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Marzo - Avventisti del Settimo Giorno

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comunità<br />

COMUNITÀ di Torino<br />

LLo scorso 10 dicembre è ricorso<br />

il XL anniversario <strong>del</strong>la scomparsa<br />

di uno dei maggiori pensatori<br />

protestanti <strong>del</strong> Novecento,<br />

Karl Barth. La sua figura (spesso<br />

citata e rammentata, ma quanto<br />

veramente conosciuta?) è stata<br />

recentemente ricordata in una<br />

serata torinese realizzata in sinergia<br />

tra la locale chiesa avventista<br />

e l’Associazione evangelica «Più<br />

<strong>del</strong>l’Oro», un piccolo gruppo di<br />

fratelli e sorelle che tenta con iniziative,<br />

culti, agapi e convegni di<br />

collegare il variegato protestantesimo<br />

subalpino in un laboratorio<br />

di condivisione e riflessione<br />

nella prospettiva di un ecumenismo<br />

interevangelico «dal basso».<br />

La serata, a parere di molti<br />

ben riuscita, ha visto tra i relatori<br />

tre ospiti qualificati, che hanno<br />

tentato di proporre diversi aspetti<br />

<strong>del</strong>l’opera e <strong>del</strong> contributo intellettuale<br />

<strong>del</strong> teologo svizzero,<br />

cercando di offrire un panorama<br />

plurale, ricco di approcci e spunti<br />

di interesse.<br />

Collettivamente, ci si è generalmente<br />

interrogati su due questioni:<br />

da un lato, sul perché studiare<br />

Barth oggi, in un tempo così<br />

lontano dalla temperie <strong>del</strong>la<br />

sua produzione teologica, e, dall’altro,<br />

se sia lecito considerarlo<br />

patrimonio di una sola parte <strong>del</strong><br />

protestantesimo, quello per abitudine<br />

chiamato «storico».<br />

Il primo intervento, a cura <strong>del</strong><br />

pastore valdese Giuseppe Platone,<br />

è riuscito a restituire un affresco<br />

dei contesti intellettuali<br />

che permisero a Barth di diventare<br />

il vero innovatore e punto di<br />

svolta <strong>del</strong>la teologia protestante<br />

<strong>del</strong> ventesimo secolo, andando a<br />

rompere con l’ormai trito paradigma<br />

interpretativo proposto<br />

dal liberalismo ottocentesco (incarnato,<br />

per esempio, da Harnack),<br />

totalmente incapace di<br />

portare quella parola di grazia e<br />

di speranza necessaria dinanzi al<br />

dramma <strong>del</strong>l’Europa devastata<br />

Karl Barth<br />

A quarant’anni dalla morte<br />

dalla prima guerra mondiale e<br />

dalla seguente crisi.<br />

È quindi proprio il Barth «politico»,<br />

ricostruito con la solita<br />

magistrale ironia e verve da<br />

Giorgio Bouchard, a diventare<br />

una questione dirimente: da un<br />

lato, l’incontro con le lotte e le<br />

sofferenze degli operai di Safenwil<br />

- povero paesino prima sede<br />

pastorale di Barth - che permisero<br />

al teologo bernese di interrogarsi<br />

sul proprio ruolo e sul<br />

modo di leggere e annunciare la<br />

Parola, non più un semplice sistema<br />

lontano dal quotidiano ma<br />

un evento capace di essere una<br />

radicale trasformazione punto di<br />

svolta per la vita di ciascuno (e<br />

così comprendiamo anche il ritorno<br />

alla meditazione <strong>del</strong>la Lettera<br />

ai Romani, suo primo grande<br />

capolavoro); dall’altro la resistenza<br />

al nazismo e la nascita <strong>del</strong>la<br />

chiesa confessante tedesca,<br />

<strong>del</strong>la cui celebre confessione egli<br />

(docente da molti anni a Bonn,<br />

fu allontanato dall’insegnamento<br />

per la sua opposizione a Hitler)<br />

fu estensore.<br />

Infine, con il terzo intervento a<br />

cura di Eleni Molos, brillante<br />

dottoranda in filosofia teoretica e<br />

voce laica <strong>del</strong>la serata, ci si è interrogati<br />

su quale fosse stato il<br />

rapporto tra il pensiero barthiano<br />

e la filosofia, da sempre relazione<br />

feconda e problematica<br />

<strong>del</strong>la teologia protestante: in primo<br />

luogo, si è osservato, non<br />

può essere disconosciuto il rapporto<br />

con Kierkegaard, dal quale<br />

riprese alcuni temi che poi sarebbero<br />

divenuti peculiari <strong>del</strong>l’esistenzialismo,<br />

e con Anselmo, cui<br />

Barth dedicò un intenso saggio<br />

(Fides quaerens intellectum) rela-<br />

di Simone Maghenzani*<br />

tivo al rapporto tra fede e ragione.<br />

Occorre inoltre riconoscere<br />

l’influsso che ebbe sulla successiva<br />

ermeneutica, in particolar modo<br />

rappresentata da quell’altro<br />

grande pensatore evangelico novecentesco<br />

che fu Paul Ricoeur.<br />

Barth, figura capace di dialogare<br />

con il patrimonio <strong>del</strong>la storia<br />

<strong>del</strong>la chiesa ma anche con la<br />

riflessione non protestante, rappresenta<br />

un modo di comunicare<br />

l’Evangelo <strong>del</strong> tutto attuale, con<br />

la sua lettura rigorosa e cristocentrica<br />

<strong>del</strong>la Bibbia, ma non<br />

fondamentalista (e per questi<br />

motivi potrebbe essere un interessante<br />

punto di contatto tra le<br />

varie anime <strong>del</strong> protestantesimo),<br />

e in particolare con la sua<br />

attenzione al tema <strong>del</strong>la rivelazione,<br />

contro ogni misticismo relativizzante<br />

ma anche contro<br />

quella cieca fiducia nelle possibilità<br />

<strong>del</strong>la ragione umana (dimentica<br />

<strong>del</strong> suo peccato e <strong>del</strong>la sua<br />

caduta), quanto mai problema<br />

concreto in epoche di scontri su<br />

temi etici le cui soluzioni dovrebbero<br />

essere così acclarate e condivise<br />

da tutti - credenti e non -<br />

almeno secondo i vertici <strong>del</strong> cattolicesimo<br />

contemporaneo.<br />

*Associazione evangelica «Più <strong>del</strong>l’Oro»,<br />

membro <strong>del</strong>la Chiesa dei Fratelli<br />

MARZO 2009 IL MESSAGGERO AVVENTISTA<br />

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