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Vespa Club d'Italia 2008 n.6.pdf

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Questione di chilometri<br />

Di solito per poter raccontare questa storia è<br />

sempre necessaria una lunga introduzione per<br />

cercare di spiegare cosa significhi viaggiare a<br />

bordo di una <strong>Vespa</strong>, quale punto di vista comporti<br />

un simile mezzo messo al servizio della<br />

scoperta, della cartina stradale, della chioma di<br />

strade con cui si pettina il mondo. Non oggi.<br />

Voi, tutti voi, sapete già, perché siete vespisti,<br />

siete gente che va a miscela, a marce, che non<br />

usa la trasmissione e che di fronte alla strada ha<br />

un atteggiamento particolare, potenzialmente<br />

poetico, se mi posso permettere.<br />

E in qualche modo è addirittura “facile”, quindi,<br />

raccontare questa vicenda a voi; anzi, più<br />

che facile, direi che è quasi “necessario” o addirittura<br />

“ovvio”, “scontato”.<br />

Nell’estate del 2006 avevo ventidue anni. Ero<br />

un vespista dai tempi del liceo ma qualche mese<br />

prima avevo fatto un passo di quelli importanti:<br />

mi ero aggiudicato il rudere di una vecchia 150<br />

Sprint Veloce, una prima serie del 1973. Il motore<br />

andava, la targa e il libretto erano originali.<br />

Lavorai 6 mesi per rimettere la vespa in condizione<br />

di camminare. Inizialmente ero convinto<br />

che avrei raggiunto Istanbul partendo da Roma.<br />

La <strong>Vespa</strong> l’avevo comprata per quel motivo:<br />

fare un viaggio gigantesco, importante, quasi a<br />

imitare le gesta di Giorgio Bettinelli.<br />

Andò diversamente: tutt’oggi non ho mai visto<br />

Istanbul.<br />

Accadde infatti, poche settimane prima della<br />

partenza, uno di quegli eventi personali tanto<br />

tragici quanto banali, comuni. La vita è fatta di<br />

impalcature. Ogni tanto qualcuna, purtroppo,<br />

se ne viene giù e allora<br />

tutto inizia a muoversi.<br />

Mi ritrovai così<br />

in pieno luglio senza<br />

più un progetto concreto,<br />

con un mese libero davanti,<br />

i soldi risparmiati<br />

durante la primavera, la<br />

vespa pronta sotto casa e<br />

un vero terremoto nel cervello<br />

e nel cuore.<br />

Roma, d’estate, è spietata.<br />

Chi non ci vive non può<br />

capire fino in fondo, forse,<br />

cosa intendo. Restare<br />

quaggiù a morire di caldo<br />

e di cuore era categoricamente<br />

escluso. Rialzai la<br />

testa e decisi di fare l’unica<br />

cosa possibile: caricare<br />

la sprint con tutto il possibile<br />

e scappare via, di<br />

corsa, senza sapere bene<br />

dove andare, purché fosse<br />

“andare”, appunto.<br />

Partii. E tornai diverso.<br />

Tre settimane che segnarono un punto di non<br />

ritorno, una sorta di rito di iniziazione, uno di<br />

quei passaggi a cui è davvero lecito associare il<br />

termine “crescita”.<br />

Il viaggio, anzi IL Viaggio, mi aveva portato<br />

a scoprire l’Italia, l’Italia vera, quella che non<br />

sta in televisione. Percorsi quasi cinquemila<br />

chilometri passando sulle<br />

statali di tutto il Sud<br />

Italia, incontrando centinaia<br />

di persone diverse,<br />

entrando in migliaia tra<br />

città, paesi e gruppi di<br />

case. Da Santa Maria<br />

di Leuca a Marsala, dai<br />

valichi abruzzesi all’interminabile<br />

statale 106<br />

ionica, da Napoli a Stilo,<br />

da Alfedena a Mesagne.<br />

Dalle case delle famiglie<br />

“per bene” alle baracche<br />

dei contadini. Da una<br />

miseria bandita dal racconto<br />

ufficiale dell’Italia<br />

a una bellezza nascosta,<br />

altrimenti introvabile,<br />

preziosa, tutta da scoprire,<br />

da capire. Soprattutto<br />

da capire.<br />

Dalla tentazione a giudicare,<br />

a sentenziare con la solita frase del “qui<br />

non funziona niente”, alla resa del cadere perdutamente<br />

innamorato di tutta quella meravigliosa<br />

incoerenza, di quella gente straordinaria,<br />

<strong>Vespa</strong> <strong>Club</strong> d’Italia n.6/<strong>2008</strong> pag. 25<br />

tenace, misera ma decorosa, aspra ma ancora<br />

umana, ancora frutto della terra e non soltanto<br />

della società televisva.<br />

L’urgenza di quello che avevo nel cuore si fuse<br />

con l’urgenza che quei luoghi avevano di raccontare.<br />

Anche i sassi mi parlavano, anche le<br />

onde del mare, anche i binari scintillanti.<br />

Ho studiato storia, ma sono anche un musicista<br />

e un autore. Scrissi tantissimo in quei giorni,<br />

spesso appoggiato al manubrio della vespa,<br />

estraendo nervosamente il taccuino dal vano<br />

del cofano sinistro.<br />

Ne sono nate diverse canzoni che raccontano<br />

questa vicenda. Sono state quasi tutte registrate<br />

e pubblicate con il gruppo in cui suono, i Rein.<br />

Il disco “Occidente” non sarebbe nato senza<br />

quel viaggio. Se vi interessa sapere di più su<br />

questa vicenda, tutto il cd può essere scaricato<br />

liberamente, legalmente e gratuitamente da<br />

internet a questo indirizzo: http://www.jamendo.com/it/album/26737.<br />

Le canzoni possono<br />

essere scambiate e riprodotte senza problemi,<br />

perché sono pubblicate con una licenza diversa<br />

dal copyright, che si chiama CREATIVE<br />

COMMONS e rende legale la duplicazione delle<br />

opere. Al sito del gruppo, www.rein99.it si<br />

possono trovare anche altre informazioni, oltre<br />

alle foto del viaggio.<br />

Ho scritto tutto questo perché ho pensato che<br />

avrei avuto piacere a scoprire una storia simile,<br />

se non ne fossi stato il protagonista diretto. Ve<br />

ne faccio dono, anche se non vi conosco, con la<br />

stessa semplicità con cui i vespisti si salutano<br />

quando si incontrano per strada.<br />

Gianluca

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