spesso in barca, conosceva l'Arno, lo navigava.<br />

Nei tre mesi precedenti alla sua morte il suo laboratorio rimase chiuso. Ma infilate nel<br />

chiavistello che sbarrava la porta trovavo foglie di v<strong>it</strong>e, di fico e pannocchie. Ho sempre<br />

pensato che fosse lui a lasciarmele come segnali: lui che registrava e dettava tempi e<br />

stagioni, dava un segno della sua presenza malgrado la sua assenza. E lo faceva<br />

attraverso ciò che conosceva e con cui era in armonia: la natura.<br />

Giuliano era appassionato di p<strong>it</strong>tura. Dei macchiaioli diceva che era facile fare il pino con<br />

una macchia ma che il difficile era fare tutti gli aghi del pino. Una volta mi chiese di portarlo<br />

a Firenze allo Studio Simi, la scuola di p<strong>it</strong>tura che frequentavo all'epoca, e, per gioco, lo<br />

presentai come un grande artista. Lui aveva un pacco di sue fotografie che iniziò a<br />

distribuire agli allievi (vi erano molte donne americane). Giuliano raccontava di avere<br />

avuto incontri ravvicinati. Una volta, di notte, era stato svegliato dalle voci che lo<br />

chiamavano. Si era infilato un paio di stivali e aveva segu<strong>it</strong>o quelle voci, fino ad un luogo<br />

di cui non mi ha mai detto. Nell'incontro gli stivali si bruciarono. Li mise sotto teca.<br />

Giuliano il Nanino viaggiava con il cane più grande del mondo, enorme, e con due merli<br />

che gli volteggiavano attorno e poi si appollaiavano sulle sue spalle.<br />

Giuliano veniva in studio e guardava i mie lavori: non mi ha mai detto nulla.<br />

Come si è modificato il rapporto della comun<strong>it</strong>à con il fiume?


Il rapporto con l'Arno oggi non esiste più. Il fiume, inquinato e non più pescoso, fu<br />

abbandonato progressivamente. Forse l'alluvione fu l'ultima drammatica occasione di<br />

vicinanza e contatto. Alla civiltà contadina che il fiume ha fer<strong>it</strong>o con l'alluvione è dedicata<br />

la stanza degli sfollati (o luogo degli affetti).<br />

C'è un'immagine del fiume di cui conservi un ricordo speciale?<br />

Il viaggio con Giuliano in barca durante una piena ha cambiato la mia percezione del<br />

fiume. Durante quella g<strong>it</strong>a si esplorò un Arno che non conoscevo. Con Giuliano ho<br />

scoperto un Arno diverso.<br />

Che scelte sono state operate nell'inv<strong>it</strong>are gli artisti a partecipare alla <strong>mostra</strong>?<br />

Ho iniziato con gli artisti che, da un punto di v<strong>it</strong>a biografico, hanno un rapporto con il fiume.<br />

Molti di loro hanno realizzato i lavori appos<strong>it</strong>amente per la <strong>mostra</strong>. Ho poi scelto una serie<br />

di opere che conoscevo e che tematicamente mi sembravano perfette per costruire il<br />

percorso, il viaggio dell'Arno. In tutto gli artisti sono 46 a fronte di 46 inv<strong>it</strong>i. Nessuno mi ha<br />

detto no. Ci tengo a ringraziare tutti loro per l'adesione incondizionata e per la generos<strong>it</strong>à<br />

con cui hanno risposto all'inv<strong>it</strong>o.<br />

sul fiume, <strong>Villa</strong> <strong>Pacchiani</strong>, Santa Croce sull'Arno, 10 febbraio 2012


Marco <strong>La</strong> Rosa<br />

Il Tempo è il vero mistero, insieme al fatto che qualcosa esista. Perché l’Essere e non il<br />

Nulla? Questa è la prima domanda. E perché, visto che qualcosa c’è, scorre nel Tempo?<br />

