IERI 14 GIAN BUTTURINI Parlare di Gian Butturini non è cosa facile. Come non era facile seguirlo nelle sue scorribande artistiche. Nei suoi viaggi, sempre numerosi, nel suo muoversi con disinvoltura e leggerezza (a dispetto della sua stazza) nei meandri della vita, la sua, ma soprattutto quella degli altri. Non è cosa facile, dicevo, perché è una figura che nel panorama bresciano, nelle sue opere, nella sua vita ha tenuto insieme più discipline, non solo per le sfaccettature che hanno contraddistinto la sua produzione artistica, dalla grafica al design, dal cinema alla fotografia, al teatro; ma anche e soprattutto per la sua capacità di esserci, di essere lì nei momenti cruciali. Di tenere insieme luoghi e persone. UNO STUDIO CHE NEGLI ANNI PRECEDENTI HA REALIZZATO NEGOZI IMPORTANTI A BRESCIA COME BETTINA E MOTTA Non era una figura comoda, lo sappiamo, noi che lo abbiamo conosciuto, ma la sua forza, la sua autenticità ne hanno fatto un riferimento per la città e per i suoi numerosi amici. Ai più è conosciuto per il suo impegno sociale che, grazie soprattutto al fotoreportage, lo ha visto militante per dare voce ai luoghi e alle persone di confine, agli emarginati È così che, al di là del sentito dire, dopo la sua dipartita (anche qui senza preavviso, come in uno dei suoi viaggi) ho scoperto le sue opere di interni, d’architettura d’interni, nella intensa mostra allestita nel 2006 a Villa Glisenti. È stata una scoperta. Con stupore abbiamo potuto vede- PAOLO MESTRINER re molte opere della sua produzione, abbiamo avuto la conferma della sua capacità creativa, da vero progettista quale era. Il perché avesse tenuto in qualche modo in disparte alcune esperienze non lo sappiamo, lo possiamo immaginare. In realtà non voleva nascondere niente, semplicemente non ne parlava. Preferiva parlare d’altro. La storia i suoi amici la conoscono. Dopo avere fatto un viaggio a Cuba all’inizio degli anni ‘70 decide di lasciare il mondo della grafica, del consumo, in qualche modo della moda, per abbracciare la causa dell’impegno sociale. Sarebbe troppo riduttivo chiamarla fuga dal capitalismo. Dunque al suo ritorno da Londra nel 1968 (dove aveva montato con successo lo stand per la ditta Beloit Italia) in otto giorni chiude lo studio. Uno studio che negli anni precedenti realizza negozi importanti a Brescia come Bettina e Motta, accompagnandone spesso la campagna pubblicitaria, anche qui anticipatore di quella che poi verrà chiamata differenziazione aziendale. Basta vedere le immagini qui pubblicate (gentilmente concesse dall’archivio Flos acquisite dall’archivio degli eredi Butturini) per capire la densità progettuale che ha guidato Gian. Nel piccolo negozio Bettina riesce ad unire con equilibrio e semplicità una ricerca (spaziale, materica, cromatica) con una tradizione non ancora imbrigliata in stilemi predefiniti. Ancora una volta dovremmo cercare di valorizzare questi Maestri. Non mi riferisco soltanto a Gian, a Cavellini e agli artisti in generale, ma anche a tutte quelle figure - professionisti, galleristi, collezionisti - che hanno lasciato (e continuano a lasciare) un segno indelebile nella cultura bresciana. Come non pensare alle parole di Cesare Pavese: «Poiché avere una tradizione è meno che nulla, è soltanto cercandola che si può viverla». N E L N E G O Z I O B E T T I N A R I E S C E A D U N I R E C O N E Q U I L I B R I O E S E M P L I C I TÀ U N A R I C E R CA CON LA TRADIZIONE N O N A N C O R A I M B R I G L I ATA I N S T I L E M I P R E D E F I N I T I
COMMITTENTE: BETTINA PROGETTISTA: GIAN BUTTURINI LUOGO: BRESCIA REALIZZAZIONE: 1967 NEGOZIO BETTINA 15