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Dicembre 2010 - Chiusaforte(Ud)

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Le Vous di Sclûse<br />

PER OGNI COSA IL SUO MOMENTO…<br />

“… il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo…” così<br />

esordisce il testo del libro del Quoelet. Mi paiono queste<br />

le espressioni più consone per leggere con gli occhi della<br />

fede la nostra presenza e il suo specifi co compito nel tempo<br />

concessoci da Dio. Ogni nostra azione e opera si colloca<br />

in quel dato e preciso momento perché, chissà, oltre quel<br />

margine non darebbe i frutti sperati. Un’immagine questa<br />

per esprimere come anche nei rapporti umani ci sono legami<br />

che si stabiliscono per quel preciso arco di tempo per<br />

poi interrompersi anche se mai destinati a dissolversi nel<br />

tempo. Ciò avviene in diverse situazioni della vita, sul lavoro,<br />

nelle amicizie, nell’ambito familiare come pure nel<br />

rapporto fra una comunità cristiana e il suo pastore. Per<br />

me e per voi sono stati dieci anni, apparentemente tanti e<br />

nello stesso tempo un soffi o. “C’è un tempo per nascere e<br />

un tempo per morire” prosegue il testo, come per il ciclo<br />

naturale della vita così nella dimensione umana dei rapporti<br />

c’è sempre un nuovo nascere, un conoscere persone e un<br />

interagire con loro, un entrare nei loro vissuti, uno scandire<br />

i loro tempi, un crearsi di rapporti di stima e profonda amicizia<br />

tanto da confl uire in una familiarità senza precedenti.<br />

E’ un morire il momento in cui un legame si interrompe<br />

non per incompatibilità o scelta di una delle due parti, ma<br />

per una chiamata fondata sulla missione che ci vede operare<br />

nell’unica vigna, ma non in un unico fi lare della stessa.<br />

“Un tempo per piantare e un tempo per sradicare…”: è<br />

l’evolversi della scelta che ti vede innestato nella vite per la<br />

cui causa sei chiamato a operare e favorirne la maturazione<br />

e assicurare i frutti, il cui unico artefi ce è il Signore. C’è<br />

anche il tempo della messe spesso soddisfacente altre volte<br />

misera. “Un tempo per cercare, un tempo per perdere”: anche<br />

quando non ci si cerca e sceglie, perché non ci si conosce,<br />

c’è sempre Qualcuno che ti pone in continua ricerca e<br />

che non rende inutile e insignifi cante il tuo impegno seppur<br />

chiamato a raccogliere quel poco che sembra una perdita,<br />

ma non lo è mai se colto con lo sguardo degli occhi di Dio.<br />

E infi ne “c’è un tempo per serbare e un tempo per buttar<br />

via” che è come custodire tutto ciò che di buono ancora<br />

Dio sa coltivare con noi, ma pure la necessità di liberarsi<br />

di ciò che non è indispensabile e assoluto, ma passeggero.<br />

Sì, come transitorio è sicuramente il mandato e altrettanto<br />

il rapporto di un pastore insieme alla comunità cristiana,<br />

essendo esclusivamente un inviato di Dio al mondo ed a<br />

una chiesa particolare, ma che non è mai Gesù Cristo, unico<br />

e vero pastore e agricoltore nella vigna del suo Regno.<br />

Siamo tutti invitati a entrare nella prospettiva in cui siamo<br />

chiamati come ministri, che supera sempre i confi ni di una<br />

porzione ristretta, perché la Chiesa e molto più universale<br />

degli stessi confi ni che la circoscrivono. Alla stessa si deve<br />

obbedire perché è a Dio stesso che dobbiamo obbedienza<br />

per la scelta libera e consapevole verso Dio manifestata<br />

attraverso la mediazione del vescovo nel momento delle<br />

promesse sacerdotali. Confi do il fatto che non sia facile<br />

