Casa dolce casa - Acido Politico
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E<br />
INCISO<br />
’ invisibile, come l’altra faccia della luna.<br />
Si chiama ‘Ndrangheta e rappresenta la<br />
criminalità organizzata calabrese: una tra<br />
le più forti e pericolose organizzazioni criminali<br />
del mondo. Secondo le forze dell’ordine in Calabria<br />
sono attualmente operanti 150 clan locali<br />
che affiliano circa 6000 mafiosi.<br />
La mafia calabrese ha un potere enorme, in<br />
molte zone d’Italia ha ormai raggiunto un controllo<br />
considerevole, è praticamente ovunque:<br />
dalla Valle d’Aosta al litorale laziale, dal Veneto<br />
al Piemonte.<br />
E nella ricca Lombardia? L’hinterland milanese<br />
è il paradiso degli affari: non c’è solo il traffico<br />
di cocaina, ma anche costruzioni, negozi, discoteche.<br />
Sta crescendo una nuova generazione<br />
della mafia che cambia stile per diventare più<br />
forte. A Buccinasco (la Platì del Nord) si preferisce<br />
far finta di niente, eppure solo pochi anni fa<br />
l’ex sindaco Maurizio Carbonera riceveva diversi<br />
atti intimidatori.<br />
La ‘ndrangheta, però, non la troviamo solo in<br />
Italia, è presente o traffica in oltre 40 paesi del<br />
mondo, soprattutto in Australia, Canada e Germania.<br />
Molteplici sono i suoi interessi: appalti edilizi,<br />
estorsioni, sfruttamento della prostituzione,<br />
tangenti, riciclaggio di denaro, smaltimento di<br />
rifiuti tossici, traffico di armi e di droga.<br />
Nel 2004 si stima che la ‘ndrangheta abbia guadagnato<br />
solo dal traffico di droga 22 miliardi e<br />
340 milioni di euro e la fonte principale di tali<br />
guadagni è senza dubbio la cocaina: è il petrolio<br />
bianco il vero miracolo del capitalismo moderno,<br />
una gigantesca ragnatela mondiale gestita<br />
assieme alla camorra. Nel traffico delle<br />
armi il guadagno è di 2 miliardi e 353 milioni di<br />
euro, mentre 4 100 milioni di euro è il giro d’affari<br />
nell’usura. Questa ovviamente è solo una<br />
parte dei suoi guadagni: secondo dati Eurispes<br />
la ‘ndrangheta nel 2004 ha avuto un giro d’affari<br />
stimato di 36 miliardi di euro.<br />
In Italia si può parlare di mafia in maniera<br />
spettacolare, cinematografica, ma quando si<br />
dice qualcosa di pesante per l’opinione pubblica<br />
c’è un rifiuto totale. Sono diverse le zone del<br />
meridione soggette a situazioni disperate<br />
(come Reggio Calabria), ma tutto ciò non attira<br />
attenzione perché non ci sono stragi, non ci<br />
sono morti. Non ci sono stragi perché ormai<br />
non c’è più bisogno di sparare e tale è il controllo<br />
che non c’è bisogno di ammazzare.<br />
In Calabria hanno smesso di sparare perché<br />
hanno vinto. Esiste un’emergenza mafiosa solo<br />
di fronte alla visibilità del fenomeno e, nella<br />
normalità della pax mafiosa, l’indifferenza degli<br />
organi d’informazione è totale, l’indifferenza<br />
dell’opinione pubblica segue. Il potere dell’informazione<br />
è notevole: loro vogliono proprio il<br />
silenzio, vogliono che questa situazione non<br />
arrivi a livello nazionale, perché se non arriva a<br />
diventare un problema nazionale il controllo del<br />
territorio, per loro, è garantito.<br />
Quanti servizi avete visto in televisione o avete<br />
letto sui giornali (a parte l’eccezione dell’inchiesta<br />
di Curzio Maltese su Repubblica e pochi<br />
altri) sulla ‘ndrangheta in Calabria? Perché tutto<br />
questo silenzio dei media? Perché si preferisce<br />
parlar d’altro quando abbiamo la più grave emergenza<br />
per l’intero paese? E lo Stato? Per il<br />
momento si preferisce togliere l’inchiesta al pm<br />
De Magistris che indagava su collusioni tra mafia,<br />
politica e altri poteri occulti.<br />
Lo stato può (e deve) combattere la mafia, ha<br />
tutti gli strumenti necessari per farlo. Ma siamo<br />
sicuri che lo stia facendo?<br />
Matteo Forciniti<br />
MILANO ‐ Alla parola islam vengo‐<br />
no associate tante immagini: violen‐<br />
za, intolleranza, arretratezza, l’immo‐<br />
bilismo sociale di una religione che<br />
per molti ha solo il volto dell’inte‐<br />
