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ITALIAN BOOKSHELF (download as PDF) - Ibiblio

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448 Annali d’italianistica 30 (2012)<br />

aver ripercorso le tappe più salienti dell’<strong>as</strong>cesa letteraria di Nove, Sumeli<br />

Weinberg si sofferma sull’etichetta cannibalica che accomuna quest’autore ad<br />

altri della sua generazione (tra cui spicca Niccolò Ammaniti), concludendo che<br />

l’operazione condotta dai giovani cannibali è una sorta di cannibalizzazione del<br />

concetto stesso di avanguardia, dato che “commodifying their own works they<br />

play with subversive intention” (20). A detta dell’autrice, pur ondeggiando tra<br />

generi come il pulp, il cannibale, l’horror ed il thriller, ciò che Nove propone<br />

può essere ri<strong>as</strong>sunto dall’etichetta noir o, meglio ancora, neo-noir, “a term<br />

referring to the writings of groups of authors in Milan, Bologna, and Rome who,<br />

having superseded the cannibali, claim for themselves a new fictional genre<br />

b<strong>as</strong>ed largely on the precepts of the noir — in which the narrating I <strong>as</strong> the main<br />

character is also the killer” (32). Dopo una serie di acute osservazioni<br />

sull’alternanza che Nove pone in atto tra il registro comico e quello tragico (al<br />

fine di posizionare il lettore in uno spazio intermedio che è più rivoluzionario<br />

del tragicomico, mirando a spiazzare oltre che ad evocare una sorta di effetto di<br />

straniamento in chi legge), Sumeli Weinberg conclude che “by turning to<br />

popular literature, a product of m<strong>as</strong>s consumption, Nove creates his own<br />

referential code in exploring the condition of the individual in the post-industrial<br />

age” (24).<br />

Il secondo saggio ad opera di Luciana D’Arcangeli, dal titolo “Immigration<br />

and Identity in L’albero dei destini sospesi”, affronta invece la pellicola<br />

omonima realizzata nel 1997 dal regista algerino Rachid Benhadj, un film che<br />

“succeeds in representing a positive model of cultural cross-fertilisation” e che<br />

“is proving to have a long ‘shelf-life’ in Italian schools where it is still shown<br />

and can be found on migration syllabuses and biographies online” (37).<br />

L’apparato critico e le puntuali osservazioni presenti nel contributo di<br />

D’Arcangeli aiutano a contestualizzare e ad analizzare la pellicola in questione,<br />

permettendo all’autrice del saggio di concludere: “Projects like Benhadj’s film<br />

have a resonance not only for Italians and Westerners, but also for Africans and<br />

Arabs, displaying sensitivities that testify to a willingness to cross cultural<br />

boundaries” (56).<br />

Nel terzo saggio, a cura di Maria Cristina Mauceri, intitolato “Luce profuga<br />

di Valerio Aiolli e La badante. Un amore involontario di Paolo Teobaldi:<br />

italiani a confronto con l’alterità”, l’autrice si sofferma su due romanzi scritti<br />

negli anni novanta in cui l’interazione con i migranti, pur essendo proposta da<br />

un punto di vista italocentrico, è comunque descritta in termini positivi. Nel<br />

romanzo di Aiolli è possibile ravvisare sin dal titolo l’allusione all’effetto<br />

illuminante che l’incontro con l’alterità provoca negli italiani, tanto che<br />

“l’incontro con lo straniero, in quanto portatore di una luce che va interpretata in<br />

senso metaforico”, diventa “simbolo di una nuova coscienza di sé che porta a un<br />

cambiamento” (66). L’autrice del saggio non esita poi ad affermare che “in<br />

questo romanzo lo straniero ha la funzione di spingere l’italiano<br />

all’autoriflessione, prima f<strong>as</strong>e di un processo che lo porterà in seguito a

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