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Quaderno 15.pdf - IPASVI, Federazione Nazionale Collegi Infermieri

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12 I QUADERNI<br />

Supplemento de L’Infermiere n. 9/05<br />

Sessione I<br />

La formazione per la qualità dell’assistenza<br />

Diventare infermiere:<br />

la formazione di base e specialistica<br />

Vorrei iniziare questa sintetica relazione<br />

sulla formazione infermieristica di base<br />

in Italia, ovvero sul primo tratto del percorso<br />

che porta i giovani a svolgere la nostra<br />

professione, riportando una notizia di queste<br />

ultime settimane, che mi sembra sia un<br />

ottimo segnale.<br />

Per l’anno accademico appena aperto, infatti,<br />

le domande per iscriversi ai corsi universitari<br />

di <strong>Infermieri</strong>stica sono diventate più<br />

numerose: circa 1.500 in più rispetto allo<br />

scorso anno, anche se solo un terzo di queste<br />

hanno poi trovato spazio, vista la limitazione<br />

dei posti disponibili.<br />

Questo significa che, nonostante le criticità<br />

ancora da risolvere, molti giovani desiderano<br />

svolgere questa nostra professione, comprendendone<br />

la funzione sociale, ma anche<br />

le potenzialità di crescita che offre, in una<br />

prospettiva personale e intellettuale.<br />

Abbiamo ripercorso, grazie ai filmati proiettati<br />

ieri ed oggi, l’iter che in Italia ha fatto approdare<br />

la formazione infermieristica in ambito<br />

universitario: dall’Accordo di Strasburgo<br />

del 1967, che fissava criteri condivisi per<br />

la professione infermieristica in Europa, alle<br />

vicende italiane degli ultimi anni, quando<br />

con un’accelerazione significativa si sono andati<br />

definendo gli ordinamenti didattici del<br />

diploma universitario in Scienze infermieristiche,<br />

nel 1991, per poi passare alla creazione<br />

di corsi di laurea via via più articolati<br />

con il triennio di base, il biennio specialistico,<br />

i master di primo e secondo livello.<br />

Che si dovesse portare la formazione dei fu-<br />

* Segretaria della <strong>Federazione</strong> <strong>Nazionale</strong> dei <strong>Collegi</strong> Ipasvi<br />

di Loredana Sasso*<br />

turi infermieri nelle aule universitarie è sempre<br />

stato un obiettivo condiviso dalle rappresentanze<br />

professionali in ambito europeo.<br />

Le ragioni sono, spero, chiare a tutti: la complessità<br />

del sapere richiesto oggi per poter garantire<br />

un’assistenza di qualità è tale che non<br />

è possibile elaborare queste conoscenze al di<br />

fuori dell’istituzione che è ai vertici di tutti i<br />

percorsi di formazione.<br />

Per dirla con estrema chiarezza: non si è trattato<br />

di una scelta d’élite e non c’era dietro<br />

nessuna “mania di grandezza”. È stata invece<br />

una scelta difficile e di grande responsabilità,<br />

fondata sulla convinzione che l’intero sistema<br />

della salute avesse bisogno di infermieri<br />

in grado di svolgere le proprie funzioni assistenziali<br />

con piena consapevolezza e competenza<br />

e con un ruolo professionale sempre più<br />

autonomo e socialmente riconosciuto.<br />

Quando, come <strong>Collegi</strong> Ipasvi, abbiamo cominciato<br />

ad avanzare le nostre richieste molti<br />

interlocutori sorridevano, sostenendo l’immutabilità<br />

di un “tradizionale” stato di cose<br />

che assegnava agli infermieri un ruolo ancillare<br />

e subalterno.<br />

Oggi, invece, la realtà del panorama sanitario<br />

conferma che quelle richieste corrispondevano<br />

perfettamente al processo di cambiamento<br />

in atto: le donne e gli uomini, almeno<br />

in Occidente, hanno davanti a loro una<br />

vita sempre più lunga, nel corso della quale<br />

si moltiplicano le richieste di assistenza sanitaria<br />

così come aumenta il cronicizzarsi di<br />

molte malattie, con le quali occorre imparare<br />

a convivere sostenuti da una cura conti-

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