Marzo - Avventisti del Settimo Giorno

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20 istituzioni ISTITUZIONI Auda-Amicus Mi hanno rubato il futuro? SStiamo vivendo, insieme, la fine di una fase che ci era stata presentata come il nuovo mondo, dove la ricchezza era possibile per tutti, dove la crescita economica non avrebbe mai avuto termine e tutto poteva essere prodotto e consumato senza limiti. Cosa ci dobbiamo aspettare per il domani? È sul filo teso e sottile di questa crisi del futuro che si svilupperà il prossimo incontro Auda-Amicus. Rifletteremo e discuteremo le tematiche più importanti del nostro futuro più prossimo. Credito. Siamo stati la società della finanza creativa: arricchimento senza fatica, speculazioni in borsa, spudoratezza nella gestione dei debiti, banche che non hanno controllato, truffe a danno degli investitori, imperante cultura della carta di credito. Nella tempesta del capitalismo i salvataggi dei governi locali sono miseri ombrellini che riparano per qualche mese soltanto. Ci bagneremo tutti. Questo sistema sarà ancora possibile? INCONTRO AUDA-AMICUS Dal 9 al 13 aprile 2009 a Poppi presso «Casuccia Visani» si terrà l’incontro annuale sul tema «Mi hanno rubato il futuro? Next: la prossima puntata del tuo mondo». Saranno presenti: Roberto Vacca, giornalista (moderatore). M. Varriale del WWF energia («Mi hanno rubato la terra»); L. Napoleoni, economista («Mi hanno rubato la borsa»); G. Pecchinenda, sociologo («Mi hanno rubato i sogni»); L. Altin, pastore («Mi hanno rubato le emozioni»); D. Mozzato, pastore («Mi hanno rubato la fede»). Per informazioni e iscrizioni: www.giovaniavventisti.it - segreteria@giovaniavventisti.it IL MESSAGGERO AVVENTISTA Next: la prossima puntata del mondo di Emanuele Fresa* Energia. Il costo dell’energia cresce, gli sprechi non si riducono. Il greggio serve per produrre quasi ogni merce; la sua disponibilità non potrà crescere mentre questo è il destino del suo prezzo. Il poco che rimane è, e sarà, motore di guerre. L’oggetto del desiderio è l’energia pulita. Tutti ne parlano, tutti la vogliono, ma è una strada veramente percorribile? Ambiente. Per millenni abbiamo vissuto con la strategia del parassita ai danni dell’organismo vivente che ci ospita. Il parassita è un essere che vive a spese di un altro organismo, eppure, la sua non è una strategia lungimirante. Le energie dell’organismo ospite diminuiscono giorno per giorno fino all’inevitabile esaurimento. Stiamo viaggiando con la spia arancione della riserva accesa da troppo tempo: consumiamo più risorse di quelle che la natura fornisce in modo rinnovabile, gli esseri umani continuano a sopravvivere chiedendo un prestito al futuro, cioè togliendo ricchezza ai figli e ai nipoti. Siamo al punto di non ritorno? Sogni. Siamo passati dal futuro come promessa, al futuro come minaccia. Scrive Umberto Galimberti: «I giovani, anche se non sempre lo sanno, stanno male. E non per le solite crisi esistenziali, ma perché un ospite inquietante, il nichilismo, si aggira tra loro, penetra nei loro sentimenti, confonde i loro pensieri, cancella prospettive e orizzonti, fiacca la loro ani- ma, intristisce le passioni rendendole esangui». La vita si proietta in un futuro non più capace di far intravedere nitide promesse di senso? Emozioni. L’economia è al collasso, la terra sta soffrendo, ma neanch’io sto tanto bene… si potrebbe dire parafrasando Woody Allen. Che cosa succede quando la crisi non è più l’eccezione ma la regola stessa della nostra società? Fede. Nei momenti difficili è spesso l’unico baluardo a cui aggrapparsi, l’unico punto di riferimento, la sola speranza con cui sostenersi. Ma la fede è anche spesso vacillante, sovente fragile. Cosa ne sarà, nel futuro, del posto di Dio nel cuore degli uomini? Ogni crisi è un momento propizio per ripartire, per ricominciare. Se penso alla fotografia del mondo mi vengono in mente gli spettacoli sportivi dove ci sono migliaia di persone sulle tribune e solo un paio di dozzine gioca sul campo, su cui riposa l’onere di conseguire la vittoria. Gli altri, invece, sugli spalti sonnecchiano, fischiano, nel migliore dei casi stanno semplicemente a guardare. L’incontro Auda-Amicus è solo una timida occasione per avvicinarsi ai bordi del campo di gioco. Non vi nego che il mio sogno sarebbe quello di avere la coerenza di giocare la partita, in un campo pieno… di giovani avventisti. Perché in questo momento il mondo è un po’ l’arca e tu sei un po’ Noè. E il futuro del mondo passa anche da ognuno di noi. E allora… «Mi hanno rubato il futuro? Next: la prossima puntata del TUO mondo». *Presidente dell’Associazione universitari e diplomati avventista (Auda-Amicus) MARZO 2009
