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Corpo a corpo. La madre - Pedagogika

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<strong>Pedagogika</strong>.it/2010/XIV_2/<strong>corpo</strong>_a_<strong>corpo</strong>.la_<strong>madre</strong>/disfare_la_<strong>madre</strong>,_rifare_la_<strong>madre</strong><br />

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essere cambiati come compatibile con l’insieme a cui sentiamo di appartenere.<br />

E’ una delle illusioni sostenute dall’affermazione che “mater semper certa est” che<br />

ci inchioda lei e noi alla letteralità del <strong>corpo</strong> biologico della <strong>madre</strong>, mettendo così in<br />

scacco la qualità simbolica dell’azione identificante svolta dalla <strong>madre</strong> dell’origine.<br />

L’esperienza che fonda l’Io, anche se non l’unica ad avere questa funzione, si ripresenta<br />

ad un certo punto della vita sotto forma rovesciata: guardandoci nello specchio - o<br />

peggio ancora negli occhi di un altro che non ci riconosce - arretriamo nel tentativo<br />

di mettere fuori fuoco, fino a farla scomparire, l’immagine perturbante. Solo successivamente<br />

accettiamo che lì di fronte c’è qualcosa di noi. Il fatto di riconoscere solo<br />

parti di noi ci riporta ad un’immagine <strong>corpo</strong>rea frammentata come quella dell’infans<br />

prima che lo sguardo della <strong>madre</strong> lo raccogliesse in una forma compiuta anche se per<br />

motivi opposti: invece che la prematurazione la eccessiva maturazione.<br />

Questo inevitabile accadimento ci pone di fronte all’avvenuta distruzione della<br />

<strong>madre</strong> che sostenne la nostra prima messa in forma. Davanti allo specchio della<br />

nostra maturità siamo dunque soli e disorientati per via di una nuova alienazione<br />

rispetto a quella originaria del <strong>corpo</strong> rispetto all’immagine, questa volta è relativa<br />

alla necessità di riconoscere l’alienazione dell’immagine che portiamo con noi rispetto<br />

a quella che ci fissa dallo specchio.<br />

E’ proprio all’assunzione di nuove immagini che l’Io resiste. Della sua origine<br />

relazionale l’Io non vuole saper\ne e quell’alter-in-azione che gli sta di fronte viene<br />

rigettato quando non odiato.<br />

E’ quindi tanto più arduo stabilire come e quando ha inizio l’esperienza della<br />

differenza sessuale. Questo però, ormai lo sappiamo, non è vero per la <strong>madre</strong>.<br />

Includere nei confini del proprio Io l’immagine di una bambina o di un bambino<br />

carica necessariamente di diverse intonazioni lo sguardo materno.<br />

Nella costituzione dell’Io vi è una doppia illusione: la prima è relativa all’immagine<br />

riflessa nello specchio che assumiamo ingannevolmente come facente parte di noi senza<br />

renderci conto della s-<strong>corpo</strong>razione pagata come tributo alla necessità di dare un ordine<br />

al “disordine” che il <strong>corpo</strong> immette nei nostri processi mentali. <strong>La</strong> seconda illusione,<br />

quella meno esplorata e più segreta, è relativa al fatto che all’origine dell’Io singolare<br />

vi è in realtà un due, l’immagine sovrapposta di una donna e un bambino, che fa la<br />

parte dell’uno. Sembra plausibile che quell’immagine che lo specchio rinvia all’infans<br />

rimanga a fondamento di un Io mai veramente uno. L’altro che tormenta le nostre notti<br />

composto cioè di due entità che si confermano e autorizzano vicendevolmente. L’immagine<br />

che fonda l’Io af-fonda le sue radici nella perdita del fronteggiamento ipnotico<br />

che caratterizza le prime e più precoci fasi del rapporto <strong>madre</strong>-bambino.<br />

All’origine della prerogativa, solo umana, di pronunciare la parola Io, principio<br />

di delimitazione e libertà, radice della nostra soggettività vi è dunque un ombra<br />

che non ha a che fare con la patologia poiché fonda e non altera. Ombra che ci<br />

oscura nei momenti della differenziazione, come se dovesse ripetersi quell’oscuramento<br />

originario, quel gettare la nostra ombra su di lei e quel suo essere oscurata<br />

parzialmente da noi. Cosa vediamo nello specchio del tempo se non la sua sagoma<br />

oscurata? Il mal d’immagine come si sa appartiene ad ogni età e sempre la formula

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