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Corpo a corpo. La madre - Pedagogika

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<strong>Pedagogika</strong>.it/2010/XIV_2/<strong>corpo</strong>_a_<strong>corpo</strong>.la_<strong>madre</strong>/disfare_la_<strong>madre</strong>,_rifare_la_<strong>madre</strong><br />

84<br />

<strong>La</strong> fantasia di poter cancellare i segni del tempo - il linguaggio figurale del <strong>corpo</strong><br />

storico - più che un rifiuto dell’invecchiamento in sé e per sé ha a che fare con il ritorno<br />

di un rimosso che affonda le sue radici nell’origine stessa dell’Io. <strong>La</strong> fantasia di<br />

sostituire i pezzi difettosi del nostro <strong>corpo</strong> (i trapianti sono un esempio significativo)<br />

porta traccia di un <strong>corpo</strong>, preverbale, fatto di parti non integrate tra loro che lo sguardo<br />

di un altro ha riunificato in una forma riconoscibile perché simile alla propria.<br />

“Tu sei il mio bambino” significa “tu sei come me”, della stessa specie cioè.<br />

Il riferimento al momento del riconoscimento del bambino da parte della <strong>madre</strong><br />

rinvia alla funzione strutturante che nell’economia del mio discorso fanno della<br />

presenza e dello sguardo materni i primi fattori identificanti su cui la psiche nascente<br />

può fare presa. <strong>La</strong> <strong>madre</strong> come persona quindi e non solo come funzione è colei<br />

a cui spetta di identificare il figlio come l’altro che condivide con lei l’appartenenza<br />

alla stessa gestalt della specie umana mentre nell’epoca prenatale c’era stata anche<br />

una condivisione dei corpi.<br />

Ma - e qui è il punto problematico - perché questo altro che ha la funzione di<br />

primo identificante non è intercambiabile con una persona di sesso maschile? E<br />

questo è poi vero?<br />

<strong>La</strong> relazione dell’Io con l’immagine nasce nel momento definito da <strong>La</strong>can come<br />

stadio dello specchio. Incontro decisivo tra chi guarda e il suo riflesso, un incontro<br />

tuttavia che assume il suo vero significato solo se si tiene conto di “quel movimento<br />

dello sguardo del bambino che si scopre nello specchio, che lo conduce verso lo<br />

sguardo della <strong>madre</strong> alla ricerca della conferma della bellezza dell’immagine, prima<br />

di ritornare allo specchio e al suo riflesso speculare.” 5<br />

Notiamo che a quell’età ci vuole una persona adulta alle spalle del bambino che<br />

lo sostenga e gli dia così modo di osservarsi nello specchio stando in piedi, posizione<br />

che la sua motricità ancora non gli consente.<br />

Nello specchio si riflettono dunque due figure di cui una, più piccola, sovrapposta<br />

e in qualche modo “incorniciata” dalla figura più grande. Vi sono anche due<br />

sguardi che si cercano, precursori di ogni altro desiderio di “essere cercati con gli<br />

occhi” come si dice degli innammorati.<br />

Tutto questo però non dimostra che l’appoggio al bambino sia necessariamente<br />

quello fornito dalla <strong>madre</strong>. Tuttavia se lo stadio dello specchio è preso anche nel<br />

suo significato metaforico si comprenderà meglio perché la “tonalità” dello sguardo<br />

che conferma il bambino deve essere carica di significati che apparterranno solo in<br />

un secondo tempo al mondo immaginario del bambino. Davanti allo specchio si<br />

verifica un evento che virtualizza il parto, la separazione cioè di due corpi di cui<br />

uno dei due conteneva l’altro. L’evento della nascita è estraniante soprattutto per<br />

la <strong>madre</strong> che deve riconoscere come parte di sé un altro divenuto la proiezione<br />

esternalizzata di una parte di sé. 6<br />

5 P. Aulagnier, Op. cit., p. 232<br />

6 Oltre il discorso lacaniano, anche se a partire da esso, si colloca la mia ipotesi: l’immagine che<br />

fonda l’io individuale è un’immagine composta da due entità. Ne dà conto in modo suggestivo

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