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marco cillis - Gruppo Athesis

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IERI<br />

16<br />

ARCHITETTO<br />

VITTORIANO<br />

VIGANO’<br />

PAOLO MESTRINER<br />

Ricordo bene le lezioni di Vittoriano Viganò.<br />

In una di queste gli studenti dovevano fare un<br />

esercizio: elencare i verbi che riguardavano<br />

la casa, l’abitare. Cucinare, dormire, lavare,<br />

lavarsi, mangiare, riposare, sedersi e via così.<br />

Anni più tardi Eduardo Souto de Moura mi<br />

disse: «Per progettare questo edificio, questo<br />

spazio, devi disegnare tutto, anche i tappeti!».<br />

A distanza di tempo, quando abbiamo deciso<br />

di dedicare il quarto numero di Arch+ all’Architettura<br />

degli Interni, mi è venuto in mente<br />

l’appartamento P. di Brescia, progettato nel<br />

1982. Avevo avuto la possibilità di visitarlo<br />

grazie a un amico. Che Vittoriano Viganò<br />

avesse un rapporto privilegiato con la nostra<br />

provincia è risaputo. Ad iniziare da quella che<br />

tutti conoscono come Casa «La Scala» a Portese<br />

del 1957 (vedi Arch+ n. 2) alla più recente<br />

sistemazione del lungolago di Salò. Non molti<br />

bresciani sanno invece che la sua opera architettonica<br />

è riconosciuta a livello internazionale<br />

come brillante esempio italiano della corrente<br />

chiamata brutalismo. Soprattutto per l’Istituto<br />

Marchiondi Spagliardi, oggi nello Spazio Mostre<br />

del Politecnico di Milano e illustrato nel bel<br />

catalogo edito dall’Accademia di Architettura di<br />

Mendrisio.<br />

In realtà l’interesse e la passione di Viganò<br />

per gli interni inizia già dall’insegnamento al<br />

Politecnico di Milano dove inizia proprio con i<br />

corsi di Architettura d’interni e Arredamento e<br />

decorazione. È forse per questo motivo che accetta<br />

di buon grado questo lavoro, un progetto<br />

all’apparenza contenuto, dove in realtà la forza<br />

progettuale riesce a trasformare una piccola in<br />

una grande occasione. Rivedendolo oggi, ancora<br />

perfettamente intatto a distanza di trent’anni<br />

grazie alla cura e al rispetto della proprietà,<br />

appare ancor più chiaro il valore delle scelte di<br />

quei tempi.<br />

La soluzione spaziale incentrata sull’inclinazione<br />

della libreria, la decisione di affidarsi a co-<br />

LA SUA OPERA ARCHITETTONICA<br />

È RICONOSCIUTA A LIVELLO<br />

INTERNAZIONALE COME BRILLANTE<br />

ESEMPIO ITALIANO DELLA CORRENTE<br />

CHIAMATA BRUTALISMO<br />

lori e materiali inusuali per un interno, come il<br />

rivestimento delle pareti in legno laccato nero;<br />

ma anche il disegno dei divani, dei tavoli e delle<br />

lampade, fino alla disposizione maniacale dei<br />

tappeti, ci restituisce il coraggio di un autore<br />

conosciuto anche per il suo carattere deciso,<br />

a volte spigoloso, sempre comunque a difesa<br />

dell’Architettura con la «A» maiuscola, come<br />

quella realizzata all’esterno dell’ampliamento<br />

della facoltà di Architettura di Milano. «Era un<br />

uomo - mi racconta il Signor P. - che batteva<br />

sempre una strada sua, non era facile fargli<br />

cambiare idea». Per fortuna, aggiungo io. Un<br />

autore deciso ma che conosceva bene i risvolti<br />

della professione, «non è priva di errori» diceva<br />

in un battibecco affettuoso al suo amico Ignazio<br />

Gardella intervenendo ad una conferenza, e aggiungeva<br />

«è come una luce che non fa ombra».<br />

« E R A U N U O M O -<br />

M I R ACCONTA I L S I G N O R P. -<br />

C H E B AT T E VA S E M P R E<br />

U N A S T R A DA SUA,<br />

N O N E R A FACILE<br />

FA R G L I CAMBIARE IDEA»

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