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11. Il Mediterraneo dei Lumi - Testo - F. Dal Passo.pdf - Sapienza ...

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FABRIZIO DAL PASSO, <strong>Il</strong> <strong>Mediterraneo</strong> <strong>dei</strong> <strong>Lumi</strong>. Corsica e democrazia nella stagione delle rivoluzioni<br />

CAPITOLO 3 – La prima fase della Rivoluzione corsa (1729-1755)<br />

verso la Francia 41 mostrava che il grado di coscienza politica della rivoluzione non era ancora giunto alla piena<br />

maturità.<br />

<strong>Il</strong> secondo intervento francese: il Marchese de Cursay<br />

Le costanti richieste di aiuto contro i ribelli da parte di Genova segnano l’inizio del secondo intervento militare<br />

francese, guidato dal marchese di Cursay. Salvaguardando la sovranità teorica di Genova, egli tendeva a prendere la<br />

direzione dell’amministrazione pubblica per mostrare alla popolazione che il benessere, la prosperità ed il progresso<br />

non erano possibili, in Corsica, senza l’aiuto diretto e disinteressato della Francia. La debolezza <strong>dei</strong> soldati effettivi al<br />

suo seguito impediva una ripresa delle ostilità: l’azione del Marchese si limitò, pertanto, alla consegna delle piazze<br />

occupate dagli insorti. Riportata la pace nell’isola, Cursay s’impegnò attivamente nella riforma dell’amministrazione: il<br />

primo obiettivo era di ristabilire, con il concorso <strong>dei</strong> capi corsi, una giustizia imparziale e severa, anche con l’aiuto delle<br />

spedizioni punitive e delle esecuzioni <strong>dei</strong> colpevoli. <strong>Il</strong> secondo obiettivo era di ridare vita ad un’economia indebolita<br />

dalle incessanti operazioni militari: Cursay ripartì equamente le imposte, da cui si potevano detrarre i fondi per le<br />

infrastrutture; aumentò la remunerazione per gli agenti dello Stato; ridusse i diritti d’esportazione per i prodotti agricoli<br />

(olio, castagne), aumentando le tasse d’entrata (classica politica protezionista che doveva favorire la ripresa<br />

economica); pianificò lo sviluppo marittimo della Balagna e del Capo, ricostruì i ponti e le strade; tutto questo in<br />

cambio della possibilità, per i francesi, di sfruttare le risorse del territorio isolano (boschi, castagne, vino, olio, ecc.). <strong>Il</strong><br />

terzo obiettivo del generale era di legare i notabili al partito francese: egli sfruttò alla perfezione la sete di titoli e di<br />

riconoscimenti ufficiali <strong>dei</strong> notabili, emarginando il basso clero. Coinvolse la borghesia mercantile nello sviluppo del<br />

sistema dell’istruzione (Cursay promise di costruire l’Università che i corsi attendevano da tempo) e nella vita culturale<br />

(ridiede vita all’Accademia <strong>dei</strong> vagabondi, fondata nel 1659, ma inattiva da circa 25 anni) incarnando a pieno, agli<br />

occhi <strong>dei</strong> corsi, l’ideale del sovrano illuminato. L’ostilità <strong>dei</strong> capi rivoluzionari e la sfiducia di Genova, tuttavia,<br />

segnarono il limite estremo dell’azione del Generale. La Repubblica aveva un alleato in Chauvelin, che convinse il<br />

Ministro degli affari esteri, conte d’Argenson, della nocività di Cursay, accusato di rinfocolare la rivolta politica contro<br />

Genova e di agire sotto la spinta dell’ambizione personale. Cursay venne arrestato ed imprigionato ad Antibes alla fine<br />

del 1752, con l’accusa di non aver spiegato chiaramente al Re quale fosse la situazione in Corsica. L’amministrazione<br />

di Cursay, per quanto breve e difficile, gettò le basi della futura occupazione francese dell’isola. Anche se non si è<br />

trattato di un governo stabile, esso ha comunque rafforzato il partito francese 42 . Con la partenza di Cursay, la situazione<br />

in Corsica peggiorò notevolmente: le truppe francesi abbandonarono l’isola e la Repubblica tentò di riprendere in mano<br />

il potere facendo annullare le ultime disposizioni giudiziarie. Infine, davanti al tentativo di Gaffori di istituire un<br />

governo provvisorio con poteri militari, giudiziari e finanziari, Genova ricorse alla soluzione estrema: l’assassinio 43 .<br />

Gaffori, tradito dal fratello per motivi d’eredità e caduto in un agguato, venne ucciso a Corte il 20 ottobre 1753.<br />

