Ai miei ragazzi Non entri chi non è matematico - Liceo Classico "G ...
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Pagina 10 Λογος<br />
Darfur: un genocidio ignorato<br />
Nella regione del Sudan denominata Darfur dal 2003 si combatte una guerra civile, che secondo le ultime stime, ha provocato la morte di circa 200.000 persone<br />
Dal 2003 una regione del Sudan confinante con<br />
il Ciad, il Darfur, dopo aver subito diverse catastrofi<br />
naturali, <strong>è</strong> tormentata da una guerra civile<br />
sanguinosissima contro la quale la Comunità<br />
Internazionale finora <strong>non</strong> ha potuto nulla.<br />
<strong>Non</strong>ostante le proporzioni apocalittiche di questa<br />
tragedia umanitaria, da uno studio condotto<br />
da Medici senza Frontiere e Osservatorio di Pavia<br />
<strong>è</strong> emerso che nel 2005 <strong>è</strong> stata dedicata solo<br />
un'ora all'informazione sul conflitto in Darfur. Per<br />
questo motivo <strong>è</strong> sorto in Italia un movimento<br />
d'opinione che attraverso un appello on-line<br />
<strong>chi</strong>ede che venga dato uno spazio più ampio nei<br />
media italiani all'informazione sul conflitto in<br />
Darfur. Le cause del conflitto sono molteplici e<br />
fra loro connesse. Le tensioni connaturate alla<br />
disuguaglianza strutturale fra il centro del paese,<br />
che si stende lungo le sponde del Nilo, e le aree<br />
"periferiche" come il Darfur sono state esacerbate<br />
negli ultimi due decenni del ventesimo secolo<br />
da una combinazione di catastrofi naturali,<br />
opportunismo politico, geopolitica regionale.<br />
Dal 1916, quando i britannici invasero il Darfur<br />
annettendolo al Sudan, la dominazione inglese<br />
destinò il grosso delle risorse allo sviluppo di<br />
Khartoum e della provincia del Nilo Azzurro, trascurando<br />
il resto del paese e aprendo un divario<br />
economico tra le aree periferiche e quelle centrali<br />
mai più sanato. Inoltre, nel 1956, l'anno delle<br />
prime elezioni democratiche della storia del<br />
Sudan, dopo la sua indipendenza politica, alcuni<br />
esponenti politici, per dividere l'elettorato delle<br />
popolazioni stanziali, accusarono gli arabi del<br />
mancato sviluppo del Darfur, creando una tensione<br />
molto aspra nel Paese che sfociò successivamente<br />
nella seconda guerra civile sudanese<br />
del 1983, in cui si fronteggiarono il nord del<br />
Sudan, prevalentemente musulmano, e il sud, cristiano<br />
e animista. Questa contrapposizione ideologico-religiosa<br />
<strong>è</strong> stata ritenuta a torto da alcuni<br />
analisti come una delle principale cause della<br />
odierna guerra in Darfur, sebbene le due fazioni<br />
in conflitto, i Janjaweed e la popolazione del<br />
Darfur, siano entrambe musulmane. L'attuale<br />
conflitto ebbe inizio il 25 febbraio 2003, quando<br />
il Fronte di liberazione del Darfur (Fld), presieduto<br />
dall’avvocato Abdel Wahid Mohamed Nur e<br />
formato da comitati di autodifesa dei villaggi a<br />
seguito delle troppe ingiustizie, del lungo e più<br />
totale abbandono e dei ripetuti assalti delle<br />
forze governative, in particolare degli Janjaweed<br />
("uomini a cavallo" – miliziani al soldo del governo<br />
centrale) organizzò l'ennesima rivolta, unendosi<br />
ad altri gruppi etnici della regione (masalit,<br />
zaghawa e berti). Il Fronte prese in seguito il<br />
nome di Esercito di liberazione del Sudan (Als) e<br />
si alleò al Movimento per la giustizia e l’uguaglianza<br />
(Mje) che operava più a nord. Da allora la<br />
situazione in Darfur <strong>è</strong> andata continuamente<br />
deteriorandosi. Gli Janjaweed <strong>non</strong> hanno mai<br />
smesso di assaltare villaggi, uccidere, violentare,<br />
bruciare capanne. «Si tratta della più grave crisi<br />
umanitaria al mondo», ha detto il coordinatore<br />
dell’Onu per il Sudan, Mukesh Kapita. Il giudizio<br />
di Human Rights Watch: «Il governo sudanese <strong>è</strong><br />
responsabile di pulizia etnica e di crimini contro<br />
l’umanità. Nel Darfur vige il terrore». Il segretario<br />
delle Nazioni Unite, Kofi Annan, dopo aver riconosciuto<br />
la pulizia etnica, ha commentato: «Il<br />
