2013 02 - Aghion Oros - Be Love Revolution
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[Monte Athos]<br />
Incontro con il cuore spirituale dellortodossia<br />
27 febbraio – 4 marzo <strong>2013</strong><br />
di FABIO FRANCESCHINI<br />
b eloverevolution.org
Sommario<br />
Introduzione ........................................................................................................................ 3<br />
Verso la Grecia ................................................................................................................... 4<br />
Salonicco e Uranopolis<br />
27 febbraio <strong>2013</strong><br />
Verso il Monte Santo .......................................................................................................... 7<br />
Dafni e Simonos Petras<br />
28 febbraio <strong>2013</strong><br />
Sulle strade dellAthos .................................................................................................... 12<br />
In viaggio da Simonos Petar a Hilandar<br />
1 marzo <strong>2013</strong><br />
Hilandar ............................................................................................................................. 16<br />
Nel cuore spirituale dellortodossia serba<br />
2 marzo <strong>2013</strong><br />
Verso Casa ........................................................................................................................ 20<br />
Da Monoxiliti a Salonicco<br />
3 marzo <strong>2013</strong><br />
LOVE onlus ....................................................................................................................... 23<br />
Cosa puoi fare tu?<br />
Nella foto in copertina:<br />
il Monastero di Simonos Petar con, sullo sfondo, il Monte Athos
Introduzione<br />
Nelle pagine seguenti abbiamo cercato di mettere<br />
su carta l’esperienza di un viaggio incredibile. Lo<br />
abbiamo fatto senza alcuna pretesa, con semplicità.<br />
Chiediamo quindi, fin da subito, di perdonarci per<br />
gli errori, le imprecisioni o i passaggi troppo<br />
veloci su aspetti magari importantissimi, ma<br />
l’obiettivo del nostro viaggiare era un altro: quello<br />
di cercare di conoscere e comprendere più a fondo<br />
la spiritualità ortodossa, nel suo cuore terreno<br />
appunto.<br />
Una spiritualità profonda che nel corso della<br />
nostra breve esperienza, cercando di portare a<br />
termine le piccole azioni solidali intraprese in<br />
Kosovo e Metochia, abbiamo notato essere<br />
indissolubilmente legata alla storia e alle<br />
vicissitudini del popolo serbo.<br />
È proprio sul Monte Athos che San Sava,<br />
fondatore della chiesa autocefala serba, viene<br />
intonacato.<br />
Qui, insieme a suo padre, Stefano Nemanja<br />
(considerato il padre della nazione serba e avo di<br />
un altro Stefano: quel Re Stefano che nel 1327<br />
fondo il monastero di Dečani e nel quale il suo<br />
corpo incorrotto e ancora conservato e venerato),<br />
fondò il monastero di Hilandar, centro spirituale<br />
della chiesa serba.<br />
E anche lui divenne monaco e poi santo: San<br />
Simeone e nel Monastero di Hilandar, nel luogo<br />
dov’era il suo corpo prima della traslazione al<br />
monastero di Studenica, cresce da più di<br />
settecento anni una vite miracolosa.<br />
E ancora: è stato Re Lazar, protagonista nel 1389<br />
dell’epica battaglia di Kosovo Polje, a donare al<br />
monastero di Vatopedi la cintura della Vergine<br />
Maria.<br />
Dušan, figlio di Stefano Dečanski, conquistò nel<br />
1345 tutta la penisola calcidica, compresa la zona<br />
del Monte Athos, ed entrato nella città di Serres,<br />
si proclamò Zar e autocrate dei Serbi e dei<br />
Romani, con l'intento di creare un nuovo impero<br />
che difendesse la cristianità ortodossa e che fosse<br />
un baluardo contro gli Ottomani.<br />
Portando al massimo splendore una nazione che,<br />
nei trecento anni circa che intercorrono tra<br />
Stefano Nemanja e il suo discendente Dušan, era<br />
tra le più forti, ricche e culturalmente avanzate<br />
dell’intera Europa.<br />
Un’attenzione, verso l’Athos, che è continuata e<br />
resiste anche in tempi più recenti: è stato infatti il<br />
re di Serbia Alessandro I Karageorgevic (1843-<br />
1858) a ordinare, a sue spese, i restauri necessari<br />
al monastero di Hilandar, che stava vivendo un<br />
momento difficile della sua storia e a<br />
promuoverne il ripopolamento con nuovi monaci.<br />
E ancora oggi sono sempre presenti nel monastero<br />
e nell’intero Monte Santo centinaia di pellegrini<br />
provenienti dalla Serbia.<br />
Un intreccio complicato tra storia, mito e religione<br />
che è profondamente e saldamente presente nella<br />
vita quotidiana ancora oggi e che, in molti casi, è<br />
così difficile da comprendere a molti occidentali.<br />
<strong>Be</strong><strong>Love</strong><strong>Revolution</strong><br />
“L’essenziale è invisibile agli occhi”<br />
Il Piccolo Principe<br />
Antoine De Saint-Exupéry<br />
3
Verso la Grecia<br />
Salonicco e Uranopolis<br />
27 febbraio <strong>2013</strong><br />
Siamo partiti prestissimo con un volo RyanAir da<br />
<strong>Be</strong>rgamo, affollato e confusionario, e in poco<br />
meno di due ore ci ritroviamo affacciati sul<br />
mediterraneo, nel Paese simbolo della crisi<br />
europea, decisamente più politica che economica,<br />
con un bel sole e una temperatura più mite.<br />
I partecipanti al viaggio saranno otto, ma al<br />
