11. Il Mediterraneo dei Lumi - Testo - F. Dal Passo.pdf - Sapienza ...
11. Il Mediterraneo dei Lumi - Testo - F. Dal Passo.pdf - Sapienza ...
11. Il Mediterraneo dei Lumi - Testo - F. Dal Passo.pdf - Sapienza ...
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
FABRIZIO DAL PASSO, <strong>Il</strong> <strong>Mediterraneo</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lumi</strong>. Corsica e democrazia nella stagione delle rivoluzioni<br />
CAPITOLO 1 – <strong>Il</strong> secolo genovese (1559-1729)<br />
sistema atto ad impedire ogni forma di dissenso nei confronti dell’amministrazione genovese 7 . Si delinea, così, quel<br />
carattere di sfruttamento coloniale cinicamente ostentato e senza scrupoli tanto in odio ai corsi; è chiaro che non tutti i<br />
genovesi arrivati in Corsica erano, in linea di principio, degli sfruttatori senza ritegno, ma è altrettanto vero che Genova<br />
spediva in Corsica come ufficiali subalterni gli aristocratici decaduti, desiderosi di nuovi blasoni e di nuove ricchezze,<br />
che consideravano l’isola, già povera, come una terra di sfruttamento.<br />
Le armi<br />
La disobbedienza alle direttive della Serenissima era comunque abbastanza frequente: le forze dell’ordine erano<br />
insufficienti e poco incisive. Nelle città i genovesi riuscivano a far rispettare la legge con difficoltà. Nelle comunità<br />
dell’interno la situazione era già diversa: i grossi borghi riuscivano ad assicurare l’ordine pubblico autonomamente,<br />
malgrado le proteste dell’autorità centrale, che vedeva in questi atti delle iniziative pericolose. I villaggi delle montagne,<br />
isolati per natura dal clima e dall’assenza di strade, erano il rifugio di tutti coloro che sfuggivano ai giudizi: La macchia<br />
si popolava continuamente di condannati in contumacia, determinati a difendersi fino alla morte. I traditori, incoraggiati<br />
e ricompensati da Genova, controllavano a vista tutti i sentieri: la cattura condannava il fuggiasco all’impiccagione o<br />
alla galera. Obbedire alla giustizia era facile solo in città: qui regnava l’ordine, difeso da mercenari stranieri (svizzeri,<br />
tedeschi) o italiani (genovesi e toscani) che, comunque, non superavano mai le centoventi unità (Bastia, sede centrale<br />
del potere, arrivava a malapena a questa cifra). Nel resto dell’isola, nonostante la presenza intermittente di soldati o di<br />
scorte incaricate di proteggere gli agenti del fisco, la disobbedienza era totale. La tradizione nazionale, l’abitudine<br />
secolare alla lotta contro le diverse forme di potere, la passione per le armi da fuoco, concorsero a sviluppare una forma<br />
di insubordinazione cronica contro la quale Genova lottava senza sosta. Sicuramente da questa lotta emergeva la<br />
volontà di far regnare la calma e rispettare la legge; eppure certe misure, in sé lodevoli e benefiche, si scontravano con<br />
la mentalità isolana ed erano interpretate come <strong>dei</strong> soprusi o delle privazioni di libertà. È il caso della norma che puniva<br />
con la galera la detenzione di armi: misura vessatoria, esorbitante ed inefficace, dato che poteva essere aggirata con la<br />
presentazione di una domanda e il pagamento di una tassa 8 .<br />
Le imposte<br />
I corsi subivano pesantemente le imposte della Dominante. Forse quello che più si avvertiva nell’isola era la<br />
convinzione che le tasse valicassero i limiti del ragionevole e del sopportabile, data la mediocre condizione economica<br />
generale. I corsi erano abituati da una tradizione secolare a pagare poche e costanti tasse: l’innalzamento <strong>dei</strong> prezzi –<br />
come nel resto del continente – portava con sé l’inevitabile aumento delle impostazioni dirette. Nel dettaglio le imposte<br />
dirette erano soltanto due: la taglia ed il boatico. La taglia venne fissata a partire dal XIV secolo a venti soldi per fuoco.<br />
I notabili ne erano esenti quasi del tutto: Podestà, Padri di comune, famiglie caporalizie, gentiluomini, ecclesiastici,<br />
città (Bastia, Calvi…) o feudi (la maggior parte del Capo), in sintesi, tutti coloro che Genova considerava la clientela<br />
più sicura, i beneficiari ed i garanti dell’ordine sociale. Ne erano esenti anche le famiglie con almeno dodici figli,<br />
