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Gennaio - Federazione Trentina della Cooperazione

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OPINIONI la porta aperta<br />

LA COOPERATIVA DI MOENA “SPACCIO”<br />

DI SOLIDARIETÀ PER GLI EBREI<br />

La piccola storia di Maria “Tomasèla”: la resistenza umana di una ragazza<br />

contro le violenze <strong>della</strong> storia<br />

di Franco de Battaglia<br />

La memoria <strong>della</strong> “soluzione finale”, la Shoa, la strage di<br />

6 milioni di ebrei in Europa dal 1941 al 1945, è stata<br />

ricordata anche a Trento nella giornata del 27 gennaio,<br />

preceduta a Torre Miranda, da una mostra di immagini e<br />

documenti su Richard Loewy, un ebreo boemo che – ufficiale<br />

asburgico a Moena durante la Grande Guerra 1914-<br />

1918 - qui ottenne riparo e aiuto negli anni terribili delle<br />

persecuzioni razziali naziste, per trovare poi la morte in un<br />

lungo calvario verso Auschwitz. La mostra, ricostruita con<br />

un paziente e meritorio lavoro di ricerca negli archivi di<br />

tutta Europa da Giorgio Jellici, ladino schietto, dirigente in<br />

pensione <strong>della</strong> Siemens in Germania, merita di essere<br />

conosciuta in particolar modo dal mondo <strong>della</strong> cooperazione,<br />

soprattutto perché unisce in maniera strettissima la<br />

realtà valligiana, dove la cooperazione è nata ed opera, con<br />

la grande storia, anche terribile, del Novecento. La solidarietà<br />

dell’uomo che si oppone alla violenza <strong>della</strong> storia.<br />

Le prime immagini <strong>della</strong> mostra, le donne al lavoro “militarizzate”<br />

durante la Guerra, gli aiuti che l’ebreo Loewy<br />

cerca di prestare per alleviarne le fatiche e ottenere cibo,<br />

evidenziano infatti quel grande capitolo di solidarietà che<br />

costituisce la ragione di tutto l’operare cooperativo: l’uomo<br />

al centro, superando ogni confine di cultura, di religione,<br />

di conflitto. Per gratitudine Moena attribuì, nel 1916, la<br />

cittadinanza onoraria all’ebreo Loewy. Ma la ruota <strong>della</strong><br />

storia gira. Negli anni Venti Loewy affronta a Vienna le<br />

prime discriminazioni antiebraiche, che si trasformano in<br />

persecuzioni quando, nel 1938, l’Austria viene conglobata<br />

nel Reich. I Loewy si vedono sequestrati tutti i loro beni e<br />

cercano scampo, poveri, a Moena, dove il ricordo del benefattore<br />

asburgico è ancora vivo e la società contadina solidale.<br />

Loewy vive ritirato, è povero, ma di tanto in tanto<br />

deve scendere in paese per acquistare di che mangiare. Il<br />

riferimento, naturalmente, è lo Spaccio Cooperativo, che<br />

Loewy sente quasi come un porto sicuro, un luogo non solo<br />

dove acquistare le poche cose che gli occorrono, ma dove<br />

trovare anche un’accoglienza umana, una voce amica, una<br />

COOPERAZIONE TRENTINA n° 1 gennaio 2006<br />

consolazione di rapporti in tanta solitudine. Commessa<br />

dello spaccio era una giovane ragazza, la Maria Del Gòti,<br />

“Tomasèla”, come viene conosciuta. Maria vive ancora,<br />

ma allora era una ventenne, forte e generosa. Lo spaccio<br />

era nella casa degli Jellici “Garbér”, la stessa dove abitava<br />

la maestra Valeria Jellici che dei Loewy costituiva il principale<br />

sostegno. Sta di fatto che la giovane si immedesimava<br />

nella tragedia dell’ebreo, cercava di aiutarlo, metteva<br />

da parte qualcosa quando avanzava. E’ toccante sentire<br />

come Loewy parli di quello “spaccio” con gratitudine.<br />

Nella gelida alba del 4 gennaio 1944 la<br />

“Feldgendarmerie” tedesca (dal 10 settembre 1943 il<br />

Trentino era Alpenvorland, di fatto annesso al Reich nazista)<br />

salì a Soméda per arrestare Loewy, sua moglie, sua<br />

sorella e suo cognato. La squadra era comandata da un<br />

sergentaccio violento, chimato “Bei Uns”. Il cagnolino di<br />

Johanna, la moglie, che abbaiava contro gli intrusi venne<br />

freddato sul posto, in casa, con un colpo di pistola che fece<br />

presagire a tutti il loro futuro. I quattro furono accompagnati<br />

a Moena dove li attendeva un carro che li avrebbe<br />

trasportati alla stazione di Predazzo, e di lì al carcere di<br />

Trento. “Bei uns” gridava, gesticolava, ma nonostante le<br />

sue intimidazioni una piccola folla si radunò a salutare gli<br />

ebrei deportati. In prima fila c’era la giovane Maria. Cercò<br />

di scambiare alcune parola con Richard, ma venne subito<br />

strattonata e allontanata da “Bei Uns”, minaccioso: “Siete<br />

tutti nemici del Reich, farete la loro stessa fine”. Maria<br />

però rimase, fino a che il carro non si allontanò. Maria. E’<br />

una storia anche per oggi. Una giovane ragazza, commessa<br />

di cooperativa, che non vendeva solo generi di prima<br />

necessità, ma “distribuiva” quella generosità del cuore e<br />

dell’amicizia che la solidarietà del suo paese le aveva insegnato.<br />

<strong>Cooperazione</strong> è anche saper vivere una piccola storia<br />

di solidarietà capace di riscattare le tante viltà che rendono<br />

possibili umiliazioni e violenze.<br />

fdebattaglia@katamail.com

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