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Compendio di relatività - Liceo Scientifico Galilei

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Se l'avessi saputo,<br />

avrei fatto l'orologiaio.<br />

SI RINGRAZIANO PER LA COLLABORAZIONE I DOCENTI:<br />

Maria Pia Turco<br />

Francesco De Sabata<br />

Tiziana Lomonaco<br />

Cristina Dean<br />

1


LA RELATIVITÀ<br />

DALLA FORMULAZIONE DI EINSTEIN ALLE ESTREME APPLICAZIONI IN ASTROFISICA<br />

SOMMARIO<br />

PAG.<br />

§0. SOMMARIO 2<br />

§1. INTRODUZIONE 3<br />

§2. TEORIA DELLA RELATIVITÀ 4<br />

§2.1. La <strong>relatività</strong> galileiana - Invarianza della velocità della luce 4<br />

§2.2. Esperimento <strong>di</strong> Michelson & Morley 5<br />

§2.3. Le trasformazioni <strong>di</strong> Lorentz 5<br />

§2.4. La <strong>relatività</strong> einsteiniana 7<br />

§2.5. Critica al concetto <strong>di</strong> contemporaneità 8<br />

§2.6. Conseguenze relativistiche 8<br />

§2.7. Lo spazio-tempo 9<br />

§2.8. Equivalenza massa-energia 10<br />

§2.9. Cenni <strong>di</strong> <strong>relatività</strong> generale 10<br />

§3. ASTROFISICA 12<br />

§3.1. Nascita, evoluzione e morte <strong>di</strong> una stella 12<br />

§3.2. Diagramma <strong>di</strong> Hertzsprung-Russell 12<br />

§3.3. Evoluzione stellare in base alla massa 13<br />

§3.3.1. Nane bianche 13<br />

§3.3.2. Novæ 13<br />

§3.3.3. Pulsar 13<br />

§3.3.4. Black holes 14<br />

§3.3.4.1. L'imprigionamento della luce 14<br />

§3.3.4.2. Dentro i black holes 15<br />

§3.3.4.3. La <strong>di</strong>scesa nel Mælström 15<br />

§4. Conclusioni 16<br />

2


INTRODUZIONE<br />

Nel XIX secolo i sorprendenti risultati del progresso tecnico determinarono una fede illimitata nei proce<strong>di</strong>menti<br />

scientifici ed una insod<strong>di</strong>sfazione per la filosofia romantica. La filosofia doveva solo fornire i principi del metodo,<br />

soprattutto per ciò che riguarda in<strong>di</strong>vidui e società nel loro processo evolutivo. A partire dall’Illuminismo, passando<br />

attraverso Romanticismo e Positivismo, la cultura scientifica giunse fino al Materialismo storico con la convinzione<br />

sempre più salda <strong>di</strong> poter comprendere l’uomo, il mondo in cui vive ed il suo sviluppo storico, racchiudendoli in una<br />

visione ottimistica e deterministica, dettata dalle semplici leggi fisiche che la caratterizzano.<br />

Tuttavia nell’ultimo decennio dell’800 e nei primi del ‘900 la scienza abbandona l’illimitata fiducia nelle leggi e<br />

negli schemi in cui si era illusa <strong>di</strong> poter racchiudere, me<strong>di</strong>ante sintesi definitive, l’infinita ricchezza dell’Universo.<br />

La scoperta delle geometrie non-euclidee, la fisica atomica <strong>di</strong> Planck, la teoria matematica della <strong>relatività</strong> <strong>di</strong><br />

Einstein, le esplorazioni sulla vita psichica inconscia <strong>di</strong> Freud, portano ad una ra<strong>di</strong>cale revisione critica dei modelli<br />

del sapere fino ad allora vali<strong>di</strong>. Tra le scienze che per prime misero in crisi le basi stesse su cui si fondavano, vi si<br />

deve senz’altro annoverare la fisica, grazie all’opera <strong>di</strong> due gran<strong>di</strong> scienziati:<br />

Max Planck (1858-1947) ed Albert Einstein (1879-1955).<br />

Il primo <strong>di</strong> essi è da molti considerato il “padre della fisica moderna”, grazie agli<br />

stu<strong>di</strong> sull’energia; con essi le conoscenze della materia e dell’estensione vennero<br />

rivoluzionate ed i limiti della rappresentazione umana della realtà esterna vennero<br />

messi in luce; le sue teorie aprirono la strada a tutti i successivi sviluppi della fisica<br />

quantistica. Le idee fondamentali della teoria dei quanti ricevettero un’importante<br />

convalida nell’interpretazione <strong>di</strong> Einstein.<br />

La teoria della <strong>relatività</strong> è stata definita da Einstein, nella forma che fu detta della<br />

“<strong>relatività</strong> speciale”, nel 1905, per risolvere l’apparente contrad<strong>di</strong>zione alla quale si<br />

era giunti nello stu<strong>di</strong>o dell’elettro<strong>di</strong>namica dei corpi in movimento, contrad<strong>di</strong>zione<br />

derivante dalla impossibilità <strong>di</strong> rilevare sperimentalmente alcuna <strong>di</strong>fferenza nella<br />

velocità <strong>di</strong> propagazione delle onde elettromagnetiche da parte <strong>di</strong> un osservatore in<br />

moto rispetto all’ipotetico mezzo, l’etere, sede della propagazione delle onde stesse.<br />

Il fallimento degli esperimenti volti a questo scopo ebbe da Einstein la seguente<br />

spiegazione: l’esistenza dell’etere non può essere rivelata, in quanto ogni movimento è relativo e si misura rispetto<br />

a qualche cosa che è a sua volta in movimento. Come con esperimenti compiuti entro una nave non si può stabilire<br />

se la nave si muove rispetto all’acqua, così non si può misurare la variazione della velocità della luce facendo<br />

ricorso ad un campione <strong>di</strong> misura che comporta proprio quella variazione; e poiché non abbiamo modo <strong>di</strong> sottrarci<br />

a tale riferimento, dobbiamo concludere che la velocità della luce è sempre la stessa rispetto ad un osservatore<br />

qualunque. Il maggior merito della teoria della <strong>relatività</strong> sta proprio nell’aver introdotto nella scienza il concetto <strong>di</strong><br />

“<strong>relatività</strong>” -la nozione che non esiste alcun movimento assoluto nell'universo, solo movimenti relativi- soppiantando<br />

la meccanica tra<strong>di</strong>zionale <strong>di</strong> Isaac Newton. La teoria <strong>di</strong> Einstein, da questo punto <strong>di</strong> vista, si muove nella stessa<br />

