drammaturgia N 2-2007 - Titivillus Mostre Editoria
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azione generale (oltre a ginnastica e scherma, dizione, impostazione della voce,<br />
lettura ritmica), nel secondo ogni allievo comincia ad affrontare frammenti di testo,<br />
a misurarsi con l’espressione corporale, mimica e gesto, nel terzo anno viene<br />
scelto un testo e lo si mette in prova per mesi, fino a farlo diventare un vero e<br />
proprio spettacolo come saggio finale. La grande innovazione introdotta da<br />
Nemirovic consiste proprio in questo: vuole formare attori non solo preparati tecnicamente,<br />
ma anche capaci di affrontare un testo in tutto la sua complessità, di<br />
lavorare insieme alla creazione di uno spettacolo, vuole che dalla sua scuola escano<br />
attori completi, rompendo così la tradizione del mattatore che si isola dal resto<br />
della compagnia, esibendo solo il proprio talento. Torniamo ora al 1897. Dopo<br />
anni di lotta contro i mulini a vento, Nemirovic vuole tentare. Crede nella possibilità<br />
di dare concreta realizzazione alle sue idee sul rinnovamento del teatro, per<br />
cui ha lottato invano per un ventennio. Abituato a vivere dei modesti introiti della<br />
propria attività letteraria, non ha una lira da rischiare di suo: si rende perfettamente<br />
conto che non può fare un passo senza prima trovare finanziatori, solidi,<br />
generosi, non interessati agli utili e disposti a non interferire nella gestione. Ecco<br />
perché nella scelta del suo primo interlocutore decide di rivolgersi al figlio di uno<br />
degli industriali più in vista di Mosca, Konstantin Alekseev, che è anche attore<br />
dilettante a capo di una compagnia molto apprezzata nella buona società moscovita,<br />
la Società di Arte e Letteratura. Nemirovic sceglie di avviare il progetto a Mosca e<br />
non a Pietroburgo, dove forse sarebbe più facile ottenere appoggi governativi, ma<br />
con gravi rischi di finire nelle pastoie della burocrazia zarista. A Mosca inoltre ci<br />
sono mercanti e industriali coraggiosi, pronti a investire nella cultura: è anzi diventata<br />
una moda. Basti pensare a Mamontov, il cui teatro d’opera privato, aperto<br />
due anni prima, è uno dei centri più vivi della città, a Scukin, collezionista dal<br />
fiuto fenomenale di impressionisti (basta vedere quello che oggi è in mostra al<br />
Museo Puskin), a Bachrusin, fondatore del museo di documenti e vestigia teatrali.<br />
Alekseev, in arte Stanislavskij, più giovane di cinque anni (nel 1897 Nemirovic ha<br />
trentanove anni, Stanislavskij trentaquattro), si è conquistato in poco tempo una<br />
notevole popolarità nella buona società moscovita sia come attore sia come regista.<br />
Nemirovic non lo stima né come attore (non a caso tra gli spettacoli da recuperare<br />
nel repertorio della Società di Arte e Letteratura per il nuovo progetto boccia<br />
i due di cui è protagonista, Otello e Uriel Acosta) né come uomo di cultura: la superiorità<br />
di Nemirovic è indiscussa. Ma ne intuisce il formidabile talento di regista,<br />
ne condivide il culto della disciplina e il perfezionismo. Gli affida infatti quasi per<br />
intero la prima stagione: su sei spettacoli, cinque portano la firma di Stanislavskij,<br />
compreso lo spettacolo di apertura Lo zar Fedor Ioannovic, in cui Nemirovic non<br />
compare, si limita a guidare l’interpretazione del protagonista, il giovane e promettente<br />
Moskvin, suo allievo. Solo Il gabbiano, imposto, come è noto, da Nemirovic<br />
di fronte all’indifferenza di Stanislavskij, ha le due firme congiunte. Come attore,<br />
Stanislavskij accetta di farsi da parte: nella prima stagione, interpreta solo due<br />
personaggi non di primo piano, già affrontati nelle stagioni precedenti, Heinrich<br />
ne La campana sommersa di Hauptmann e Ripafratta ne La locandiera. Poi è Trigorin<br />
ne Il gabbiano: Nemirovic né è abbastanza soddisfatto (buono nei primi due atti,<br />
mediocre nel terzo), molto meno Cechov, che gli rimprovera una eccessiva raffinatezza,<br />
una eleganza che non corrisponde alla sua idea. La divisione delle competenze<br />
è ben chiara fin dall’inizio, soddisfa tutti e due (anche se nelle pagine qui<br />
riportate Nemirovic accenna alle complicazioni che la decisione provocherà in<br />
seguito) e viene ribadita da Nemirovic in una lettera a pochi mesi dall’apertura<br />
del teatro: “La nostra ‘unione’ è tanto più valida in quanto io vedo in voi alcune<br />
qualità – quelle dell’artista par excellence – che io non posseggo. Io ho un notevole<br />
intuito per i contenuti e i loro effetti sul pubblico contemporaneo, mentre per quanto<br />
riguarda la forma tendo a soluzioni convenzionali, anche se so apprezzare l’originalità.<br />
In questo senso non ho né la vostra fantasia né la vostra padronanza dei<br />
mezzi espressivi. Perciò ritengo che otterremo i migliori risultati in quegli spettacoli<br />
in cui io approfondirò il contenuto e voi svilupperete la fantasia creativa”.<br />
Una collaborazione che si realizzerà in pochi spettacoli: tuttavia rimarranno nella<br />
storia del teatro di tutti i tempi. Un problema viene taciuto nelle memorie sia dell’uno<br />
che dell’altro: il contrasto sulla struttura organizzativa ed economica del<br />
progetto. Stanislavskij vorrebbe fondare una società per azioni che finanzi l’affitto<br />
di un teatro e l’avvio delle prime stagioni, allargare con alcuni allievi della scuola<br />
di Nemirovic la sua compagnia di dilettanti, già pronta e funzionante, utilizzare<br />
parte del repertorio già da lui messo in scena e debuttare subito a Mosca.<br />
Nemirovic, allergico ad ogni forma di dilettantismo, vorrebbe un finanziatore sicuro<br />
e ben disposto, una compagnia nuova, composta in ugual misura da suoi allievi e<br />
da attori della Società di Arte e Letteratura, un repertorio solo in minima parte già<br />
noto, una sede in provincia, in modo da lavorare senza troppi rischi, in modo da<br />
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