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Fatturazione - Ipsoa

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Sommario 1<br />

GENNAIO 2012<br />

Libro Bianco<br />

La novità - L’«overwiew» dell’IVA per il 2012<br />

di Paolo Centore 5<br />

Aliquote<br />

La novità - Turbolenze all’orizzonte sulle aliquote IVA<br />

di Franco Ricca 8<br />

Detrazioni<br />

L’approfondimento - Profili IVA del prestito di personale<br />

di Giovanni Paudice 12<br />

Operazioni con l’estero<br />

L’adempimento - Per stabilire il luogo di consegna occorre fare riferimento al contratto e agli<br />

«Incoterms»<br />

di Michele Russotto 19<br />

Regimi IVA<br />

L’adempimento - Uscita dal regime dei minimi con rettifica IVA<br />

di Valerio Artina e Mascia Dalmaggioni 23<br />

<strong>Fatturazione</strong><br />

• L’approfondimento - Le note esplicative della Commissione UE sulla fatturazione elettronica<br />

di Marco Peirolo 27<br />

• L’adempimento - La nuova fattura «europea»<br />

di Francesco Scopacasa 31<br />

• L’approfondimento - La nuova fattura europea: soluzione (parziale) del conflitto normativo<br />

fra gli Stati membri<br />

di Nicola Galleani D’Agliano e Maurizio Bancalari 40<br />

Operazioni accessorie<br />

L’approfondimento - La rilevanza IVA nelle operazioni di riparazione e sostituzione in garanzia<br />

di Stefano Cesati, Alberto Santi, Francesco Zondini 45<br />

Procedura di gruppo<br />

L’adempimento - IVA di gruppo: quando (e quanto) è conveniente la sua applicazione?<br />

di Ciro D’Ardia 51<br />

Osservatorio<br />

Comunità europea<br />

• Corte di Giustizia<br />

con note di Marco Peirolo 59<br />

• Commissione europea 67<br />

Rassegna<br />

Prassi amministrativa 70<br />

1/2012<br />

3


Sommario<br />

Agenda<br />

Febbraio 2012<br />

di Valerio Artina e Roberta Aiolfi 73<br />

Editrice<br />

Wolters Kluwer Italia Srl<br />

Strada 1, Palazzo F6<br />

20090 Milanofiori Assago (Mi)<br />

http://www.ipsoa.it<br />

Direttore responsabile<br />

Giulietta Lemmi<br />

Comitato di redazione<br />

Paolo Centore - Avvocato<br />

in Genova e Milano<br />

Roberto Fanelli -<br />

Revisore contabile<br />

e pubblicista in Roma<br />

Franco Ricca - Funzionario<br />

Agenzia delle Entrate<br />

Redazione<br />

Tiziana Collovigh, Lia Longo<br />

Realizzazione grafica<br />

<strong>Ipsoa</strong><br />

4<br />

Attualità, pratica e approfondimento<br />

1/2012<br />

Fotocomposizione<br />

Sinergie Grafiche Srl - via Pavese, 1/3<br />

20089 Rozzano (Mi)<br />

Tel. 02 57789422<br />

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Via Magellano, 11<br />

20090 Cesano Boscone (MI)<br />

Licenziato per la stampa<br />

il 22 dicembre 2011<br />

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Milano n. 719 del 10 novembre 2000.<br />

Tariffa R.O.C.: Poste Italiane Spa -<br />

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27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1,<br />

DCB Milano<br />

Iscritta nel registro Nazionale della<br />

Stampa con il n. 3353 vol. 34 foglio<br />

417 in data 31 luglio 1991.<br />

Iscrizione al R.O.C. n.1702<br />

Contributi redazionali<br />

Per informazioni in merito<br />

a contributi, articoli, ed argomenti<br />

trattati scrivere o telefonare a:<br />

<strong>Ipsoa</strong> Redazione L’IVA<br />

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L’«overview» dell’IVA per il 2012<br />