gralismo alla Bin Laden.<br />
Ma non c’è solo questo. I venti di<br />
modernità soffiano anche in questo<br />
mondo in apparenza solo retrogrado.<br />
Dalla fine del XIX secolo, in tutte le<br />
regioni del mondo islamico, emerge<br />
l’esistenza di una questione femmini‐<br />
le e i riformisti individuano nell’ade‐<br />
guamento della condizione giuridica<br />
della donna la sfida cruciale.<br />
La questione della donna mussulma‐<br />
na è diversa da quella<br />
della donna in genere. I<br />
modernisti sanno che si<br />
scontrano con un mon‐<br />
do dove l’inferiorità<br />
femminile è sacralizza‐<br />
ta. Il Corano stabilisce<br />
“gli uomini sono prepo‐<br />
sti alle donne, perché<br />
Dio ha prescelto alcuni<br />
esseri su gli altri e per‐<br />
ché essi donano dei loro<br />
beni per mantenerle”.<br />
Dio consacra la donna<br />
a questa condizione di “eterna mino‐<br />
renne” tenuta all’obbedienza al mari‐<br />
to, priva di diritto di divorzio, espo‐<br />
sta al ripudio, tenuta ad accettare la<br />
poligamia come strumento di prote‐<br />
zione femminile. Su di lei si fonda<br />
l’onore e anche il disonore dei paren‐<br />
ti maschi.<br />
La sua virtù è la sua castità, segno<br />
ambivalente di distinzione e rispetto<br />
quanto di segregazione e oppressio‐<br />
ne. In Marocco il movimento femmi‐<br />
nile dal 1980 chiede la riforma del<br />
codice dello statuto personale la Mu‐<br />
dawwana fondato sulla Shari’a.<br />
Union de l’Action femminine riven‐<br />
dica uguaglianza tra coniugi, la pos‐<br />
sibilità per la donna maggiorenne di<br />
sposarsi senza ricorrere al tutore ma‐<br />
trimoniale, pari diritti e doveri per i<br />
coniugi, diritto di divorzio, abolizio‐<br />
ne della poligamia, diritto di tutela<br />
sui propri figli e considerare lavoro e<br />
studio diritti inalienabili per le don‐<br />
SOCIETA’<br />
Venti di modernità<br />
soffiano sull’Islam<br />
La questione femminile viene posta al centro<br />
del dibattito riformista dai musulmani<br />
di Stefania Carusi<br />
ne. Sono gli anni novanta e la revisio‐<br />
ne della Mudawwana è sempre più<br />
necessaria all’interno di in Paese che<br />
cerca di affermare una democrazia,<br />
inattuabile la dove la metà della po‐<br />
polazione è in condizione di evidente<br />
inferiorità. Le femministe marocchine<br />
raccolgono una petizione di otre un<br />
milione di firme provocando la vio‐<br />
lenta reazione degli islamisti che le<br />
accusano di andare contro la lettera<br />
dell’islam. La riforma del 93 è insod‐<br />
disfacente.<br />
Le donne marocchine comprendono<br />
che questa battaglia non può combat‐<br />
tersi lontano dal terreno religioso ma<br />
continuano a lottare. Nel 95 alla IV<br />
conferenza Mondiale delle nazioni<br />
Unite sulla donna il<br />
movimento trova nuovi<br />
slanci. Si crea un cordi‐<br />
namento transnazionale<br />
tra i vari movimenti<br />
femminili del Maghreb.<br />
Viene proposto un nuo‐<br />
vo Codice di famiglia.<br />
Molti sono i sostegni<br />
internazionali e in Ma‐<br />
rocco nel 98 sale al pote‐<br />
re il blocco democratico<br />
e il re Mohammed VI.<br />
Viene presentato un<br />
progetto di legge per L’integrazione<br />
femminile. Immediata la reazione<br />
degli islamisti. Il conflitto si sposta<br />
nelle piazze di Rabat e <strong>Casa</strong>blanca<br />
80.0000 modernisti contro 500.000<br />
islamisti. Il progetto di legge passa<br />
nelle mani del re l 8 marzo 2001. La<br />
riforma si conclude nel 10 ottobre<br />
del 2003 secondo un interpretazione<br />
evolutiva dei testi sacri è conforme<br />
all’islam, viene emanata 2004. la<br />
vittoria e un traguardo che è solo<br />
l’inizio.<br />
Una legge non può scardinare le con‐<br />
vinzioni di una società ancora gelosa‐<br />
mente attaccata ad una tradizione<br />
religiosa lenta nell’evolvere. La legge<br />
votata secondo principi democratici<br />
tesa verso un orizzonte maggiormen‐<br />
te laico è il risultato di un mondo<br />
femminile deciso a svestire i veli del‐<br />
l’oppressione.<br />
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