2 - Eppi
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LA POPOLAZIONE ITALIANA INVECCHIA (Fonte ISTAT: Previsioni della popolazione 2001-2051).<br />
zione”, invece, quando in<br />
ogni esercizio la massa dei<br />
contributi viene impiegata<br />
per coprire le prestazioni di<br />
quell’anno. Questo ha una<br />
immediata conseguenza:<br />
non si vengono a formare<br />
riserve, tutto quello che serve<br />
viene raccolto e, dal punto<br />
di vista teorico, subito<br />
utilizzato.<br />
Questo è il meccanismo<br />
della ripartizione “pura”. Invece<br />
quando parliamo della<br />
capitalizzazione fissiamo<br />
un premio, o un contributo<br />
da versare, che sarà uguale<br />
per tutti, per tutta la collettività<br />
che consideriamo. Di<br />
solito si fissa uguale all’inizio,<br />
ma sappiamo che, per<br />
diversi motivi, può essere<br />
modificato in itinere: può<br />
avere una sua variazione e<br />
evoluzione nel tempo. La ripartizione<br />
pura dunque realizza<br />
l’obiettivo dell’equilibrio<br />
attuariale anno per anno,<br />
quindi in ogni anno di<br />
gestione il valore medio dei<br />
contributi deve essere<br />
uguale al valore medio degli<br />
oneri che vengono erogati<br />
per il pagamento dei fondi<br />
pensione.<br />
Consta sottolineare che<br />
l’avvio di questa modalità<br />
EPPINFORMA - TERZA PAGINA<br />
di finanziamento si è avuto<br />
in Italia alla fine della Seconda<br />
guerra mondiale<br />
quando tutto il patrimonio<br />
dei precedenti fondi, che fino<br />
ad allora erano stati gestiti<br />
con sistemi a capitalizzazione,<br />
si svalutò completamente.<br />
Sorse un grosso problema<br />
di coprire le necessità di<br />
quanti accedevano alle<br />
pensioni in quel momento e<br />
urgeva raccogliere velocemente<br />
i soldi per pagarle.<br />
Quindi nacque il sistema a<br />
ripartizione che per un po’<br />
ha convissuto con quello a<br />
capitalizzazione. Finché,<br />
negli anni Sessanta il sistema<br />
pubblico italiano non è<br />
diventato tutto a ripartizione.<br />
Si è venuto per questo a<br />
determinare quel famoso e<br />
noto patto di solidarietà intergenerazionale<br />
in base al<br />
quale le collettività di quanti<br />
pagano la pensione e di<br />
quanti la ricevono sono<br />
completamente distinte: la<br />
paga quella che lavora durante<br />
l’anno, la riceve quella<br />
che è in pensione durante<br />
quell’anno. Si crea una<br />
situazione per cui chi paga<br />
oggi lo fa perché crede nella<br />
promessa che qualcuno<br />
pagherà (i futuri giovani),<br />
che farà lo stesso nei suoi<br />
confronti. Il patto intergenerazionale<br />
può creare una serie<br />
di grossi problemi.<br />
L’invecchiamento<br />
della popolazione<br />
Ecco un piccolissimo ed<br />
elementare schema per evidenziare<br />
molto sinteticamente,<br />
ma credo con qualche<br />
efficacia, la situazione<br />
che si crea quando si ha un<br />
sistema a ripartizione. La<br />
relazione che troviamo nella<br />
scheda 2 dice che il prodotto<br />
di P per S (P è il premio<br />
o “contributo soggettivo”,<br />
s è il salario medio di<br />
ciascuno dei lavoratori di<br />
un anno, A è il numero dei<br />
lavoratori di quell’anno) è<br />
uguale alla pensione media<br />
erogata ai pensionati (r) per<br />
il loro numero (N).<br />
(Ps)A=rN. Questa condizione<br />
esprime la situazione di<br />
equilibrio attuariale secondo<br />
il sistema a ripartizione<br />
per quell’anno.<br />
La possiamo riscrivere nel<br />
seguente modo:<br />
P=(r/s) x (N/A)<br />
dove r/s è il ben noto tasso