momento siamo in quattro: il sottoscritto,<br />
Giovanni, Roberto e Marco. Nel pomeriggio<br />
arriverà Vincenzo da Roma e poi i tre provenienti<br />
direttamente dal Kosovo.<br />
Abbiamo quindi un po’ di tempo per visitare la<br />
città di Salonicco; ci infiliamo in un taxi e con un<br />
mix dinglese, greco e italiano siamo in centro<br />
4<br />
La Torre al porto di Uranopolis<br />
città. La città è stata fondata nel 315 a.C. ed è<br />
sempre stata uno snodo importante per i<br />
commerci, dall’Impero Romano a quello<br />
Ottomano, sotto il cui dominio rimase fino al<br />
1912.<br />
È nato qui anche Kemal Atatürk, il fondatore della<br />
Turchia moderna.<br />
Salonicco, il lungomare e la Torre Bianca<br />
Visitiamo la chiesa di San Giorgio, l’Arco e la<br />
Tomba di Galerio. La città è trafficata e rumorosa.<br />
Attraversiamo un’isola pedonale che ci<br />
accompagna fino alla Torre Bianca, proprio
dentro la torre, nacque la bandiera greca, una<br />
croce bianca su sfondo blu, in memoria della fede<br />
ortodossa che tenne unita la nazione sotto il<br />
dominio ottomano e nove strisce, bianche e blu<br />
che rappresentano le nove lettere della parola<br />
Έλευθερία (libertà).<br />
Sul lungomare incontriamo nuovamente un<br />
gruppo di studenti italiani in gita che erano con<br />
noi sull’aereo. Con loro siamo forse gli unici<br />
turisti.<br />
Il lungo mare è gradevole e soleggiato, tanto che<br />
decidiamo di mangiare un boccone seduti fuori.<br />
Polipo e RedSnapper … sapori pieni, pesce<br />
delizioso. Riprendiamo il cammino verso la<br />
Basilica di Santa Sofia, San Teodosio e la chiesa<br />
dei Santi Apostoli, chiesa bizantina del XIV<br />
secolo che ricorda incredibilmente, nei colori e<br />
nella forma, il Monastero di Gracanica in Kosovo.<br />
A mano a mano che ci allontaniamo dall’isola<br />
pedonale centrale quello che sembrava un sospetto<br />
si concretizza in certezza: intere vie di vetrine<br />
vuote, negozi abbandonati, attività fallite. Ogni<br />
tanto fa capolino un piccolo alimentari o un<br />
modesto negozio di abbigliamento. La crisi in<br />
effetti si vede.<br />
«Qui siamo abbastanza tranquilli. Ad Atene la<br />
situazione è molto peggio. Per strada ci sono<br />
persone senza lavoro e senza casa» ci racconta<br />
una ragazza «molti hanno perso il lavoro. L’ho<br />
perso anch’io ma mio marito per fortuna lavora<br />
ancora. Le famiglie dove tutti e due non lavorano<br />
più non so proprio come facciano o per quanto<br />
possano continuare. Li aiutano i genitori, i<br />
risparmi, la chiesa …». Il marito aggiunge: «Negli<br />
ultimi due anni il mio stipendio è stato tagliato del<br />
45%. Riusciamo a pagare l’affitto, le bollette, fare<br />
5
la spesa e qualche attività extra per i bambini:<br />
inglese e danza».<br />
Riprendiamo un taxi verso l’aeroporto, è quasi ora<br />
di incontrarci con gli altri per partire verso la<br />
prima tappa del viaggio verso l’Athos.<br />
Nella mitologia greca Athos era un gigante<br />
originario della Tracia che ingaggiò una battaglia<br />
con il Dio Poseidone, che alla fine risultò<br />
vincitore e sotterrò il gigante sotto un’enorme<br />
montagna che prese appunto il nome del gigante<br />
ucciso.<br />
Rientriamo in aeroporto e per fortuna il volo di<br />
Vincenzo è in orario. Poco dopo ci raggiungono<br />
anche Francesco e Padre Andrej. Paolo purtroppo<br />
ha perso il volo, vedremo come risolvere, intanto<br />
partiamo.<br />
6<br />
lungo le strade di Uranopolis<br />
È infatti oramai buio e la strada verso Uranopolis<br />
è lunga. Il tempo inoltre peggiora; ci ritroviamo in<br />
un acquazzone, con la strada che si addentra<br />
sempre più in una macchia mediterranea fatta di<br />
cespugli, corbezzolo e ginepri e avvolta dalla<br />
nebbia sempre più fitta.<br />
Il viaggio è comunque piacevole e la compagnia<br />
ottima.<br />
Dopo un paio d’ore siamo arrivati. Il villaggio è<br />
completamente al buio, è saltata la corrente da<br />
qualche ora a causa di un problema più a nord con<br />
un cavo dell’alta tensione. Chiediamo qualche<br />
indicazione e un paio di signori su un Fiorino<br />
bianco ci accompagnano fino all’albergo dove ci<br />
accoglie Aristotelis, con candele per tutti. Giusto<br />
il tempo di appoggiare gli zaini e ci muoviamo<br />
verso la cena dove ci aspettano da un po’ a causa<br />
del ritardo che abbiamo accumulato a causa del<br />
tempo.<br />
lungo le strade di Uranopolis<br />
Il ristorante è appena fuori dalla porta, la veranda<br />
è accogliente, illuminata esclusivamente da<br />
qualche candela e riscaldata da un paio di funghi a<br />
gas. L’oste che ci accoglie è sulla sessantina, non<br />
molto alto e con una circonferenza di vita<br />
importante, il che ci fa ben sperare per la cena. Ci<br />
accompagna in cucina, dove c’è sua madre, una<br />
minuta signora anziana dai capelli bianchi<br />
raccolti, un abitino a fiori in cotone e un cardigan<br />
di lana. Con le pile scegliamo il pesce e ci<br />
accomodiamo a tavola. La cena passa veloce tra<br />
aglio, feta, insalata, polipi, pane casalingo e<br />
grosse olive nere … «Perché la feta in Italia non è<br />
buona come qui?» si chiede qualcuno …. Siamo<br />
veramente sazi, ma l’oste ci riprende e ci fa notare<br />
che non possiamo dire di no al dolce che ha<br />
preparato sua madre…<br />
Comunque è tempo di dormire, domani si parte.
