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468 Annali d’italianistica 30 (2012)<br />
Michelina Di Cesare, in “Il sapere geografico di Boccaccio tra tradizione e<br />
innovazione: l’“imago mundi”di Paolino Veneto e Pietro Vesconte”, offre<br />
un’indagine di tipo codicologico-filologico, partendo dallo Zibaldone<br />
Magliabechiano, nel quale Boccaccio tr<strong>as</strong>crisse p<strong>as</strong>saggi tratti dal Compendium<br />
del minorita Paolino Veneto, per verificare quali elementi Boccaccio abbia<br />
ripreso da tale autore “per la costruzione della sua imago mundi” (68) e per<br />
valutare le novità che tale ripresa comportava, entrando anche nel merito della<br />
diatriba sulla paternità del nuovo modello di mappa mundi che viene presentato,<br />
vista la complicata questione dell’intreccio di attribuzioni che fanno anche<br />
emergere il nome di Pietro Vesconte.<br />
Claudio Greppi, all’interno dell’intervento intitolato “Il dizionario<br />
geografico di Boccaccio. Luoghi e paesaggi nel De montibus”, sottolinea la<br />
sensibilità mostrata da Boccaccio “per la qualità dei luoghi, per quegli <strong>as</strong>petti<br />
che oggi definiremmo paesistici” (89), nonché per la capacità di tr<strong>as</strong>formazione<br />
del paesaggio testimoniata dall’impresa umana.<br />
Di altro tenore è invece la discettazione di Nicolò Budini Gattai su “La<br />
percezione del mondo greco del XIV secolo tra incomprensioni culturali e topoi<br />
letterari” tesa all’analisi degli stereotipi “riguardanti lo spazio greco e le<br />
peculiarità caratteriali del suo popolo” (103) attraverso lo “sguardo” dei cittadini<br />
di Firenze Giovanni Boccaccio e Niccolò Acciaioli.<br />
Le suggestioni della cultura greca filtrarono in Boccaccio grazie alla<br />
frequentazione della biblioteca reale napoletana e del monaco grecista Barlaam,<br />
del suo scolaro tessalonicese Leonzio Pilato e con il custode della biblioteca<br />
angioina Paolo da Perugia, ma anche in virtù dei racconti dell’Acciaioli, che<br />
risiedette per due anni e mezzo nel Peloponneso; tipici della cultura del tempo,<br />
si ricordi, erano i topoi e gli stereotipi dei Greci <strong>as</strong>tuti, arroganti e orgogliosi,<br />
con chiara <strong>as</strong>cendenza riferibile alla letteratura latina.<br />
Viene poi proposto da Janet Levarie Smarr, con “Altre razze ed altri spazi<br />
nel Decameron”, un percorso di individuazione di ruoli e funzioni delle persone<br />
e dei luoghi non cristiani nel Decameron; quanto alle persone, tranne un c<strong>as</strong>o<br />
unico in cui si tratta di cinesi, per il resto vengono chiamati in causa ebrei e<br />
musulmani: ed è proprio su quest’ultima categoria che la studiosa si sofferma in<br />
particolare per “indagare soprattutto sul rapporto tra mondo cristiano e mondo<br />
musulmano nel Decameron nell’àmbito della tradizione medievale anti-Islam e<br />
anti-musulmana” (133).<br />
Luca Marcozzi, in “Raccontare il viaggio: tra “itineraria ultramarina” e<br />
“dimensione dell’immaginario”, pone la questione di quali modalità Boccaccio<br />
attu<strong>as</strong>se, nel racconto del viaggio, per tr<strong>as</strong>formare nel Decameron in racconto<br />
d’invenzione l’interesse che nutriva per la letteratura geografica.<br />
Sulla b<strong>as</strong>e esemplare degli itineraria ultramarina o dei resoconti orali dei<br />
commercianti Marcozzi indaga anche sui tratti di “marcata letterarietà” <strong>as</strong>sunti<br />
dalla geografia e dall’odeporica nel loro rifunzionalizzarsi e tr<strong>as</strong>formarsi in