<strong>di</strong>rezione della critica mossa da Mach al valore assoluto<br />

dei concetti e delle leggi scientifiche.<br />

Nel 1915 Einstein pubblicò una teoria <strong>di</strong> portata più<br />

generale, chiamata appunto “<strong>relatività</strong> generale”, nella<br />

quale vengono approfon<strong>di</strong>te le proprietà dei corpi in<br />

moto accelerato qualsiasi, giungendo a ricondurre ad<br />

un’unica spiegazione le proprietà inerziali e le proprietà<br />

gravitazionali della materia. Einstein mostrò che noi<br />

non stiamo nel piatto spazio euclideo e nell'uniforme<br />

ed assoluto tempo dell'esperienza quoti<strong>di</strong>ana, ma in un<br />

altro sistema: lo spazio-tempo curvo.<br />

Le teorie <strong>di</strong> Albert Einstein, non solo i lavori sulla<br />

Albert Einstein<br />

Max Planck<br />

<strong>relatività</strong> ma anche le spiegazioni dell’effetto<br />

fotoelettrico (premiate con il Nobel) e dei moti<br />

browniani, hanno innescato un'importante rivoluzione<br />

in fisica ed in astronomia nel corso del ventesimo secolo. Esse giocarono un ruolo importantissimo in fisica: portarono<br />

infatti all'era nucleare, con i suoi potenziali positivi e negativi, resero possibile la conoscenza del microcosmo delle<br />

particelle elementari e delle loro interazioni; hanno altresì rivoluzionato il nostro punto <strong>di</strong> vista sul cosmo con le sue<br />

previsioni <strong>di</strong> fenomeni astronomici apparentemente bizzarri, come il Big Bang, stelle <strong>di</strong> neutroni, le onde gravitazionali<br />

ed i Black Holes. Alla base delle teorie sulla <strong>relatività</strong>, argomento che si intende trattare in questa sede, sta il<br />

principio <strong>di</strong> <strong>relatività</strong> einsteniano, estensione ai fenomeni fisici <strong>di</strong> qualsiasi tipo del principio <strong>di</strong> <strong>relatività</strong> galileiano,<br />

fondamento basilare della meccanica classica: bisogna perciò partire da una analisi del principio da lui formulato<br />

per una corretta comprensione del significato delle teorie relativistiche.<br />

3


TEORIA DELLA RELATIVITÀ<br />

LA RELATIVITÀ GALILEIANA - INVARIANZA DELLA VELOCITÀ DELLA LUCE<br />

La meccanica classica definisce sistemi inerziali quei riferimenti in cui vale rigorosamente il principio<br />

<strong>di</strong> inerzia, cioè nei quali i corpi non soggetti a forze perseverano nel loro stato <strong>di</strong> quiete o <strong>di</strong> moto<br />

rettilineo uniforme. Ciò che stabilisce il primo principio della meccanica non vale per i sistemi <strong>di</strong><br />

riferimento solidali con la Terra, a causa dell’accelerazione dovuta al suo moto <strong>di</strong> rotazione e<br />

rivoluzione. Nei sistemi inerziali un osservatore non può stabilire, con un esperimento <strong>di</strong> meccanica,<br />

se sia fermo o si stia muovendo <strong>di</strong> moto rettilineo ed uniforme, rispetto ad<br />

un altro sistema inerziale.<br />

In questi, secondo la meccanica newtoniana, il tempo è un concetto assoluto,<br />

un’entità cioè che scorre uniformemente ed in<strong>di</strong>pendentemente dal sistema<br />

<strong>di</strong> riferimento.<br />

Le leggi <strong>di</strong> trasformazione, note come trasformazioni <strong>di</strong> Galileo, descrivono<br />

le relazioni tra le <strong>di</strong>mensioni spazio-temporali <strong>di</strong> due sistemi <strong>di</strong> riferimento<br />

S e S’ che si muovono lungo la sola <strong>di</strong>rezione x, con una velocità v uniforme,<br />

l’uno rispetto all’altro:<br />

x’ = x-vt<br />

y’ = y<br />

z’ = z<br />

t’ = t<br />

Come già detto, il tempo è assoluto, cioè è possibile sicronizzare due orologi nei due riferimenti,<br />

in<strong>di</strong>pendentemente dalla velocità relativa dei due sistemi.<br />

Ciò fu messo in <strong>di</strong>scussione per la prima volta con lo stu<strong>di</strong>o dei fenomeni elettrici e magnetici, nella<br />

prima parte del secolo scorso. Nel 1873 l’elettromagnetismo trovò l’elaborazione più evoluta nella<br />

teoria <strong>di</strong> J.K. Maxwell, che prevedeva l’esistenza <strong>di</strong> onde elettromagnetiche, la cui velocità <strong>di</strong><br />

propagazione è elevatissima ma ben definita, uguale a quella della luce (c=3x108 Galileo <strong>Galilei</strong><br />

m/s).<br />

Maxwell propose che la luce stessa doveva essere un’onda elettromagnetica, o meglio la risposta<br />

visiva ad una ra<strong>di</strong>azione elettromagnetica la cui lunghezza d’onda è compresa fra 0,4 e 0,7 micron;<br />

ciò fu confermato nel 1887 da H.R. Hertz.<br />

L’inatteso comportamento dei fenomeni elettromagnetici passando da un sistema <strong>di</strong> riferimento ad<br />

un secondo in moto traslatorio uniforme rispetto al primo, violava il principio <strong>di</strong> <strong>relatività</strong> galileiana.<br />

Infatti, secondo quest’ultimo la velocità c, come ogni velocità, dovrebbe trasformarsi in:<br />

c’ = c-v’ .<br />

L’osservatore, misurandola e trovando un valore <strong>di</strong>verso da c, potrà stabilire <strong>di</strong> muoversi con velocità<br />

v’ rispetto all’altro riferimento. Questo sarà quin<strong>di</strong> il sistema <strong>di</strong> riferimento assoluto, l’unico in cui la<br />

luce ha velocità c. Ma questa tesi fu confutata dall’esperienza <strong>di</strong> Michelson e Morley, i quali trovarono<br />

che la velocità della luce è in<strong>di</strong>pendente dalla velocità della sorgente o <strong>di</strong> chi la misura.<br />

L’ESPERIMENTO DI MICHELSON E MORLEY<br />

Attorno al 1890 due fisici americani Albert Michelson ed Edward Morley, tentarono <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare<br />

l'esistenza dell'etere e decisero <strong>di</strong> verificare l’ipotesi della misurabilità del moto della Terra usando la<br />

velocità della luce come riferimento tramite un esperimento.<br />

Si era ipotizzata l'esistenza dell'etere in linea teorica, in quanto non si poteva ammettere che la luce<br />

si propagasse nell’universo attraversando il vuoto: l’etere sarebbe stato il mezzo attraverso il quale<br />

la luce viaggiava, la sostanza esistente ovunque si propagassero onde luminose; esso serviva, per<br />

così <strong>di</strong>re, a “portare” le onde luminose, così come l’acqua “porta” l’onda che in essa si propaga.<br />

La scoperta della natura elettromagnetica delle onde luminose compiuta da Maxwell ed Hertz aveva<br />

4


anche maggiormente rafforzata la convinzione dell’esistenza dell’etere giacché anche i campi elettrici<br />

e magnetici dovevano pure propagarsi in qualche sostanza, e non già nel vuoto. L’etere doveva<br />

essere l’unica cosa fissa e priva <strong>di</strong> movimento, come lo sfondo rigido <strong>di</strong> tutti i movimenti dei corpi<br />

celesti; si volle allora stabilire il modo in cui si possa misurare il movimento dei corpi rispetto all’etere.<br />

