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IL CANTIERE MUSICALE n. 38 - Conservatorio Paganini

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“Da Manrico ad Amarilli”<br />

Piccola storia di un’evoluzione<br />

…Segui il cantante, accompagnalo, sostienilo… ma non usare i<br />

pedali. Anche perché non ci sono!<br />

Si parla naturalmente della pratica dell’accompagnamento vocale<br />

al cembalo, non di un reiterato vizio di noi pianisti a trincerarci<br />

dietro “colate” di pedale di risonanza, magari per nascondere<br />

vere o presunte manchevolezze manuali!<br />

Quindi? Abbandoniamo l’idea, anche questa entrata di diritto<br />

nei vocabolari dello stereotipato “pianista”, che solo il suo strumento,<br />

magari dotato di sontuose ed appariscenti code e sigle<br />

di noti e costosi costruttori, possa fungere da aiuto al cantante<br />

che lo affianchi.<br />

Ritiriamo (e quanto è difficile, ammettiamolo!) il piedino dall’abituale<br />

posizione delle pedaliere, ed abituiamoci ad una tastiera<br />

pronta a rispondere anche troppo prontamente alle nostre stimolazioni.<br />

Troppo prontamente? Era in verità il concetto “cembalistico”<br />

che il sottoscritto si era inizialmente costituito dopo gli<br />

approcci iniziali allo strumento: ”ecco, lo sapevo, questa tastiera<br />

senza dinamica… La sfiori e subito reagisce con un solo colore,<br />

senza escursioni. Inutile calibrare il peso, il suono è sempre<br />

quello”.<br />

Bene. Abituiamoci, magari sotto l’egida di una guida dotata di<br />

grande esperienza e di un cantante dotato di ancor più cospicua<br />

pazienza (ah, che meravigliose doti!) e cerchiamo di scavare<br />

nelle potenzialità espressive di questo strumento che, indubbiamente,<br />

se gratificato della giusta attenzione e del dovuto<br />

rispetto, ci ripaga non solo con l’indiscutibile suo fascino, ma<br />

anche con una timbrica totalmente “moderna”, assolutamente<br />

ricca, rotonda, piena e, cosa essenziale, con la possibilità di dialogare<br />

appieno con chi, come il (buon) cantante cerca non solo<br />

“sostentamenti”, ma anche slanci emotivi, sospiri, languori, esitazioni<br />

cariche di tensione.<br />

“ La storia mia è breve” cantava Mimì, uno dei personaggi più<br />

amati dal sottoscritto… quella del suddetto un po’ più intricata:<br />

i soliti inizi post-diploma pianistico, carichi di velleità solistiche,<br />

la scoperta per alcuni versi amara che “non di solo Chopin” si<br />

può (in genere) vivere…la passione per l’opera, l’uso del pianoforte<br />

come “surrogato” dell’orchestra: quindi, via con i corsi<br />

per maestro collaboratore: ”togli questi suoni, raddoppia questi<br />

bassi, ascolta il respiro, sostieni (ah, che persecuzione!) la frase<br />

verbale con quella musicale.<br />

Pronti,via! Svenevoli Violette, sinuose Carmen(s), baldanzosi<br />

Manrichi, tutti pronti a morire per amore o per patria… “Suona,<br />

sostieni, taglia, segui!”, prime esperienze di palcoscenico, sala<br />

(non sempre con direttori gentili ed accondiscendenti…), la<br />

scoperta progressiva che il collaboratore senza personalità<br />

diventa nel teatro la vittima del direttore. Nella lezione di ripasso<br />

lo schiavo del cantante, specie se quest’ultimo applica alla<br />

lettera la legge dell’inversione di proporzionalità tra materia<br />

vocale e materia grigia. Laddove intendasi per materia vocale<br />

unicamente “quantità” di voce, più o meno maldestramente scaraventata<br />

sulla seconda vittima, il pubblico…<br />

Il momento giusto per una piccola pausa di riflessione: la frequenza<br />

del biennio superiore di studi pianistici; quindi, alla<br />

prima occasione propizia, l’offerta di un corso propedeutico alla<br />

