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PARTE SECONDA - IL LINGUAGGIO COME STRUMENTO DELLA SCRITTURA<br />
nella propria memoria permette al lettore di calarsi alla perfezione nelle varie vicende,<br />
riuscendo in questo modo a centrare l’obiettivo che l’autore si era prefissato al termine<br />
del proprio racconto: "Io essendo presoniere hò voluto fare una memoria di quelo che<br />
hò veduto, di quelo che hò fatto, hò provato, nei 8 lunghi mesi di batagalia" 31 .<br />
Lo stile con il quale il testo è scritto può essere definito basso e popolare, ricco<br />
di particolari vernacolari. L’italiano di questa memoria risente, come i molti scritti di<br />
guerra, di complesse interferenze linguistiche dovute alle esperienze culturali e<br />
educative di Beltrami. I molti errori grammaticali presenti nel testo sono riconducibili<br />
all’influsso delle abitudini fonetiche che lo scrivente possiede nei riguardi del sistema<br />
grafico.<br />
Lo scrivente, è anche il caso di Beltrami, si crea autonomamente un alfabeto<br />
fonetico adeguando il proprio scrivere all’idea fonetica che ha acquisito, incappando in<br />
questo modo in numerosi errori ortografici e non solo. Siamo di fronte, quindi, a un<br />
italiano popolare-dialettale, che deve fronteggiare le numerose mancanze grammaticali<br />
presenti nel bagaglio scolastico di Beltrami, il quale continuerà ad associare fonemi e<br />
grafemi secondo le reminescenze, che volta per volta affioreranno da un passato di<br />
studio ormai molto lontano.<br />
Questo modo di scrivere deve molto all’interferenza del dialetto, che va a<br />
modificare la percezione delle parole, rendendole alle volte quasi incomprensibili. In<br />
questo modo è possibile spiegare le numerose inesattezze che caratterizza il testo di<br />
Beltrami. La difficoltà di utilizzare il diagramma "gl", optando per soluzioni come ad<br />
esempio "nelli ochi"; l’incapacità di riconoscere i raddoppiamenti delle lettere e il<br />
conseguente scempiamento delle doppie come per "Cita, "ramarico", "bataglia"; l’uso<br />
scorretto o inesistente della punteggiatura e dell’accentazione; l’impiego più o meno<br />
casuale delle lettere maiuscole che "ora obbedisce ad un criterio di ritualità, ora di<br />
affettività, ora evidenzia una personale gerarchia di priorità" 32 ; l’utilizzo continuo del<br />
diagramma "ch" come per "fuocho", "pocho", "biancha"; l’interscambiabilità delle<br />
lettere "c" e "q" come per "quando" o "cuando"; la reinterpretazione di parole<br />
sconosciute; la trasformazione, più o meno intensa di alcuni vocaboli come "menatti" o<br />
"plubici" e altri vari errori ortografici.<br />
31 [Carta 26] in G. Beltrami, La vita gueresca, op. cit.<br />
32 Q. Antonelli, I dimenticati della Grande Guerra, op. cit.,pag. 76.<br />
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