L’esperimento si basava su un’ipotesi ben precisa: quando un raggio <strong>di</strong> luce viene separato in due<br />

fasci fatti viaggiare in <strong>di</strong>rezioni opposte, tali fasci si devono muovere ad deu velocità relativa <strong>di</strong>verse<br />

rispetto all’etere, inteso quin<strong>di</strong> come l’unico sistema <strong>di</strong> riferimento in cui la luce viaggia ad una<br />

velocità c.<br />

In una <strong>di</strong>rezione si aspettavano <strong>di</strong> rilevare che la luce viaggiava ad una velocità:<br />

c’ = c+v t ;<br />

mentre in <strong>di</strong>rezione opposta:<br />

c’’ = c-v t .<br />

Il risultato dell’esperimento, invece, fu totalmente<br />

sorprendente: non solo sfidava il senso comune, ma<br />

metteva anche in crisi la concezione newtoniana del<br />

moto e della gravità. La sorpresa sta nel fatto che i<br />

raggi luminosi ovunque si osservassero, viaggiavano<br />

solo alla velocità della luce.<br />

Questa esperienza è stata ripetuta parecchie volte con<br />

risultati sempre identici, il che ha portato gli stu<strong>di</strong>osi<br />

a concludere che la velocità della luce non è solo molto<br />

importante, è fondamentale: è una costante fisica<br />

assoluta.<br />

Le due sole soluzioni possibili al problema furono: o<br />

la Terra è ferma nell’Universo, il che è falso, dato che<br />

l’osservazione della parallasse stellare prova che la<br />

Terra gira attorno al Sole, oppure i fondamenti della <strong>di</strong>namica newtoniana sono errati, perciò è<br />

impossibile misurare il moto assoluto della Terra nello spazio.<br />

Hendrik Antoon Lorentz<br />

LE TRASFORMAZIONI DI LORENTZ<br />

Data l’inadeguatezza delle trasformazioni newtoniane, si dovettero<br />

trovare leggi fisiche che rimanessero invariate passando da un sistema<br />

inerziale ad un altro. Ciò, applicato alle equazioni <strong>di</strong> Maxwell, vale purché<br />

le trasformazioni galileiane vengano sostitutite da altre:<br />

x vt<br />

x<br />

v<br />

c<br />

y y<br />

z z<br />

t x<br />

t<br />

v<br />

⎧ '+ '<br />

⎪ =<br />

2<br />

⎪ 1−<br />

2<br />

⎪<br />

⎪ = '<br />

⎪<br />

⎨ = '<br />

⎪<br />

⎪ '+ ' 2<br />

⎪ =<br />

c<br />

2 ⎪ v<br />

−<br />

⎩<br />

⎪ 1 2<br />

c<br />

L’esperimento <strong>di</strong> Michelson e Morley<br />

x vt<br />

x<br />

v<br />

c<br />

y y<br />

z z<br />

t x<br />

t<br />

v<br />

⎧ −<br />

⎪ '=<br />

2<br />

⎪ 1−<br />

2<br />

⎪<br />

⎪ '=<br />

⎪<br />

⎨ '=<br />

⎪<br />

⎪ − 2<br />

⎪ '=<br />

c<br />

2 ⎪ v<br />

−<br />

⎩<br />

⎪ 1 2<br />

c<br />

Queste furono scritte da H.A. Lorentz nel 1895 e risultano essere identiche nel caso in cui si scambino<br />

i ruoli dei due sistemi <strong>di</strong> riferimento. Ciò verrà definito da Einstein nel principio <strong>di</strong> <strong>relatività</strong> che<br />

5


stabilisce l’invarianza delle leggi della fisica in <strong>di</strong>versi sistemi inerziali.<br />

Lorentz ha introdotto i due seguenti parametri, che compaiono sempre nelle formule relativistiche.<br />

Il primo è il rapporto tra la velocità v del sistema e quella della luce<br />

Il secondo è:<br />

γ =<br />

β= ν/c<br />

1<br />

1−<br />

β<br />

Come si vede dalle formule e dal grafico, grande importanza<br />

ricopre il rapporto v 2 / c 2 , che per v


LA RELATIVITÀ EINSTENIANA<br />

La teoria della <strong>relatività</strong> ristretta consta <strong>di</strong> due principi fondamentali, enunciati<br />

entrambi da Einstein nel 1905, che, insieme, portano alla famosa equazione<br />

E=mc 2 , dove E, m, c rappresentano rispettivamente l’energia, la massa e la<br />

velocità della luce.<br />

Il primo principio della <strong>relatività</strong> afferma che le leggi fondamentali della fisica<br />

sono uguali ovunque e per qualunque osservatore, in<strong>di</strong>pendentemente da<br />

dove si trovi o dalla velocità costante alla quale eventualmente si muova.<br />

Ne è corollario il fatto che la velocità della luce deve essere la stessa in ogni<br />

sistema inerziale (poiché la misurazione <strong>di</strong> c è un esperimento scientifico),<br />

in<strong>di</strong>pendentemente dalla velocità della sua sorgente o dell'osservatore.<br />

Il secondo principio della <strong>relatività</strong> postula che esiste una quarta <strong>di</strong>mensione,<br />

il tempo, completamente equivalente alle tre solite <strong>di</strong>mensioni spaziali.<br />

La posizione <strong>di</strong> un oggetto è normalmente definibile tramite tre <strong>di</strong>mensioni spaziali, avanti o in<strong>di</strong>etro,<br />

su o giù, dentro o fuori.<br />

Tre <strong>di</strong>mensioni bastano a descrivere la posizione <strong>di</strong> un oggetto nello spazio. Ma occorre una quarta<br />

<strong>di</strong>mensione, il tempo, per descrivere quando, passato o futuro, un oggetto esiste nello spazio.<br />

Aggiungendo il tempo alla tre <strong>di</strong>mensioni spaziali, Einstein riuscì a completare le manchevolezze<br />

della concezione Newtoniana dell'Universo; ma, quel che più conta, riuscì a giustificare i risultati<br />

dell'esperienza <strong>di</strong> Michelson e Morley, ipotizzando che il valore numerico della velocità della luce sia<br />

un numero costante assoluto, in qualunque istante, per ogni osservatore, in<strong>di</strong>pendentemente da<br />

come, dove e quando se ne effettui la misurazione.<br />

Spazio e tempo, in effetti sono così strettamente interconnessi nella concezione dell'Universo<br />

<strong>di</strong> Einstein che egli esortò a considerare queste due quantità non come spazio e tempo ma come una<br />

singola entità: lo spazio-tempo.<br />

Altr ove<br />

Futuro<br />

Altr ove<br />

in<strong>di</strong>etro avanti<br />

Passato<br />

Diagramma spazio-tempo generale<br />

Albert Einstein<br />

La rappresentazione grafica <strong>di</strong> una superficie quadri<strong>di</strong>mensionale<br />

pone notevoli problemi non solo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne tecnico, ma anche <strong>di</strong><br />

interpretazione mentale. Per rendersi conto <strong>di</strong> come si possa<br />

unificare il concetto <strong>di</strong> tempo con quello <strong>di</strong> spazio, bisogna<br />

trascurare due <strong>di</strong>mensioni spaziali. Lo schema a sinistra mostra<br />

un sistema <strong>di</strong> riferimento spazio-temporale <strong>di</strong> questo tipo, in cui<br />

il tempo è riportato sull’asse verticale e lo spazio su quello<br />

orizzontale. L’origine del <strong>di</strong>agramma, il punto <strong>di</strong> intersezione<br />

degli assi, rappresenta qui nello spazio ed ora nel tempo. Ad un<br />

intervallo <strong>di</strong> 300000 Km <strong>di</strong> spazio ne corrisponde uno <strong>di</strong> un<br />

secondo <strong>di</strong> tempo. Quin<strong>di</strong> la velocità della luce è rappresentata<br />

da una linea inclinata <strong>di</strong> 45°, mentre gli eventi della nostra<br />

esperienza (che avvengono a velocità infinitesimali rispetto a c)<br />

sono linee vicinissime all’asse verticale del tempo. Questo <strong>di</strong>agramma è <strong>di</strong>viso in quattro coni; le due<br />

sezioni scure vengono definite altrove, in quanto non possono essere esplorate da alcuna particella:<br />

sarebbe infatti necessaria una velocità maggiore <strong>di</strong> c; le due sezioni chiare, invece, rappresentano i<br />

due coni all’interno dei quali sono comprese tutte le rette che rappresentano spostamenti a velocità<br />

minore <strong>di</strong> c; i tracciati possibili devono essere compresi nei coni delimitati dalle linee a 45°.<br />