di Paolo Centore<br />

La novità<br />

La Commissione europea ha pubblicato il<br />

«Libro Bianco» che riassume gli interventi<br />

prospettici di modifica della disciplina IVA a<br />

livello comunitario e la loro tempistica di attuazione<br />

nel periodo 2012-2015, con l’obiettivo<br />

di superare l’attuale frammentazione<br />

delle regole e di armonizzare in concreto<br />

la legislazione attraverso la standardizzazione<br />

dei principi e la semplificazione degli<br />

adempimenti imposti al contribuente, con il<br />

fine ultimo di rendere più efficiente e competitivo<br />

il mercato dell’Unione europea.<br />

Riferimenti<br />

Commissione Europea 6 dicembre 2011,<br />

COM(2011) 851<br />

Direttiva 2006/112/CE<br />

Il risultato della Consultazione Pubblica promossa<br />

dalla Commissione europea sul futuro dell’IVA (1)<br />

è stato recepito nel Libro Bianco (2), cioè nella posizione<br />

ufficiale che la Commissione ha assunto,<br />

tenendo conto dei contributi pervenuti entro il termine<br />

fissato (31 maggio 2011) da tutti i Paesi<br />

dell’Unione europea (ad eccezione di Cipro, Lettonia<br />

e Malta) e, in minima parte (7 Paesi) anche da<br />

Paesi extraeuropei, alle 33 domande formulate nel<br />

Libro Verde sui temi di fondo dell’IVA, dal sistema<br />

di tassazione all’origine o a destinazione, alle esenzioni,<br />

alla struttura delle aliquote, sino ai rapporti<br />

fra contribuente e amministrazione finanziaria (3).<br />

La prospettiva presentata ora al Parlamento europeo<br />

copre temporalmente il periodo 2012 - 2015,<br />

con l’anticipazione degli interventi che la Commissione<br />

intende proporre per aggiornare il sistema<br />

normativo dell’imposta all’evoluzione della realtà<br />

economica, con lo scopo di rendere più efficiente e<br />

competitivo il mercato dell’Unione europea.<br />

Il lavoro di preparazione del Libro Bianco è stato intenso<br />

ed ha riguardato non solo l’elaborazione della<br />

Libro<br />

Bianco<br />

circa 1700 risposte inviate dagli operatori alle domande<br />

poste dalla Commissione, per oltre 8.500 pagine<br />

di contributi, ma anche un’intensa pre-valutazione<br />

della posizione da assumere con le autorità fiscali<br />

degli Stati membri, tenendo conto dell’opinione<br />

espressa nel frattempo dal Parlamento europeo (4).<br />

In più, la Commissione ha inteso inserire la Comunicazione<br />

contenuta nel Libro Bianco nella<br />

strategia di revisione e di crescita del Mercato<br />

Unico, espressa con efficacia nell’«Atto per il<br />

mercato unico Dodici leve per stimolare la crescita<br />

e rafforzare la fiducia “Insieme per una nuova crescita”»<br />

(5).<br />

Il contesto in cui interviene il Libro Bianco<br />

Il futuro dell’IVA viene delineato in riferimento ad<br />

elementi strutturali che, anche in base alle risposte<br />

pervenute dagli operatori, sono posti a fondamento<br />

della necessità di una profonda rivisitazione dell’attuale<br />

sistema normativo.<br />

La prima e più diffusa sensazione raccolta dalla<br />

Commissione europea a valle della Consultazione<br />

pubblica è la frammentazione delle regole IVA in<br />

27 sistemi normativi, quanti sono i Paesi aderenti<br />

all’Unione.<br />

Da tale constatazione deriva non solo la difficoltà<br />

di comprensione delle regole da applicare ma una<br />

Paolo Centore - Professore a contratto di Diritto tributario presso<br />

l’Università di Parma e Avvocato in Genova e Milano<br />

Note:<br />

(1) Doc. Com. (2010) 695 del 1° dicembre 2010.<br />

(2) Doc. Com. (2011) 851 del 6 dicembre 2011.<br />

(3) Come risulta dal «Rapporto» sugli esiti della Consultazione<br />

pubblica (doc. Taxud 2.12.2011 n. 1417007), l’Italia ha partecipato<br />

alla consultazione con 26 contributi, al pari dell’Olanda e dopo<br />

Germania (143), Regno Unito (91) e Francia (61), provenienti,<br />

per la parte maggiore, dagli operatori economici (10) e dalle associazioni<br />

di categoria (8) nazionali.<br />

(4) Risoluzione del Parlamento europeo del 13 ottobre 2011, n.<br />

2011/2082.<br />

(5) Doc. Com. (2011) 206 del 13 aprile 2011. Tale documento interviene<br />

in continuità con la precedente comunicazione (Doc.<br />

Com. (2010) 608 del 27 ottobre 2010, riguardante «L’attuazione<br />

del Mercato Unico» e l’adozione, entro il 2012, del Single Market<br />

Act.<br />

1/2012<br />

5


Libro<br />

Bianco<br />

generale diffidenza verso le operazioni transfrontaliere,<br />

tanto da scoraggiare gli operatori medio -<br />

piccoli che preferiscono operare nel contesto nazionale,<br />

piuttosto che affrontare l’incognita delle<br />

disposizioni IVA in vigore in altri Paesi (6).<br />

L’assenza di effettiva e concreta armonizzazione si<br />

manifesta anche a livello interno, nei confronti<br />

delle singole amministrazioni fiscali che non sempre<br />

assumono una posizione orientata verso le regole<br />

comunitarie, privilegiando - ancora oggi - una<br />

visione, si può dire, nazionalista in luogo di una<br />

comprensione del tema della fiscalità nell’ottica<br />

della «Casa Europa», considerata come unico territorio<br />

in cui la tassazione va pensata ed applicata.<br />

Ed ancora più nel dettaglio operativo, il difetto di<br />

armonizzazione viene percepito nella non uniformità<br />

degli obblighi, delle esenzioni, delle aliquote<br />

applicate, per quest’ultimo aspetto, non tanto in riferimento<br />

alle diverse percentuali ma, piuttosto, in<br />

relazione ai beni e servizi che vengono agevolati,<br />

nelle procedure di rimborso dell’imposta, che le<br />

recenti modifiche introdotte per l’adozione della<br />

dir. 2008/9/CE non hanno reso fluide.<br />

L’ulteriore profilo, non ultimo per importanza, riguarda<br />

le frodi IVA e la preoccupazione, speculare<br />

ma concorrente, delle Amministrazioni finanziarie<br />

e dei contribuenti: le une, ovviamente interessate a<br />

debellare il fenomeno, gli altri terrorizzati all’idea<br />

di restare coinvolti, ancorché incolpevoli, negli effetti<br />

che la frode fiscale determina a carico della<br />

collettività (7).<br />

Il tema è, dunque, forte e variegato e viene affrontato<br />

dalla Commissione in modo organico, con la<br />

trattazione delle questioni che le osservazioni raccolte<br />

propongono, fissando una sorta di road map<br />

dell’IVA per il prossimo triennio 2012-2015.<br />

Le modalità di intervento<br />

suggerite dalla Commissione<br />

Per quanto retro osservato, si può intuire che l’obiettivo<br />

è di armonizzare in concreto la legislazione,<br />

con la standardizzazione dei principi e la semplificazione<br />

degli adempimenti imposti al contribuente.<br />

Per raggiungere questo risultato la Commissione<br />

suggerisce di attuare una road map a tre<br />

livelli, con il miglioramento della conoscenza delle<br />

norme IVA di ciascun Paese, oggi ostacolata anche<br />

da problemi di lingua, con la promozione<br />

dell’interscambio di informazioni tra Commissio-<br />

6<br />

1/2012<br />

ne, Autorità fiscali e singoli operatori e, infine,<br />

con interventi mirati sulle disposizioni della direttiva<br />

2006/112/CE oggi in vigore.<br />

Per i primi due aspetti, già nel 2012 la Commissione<br />

intende sviluppare un sito web in cui sia riportata,<br />

in ogni lingua, la legislazione IVA di tutti gli<br />

Stati membri, promuovendo altresì una conferenza<br />

tripartita (Commissione - amministrazioni nazionali<br />

- operatori) per aprire un vero e proprio «canale<br />

di comunicazione» a livello europeo.<br />

Per il terzo aspetto, infine, il Libro Bianco anticipa<br />

l’impegno della Commissione nel rivedere le disposizioni<br />

di maggiore ostacolo al raggiungimento<br />

dell’effettiva armonizzazione dell’IVA, quali, ad<br />

esempio, il regime delle aliquote e delle esenzioni.<br />

Le proposte del Libro Bianco: il luogo<br />

di tassazione<br />

Al primo posto nella lista degli interventi si trova<br />

il tema del luogo di tassazione delle operazioni.<br />

Va ricordato che l’art. 402 della dir. 2006/112/CE,<br />

nel preconizzare l’abbandono dell’attuale regime,<br />

definito transitorio, a favore del regime definitivo,<br />

indica che l’imposta deve essere ispirata al principio<br />

di tassazione all’origine.<br />

Questo principio, fissato oltre quarant’anni fa dagli<br />

allora nove Paesi che hanno costituito il nucleo<br />

primario dell’odierna Unione europea, trova giustificazione<br />

considerando la struttura dell’IVA ed<br />

il suo meccanismo di tassazione in avanti, cioè, di<br />

ribaltamento sino al consumo finale, con detrazione<br />

a monte dell’imposta.<br />

Questo meccanismo, ben delineato dall’art. 1 della<br />

dir. 2006/112/CE, rende possibile prelevare, in<br />

ogni fase e in ogni stadio, quanto è dovuto sul<br />

«valore aggiunto» determinato in quel momento,<br />

senza incisione del soggetto passivo in itinere e<br />

con la traslazione del carico dell’imposta «al consumo»,<br />

cioè, a carico del consumatore finale.<br />

È però evidente che l’applicazione del principio di<br />

origine funziona perfettamente in un (vero) merca-<br />

Note:<br />

(6) In questo senso si è espresso, in particolare, il contributo di<br />

Business Europe, presentato alla Conferenza sul Libro Verde del 6<br />

maggio 2011 a Milano.<br />

(7) Timore assolutamente fondato, come dimostrano gli interventi<br />

della giurisprudenza di vertice sul tema della responsabilità dell’operatore<br />

vis à vis delle frodi fiscali: da ultimo, si veda Cass., sez.<br />

tributaria, sentenza 11 novembre 2011 n. 23626.


