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Angelo Lolli A L A L - Alta Media

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Nel 1930, grazie ai lavori di<br />

ampliamento dell’Ospizio, nasce<br />

un nuovo reparto. È destinato<br />

ai sacerdoti anziani, malati<br />

e soli. Il primo ospite? Don <strong>Angelo</strong><br />

Bignardi, il vecchio rettore<br />

del seminario che aveva rifilato<br />

un ceffone al piccolo <strong>Lolli</strong>, salito<br />

imprudentemente sul cornicione<br />

della chiesa.<br />

Nello stesso anno muore Maria<br />

Belletti, il braccio destro di<br />

don <strong>Angelo</strong>; nel 1944 Pia Ghigi,<br />

l’anno dopo Giannina de<br />

Giovanni. Nel ’57, in un incidente<br />

stradale, si spegne suor<br />

Argia Drudi, la dottoressa dei<br />

poveri: tanti anni prima, giovane<br />

e di umili origini, si era presentata<br />

a don <strong>Angelo</strong> pensando<br />

di aiutare nelle faccende domestiche,<br />

invece lui l’aveva fatta<br />

studiare, perché l’Opera aveva<br />

bisogno di medici e farmacisti.<br />

Per il fondatore, queste morti<br />

significano dolore, ma la fede è<br />

più grande: “Tutto passa – commenta<br />

– solo Dio rimane”. Ormai<br />

anziano e in carrozzina,<br />

don <strong>Angelo</strong> comincia a pensare<br />

anche alla sua di morte: “Quando<br />

giungerà, quel giorno come<br />

un torrente mi riverserò nell’oceano<br />

infinito dell’amore”.<br />

Le gambe non gli reggono<br />

più. È più silenzioso negli anni<br />

della vecchiaia, ma cuore e<br />

mente rimangono ferventi; con-<br />

25<br />

tinua a progettare: “Non devo<br />

partirmi da questo mondo senza<br />

aver spinto la barca in alto<br />

mare”, dice riferendosi alla sua<br />

Opera. È presente, vigile, eppure<br />

sembra essere altrove, già in<br />

dialogo con l’oceano infinito<br />

che lo aspetta. La morte, la<br />

chiama “la mia ultima impresa,<br />

coronamento di tutte le altre”.<br />

Ora è malato anche lui, è lui<br />

ad aver bisogno di cure, a dover<br />

essere alleviato. Ora può offrire<br />

la sua sofferenza fisica. E lo fa<br />

senza mai un lamento. Perché<br />

per lui – e lo ripeteva spesso ai<br />

suoi poveri – la sofferenza è<br />

una ricchezza che non va sprecata.<br />

Niente ha più valore del<br />

soffrire con amore e per amore.<br />

La sofferenza non è passività,<br />

ma azione; non è una disgrazia<br />

che cade sulle spalle di qualcuno,<br />

ma una condizione di vita<br />

feconda, una perla preziosa da<br />

spendere per il prossimo. Il limite<br />

non è una menomazione,<br />

ma una possibilità. Inutile il povero<br />

malato? Tutt’altro: una sua<br />

preghiera vale la gloria di Dio,<br />

un lamento represso lo rende<br />

apostolo. E l’apostolato fatto<br />

dagli infermi è il più alto di tutti.<br />

Don <strong>Angelo</strong> passa lunghe ore<br />

davanti alla croce, simbolo di<br />

tutte le sofferenze umane.<br />

Guardandola – diceva ai suoi

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