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BOECO05N02_agosto 16-09-2005 17:24 Pagina 9 9 BOLOGNA economica Settembre 2005 INIZIATIVE CAMERALI Periodico della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura Camera e Università per l’innovazione Sono dodici le imprese del territorio bolognese i cui progetti di innovazione tecnologica sono stati selezionati, godranno di un contributo della Camera di Commercio e soprattutto potranno avvalersi della consulenza di docenti e laboratori dell’Università. Entra così nel vivo il Progetto PIÙ (Progetto Piccole Imprese e Università), fortemente voluto dalla Camera di Commercio e dall’Università con l’obiettivo di favorire il trasferimento tecnologico tra Ateneo e imprese, di fornire consulenza specifica su progetti e supporto tecnico per la brevettazione di prodotti e servizi innovativi e di promuovere la formazione aziendale per l’innovazione. A metà luglio una commissione istituita ad hoc ha selezionato i progetti delle imprese, mentre l’Università ha individuato al suo interno i docenti o i laboratori interessati a partecipare. “In questa prima edizione del bando hanno partecipato 18 imprese e ne sono state scelte 12” spiega Bruno Riccò, docente al Deis, il dipartimento di elettronica, informatica, sistemistica della facoltà di Ingegneria, che ha guidato il gruppo di lavoro misto incaricato della selezione, “il bilancio è abbastanza positivo perché anche se il numero dei partecipanti non è stato altissimo i progetti presentati sono stati giudicati di interesse dall’ambiente accademico di ricerca”. Le dodici imprese firmeranno un contratto di consulenza con singoli docenti o con laboratori di ricerca per dare il via ai loro progetti di ricerca. Progetti che avranno anche un contributo tra i 10 e i 12 mila euro, comunque fino al 50% del loro costo totale. Questi contributi vengono stanziati dalla Camera di Commercio che per il Progetto PIÙ a investito quest’anno 134 mila euro. “I finanziamenti sono modesti – prosegue Riccò – ma l’obiettivo di questo progetto è di stimolare l’innovazione tecnologica nelle piccole e medie imprese, di cui tanto si parla ma sulla quale poi ci sono pochi investimenti concreti. L’Università e la Camera di commercio hanno deciso di puntare sulla crescita del tessu- Entra nel vivo Progetto Più, l’iniziativa che mira ad avvicinare il mondo delle imprese a quello della ricerca. Già selezionati i progetti di dodici imprese bolognesi, che avranno un contributo della Cciaa e si avvarranno della consulenza di docenti e laboratori dell’Alma Mater to produttivo locale, una scommessa fondamentale se si vuole restare competitivi sul mercato internazionale”. I progetti di ricerca prendono il via proprio in queste settimane e tra 6-9 mesi verrà fatto il punto della situazione per valutare l’opportunità di ripetere questa esperienza unica in Italia. “In un paese innovativo la ricerca deve avere la possibilità di esprimersi liberamente e di seguire percorsi i cui sviluppi concreti si realizzeranno nel medio lungo periodo – afferma il presidente della Camera di commercio Gian Carlo Sangalli –. Questo genere di ricerca è quello che ci consente di pianificare il nostro futuro, la capacità competitiva che vogliamo avere fra 10/15 anni. Questa impostazione di pensiero, nell’affiancarsi ai temi dell’innovazione e della capacità del sistema universitario di fare ricerca, deve però necessariamente affiancarsi con le esigenze concrete ed attuali di competitività delle imprese. Si tratta di un punto di contatto (ricerca/impresa) dal quale da un lato l’impresa deve trarre elementi per competere e dall’altro il sistema della ricerca deve trarre finanziamenti e case history di applicazione concreta dei modelli elaborati. C’è chi vuole studiare un sensore per le sonde di umidità nei processi di essiccazione industriale. E chi pensa a un sistema basato sugli sms per far dialogare a distanza i cardiologi e i pazienti. Sono alcuni dei progetti presentati dalla dodici imprese selezionate per il Progetto PIÙ. Arrivano da diverse parti del bolognese e sono attive in svariati settori, dall’agroalimentare al biomedicale. Lo Studioemme di Bologna, ad esempio, si propone di realizzare una innovativa centralina per l’automazione delle porte dei treni, delle metropolitane e degli autobus. L’Officina Meccanica Marchetti, che ha sede a Sala Bolognese e progetta e costruisce stampi per termoplastici, intende invece sperimentare l’Lsr (siliconi bicomponenti), un materiale innovativo destinato a sostituire il Pvc nel campo medicale e le gomme termoplastiche in quello degli articoli