to interno, nel quale le contribuzioni<br />

delle singole quote di<br />

valore aggiunto siano, alla fine,<br />

riassunte in un’unica contribuzione<br />

verso un unico<br />

Erario.<br />

Così non è, ovviamente, laddove<br />

sussistano le divisioni<br />

territoriali, come nel caso<br />

delle operazioni transfrontaliere,<br />

tanto che il principio di<br />

origine viene abbandonato a<br />

favore della tassazione a destino,<br />

il che si verifica, appunto,<br />

nel regime transitorio<br />

delle operazioni intracomunitarie<br />

e per le importazioni.<br />

La contrapposizione «origine<br />

= mercato interno» e «destinazione<br />

= mercato esterno»<br />

può essere composta solo<br />

ipotizzando che il secondo<br />

divenga uguale al primo,<br />

cioè, più chiaramente, che sia<br />

realizzato davvero un «Mercato<br />

Unico» europeo.<br />

Ma questo obiettivo è realisticamente<br />

destinato a rima-<br />

nere un sogno, forse realizzabile nell’ottica dei<br />

primi anni di introduzione dell’IVA, ma oggi certamente<br />

difficile da perseguire, almeno politicamente<br />

(8).<br />

Per tale motivo la Commissione propone l’abbandono<br />

del principio di origine con l’orientamento<br />

del sistema impositivo al principio di destinazione.<br />

Il raggiungimento di tale risultato consente, secondo<br />

la valutazione della Commissione europea, di<br />

rendere il sistema di tassazione più semplice e, al<br />

tempo stesso, più efficiente e meno indifeso verso<br />

le frodi fiscali.<br />

Il passaggio alla tassazione a destinazione pone,<br />

ovviamente, la domanda sulle modalità di attuazione,<br />

tenendo conto della suddivisione delle operazioni<br />

tra soggetti passivi (B2B) e verso i consumatori<br />

finali (B2C).<br />

La soluzione per le transazioni B2B va individuata<br />

nell’ampliamento del reverse charge, cioè, delle<br />

ipotesi oggi regolate dagli artt. 194 e 196 della dir.<br />

2006/112/CE, ove è previsto il trasferimento «fa-<br />

SOLUZIONI OPERATIVE<br />

Armonizzazione:<br />

le proposte di intervento<br />

Per raggiungere la concreta<br />

armonizzazione legislativa la<br />

Commissione suggerisce di attuare<br />

una road map a tre livelli, con il<br />

miglioramento della conoscenza delle<br />

norme IVA di ciascun Paese con la<br />

promozione dell’interscambio di<br />

informazioni tra Commissione,<br />

Autorità fiscali e singoli operatori e,<br />

infine, con interventi mirati sulle<br />

disposizioni della direttiva<br />

2006/112/CE oggi in vigore.<br />

Per i primi due aspetti, già nel 2012 la<br />

Commissione intende sviluppare un<br />

sito web in cui sia riportata, in ogni<br />

lingua, la legislazione IVA di tutti gli<br />

Stati membri, Per il terzo aspetto, il<br />

Libro Bianco anticipa l’impegno della<br />

Commissione nel rivedere le<br />

disposizioni di maggiore ostacolo al<br />

raggiungimento dell’effettiva<br />

armonizzazione dell’IVA, quali, ad<br />

esempio, il regime delle aliquote e<br />

delle esenzioni.<br />

Libro<br />

Bianco<br />

coltativo (9)» e generalizzato<br />

(cioè, per i beni ed i servizi)<br />

dell’obbligo di pagamento<br />

dell’IVA al destinatario della<br />

cessione o della prestazione,<br />

quando il soggetto passivo<br />

non sia stabilito nello Stato<br />

membro in cui l’operazione è<br />

considerata imponibile (art.<br />

194 dir. 2006/112); facoltà<br />

che diviene un obbligo quando<br />

il destinatario sia un soggetto<br />

passivo, per le cessioni<br />

di gas ed energia (art. 195)<br />

ovvero, per i servizi, alle<br />

condizioni indicate dall’art.<br />

44 della dir. 2006/112, anche<br />

quando il destinatario sia, oltre<br />

che un soggetto passivo,<br />

una persona giuridica, ancorché<br />

non soggetto passivo<br />

(art. 196).<br />

Per le operazioni B2C la<br />

Commissione europea suggerisce<br />

un ampliamento delle<br />

regole del cd. Sportello Unico,<br />

previsto in via sperimentale<br />

e in misura ridotta (10)<br />

per i servizi di telecomunicazione e telematici a<br />

partire dal 1° gennaio 2015.<br />

L’applicazione diffusa della tassazione a destinazione,<br />

attraverso il meccanismo del reverse charge<br />

e dello «Sportello unico» consente, in effetti, di<br />

mantenere le attuali differenze di aliquote, per le<br />

quali, come indicato da alcune delle risposte al<br />

Green Paper, rimarrebbe un profilo distorsivo limitato<br />

alle vendite di beni e servizi in zone transfrontaliere,<br />

dove, cioè, il consumatore abbia la<br />

possibilità di «scegliere» l’aliquota più conveniente<br />

con breve spostamento da un territorio ad un altro.<br />

Note:<br />

(8) Cfr. il Libro Bianco, punto 4.1.<br />

(9) Art. 194 della dir. 2006/112: «Se la cessione di beni o la prestazione<br />

di servizi è effettuata da un soggetto passivo non stabilito<br />

nello Stato membro in cui è dovuta l’IVA, gli Stati membri possono<br />

prevedere che il debitore dell’imposta sia il destinatario<br />

della cessione di beni o della prestazione di servizi».<br />

(10) Cd. Mini One Stop Shop.<br />

1/2012<br />

7


Aliquote<br />

Turbolenze all’orizzonte<br />

sulle aliquote IVA<br />

di Franco Ricca<br />

Il ruolo di primo piano che l’Italia è venuta purtroppo<br />

ad assumere nell’aggravarsi della crisi economico-finanziaria<br />

dell’euro-zona, ha indotto il<br />

governo Monti a programmare innanzitutto un<br />

nuovo aumento, questa volta di due punti e non limitato<br />

all’aliquota ordinaria, per il periodo dal 1°<br />

ottobre al 31 dicembre 2012.<br />

Un rialzo temporaneo, quindi, finalizzato a mettere<br />

in sicurezza i conti pubblici, che riguarderà l’aliquota<br />

intermedia del 10% e (nuovamente) quella<br />

ordinaria del 21%, che nel suindicato lasso temporale<br />

passeranno rispettivamente al 12% e al 23%.<br />

Dopo si vedrà.<br />

Se nel frattempo sarà entrata in vigore la riforma<br />

fiscale, si tornerà alle aliquote precedenti; in caso<br />

contrario, gli aumenti diventeranno definitivi e anzi,<br />

dal 1° gennaio 2014, scatterà un ulteriore incremento<br />

di mezzo punto per entrambe le aliquote<br />

(che si attesterebbero così al 12,5% e al 23,5%).<br />

Uno scenario, questo, che rischierebbe di mettere<br />

8<br />

La novità<br />

Archiviato l’aumento al 21%, per l’IVA sono<br />

in vista ulteriori rialzi: l’aliquota ordinaria<br />

passerà al 23% e quella intermedia al 12%<br />

dal 1° ottobre al 31 dicembre 2012. Poi tutto<br />

dipenderà dalla grande «riforma fiscale».<br />

Intanto è bene prendere nota delle soluzioni,<br />

in merito alla decorrenza della nuova aliquota,<br />

che l’Agenzia delle entrate ha fornito,<br />

con la circolare n. 45/2011, per i casi particolari,<br />

tra cui il regime del margine.<br />

Riferimenti<br />

D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, n. 201, art.<br />

18<br />

D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 6<br />

Agenzia delle entrate, circolare 12<br />

ottobre 2011, n. 45/E<br />

1/2012<br />

in seria difficoltà i consumi interni, già raffreddati<br />

dal recente aumento dell’aliquota ordinaria scattato<br />

il 17 settembre 2011 per effetto del D.L. n.<br />

138/2011 (1).<br />

In questa prospettiva, è utile tenere in evidenza i<br />

chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate, in<br />

merito alle problematiche collegate alla variazione<br />

delle aliquote, con la circolare n. 45 del 12 ottobre<br />

2011.<br />

È opportuno, però, partire dalle disposizioni della<br />

«manovra Monti».<br />

L’IVA a salvaguardia dei conti pubblici<br />

L’art. 40, comma 1-ter, del D.L. 6 luglio 2011, n.<br />

98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111,<br />

prevedeva che «i regimi di esenzione, esclusione e<br />

favore fiscale di cui all’allegato C-bis sono ridotti<br />

del 5 per cento per l’anno 2012 e del 20 per cento<br />

a decorrere dall’anno 2013.<br />

Per i casi in cui la disposizione del primo periodo<br />

del presente comma non sia suscettibile di diretta<br />

ed immediata applicazione, con uno o più decreti<br />

del Ministro dell’economia e delle finanze…, sono<br />

stabilite le modalità tecniche per l’attuazione del<br />

presente comma con riferimento ai singoli regimi<br />

interessati. Al fine di garantire gli effetti finanziari<br />

di cui al comma 1-quater, in alternativa, anche<br />

parziale, alla riduzione di cui al primo periodo,<br />

può essere disposta, con decreto del Presidente del<br />

consiglio dei ministri, su proposta del Ministro<br />

dell’economia e delle finanze, la rimodulazione<br />

delle aliquote delle imposte indirette, inclusa l’accisa».<br />

La disposizione sopra riportata prefigurava i famosi<br />

«tagli lineari» di deduzioni, detrazioni, ecc., che<br />

Franco Ricca - Funzionario - Agenzia delle Entrate<br />

* L’articolo è svolto a titolo personale e non coinvolge la posizione dell’Amministrazione<br />

