Marco <strong>La</strong> Rosa Il Tempo è il vero mistero, insieme al fatto che qualcosa esista. Perché l’Essere e non il Nulla? Questa è la prima domanda. E perché, visto che qualcosa c’è, scorre nel Tempo? Qualcuno ha tentato di negare che il Tempo ci fosse, ma oramai, da che sappiamo che anche la Galassia ruota attorno a se stessa, che anche l’Universo si espande, dobbiamo rassegnarci. Le stelle fisse fisse non sono; Eracl<strong>it</strong>o aveva ragione: tutto scorre. “I grandi fiumi sono l’immagine del tempo” è il primo verso di una poesia di Montale pervasa da un senso di pessimismo cosmico per la natura e il destino dell’uomo. E come non convenire con uno dei nostri massimi poeti quando, nel segu<strong>it</strong>o, scrive “[…] l’acqua come noi pensa se stessa / prima di farsi vortice e rapina.” Non possiamo nascondercelo: il Tempo si porta dietro la Fine. <strong>La</strong> Fine di ogni cosa, ma, soprattutto, la nostra fine personale, la sempre rimossa e innominabile Morte. L’uman<strong>it</strong>à ha approntato tutta una serie di strumenti per combattere l’estrema nemica, rifiutandosi di invecchiare. Chi si imbelletta. Chi si tinge i capelli o si mette vistosi e ridicoli parrucchini. Chi si spiana le rughe con il botulino. Chi si inietta nelle labbra abbondanti quant<strong>it</strong>ativi di silicone. Chi usa protesi per tette e natiche. E poi diete, body building, beauty farms, add<strong>it</strong>ivi. Ammettiamolo: trucchi penosi. Viene allora la tentazione un po’ fatalista di abbandonarsi al flusso del Tempo, all’Entropia, a questa terribile funzione di stato che ci assicura che, se le cose stanno così, se le leggi della termodinamica sono applicabili all’intero Universo, ci sarà davvero un momento di quiete e di omogene<strong>it</strong>à, alla fine di tutto. Qualcuno spera che l’Universo avrà come un brivido e finirà per contrarsi, per ricominciare fra miliardi e miliardi di anni. Chissà. Ma senza aspettare così tanto, anche stando al piccolo intervallo che ci è dato passare su questo pianeta, un rimedio ci resta per combattere il Tempo, ed è la Memoria. Gli antichi si sacrificavano addir<strong>it</strong>tura in gesta gloriose, perché fossero cantate dai poeti e il loro nome fosse ricordato nei millenni a venire. Noi, più modestamente, ci accontentiamo di essere ricordati dai figli, dai nipoti, dagli amici, dalla generazione che ci seguirà. Lo strumento della Memoria è la narrazione. Per secoli tutto è stato tramandato oralmente, in versi, scandendo il r<strong>it</strong>mo con il pulsare dei piedi per terra. Poi la scr<strong>it</strong>tura. Ma anche le arti figurative hanno avuto all’inizio un intento soprattutto narrativo. Non me ne vogliano anche gli informali più rigorosi, ma almeno io, quando percorro con lo sguardo una tela, proprio in quel percorso mi faccio una storia. E una storia, ogni storia, semplice, tortuosa, scoperta, simbolica, chiusa, aperta, felice, dolorosa, razionale, assurda, lunga, breve,
ealistica, fantastica è sempre una storia. Si tratta, cioè, di un racconto costru<strong>it</strong>o o aggiustato da un narratore, anche se sta riferendo fatti realmente accaduti, e quindi di un medicamento contro i guasti del Tempo. Proprio quello che a più mani, con gli arnesi della p<strong>it</strong>tura, della scultura, del teatro e del cinema abbiamo cercato di fare in questa <strong>mostra</strong>.