tecnici. Altavia srl di Bologna propone invece lo studio e la realizzazione di una gamma completa di servizi basati su sms che consenta l’interazione tra cardiologi e pazienti per l’assistenza e la raccolta automatica di informazioni sulla loro salute. Euroequipe, che realizza articoli per il giardinaggio a Crespellano, vuole incentivare la lotta alla zanzare tigre attraverso prodotti a basso contenuto tossicologico. Nello stesso settore si pone Riff 98 di Bologna che chiede aiuto all’Università per mettere a punto un nuovo metodo per il contenimento degli insetti dannosi alle piante da frutta attraverso la distribuzio- È da queste considerazioni che Progetto PIÙ è nato. Si tratta di una esperienza del tutto unica in Italia di collaborazione fra sistema universitario e mondo imprenditoriale grazie alla quale le imprese hanno un finanziamento del proprio progetto di innovazione. Ma paradossalmente l’aspetto economico del progetto, se pur impegnativo e fondamentale, non è quello a mio avviso cruciale: il seme vero dal quale ci aspettiamo i frutti è quello dello scambio di saperi e conoscenze fra imprese e ricercatori. Il conoscersi personalmente, l’applicazione pratica di modelli e calcoli alla “vita vera” dell’impresa deve creare una abitudine allo scambio fra questi due mondi di innovazione paralleli. È per questo che proseguiremo questa iniziativa”. di MARINA AMADUZZI Le imprese selezionate: chi sono e cosa fanno ne di feromone, che depista i richiami sessuali delle femmine e di conseguenze impedisce gli accoppiamenti di tali insetti. Più tecnico il progetto presentato da Air-tec System di Calderara di Reno che vuole migliorare gli impianti di trasporto pneumatico attraverso nuove valvole di alimentazione e di carico. Plexa di Sasso Marconi ha chiesto una consulenza per la realizzazione di un algoritmo neurale in grado di ricavare da sequenze video informazioni comportamentali di figure umane dopo una fase di addestramento: potrebbe servire per migliorare i contapersone, per segnalare il superamento dei limiti di persone in musei e supermercati. La ditta Selvatici Franco di San Lazzaro vuole mettere a punto un meccanismo per far funzionare più utensili su un’apparecchiatura per il trattamento del terreno, mentre la Menfis Biomedica di Bologna vuole migliorare un sistema per lo studio della motilità esofagea. Gico System di Lippo di Calderara vuole testare l’efficacia di prodotti biologici a base batterica per la pulizia dei cassonetti, per la deodorazione della rete fognaria, per la depurazione delle acque di scarico. È interessata a studiare un sensore per sonde di umidità utilizzate nell’essiccazione la Italmec Elettronica di Zola Predosa, mentre la IDEA d Bologna vuole sviluppare un sistema di rilevamento pali per potatrici. MA.AM.
BOECO05N02_agosto 16-09-2005 17:24 Pagina 10 BOLOGNA economica Periodico della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura FORMAZIONE E QUALITÀ Settembre 2005 Gli affari vanno bene? È ora di cambiare Perché spesso le buone aziende finiscono male? E perché è opportuno cambiare quando le cose vanno bene? Due interrogativi apparentemente paradossali, che Donald N. Sull (nella foto), primo illustre relatore della quarta edizione del Programma Internazionale di Sviluppo delle Competenze Economiche e Manageriali organizzato dal Ctc, ha posto al centro del suo intervento, il 13 maggio scorso, in una Sala Topazio di Palazzo Affari gremita di manager, imprenditori e operatori economici. Sull, che è stato assistente di Business Administration presso la Harvard Business School ed attualmente è professore associato di Practice in the Strategic and International Management alla London Business School, ha messo in luce come la fine ingloriosa di aziende di successo sia un fenomeno avvenuto sempre e ovunque. “I casi Enron e Parmalat – ha esordito – non sono stati un’eccezione. Il problema è che troppo spesso vengono date delle risposte facili, delle motivazioni che non sono fondate, per spiegare il crollo di alcune società. Proviamo a vedere quali sono: la prima è quella secondo la quale i manager non hanno voluto vedere i cambiamenti in arrivo e, simili a tanti struzzi, hanno preferito mettere la testa sotto la sabbia. Si tratta di un’analisi sbagliata, poiché i manager sapevano tutto e avevano pagato fior di consulenti per avere a disposizione gli scenari più aggiornati. La seconda vuole i manager completamente inattivi, paralizzati alla stregua di cervi che siano abbagliati dai fari di un’automobile. La terza spiegazione si basa sul fatto che i manager siano dei perfetti idioti, la