comunità COMUNITÀ di Torino LLo scorso 10 dicembre è ricorso il XL anniversario della scomparsa di uno dei maggiori pensatori protestanti del Novecento, Karl Barth. La sua figura (spesso citata e rammentata, ma quanto veramente conosciuta?) è stata recentemente ricordata in una serata torinese realizzata in sinergia tra la locale chiesa avventista e l’Associazione evangelica «Più dell’Oro», un piccolo gruppo di fratelli e sorelle che tenta con iniziative, culti, agapi e convegni di collegare il variegato protestantesimo subalpino in un laboratorio di condivisione e riflessione nella prospettiva di un ecumenismo interevangelico «dal basso». La serata, a parere di molti ben riuscita, ha visto tra i relatori tre ospiti qualificati, che hanno tentato di proporre diversi aspetti dell’opera e del contributo intellettuale del teologo svizzero, cercando di offrire un panorama plurale, ricco di approcci e spunti di interesse. Collettivamente, ci si è generalmente interrogati su due questioni: da un lato, sul perché studiare Barth oggi, in un tempo così lontano dalla temperie della sua produzione teologica, e, dall’altro, se sia lecito considerarlo patrimonio di una sola parte del protestantesimo, quello per abitudine chiamato «storico». Il primo intervento, a cura del pastore valdese Giuseppe Platone, è riuscito a restituire un affresco dei contesti intellettuali che permisero a Barth di diventare il vero innovatore e punto di svolta della teologia protestante del ventesimo secolo, andando a rompere con l’ormai trito paradigma interpretativo proposto dal liberalismo ottocentesco (incarnato, per esempio, da Harnack), totalmente incapace di portare quella parola di grazia e di speranza necessaria dinanzi al dramma dell’Europa devastata Karl Barth A quarant’anni dalla morte dalla prima guerra mondiale e dalla seguente crisi. È quindi proprio il Barth «politico», ricostruito con la solita magistrale ironia e verve da Giorgio Bouchard, a diventare una questione dirimente: da un lato, l’incontro con le lotte e le sofferenze degli operai di Safenwil - povero paesino prima sede pastorale di Barth - che permisero al teologo bernese di interrogarsi sul proprio ruolo e sul modo di leggere e annunciare la Parola, non più un semplice sistema lontano dal quotidiano ma un evento capace di essere una radicale trasformazione punto di svolta per la vita di ciascuno (e così comprendiamo anche il ritorno alla meditazione della Lettera ai Romani, suo primo grande capolavoro); dall’altro la resistenza al nazismo e la nascita della chiesa confessante tedesca, della cui celebre confessione egli (docente da molti anni a Bonn, fu allontanato dall’insegnamento per la sua opposizione a Hitler) fu estensore. Infine, con il terzo intervento a cura di Eleni Molos, brillante dottoranda in filosofia teoretica e voce laica della serata, ci si è interrogati su quale fosse stato il rapporto tra il pensiero barthiano e la filosofia, da sempre relazione feconda e problematica della teologia protestante: in primo luogo, si è osservato, non può essere disconosciuto il rapporto con Kierkegaard, dal quale riprese alcuni temi che poi sarebbero divenuti peculiari dell’esistenzialismo, e con Anselmo, cui Barth dedicò un intenso saggio (Fides quaerens intellectum) rela- di Simone Maghenzani* tivo al rapporto tra fede e ragione. Occorre inoltre riconoscere l’influsso che ebbe sulla successiva ermeneutica, in particolar modo rappresentata da quell’altro grande pensatore evangelico novecentesco che fu Paul Ricoeur. Barth, figura capace di dialogare con il patrimonio della storia della chiesa ma anche con la riflessione non protestante, rappresenta un modo di comunicare l’Evangelo del tutto attuale, con la sua lettura rigorosa e cristocentrica della Bibbia, ma non fondamentalista (e per questi motivi potrebbe essere un interessante punto di contatto tra le varie anime del protestantesimo), e in particolare con la sua attenzione al tema della rivelazione, contro ogni misticismo relativizzante ma anche contro quella cieca fiducia nelle possibilità della ragione umana (dimentica del suo peccato e della sua caduta), quanto mai problema concreto in epoche di scontri su temi etici le cui soluzioni dovrebbero essere così acclarate e condivise da tutti - credenti e non - almeno secondo i vertici del cattolicesimo contemporaneo. *Associazione evangelica «Più dell’Oro», membro della Chiesa dei Fratelli MARZO 2009 IL MESSAGGERO AVVENTISTA 21
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