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IL CALITRANO N. <strong>10</strong> n. s. - Gennaio-Aprile 1999<br />
arlando della Repubblica Napoletana<br />
Pdel 1799, Giustino Fortunato nel 1900<br />
enumerava quella vera ecatombe “che<br />
stupì il mondo civile e rese attonita e dolente<br />
tutta Italia”, l’ecatombe dei guistiziati<br />
della città di Napoli dal giugno<br />
1799 al settembre 1800 per decreto della<br />
Giunta Militare Borbonica. Quella Piazza<br />
del Mercato di Napoli in cui al giovinetto<br />
Corradino fu mozzo il capo il 29<br />
ottobre 1268 e il povero Masaniello tradito<br />
e crivellato il 16 luglio 1647, ignora<br />
ancora tutti i nomi di quei primi 99 martiri<br />
della libertà napoletana.<br />
L’Ammiraglio Nelson, divenuto arbitro<br />
delle sorti di sei milioni di napoletani,<br />
rifece le Giunte giudicatrici già costituite<br />
dal cardinale Ruffo, borbonico: la sentenza<br />
di morte dei patrioti, traditi prima dalla<br />
capitolazione dei Francesi, traditi dagli<br />
Inglesi, fu irrevocabilmente decretata.<br />
Due erano le Giunte tramutate in veri<br />
tribunali di sangue, una militare e una<br />
civile e sono ricordate come marchio<br />
d’infamia: si trascrivevano i nomi dei<br />
condannati e le guardie andavano a prelevarli<br />
nelle loro case; si processavano<br />
sommariamente e i poveri patrioti della<br />
Resistenza Napoletana venivano portati<br />
sul luogo del patibolo e trucidati.<br />
Si salvarono Vincenzo Cuoco e Francesco<br />
Lomonaco, due grandi eroi scrittori,<br />
quest’ultimo amico di Manzoni, che<br />
in Alta Italia narrò della catastrofe di Napoli,<br />
convinto che “la memoria di coloro<br />
NICOLA ARMINIO<br />
BICENTENARIO DELLA<br />
RIVOLUZIONE NAPOLETANA<br />
che abbiamo perduto è l’unico bene che<br />
possiamo trasmettere alla posterità”: ma<br />
l’indice dei martiri fu reso pubblico solo<br />
nel 1865 su due lapidi marmoree sul Municipio<br />
di Napoli (116 nomi).<br />
Martiri più illustri: Ammiraglio Francesco<br />
Caracciolo – gli fu annunciata la<br />
morte mentre passeggiava sul cassero –<br />
fu impiccato; Giuseppe Cotitta, albergatore;<br />
Carlo Belloni, nato a Vicenza; Niccolò<br />
Carlomagno, avvocato nato in Basilicata,<br />
fu decapitato; altri di varie regioni.<br />
Gaetano Russo, colonnello di fanteria;<br />
Giuliano Colonna, principe di Aliano,<br />
nato a Napoli; Ettore Carafa, conte di<br />
Ruvo, nato ad Andria; Antonio D’Avella,<br />
oliandolo, ghigliottinato; Giuseppe<br />
Sieyès, negoziante e vice console di<br />
Francia; Mario Pignatelli, decollato col<br />
fratello Ferdinando; Filippo Demarini,<br />
marchese di Genzano (NA), fucilato; Nicola<br />
Maria Rossi, professore dell’Università;<br />
Felice Mastrangelo, medico, che<br />
gridò sul patibolo “muoio libero”; Gaetano<br />
Morgera, sacerdote d’Ischia; Giovanni<br />
Varanese, studente abruzzese di<br />
medicina; Francesco Federici, marchese<br />
di Pietrastornina (AV) e maresciallo; Severo<br />
Caputo, marchese e professore di<br />
teologia, fucilato; Giuseppe Guardati, benedettino,<br />
professore di Università; Vincenzo<br />
Russo di Palma Nolana, avvocato,<br />
ucciso con torce accese. Molti martiri<br />
prima di morire entrarono a pregare nella<br />
vicina Cappella del Carmine.<br />
6<br />
Martiri furono anche impiegati, tenenti<br />
di vascello, avvocati, poeti, notai,<br />
molti di essi furono messi alla forca. “La<br />
strage di quegli uomini, nei quali si volle<br />
spegnere l’intelligenza e la virtù, ruppe la<br />
tradizione del sapere fra l’una e l’altra<br />
generazione, distrusse ogni principio di<br />
fede e di moralità pubblica, aprì tra principe<br />
e popolo un abisso profondo nel<br />
quale l’ultimo dei Borboni precipitò:<br />
fu un errore ed un peccato” così disse<br />
L. Settembrini. Da quel peccato, però,<br />
germogliò feconda l’idea dell’unità nazionale.<br />
L’eroina più illustre della Rivoluzione<br />
Napoletana fu Eleonora Fonseca<br />
Pimentel, lusitana di origine, “l’apollinea<br />
Eleonora”, lapidariamente enumerata<br />
dal Giustino Fortunato, forse per<br />
troppo rispetto, perché intellettuale e<br />
combattiva.<br />
La sera del 7 gennaio 1999 al Teatro<br />
San Carlo di Napoli il maestro Roberto<br />
De Simone ha diretto l’opera “Eleonora”,<br />
in onore della martire Eleonora Fonseca<br />
Pimentel, con grande successo di<br />
pubblico e con la presenza del Presidente<br />
del Consiglio Massimo D’Alema: non<br />
si è trattato di entrare nel ruolo di un solo<br />
carattere, ma di infilarsi “una tunica universale”,<br />
che renda possibile l’avvicendamento<br />
di tutti i martiri della storia, di<br />
tutti i dead man walking, ancora circolanti,<br />
delle centinaia di vittime della tracotanza<br />
del potere.<br />
Calitri 7 dicembre 1998, benedizione della<br />
statua dell’Immacolata Concezione donata<br />
dall’Arciconfraternita alla Caserma dei<br />
carabinieri.<br />
Da sinistra: prof. Vito Marchitto sindaco,<br />
capitano Nicola Massimiliano Zullo della<br />
Compagnia Carabinieri di S. Angelo dei<br />
Lombardi, mons.Aurelio Lucio Scalona parroco,<br />
maresciallo capo Enzo Soricelli, comandante<br />
della stazione Carabinieri di Calitri, maresciallo<br />
ordinario Fabio Laurentini vice comandante,<br />
Salvatore Ramundo coordinatore della<br />
cerimonia, prof. Salvatore Di Napoli priore<br />
dell’Arciconfraternita di Calitri, Vittorio Del<br />
Buono primo assistente dell’Arciconfraternita.