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E - Caritas Torino

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scarpmilano<br />

Un parroco di campagna, 115 anni fa, fondò un ospizio per<br />

i derelitti. Oggi l’istituto è tra i più avanzati d’Italia per i disabili<br />

Sacra Famiglia,<br />

storia di duplice carità<br />

di Stefania Culurgioni<br />

C’era una volta un paesino di 1.300 persone in mezzo alla campagna<br />

che circondava Milano. Era la fine del 1800 e in quel borgo abitavano braccianti<br />

agricoli, pochi tra loro possedevano il loro pezzo di terra. Un giorno arrivò una notizia<br />

che suscitò curiosità e una certa fibrillazione: sarebbe arrivato un parroco nuovo,<br />

il suo nome era don Domenico Pogliani. La storia della Fondazione Sacra Famiglia<br />

onlus potrebbe cominciare così. Oggi l’ente è uno dei più grandi in Italia in<br />

un settore delicato: con la sua sede centrale a Cesano Boscone (il paesino d’allora,<br />

oggi uno dei tanti centri-satellite di Milano) e le filiali sparse tra Liguria, Lombardia<br />

e Piemonte, si prende cura di persone con disabilità psicofisica grave e gravissima,<br />

e di anziani non autosufficienti. L’ente assiste ogni giorno oltre duemila utenti in<br />

forma residenziale, diurna, ambulatoriale<br />

e domiciliare. E continua a migliorare<br />

la qualità dei suoi servizi, avvalendosi<br />

del lavoro di circa duemila operatori<br />

sanitari, sociosanitari e tecnico-amministrativi.<br />

Ma le radici sono lontane.<br />

La storia è lunga e vale la pena ricordarla<br />

perché proprio quest’anno, il 2 giugno,<br />

cade il 115° anniversario di nascita.<br />

L’idea di un parroco di campagna<br />

Torniamo, allora, a quel prete che alla fine<br />

del 1800 venne mandato a prestare<br />

la sua opera a Cesano Boscone. A quei<br />

tempi, avere in casa un disabile o un<br />

minorato mentale era motivo di vergogna<br />

e si preferiva tenere la cosa nascosta.<br />

Quella persona fragile, però, segregata<br />

e isolata dalla vita comune e trattata<br />

con poca attenzione, restava una<br />

bocca da sfamare. E la cosa non era facile,<br />

perché per gli abitanti della campagna<br />

milanese non esisteva nulla, solo<br />

tanta miseria. Don Domenico Pogliani<br />

conosceva bene questa situazione.<br />

Quando arrivò a Cesano Boscone<br />

aveva 45 anni e trovò intorno a sé ignoranza<br />

e povertà. E questa divenne la sua<br />

principale preoccupazione: agire per gli<br />

altri, occuparsi dei più disgraziati tra gli<br />

esseri umani, dei più derelitti, abbando-<br />

34. scarp de’ tenis giugno 2011<br />

nati, discriminati tra i poveri che lo circondavano.<br />

Accogliere, seguire, prendersi<br />

cura di poveri, vecchi, infermi, ciechi,<br />

storpi, dementi e di tutte quelle persone<br />

che non avevano nessuno che si<br />

prendesse cura di loro.<br />

Così nel 1896 fondò l’Ospizio Sacra<br />

Famiglia. Il sacerdote milanese scrisse:<br />

“Scopo di questa casa sia la carità. Carità<br />

corporale. Venire in aiuto e sollievo<br />

a questi infelici fisicamente disgraziati<br />

per imperfezioni, infermità, vecchiaia.<br />

Carità spirituale: questa essere tenuta di<br />

mira come la più preziosa. Istruire dunque<br />

gli ignoranti, dare quelle cognizioni<br />

possibili di Dio agli scemi affinché essi<br />

pure lo lodino e lo amino”.<br />

All’inizio dell’avventura la Sacra Famiglia<br />

ospitava una trentina di persone,<br />

nel giro di pochi mesi le persone raddoppiarono.<br />

La retta era di una lira al<br />

giorno e veniva pagata dai comuni o da<br />

ricchi benefattori. I momenti difficili furono<br />

davvero tanti, ma don Domenico<br />

tenne sempre duro e quando morì la<br />

Sacra Famiglia aveva già 25 ospiti e diventò<br />

chiaro che questa opera non si sarebbe<br />

più fermata. La prese in mano<br />

monsignor Luigi Moneta che la fece<br />

crescere ancora di più: creò 18 nuovi reparti,<br />

aprì le sedi di Intra e Premeno, le<br />

case di Cocquio Trevisago (Varese) e<br />

Andora (Savona), fece costruire il teatro<br />

e la lavanderia, ampliò la chiesa e organizzò<br />

i primi soggiorni estivi al mare.<br />

Nel 1955 gli ospiti assistiti erano quasi<br />

3.500 e a prendersi cura di loro c’erano<br />

le cento suore dell’ordine di Maria<br />

Bambina, alle quali si aggiunsero le ancelle<br />

della congregazione della Divina<br />

Provvidenza. Cinque di loro vivono ancora<br />

nell’istituto, memoria storica dell’ente.<br />

Gli anni dopo la guerra<br />

Il successore di monsignor Moneta alla<br />

guida della Sacra Famiglia fu, nel 1955,<br />

monsignor Piero Rampi. A partire dagli<br />

anni Settanta l’istituto realizzò una vera<br />

e propria riconversione: con la legge 118<br />

del 1971, diventò centro interregionale<br />

di riabilitazione e si dotò di tecnici, palestre,<br />

strutture e servizi, sviluppando<br />

un servizio ospedaliero, quella che oggi<br />

è diventata la Casa di cura Ambrosiana.<br />

Arriviamo quindi alla fine degli anni<br />

Settanta: l’istituto sceglie di occuparsi<br />

prevalentemente di persone con handicap<br />

gravi e gravissimi, e di anziani<br />

non autosufficienti. È un’epoca socialmente<br />

e culturalmente critica: le istituzioni<br />

sono spesso accusate di essere<br />

chiuse e totalizzanti nei confronti dei<br />

propri ospiti. I laici entrano in numero<br />

massiccio nella struttura, affiancando<br />

ancelle e suore.<br />

Sul piano edilizio, nell’ultimo trentennio<br />

si creano infrastrutture a Cesano<br />

Boscone (laboratori, il reparto San Vincenzo,<br />

la cucina centrale), vengono rinnovate<br />

le filiali di Regoledo di Perledo e<br />

Cocquio, la struttura di vacanza ad Andora<br />

mare e il servizio diurno ad Abbia-

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