quarta sul fatto che siano dei delinquenti, mentre la quinta sul destino”. Aziende di successo rischiano di finire male quando i manager si lasciano intrappolare dai loro stessi impegni. Lo ha detto Donald Sull nel primo appuntamento della quarta edizione del Programma Internazionale di sviluppo delle Competenze Economiche e Manageriali organizzato dal Ctc L’APPROFONDIMENTO “ Per impegno intendo un’azione che un manager compie ora e che blocca l’azienda in una traiettoria futura, ad esempio, negli investimenti in una linea produttiva di un marchio, che comporta disinvestimenti per concentrarsi in un’attività. Tra tutti i vari tipi d’impegno, cinque categorie sono strettamente collegate tra loro e hanno il potere di fermare il percorso dell’azienda verso il futuro. La prima è quella degli ‘schemi strategici’, cioè cosa vediamo quando guardiamo il mondo, come definiamo il nostro settore, chi sono i concorrenti più importanti e i clienti fondamentali. La seconda categoria è quella dei ‘processi’, cioè come si fanno le cose nel nostro ambiente, nella nostra azienda. La terza si riferisce alle ‘risorse’, cioè le cose che possediamo e che ci aiutano a competere. La quarta categoria è quella delle ‘relazioni’ e ha a che fare con i legami duraturi che si vengono a instaurare con i collaboratori interni ed esterni, mentre la quinta concerne i ‘valori’, cioè le credenze ci ispirano e ci uniscono”. ” “In realtà – ha proseguito Sull – i manager si fanno intrappolare dai loro stessi impegni. Per impegno intendo un’azione che un manager compie ora e che blocca l’azienda in una traiettoria futura, ad esempio, La sala Topazio del PalaAffari durante la “lezione” del professor Sull. negli investimenti in una linea produttiva di un marchio, che comporta disinvestimenti per concentrarsi in un’attività. Tra tutti i vari tipi d’impegno, cinque categorie sono strettamente collegate tra loro e hanno il potere di fermare il percorso dell’azienda verso il futuro. La prima è quella degli ‘schemi strategici’, cioè cosa vediamo quando guardiamo il mondo, come definiamo il nostro settore, chi sono i concorrenti più importanti e i clienti fondamentali. La seconda categoria è quella dei ‘processi’, cioè 10 come si fanno le cose nel nostro ambiente, nella nostra azienda. La terza si riferisce alle ‘risorse’, cioè le cose che possediamo e che ci aiutano a competere. La quarta categoria è quella delle ‘relazioni’ e ha a che fare con i legami duraturi che si vengono a instaurare con i collaboratori interni ed esterni, mentre la quinta concerne i ‘valori’, cioè le credenze ci ispirano e ci uniscono”. Queste cinque categorie di impegni così vincolanti, così articolati gli uni con gli altri, rappresentano per Donald Sull la formula del successo, a patto che siano in linea tra di loro e con l’ambiente esterno, oltre che audaci. A dimostrazione di questo, lo studioso inglese ha portato l’esempio della Ryanair, la piccola compagnia aerea che si è posta l’ambizioso obbiettivo di essere leader nel suo settore entro il 2010. Il problema con il quale occorre fare i conti, peraltro, è che gli impegni, a causa del passare del tempo e a maggior ragione se hanno prodotto successo, possono irrigidirsi in tutte le categorie analizzate. E allora che succede? “Succede – ha messo in luce Sull – che gli schemi strategici diventano un paraocchi; i processi si trasformano in mera routine; le risorse diventano fardelli; le relazioni, catene e i valori, dogmi. Esistono dei precisi segnali d’allarme che indicano e precedono di poco la crisi di una compagnia, tra i quali il fatto che, ripresi in una foto, i managers siano tutti uguali, dei veri e propri cloni; che l’amministratore delegato compaia sulla copertina di Forbes o scriva un libro sulla sua formula di successo; che la società, per celebrare le proprie fortune, completi la costruzione di un megagrattacielo oppure dia il suo nome ad uno stadio”. “Quando la formula di successo non funziona più – ha proseguito Sull – quest’ultima imbriglia l’azienda alla stegua di una ruota impantanata nel fango, con la conseguenza di non riuscire a rispondere all’ambiente. Questa situazione è quella che io chiamo di ‘inerzia attiva’, uno stato di cose che bisogna assolutamente evitare. Se capita, occorre trasformare gli impegni per allinearli con l’ambiente, focalizzarsi su un nuovo impegno, molto diverso da quello precedente, perché è necessario che la gente creda che si vuole cambiare veramente. Se poi si riesce a farlo quando le cose vanno bene, è ancora meglio”. di FRANCESCO BACCILIERI
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