Ciò implica che, nel cono in cui ci troviamo, un evento non può non solo andare in<strong>di</strong>etro nel tempo<br />

ma nemmeno rimanere in un tempo fisso.<br />

Essenzialmente tutte le leggi e le conseguenze della <strong>relatività</strong> speciale derivano da questi concetti.<br />

La prima importante conseguenza è la <strong>relatività</strong> del concetto <strong>di</strong> simultaneità, <strong>di</strong> cui parleremo nel<br />

seguente paragrafo.<br />

7


CRITICA AL CONCETTO DI CONTEMPORANEITÀ<br />

Osservando le trasformazioni <strong>di</strong> Lorentz si vede dalla prima <strong>di</strong> esse che la <strong>di</strong>stanza lungo l'asse x'<br />

dell'evento considerato <strong>di</strong>pende non solo dalla <strong>di</strong>stanza lungo l'asse x <strong>di</strong> questo evento dall'origine,<br />

ma anche dall’istante in cui esso avviene. Analogamente <strong>di</strong>ce che l'istante in cui un evento ha luogo<br />

in un sistema S’ <strong>di</strong>pende non solo dall'istante in cui esso avviene in S, ma anche dalla sua posizione.<br />

Così due eventi che accadano in luoghi <strong>di</strong>versi e che appaiano contemporanei ad un osservatore in S,<br />

non appariranno contemporanei ad un osservatore in S’. La contemporaneità dei due eventi non è<br />

più, quin<strong>di</strong>, un concetto assoluto, bensì <strong>di</strong>pende dal sistema <strong>di</strong> riferimento.<br />

CONSEGUENZE RELATIVISTICHE<br />

Dall'osservazione del fattore relativistico γ appare chiaro che a basse velocità un oggetto si comporta<br />

secondo il senso comune e non contrad<strong>di</strong>ce le leggi della meccanica classica. Ma una volta che γ si<br />

allontana dall'unità si verificano eventi molto bizzarri. Immaginiamo un aeroplano che ci passi davanti<br />

a bassa velocità; supponendo <strong>di</strong> poter misurare le sue caratteristiche fisiche, constateremo che i<br />

nostri parametri coincideranno con quelli rilevati dai passeggeri a bordo. Se invece esso ci passasse<br />

davanti ad velocità una prossima a c, γ aumenterebbe. Di conseguenza le due misure non<br />

concorderebbero più e per noi ne risulterebbe un'aeroplano più piccolo. Quanto più è alta la velocità<br />

del velivolo, tanto maggiore risulterà l'entità del suo accorciamento. L'andamento della contrazione,<br />

in funzione della velocità è rappresentato dal grafico che segue.<br />

L'aspetto più interessante <strong>di</strong> questo strano effetto è che esso è relativo: i passeggeri a bordo<br />

dell'aeroplano, non rileverebbero alcun mutamento, in<strong>di</strong>pendentemente dalla velocità del velivolo.<br />

Questo perché i passeggeri si trovano nel proprio sistema <strong>di</strong> riferimento, cioè hanno una velocità<br />

nulla rispetto al sistema <strong>di</strong> riferimento dell'aeroplano. Pertanto gli oggetti contenuti nella cabina<br />

hanno rispetto ai passeggeri γ =1. Ma, guardando fuori dai finestrini, essi si rendono conto del loro<br />

moto rispetto all'osservatore sulla Terra. Perciò tra i due sistemi <strong>di</strong> riferimento γ è <strong>di</strong>verso da 1. In<br />

0<br />

altre parole osservando dall'aeroplano noi che siamo fermi, rileveremmo che tutti gli oggetti sono<br />

più piccoli nel senso del moto. Nasce quin<strong>di</strong> spontanea un'altra domanda: gli oggetti si accorciano<br />

sull'aeroplano o sulla Terra? La ragione è <strong>di</strong> entrambi, infatti le bizzarre conseguenze della teoria<br />

della <strong>relatività</strong>, valgono per entrambi, secondo il principio <strong>di</strong> equivalenza <strong>di</strong> Einstein.<br />

La lunghezza non è l'unico parametro fisico a subire variazioni a velocità altissime: γ ha effetti anche<br />

m=γ m sulla massa. Se potessimo misurare la massa dell'aereo verificheremo<br />

0<br />

sperimentalmente un aumento <strong>di</strong> essa e degli oggetti a bordo. Questo<br />

aumento è rappresentato dal grafico a lato.<br />

Come la lunghezza, anche la massa rimane immutata per i passeggeri a<br />

m0 bordo dell'aeroplano: misurata da loro non sarà aumentata neppure la<br />

massa <strong>di</strong> ogni persona a bordo. Questo perché rispetto all’aeroplano,<br />

i passeggeri hanno γ =1.<br />

8


Infine il fattore relativistico ha effetto anche sul tempo. Ad esempio se<br />

potessimo osservare un orologio a bordo dell'aeroplano constateremmo<br />

che il suo funzionamento è più lento del normale. Nel caso ipotetico <strong>di</strong><br />

un aeroplano la cui v sia uguale a c, l'orologio a bordo, rispetto a noi<br />

sarebbe fermo: per noi il tempo all'interno dell'aereo si sarebbe arrestato<br />

(ve<strong>di</strong> schema).<br />

LO SPAZIO-TEMPO<br />

Nell'Universo <strong>di</strong> Galileo e <strong>di</strong> Newton lo spazio ed il tempo sono in<strong>di</strong>pendenti l'uno dall'altro.<br />

Il primo ha tre <strong>di</strong>mensioni, ovvero tre coor<strong>di</strong>nate in<strong>di</strong>viduano un qualsiasi punto dello spazio, ed è<br />

misurato dalla geometria euclidea. La <strong>di</strong>stanza tra due punti è in<strong>di</strong>pendente dall'osservatore che la<br />

misura.<br />

Il tempo, al contrario, è misurato da un unico numero, ma si <strong>di</strong>stingue dalle <strong>di</strong>mensioni spaziali per<br />

il fatto che esso scorre sempre nella stessa <strong>di</strong>rezione: dal passato verso il futuro. Questa successione<br />

irreversibile degli eventi è detta causalità, poiché la causa precede sempre l'effetto.<br />

