Archivio civile - La Tribuna
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nisteriale, e cioè le eccezionali cautele non dell’uomo diligente<br />
ma dell’uomo diligentissimo.<br />
E a questo punto, ritornando al caso specifico, si impone<br />
una domanda.<br />
Può un prato che funge da pista di discesa, nella situazione<br />
di specie, essere talmente levigato, privo di qualsiasi<br />
asperità, di qualsiasi avallamento da escludere un eventuale<br />
sbandamento di un mezzo che lo percorra di certo a velocità<br />
non limitata? E, in questa eventualità, gli alberi realmente<br />
esistenti nel caso specifico ai bordi del prato utilizzato come<br />
pista di discesa non rappresentano una situazione di probabilità<br />
di un evento dannoso? E se non vi è protezione per impedire<br />
che dal prato si finisca sugli alberi perché non si può<br />
parlare di alta probabilità di un evento dannoso? Ecco allora<br />
quest’alea caratterizzare di pericolosità l’attività di quella<br />
organizzazione sportiva.<br />
Ne consegue l’applicabilità al caso di specie dell’art.<br />
2050 c.c., a liberarsi dalla cui forma di responsabilità presunta<br />
dovrà allora essere fornita la prova della adozione di<br />
tutte le misure idonee ad evitare il danno, quali potrebbero<br />
essere reti elastiche di protezione a lati del prato, tali da impedire<br />
l’impatto contro le piante ivi esistenti.<br />
È un po’ come il caso ricordato in una sentenza del <strong>Tribuna</strong>le<br />
di Torino, sez. IV del 24 ottobre 1991 (in Arch. civ.<br />
1992, p. 817) della mancata protezione con sacchi di gommapiuma<br />
per la parte inferiore di una palificazione contro<br />
cui era andato a finire uno sciatore con la conseguente responsabilità<br />
della società esercente gli impianti sciistici per<br />
non avere adottato tutte le opportune cautele al fine di prevenire<br />
il verificarsi di incidenti: caso valutato sotto il profilo<br />
dell’art. 2043 c.c., anche se, dal nostro punto di vista, pur<br />
sempre avrebbe dovuto trattarsi di una situazione coinvolgente<br />
l’esercizio di una attività pericolosa.<br />
Non tanto incidentalmente viene formulato questo nostro<br />
richiamo, peraltro, quanto piuttosto a rimarco di situazioni<br />
analoghe su cui sarebbe opportuna una qualche riflessione,<br />
tale da portare a considerare in tutt’altra ottica le<br />
attività connesse alla organizzazione di queste pratiche<br />
sportive per dilettanti e non – ovviamente – per atleti in<br />
gara.<br />
Quando il SALTARELLI (Il pianeta bianco sempre in<br />
cerca di regole – fattispecie di responsabilità derivanti dalla<br />
circolazione sulla neve con gli sci – in Arch. civ. 1998, p.<br />
1196) ci ricorda che la responsabilità di un incidente sugli<br />
sci può ricadere pesantemente sui gestori delle piste «per<br />
tracciati inidonei perché troppo ghiacciati, male battuti o<br />
con ostacoli a distanza ravvicinata tali da essere potenzialmente<br />
pericolosi, anche se situati fuori percorso (alberi, tralicci,<br />
rocce, ecc.)» pensiamo si dovrebbe incominciare a riflettere<br />
che è fuor di luogo non considerare l’attività di<br />
gestione di un impianto di discesa come esercizio di attività<br />
pericolosa.<br />
Se il tracciato di una pista approntato dal gestore di un<br />
impianto sciistico corre lungo il bordo superiore di una ba-<br />
DOTTRINA 7<br />
stionata rocciosa perché non può parlarsi di un’alta probabilità<br />
di caduta nel precipizio e, quindi, di un’alea, di una intrinseca<br />
pericolosità? Non è sufficiente avere indicato come<br />
nera quella pista scaricandosi della propria responsabilità<br />
mettendosi al sicuro – o credendo di mettersi al sicuro –<br />
sotto il mantello dell’imprudenza del malcapitato che magari<br />
abbia sopravvalutato le proprie capacità. Anche al più<br />
esperto sciatore può capitare di finire su una placca ghiacciata<br />
e di volare fuori pista: se in quel punto mancano idonee<br />
reti di protezione le conseguenze possono essere catastrofiche.<br />
Ricorda opportunamente il SALTARELLI (ibid., p. 1196)<br />
che, secondo la giurisprudenza, «il servizio di una sciovia<br />
deve essere sospeso qualora lo stato della pista, ghiacciata,<br />
costituisca un pericolo per lo sciatore; ed il giudizio sulla<br />
pericolosità della pista ghiacciata va collegato alla comune<br />
esperienza: lo stato ghiacciato è quello in cui la neve assume<br />
colorazione, trasparenza e durezza del ghiaccio, tanto da<br />
non consentire il passaggio né con gli sci, né con gli scarponi,<br />
né con i veicoli cingolati da neve» (Cass. pen., sez. IV,<br />
8 febbraio 1990).<br />
Ma se parliamo di pericolosità per lo sciatore, come si<br />
può sostenere che non costituisce esercizio di attività pericolosa<br />
la gestione di un impianto sciistico quando l’organizzazione<br />
ben conosce le insidie e le sorprese della montagna<br />
ove l’alea è sempre presente?<br />
E che dire dei pali e delle piante che devono essere lasciati<br />
fuori dalle piste nel limite del possibile, specie per<br />
quelle più facili – destinate agli sciatori meno provetti – e<br />
che comunque debbono essere opportunamente protetti da<br />
ripari in gommapiuma od altro materiale equivalente per ridurre<br />
le conseguenze di un eventuale impatto?<br />
Il gestore di un impianto sciistico non può dimenticare<br />
che lo stesso viene utilizzato non solo da atleti che si allenano<br />
per le gare, ma anche da sportivi senza alcuno scopo<br />
agonistico nei confronti dei quali deve essere garantito uno<br />
standard di sicurezza diverso da quello necessario per atleti<br />
che svolgono attività agonistica.<br />
<strong>La</strong> montagna innevata non è una via cittadina: ha insidie<br />
per ogni dove, sia sul terreno che in conseguenza di repentini<br />
cambiamenti metereologici, situazioni complesse e rischiose<br />
cui devono sovraintendere i gestori delle piste, la<br />
cui attività ci sembra essere – per la probabilità di eventi<br />
dannosi e per l’alea che vi è conseguentemente connessa –<br />
giustappunto pericolosa proprio per quella intrinsicità di cui<br />
parla la stessa Corte di cassazione quando ci indica una caratteristica<br />
dell’attività cui si riferisce l’art. 2050 c.c.<br />
È un invito alla riflessione, il nostro, di fronte a rischi<br />
(collegati a situazioni di pericolosità) sempre crescenti<br />
nell’ambito delle attività sportive di discesa in montagna<br />
(una volta soltanto sulla neve, ora anche sui prati, come si<br />
è visto) con marchingegni innovativi che in qualche caso<br />
non possono ancora considerarsi al meglio per la eliminazione<br />
della possibilità di infortuni anche rovinosi.