di appartenenza.<br />

Nota:<br />

(1) In Banca Dati Big Suite, IPSOA


sarebbero dovuti scattare, tendenzialmente in modo<br />

automatico (in realtà, di difficile attuazione<br />

pratica), ove non fosse andata in porto la riforma<br />

fiscale ai sensi del successivo comma 1-quater<br />

dello stesso articolo 40, il quale impone di adottare<br />

«entro il 30 settembre 2012 …provvedimenti legislativi<br />

in materia fiscale ed assistenziale aventi<br />

ad oggetto il riordino della spesa in materia sociale,<br />

nonché la eliminazione o riduzione dei regimi<br />

di esenzione, esclusione e favore fiscale che si sovrappongono<br />

alle prestazioni assistenziali, tali da<br />

determinare effetti positivi, ai fini dell’indebitamento<br />

netto, non inferiori a 4.000 milioni di euro<br />

per l’anno 2012, nonché a 16.000 milioni di euro<br />

per l’anno 2013 ed a 20.000 milioni di euro annui<br />

a decorrere dall’anno 2014».<br />

Nel quadro della «manovra Monti», l’art. 18 del<br />

D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (cd decreto salva<br />

Italia) ha riformulato la clausola di salvaguardia<br />

dei conti pubblici, sostituendo il predetto comma<br />

1-ter dell’art. 40, D.L. n. 98/2011 e modificando il<br />

comma 1-quater.<br />

Nella nuova versione, il comma 1-ter dispone che<br />

«a decorrere dal 1° ottobre 2012 fino al 31 dicembre<br />

2012 le aliquote IVA del 10 e del 21 per cento<br />

sono incrementate di 2 punti percentuali. A decorrere<br />

dal 1° gennaio 2013 continua ad applicarsi il<br />

predetto aumento. A decorrere dal 1° gennaio 2014<br />

le predette aliquote sono ulteriormente incrementate<br />

di 0,5 punti percentuali».<br />

Il testo modificato del comma 1-quater prevede<br />

invece che:<br />

«la disposizione di cui al comma 1-ter, secondo<br />

e terzo periodo, non si applica qualora entro il<br />

30 settembre 2012 siano entrati in vigore provvedimenti<br />

legislativi in materia fiscale ed assistenziale<br />

aventi ad oggetto il riordino della spesa<br />

in materia sociale, nonché la eliminazione o<br />

riduzione dei regimi di esenzione, esclusione e<br />

favore fiscale che si sovrappongono alle prestazioni<br />

assistenziali, tali da determinare effetti positivi,<br />

ai fini dell’indebitamento netto, non inferiori<br />

a 13.119 milioni di euro per l’anno 2013 ed<br />

a 16.400 milioni di euro annui a decorrere<br />

dall’anno 2014 (in corsivo le modifiche apportate).<br />

In buona sostanza, il D.L. n. 201/2011 ha riformulato<br />

la «clausola di salvaguardia» dei conti pubblici<br />

per l’eventualità in cui non sia attuata la riforma<br />

Aliquote<br />

fiscale, sostituendo ai problematici «tagli lineari»<br />

un automatismo molto più semplice, quale l’intervento<br />

sulle aliquote IVA.<br />

In base alle disposizioni dei commi 1-ter e 1-quater<br />

dell’art. 40 del D.L. n. 98/2011, come riformulate<br />

dal D.L. n. 201/2011, accadrà quindi che dal<br />

1° ottobre al 31 dicembre 2012 le aliquote del<br />

10% e del 21% aumenteranno al 12 e al 23%.<br />

Questa previsione, da un lato, garantirà subito un<br />

maggior gettito fiscale e, dall’altro, consentirà di<br />

verificare se, nel frattempo, siano entrati in vigore<br />

quei provvedimenti legislativi in materia fiscale e<br />

assistenziale atti a determinare gli introiti prestabiliti.<br />

Se questa verifica avrà esito positivo, dal 1° gennaio<br />

2013 le aliquote IVA torneranno alle misure<br />

preesistenti (in quanto il gettito sarà compensato<br />

dalla riforma); in caso contrario, gli aumenti entreranno<br />

a regime e saranno seguiti da un ulteriore<br />

rialzo di 0,5 punti con decorrenza dal 1° gennaio<br />

2014, che porterebbe così le aliquote in questione<br />

al 12,5% e al 23,5%.<br />

In merito alle suddette disposizioni, pur nella diversità<br />

della situazione attuale, caratterizzata dalla<br />

programmazione con largo anticipo degli aumenti,<br />

si deve osservare come non sia stato reiterato l’errore<br />

normativo commesso in occasione del recente<br />

aumento dell’aliquota al 21%. In tale occasione,<br />

con il comma 2-quater dell’art. 2 del D.L. n.<br />

138/2011, al probabile scopo di contenere gli effetti<br />

dell’aumento per gli enti pubblici, è stato stabilito<br />

che la variazione dell’aliquota non si applica<br />

alle operazioni effettuate nei confronti dello Stato<br />

e degli enti e istituti indicati nel quinto comma<br />

dell’art. 6 del D.P.R. n. 633/1972, per le quali alla<br />

data del 16 settembre 2011 «sia stata emessa e registrata<br />

la fattura ai sensi degli articoli 21, 23 e 24<br />

del predetto decreto, ancorché al medesimo giorno<br />

il corrispettivo non sia stato ancora pagato».<br />

Questa norma speciale - del tutto inutile, rispetto<br />

allo scopo sopra ipotizzato, alla luce delle regole<br />

in materia di effettuazione dell’operazione e di<br />

esigibilità dell’imposta - si è tradotta in una ingiustificata<br />

penalizzazione dei soggetti che verosimilmente<br />

intendeva favorire, avendo in pratica subordinato<br />

