MAT RAB INAF ERIA FER ILE - Zizioli+Lorenzini
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quantità di elementi che la costituiscono: le combinazioni<br />
di rami in un bosco o di fiori in un prato sono presenti in<br />
numero così alto che le qualità intrinseche di ciascuna<br />
di esse e dei singoli elementi che vi appartengono non<br />
possono venire percepite con chiarezza e precisione.<br />
L’ikebana, mediante l’uso del vuoto, non fa che ridurre la<br />
quantità di elementi percepibili per aumentare la possibilità<br />
e l’intensità di percepirne la qualità: produce povertà<br />
quantitativa per produrre ricchezza qualitativa. (...) è<br />
l’operazione con cui si ottiene una riduzione al minimo degli<br />
elementi impiegati, alla quale corrisponde un’espansione al<br />
massimo delle loro qualità e, di conseguenza, si producono<br />
le condizioni per un massimo di intensità percettiva.<br />
Questa «riduzione» degli elementi impiegati potrebbe<br />
indurre a spiegare soltanto il ruolo svolto dal vuoto spaziale,<br />
mentre fondamentale, nell’ikebana, è quello svolto dal vuoto<br />
temporale, ottenuto grazie alla qualità degli elementi impiegati.<br />
Queste due funzioni non sono staccate e semplicemente<br />
accostate, ma appaiono strettamente intrecciate; infatti<br />
si potrebbe dire che la riduzione al minimo degli elementi<br />
impiegati è funzionale non solo alla messa in rilievo delle<br />
loro qualità formali (struttura e colore dei fiori) ma anche<br />
e soprattutto all’evidenziazione della qualità specifica che<br />
con maggior intensità li determina tutti, indipendentemente<br />
dalle loro differenti qualità formali: l’impermanenza. Così,<br />
nell’ikebana, lo spazio vuoto attorno ad un ramo o a un fiore<br />
non serve soltanto a far risaltare le loro forme, ma finisce<br />
con l’esaltare la loro impermanenza. Se si intende l’ikebana<br />
non semplicemente come una forma di contemplazione, ma<br />
come un’esperienza pratica, l’importanza di questo carattere<br />
di impermanenza risulta ancor più evidente: in particolare, se<br />
si presta attenzione al fatto che il vuoto del vaso è metafora<br />
sensibile del vuoto della mente, ciò che emerge è non solo il<br />
processo «spaziale» per cui il vuoto del vaso rende possibile<br />
ed accoglie la disposizione dei fiori così come il vuoto della<br />
mente rende possibile ed accoglie la disposizione di idee<br />
ed emozioni, ma è soprattutto l’esperienza «temporale» per<br />
cui idee ed emozioni, al pari delle loro disposizioni, vengono<br />
vissute come impermanenti, transitorie, vuote di persistenza.<br />
Allora diventa chiaro che quando a proposito dell’ikebana si<br />
parla di un «massimo di intensità percettiva» non ci si riferisce<br />
soltanto all’evidenza con la quale si manifestano i contorni<br />
formali e i particolari botanici dei fiori, ma si intende soprattutto<br />
la forza con cui si esplica l’esperienza dell’impermanenza:<br />
quando, disponendo i fiori nel vuoto del vaso, si diventa<br />
consapevoli, in modo sensibile, che tutti gli eventi, compresi<br />
quelli che determinano la propria coscienza e, quindi, anche<br />
questa consapevolezza, sono permeati dallo stesso vuoto che<br />
in poco tempo fa diventare fiore un germoglio e che in poco<br />
tempo lo fa anche appassire.<br />
Giangiorgio Pasqualotto, Estetica del vuoto. Arte e<br />
meditazione nelle culture d’Oriente, 1992<br />
Margherita<br />
Si dice abbia facoltà profetiche. Gli innamorati la sfogliano<br />
per sapere se il loro amore è ricambiato.<br />
Nel Medioevo, le donne riconoscevano pubblicamente di<br />
essere amare e di riamare quando concedevano al loro<br />
cavaliere il permesso di ornare il proprio scudo con due<br />
margherite.<br />
Opposto è il messaggio che altri hanno assegnato al fiore:<br />
quando una donna non era sicura dell’affetto dell’amato<br />
si ornava la fronte con margherite. E’ il simbolo della<br />
semplicità, freschezza e purezza.<br />
Vocabolario, http://www.tuttotutto.net/cassetto/linguaggio_<br />
fiori.htm