<strong>Il</strong> quadro generale del primo Trentennio rivoluzionario<br />

Nell’arco del primo trentennio rivoluzionario in Corsica emergono delle contraddizioni strettamente legate alla natura<br />

profonda della società isolana. Infatti, se è vero che nelle linee generali la rivoluzione si estese e predispose<br />

progressivamente gli strumenti per la futura indipendenza, un’analisi più profonda mostra, ad ogni livello, che le forze<br />

centrifughe erano potenti almeno quanto i fattori unitari. Quest’unità deve essere vista con le dovute sfumature: le<br />

opposizioni regionali erano ancora forti. Nella lotta, almeno fino a questo periodo, il Nord ed il Sud dell’isola non<br />

hanno mai camminato alla stessa velocità: è significativo che dal Sud non sia mai partito alcun segnale di rivolta e che i<br />

capi della rivoluzione fossero tutti del Diquadamonti. Ciò è dovuto, con buona probabilità, alla diversa struttura sociale<br />

ed economica delle pievi settentrionali, abituate da secoli alla gestione comune delle terre, ad un’organizzazione<br />

giurisdizionale ed amministrativa meno vincolata dalle grandi famiglie notabilari e ad una tradizione politica incline<br />

all’elezione diretta <strong>dei</strong> rappresentanti delle pievi. Tra le due parti dell’isola esistevano delle differenze economiche,<br />

sociali, politiche enormi: questo ritardo politico rifletteva le strutture semifeudali di queste regioni (in cui i Notabili, i<br />

“sgiò”, erano integrati nel sistema genovese), e le profonde divisioni storiche, che portarono spesso le due parti<br />

41 Gli articoli del Trattato di Aquisgrana che interessavano la Corsica erano il n. 2 (un oubli général pour tout ce qui a pu être commis pendant la<br />

guerre qui vient de se terminer), ed il numero 14 (la République de Gênes doit réentrer en possession de tous ses Etats). La Consulta di Venzolasca<br />

del 21 e 22 ottobre 1748, con la partecipazione di Gaffori, rinnovava la dichiarazione di guerra a Genova da parte <strong>dei</strong> ribelli.<br />

42 I cui capi erano il canonico Orto, intrigante e venale; il canonico Orticoni, che aveva perso ogni speranza nell’intervento spagnolo; Gian Quilico<br />

Casabianca, fedele luogotenente di Gaffori e la dama Bianca Colonna, avventuriera interessata alla causa francese.<br />

43 L’omicidio di Gaffori è imputabile alle manovre del Commissario Grimaldi, che stimava la scomparsa di questo capo necessaria al ristabilimento<br />

della sovranità genovese sull’isola. Grimaldi contava, certamente, di beneficiare dell’appoggio di Giuliani e <strong>dei</strong> suoi sostenitori, favorevoli ad<br />

un’intesa con la Repubblica. Le conseguenze di questo omicidio furono particolarmente gravi, perché la maggioranza <strong>dei</strong> corsi dichiarò «una guerra<br />

eterna a Genova». Per l’analisi delle impressioni francesi su questo attentato, è interessante leggere il resoconto di Coutlet a d’Argenson in questa<br />

lettera del 5 ottobre 1753: «Les députés du Magistrato suprême corse sont arrivés à Bastia. Leur chef fit un discours fort élégant et respectueux,<br />

témoignant le véritable désir qu’ils avaient de voir la paix et la tranquillité rétablies dans leur patrie, et remirent un mémoire de 21 articles que le<br />

Commissaire Général envoya aussitôt. <strong>Il</strong>s repartiront à Corte. Gafforio a été assassiné. <strong>Il</strong> s’était attiré un crédit et une autorité qui l’y faisaient agir en<br />

maître absolu, il serait parvenu à la souveraineté pour peu qu’il eût vécu. <strong>Il</strong> ne s’agit plus d’accommodement que le «Magistrato Supremo» établi à<br />

Corte, avait envoyé à M. de Grimaldi. Giuliani qui a paru assez incliné en faveur de la République pourrait bien succéder à ce défunt, mais il est à<br />

craindre que les partisans de celui-ci, qui sont en grand nombre ne s’y opposent de toutes leurs forces. Cinq des maisons des assassins de Gafforio ont<br />

été détruites de fond en comble à Corte, dans l’une desquelles on prétend qu’il y avait une bibliothèque fort estimée. Quelques assassins se sont<br />

réfugiés à Calvi, le Gouverneur les en a chassés...» Archives nationales, Paris, Correspondance consulaire. Gênes. A. E. B 589.<br />

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