l’applicazione della «vecchia» aliquota del<br />

20%, oltre che alla (necessaria e sufficiente) condizione<br />

che l’operazione risultasse effettuata prima<br />

del 17 settembre 2011 (data di entrata in vigore<br />

1/2012<br />

9


Aliquote<br />

della legge n. 148/2011 di conversione del D.L. n.<br />

138/2011), all’ulteriore condizione dell’avvenuta<br />

emissione e registrazione della fattura anteriormente<br />

a tale data.<br />

Decorrenza della variazione dell’aliquota<br />

L’argomento della decorrenza della variazione dell’aliquota,<br />

in termini generali, è stato affrontato in<br />

un precedente articolo al quale si rinvia (2), ricordando<br />

solo che l’aliquota applicabile alle operazioni<br />

imponibili è quella in vigore nel momento in<br />

cui si verifica il «fatto generatore», ossia nel momento<br />

in cui l’operazione si considera effettuata.<br />

Il ritorno sul tema in questa sede è giustificato, come<br />

accennato in apertura, dall’opportunità di dare<br />

brevemente conto, per futura memoria, delle soluzioni<br />

individuate dall’Agenzia delle entrate in relazione<br />

ad alcune problematiche particolari che<br />

non possono trovare risposta diretta e immediata<br />

nella legge.<br />

Si tralasciano, invece, le indicazioni della circolare<br />

che non hanno valenza innovativa, in quanto<br />

confermative di soluzioni già fornite dalla prassi<br />

precedente (ad esempio commercio al dettaglio<br />

con ventilazione dei corrispettivi).<br />

Regime del margine<br />

Com’è noto, nel regime speciale IVA «del margine»,<br />

la base imponibile, in deroga alla regola generale<br />

del corrispettivo, è costituita dalla differenza<br />

tra i costi specifici e il ricavo dell’operazione,<br />

entrambi assunti al lordo dell’imposta.<br />

Se la determinazione del margine avviene in relazione<br />

alla singola operazione imponibile, come nel<br />

caso del metodo c.d. analitico applicabile al commercio<br />

di beni usati (art. 36, comma 1, D.L. 23<br />

febbraio 1995, n. 41), la variazione dell’aliquota<br />

non presenta alcun problema specifico.<br />

Il discorso cambia se invece la determinazione del<br />

margine avviene «per massa», con riferimento<br />

cioè non alla singola operazione, ma all’ammontare<br />

complessivo delle operazioni poste in essere in<br />

un determinato periodo (ad esempio mese o trimestre),<br />

come accade nel caso del metodo c.d. globale<br />

sul commercio di beni usati (art. 36, comma 6,<br />

citato D.L. n. 41/1995), nonché nel regime speciale<br />

per le agenzie di viaggio (art. 74-ter, D.P.R. n.<br />

633/1972): in tal caso, la variazione dell’aliquota<br />

che dovesse intervenire nel corso del periodo por-<br />

10<br />

1/2012<br />

rebbe un problema applicativo, essendo la base<br />

imponibile determinata cumulativamente per l’intero<br />

periodo, all’atto della liquidazione periodica.<br />

Occupandosi per la prima volta della questione in<br />

occasione dell’aumento dell’aliquota ordinaria dal<br />

20% al 21%, nella citata circolare n. 45/E/2011<br />

l’Agenzia ha indicato le seguenti soluzioni per la<br />

liquidazione dell’imposta relativa al periodo fiscale<br />

che comprende il giorno della variazione dell’aliquota<br />

(nel caso, il 17 settembre 2011):<br />

- le imprese che applicano il regime del margine<br />

globale sui beni usati, per il periodo di riferimento<br />

determinano l’imponibile da assoggettare<br />

all’aliquota del 20% e quello da assoggettare all’aliquota<br />

del 21% in base all’incidenza, rispetto<br />

all’ammontare complessivo delle operazioni effettuate<br />

nell’intero periodo, dell’importo delle<br />

operazioni effettuate prima del 16 settembre<br />

2011 e di quelle effettuate dopo tale data.<br />

Esempio<br />

Se nel mese di settembre sono state effettuate operazioni<br />

per complessivi 10.000 euro, di cui 6.000 dal giorno 1 al<br />

giorno 16, e 4.000 dal giorno 17 al giorno 30, il margine<br />

lordo complessivo liquidato per il mese (differenza fra<br />

corrispettivi e costi) sarà tassato per il 60% con l’aliquota<br />

del 20% e per il restante 40% per l’aliquota del 21%;<br />

- le agenzie di viaggio - le cui operazioni rientranti<br />

nel regime dell’art. 74-ter seguono un criterio<br />

speciale anche con riguardo al momento di<br />

effettuazione, che coincide con il pagamento integrale<br />

del corrispettivo o, se precedente, con<br />

l’inizio del viaggio - determinano la parte imponibile<br />

al 20% e la parte imponibile al 21% in<br />

base al rapporto tra i corrispettivi dei viaggi pagati<br />

interamente (o iniziati) entro il 16 settembre<br />

2011 e quelli pagati (e iniziati) successivamente.<br />

Note di credito per conguagli<br />

Le c.d. note di variazione di cui all’art. 26, D.P.R.<br />

n. 633/1972, sia in aumento che in diminuzione,<br />

seguono l’aliquota applicabile al momento dell’effettuazione<br />

dell’operazione alla quale si riferiscono.<br />

Nota:<br />

(2) Cfr. F. Ricca, «Alla fine, l’aumento dell’IVA è arrivato», in questa<br />

Rivista n. 10/2011, pag. 65.


