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drammaturgia N 2-2007 - Titivillus Mostre Editoria

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leggere le loro battute. La prima prova aveva luogo direttamente in palcoscenico.<br />

Gli attori si muovevano con i loro quaderni in mano, senza capire bene che cosa<br />

dovessero fare, mentre il regista dava alcune indicazioni: “Su questa battuta vai al<br />

tavolo a destra, mentre tu vai a sinistra a sederti sulla poltrona, e tu, Kostja, retrocedi<br />

verso la finestra.” Perché l’attore dovesse andare al tavolo sulla destra e l’altro<br />

a sinistra, a sedersi sulla poltrona, non era chiaro a nessuno, se non al regista.<br />

Gli attori annotavano pedissequamente le sue osservazioni sui quaderni. Non c’era<br />

davvero tempo per spiegare nulla, ad ogni prova veniva ripetuto tutto il testo dal<br />

principio alla fine. Il giorno successivo il regista ripeteva nuovamente i movimenti,<br />

chi al tavolo a destra e chi a sedersi sulla poltrona a sinistra. Poi concedeva due<br />

giorni per ‘lo studio dei ruoli’. Quindi le prove proseguivano giorno dopo giorno,<br />

sempre nello stesso modo, ripetendo ogni volta tutto il testo di fila. Gradualmente<br />

gli attori smettevano di guardare i quaderni e il suggeritore riduceva un po’ il suo<br />

intervento, senza ripetere a voce alta l’intero testo. Gli interpreti dei ruoli minori,<br />

per eccessivo zelo o per un senso di umiliazione, mostravano subito di padroneggiare<br />

i loro ruoli. Gli attori che avevano i ruoli più importanti lottavano per un po’<br />

con la necessità di pronunziare ad alta voce parole a loro estranee, di rappresentare<br />

delle emozioni non ben definite, di mostrare un temperamento senza alcuna<br />

ragione apparente. Spesso modificavano in modo sbrigativo o cortese, a seconda<br />

dei rapporti reciproci, le indicazioni date dal regista: a uno non andava di spostarsi<br />

verso la finestra a destra, all’altro di dirigersi verso la poltrona a sinistra. Non<br />

che ci fosse una motivazione psicologica per questi cambiamenti: semplicemente<br />

l’attore era abituato in altro modo.<br />

L’Ermolova ha sempre continuato a usare il quaderno. Un giorno, entrando in<br />

palcoscenico per una prova, disse con la sua voce profonda, come se parlasse fra<br />

sé: “Oggi proverò il terzo atto”. Significava che aveva elaborato una sua idea a<br />

casa e che desiderava adesso verificarla. Si metteva a provare il terzo atto a memoria,<br />

manifestando il suo straordinario talento. Tutti venivano trascinati, cresceva<br />

l’interesse per il testo, la voglia di mettersi alla prova. Lodi, entusiasmo dei più<br />

giovani, applausi, inchini e baciamano. L’opera cominciava a scorrere.<br />

Gli attori, con emozione sentita o ostentata, si davano consigli l’un l’altro, trovavano<br />

nuove soluzioni. A quel punto il regista, seduto vicino al suggeritore, non aveva più<br />

niente da fare, non era più necessario a nessuno; non gli rimaneva che occuparsi delle<br />

scene di massa, delle comparse che non avevano niente da ridire sulle sue indicazioni.<br />

Gli attori ormai procedevano da soli nella preparazione del testo. L’ultimo atto era<br />

sempre provato in fretta. Era tardi, bisognava fare uno spuntino, poi c’era lo spettacolo<br />

serale. Perciò ci si riduceva a rimasticare le precedenti emozioni. Mancava qualsiasi<br />

controllo. In realtà ci si poteva render conto del risultato finale, dei momenti deboli o<br />

di quelli troppo agitati solo durante la prima rappresentazione o, nel migliore dei casi,<br />

nell’unica prova generale.<br />

La conversazione tra me e Stanislavskij avvenne nel 1897, mentre la prima prova<br />

generale nella storia del teatro russo era avvenuta solo tre anni prima, in occasione<br />

della produzione del mio dramma, L’oro. […]<br />

Di solito per l’autore tutto era una sorpresa le scene, i costumi, il trucco. Ricordo<br />

con orrore un episodio: eravamo alla vigilia della prima di uno dei miei drammi e<br />

d’un tratto vidi il protagonista con un trucco che non corrispondeva affatto alla<br />

mia idea. Fui obbligato a fingere soddisfazione e a sorridere, per non rovinare<br />

l’umore dell’attore poco prima del suo ingresso in scena. Aspettarsi, poi, che un’attrice,<br />

prima dello spettacolo cambiasse l’abito appena realizzato, appositamente<br />

per lei, da una famosa modista, era impensabile! In seguito, con Stanislavskij, decidemmo<br />

di non accontentarci di una sola prova generale: ne facevamo cinque o<br />

sei, in cui veniva provato l’intero testo, mentre le prove parziali, ossia dei singoli<br />

atti con trucco, costumi e scene cominciavano un mese e mezzo prima delle generali.<br />

Quando poi gli attori del Teatro d’Arte divennero compartecipi della nostra<br />

impresa, investendovi guadagni e salari, furono i primi a rallegrarsi dei risultati<br />

artistici del loro lavoro. Succedeva che nel pieno della stagione teatrale (con le sale<br />

piene ogni giorno), interrompevamo gli spettacoli per dieci giorni, per poter fare<br />

liberamente, senza vincoli di tempo, le prove generali de L’ispettore generale.<br />

Oppure interrompemmo gli spettacoli per due settimane per concludere la messa in scena<br />

dell’Amleto, sotto la direzione di Gordon Craig. Potrà anche succedere di recitare solo<br />

cinque sere a settimana, invece di sette, in modo da conservare energie creative fresche per<br />

le prove. Forse qualche commerciante astuto e di ampie vedute vi spiegherà come da<br />

decisioni del genere venga anche un vantaggio materiale!<br />

Il nostro era il solo teatro dove il lavoro delle prove richiedeva più sforzo degli<br />

spettacoli stessi. Mi sono soffermato a lungo su questo punto perché durante le<br />

prove vennero messe a punto nuove ricerche, evidenziati nuovi elementi del testo,<br />

scoperti talenti nascosti degli interpreti, ottenuti straordinari momenti d’insieme. Nel-<br />

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