Qualcuno ha tentato di negare che il Tempo ci fosse, ma oramai, da che sappiamo che<br />

anche la Galassia ruota attorno a se stessa, che anche l’Universo si espande, dobbiamo<br />

rassegnarci. Le stelle fisse fisse non sono; Eracl<strong>it</strong>o aveva ragione: tutto scorre.<br />

“I grandi fiumi sono l’immagine del tempo” è il primo verso di una poesia di Montale<br />

pervasa da un senso di pessimismo cosmico per la natura e il destino dell’uomo. E come<br />

non convenire con uno dei nostri massimi poeti quando, nel segu<strong>it</strong>o, scrive “[…] l’acqua<br />

come noi pensa se stessa / prima di farsi vortice e rapina.”<br />

Non possiamo nascondercelo: il Tempo si porta dietro la Fine. <strong>La</strong> Fine di ogni cosa, ma,<br />

soprattutto, la nostra fine personale, la sempre rimossa e innominabile Morte.<br />

L’uman<strong>it</strong>à ha approntato tutta una serie di strumenti per combattere l’estrema nemica,<br />

rifiutandosi di invecchiare. Chi si imbelletta. Chi si tinge i capelli o si mette vistosi e ridicoli<br />

parrucchini. Chi si spiana le rughe con il botulino. Chi si inietta nelle labbra abbondanti<br />

quant<strong>it</strong>ativi di silicone. Chi usa protesi per tette e natiche. E poi diete, body building,<br />

beauty farms, add<strong>it</strong>ivi. Ammettiamolo: trucchi penosi.<br />

Viene allora la tentazione un po’ fatalista di abbandonarsi al flusso del Tempo, all’Entropia,<br />

a questa terribile funzione di stato che ci assicura che, se le cose stanno così, se le leggi<br />

della termodinamica sono applicabili all’intero Universo, ci sarà davvero un momento di<br />

quiete e di omogene<strong>it</strong>à, alla fine di tutto. Qualcuno spera che l’Universo avrà come un<br />

brivido e finirà per contrarsi, per ricominciare fra miliardi e miliardi di anni. Chissà.<br />

Ma senza aspettare così tanto, anche stando al piccolo intervallo che ci è dato passare su<br />

questo pianeta, un rimedio ci resta per combattere il Tempo, ed è la Memoria. Gli antichi si<br />

sacrificavano addir<strong>it</strong>tura in gesta gloriose, perché fossero cantate dai poeti e il loro nome<br />

fosse ricordato nei millenni a venire. Noi, più modestamente, ci accontentiamo di essere<br />

ricordati dai figli, dai nipoti, dagli amici, dalla generazione che ci seguirà.<br />

Lo strumento della Memoria è la narrazione. Per secoli tutto è stato tramandato oralmente,<br />

in versi, scandendo il r<strong>it</strong>mo con il pulsare dei piedi per terra. Poi la scr<strong>it</strong>tura. Ma anche le<br />

arti figurative hanno avuto all’inizio un intento soprattutto narrativo. Non me ne vogliano<br />

anche gli informali più rigorosi, ma almeno io, quando percorro con lo sguardo una tela,<br />

proprio in quel percorso mi faccio una storia. E una storia, ogni storia, semplice, tortuosa,<br />

scoperta, simbolica, chiusa, aperta, felice, dolorosa, razionale, assurda, lunga, breve,


ealistica, fantastica è sempre una storia. Si tratta, cioè, di un racconto costru<strong>it</strong>o o<br />

aggiustato da un narratore, anche se sta riferendo fatti realmente accaduti, e quindi di un<br />

medicamento contro i guasti del Tempo.<br />

Proprio quello che a più mani, con gli arnesi della p<strong>it</strong>tura, della scultura, del teatro e del<br />

cinema abbiamo cercato di fare in questa <strong>mostra</strong>.