Esempio<br />

Le note di variazione emesse a decorrere dal 17 settembre<br />

2011 in relazione ad operazioni effettuate prima di<br />

tale data, dovranno evidenziare l’imposta calcolata con<br />

l’aliquota del 20%.<br />

Questo principio vale anche per le note di variazione<br />

emesse a conguaglio, all’atto della definitiva<br />

determinazione dei corrispettivi dovuti sulle operazioni<br />

anticipatamente fatturate in base ai consumi<br />

presunti, secondo la procedura adottata in alcuni<br />

settori, quali la fornitura di acqua, gas, energia<br />

elettrica.<br />

Si ricorda, al riguardo, che le cessioni di beni a carattere<br />

continuativo o periodico, sulla base di contratti<br />

di somministrazione di cui all’art. 1559 c.c.,<br />

si considerano effettuate all’atto del pagamento<br />

del corrispettivo, salvo che sia stata emessa precedentemente<br />

fattura, giusta quanto disposto dall’art.<br />

6, secondo comma, lett. a) e quarto comma, D.P.R.<br />

n. 633/1972.<br />

Qualora si rendesse necessario, per le imprese dei<br />

settori in esame, emettere una nota di accredito per<br />

conguaglio riferibile a precedenti fatture assoggettate<br />

sia all’aliquota del 20% sia a quella del 21%,<br />

l’Agenzia, per ragioni di semplificazione, ha ritenuto<br />

che, ove non sia possibile determinare analiticamente<br />

i consumi fatturati all’una e all’altra aliquota,<br />

l’aliquota della nota di accredito dovrà essere<br />

determinata in base al periodo al quale si riferisce<br />

il conguaglio, applicando l’aliquota vigente<br />

nella maggior parte del periodo stesso.<br />

Esempio<br />

Se il conguaglio si riferisce al trimestre luglio-settembre<br />

2011, durante il quale è stata applicata prevalentemente<br />

l’aliquota del 20%, la nota di accredito riporterà tale aliquota,<br />

mentre se si riferisce al trimestre settembre-novembre,<br />

per la maggior parte del quale è stata applicata<br />

l’aliquota del 21%, la nota di accredito riporterà la nuova<br />

aliquota.<br />

Regolarizzazione di operazioni<br />

irregolarmente fatturate<br />

Con il comunicato stampa del 16 settembre 2011,<br />

l’Agenzia delle entrate aveva affermato che «qualora<br />

ragioni di ordine tecnico impediscano di adeguare<br />

in modo rapido i software per la fatturazione<br />

e i misuratori fiscali, gli operatori potranno regolarizzare<br />

le fatture eventualmente emesse e i corri-<br />

Aliquote<br />

spettivi annotati in modo non corretto effettuando<br />

la variazione in aumento (art. 26, primo comma,<br />

del DPR n. 633 del 1972).<br />

La regolarizzazione non comporterà alcuna sanzione<br />

se la maggiore imposta collegata all’aumento<br />

dell’aliquota verrà comunque versata nella liquidazione<br />

periodica in cui l’IVA è esigibile».<br />

Al riguardo, è necessario dare conto del diverso<br />

orientamento espresso nella circolare n. 45/E/2011,<br />

ove l’Agenzia, accogliendo le sollecitazioni degli<br />

operatori, ha stabilito termini più ampi per la regolarizzazione<br />

senza sanzioni delle infrazioni commesse<br />

in sede di prima applicazione, disponendo in<br />

particolare che:<br />

a) i contribuenti mensili possono effettuare la regolarizzazione<br />

entro il termine per il versamento<br />

dell’acconto IVA 2011 (27 dicembre 2011)<br />

per le fatture emesse entro il mese di novembre<br />

2011, ovvero entro il termine per il versamento<br />

a saldo del 2011 (16 marzo 2012) per le fatture<br />

emesse nel mese di dicembre 2011;<br />

b) i contribuenti trimestrali possono effettuare la<br />

regolarizzazione entro il 27 dicembre 2011 per<br />

le fatture emesse entro il mese di settembre, ovvero<br />

entro il 16 marzo 2012 per le fatture emesse<br />

nel quarto trimestre 2011.<br />

La circolare precisa che il versamento dell’imposta<br />

eventualmente dovuta in dipendenza della regolarizzazione<br />

dovrà essere effettuato con il codice<br />

tributo della liquidazione di riferimento (periodo<br />

in cui è stata effettuata l’operazione) e che dovranno<br />

essere corrisposti gli interessi, se dovuti<br />

per effetto del differimento dell’obbligo di versamento<br />

rispetto alla scadenza originaria.<br />

1/2012<br />

11


Detrazioni<br />

Profili IVA del prestito di personale<br />

di Giovanni Paudice<br />

La Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi<br />

del trattamento IVA delle somme erogate<br />

a fronte di prestiti o distacchi del personale<br />

e, ribaltando il precedente orientamento,<br />

ha stabilito il diritto alla detrazione<br />

IVA per l’azienda che riceve - da altra impresa<br />

- personale distaccato solo nel caso in<br />

cui questa rimborsi una somma superiore o<br />

inferiore rispetto alle retribuzioni e agli altri<br />

oneri previdenziali e contrattuali gravanti sul<br />

distaccante.<br />

Riferimenti<br />

Cassazione, sentenza 7 novembre 2011, n.<br />

23021<br />

D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art. 30<br />

D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 3<br />

La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con la<br />

sentenza 7 novembre 2011, n. 23021 (1), è tornata<br />

ad occuparsi del trattamento IVA delle somme erogate<br />

a fronte di prestiti o distacchi del personale.<br />

In particolare, la sentenza in rassegna ribalta il<br />

precedente orientamento fatto proprio dagli stessi<br />

giudici di legittimità (si veda, in particolare, la<br />

sent. 7 settembre 2010, n. 19129) e «riabilita» una<br />

risalente e consolidata elaborazione amministrativa<br />

e giurisprudenziale sul tema della disciplina<br />

dell’IVA relativa ai prestiti e distacchi di personale.<br />

Al fine di rendere più chiaro l’oggetto della questione<br />

e meglio contestualizzare l’argomento, giova<br />

in primo luogo premettere qualche breve cenno<br />

giuslavoristico con riguardo alla fattispecie in esame;<br />

pare quindi utile ripercorrere i profili IVA della<br />

fattispecie accennando altresì alle tesi interpretative<br />

dell’Amministrazione finanziaria e della<br />

giurisprudenza, chiamate in più occasioni a chiarire<br />

aspetti controversi.<br />

Così ricostruito lo «stato dell’arte», potrà essere<br />

12<br />

L’approfondimento<br />

1/2012<br />

meglio analizzata l’ultima pronuncia della Sezione<br />

tributaria della Cassazione in subiecta materia.<br />

Profili giuslavoristici<br />

Muovendo dall’analisi sul piano civilistico, occorre<br />

notare come quello che in ambito tributario viene<br />

qualificato «prestito di personale» o «messa a<br />

disposizione di personale» coincide con l’istituto<br />

giuridico del «distacco di personale».<br />

Propriamente, il distacco di personale - istituto oggetto<br />

di lunga elaborazione giurisprudenziale e in<br />

tempi abbastanza recenti di una specifica disciplina<br />

positiva (art. 30 del D.Lgs. 10 settembre 2003,<br />

n. 276 meglio nota come «Legge Biagi»), che ha<br />

sostanzialmente recepito i tratti caratteristici di derivazione<br />

giurisprudenziale - si configura quando<br />

un datore di lavoro, per proprio interesse, pone<br />

temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione<br />

di un altro soggetto per l’esecuzione di una<br />

determinata attività lavorativa; ciò senza che vi sia<br />

l’estinzione dell’originario rapporto di lavoro, né<br />

che si generi un nuovo rapporto con il soggetto<br />

utilizzatore della prestazione lavorativa (rimanendo<br />

pertanto il datore di lavoro distaccante responsabile<br />

del trattamento economico e normativo a favore<br />

del lavoratore).<br />

Sulla base di questa definizione e tenuto altresì<br />

conto della copiosa giurisprudenza della Corte di<br />

Cassazione, può ragionevolmente ritenersi sussistere<br />

l’ipotesi del distacco al ricorrere delle seguenti<br />

circostanze:<br />

• l’interesse del distaccante (2), reale, concreto e<br />

Giovanni Paudice - Avvocato<br />

Note:<br />

(1) In Banca Dati Big Suite, IPSOA.<br />

(2) A titolo di approfondimento, si noti come - secondo la giurisprudenza<br />

- l’interesse del distaccante non deve essere di lieve<br />

entità, ma apprezzabile ossia rilevante, concreto e persistente<br />

(Cass. 12 agosto 1992, n. 9517). La valutazione della sussistenza<br />

dell’interesse deve essere operata non in relazione allo scopo sociale<br />

della società datrice di lavoro astrattamente considerato,<br />

bensì al concreto espletamento dell’attività della stessa, potendo<br />

(segue)