Due secoli più tar<strong>di</strong>, la struttura galileo-newtoniana svanisce <strong>di</strong><br />

fronte ad una nuova struttura a quattro <strong>di</strong>mensioni, lo<br />

spazio-tempo <strong>di</strong> Minkowski. Un punto nello spazio-tempo è in<br />

realtà un evento in<strong>di</strong>viduato dalle sue tre coor<strong>di</strong>nate spaziali e da<br />

quella temporale.<br />

Una rappresentazione dello spazio-tempo è quella dei coni-luce.<br />

Immaginiamo un punto nello spazio che emetta un lampo <strong>di</strong> luce;<br />

nel vuoto il fronte dell'onda luminosa è una sfera perfetta centrata<br />

nel punto <strong>di</strong> emissione, il cui raggio cresce, al passare del tempo,<br />

alla velocità della luce. Se sopprimiamo una delle <strong>di</strong>mensioni<br />

spaziali (ve<strong>di</strong> §2.4.), la sfera luminosa che si espande nel tempo<br />

<strong>di</strong>venta un cono, il cui vertice rappresenta il luogo e l'istante (cioè<br />

l'evento) in cui il lampo luminoso è emesso, mentre il cono<br />

descrive la storia del lampo stesso.<br />

Il postulato fondamentale della <strong>relatività</strong> ristretta<br />

impone che nessuna particella materiale possa<br />

superare la velocità c. Ciò significa che sul<br />

<strong>di</strong>agramma dello spazio-tempo una qualsiasi<br />

particella materiale descrive una linea d'universo<br />

(nome della traiettoria nello spazio-tempo) situata<br />

all'interno del cono-luce e che, al limite, le linee<br />

<strong>di</strong> universo dei fotoni si trovano esattamente sulla<br />

superficie del cono. La <strong>relatività</strong> ristretta non<br />

impone tuttavia alcuna restrizione alle linee<br />

d'universo situate nell'Altrove. Le ipotetiche<br />

particelle, chiamate tachioni, che percorrono<br />

l'Altrove a velocità sempre superiori a c,<br />

potrebbero esistere, ma non interagirebbero mai<br />

con la materia del nostro Universo.<br />

t 0<br />

t=γ t 0<br />

9


L'EQUIVALENZA MASSA-ENERGIA<br />

Tenendo conto che le leggi enunciate da Newton non erano più valide per tutti i casi della fisica,<br />

Einstein arrivò a formulare una nuova espressione dell'energia cinetica che comprendesse, come<br />

caso particolare, quella tra<strong>di</strong>zionale. Partendo dall'equazione fondamentale della <strong>di</strong>namica ed in<strong>di</strong>cando<br />

con m la massa a riposo:<br />

0<br />

dp<br />

F = m0a =<br />

dt<br />

al posto <strong>di</strong> questa ne formulò un'altra, con p e t variabili, che comprendesse come caso particolare:<br />

F m dv = 0 dt<br />

Applicando le trasformazioni <strong>di</strong> Lorentz si ha:<br />

F =<br />

d<br />

dt<br />

⎡<br />

mv 0<br />

⎢<br />

⎣<br />

1−<br />

v c<br />

⎤<br />

⎥ = γ ma<br />

⎦<br />

2 2 0<br />

Ciò che appare subito evidente è che la massa non è più costante, ma è variabile in funzione della<br />

velocità, secondo la formula:<br />

m m<br />

= 0<br />

2 2 1−<br />

v c<br />

Le due grandezze sono pressoché coincidenti nel campo delle piccole velocità, ma <strong>di</strong>fferiscono<br />

notevolmente quando v tende a c.<br />

Per l'energia cinetica, in luogo della classica espressione<br />

E=(mv 2 )/2<br />

occorre sostituire l'espressione meno semplice<br />

2<br />

mc<br />

2<br />

E = = mc γ<br />

2<br />

1− β<br />

Come è chiaro anche qui alle basse velocità β tende a zero. In questo caso l'energia viene chiamata<br />

energia a riposo e vale<br />

E = mc 0 2<br />

Un ascensore privo <strong>di</strong><br />

finestrini che acceleri<br />

nello spazio vuoto in<br />

assenza <strong>di</strong> gravità è ...<br />

CENNI DI RELATIVITÀ GENERALE<br />

Tutte le controintuitive alterazioni delle leggi fisiche descritte<br />

finora derivano <strong>di</strong>rettamente dalla teoria della <strong>relatività</strong> ristretta.<br />

Si chiama ristretta perché, in tutti i casi esaminati, la velocità tra<br />

i sistemi <strong>di</strong> riferimento era assunta costante.<br />

Nel 1915 Einstein pubblicò la versione definitiva dei suoi stu<strong>di</strong>,<br />

dove non sussisteva più alcuna restrizione: la <strong>relatività</strong> generale<br />

si poteva applicare ad ogni tipo <strong>di</strong> moto, uniforme o accelerato,<br />

e manteneva inalterati i due principi fondamentali della <strong>relatività</strong><br />

ristretta, il principio <strong>di</strong> equivalenza (le leggi fisiche sono identiche<br />

in<strong>di</strong>pendentemente dal moto degli osservatori) e lo spazio-tempo.<br />

Il principio <strong>di</strong> equivalenza e le sue conferme sperimentali rivelano<br />

che lo spazio tempo è curvato dalla presenza <strong>di</strong> materia, ma gli<br />

esperimenti non in<strong>di</strong>cano il grado <strong>di</strong> curvatura da essa prodotto.<br />

Per determinarla, si necessita <strong>di</strong> una specifica teoria metrica della<br />

gravità, nota come <strong>relatività</strong> generale, che fornisce una serie <strong>di</strong><br />

... in<strong>di</strong>stinguibile da un<br />

ascensore fermo in<br />

presenza <strong>di</strong> gravità.<br />

10<br />

10


equazioni che permettono il computo della curvatura dello spazio-tempo, data una<br />

quantità <strong>di</strong> materia. Sono queste le 10 equazioni <strong>di</strong> campo <strong>di</strong> Einstein. Altre furono<br />

proposte da C.H. Brans e R. Dicke. Un importante dubbio è se la teoria della <strong>relatività</strong><br />

generale sia la corretta teoria della gravità.<br />

L'unico modo per dare risposta a questa domanda è attraverso gli esperimenti. Nel<br />

corso degli anni gli stu<strong>di</strong>osi hanno messo a punto vari test per la verifica della teoria<br />

della <strong>relatività</strong> generale; i più importanti sono tre, proposti da Einstein: il red shift<br />

gravitazionale, la deflessione dei raggi luminosi e lo spostamento del perielio <strong>di</strong><br />

Mercurio.<br />

Il “red shift” gravitazionale (o spostamento verso il rosso), a cui sono soggette le<br />

ra<strong>di</strong>azioni emesse dagli oggetti celesti è stato verificato sperimentalmente. I fotoni<br />

emessi alla base <strong>di</strong> una torre, quando raggiungono il rivelatore in cima ad essa, hanno<br />

lunghezza d'onda più vicina al rosso (fig.1), in quanto la curvatura dello spaziotempo<br />

provocata dalla massa della Terra è leggermente maggiore alla base che in<br />

cima, ne risulta una piccola variazione <strong>di</strong> frequenza della ra<strong>di</strong>azione. Tale valore è<br />

totalmente e <strong>di</strong>rettamente controllabile, a <strong>di</strong>fferenza degli esperimenti astronomici.<br />

