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LO SCARPONE 09 - Club Alpino Italiano

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TESTIMONIANZE Scuole di montagna d’altri tempi<br />

Fame, gelo e buona volontà<br />

Cogliendo lo spunto dalla<br />

toccante testimonianza di Anna<br />

Maria Mazzurri tratta dal libro<br />

“Sotto la neve fuori dal mondo”<br />

di Benito Mazzi (Priuli & Verlucca<br />

editori) e pubblicata sullo<br />

Scarpone di gennaio nella rubrica<br />

“Pagine scelte”, un’altra maestra<br />

di montagna, Carla Oglina (via<br />

Cerotti 48, Omega, VB) ci fa<br />

cortesemente avere una sua<br />

preziosa memoria relatriva alla<br />

“vita grama” affrontata dagli<br />

italiani nel dopoguerra.<br />

Adistanza di sessant’anni,<br />

Campello Monti (1305 m) mi è<br />

ancora nel cuore. Vi ho passato<br />

tre anni della mia giovinezza, dal<br />

1945 al 1948, con una dozzina di scolaretti<br />

di tutte e cinque le classi elementari,<br />

cari bambini dei quali non ho più alcuna<br />

notizia ora che tanto tempo è passato<br />

e che il paese (tranne che<br />

d’estate) è completamente<br />

abbandonato. Scuola e casa<br />

della maestra erano nello<br />

stesso edificio - ben fornito,<br />

lascito del benefattore - proprio<br />

sulla piazzetta quasi<br />

sempre coperta di neve.<br />

Quanta neve nell’inverno<br />

1946! Se aprivo la finestra<br />

della cucina, al primo piano,<br />

la toccavo con la mano. Per<br />

scendere a casa a Omegna, a Natale, e<br />

forse anche a Pasqua (ma il ricordo è un<br />

po’ vago) dovevo passare attraverso la<br />

slavina tagliata. Dal ponte sul Chigno<br />

non si vedevano i parapetti.<br />

Al cimitero, dove le croci in autunno<br />

venivano estratte dalle loro sedi sulle<br />

tombe e riposte in uno sgabuzzino, si<br />

entrava da sopra il cancello. Ma già era<br />

un’avventura arrivare al cimitero, se proprio<br />

lo si voleva fare! Morti in quegli anni<br />

non ce ne sono stati…forse grazie alle<br />

dieta forzata, soprattutto tra il ‘45 e il ‘46.<br />

La postina, obbligata a scendere quotidianamente<br />

all’ufficio di Forno (quando<br />

la strada non era impraticabile), arrotondava<br />

lo stipendio portando, al ritorno, il<br />

pane per tutto il paese, una cinquantina<br />

di persone. Mi pare prendesse 3 lire pro<br />

capite al mese. Non ricordo se il pane<br />

14 - <strong>LO</strong> <strong>SCARPONE</strong>, SETTEMBRE 2007<br />

“Nel ‘47 i ragazzi<br />

del <strong>Club</strong> alpino mi<br />

chiesero di cucire<br />

le bisacce da<br />

riempire di fieno,<br />

da usare<br />

come giacigli...”<br />

era un etto o un etto e mezzo per razione,<br />

dunque il suo peso nella gerla non le<br />

spaccava certo la schiena.<br />

La miniera di nichel era in fase di chiusura:<br />

restavano solo gli uffici in quello<br />

che era stato l’albergo Capezzone, ma<br />

anche i pochi impiegati si preparavano<br />

al trasferimento. Di albergo non si parlava<br />

più: restava solo l’osteria della Irma,<br />

ma ormai mancavano i clienti, visto che<br />

i minatori rimellesi non c’erano più.<br />

Quando gli era possibile, saliva il parroco<br />

di Forno, con la bicicletta a mano<br />

trainata con l’aiuto del cane. In confronto<br />

la discesa poteva essere un<br />

divertimento, ma la strada era tutta una<br />

sassaia.<br />

La messa veniva celebrata nella chiesa<br />

piccola, quasi una camera con un altarino,<br />

pochi banchi e le pareti rivestite in<br />

legno, ma per arrivarci quanti scivoloni<br />

sulla ‘gassa’ gelata! Ricordo la predica<br />

prima del referendum del ‘46: “Qui non<br />

c’è seggio… Bisogna scendere a Forno.<br />

Ma scendere bisogna,<br />

anche i vecchi. E non dicano<br />

che stanno a casa a pregare<br />

perché vincano i<br />

nostri... perché i voti valgono…<br />

ma le preghiere…<br />

potrebbero anche non essere<br />

accolte”.<br />

Nel ‘47 (credo) arrivano i<br />

primi ragazzi del CAI, che<br />

mi ingaggiano per cucire le<br />

bisacce da riempire di fieno<br />

come giacigli, in una casa che hanno<br />

affittato dai dirigenti della miniera<br />

abbandonata.<br />

Dopo la guerra riprende la vita!<br />

Di Campello ricordo tutto. Forse ho<br />

esagerato perché, per esempio, non<br />

ricordo i nomi di tutti i paesani. Colpa<br />

dell’età? Però non dimentico il proverbio<br />

della vecchia Pasqualina che, memore<br />

della saggezza antica, diceva: “In tempi<br />

non leggiadri e assai feroci, appendevano<br />

i ladri alle croci. In tempi men feroci<br />

e più leggiadri, si appendono le croci ai<br />

ladri”. Nessuna allusione: eravamo nel<br />

‘46. Mi era caro Campello, cari i campellesi,<br />

cara la mia scuola, cari anche la<br />

fame e il freddo, tutta la miseria di quegli<br />

anni e… cara, cara, cara la mia gioventù!<br />

Carla Oglina<br />

Dediche<br />

Una poesia per Spiro<br />

ASpiro Dalla Porta Xydias, illustre<br />

accademico e presidente<br />

degli scrittori di montagna, ha<br />

dedicato in occasione del<br />

novantesimo compleanno i versi che<br />

pubblichiamo Filippo Crudele (filippo.crudele@libero.it),<br />

socio aquilano<br />

del CAI e del Gruppo italiano scrittori<br />

di montagna.

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