durevole ad impiegare il<br />

proprio personale presso<br />

un altro soggetto (3);<br />

• la temporaneità del distacco,<br />

da intendere come non<br />

definitività, a prescindere<br />

dall’effettiva entità della<br />

durata del periodo di distacco<br />

(4);<br />

• il trasferimento del potere<br />

di direzione - e quindi, di<br />

riflesso, il sorgere di un<br />

potere gerarchico - sul distaccatario,<br />

passaggio in<br />

difetto del quale si scivolerebbe nella fattispecie<br />

vietata di intermediazione di mano d’opera (5).<br />

Note:<br />

(segue nota 2)<br />

venire escluso solo in caso di evidente ed insanabile contrasto<br />

con le finalità proprie dell’oggetto sociale o con le ragioni che<br />

hanno indotto la società ad assumere il dipendente (Cass. 13 giugno<br />

1995, n. 6657; Tribunale di Firenze 23/5/85). A ogni modo l’interesse<br />

del distaccante non può identificarsi con il semplice corrispettivo<br />

economico riconosciuto per la cessione temporanea<br />

del lavoratore, riconducendosi tale ipotesi alla somministrazione<br />

irregolare di mano d’opera (cfr. art. 27, comma 1, D.Lgs. n.<br />

276/2003; Circ. Min. lav. 24 giugno 2005, n. 28). Parimenti non è<br />

stata ritenuta legittima l’ipotesi di distacco in cui l’interesse del<br />

distaccante si risolveva in un qualsiasi interesse fattuale (Tribunale<br />

di Venezia 20/11/95: nel caso di specie la Società distaccante,<br />

con il distacco, intendeva gettare le basi di una futura attività e<br />

crearsi una clientela). Infine, l’assenza di alcuna forma di controllo<br />

sulla prestazione resa con carattere di stabilità ed esclusività al<br />

terzo distaccatario, viene considerata un indice di assenza di interesse<br />

da parte del lavoratore distaccante (Cass. 11 giugno 1986,<br />

n. 3876).<br />

(3) Sempre a titolo di approfondimento si osservi come particolare<br />

attenzione venga prestata in giurisprudenza alle fattispecie<br />

più diffuse di distacco di dipendenti tra imprese dello stesso<br />

gruppo. In queste ipotesi - che peraltro rappresentano i casi dove<br />

più frequentemente si verifica la fattispecie de qua - sussiste anche<br />

un interesse comune del gruppo al di là dell’interesse delle<br />

singole società: conseguentemente il datore che appartiene ad un<br />

gruppo di imprese può scegliere di distaccare dei dipendenti perché<br />

tale vicenda modificativa del rapporto di lavoro si presenta<br />

rilevante per la strategia complessiva del gruppo, pur non avvantaggiando<br />

esclusivamente l’imprenditore distaccante; a tale stregua<br />

l’interesse al distacco può anche non essere direttamente<br />

proporzionale - in termini strettamente economici - al vantaggio<br />

che l’impresa di provenienza ricava dalla stessa vicenda modificativa<br />

del rapporto di lavoro, ma valutato nel complesso della strategia<br />

del gruppo, esso continua a giustificare, rendendolo legittimo,<br />

il prestito del dipendente. In particolare la giurisprudenza -<br />

muovendo spesso dalla constatazione che il collegamento economico<br />

funzionale tra imprese di un medesimo gruppo non comporta<br />

il venir meno della autonomia delle singole società, alle<br />

DEFINIZIONI<br />

Distacco di personale<br />

Il distacco di personale ricorre quando<br />

un datore di lavoro, per proprio<br />

interesse, pone temporaneamente<br />

uno o più lavoratori a disposizione di<br />

un altro soggetto per l’esecuzione di<br />

una determinata attività lavorativa; ciò<br />

senza che vi sia l’estinzione<br />

dell’originario rapporto di lavoro, né<br />

che si generi un nuovo rapporto con il<br />

soggetto utilizzatore della prestazione<br />

lavorativa.<br />

Detrazioni<br />

quali distintamente continuano a far<br />

capo i rapporti di lavoro del personale<br />

dipendente - ha talora intravisto<br />

nel gruppo un elemento indiziario<br />

dell’esistenza di un interesse al distacco:<br />

il collegamento societario potrebbe<br />

rilevare sotto il profilo probatorio<br />

nel senso di consentire al giudice<br />

di trarne elementi indiziari circa<br />

l’esistenza in concreto di quell’interesse<br />

a disporre dell’attività lavorativa<br />

del dipendente (Cass. 12 novembre<br />

1984, n. 5708); ma bisogna comunque<br />

segnalare una certa corrente<br />

giurisprudenziale che ritiene che il<br />

semplice collegamento societario non<br />

sia sufficiente a legittimare il distacco<br />

e che tale collegamento non integri una presunzione della sussistenza<br />

dell’interesse al distacco (Cass. 26 maggio 1993, n. 5907 e<br />

Cass. 23 agosto 1996, n. 7762). L’interesse, riteniamo, seppure<br />

nella lata accezione di interesse collettivo, deve comunque sussistere<br />

ed emergere positivamente anche nelle ipotesi di distacco<br />

infra-gruppo, in quanto generalmente si esclude che una situazione<br />

di collegamento societario integri, isolatamente considerata,<br />

l’elemento costitutivo dell’interesse al distacco.<br />

(4) Il secondo elemento distintivo del distacco legittimo, nel panorama<br />

giurisprudenziale sull’argomento, è la temporaneità del<br />

distacco. Non occorre, a tale stregua, che il distacco abbia una<br />

durata predeterminata sin dall’inizio, né che essa sia necessariamente<br />

di una certa durata, ma solo che la durata del distacco<br />

coincida con quella dell’interesse del distaccante. La temporaneità<br />

deve essere quindi strettamente collegata all’elemento<br />

dell’interesse, sussistendo fintanto che persiste il primo elemento;<br />

la temporaneità del distacco non implica: (1) né una durata<br />

più o meno lunga del distacco - che anzi può coincidere anche<br />

con l’intera durata del rapporto di lavoro, essendo in particolare<br />

compatibile con tale fenomeno la circostanza che l’inizio del distacco<br />

coincida con l’assunzione del lavoratore; (2) né la predeterminazione<br />

della durata stessa del distacco, essendo sufficiente<br />

che questo duri per il tempo in cui persista, appunto, l’interesse<br />

predetto. Sul punto, peraltro, la circolare del Ministero del Lavoro<br />

e delle Politiche sociali n. 3/04 precisa che “il concetto di<br />

temporaneità coincide con quello di non definitività indipendentemente<br />

dall’entità della durata del distacco…”. Inoltre, il distacco<br />

può essere parziale, nel senso che la prestazione lavorativa<br />

può eseguirsi in parte a vantaggio del soggetto distaccante e in<br />

parte presso il distaccata rio (Nota Min. Lav. 11 aprile 2001, n. 5).<br />

