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<strong>Sigillo</strong>, culla dei mestieri di un tempo.<br />
Il mondo del lavoro ha fame di persone che “ sanno fare un mestiere”, lo sanno bene i<br />
giovani che non si vergognano di dire. “io faccio un mestiere manuale, non ho un diploma, ma<br />
lavoro. Ho scelto una scuola di tipo professionale e non conosco la disoccupazione, ho un<br />
lavoro dignitoso ed anche uno stipendio dignitoso.<br />
I corsi professionali non sono lo scarto della scuola pubblica, hanno una dignità<br />
importante e offrono una capacità di recupero soprattutto per quella fetta dei giovani che<br />
abbandonano gli studi troppo presto.<br />
I nostri padri e soprattutto i nostri nonni, non hanno avuto a disposizione il tempo per<br />
l’istruzione, poiché era necessario collaborare con la famiglia per affrontare la vita di tutti i<br />
giorni, e la scuola, non tutti se la potevano permettere.<br />
Sfogliando le pagine di un antico “Stato d’Anime” della parrocchia di <strong>Sigillo</strong>, dell’anno<br />
1644, si possono scoprire i mestieri che facevano i nostri antenati, e sono: “pastore, sarto,<br />
fabbro, da campagna, tessaro, macellaro, contadino, muratore, notaro, chirurgo, bifolco,<br />
capitano di ventura, prete, balio, mastro di legname, medico, molinaro, soldato in guerra,<br />
merciaio, calzolaio, vasaro, ciabattino, garzone, battilana, serva, speziale, cocepane, addetto<br />
alla servitù, lavoratore della terra, casengolo, facocchio, fabbro ferraio,ecc.<br />
Alcuni di questi mestieri sono scomparsi, molti hanno cambiato il modo di essere, ma al<br />
giorno d’oggi ne sono sorti altri di cui non si conosceva l’esistenza. <strong>Da</strong> uno sbagliato<br />
schematismo culturale, in base al quale, sembra quasi che il figlio di un professionista debba<br />
vergognarsi di seguire un istituto tecnico, invece, nella scuola, questa rigida differenziazione<br />
dovrebbe sparire. Insomma, se il figlio di un avvocato volesse studiare per diventare un<br />
intarsiatore del legno, dovrebbe poterlo fare senza sensi di colpa da parte di nessuno.<br />
I giovani devono scegliere da soli, in prima persona, il cammino che vorranno fare,<br />
ignorando ogni professione, sociale e familiare, insomma, uno slancio di libertà verso quel<br />
mondo che ogni giorno li vezzeggia, li compatisce alimentandone il vittimismo. i giovani si<br />
riprendano invece la libertà di scegliere se studiare o no, sovvertendo i luoghi comuni che ci<br />
opprimono da secoli.<br />
L’esempio dei nostri antenati ci insegna ha comprendere che qualsiasi lavoro è fonte di<br />
guadagno e con il guadagno le persone diventano indipendenti ed orgogliose della propria<br />
attività. Ora, siccome stiamo parlando di capitale umano e non finanziario, la motivazione è il<br />
cuore di tutto, perché è una attività umana, con finalità umane. E quando un giovane respira<br />
aria di libertà questo produce in lui una maggiore voglia di fare.<br />
Qualsiasi attività produttiva dell’uomo, disciplinata da un complesso di conoscenze<br />
tecniche specifiche è fondata tanto sull’esperienza quanto sull’abilità e sulla genialità<br />
personale di chi la esercita “viene chiamata arte”.<br />
<strong>Da</strong> arte,deriva la parola “artigiano”, ossia quel lavoratore autonomo che esercita un’attività<br />
di carattere per lo più artistico e tale da richiedere una notevole capacità tecnica e un certo<br />
senso del bello, nella propria bottega, da solo, o aiutato dalla famiglia o da un piccolo numero<br />
di dipendenti.<br />
La nostra generazione ha compiuto alcune scelte disastrose e non manifesta oggi il minimo<br />
pentimento, ma, quei mestieri di ieri ancora sopravvivono al giorno d’oggi, forse alcuni hanno<br />
mutato il nome, ed è a loro che ci rivolgiamo per una attività di recupero delle tradizioni.