2 - Eppi
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la scheda<br />
16<br />
fattori di capitalizzazione<br />
ottenuti dall’investimento<br />
dei contributi, e stiamo<br />
pensando al secondo pilastro,<br />
oppure agli “opportuni”<br />
coefficienti di rivalutazione<br />
nella situazione della<br />
previdenza obbligatoria di<br />
primo pilastro.<br />
Dunque, nel quadro del sistema<br />
contributivo, se sommo<br />
i prodotti dei singoli<br />
contributi annuali per i rispettivi<br />
coefficienti di rivalutazione<br />
ottengo il montante<br />
contributivo.<br />
Questi meccanismi sono<br />
nati con la legge 335 dell’8<br />
agosto 1995. Ricordo che in<br />
quella legge due commi<br />
danno indicazioni sul come<br />
si deve rivalutare il montante<br />
contributivo. In <strong>Eppi</strong> si<br />
applica il tasso annuo di capitalizzazione<br />
dato dalla variazione<br />
media quinquennale<br />
del prodotto interno lordo<br />
nominale calcolato dall’Istat.<br />
Questo coefficiente<br />
è riportato in molti siti internet:<br />
si tratta in sostanza<br />
di una media geometrica<br />
mobile, dal punto di vista<br />
della formula abbastanza<br />
semplice.<br />
Il commento<br />
EPPINFORMA - TERZA PAGINA<br />
Una volta che lo abbiamo<br />
calcolato, il montante contributivo<br />
si deve trasformare<br />
in una rendita di pensione<br />
utilizzando i “coefficienti<br />
di trasformazione” stabiliti<br />
per legge.<br />
[ MARCO ZECCHIN ]<br />
Èprofessore ordinario di Tecnica attuariale<br />
delle assicurazioni sociali all’Università<br />
di Trieste dove insegna anche<br />
Matematica finanziaria. È membro dell’Associazione<br />
di matematica applicata alle scienze economiche<br />
e sociali (Amases), dell’Istituto italiano degli attuari e dell’International<br />
Actuarial Association (IAA).<br />
[ ]<br />
RETRIBUTIVO<br />
O CONTRIBUTIVO?<br />
Mi è capitato di mettere le mani, alcuni anni fa, nel<br />
seguire una tesi di laurea, sui documenti preparatori<br />
della Riforma Dini. Mi sono convinto che Dini<br />
e il suo gruppo tecnico si sono immaginati un sistema “contributivo”<br />
comparabile con il sistema a ripartizione seppur<br />
su un piano ideale. Se infatti prendiamo un lavoratore ideale,<br />
che ha una continuità lavorativa di 40 anni, con un reddito<br />
crescente, con una contribuzione previdenziale costante,<br />
e calcoliamo la sua pensione su tutti i 40 anni, e non sugli<br />
ultimi 5 o 10, otteniamo una pensione molto vicina a<br />
quella definita dal sistema contributivo attraverso il coefficiente<br />
di trasformazione.<br />
I due sistemi, dal punto di vista ideale, giungono a pensioni<br />
simili.<br />
Perché allora oggi è sotto gli occhi di tutti la differenza di<br />
trattamento pensionistico tra i due metodi? Per tre ragioni.<br />
Anzitutto le condizioni ideali non esistono quasi mai: il lavoro<br />
è intermittente, i redditi salgono e scendono, e ancora<br />
molti pensionati con la ripartizione oggi godono di un calcolo<br />
della pensione basato sugli ultimi 10 anni di vita. Poi,<br />
è troppo presto comparare due sistemi: nel sistema contributivo<br />
il massimo di anzianità contributiva sono 14 anni. In<br />
terzo luogo, le aliquote contributive sono molto diverse e,<br />
per i professionisti, sono troppo modeste.<br />
La tabella stilata dalle norme<br />
Inps indica da una parte<br />
l’età di pensionamento e<br />
dall’altra i coefficienti di<br />
trasformazione dai 57 ai 65<br />
anni, anche se per l’<strong>Eppi</strong> la<br />
tabella si prolunga, indicando<br />
i coefficienti fino a 80<br />
anni.<br />
Questo è segno che i professionisti<br />
periti industriali<br />
lavorano più a lungo, o che<br />
l’ente di previdenza prevede<br />
dei coefficienti anche<br />
per carriere che oltrepassano<br />
il limite dell’usuale età<br />
pensionabile e ciò è vantaggioso<br />
perché andando in<br />
pensione dopo i 65 anni significa<br />
godere di coefficienti<br />
più generosi.