02.06.2013 Views

scarica qui il saggio - Home Page di Stefano Traini

scarica qui il saggio - Home Page di Stefano Traini

scarica qui il saggio - Home Page di Stefano Traini

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

Questa struttura ternaria è comune a verbi come «dare», «ricevere», «spe<strong>di</strong>re», «comunicare»,<br />

«scambiare». Una configurazione sintattica semplice è quella che prevede due soggetti orientati<br />

verso un solo oggetto. La situazione prevede un soggetto <strong>di</strong>sgiunto da un oggetto e<br />

contemporaneamente un altro soggetto congiunto con <strong>il</strong> medesimo oggetto: [(S1∪Ov); (S2∩Ov)].<br />

Se ci concentriamo sui soggetti coinvolti nella trasformazione, si può considerare questa procedura<br />

un atto <strong>di</strong> comunicazione: infatti un soggetto del fare S3 sarà incaricato del fare trasformativo.<br />

Greimas 21 specifica che la comunicazione verbale è un caso specifico della comunicazione intesa<br />

nel senso più esteso: si tratta infatti <strong>di</strong> un far sapere, cioè <strong>di</strong> un fare che produce <strong>il</strong> pas<strong>saggio</strong> <strong>di</strong> un<br />

oggetto <strong>di</strong> sapere. La struttura dello scambio prevede invece la presenza <strong>di</strong> due oggetti: l’oggetto al<br />

quale uno dei soggetti rinuncia e un altro oggetto che lo stesso soggetto desidera ardentemente. Lo<br />

scambio può essere virtuale (se <strong>il</strong> soggetto resta in qualche misura “attirato” dall’oggetto che perde)<br />

o realizzato (se si annulla del tutto la relazione del soggetto con l’oggetto che perde). Nella<br />

comunicazione partecipativa, infine, si attribuisce un oggetto senza una rinuncia concomitante. Per<br />

esempio nella comunicazione verbale un soggetto trasmette <strong>il</strong> sapere a un altro soggetto senza<br />

privarsene. Analogamente la regina d’Ingh<strong>il</strong>terra – ricorda Greimas 22 – può delegare tutti i poteri<br />

agli organi costituiti senza per questo cessare <strong>di</strong> essere la sovrana con tutti i suoi poteri.<br />

3.2.4. La sintassi modale e lo schema narrativo canonico<br />

Fin <strong>qui</strong> Greimas si preoccupa <strong>di</strong> ampliare e approfon<strong>di</strong>re gli schemi narratologici messi a punto<br />

soprattutto da Propp (e da Lévi-Strauss), e lo fa all’interno <strong>di</strong> un para<strong>di</strong>gma decisamente antipsicologico:<br />

<strong>il</strong> concetto <strong>di</strong> attante si sostituisce del tutto a quello <strong>di</strong> personaggio e viene concepito<br />

come un puro fare, a prescindere dai suoi caratteri tipologici, psicologici, passionali. Eppure, si<br />

chiede Greimas, 23 perché alcuni soggetti sono più capaci <strong>di</strong> altri nella ricerca degli oggetti <strong>di</strong> valore?<br />

Perché sono più “competenti”, hanno cioè delle capacità o delle ab<strong>il</strong>ità maggiori. Analogamente,<br />

che cosa spinge i soggetti a ricercare degli oggetti? Il fatto che i valori investiti negli oggetti siano<br />

desiderab<strong>il</strong>i. Vi è <strong>qui</strong>n<strong>di</strong> un carico modale che va a sovradeterminare sia <strong>il</strong> soggetto del fare,<br />

costituendo la sua competenza modale, sia l’oggetto, costituendo la sua esistenza modale (che si<br />

ripercuote sul soggetto <strong>di</strong> stato). In altri termini: <strong>il</strong> sistema canonico degli enunciati può essere<br />

applicato a testi che si basano su azioni ben chiare, dove siano reperib<strong>il</strong>i stati <strong>di</strong> congiunzione e <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sgiunzione; ma cosa <strong>di</strong>re <strong>di</strong> quei testi complessi in cui al centro dell’attenzione non vi sono le<br />

azioni dei personaggi ma, per esempio, conflitti interiori, riflessioni, stati cognitivi? Per <strong>di</strong>rla in altri<br />

termini: una grammatica narrativa pensata come successione <strong>di</strong> enunciati <strong>di</strong> stato e del fare può<br />

servire a capire meglio l’articolazione <strong>di</strong> una fiaba ma potrebbe poco <strong>di</strong> fronte all’Ulisse <strong>di</strong> Joyce o<br />

alla Ricerca del tempo perduto <strong>di</strong> Proust. Ma anche nel caso <strong>di</strong> testi non letterari (conversazioni,<br />

comizi, ecc.), appare evidente che l’interesse non può essere circoscritto alle azioni e alle<br />

trasformazioni narrative, essendo fondamentale ciò che fa agire e trasformare le situazioni, e cioè la<br />

<strong>di</strong>mensione cognitiva degli attanti.<br />

Secondo Greimas tale <strong>di</strong>mensione può cominciare a essere descritta attraverso le modalità. Dal<br />

punto <strong>di</strong> vista sintattico un pre<strong>di</strong>cato si definisce modale quando mo<strong>di</strong>fica un secondo pre<strong>di</strong>cato<br />

precedendolo posizionalmente nella catena sintagmatica della frase, come nel caso <strong>di</strong> «Eva vuole<br />

prendere la mela», dove “volere” funge da pre<strong>di</strong>cato modale che mo<strong>di</strong>fica <strong>il</strong> pre<strong>di</strong>cato “prendere”.<br />

21 Greimas [1973a: 33].<br />

22 Greimas [1973a: 41].<br />

23 Nell’Introduzione a Greimas [1983].<br />

24

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!