ris<strong>chi</strong>o di genocidio <strong>è</strong> reale»; e ha accennato a un<br />
possibile intervento armato internazionale.<br />
Anche l’Alto commissariato delle<br />
Nazioni Unite parla di «crimini di<br />
guerra e crimini contro l’umanità».<br />
<strong>Ai</strong> primi di maggio, l’Alto commissariato<br />
Onu per i diritti umani, al<br />
termine di una missione d’in<strong>chi</strong>esta<br />
nel Darfur, ha confermato la gravità<br />
dello scenario. Allami Ahmat, diplomatico<br />
ciadiano che sta tentando la<br />
mediazione, ha accusato Khartoum<br />
di aver disatteso l’accordo firmato<br />
l’8 febbraio scorso a N’Djamema,<br />
che prevedeva il disarmo degli<br />
Janjaweed. L’8 aprile, il presidente<br />
sudanese Omar al-Bashir ha sottoscritto<br />
un nuovo cessate il fuoco di<br />
45 giorni. In assenza di un vero<br />
accordo politico tra governo e<br />
ribelli e un reale disarmo delle milizie<br />
arabe, questa nuova tregua (la<br />
terza in sei mesi) ris<strong>chi</strong>a di aggiungersi<br />
alla lunga serie di accordi <strong>non</strong><br />
rispettati. Khartoum ripete: «È un<br />
affare interno, tutt’al più regionale».<br />
Ma il suo tentativo di porre fine al<br />
conflitto con la forza tra gennaio e<br />
febbraio di quest’anno, per poi presentare<br />
il fatto compiuto alla comunità<br />
internazionale, gli si <strong>è</strong> rivoltato<br />
contro. Ufficiali originari del Darfur<br />
si sono rifiutati di bombardare villaggi della loro<br />
gente. C’<strong>è</strong> il concreto ris<strong>chi</strong>o di un ammutinamento<br />
di settori dell’esercito. Il Darfur conferma<br />
il fallimento dei vari governi nell’affrontare i temi<br />
della divisione del potere e dell’equa distribuzione<br />
delle ricchezze. È un problema politico che<br />
ri<strong>chi</strong>ede una soluzione politica. <strong>Non</strong> solo: il<br />
Darfur rientra in una “equazione nazionale”e <strong>non</strong><br />
va affrontato separato dal resto. E, comunque<br />
vada, questo conflitto segnala la fine del progetto<br />
di Khartoum di islamizzare il paese. Intanto i<br />
paesi confinanti con il Sudan e quelli del Nord<br />
Africa tengono un profilo basso. Gheddafi lo ha<br />
definito «conflitto tribale» e s’<strong>è</strong> affrettato a stig-<br />
matizzare ogni «interferenza <strong>non</strong> africana». La<br />
Lega araba e l’Organizzazione della conferenza<br />
islamica <strong>non</strong> hanno ancora preso alcuna posizione.<br />
Mentre la neonata Unione africana, per bocca<br />
del suo presidente Alpha Omar Konaré, sembrerebbe<br />
disposta a porre il Darfur tra le sue priorità.<br />
L’Ue, presente nelle trattative di pace a<br />
Naivasha (Kenya), deve fare pressione su<br />
Khartoum e sui leader del sud perché riconoscano<br />
l’estrema importanza di una soluzione pacifica<br />
in Darfur come parte integrante di tutto il processo<br />
di pace sudanese. È necessario bloccare<br />
l’invio delle milizie Janjaweed, e <strong>chi</strong>edere ad<br />
ambedue i fronti il rispetto del cessate il fuoco<br />
per permettere alle agenzie Onu di intervenire.<br />
Solo ultimamente il sovrintendente alla crisi del<br />
Darfur ha accolto positivamente la possibilità di<br />
una missione ONU, creando però nuovi attriti<br />
con il governo centrale. In ogni caso il contingente<br />
internazionale oggi presente in Darfur,<br />
dopo lunghe traversie, ha possibilità d'azione<br />
molto limitate per le regole d'ingaggio piuttosto<br />
restrittive. Anche molte associazioni umanitarie<br />
hanno trovato impedimenti di ogni genere o<br />
addirittura sono state costrette ad abbandonare<br />
le zone di guerra in seguito ad attac<strong>chi</strong> diretti<br />
agli operatori umanitari mentre le alte sfere della<br />
burocrazia internazionale discutono sulla possibilità<br />
di definire il dramma del Darfur come<br />
genocidio. La guerra finora, secondo un articolo<br />
del 1 febbraio 2007 dello UN News Service, ha<br />
causato di 200.000 morti e almeno altri 2 milioni<br />
hanno dovuto abbandonare le proprie case, inoltre<br />
circa 4 milioni di persone dipendono da un<br />
aiuto esterno.<br />
Matteo Marcozzi