Il valore rilevato concorda esattamente con quello previsto in base alla <strong>relatività</strong><br />

generale.<br />

Le ra<strong>di</strong>azioni emesse dalle<br />

stelle, raggiungono la Terra<br />

seguendo un percorso<br />

rettilineo, se non passano<br />

vicino al Sole. Quando<br />

invece transitano nelle<br />

vicinanze della nostra stella,<br />

che ha massa elevata, le<br />

ra<strong>di</strong>azioni vengono deviate.<br />

La teoria <strong>di</strong> Einstein prevede<br />

che le traiettorie <strong>di</strong> raggio <strong>di</strong><br />

luce, o qualunque altro tipo<br />

Fig. 2<br />

<strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azione, si incurvi<br />

quando attraversa lo spazio-tempo curvo<br />

circostante un oggetto massiccio. In con<strong>di</strong>zioni normali è impossibile osservare la deviazione della<br />

luce stellare che sfiora il Sole, per cui dal 1919 ogni eclisse solare ha costituito un esperimento sulla<br />

<strong>relatività</strong>. In anni recenti, poi, sono state analizzate anche le sorgenti ra<strong>di</strong>o cosmiche, le cui ra<strong>di</strong>azioni<br />

sfiorino il Sole. I risultati <strong>di</strong> tutti questi esperimenti confermano invariabilmente le previsioni della<br />

<strong>relatività</strong>. In figura 2 la deflessione è volutamente esagerata.<br />

L’ultimo test riguarda la precessione delle orbite dei pianeti.<br />

Quella <strong>di</strong> Mercurio è maggiore <strong>di</strong> tutto il sistema solare, poiché<br />

Mercurio è il pianeta più interno e quin<strong>di</strong> il più influenzato<br />

dalla curvatura spazio-temporale del Sole (in figura 3 le<br />

proporzioni sono enormemente esagerate). La teoria della<br />

gravità <strong>di</strong> Newton non riusciva a spiegare completamente<br />

questo fenomeno e ciò contribuì a <strong>di</strong>mostrare la sua inesattezza.<br />

Facendo uso della propria teoria della <strong>relatività</strong>, Einstein fu in<br />

grado <strong>di</strong> spiegare matematicamente e con precisione la<br />

peculiarità dell’orbita <strong>di</strong> Mercurio.<br />

Queste tre prove furono fondamentali per l’affermarsi <strong>di</strong> questa<br />

nuova e strabiliante teoria.<br />

Fig. 3<br />

Fig. 1<br />

11<br />

11


ASTROFISICA<br />

Il Sole è l'unica stella della quale possiamo osservare la superficie, ma le conoscenze già acquisite<br />

sull'universo al <strong>di</strong> fuori del sistema solare sono ugualmente molto numerose: anzi, si può <strong>di</strong>re, ad<br />

esempio, che ne sappiamo <strong>di</strong> più sulle stelle che su Plutone, il pianeta più esterno del sistema solare.<br />

Tutto questo è possibile perché le stelle, ed anche i gas interstellari, irra<strong>di</strong>ano energia nello spazio in<br />

tutte le <strong>di</strong>rezioni; analizzando tali ra<strong>di</strong>azioni, è possibile decifrare le informazioni che esse nascondono:<br />

è quello che sono riusciti a fare gli astronomi, che hanno messo a punto meto<strong>di</strong> e tecniche <strong>di</strong> ricerca<br />

veramente efficaci.<br />

NASCITA, EVOLUZIONE E MORTE DI UNA STELLA<br />

La formazione <strong>di</strong> una stella prende avvio all'interno delle nebulose, ammassi <strong>di</strong> fine materia interstellare,<br />

formate <strong>di</strong> polveri e gas fred<strong>di</strong> (soprattutto H ed He); al loro interno possono innestarsi moti turbolenti<br />

2<br />

dovuti a fenomeni contingenti (p.es. l'esplosione <strong>di</strong> una stella vicina), provocando un avvicinamento<br />

ed un inizio <strong>di</strong> aggregazione tra i corpuscoli della nube. Proseguendo l'addensamento e la contrazione<br />

aumenta l'energia cinetica, e <strong>di</strong> conseguenza la temperatura, del corpo gassoso, che prende il nome<br />

<strong>di</strong> protostella. Per la forza <strong>di</strong> gravità la contrazione prosegue finché il nucleo della protostella non<br />

raggiunge temperature dell'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 15 milioni <strong>di</strong> K, sufficienti a far innescare il processo <strong>di</strong> fusione<br />

termonucleare dell'idrogeno in elio. L'energia termica liberata dalla fusione nel nucleo compensa la<br />

forza gravitazionale, giungendo così ad una fase <strong>di</strong> stabilità, durante la quale la stella adulta si trova<br />

sulla sequenza principale del <strong>di</strong>agramma <strong>di</strong> H-R (cfr. §3.2.).<br />

Quando l'idrogeno è prossimo all'esaurimento, la forza <strong>di</strong> gravità non è più bilanciata dall'energia<br />

termica; il materiale soprastante, non più sostenuto dal basso, torna a cadere verso il centro.<br />

La temperatura al suo interno sale fino a valori abbastanza alto da innescare le reazioni termonucleari.<br />

Viene così prodotta energia in un “guscio” interno che circonda la zona centrale (nucleo), dove<br />

l’idrogeno incombusto si trasforma in elio. L’energia così prodotta “spinge via” l’involucro gassoso<br />

esterno che si espande enormemente e si raffredda: si ha la gigante rossa.<br />

Se la massa iniziale della stella è sufficientemente elevata, si innescano altre reazioni termonucleari<br />

che producono nuovi elementi chimici; quando<br />

l’idrogeno tende ad esaurirsi, l’elio si trasforma in<br />

carbonio; successivamente si formano elementi<br />

sempre più complessi. Tuttavia neppure le stelle <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mensioni molto elevate riescono a mantenere<br />

indefinitamente le fusioni nucleari perché, giunti<br />

alla produzione del ferro la catena si interrompe:<br />

dal ferro in poi la fusione può essere ottenuta solo<br />

fornendo energia. Questa fase segna l’arresto<br />

definitivo della produzione <strong>di</strong> energia<br />

termonucleare all’interno della stella: è la fine. Il<br />

Sequenza principale<br />

materiale collassa rapidamente, liberando energia<br />

gravitazionale in quantità tale da far esplodere la<br />

stella.<br />

DIAGRAMMA DI HERTZSPRUNG-RUSSELL<br />

All'inizio <strong>di</strong> questo secolo gli astronomi Ejnar Hertzsprung e Henry Russell riportarono in un<br />

<strong>di</strong>agramma la relazione fra la luminosità e la temperatura superficiale delle stelle. La <strong>di</strong>sposizione dei<br />

punti sul <strong>di</strong>agramma riflette le gran<strong>di</strong> linee dell'evoluzione stellare; le stelle sono in gran parte<br />

raggruppate sotto una stretta banda, detta Sequenza Principale. Questo stato corrisponde alla fase<br />

12 12<br />

12


stabile <strong>di</strong> combustione dell'idrogeno nel nucleo della stella. Un altro gruppo <strong>di</strong> stelle si estende<br />

orizzontalmente sopra la Sequenza Principale, ed è costituito <strong>di</strong> giganti e supergiganti rosse. Infine,<br />

occupano la regione situata al <strong>di</strong> sotto della Sequenza Principale delle nane bianche.<br />

EVOLUZIONE STELLARE IN BASE ALLA MASSA<br />

La massa <strong>di</strong> una stella ne con<strong>di</strong>ziona il cammino dopo lo sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> gigante rossa, in<strong>di</strong>rizzandola verso<br />

lo sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> nana bianca, nova, pulsar o buco nero.<br />