Verso il Monte Santo<br />
Dafni e Simonos Petras<br />
28 febbraio <strong>2013</strong><br />
«A luglio e agosto e pieno d’italiani» ci racconta<br />
Aristotelis servendoci un po’ di Nescafé e<br />
indicandoci il panificio dove acquistare un paio di<br />
croissant per colazione.<br />
Così con la luce visitiamo un po’ il villaggio che<br />
alla fine è costituito di un pugno di case sulla riva<br />
del mare, costruite attorno alla via principale che<br />
termina in una piazza proprio sull’acqua.<br />
È accogliente, molti alberghi e ristoranti, molti<br />
souvenir shop che oltre ai classici cappellini,<br />
magneti e bandierine hanno gli scaffali pieni di<br />
santi, crocefissi e rosari ortodossi.<br />
Incontriamo un italiano che si è stabilito qui da<br />
molti anni e che ci da una mano per i<br />
Dhiamonitirion, i visti che permettono l’ingresso<br />
il Monastero di Simonos Petras visto dal mare<br />
al Monte Athos, e per il traghetto che ci porterà<br />
fino al porto di Dafni.<br />
Il traghetto è infatti l'unico mezzo per entrare nel<br />
Monte Santo e per spostarsi tra i vari monasteri<br />
occorre fare affidamento sulle poche corriere, sui<br />
mezzi dei monasteri o più comunemente sulle<br />
proprie gambe.<br />
il Dhiamonitirion, il visto necessario all’ingresso sull’Athos<br />
Il tempo di un espresso e ci infiliamo a bordo di<br />
un’improbabile imbarcazione. Prima di partire<br />
vengono controllati in modo molto cordiale<br />
passaporto e Dhiamonitirion. La Comunità Santa
ammette all’ingresso circa un centinaio di maschi<br />
al giorno per un massimo di quattro giorni alla<br />
volta.<br />
Il Monte Athos (in greco Άγιον Όρος, Ághion<br />
Óros) è infatti un territorio autonomo, una<br />
Repubblica indipendente all’interno della Grecia.<br />
È ufficialmente un luogo santo dall’885, con la<br />
crisobolla imperiale di Basilio I, Imperatore<br />
Romano d’Oriente.<br />
È l’unico luogo totalmente dedicato alla preghiera<br />
e al culto di Dio.<br />
A Karyai è<br />
conservato ancora<br />
oggi il Tragos, il<br />
primo statuto<br />
costituzionale con<br />
il quale si regolava<br />
l’organizzazione e<br />
l’amministrazione<br />
sull’Athos, su un<br />
rotolo di<br />
pergamena redatto<br />
nel 972 dagli<br />
Igumeni dei<br />
monasteri athoniti<br />
(cosi chiamati dal<br />
fondatore del<br />
monachesimo<br />
sull’Athos: Sant’Atanasio) e controfirmato e<br />
sigillato dall'imperatore Giovanni Zimisce, che<br />
sanciva e riconosceva l’Athos come uno stato<br />
indipendente e monastico.<br />
Nel corso dei secoli il monte si è popolato di<br />
monasteri e sono affluiti monaci da tutto il mondo,<br />
tra cui anche benedettini Amalfitani che<br />
fondarono l’omonimo monastero e che, proprio in<br />
8<br />
questi tempi, dopo molto tempo si sta cercando di<br />
ricostruire.<br />
Poi serbi, russi, iberi, bulgari, rumeni. Le<br />
molteplici nazionalità hanno sempre conferito al<br />
Monte Santo un carattere di ecumenicità unico e<br />
rappresenta, di fatto, il centro religioso più<br />
importante per il Cristianesimo ortodosso.<br />
La comunità dei monaci contava decine di<br />
migliaia di persone ma dopo due guerre mondiali<br />
e il comunismo in Russia (uno dei principali<br />
luoghi di sostegno<br />
del Monte e di<br />
provenienza dei<br />
monaci) la<br />
popolazione<br />
monastica era<br />
scesa negli<br />
anni ’70 a poco più<br />
di mille.<br />
La penisola del<br />
Monte Santo si<br />
allunga nel Mar<br />
Egeo per una<br />
cinquantina di<br />
chilometri ma<br />
sembra vi sia stato<br />
un momento nella<br />
storia in cui fu<br />
artificialmente separata dal continente, divenendo<br />
un'isola. Accadde per mano di Serse, durante le<br />
guerre persiane, e la memoria ci fu tramandata da<br />
Erodoto.<br />
La tradizione che ha fatto diventare questo luogo il<br />
luogo più importante del Cristianesimo ortodosso<br />
vuole che la Vergine Maria, in viaggio verso Cipro<br />
con Giovanni Evangelista, fu obbligata ad approdare<br />
sulla penisola dell’Athos a causa di una burrasca e
ammirando il panorama selvaggio ne rimase talmente<br />
colpita che chiese al Figlio di offrirLe <strong>Oros</strong> (“Athos” in<br />
greco) in dono.<br />
Si sentì in quel momento la voce del Signore: «Che<br />
questo luogo sia per il clero giardino e paradiso come<br />
pure porto di salvezza per tutti coloro che vogliono<br />
salvarsi» e da allora <strong>Aghion</strong> <strong>Oros</strong> è considerato il<br />
giardino della Madonna.<br />
il monastero di Senofonte, fondato nel 520<br />
È abitata da monaci fin dal V secolo, persone che<br />
volutamente rimosso da tutto tranne Dio e che con<br />
le loro lunghe barbe e i loro abiti neri<br />
arricchiscono il luogo di una spiritualità mistica e<br />
di una ritualità immutabile. La tranquillità<br />
dell’Athos e la sua innegabile specialità ne fanno<br />
l’ultimo luogo dove, alcuni tra loro, i più mistici,<br />
riescono ancora a recitare la preghiera della “luce<br />
non creata”.<br />
In un recente convegno il metropolita Hilarion di<br />
Volokolamsk ha affermato che «la<br />
consapevolezza del contributo del Monte Athos<br />
nella tradizione spirituale e intellettuale europea<br />
ci porta all’importante compito di conservare per<br />
le generazioni future l’unicità del Santo Monte, il<br />
carattere multinazionale della confraternita, il<br />
suo modo di vivere, la sua ospitalità ai pellegrini<br />
e il rigoroso silenzio ascetico» … e proprio il<br />
Monte Athos, più di 2000 metri di altezza<br />
all’estremità sud della penisola, sembra essere<br />
esso stesso l'essenza stessa della scelta ascetica di<br />
questi uomini.<br />
Navighiamo ormai da una trentina di minuti e le<br />
prime tracce di costruzioni si intravedono sulla<br />
costa ... fino a divenire sempre più maestose e<br />
imponenti. Dalla barca vediamo il monastero di<br />
Xenofondos, quello di Doochiariou e poi il<br />
grande monastero russo di San Panteleimone,<br />
fino alla maestosità di Simonos Petras, il<br />
monastero dove passeremo la notte e che sembra<br />
sospeso tra la montagna e il mare, come<br />
aggrappato su una corda invisibile tesa<br />
direttamente dal cielo.<br />
Una posizione grandiosa e audace, segno tangibile<br />
delle creazioni incredibili realizzate per amore.<br />
Approdiamo a Dafni, a circa due/terzi della<br />
penisola, sulla costa occidentale.<br />
Qualche edificio raccolto sul mare: un piccolo bar,<br />
