Mauro Caselli, “«Bisogna isolare una cosa perché ... - WebLearn
Mauro Caselli, “«Bisogna isolare una cosa perché ... - WebLearn
Mauro Caselli, “«Bisogna isolare una cosa perché ... - WebLearn
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
situazione liminare, l’indicazione di <strong>una</strong> distanza nella quale, con Nietzsche, si può<br />
identificare l’epicentro di un certo pathos (Nietzsche 1992, 112). Il termine ”malattia”<br />
viene impiegato dall’autore - in maniera invero alquanto incostante e con eccesso di<br />
simbolismo - proprio per definire questa situazione di impasse ontologica, determinata<br />
dall’incapacità di risolvere la separazione degli enti, dalla conseguente reclusione in sé<br />
del soggetto.<br />
III. Nella scrittura, questa percezione desultoria della realtà assume rilievo ontologico<br />
per un’attenzione verso l’imminenza, intesa nel suo significato relazionale - che tiene<br />
insieme e collega le cose. Ciò che importa è pertanto lo spazio interstiziale e il suo<br />
superamento, <strong>perché</strong> ”la vita non può essere che sforzo, risentimento e attesa di gioia!”<br />
(Corto viaggio sentimentale, Svevo 2004b, 505). Questo luogo è ”interesse” - ciò che<br />
sta in mezzo - che separa e allo stesso tempo unisce forma e contenuto, ad un livello più<br />
concreto, ciò che consente la relazionalità dei qualia. Se è vero che ”tante cose a questo<br />
mondo accumulandosi mutano d’aspetto” (Corto viaggio sentimentale, Svevo 2004b,<br />
589) è qui che si mostra ciò che può essere considerata la trascendenza di Svevo, che si<br />
espone come mistero, come <strong>una</strong> forma resistente di inconoscibilità determinante. Da<br />
tutto questo procede l’attenzione per la parola, intesa come ente tra gli enti del mondo,<br />
”avvenimento che si riallaccia agli avvenimenti” (La coscienza di Zeno, Svevo 2004a,<br />
987), ”l’esperienza stessa della possibilità (impossibile) dell’impossibile” (Derrida<br />
2005, 137), come scrive Derrida, per la capacità illocutiva che la lega al referente e la<br />
mobilità del senso che questo spazio consente, all’origine d’ogni fenomeno di<br />
connotazione.<br />
In seno a tale dinamica ha buon aggio la deviazione della componente dialettale<br />
nella lingua di Svevo, tema critico importante e che certo inopport<strong>una</strong>mente ha tanto<br />
angustiato l’autore. 3 Tuttavia, se alla consapevolezza di <strong>una</strong> reale possibilità di<br />
rivelazione del linguaggio nel mondo, del suo ingombro, Svevo giunge subito, devono<br />
passare degli anni <strong>perché</strong> egli sia in grado di padroneggiare la potenzialità eversiva che<br />
vi si collega.<br />
Nell’onomastica di Svevo si segnala il movimento di cui si è detto. A ragione,<br />
Roland Barthes sostiene che ”il nome proprio è un nome che rinvia all’incomparabile”<br />
(2002, 142). In Svevo è significativo che si verifichi <strong>una</strong> tendenza contraria, in direzione<br />
della contestualizzazione. Basti pensare ai collegamenti che in questo modo vengono<br />
costruiti fra alcuni personaggi (Emilio e Amalia), fra un nome e un specifico ruolo<br />
(Angiolina, Samigli, Achille, Bianca), o i casi di omonimia tra personaggi di differenti<br />
opere, per non citare tutto il complesso lavorio di dissimulazione dell’autore nei propri<br />
personaggi. Ma certo questa erotica della distanza fra nome proprio e mondo in Svevo è<br />
maggiormente visibile nell’uso dello pseudonimo, su cui non è necessario soffermarsi,<br />
data l’evidenza. 4<br />
IV. Nella pagina del primo periodo il senso ineffabile, la trascendenza immanente<br />
costituita dalla distinzione degli enti, viene resa da Svevo attraverso un uso inflativo<br />
3 “Il romanzo raggiunge la pienezza della propria coscienza creatrice solo nelle condizioni di un<br />
plurilinguismo attivo”. (Bachtin 1979, 431). Montale, per questo, parla di “imperfezione positiva”<br />
(Montale 1961, 2513). Da parte sua, per questa scrittura, Giacomo Debenedetti parla di “un utensile<br />
efficace, per quanto inelegante”.<br />
4 Va ricordato che il nom de plume Italo Svevo fu preceduto da Erode, Ettore Samigli, Ettore Muranese.<br />
Jean Starobinski scrive che scegliere uno pseudonimo al posto del nome anagrafico “equivale<br />
all’assassinio del padre ed è la forma meno crudele dell’uccisione in effigie” (Starobinski 1975, 161).