accogliere la proposta di un altro servizio pastorale, come<br />

la tentazione di difendere le ragioni umane che potrebbero<br />

ancorarmi a ciò che fi nora era maggiormente sicuro e stabilito.<br />

Accolgo questo invito e un nuovo mandato richiestomi<br />

dal nostro pastore, servo di una Chiesa che urge di nuove<br />

fi gure pastorali a servizio della diocesi. Appare umanamente<br />

non indolore ogni vincolo che si interrompe, proprio<br />

perché è sui legami che si edifi cano l’amicizia e la stima re-<br />

4<br />

ciproci soprattutto se si ha la fortuna di sentirci in sintonia,<br />

ma che presuppone prima o poi il tempo del raccolto e della<br />

sintesi con la resa dei conti. Lascio perciò ogni bilancio a<br />

Colui che sa pesare e giudicare molto meglio di quanto sapremmo<br />

fare noi, impastati di troppa fragilità. Anche questi<br />

pensieri di saluto meditati a lungo durante un intenso pellegrinaggio<br />

non sono rispondenti e completamente fedeli a<br />

quello che il cuore prova e che non riesce ad esprimere, carico<br />

di emozione. Indubbiamente è più semplice rivolgere<br />

le scuse per ciò che non sono riuscito a fare in alcuni frangenti<br />

del mio impegno pastorale e, diciamo pure, sociale.<br />

Ritengo che se da una parte non ho provocato alcun danno<br />

grave dall’altra qualche mancanza di omissione per il bene<br />

non sempre conseguito, umilmente posso riconoscerla.<br />

Ogni incontro di vita lascia un segno indelebile e questi<br />

anni lo lasceranno nel mio futuro impegno in questa nostra<br />

amata chiesa friulana. Affi do al Signore, abile custode di<br />

ogni esistenza e vocazione i progetti che Lui ha riservato<br />

per ciascuno di ogni epoca, appartenenza e fede. Il Signore<br />

insieme a Maria Madre nostra e della Chiesa, “Madone da<br />

le Salût” e Signora di queste affascinanti cime, e a tutti i<br />

Santi delle chiese di borgata, vigili su ogni suo fi glio di<br />

questa comunità chiusana , interceda per noi tutti e ci metta<br />

in quella comunione di cui la sola fede ci rende partecipi.<br />

“Un cûr sôl e un’anime sole a sedin i gnostris fruts che il<br />

Signôr al clame ancjemò vuei a cressì in mieç a nô e che<br />

cercin le bielece da le fede tal Batisim, i zovins che cu lis<br />

lôr aspirazions e i lôr tancj parcè, lis fameis clamadis a jessi<br />

fuartis di front a lis sfi dis da le societât complesse di vuei,<br />

i vecjos e i malâts che cu la lôr sapience a nus invidin a<br />

vivi e no sopravivi al mont. E insomp si sintin in comunion<br />

plene cui nestris muarts che tantis voltis o vin racomandât<br />

al Signôr e nus spietin ta le Cjase dal Pari e a gjoldin zà<br />

de beatitudine eterne”. Un sentimento di gratitudine e riconoscenza<br />

lo riservo ad ogni volto incontrato che fa parte<br />

del tessuto sociale, partendo da Lavoreit, a lis borgadis di<br />

Villegnove, Cjasesole, dal capolûc e oltre le Fele, Racolane,<br />

Patoc, Peceit, Cju Câli, Salet, Tamarots, i Plans, Strets,<br />

fi nt insomp di Nevee all’ombre dal Cjanin e dal Montâs. Un<br />

doveroso saluto alle Associazioni locali e alle Autorità civili<br />

con le quali si è cercato di collaborare nei limiti dei propri<br />

compiti, come a tutti gli abbonati della “Vous di Sclûse”<br />

lontani e vicini, ai turisti e villeggianti che rallegrano le<br />

nostre stagioni estive ed invernali. Lascio pure una zona<br />

pastorale, la forania di Moggio, dei confratelli che mi sono<br />

stati amici vicini e maestri di vita e fede. L’ultimo e più >>>

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