La cartella stampa sulla mostra a Villa Pacchiani - Gonews.it
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viaggio qui documentato pare proprio una c<strong>it</strong>azione ungarettiana – voglio<br />
dunque pensare che Romano Masoni intendesse riferirsi alla stanza in<br />
accezione anz<strong>it</strong>utto poetica, come scansione di un percorso giocato<br />
privilegiando le susc<strong>it</strong>azioni emozionali e memoriali, mentre prefigurava la<br />
possibile distribuzione dei “materiali” artistici al fiume ispirati, nelle stanze di<br />
<strong>Villa</strong> <strong>Pacchiani</strong>, la galleria comunale che sta in argine d’Arno a Santa Croce e<br />
qui, sul fiume, non solo metaforicamente funge da osservatorio e da approdo.<br />
Sei Stanze o stazioni o soste, dunque, per raccontare l’Arno, per dire di una<br />
liquid<strong>it</strong>à, di un fluire che è sinonimo del tempo. Per dirlo poeticamente e per<br />
documenti, quale il film <strong>sulla</strong> alluvione del ’66 con le musiche di Luciano<br />
Berio, comunque assunti in funzione non didascalica ma espressiva. Nella<br />
part<strong>it</strong>ura di <strong>Villa</strong> <strong>Pacchiani</strong> la stasi e il flusso qualificano le due linee o livelli<br />
del racconto che si svolgono in parallelo, e intercambiabili: la sincronica della<br />
sosta, del fermo immagine per il viaggio in profond<strong>it</strong>à nella singola opera, e la<br />
diacronica della concatenazione in <strong>it</strong>inere di un’opera all’altra, sia<br />
nell’articolazione delle singole stanze, sia nella correlazione tra le stanze. Sul<br />
piano diacronico, la concatenazione nel tempo e nello spazio si apre con Il<br />
viaggio, <strong>it</strong>inerario lungo il corso dell’Arno diviso in tratti ognuno assegnato a<br />
un p<strong>it</strong>tore.<br />
A modo di introduzione, tre momenti di ispirata riflessione. Anz<strong>it</strong>utto L’ignoto<br />
di Valerio Vallini, poesia di un misterioso “passaggio”, un’apparizione che<br />
controsole si allontana sino a dissolversi nell’ampio invaso di golena. Quindi<br />
Copula (l’erba dell’Arno) di Luigi Fatichi, sottile scr<strong>it</strong>tura grafo-p<strong>it</strong>torica d’erba<br />
fluttuante e di luce radiante, che nell’evidenza e nella esatta bellezza del<br />
rimando alla fotosintesi, rammemora l’essenza v<strong>it</strong>ale del fiume. Infine il<br />
grandioso barcone arenato in un fondale, stracarico di olle, tela di 2x4,35<br />
metri dipinta e variamente assemblata con sabbie e frammenti di coccio da<br />
Bernd Kaute nel 1993. Persino nella tipologia del naviglio oltre che del carico,<br />
quest’opera sembra anticipare le navi romane da alcuni anni diseppell<strong>it</strong>e<br />
lungo l’Arno pisano, e sul tema della memoria fluviale e marinara delle civiltà<br />
med<strong>it</strong>erranee, l’artista tedesco stava lavorando, per il cost<strong>it</strong>uendo Museo delle<br />
Navi Romane, quando fu chiamato al viaggio oltre il confine del suo tempo<br />
fisico.<br />
Una “striscia” o film in diciassette inquadrature oblunghe, formato 20x100, si<br />
svolge di stanza in stanza, soluzione di continu<strong>it</strong>à degli altri interventi. Aprono<br />
e chiudono la striscia due tavole 100x100 di Antonio Possenti. Nella diacronia<br />
del percorso cost<strong>it</strong>uiscono momenti sincronici di sosta e lettura stratigrafica<br />
dell’immagine, recuperando alla superficie i nuclei figurali e simbolici<br />
sommersi. Si tratta de <strong>La</strong> sorgente e <strong>La</strong> foce: la linea del tempo dalla nasc<strong>it</strong>a<br />
alla morte che ha qui l’estensione versicolore dell’arcobaleno, per come