tre piccoli negozi con bastoni da pellegrino,<br />
oggetti sacri e libri sul Monte Sacro in tutte le<br />
lingue.<br />
Il porto di Dafni<br />
Ci accomodiamo al bar per un the caldo e<br />
qualcosa da mangiare. Attorno a noi qualche<br />
decina tra pellegrini e monaci, ognuno con il<br />
proprio zaino. Le barche approdano e partono di<br />
continuo.<br />
Non abbiamo sfortunatamente molto tempo per<br />
goderci la camminata e quindi da Simonos Petras<br />
due monaci vengono a prenderci con due jeep e<br />
imbocchiamo una strada sterrata a picco sul mare.<br />
Il tragitto diventa sempre più incredibile man<br />
9
mano che il mare si allontana sempre più verso il<br />
basso, e tra asini, cipressi, cactus e delie, è<br />
sicuramente un percorso sconsigliato a chi soffre<br />
di vertigini.<br />
10<br />
foto di gruppo con Padre Adnrej e Padre Makarios<br />
Dopo una ventina di minuti, dietro l’ennesimo<br />
tornante, ecco apparire quasi magicamente,<br />
abbarbicato su uno sperone di roccia bianca a<br />
centinaia di metri d'altezza sul mare, il monastero<br />
di Simonos Petras, con sullo sfondo la mole<br />
imponente dell'Athos.<br />
Il monastero fu fondato a metà del 13° secolo da<br />
San Simone a seguito di una visione che ebbe<br />
mentre stava pregando nella sua grotta e che si<br />
ripeté per tre volte, invitandolo a costruire proprio<br />
sullo sperone di roccia un monastero dedicato alla<br />
Nascità di Gesù.<br />
Negli anni ha subito di tutto: gli ottomani e le<br />
insurrezioni, i partigiani comunisti nell’ultima<br />
guerra mondiale e i pirati, oltre che due gravi<br />
incendi che distrussero gran parte dei suppellettili,<br />
delle preziose icone, degli interni in legno e della<br />
ricca biblioteca del monastero. Si sono comunque<br />
salvate numerose reliquie tra cui un frammento<br />
del Legno Sacro.<br />
Scendiamo vicino all’ingresso principale e un<br />
Padre ci accompagna nella foresteria dove ci<br />
registriamo e veniamo accolti con i classici<br />
loukoumies gelatinosi ricoperti di zucchero a velo,<br />
un bicchierino di ouzo e l’acqua della vicina<br />
sorgente.<br />
Il monastero è indipendente energicamente: ha<br />
una piccola centrale idroelettrica dove una volta<br />
c’era il mulino per la farina e su un versante della<br />
montagna numerosi pannelli solari.<br />
Solo nel caso l’energia apportata da queste due<br />
fonti non sia sufficiente si attivano i generatori a<br />
diesel.<br />
Un giovane novizio ci illustra le regole e gli orari<br />
e poi ci accompagna nella nostra camerata,<br />
nell’edificio che fu una volta adibito alla<br />
spremitura delle olive.<br />
Abbiamo appena il tempo di una breve camminata<br />
per poter ammirare il monastero con più calma<br />
che è l’ora dei vespri e attraverso una scalinata di<br />
pietra e dei cunicoli ci rechiamo nel Katholikòn, la<br />
chiesa principale del monastero, al centro<br />
dell’edificio.<br />
la grotta di San Simone<br />
I monaci scivolano verso l’interno della chiesa.<br />
Nella penombra si vedono solo le vesti nere e le<br />
lunghe barbe illuminate a momenti dalle candele<br />
votive o le lampade sospese di fronte ad alcuni<br />
affreschi.
I loro canti sono suggestivi e non possiamo non<br />
chiederci come sia stato possibile passare da una<br />
sacralità così evidente, quella che da noi poteva<br />
essere trasmessa dal rito preconciliare, alle<br />
chitarre e i canti pop che oggi troviamo nelle<br />
chiese cattoliche.<br />
Finita la celebrazione, scendiamo alcuni gradini<br />
attraverso un portale di pietra e ci ritroviamo nel<br />
refettorio. Lunghi tavoli di legno e panche, il<br />
pasto già servito nei piatti di metallo. Tutte le<br />
pareti sono affrescate di recente e i colori sono<br />
vivi e brillanti.<br />
La vita monastica sull’Athos è passata attraverso<br />
fasi, dall’eremitica iniziale fino all’idiomitica e<br />
infine all’attuale cenobitica. Ma non c’è una<br />
regola fissa per tutti i monasteri: il monastero di<br />
Hilandar, infatti, è fin dalla sua fondazione<br />
cenobitico.<br />
Dopo cena Padre Makarios ci accompagna a<br />
visitare un po’ il grande monastero e la grotta<br />
dove San Simone ricevette la visione. Padre<br />
Makarios è originario degli Stati Uniti e Simon<br />
Petras è sicuramente il monastero più<br />
internazionale del Monte Athos: provengono da<br />
tutto il mondo e durante la liturgia abbiamo avuto<br />
modo di incontrare anche monaci di origine<br />
asiatica.<br />
La grotta è un piccolo anfratto a due piani, dove<br />
San Simone è vissuto tre anni e nella quale<br />
tornava anche durante la costruzione del<br />
monastero per ritrovare quiete e pace.<br />
Imbocchiamo il ripido sentiero che conduce fino<br />
alla darsena del monastero.<br />
Visto dal basso, tra muri a secco e splendide<br />
terrazze di olivi e viti, il monastero è veramente<br />
imponente e solenne.<br />
Si sta facendo buio ed è ora di risalire.<br />
11
la chiesa di Karyes, è la più antica della penisola, fu costruita all’inizio del X secolo e appartiene a tutti i monasteri dell’Athos.<br />
Sulle strade dellAthos<br />
In viaggio da Simonos Petar a<br />
Hilandar<br />
1° marzo <strong>2013</strong><br />
Sveglia alle 4:30 per partecipare alle fasi<br />
conclusive della liturgia del mattino, i monaci<br />
infatti sono qui dalle 3.<br />
Alle 8 ci incontriamo con Padre Vasileios per un<br />
caffè e dopo una breve funzione al Katholikòn<br />
partecipiamo al pranzo nel refettorio, il “Tràpeza”,<br />
che è di fatto l’edificio più importante dopo la<br />
chiesa principale.<br />
Si mangia in silenzio, dopo la benedizione<br />
dell’Igumeno. Il pasto dura 15/20 minuti, durante<br />
i quali uno dei Padri legge vite di santi.<br />
Al suono della campanella dell’Igumeno la lettura<br />
s’interrompe, così come il pranzo e tutti lasciano<br />
la refettorio attraverso la porta principale, prima i<br />
monaci e poi i pellegrini e gli ospiti.<br />
Appena fuori dalla porta l’Igumeno benedice tutti.<br />
Nel frattempo è arrivato Padre Silvano che ci<br />
accompagnerà al Monastero di Hilandar.<br />
in viaggio<br />
Lungo il tragitto ripassiamo per il porto di Dafni,<br />
dove il viavai di pellegrini e monaci continua<br />
ininterrottamente e proseguiamo il viaggio<br />
risalendo sul crinale che divide a metà la penisola.<br />
La macchia mediterranea lascia gradualmente<br />
posto a un fitto bosco di castagni, querce e larici.