pratica dell’accompagnamento vocale al cembalo. “Ma certo,<br />

bella proposta, ottima via d’uscita ai soliti modelli dell’opera,<br />

per di più proveniente da un’insegnante che unisce l’esperienza<br />

della collaborazione con gli artisti di canto ad una profonda<br />

ilCMN°7 2007<br />

ed appassionata conoscenza dello strumento in questione”.<br />

Avvicinarsi al clavicembalo, scoprire, negli ovvi limiti della possibilità<br />

di un “principiante”, alcune delle possibilità e delle soluzioni<br />

espressive, da usarsi al momento opportuno con il partner<br />

vocale: intanto, la postura! Basta con i movimenti più o meno<br />

inutili del corpo, spesso utili solo allo spreco delle energie a<br />

discapito della principale dote richiesta: la concentrazione.<br />

La concentrazione che permetta di ascoltare attentamente, di<br />

comprendere cosa desideri ed attenda l’interprete del testo cantato<br />

da chi quel testo lo deve interpretare con l’intenzione strumentale:<br />

l’attenzione spasmodica ai significati del verbo, della<br />

frase, dell’attesa, della ripresa.<br />

Poi, l’uso del peso: lo spostamento del fulcro dal braccio al<br />

polso, l’assoluto controllo della digitalità, l’eventualità di dosare<br />

peso e slancio unicamente con la mano, senza nulla togliere ai<br />

respiri del tessuto strumentale.<br />

E la scoperta più o meno clamorosa: la gamma veramente notevole<br />

di possibilità offerte dal clavicembalo ai desideri di un<br />

accompagnatore che voglia mettersi veramente al servizio non<br />

delle persone quanto invece ed essenzialmente del rispetto integrale<br />

per ogni compositore, antico o moderno, che ci venga<br />

proposto. Massimo De Stefano<br />

Benvenuta Livia Rév<br />

Appuntamento con un mito<br />

del pianismo al femminile<br />

Novantuno anni, ottantadue di concertismo. La pianista<br />

ungherese Livia Rév, classe 1916, sarà a Genova il 31 ottobre,<br />

per un incontro con gli studenti (dalle 10 alle 17) ed un concerto<br />

presso il conservatorio <strong>Paganini</strong>: il recital, con inizio<br />

alle ore 20.45, comprenderà pagine di J.S. Bach, Mozart e<br />

Chopin.<br />

Avviata alla musica sotto la guida di Margit Varro, già enfant<br />

prodige, vinse il Gran Prix des Enfants Prodiges nel 1925.<br />

Negli anni successivi studiò con Leo Weiner e Arnold Székely<br />

alla Franz Liszt Academy di Budapest, istituzione presso cui<br />

si diplomò nel 19<strong>38</strong>. Perfezionandosi poi con Robert<br />

Teichmuller a Lipsia e con Paul Weingarten al <strong>Conservatorio</strong><br />

di Vienna. Nel 1946 è a Parigi, mentre nel 1950 Sir Malcolm<br />

Sargent per primo la segnala all’attenzione del pubblico britannico.<br />

Livia Rév ha suonato come solista sotto la guida di Sir Adrian<br />

Boult, André Cluytens, Eugen Jochum, Josef Krips, Rafael<br />

Kubelík, Hans Schmidt-Isserstedt, Konstantin Silvestri e<br />

Walter Susskind.<br />

Nel 1963 fu invitata al debutto americano dal Rockefeller<br />

Institute, accolta da un successo trionfale al suo primo concerto<br />

newyorkese.Attualmente la pianista ungherese vive in<br />

Francia, dove insegna presso l’Université Musicale<br />

Internationale di Parigi. Ma non rinuncia a viaggiare ed a<br />

tenere corsi, anche in Giappone, Hong Kong,Africa.<br />

Lo scorso anno, in occasione dei suoi novant’anni, ha tenuto<br />

un recital presso l’Accademy of Music di Budapest. Ha inciso<br />

per SAGA, Palesa e Hyperion (fra l’altro, l’integrale dei<br />

Préludes di Debussy, i Notturni di Chopin e le Romanze<br />

senza parole di Mendelssohn. gdm<br />

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