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drammaturgia N 2-2007 - Titivillus Mostre Editoria

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viene progettato e fruito in quanto esperienza seria, esperienza d’ arte opposta alle<br />

logiche del consumo spettacolare. Teatri “d’arte”, “liberi”, “piccoli”, “indipendenti”,<br />

tutti rimandano programmaticamente, fin dai nomi di battesimo volutamente convergenti,<br />

a una medesima ragione prima di esistenza: un’alternativa teatrale al<br />

modo di produzione mercantile e al suo apparato socio-culturale (divismo, censura,<br />

potere della critica, ecc.).<br />

Artigianato<br />

“E’ proprio questo che noi uomini di teatro amiamo più di ogni altra cosa al mondo.<br />

Questo artigianato è persistente, sfaccettato, riempie la scena dal soffitto alle botole, è<br />

l’artigianato dell’attore rispetto al ruolo. E che significa? Significa lavoro su se stessi,<br />

sui propri nervi, memoria e abitudini”.<br />

Se a livello lessicale, dal Rinascimento in avanti, arte e artigianato hanno preso a<br />

colorarsi per contrapposizione semantica (creazione autoriale distinta da creazione<br />

anonima), nei linguaggi dei movimenti di riforma artistica e culturale del secondo<br />

Ottocento i due vocaboli si alleano nuovamente: l’influente estetica<br />

progressista delle Arts and Crafts si contrappone alla produzione seriale e alienata<br />

della società industriale. Sono precisamente i piccoli teatri e i teatri d’arte ad applicare<br />

questa prospettiva alla creazione teatrale: nella dimensione laboratoriale<br />

che caratterizza le loro esperienze, ci si riappropria del tempo, della dimensione<br />

cooperativa e di bottega del lavoro creativo, e della passione artigianale per la<br />

manipolazione della materia, che nel caso del teatro, come ci ricorda Nemirovic-<br />

Dancenko, è materia organica, animata. Altrove ho portato a proposito esempi di<br />

esperienze volutamente disparate, quali l’Abbey Theatre delle origini, la Bauhaus<br />

di Schlemmer e Gropius, La Barraca di Garcia Lorca, e ho ricordato come l’eco<br />

delle Arts and Crafts impregni i discorsi del Little Theatre Movement in Inghilterra e in<br />

America ai primi del Novecento3 . Altri hanno notato con quale frequenza e ricorrenza<br />

l’orizzonte semantico dell’artigianato ricorra nel vocabolario dei grandi registi del Novecento,<br />

dai padri fondatori fino a Strehler4 : la cosa non deve sorprendere, è alla base della<br />

cultura nuova della regia, e ci aiuta a ripensarla secondo connotazioni diverse rispetto a<br />

quanto il mito modernista del regista autore/artista ci ha suggerito.<br />

La creazione teatrale come creazione artigiana è metafora così potente da divenire,<br />

tramite i piccoli teatri, leit-motiv di lunga durata della civiltà teatrale del Novecento,<br />

che ne fa anzi una ragione d’essere in epoca di marginalità culturale e<br />

mediatica del teatro. La si ritrova, invariata, nell’orizzonte discorsivo dei teatri di<br />

ricerca di oggi, ai loro livelli culturalmente più consapevoli (un esempio fra tanti:<br />

Renata Molinari parla di “artigianato artistico” riguardo alla creazione teatrale in<br />

generale e al lavoro del dramaturg in particolare) 5 .<br />

Collettivo<br />

“Tutte le regole della vita di palcoscenico, la disciplina, i rapporti, i diritti e i doveri, tutto<br />

venne definito secondo regole precise. In questo modo si formò il gruppo di collaboratori<br />

che assunse il nome di collettivo”.<br />

“Gli attori del Teatro d’Arte saranno compagni di quest’impresa, ovvero i suoi ‘padroni’ a<br />

tutti gli effetti, investendovi guadagni e salari”.<br />

I teatri d’arte e i piccoli teatri si fondano come “comunità teatrali” 6 in senso etico<br />

e di spinta utopica e ideale: l’istanza unitaria del collettivo informa le regole del<br />

funzionamento interno e guida la sperimentazione scenica. I principi della coralità<br />

e della recitazione d’ensemble orientano tutte le ricerche sceniche dei piccoli teatri<br />

e dei teatri d’arte, ne sono tratto qualificante e profondamente innovatore a partire<br />

dalle prime imprese naturaliste.<br />

La logica del collettivo informa anche la struttura cooperativo-societaria: i piccoli<br />

teatri si reggono in genere su ridotte economie di scala, e muovendosi al di fuori<br />

del mercato spettacolare e delle sue logiche imprenditoriali, collaudano svariate<br />

formule a carattere cooperativo, che prevedono gli attori come soci attivi, non come<br />

dipendenti dell’impresa.<br />

L’istanza del collettivo, intesa su questi diversi piani, declina e reinterpreta la tradizione<br />

della micro-società degli attori coniugandola con le ideologie progressiste,<br />

socialiste e emancipazioniste che caratterizzano questo periodo storico: esse nutrono<br />

non a caso gran parte del “movimento per la libera scena” 7 . L’utopia concreta del<br />

collettivo si prolunga poi per tutto il Novecento, fino al fenomeno dei teatri di base<br />

e dei teatri di gruppo, anch’essi eredi dell’epoca dei piccoli teatri.<br />

Pubblici/pubblico<br />

“L’atteggiamento nei confronti del pubblico fu una delle questioni importanti discusse<br />

durante la nostra conversazione”.<br />

“Fino a che punto il pubblico teatrale era viziato dalla posizione servile dell’attore!”.<br />

Come bene ha spiegato Piergiorgio Giacché, mentre nel mercato teatrale del secon-<br />

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