Ogni tanto lungo la strada salutiamo qualche<br />
pellegrino.<br />
Ai rari bivi cartelli in greco indicano la direzione.<br />
Dopo una piccola stradina in discesa, si apre<br />
all’improvviso, nel mezzo al bosco una radura con<br />
il vecchio monastero dei russi (Stari Ruski).<br />
È rimasto abbandonato fino a poco tempo fa ma<br />
ora i lavori procedono spediti e il luogo sta<br />
riacquistando l’antico splendore.<br />
Il Monastero ha un’importanza fondamentale per<br />
la storia serba. Qui è stato, infatti, intonacato San<br />
Sava, il fondatore della chiesa autocefala serba.<br />
La storia racconta che, il terzo figlio del Re, volle<br />
venire al Monte Athos per farsi monaco. Il padre<br />
invio un intero esercito per riprenderlo e quando i<br />
soldati raggiunsero l’Athos, l’Igumeno li accolse<br />
con cortesia e vista la loro stanchezza dovuta al<br />
lungo viaggio chiese loro, prima di riportare<br />
Rasko (il nome di Sava prima dell’intonacatura) a<br />
casa, di condividere la cena e la funzione con i<br />
monaci del monastero.<br />
Durante la lunga liturgia i soldati si<br />
addormentarono e l’Igumeno portò Rasko sulla<br />
torre del Monastero, intonacandolo con il nome di<br />
Sava.<br />
Al loro risveglio i soldati non osarono toccare un<br />
monaco.<br />
«San Sava è una figura centrale nella storia<br />
serba» ci racconta Padre Andrej «è a lui che si<br />
deve l’unità del nostro popolo».<br />
Poco lontano dall’edificio visitiamo, nel mezzo<br />
del bosco, una piccola casetta dove ha vissuto fino<br />
agli anni ’50 un eremita russo, San Silvano,<br />
divenuto santo e venerato anche dai greci.<br />
Di queste casette l’Athos è ricco e la scelta<br />
eremitica non è, ancora oggi, così rara.<br />
Riprendiamo il viaggio nella jeep di Padre Silvano.<br />
Le strade, a parte qualche breve tratto pavimentato<br />
poche centinaia di metri prima dell’ingresso dei<br />
monasteri, sono tutte sterrate e piene di buche e<br />
non vengono sistemate volontariamente; così i<br />
pochi chilometri da percorrere diventano lunghi<br />
tragitti.<br />
Camminare è infatti ancora il modo migliore di<br />
viaggiare sull’Athos e i vecchi sentieri sono la via<br />
più veloce, semplice e spettacolare per<br />
raggiungere i vari monasteri.<br />
13
Dopo un breve tragitto il bosco improvvisamente<br />
termina e ci regala la costa del versante orientale<br />
con punte e calli, enormi oliveti centenari e alti<br />
cipressi, e sull’orizzonte la cima spoglia e<br />
innevata del Monte Athos, sgombra dalle nuvole e<br />
illuminata dal sole.<br />
Giungiamo al Monastero di Iviron (nella pagina<br />
precedente la foto del Katholikòn e della “fiale”),<br />
fondato nel 980 da Giovanni Ibero sulle rovine<br />
dell’antica città di Kleoné.<br />
La chiesa è stata costruita sul luogo dove si<br />
trovava il tempio di Poseidone e all’interno della<br />
chiesa ci sono ancora due colonne ioniche.<br />
Anche questo monastero ha subito nel corso dei<br />
secoli incendi e devastazioni.<br />
La biblioteca è comunque ancora ricca di cimeli e<br />
manoscritti.<br />
Vicino al portone d’ingresso si trova la chiesa<br />
della “Portaitissa”, un’immagine della<br />
Vergine molto famosa per essere<br />
sopravvissuta al periodo iconoclasta e<br />
che da allora non smise di fare miracoli<br />
«Ci ha protetto dagli incendi» ci racconta<br />
Padre Ierotheos, australiano.<br />
Numerosi sono gli ex-voto deposti alla<br />
base dell’icona, tra le molte collane,<br />
anelli e braccialetti spuntano stemmi<br />
14<br />
militari e addirittura una medaglia<br />
olimpica.<br />
Esiste anche una singolare profezia:<br />
“finché la Portaitissa sarà custodita a<br />
Ivirion, gli Angeli non suoneranno le<br />
trombe” ovvero non inizierà il Giudizio<br />
Universale.<br />
Risaliamo sulla jeep e con l’Athos<br />
sull’orizzonte ci avviamo verso la capitale<br />
della Repubblica Monastica del Monte<br />
Athos, Karyes. Qui hanno sede le istituzioni della<br />
repubblica, la tesoreria, gli alloggi dei<br />
rappresentanti dei vari monasteri, la farmacia, le<br />
poste, un piccolo ospedale, alcune botteghe,<br />
negozi di souvenir e una foresteria. Qui è inoltre<br />
conservato il Tragos, il rotolo di pergamena del<br />
971 che sancisce l’indipendenza del Monte Athos.<br />
La città si trova al centro della penisola e risale al<br />
IX secolo, in un sito nelle cui vicinanze sorgeva<br />
nell'antichità un santuario dedicato alla dea<br />
Artemide.<br />
La chiesa di Karyes è la più antica di <strong>Oros</strong>, fu<br />
costruita all’inizio del X secolo e appartiene a tutti<br />
i monasteri dell’Athos.<br />
Abbiamo giusto il tempo per due passi, mentre<br />
minivan di pellegrini rumeni si fermano e<br />
ripartono dalla piazza, che è già tempo di ripartire.<br />
Riprendiamo le strade sconnesse e fangose con la
jeep guidata da Padre Silvano e dopo un po’<br />
arriviamo al Monastero di Vatopedi (nella<br />
pagina precedente uno scorcio dentro le mura del<br />
monastero e della “fiala”), fondato, secondo la<br />
tradizione, da Costantino il Grande. Distrutto nel<br />
1892 e stato completamente ricostruito.<br />
la tomba di Padre Iossif, a Vatopedi, animatore della rinascita<br />
dellAthos negli anni 70<br />
Ci accoglie nei pressi della “fiale” (la cupola dove<br />
avviene la benedizione delle acque) un monaco<br />
minuto di orgine francese che ci accompagna nel<br />
Katholikòn dedicato all’Annunciazione dove si<br />
conservano numerose reliquie tra cui il cranio di<br />
San Giovanni Crisostomo con l’orecchio<br />
incorrotto perché San Paolo gli aveva sussurrato<br />
una corretta interpretazione delle proprie lettere<br />
… la cintura della Santa Vergine, composta di tre<br />
pezzi e custodita in tre scrigni d’argento,<br />
miracolosa per le donne con gravidanze difficili o<br />
per problemi di sterilità.<br />
I monaci lasciano nastri vicino alla cintura che poi<br />
donano alle donne che ne hanno bisogno per<br />