Presentazione al catalogo della <strong>mostra</strong> “Questo è il mio fiume”<br />

Come potrà vedere chi avrà il piacere di vis<strong>it</strong>are questa <strong>mostra</strong>, il luogo espos<strong>it</strong>ivo di <strong>Villa</strong><br />

<strong>Pacchiani</strong> è nato proprio <strong>sulla</strong> sponda del fiume Arno e ci piace pensare che “Questo è il<br />

mio fiume” sia stato anche il pensiero di chi quel luogo ha voluto costruire qui, e non<br />

altrove.<br />

Conoscendo il gruppo che da molti anni anima il Grandevetro, sappiamo che anche per<br />

ognuno di loro “Questo è il mio fiume” esprime il senso di appartenenza ed identificazione<br />

con l’Arno che scorre nel nostro Comune e da cui prendiamo una parte del nome della<br />

nostra c<strong>it</strong>tadina. Ed il fiume, questo fiume, è un’importante fonte di ispirazione per Romano<br />

Masoni, curatore di questa <strong>mostra</strong>, e per gli artisti che con lui hanno partecipato alla<br />

progettazione del percorso espos<strong>it</strong>ivo.<br />

Pensiamo alla cultura come ad una serie di azioni sostenibili che siano in grado di avere<br />

senso e significato per la comun<strong>it</strong>à a cui vengono proposte, e questo è senza dubbio il<br />

principale valore che l’Amministrazione comunale ha immediatamente riconosciuto nella<br />

proposta del Grandevetro.<br />

Ci sono però anche altri significati che r<strong>it</strong>eniamo di volere esplic<strong>it</strong>are. <strong>La</strong> storia di <strong>Villa</strong><br />

<strong>Pacchiani</strong> è anche parte della storia artistica e personale di Romano e dei gruppi di artisti<br />

con cui ha condiviso i suoi percorsi, ed è parte della storia di questa comun<strong>it</strong>à. Una storia<br />

che ha attraversato fasi differenziate: l’esplorazione, la realizzazione, il radicamento, i<br />

confl<strong>it</strong>ti, lo sradicamento, il riavvicinamento, nuovi progetti e nuove esplorazioni. Questa<br />

storia rappresenta, ai nostri occhi, la v<strong>it</strong>a; giacché la v<strong>it</strong>a vera, quella vissuta, è fatta di<br />

tutte queste cose e tutte hanno valore perché ognuna di queste fasi, nessuna esclusa,<br />

testimonia, da qualunque parte la si guardi, l’interesse per questo luogo e per quello che si<br />

intende farne.<br />

Questa <strong>mostra</strong> racchiude in sé anche la volontà di coltivare la memoria, in questo caso la<br />

memoria “così lontana e così vicina” dell’alluvione del 1966 e di tutto quello che essa ha<br />

significato per i luoghi colp<strong>it</strong>i e per l’intero nostro Paese che anche in quell’occasione, nei<br />

momenti più duri dell’emergenza, ha <strong>mostra</strong>to il meglio di sé in termini di generos<strong>it</strong>à, di<br />

amore e di solidarietà.<br />

<strong>La</strong> memoria che la <strong>mostra</strong> attiva non è solo quella dei grandi eventi che, in quanto tali,<br />

sono parte della storia nazionale. Le sue immagini, le sue fotografie rievocano “fatti” di<br />

paese e di tragedie individuali concrete, giacché, le storie e le tragedie che hanno<br />

riguardato i nostri conc<strong>it</strong>tadini sono patrimonio storico della nostra intera comun<strong>it</strong>à, come


quella di Giuliano, detto il Nanino, che anima questa <strong>mostra</strong>, e che ci accompagna da<br />

generazioni attraverso il racconto ed il ricordo.<br />

Il Sindaco,<br />

Osvaldo Ciaponi<br />

L’Assessore alle Pol<strong>it</strong>iche ed Ist<strong>it</strong>uzioni Culturali,<br />

Mariangela Bucci.

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