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Uso del dizionario - Facoltà di Lettere e Filosofia

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Dizionario<br />

Facciamo un esempio pratico con la prima parte <strong>del</strong> brano 2 a p. 317, Cicerone ottimo governatore <strong>del</strong>la<br />

Cilicia.<br />

Alle informazioni, molto utili, premesse al brano, aggiungiamo che la carica fu ricoperta da Cicerone dal 51 al 50 a.C.<br />

Dopo aver letto con attenzione l’intero brano si procede all’analisi <strong>del</strong>le singole frasi.<br />

Cicero a senatu in Ciliciam proconsul missus est. Frase semplice, con una sola forma verbale, in<strong>di</strong>cativo<br />

perfetto passivo terza persona singolare <strong>di</strong> mitto,is, misi, missum, mittĕre. Il verbo dovrebbe essere noto; se non lo è, per<br />

risalire alla prima persona singolare <strong>del</strong> pres. in<strong>di</strong>cativo attivo (lemma <strong>del</strong> <strong><strong>di</strong>zionario</strong>) è sufficiente cercare il supino<br />

missum (ricor<strong>di</strong>amo che il part. pf. si forma dal tema <strong>del</strong> supino: è quin<strong>di</strong> facile risalire dal part. pf. <strong>del</strong>la forma missus<br />

est al supino missum). La voce mitto è molto ampia, ma qui si comprende subito che l’accezione appropriata è quella<br />

fondamentale e più generale <strong>del</strong> verbo, “inviare, mandare”. Il verbo richiede un soggetto singolare, ovviamente al<br />

nominativo: in questa frase abbiamo due sostantivi al nominativo Cicero, Cicerōnis e proconsul, proconsŭlis. Dopo<br />

averli in<strong>di</strong>viduati occorre chiedersi quale sia la loro funzione nella frase: anche la collocazione <strong>del</strong>la parole dovrebbe<br />

in<strong>di</strong>rizzare alla trad. “Cicerone fu mandato come proconsole”, intendendo correttamente proconsul come compl.<br />

pre<strong>di</strong>cativo <strong>del</strong> soggetto Cicero, piuttosto che a quella, in teoria egualmente possibile, “il proconsole Cicerone fu<br />

mandato” (interpretando proconsul come apposizione <strong>del</strong> soggetto). Attenzione alla trad. <strong>del</strong> perfetto: sappiamo che ad<br />

esso corrispondono il passato remoto, il passato prossimo e il trapassato remoto italiani. Esclu<strong>di</strong>amo subito il trapassato<br />

remoto, usato <strong>di</strong> solito con valore relativo (processo verbale anteriore ad un altro passato); fra passato prossimo (“è stato<br />

mandato”) e passato remoto (“fu mandato”), la scelta cadrà sul passato remoto, dal momento che il brano espone fatti<br />

storici, lontani e <strong>del</strong> tutto conclusi. Ma soprattutto occorre non farsi ingannare dalla forma missus est, che potrebbe<br />

suggerire la trad. errata “è mandato”: si tratta <strong>di</strong> una forma verbale unica, non <strong>del</strong>la giustapposizione <strong>di</strong> est (“è”) e<br />

missus (“mandato”: ricor<strong>di</strong>amo che il part. pf. significa “che è stato, che fu mandato”). La forma passiva è<br />

accompagnata dal compl. d’agente (v. p. 76) a senatu (senatus, -us, m. sost. <strong>del</strong>la IV decl.). Infine, in Ciliciam non può<br />

che essere un compl. <strong>di</strong> moto a luogo: “Cicerone fu mandato dal senato come proconsole in Cilicia”.<br />

Tum vero ob Romanorum cladem et victoriam Parthorum Cilīces magnam spem rerum novarum habebant, sed<br />

Cicero iustitiā et moderatione suā provinciam ad fidem benevolentiamque reduxit<br />

In<strong>di</strong>viduati i verbi presenti nel periodo, habebant e reduxit, in primo luogo occorre comprendere in quale<br />

relazione stiano fra loro: la congiunzione avversativa coor<strong>di</strong>nante sed (v. p. 94 e p. 131) chiarisce che le due<br />

proposizioni sono al medesimo livello gerarchico, sono cioè due principali; inoltre il significato <strong>del</strong>la congiunzione,<br />