aiutarle.<br />
Ne prendiamo uno per Jovanka, la mamma di<br />
Orahovac in Kosovo che tante difficoltà ha<br />
passato e tante ancora sta ancora vivendo.<br />
Un’immagine santa molto famosa è la<br />
“Vimatarissa”, conservata nel Katholikon è<br />
considerata miracolosa per i malati.<br />
La biblioteca del monastero è molto ricca,<br />
contiene migliaia di manoscritti e pergamene, tra<br />
cui la famosa “Geografia” dell’ XI secolo<br />
realizzata dall’astronomo e geografo greco<br />
Claudio Ptolomeo.<br />
Nei pressi del monastero si conservano alcune<br />
rovine dell’antica città di Dion e s’ipotizza che<br />
proprio qui sia stato il sacrario di Zeus e di<br />
Demetra.<br />
Lasciamo Vatopedi e ci avviamo verso la nostra<br />
meta per la notte, il monastero serbo di Hilandar.<br />
Arriviamo che è già buio, i cancelli sono rimasti<br />
aperti per aspettarci. Ci accoglie Padre Ierotheos<br />
… che ci accompagna nello stupendo refettorio<br />
del monastero. Completamente affrescato. Tutti i<br />
tavoli e le panche allineati e i nostri posti già<br />
pronti, con il pesce caldo che ci aspetta.<br />
lungo le coste del Monte Santo<br />
L’ospitalità dei monasteri e dei monaci è sempre<br />
un’esperienza bellissima ma il calore di quella<br />
serba è unica e inconfondibile.<br />
15
Hilandar<br />
Nel cuore spirituale dellortodossia<br />
serba<br />
2 marzo <strong>2013</strong><br />
Sveglia alle 4:30 per partecipare alle fasi<br />
conclusive della liturgia: i monaci sono in piedi<br />
già dalle 2:30.<br />
Il Monastero di Hilandar è molto più che un<br />
importante monastero: è il centro mistico della<br />
chiesa ortodossa serba. Il nome sembra significhi<br />
“mille nebbie” oppure “testa di leone” per la<br />
posizione nella valle boscosa a nord est del Monte<br />
Santo.<br />
Fu fondato nel 1198 dai re serbi Rasko Nemanjić,<br />
che diventerà il fondatore della chiesa autocefala<br />
serba con il nome di Sava, poi santificato in San<br />
Sava, e dal padre Stefano Nemanja, considerato<br />
16<br />
le mura del Monastero di Hilandar<br />
il padre della nazione serba, poiché riunì in un<br />
solo stato le diverse entità slave dei Balcani.<br />
la fiale di Hilandar<br />
Il suo Katholikòn è dedicato alla Vergine e dietro<br />
il podio episcopale è conservata la tomba di<br />
Simeone (il nome che acquisì Stefano Nemanja<br />
dopo che abdico in favore del figlio Stefano) dove
dal 1207, da quando il corpo è stato traslato nel<br />
Monastero di Studenica, germoglia una vite<br />
miracolosa i cui grappoli guariscono la sterilità<br />
delle donne.<br />
Il monastero è ricco di manoscritti, pergamene<br />
slave e greche, stampati e preziosissime reliquie<br />
tra cui frammenti del Legno Sacro, un frammento<br />
del teschio del profeta Isaia, una parte della<br />
corona di spine, della canna e della sacra sindone<br />
del Signore.<br />
C’è poi un’icona tra le più famose dell’ortodossia,<br />
un’immagine miracolosa della Madonna, detta<br />
“Tricherùsa”, dal greco trìa chéria = tre mani. Fu<br />
dipinta da Giovanni Damasceno nell’VII secolo,<br />
durante il periodo iconoclasta e per questo<br />
l’imperatore Leone III gli fece tagliare la mano<br />
destra. Giovanni Damasceno si rivolse allora<br />
all’immagine della Madonna e la supplico di<br />
guarirlo. Cosi avvenne e la mano gli fu riattaccata<br />
al braccio e Giovanni in memoria del miracolo<br />
aggiunse una mano d’argento all’immagine, che<br />
da allora si chiama appunto “Tricherùsa” e il<br />
Santo viene da allora raffigurato a volte monco o<br />
con una linea rossa attorno al polso destro.<br />
Nel frattempo la Liturgia è finita e alle 6 suona la<br />
campana per il pranzo. Ci accomodiamo in<br />
silenzio all’interno del grande refettorio del<br />
Monastero e in silenzio consumiamo il pasto.<br />
Dopo aver pranzato ci intratteniamo con alcuni<br />
pellegrini serbi e poi ci incamminiamo.<br />
La temperatura è gradevole, il cielo azzurro, e tra<br />
filari di viti, oliveti incredibili e colline che sanno<br />
già di primavera arriviamo presto al Monastero<br />
di Esfigmeno (nella foto).<br />
È costruito in un’insenatura, con da un lato colline<br />
e dall’altro un roccione con in vetta una grande<br />
croce bianca. Costruito sul mare nel X secolo ha<br />
subito per la sua posizione molte scorrerie di pirati,<br />
alcune devastanti.<br />
Veniamo accolti gentilmente da un monaco alla<br />
porta che chiede di vedere il nostro<br />
Dhiamonitirion e ci indica poi dove poter<br />
accomodarci per un caffè greco e un po’ d’acqua.<br />
Chiediamo di poter visitare la chiesa, ma ci viene<br />
negato il permesso in quanto non ortodossi.<br />
La millenaria storia del monastero, tormentata<br />
dall’esterno da pirati e dagli Ottomani, è oggi<br />
vittima del suo radicalismo.<br />
17
I monaci di Esfigmenou sono considerati un po’<br />
come i “talebani dell’Athos” e la fratellanza è<br />
stata espulsa dagli organi di governo del Monte<br />
Santo ma i monaci hanno rifiutato di andarsene,<br />
minacciando di distruggere il monastero qualora<br />
ne fossero costretti.<br />
I monaci sono per lo più anziani, ne incontriamo<br />
solo due sulla quarantina, uno sta lavorando al<br />
muro a secco attorno ai campi coltivati e l’altro al<br />
porto, intento a sistemare le reti per la pesca.<br />
Quest’ultimo ci chiama e ci ricorda, indicando con<br />
il dito, che: «foto alle pietre si, foto ai monaci no».<br />
Attraversiamo un vecchio ponte di pietra e ci<br />
infiliamo in un sentiero che porta verso la cappella<br />
arroccata nella montagna rocciosa a destra del<br />
monastero (nella foto in alto).<br />
La vista è incredibile e il monastero, seppur un po’<br />
trasandato rispetto agli altri che abbiamo<br />
fino a oggi visitato appare in tutta la sua<br />
maestosità. Un piccolo sentiero procede<br />
verso l’alto e lo seguiamo fino alla grande<br />
croce bianca che avevamo visto dalla<br />
spiaggia.<br />
