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la telecamera. Tutte esperienze più vicine al cinema che al teatro.<br />

Penso che così siano maturati tanti pensieri che partivano dal progetto<br />

Orfeo e che però erano ancora in divenire: ancora oggi, per<br />

quanto sia durato poco – perché poi il teatro cade, muore, non ha futuro<br />

–, ritengo che Twin Rooms sia uno dei nostri lavori più attuali e<br />

importanti.<br />

C’è stato un primo periodo, fino a Catrame, in cui abbiamo scoperto<br />

certe filosofie – i francesi, Baudrillard – ed è stata una spinta<br />

per noi a conoscere cose nuove; con Twin Rooms invece ci siamo impadroniti<br />

del meccanismo che cercavamo già prima ma di cui fino ad<br />

allora non eravamo riusciti a cogliere l’essenza.<br />

Voi però usate lo schermo anche, appunto, per schermare, non solo per<br />

delimitare. Molto teatro italiano, da Teatrino Clandestino alla Raffaello<br />

Sanzio, usa questi filtri, veli, diaframmi tra l’azione in scena e lo<br />

spettatore. Non è una cosa nuova, ma se qualcuno penserà al teatro italiano<br />

di questi anni penserà anche a un velo tra spettatore e azione. Come<br />

mai questo strano rapporto con il pubblico?<br />

DN: Il classico filtro, il tulle, crea un annebbiamento, una sfocatura,<br />

e serve ad aumentare l’impressione di irrealtà; quindi ha anche un<br />

effetto puramente estetico, lo dico con tranquillità. Nella percezione<br />

della presenza di un attore si crea una specie di alone che gli dà una<br />

certa innaturalità o di evanescenza, a seconda delle esigenze.<br />

EC: C’è anche un altro effetto. Il tulle si è molto diffuso perché,<br />

prima degli schermi trasparenti, era l’unico materiale che consentiva<br />

di sovrapporre il video allo spettacolo.<br />

È una soluzione che permette di instaurare un rapporto teatro/cinema<br />

particolare (il Teatrino Clandestino ne ha fatto largo uso), molto<br />

diverso da quello creato dalla proiezione sul fondo, usata spesso<br />

dalla danza ma più decorativa. Lì l’immagine proiettata rimane la cosa<br />

ultima da vedere, mentre se la metti tra lo spettatore e l’attore l’effetto<br />

è più forte. Attraverso un uso accorto dell’illuminazione è possibile<br />

mescolare due tipi di immagini e avere un’interazione pura.<br />

Bisogna anche specificare la differenza tra il plexiglas e il tulle,<br />

che per l’attore, costitutivamente narciso, è fondamentale: quando<br />

sei sotto plexiglas con la luce accesa, dentro, infatti, vedi solo te, ti<br />

guardi.<br />

In Catrame c’era una trasposizione immediata del concetto di Virilio<br />

del sottovetro e del sottovuoto, e si trattava di mostrare gli esseri<br />

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