“ma”, in<strong>di</strong>ca che c’è opposizione fra le due proposizioni.<br />

Per ogni verbo occorre in<strong>di</strong>viduare il soggetto, che può anche non essere espresso (sogg. pronominale o<br />

sottinteso): sarà plurale per habebant e singolare per reduxit, in entrambi i casi al nominativo. Nella prima proposizione<br />

la sola parola con desinenza <strong>di</strong> nominativo plurale è Cilĭces: è certamente il soggetto <strong>di</strong> habebant. Nella seconda frase, il<br />

solo vocabolo al nominativo singolare è Cicero (Cicerōnis), soggetto <strong>di</strong> reduxit. Il segno <strong>del</strong>la lunga su iustitia (e su sua)<br />

informa infatti che le due parole sono in caso ablativo. In entrambe le proposizioni i verbi hanno un compl. oggetto, in<br />

accusativo: magnam spem e provinciam; infine entrambe le proposizioni contengono anche complementi in<strong>di</strong>retti ob<br />

cladem et victoriam la prima (ciascuno dei due vocaboli è determinato da un genitivo, rispettivamente Romanorum e<br />

Parthorum); iustitiā et moderatione suā e ad fidem benevolentiamque (= et benevolentiam) la seconda.<br />

Solo a questo punto, dopo aver compreso la struttura <strong>del</strong>le frasi, e aver in<strong>di</strong>viduato i complementi, si può<br />

consultare il <strong><strong>di</strong>zionario</strong> per conoscere e scegliere il significato dei vocaboli non ancora noti.<br />

Tum: avv. <strong>di</strong> tempo; i valori fondamentali sono due 1) “allora, in quel tempo” 2) “poi, in seguito”<br />

vero: i lemmi presenti nel <strong><strong>di</strong>zionario</strong> sono tre 1. vero, -as, -āre “<strong>di</strong>re la verità” 2. vero, verōnis, m. = veru,<br />

“giavellotto” 3.vero avv., con due valori fondamentali, asseverativo “invero, certo” e avversativo “tuttavia”. E’ ovvio<br />

che vanno subito scartati i lemmi 1 e 2: a parte ogni altra considerazione, un verbo alla prima persona singolare (il testo<br />

è narrativo, con verbi tutti alla terza persona) e un sostantivo al nominativo singolare (il sogg. <strong>di</strong> questa frase deve<br />

essere plurale, ed è stato già in<strong>di</strong>viduato in Cilĭces) non possono trovar posto in questa frase. Il lemma da considerare è<br />

il 3, e l’accezione adatta a questo contesto è la prima (“invero”), perché segue la congiunzione avversativa sed: l’autore<br />

presenta la situazione <strong>di</strong>fficile che “allora, a quel tempo” (non “poi”) Cicerone trovò nella sua provincia, e che seppe<br />

affrontare e risolvere.<br />

Cilĭces: nom. plur. <strong>del</strong>l’agg. etnico sostantivato Cilix, Cilĭcis; è intuitivo che è il nome <strong>del</strong>la popolazione <strong>del</strong>la<br />

Cilicia, ed è, come si è detto, il soggetto <strong>di</strong> habebant<br />

ob Romanorum cladem et victoriam Parthorum: compl. <strong>di</strong> causa (v. pp. 159-160); la preposizione ob regge<br />

entrambi gli accusativi. Non dovrebbero esserci problemi per in<strong>di</strong>viduare il nominativo <strong>di</strong> Romanorum,<strong>di</strong> victoriam e <strong>di</strong><br />

Parthorum; anche i significati <strong>di</strong> queste parole sono trasparenti. Forse solo cladem (termine peraltro molto comune, <strong>di</strong><br />

significato probabilmente già noto) richiede più impegno: la des. –em in<strong>di</strong>ca che può trattarsi <strong>di</strong> un sostantivo <strong>del</strong>la III o<br />

<strong>del</strong>la V decl.; facciamo l’ipotesi che sia <strong>del</strong>la III (molto più ricca <strong>di</strong> sostantivi). Il tema sarà in vocale 1 : il nom. sing. sarà<br />

dunque cla<strong>di</strong>s (attestato ma meno frequente) o clades, “sconfitta, <strong>di</strong>sfatta”. Insieme al gen. Romanorum significa “la<br />

sconfitta subita dai Romani”; così victoriam Parthorum sarà “la vittoria conseguita dai Parti”<br />

magnam spem rerum novarum habebant: il pre<strong>di</strong>cato habebant (sogg. Cilices) è imperfetto in<strong>di</strong>cativo <strong>di</strong> habeo,<br />

verbo molto comune, <strong>di</strong> significato certo noto. Dall’imperfetto, che si forma dal tema <strong>del</strong> presente, posso comunque<br />

1 In realtà potrebbe anche essere in consonante dentale, con nominativo sigmatico, come laus, lau<strong>di</strong>s, ma dal momento<br />

che un sostantivo *clas, cla<strong>di</strong>s non esiste, l’altra ipotesi (tema in vocale) è quella corretta.<br />

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