Decidiamo di proseguire un po’ alla cieca<br />
e, arroccata a picco sul mare, troviamo una<br />
piccola casa di un eremita (a destra).<br />
18<br />
È disabitata, ma non da molto. Proseguiamo<br />
lungo il sentiero e ritorniamo sulla strada<br />
principale che ci accompagna, nel mezzo di<br />
un uliveto, fino al mare, in una baia poco<br />
distante dove a una punta è presente la<br />
darsena di dipendenza del monastero di<br />
Hilandar, dall’altra una piccola chiesa e una<br />
torre protetti da un alto muro circolare e al<br />
centro una piccola isola di rocce e cipressi<br />
che ricorda incredibilmente quella di Böcklin<br />
(in alto nella pagina seguente).<br />
Ci sediamo sulle panche di un piccolo pergolato<br />
costruito attorno un pozzo di pietra per riposare un<br />
po’ e mangiare un po’ di grana e bere un sorso<br />
d’acqua, inoltre si sta facendo tardi e dobbiamo<br />
rientrare per i vespri e la cena, che iniziano alle 16.<br />
Lungo la strada del ritorno incrociamo molti dei<br />
pellegrini ospiti di Hilandar e visitiamo la Torre di<br />
re Milutin (in basso nella pagina seguente),<br />
costruita nel XIV secolo, con funzioni di vedetta e<br />
di difesa del monastero dalle minacce provenienti<br />
dal mare. Dall’alto della torre il panorama è unico.<br />
Rientriamo al monastero in tempo per l’ultimo<br />
giro di clepalo, la tavola di legno che i monaci<br />
appoggiano sulla spalla e suonano con un<br />
martelletto con una sequenza ritmica a quartine<br />
per richiamare i fedeli alla Liturgia. Riconosciamo<br />
che è la terza perché la sequenza, gradualmente
sempre più veloce, termina con 1 o 2 o 3 colpi<br />
staccati e ben scanditi a seconda che il passaggio<br />
sia a mezzora, a un quarto d'ora o a 5 minuti dalla<br />
funzione.<br />
Dopo la liturgia e la messa abbiamo l’onore di<br />
essere accolti nuovamente all’interno della chiesa<br />
per una visita privata delle reliquie, alla presenza<br />
dell’Igumeno del Monastero di Hilandar, Padre<br />
Metodije, con il quale ci intratteniamo per<br />
qualche minuto, per poi lasciarlo ai suoi numerosi<br />
impegni e dirigerci verso il museo del Monastero<br />
dove sono conservate alcune icone tra le più<br />
famose e preziose della chiesa ortodossa serba.<br />
19
Verso Casa<br />
Da Monoxiliti a Salonicco<br />
3 marzo <strong>2013</strong><br />
Siamo all’ultimo giorno della nostra visita sul<br />
Monte Santo. Sveglia sempre alle 4:30 per<br />
partecipare alla Liturgia che, essendo domenica,<br />
dura fino alle 8.<br />
Alle 8:30 suona la campana che raccoglie tutti nel<br />
refettorio. Questa volta ci accomodiamo tutti dalla<br />
parte opposta del grande salone e ci sono solo i<br />
pellegrini perché i monaci sono ancora riuniti in<br />
chiesa.<br />
All’estremità del refettorio è posto il tavolo dove<br />
si siederanno l’Igumeno e chi ha celebrato la<br />
funzione. A differenza di tutti gli altri monasteri,<br />
il posto principale dove usualmente si siede<br />
l’Igumeno oppure il vescovo se in visita in quel<br />
20<br />
in cammino tra gli olivi<br />
monastero, è occupato da una icona raffigurante la<br />
Vergine che è, anche formalmente, la massima<br />
autorità del monastero stesso.<br />
Dopo poco le campane suonano, ci alziamo tutti<br />
in piedi, e i monaci arrivano lentamente fin dalla<br />
chiesa, cantando.<br />
il refettorio di Hilandar<br />
Davanti alla processione un’icona della<br />
Resurrezione, dietro l’abate, il pane per la<br />
benedizione rituale, due officianti e tutti gli altri
monaci. Una volta dentro il refettorio, finisce il<br />
canto, suona la campana e iniziamo a consumare<br />
il pranzo.<br />
Il refettorio è meravigliosamente affrescato e<br />
fortunatamente si è salvato, insieme alla chiesa,<br />
dallo spaventoso incendio che nel 2004 ha<br />
distrutto gran parte del monastero. L’evento<br />
costituì uno shock per l’intera comunità serba e<br />
venne considerato anche un cattivo presagio. Che<br />
puntualmente si avverò qualche settimana dopo<br />
con i terribili pogrom che colpirono la comunità<br />
serba di Kosovo nel marzo dello stesso anno,<br />
costringendo migliaia di persone alla fuga, decine<br />
di chiese e<br />
monasteri<br />
medioevali<br />
distrutti,<br />
centinaia di casa<br />
bruciate.<br />
Tutto sotto<br />
l’occhio e la<br />
presenza di<br />
decine di miglia<br />
di soldati della<br />
Kfor, la forza<br />
internazionale presente nella regione dal 1999.<br />
L’incendio ha risparmiato anche la torre del<br />
monastero, una costruzione fortificata comune<br />
presso tutti i monasteri nell’Athos e che veniva<br />
utilizzata dai monaci sia per ripararsi dagli<br />
attacchi che come vedetta. Di pianta rettangolare e<br />
fatta con pietre non lavorate contiene una piccola<br />
chiesetta dove i monaci si rifugiavano per<br />
chiedere la protezione di Dio.<br />
Dopo pranzo abbiamo l’onore di essere invitati da<br />
Padre Metodije a passare qualche minuto con lui<br />
nell’area comune del konak ricostruito dopo<br />
l’incendio. L’igumeno del Monastero di Hilandar<br />
ha dignità vescovile, privilegio che in passato era<br />
riconosciuto a soli cinque monasteri nella chiesa<br />
orotodossa serba, e quindi porta al collo la grande<br />
croce e utilizza il bastone vescovile.<br />
Ci aspettavamo tutti una persona molto anziana<br />
vista l’importanza di Hilandar, invece Padre<br />
Metodije ha appena quarant’anni, uno sguardo<br />
molto attento e due occhi di un marrone molto<br />
chiaro che sembra possano leggere dentro le<br />
persone. Si siede con noi, è molto cordiale e<br />
s’interessa alle nostre attività in Kosovo e<br />
Metochia.<br />
È una persona<br />
molto<br />
interessante e ha<br />
sicuramente la<br />
forza di guidare<br />
una comunità con<br />
una carica così<br />
simbolica come<br />
quella di<br />
Hilandar. Dopo<br />
averlo ringraziato<br />
per il tempo che<br />
ci ha concesso e una foto ricordo prepariamo i<br />
bagagli e iniziamo il viaggio verso la skirta di<br />