NANE BIANCHE<br />

Se la massa iniziale è <strong>di</strong> poco inferiore a quella del sole, la stella<br />

collassa per gravità fino a <strong>di</strong>venire un corpo delle <strong>di</strong>mensioni<br />

della Terra, con densità <strong>di</strong> milioni <strong>di</strong> g/cm 3 , e la materia che la<br />

compone si presenta in uno “stato degenere”; concentrata in<br />

una superficie talmente ridotta, la temperatura <strong>di</strong>viene così<br />

elevata che la stella è letteralmente scaldata al calor bianco: si<br />

stima superare i <strong>di</strong>eci milioni <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>. Queste due caratteristiche,<br />

piccolissime <strong>di</strong>mensioni e temperatura superficiale elevata, le<br />

valgono il nome <strong>di</strong> nana bianca. E’ stato calcolato che possono<br />

vivere più <strong>di</strong> 2000 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni in questo stato. Ma anche<br />

esse sono destinate a raffreddarsi lentamente ed a <strong>di</strong>venire corpi<br />

oscuri <strong>di</strong> materia inerte (nane nere).<br />

NOVÆ<br />

Stelle con massa iniziale prossima o <strong>di</strong> poco maggiore a quella<br />

del Sole (tra 0.8 e 8 volte), finiscono ugualmente come nane<br />

bianche, attraversando, però, prima una fase particolare. Durante<br />

lo sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> giganti rosse, espellono i loro strati più esterni che<br />

trascinati dal vento stellare danno origine a nubi sferiche <strong>di</strong> gas in espansione dette nebulose<br />

planetarie. Con la per<strong>di</strong>ta dell'involucro esterno la stella si trasforma in un nucleo rovente, che si<br />

contrae e si riscalda ulteriormente, la cui ra<strong>di</strong>azione provoca la luminosità della nebulosa planetaria<br />

per un fenomeno <strong>di</strong> fluorescenza. Dopo alcune migliaia <strong>di</strong> anni la fusione si esaurisce, la stella inizia<br />

a raffreddarsi, perde luminosità e <strong>di</strong>venta una nana bianca.<br />

In alcuni casi si osservano improvvise esplosioni stellari, caratterizzate da un rapi<strong>di</strong>ssimo aumento <strong>di</strong><br />

luminosità (fino a 150 000 volte): tali stelle sono dette novæ e si ritiene che si manifestino in un<br />

sistema binario, costituito da una gigante rossa molto vicina ad una nana bianca calda. La nana<br />

bianca attrarrebbe gas ricco <strong>di</strong> idrogeno strappandolo alla gigante rossa; tale materia viene riscaldata<br />

nel processo <strong>di</strong> avvicinamento tanto da giungere un valore prossimo al milione <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>, sì da innescare<br />

una violenta reazione termonucleare. La nana bianca torna poi allo stato <strong>di</strong> riposo accumulando gas<br />

fino ad una nuova esplosione.<br />

PULSAR<br />

Se la massa della stella supera <strong>di</strong> almeno una decina <strong>di</strong> volte quella del Sole la teoria dell'evoluzione<br />

stellare in<strong>di</strong>ca che all'esaurirsi del combustibile nucleare, il collasso gravitazionale sarebbe così grande<br />

da provocare un'immane esplosione che <strong>di</strong>sperde gran parte della stella nello spazio; tali stelle sono<br />

dette supernovæ. Il materiale residuo collassa per gravità ma la sua massa è ancora così grande che<br />

la contrazione fa assumere alla materia una densità fino ad un valore critico <strong>di</strong> 10 14 g/cm 3 . Basti<br />

pensare che 100 000 tonnellate <strong>di</strong> materia starebbero in un <strong>di</strong>tale da cucito! In queste con<strong>di</strong>zioni la<br />

materia subisce un'ulteriore trasformazione: grazie ad un deca<strong>di</strong>mento β inverso, un protone ed un<br />

13 13<br />

13


elettrone reagiscono e formano un neutrone ed un neutrino. La stella raggiunge un <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> soli<br />

20~30 Km. Questa stella <strong>di</strong> neutroni è <strong>di</strong>fficilmente in<strong>di</strong>viduabile per via ottica, ma è stata scoperta<br />

nel 1967 da Jocelyn Bell a causa delle sue caratteristiche emissioni <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azioni; poiché il suo campo<br />

magnetico è molto forte e la velocità <strong>di</strong> rotazione aumenta moltissimo a causa della contrazione<br />

(fino a decine <strong>di</strong> giri al secondo), l'energia che essa <strong>di</strong>ffonde nello spazio (onde ra<strong>di</strong>o, luce, raggi X<br />

e γ) appare a chi la osserva come una rapida pulsazione ritmica. Questi oggetti sono chiamati pulsar.<br />

BLACK HOLES<br />

“... Buchi neri, è un soprannome denigratorio, dettato dall’invi<strong>di</strong>a: sono tutto il contrario <strong>di</strong> buchi,<br />

non c’è nulla <strong>di</strong> più pieno e pesante e denso e compatto, con una ostinazione nel reggere la gravità<br />

che portano in sé, come stringendo i pugni, serrando i denti, inarcando la gobba ... ”<br />

(M. Calvani - M. Capaccioli).<br />

Anche se con le stelle <strong>di</strong> neutroni la densità sembra aver raggiunto i suoi limiti, esistono altri corpi,<br />

<strong>di</strong> massa originaria pari a qualche decina <strong>di</strong> volte quella del Sole, che dopo la fase <strong>di</strong> supernova,<br />

subisce un collasso gravitazionale, cui nessuna forza può far fronte; questi corpi sono detti black holes<br />

(buchi neri), che si presentano come vortici in grado <strong>di</strong> attrarre entro <strong>di</strong> sé qualunque corpo o<br />

particella, comprese le ra<strong>di</strong>azioni, anche quelle luminose.<br />

Il termine black holes venne utilizzato per la prima volta il 29 <strong>di</strong>cembre 1967, durante una conferenza<br />

data a New York da John Archibald Wheeler. La definizione elementare <strong>di</strong> buco nero è la seguente:<br />

una regione dello spazio-tempo all’interno della quale il<br />

campo gravitazionale è tanto intenso da impe<strong>di</strong>re alla<br />

materia ed alla ra<strong>di</strong>azione <strong>di</strong> sfuggire. Poiché un campo<br />

gravitazionale intenso significa anche <strong>di</strong>re elevata<br />

concentrazione <strong>di</strong> materia, per “fabbricare” un buco nero,<br />

Quando le <strong>di</strong>mensioni della stella sono<br />

inferiori a R , essa è ormai un Black Hole<br />

bisogna quin<strong>di</strong> che una certa massa sia racchiusa entro un<br />

certo volume critico, le cui <strong>di</strong>mensioni sono date, nel caso<br />

sferico, dal raggio <strong>di</strong> Schwarzschild:<br />

ℜ= 2 2<br />

MG0<br />

2<br />

c<br />

L'IMPRIGIONAMENTO DELLA LUCE<br />

Supponiamo che una stella perfettamente sferica ed immersa nel vuoto, collassi senza alcuna<br />

<strong>di</strong>storsione al <strong>di</strong> sotto del proprio raggio <strong>di</strong> Schwarzschild e la sua calda superficie emetta ra<strong>di</strong>azione.<br />