mentre le vedove pagavano metà dell’importo. Nell’insieme, un numero considerabile di cittadini, circa la metà, non era<br />
soggetto alla taglia. Questa situazione, inizialmente sopportabile, si deteriorò con l’aggiunta di tasse complementari, che<br />
finirono per appesantire considerevolmente le famiglie più povere dell’interno dell’isola, ridotte ad una vita sempre più<br />
difficile e progressivamente indigente. La seconda imposta diretta, il boatico, inizialmente colpiva soltanto i buoi da<br />
lavoro. Si distingueva dalla taglia per due caratteristiche: la diffusione (nessuna esenzione) e la natura (non era una tassa<br />
uniforme: poteva essere semplice o doppia, in base alle regioni), ma colpiva progressivamente tutti coloro che vivevano<br />
prevalentemente del lavoro <strong>dei</strong> campi. <strong>Il</strong> boatico era quindi considerato come una misura discriminatoria, che opponeva<br />
i contadini ai cittadini, ancora più quando venne esteso progressivamente ai prodotti dell’agricoltura ed ai capi del<br />
bestiame. A queste due imposte se ne aggiungevano altre secondarie: l’erbatico (diritto di pascolo) ed il ghiandatico<br />
(imposta per la raccolta delle ghiande, che gravava sui proprietari <strong>dei</strong> castagneti e <strong>dei</strong> querceti) 9 . Le imposte indirette<br />
7 Lentamente gli isolani venivano eliminati dalle cariche ad esclusivo vantaggio <strong>dei</strong> genovesi: nel 1588, si chiudono loro le porte del notariato e della<br />
cancelleria; nel 1624 si escludono dalle cariche di esattori d’imposte; nel 1634 da quelle di vicari e di auditori. <strong>Dal</strong> 1585 si vieta ad ogni corso la<br />
funzione giudiziaria nel paese d’origine o in quello della moglie e, per un estensione che è al limite dell’odioso e del ridicolo, in tutti i villaggi <strong>dei</strong><br />
parenti inclusi nel quarto grado di parentela. Genova giustificava una simile presa di posizione adducendo che questo era il solo modo per difendere i<br />
corsi da loro stessi, per strapparli dalle lotte di potere e per estirpare la radice stessa di innumerevoli vendette che insanguinavano l’isola. Ma in un<br />
paese che offriva poche possibilità di carriera professionale era una vera provocazione eliminare gli autoctoni da qualche funzione lucrativa. Questa<br />
linea amministrativa si estendeva anche alle funzioni più umili: appare ingiustificabile, sul piano militare, l’interdizione ai corsi di servire le<br />
guarnigioni dell’isola, il divieto di esercitare qualsiasi funzione nel villaggio natale (1612) e l’obbligo di assumere la cittadinanza genovese per<br />
l’esercizio delle cariche civili e magistratuali: simili atti condannavano all’esilio o all’emigrazione tutti gli elementi di un certo valore, facendo sentire<br />
crudelmente la differenza di trattamento tra i corsi e i genovesi trapiantati nell’isola.<br />
8 Un curioso articolo del codice penale permetteva all’assassino condannato alla pena capitale di beneficiare, dietro pagamento di un’ammenda, d’un<br />
salvacondotto di sei mesi con permesso di porto d’armi. La misura, teoricamente destinata ad assicurare la difesa di quest’uomo contro i suoi nemici,<br />
rappresentava invece una minaccia diretta per questi ultimi, che erano spinti ad armarsi e ad attaccare per primi. Per rimediare all’inconveniente si<br />
approvò una delibera sollecitata nel 1711 dagli stessi corsi ed accordata nel 1715: il porto d’armi nell’isola era permesso solo dietro il pagamento di<br />
un canone di due seini (moneta genovese) per fuoco, destinato a compensare la perdita per la soppressione delle autorizzazioni deliberate fino a quel<br />
momento; la misura, ben accolta in tutta l’isola, permise il disarmo generale, con una diminuzione notevole <strong>dei</strong> crimini di sangue. Ma per una<br />
goffaggine assurda l’imposta, che doveva durare solo una stagione, non venne mai soppressa e figura tra le rivendicazioni <strong>dei</strong> corsi alla vigilia della<br />
rivoluzione indipendentista.<br />
9 I conti ed i marchesi francesi manterranno il diritto di riscossione dell’erbatico e del terratico sugli allevatori ed i coltivatori corsi: è documentato<br />
ampiamente per il terreno di ottomila arpenti dato in concessione al principe di Bourbon-Conti negli Agriati, per il territorio di Porto Vecchio, per le<br />
4