Monoxiliti, ultima tappa della nostra permanenza<br />
nell’Athos, e dove ci aspettano per il pranzo.<br />
Il viaggio ci porta nel mezzo del foresta bruciata<br />
nell’estate dell’anno prima. <strong>Be</strong>n novemila ettari di<br />
bosco sono andati completamente distrutti. I fusti<br />
degli alberi sono completamente carbonizzati e il<br />
paesaggio completamente spoglio si estende a<br />
vista d’occhio per tutte le colline, fino<br />
all’orizzonte. Il sottobosco è completamente<br />
scomparso ma qua e là, proprio nel mezzo dei<br />
21
tronchi bruciati, si vedono già i primi cespugli<br />
ricrescere e fiorire.<br />
Durante l’incendio il sindaco di Uranopolis aveva<br />
offerto il proprio aiuto e proposto di, vista<br />
l’eccezionalità dell’evento, di creare una breccia<br />
nel muro che divide il Monte Santo dal resto del<br />
mondo per poter far accedere i mezzi dei pompieri.<br />
Ma la regola è appunto la regola e, nonostante la<br />
gravità della situazione, l’amministrazione<br />
dell’Athos non diede il permesso. Il giorno dopo<br />
una grande pioggia, localizzata unicamente sul<br />
luogo dell’incendio, spense le fiamme.<br />
Dopo circa un’ora di viaggio arriviamo nella<br />
skirta di Monoxiliti (nella foto), che è metochio<br />
del monastero di Aghiu Pavlu.<br />
È rimasta disabitata per molti anni ma ora degli<br />
italiani se ne stanno prendendo cura, l’hanno<br />
rimessa in piedi e piantato anche molte vigne che<br />
producono un ottimo vino e che a pranzo<br />
assaggiamo con piacere.<br />
Il tempo passa veloce e dobbiamo sfruttare un<br />
momento in cui le condizioni del mare ci<br />
permettono di riprendere il viaggio verso<br />
Uranopolis. Saliamo quindi tutti sul cassone di un<br />
22<br />
trattore che ci porta sulla spiaggia. Qualche<br />
minuto di cammino tra i ciottoli e le rocce chiare a<br />
strapiombo sul mare, con il Monte Athos in<br />
lontananza che illuminato dal sole e con la cima<br />
innevata sembra salutarci, e giungiamo in un<br />
piccolo molo nel mezzo del nulla.<br />
Dopo poco arriva la barca che ci riporterà nel<br />
mondo.
LOVE onlus<br />
Pordenone, dicembre <strong>2013</strong>. Incontro su Kosovo e Metochia con Padre Andrej, Massimo Cacciari e Andrea Marcigliano.<br />
LOVE nasce dall’iniziativa di un gruppo di amici<br />
desiderosi di rafforzare il concetto di cittadinanza<br />
attiva, della solidarietà e dell’impegno volontario,<br />
non creando sovrastrutture bensì potenziando gli<br />
effetti benefici dell’impegno personale e diretto.<br />
L’impegno e le azioni hanno infatti il carattere<br />
della gratuità.<br />
Seppur di giovane costituzione l’associazione può<br />
contare sulla pluriennale esperienza dei propri<br />
soci nel campo dell’organizzazione culturale e<br />
della cooperazione internazionale. Eventi, corsi e<br />
impegni hanno quindi visto una programmazione<br />
intensa nei due anni di vita del sodalizio.<br />
solidarietà internazionale<br />
Progetto “Accendiamo la Speranza”<br />
Progetto “Il sorriso di Jovanka”<br />
Progetto “H2O”<br />
Progetto “Una casa per Ivana”<br />
long life learning<br />
Corso di Alfabetizzazione Informatica<br />
promozione della cultura e solidarietà<br />
eventi culturali a Venezia, Verona, Roma, Pordenone e<br />
Trento<br />
fund raising e momenti sociali<br />
natale solidale e cene di beneficenza<br />
webinformazione e documenti<br />
sito internet, social network, newsletter e testimonianze<br />
di viaggio<br />
23
Cosa puoi fare tu?<br />
Puoi sostenere le attività benefiche<br />
dell’associazione e essere utile a molte persone in<br />
Kosovo e Metochia in tanti modi:<br />
√ contribuire a raccogliere materiale scolastico<br />
(quaderni, penne, colori, blocchi, gomme, pastelli,<br />
ecc. …) per le scuole di Velika Hoča, Osojane,<br />
ecc…<br />
√ contribuire a raccogliere cibo senza polifosfati o<br />
comunque per celiaci per Jovanka, la giovane<br />
mamma di Orahovac;<br />
√ aiutarci a entrare in contatto con qualche<br />
supermercato o grande distribuzione che si vuole<br />
impegnare con costanza nel sostegno delle cucine<br />
popolari di Svetlana;<br />
√ aiutarci a entrare in contatto con qualcuno che<br />
vuole donare o vendere – con una mano sul cuore –<br />
un “caravan caldo” per la distribuzione dei pasti<br />
delle cucine popolari;<br />
√ contribuire a raccogliere materiale medico,<br />
ospedaliero e medicine per l’ospedale di Osojane<br />
(in particolare: soluzione fisiologica, deflussori,<br />
lacci emostatici, aghi a farfalla G21 e G23;<br />
ceftriexone e analgesici);<br />
√ contribuire all’acquisto di un ecografo color<br />
doppler con 3 sonde (tiroidea, addominale e<br />
cardiaca) per l’ospedale di Osojane; oppure aiutarci<br />
a entrare in contatto con qualche struttura in Italia<br />
che lo sta dismettendo;<br />
√ organizzando nella tua città un incontro su Kosovo<br />
e Metochia, un aperitivo o una cena solidale;<br />
√ destinare il 5x1000 a LOVE, non costa nulla, è<br />
sufficiente indicare il codice: 93<strong>02</strong>001<strong>02</strong>24<br />
√ effettuare una donazione una tantum, o un bonifico<br />
permanente di almeno 5€ mensili (così da poter<br />
permettere una migliore programmazione delle<br />
attività), a LOVE sul cc n.°<br />
IT23X0316501600000011715133 intestato a LOVE. La<br />
donazione è deducibile dal reddito<br />
Riferimenti e contatti:<br />
T: +39 335 7<strong>02</strong>2607<br />
M: beloverevolution@gmail.com<br />
LOVE ITALIA<br />
Organizzazione di Volontariato<br />
LOVE - Friuli Venezia Giulia<br />
Via A. Zacco, 29 – 38077 Sacile (PN)<br />
LOVE - Veneto<br />
Via Azzolini, 7 – 37012 Bussolengo (VR)<br />
LOVE – Trentino Alto Adige<br />
Via Albola, 1 – 38066 Riva del Garda (TN)<br />
LOVE SVIZZERA<br />
Organizzazione di Volontariato<br />
Sede Nazionale:<br />
Viale Breggia, 13 - Morbio Inferiore 6834 - Ticino<br />
facebook.com/beloverevolution<br />
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