Ora esamineremo il progressivo imprigionamento della luce e la transizione verso lo stato <strong>di</strong> buco<br />

nero. In figura sono rappresentati quattro<br />

episo<strong>di</strong> del collasso gravitazionale <strong>di</strong> una<br />

stella che trattiene sempre più la luce.<br />

Prima del collasso (a), la massa della stella<br />

occupa un volume molto maggiore <strong>di</strong><br />

quello delimitato dal raggio <strong>di</strong><br />

Schwarzschild. Secondo la teoria della<br />

<strong>relatività</strong> generale, il suo campo<br />

gravitazionale influenza solo leggermente<br />

lo spazio-tempo e la luce emessa in un<br />

punto della superficie della stella può<br />

sfuggire in linea retta in qualsiasi <strong>di</strong>rezione.<br />

Poi la stella collassa (b) e, mano a mano<br />

che il raggio della stella si avvicina a R, la<br />

curvatura dello spazio tempo si accentua Le quattro fasi dell’imprigionamento della luce<br />

14<br />

14


e le traiettorie dei raggi luminosi sono deviate dalla linea retta. Quando il raggio della stella raggiunge<br />

il valore 1,5 R, i segnali luminosi emessi tangenzialmente ricadono sulla superficie come il getto <strong>di</strong><br />

una fontana. Man mano che il collasso prosegue, sempre meno raggi luminosi riescono ad evadere<br />

ed il cono <strong>di</strong> scappamento della luce (porzione <strong>di</strong> spazio-tempo entro il quale risiedono i raggi<br />

luminosi in grado <strong>di</strong> sfuggire dalla stella) si assottiglia (c). Quando la stella raggiunge la <strong>di</strong>mensione<br />

critica R, tutti i raggi luminosi sono imprigionati, anche quelli che vengono emessi ra<strong>di</strong>almente.<br />

Il cono <strong>di</strong> scappamento si è completamente chiuso e la sfera fotonica è scomparsa: è così nato il buco<br />

nero (d).<br />

DENTRO I BLACK HOLES<br />

A <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> nane bianche e stelle <strong>di</strong> neutroni, in cui il collasso gravitazionale è interrotto dalla<br />

resistenza interna della materia, una volta varcato il raggio <strong>di</strong> Schwarzschild niente può arrestare il<br />

collasso gravitazionale del buco nero. La massa è teoricamente concentrata nel suo centro, nella<br />

cosiddetta singolarità (concetto molto complesso, non ancora risolto completamente dalla fisica<br />

moderna, che ci limitiamo solo a nominare).<br />

L'interno <strong>di</strong> un buco nero viene talvolta assimilato<br />

ad un mondo alla rovescia e trae origine dalla<br />

seguente analogia. Nella regione esterna al buco<br />

nero è possibile spostarsi nello spazio in una<br />

<strong>di</strong>rezione qualsiasi, mentre il tempo scorre in una<br />

sola <strong>di</strong>rezione (causalità §2.7.). All'interno del<br />

black hole i ruoli sono invertiti: la coor<strong>di</strong>nata che<br />

in<strong>di</strong>cava il tempo <strong>di</strong>viene del tipo spaziale, mentre<br />

quella che descrive la <strong>di</strong>stanza dal centro del buco<br />

<strong>di</strong>viene <strong>di</strong>rettiva (come il tempo cui siamo<br />

abituati). La materia perciò è condannata a vedere<br />

Le traiettorie possibili vicino ad un Black Hole<br />

la sua coor<strong>di</strong>nata <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza sempre <strong>di</strong>minuire,<br />

così come nello spazio-tempo gli eventi sono<br />

trascinati verso tempi sempre crescenti.<br />

Fra il momento in cui un corpo precipita in caduta libera verso un buco nero ed il momento in cui<br />

esso raggiunge la singolarità centrale trascorre un intervallo <strong>di</strong> tempo proprio ben definito. Tuttavia,<br />

l'avvicinamento al buco nero visto da un osservatore esterno implica un tempo apparente infinito:<br />

l'attraversamento dell'orizzonte degli eventi (limite del buco nero) per lui non si verifica mai.<br />

LA DISCESA NEL MÆLSTRÖM<br />

Osservando un vortice, sia che si tratti del semplice<br />

mulinello d'acqua che si forma allo scarico della vasca<br />

da bagno, sia che dei giganteschi Mælström prodotti<br />

dalle correnti marine, è possibile notare la loro analogia<br />

coi buchi neri. In un vortice l'acqua è trascinata in un<br />

movimento a spirale scomponibile in un moto<br />

circolare con velocità tangenziale, ed in un moto<br />

traslatorio con velocità ra<strong>di</strong>ale.<br />

Immaginiamo una nave a motore, la cui velocità<br />

massima sia 25 Km/h; può evidentemente muoversi<br />

secondo il volere del pilota, lontano dal vortice; ma<br />

avvicinandosi ad esso arriverà ad un punto in cui la<br />

velocità circolare della corrente marina sarà uguale a<br />

25 Km/h (limite L). In questo momento critico la nave<br />

L<br />

rotte possibili<br />

Le traiettorie possibili dentro un Black Hole<br />

M<br />

15 15<br />

15


non è più capace <strong>di</strong> mantenere la <strong>di</strong>rezione voluta dal pilota, neppure facendo girare il motore a tutta<br />

forza. Le sue possibilità <strong>di</strong> navigazione si riducono mano a mano che si sprofonda, ma può ancora<br />

uscirne navigando lungo una rotta a spirale uscente. Oltre un certo limite M, la velocità ra<strong>di</strong>ale<br />

raggiunge i 25 Km/h: a questo punto le rotte possibili si immergono talmente nelle fauci che la nave<br />

viene inghiottita dal Mælström e <strong>di</strong>strutta.<br />

L'analogia col black hole è chiarissima: il centro del vortice è il buco nero, la superficie del mare<br />

scavata dal vortice è lo spazio tempo incurvato dalla gravitazione, e la nave è un veicolo spaziale o<br />

una particella la cui velocità massima è c.<br />

Il limite L viene denominato limite statico. Il limite M oltre il quale la nave viene inesorabilmente<br />

inghiottita è l'orizzonte degli eventi, il vero e proprio confine del buco nero. La regione tra i due è<br />

stata definita da John Wheeler ergosfera, poiché teoricamente è possibile sfruttarne alcune proprietà<br />

per estrarre energia <strong>di</strong> rotazione.<br />

CONCLUSIONI<br />

Da quando il telescopio spaziale Hubble è entrato in orbita, ci capita sempre più spesso <strong>di</strong> rimanere<br />

increduli <strong>di</strong> fronte a quegli “esotici” oggetti che ci vengono esposti in rassegna. Volendo approfon<strong>di</strong>re<br />

la natura ed il funzionamento dei corpi celesti, pur rimanendo entro i nostri limiti <strong>di</strong> studenti liceali,<br />

abbiamo deciso <strong>di</strong> inoltrarci nello sconfinato campo dell’astrofisica, pur ricordando le celebri parole<br />

<strong>di</strong> Dante. L’elemento più importante che ci ha spinti a compilare questo compen<strong>di</strong>o è la sensazione<br />

<strong>di</strong> infinità e <strong>di</strong> ignoto che infonde l’osservazione dell’Universo.<br />

Volendo qui terminare e non <strong>di</strong>lungarci maggiormente, vorremmo ricordare una frase che ha<br />

caratterizzato lo spirito <strong>di</strong> questo lavoro:<br />

“L’eternità è lunga... soprattutto verso la fine” (Woody Allen).<br />

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16<br />

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