(5) Da ultimo si osservi anche come sia dubbio in giurisprudenza<br />

se il consenso del lavoratore distaccato rappresenti un vero e<br />

proprio requisito del distacco (in senso positivo Cass. 6 giugno<br />

1990, n. 5406; la Cassazione ha mostrato di ritenere il consenso<br />

elemento costitutivo della fattispecie almeno nelle ipotesi in cui<br />

il lavoratore svolga mansioni particolarmente qualificate: così<br />

Cass. 26 maggio 1993, n. 5907) . Il consenso sembra tuttavia venire<br />

in rilievo maggiormente per ragioni di tutela sindacale del lavoratore<br />

che per ragioni definitorie dell’istituto; in certa giurisprudenza,<br />

infatti, la presenza del consenso del lavoratore consente<br />

di non sindacare in ordine alla legittimità dell’esercizio dei<br />

poteri direttivi del datore di lavoro (si vedano ad esempio Cass.<br />

4 aprile 1981, n. 1921 e Cass. 16 luglio 1983, n. 4918).<br />

1/2012<br />

13


Detrazioni<br />

Alla luce degli elementi costitutivi sopra delineati<br />

può ritenersi che il distacco costituisca una vicenda<br />

solo modificativa del rapporto di lavoro originario<br />

tra il distaccante ed il lavoratore distaccato e<br />

non novativa.<br />

Sotto il profilo della struttura giuridico-formale<br />

del contratto di lavoro esistente tra distaccante e<br />

distaccato:<br />

1) la permanenza dell’interesse per il distaccante, e<br />

fintanto che persiste, è sufficiente a lasciare<br />

inalterato il rapporto sinallagmatico (prestazione<br />

lavorativa in cambio di retribuzione) tra datore<br />

di lavoro distaccante e distaccato: conseguentemente<br />

il distaccato rimane organicamente<br />

inserito nella struttura imprenditoriale del distaccante;<br />

2) funzionalmente, invece, nell’ambito del proprio<br />

potere di organizzazione dei fattori produttivi, o<br />

comunque con il consenso del lavoratore, il soggetto<br />

distaccante rinuncia temporaneamente<br />

(perché ha un interesse a che ciò accada) alla<br />

prestazione di lavoro da parte del distaccato a<br />

favore del soggetto distaccatario; trattasi semplicemente<br />

di una sostituzione del soggetto nei<br />

cui confronti viene eseguita la prestazione di lavoro<br />

da parte del lavoratore distaccato (distaccatario<br />

anziché distaccante) (6).<br />

In collegamento con questa vicenda si pone il problema<br />

di ripartizione dei costi complessivamente<br />

sostenuti per il lavoratore distaccato, tra l’impresa<br />

distaccante e l’impresa distaccataria quando quest’ultima<br />

rimborsa alla società distaccante l’ammontare<br />

delle retribuzioni e degli oneri previdenziali<br />

e assistenziali dovuti al lavoratore, prevedendosi<br />

talvolta ed in aggiunta anche un corrispettivo<br />

per il prestito di personale (cd. mark-up) (7).<br />

Sul piano applicativo, peraltro frequentemente,<br />

l’impresa distaccante e l’impresa distaccataria pattuiscono<br />

dei rimborsi a forfait (un importo quindi<br />

diverso dal puro e semplice costo del lavoratore<br />

distaccato) soprattutto nei casi in cui oltre al prestito<br />

di personale - indistintamente - vengano resi<br />

altri servizi.<br />

Profili IVA<br />

Venendo ai profili IVA del prestito di personale,<br />

l’aspetto nodale riguarda proprio il trattamento<br />

delle somme corrisposte al datore dal soggetto utilizzatore.<br />

14<br />

1/2012<br />

A tal proposito occorre muovere dalle diverse ipotesi<br />

che possono in concreto verificarsi soprattutto<br />

all’interno di gruppi di imprese dove è consuetudine<br />

inviare alcuni lavoratori dipendenti da una società<br />

all’altra, per periodi di tempo più o meno<br />

estesi, consentendo così di soddisfare le esigenze<br />

operative delle imprese interessate. Si tratta, peraltro,<br />

di un fenomeno alquanto diffuso anche in ambito<br />

internazionale.<br />

In linea generale, tali prestazioni riconducibili alla<br />

figura del «prestito di personale» sarebbero quindi<br />

da assoggettare ad IVA, ai sensi dell’art. 3 del<br />

D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, senza che rilevi la<br />

circostanza che il relativo corrispettivo corrisponda<br />

esattamente al rimborso del costo.<br />

Ciò posto, provando a schematizzare, con particolare<br />

riferimento alla situazione di un’impresa con<br />

sede in Italia può aversi:<br />

Note:<br />

(6) La circostanza che vi sia un mutamento del luogo di svolgimento<br />

dell’attività lavorativa per il dipendente distaccato, non implica invece<br />

un’alterazione della struttura giuridico formale del contratto di lavoro.<br />

A tal proposito si osservi altresì come il fatto che il prestito di personale<br />

non sia accompagnato dal mutamento del luogo di svolgimento<br />

dell’attività lavorativa del dipendente interessato può non essere dirimente<br />

per escludere la fattispecie del distacco a condizione che la gestione<br />

operativa del rapporto di lavoro sia effettivamente ad appannaggio<br />

della società distaccataria. In tal senso, si è recentemente espresso il<br />

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (Interpello 02/02/2011, n.<br />

1) che ha osservato come la dislocazione del lavoratore presso la sede<br />

dell’impresa distaccataria, pur rappresentando l’ipotesi “statisticamente”<br />

più ricorrente, non può costituire un elemento indispensabile al<br />

corretto utilizzo dell’istituto. Per il Ministero “il luogo di lavoro del lavoratore<br />

distaccato costituisce mera modalità di svolgimento della prestazione<br />

lavorativa e dunque come tale non sembra assumere particolare<br />

rilievo - potendosi individuare addirittura nella stessa sede del datore<br />

di lavoro distaccante - nel momento in cui sia già accertata la sussistenza<br />

dei requisiti indicati e, primo fra tutti, l’interesse del datore di<br />

lavoro”. Si ritiene che la prestazione del lavoratore presso una sede di<br />

lavoro diversa da quella del distaccatario sia un elemento di fatto della<br />

prestazione che potrà eventualmente essere valutato, unitamente agli<br />

altri, per verificare l’effettiva sussistenza dei requisiti di legittimità e l’assenza<br />

di condotte elusive della normativa in esame.<br />

(7) Nella già citata circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche<br />

sociali n. 3/04 si ritiene che l’importo del rimborso erogato dal distaccatario<br />

non possa eccedere quanto effettivamente corrisposto dal datore<br />

di lavoro distaccante, argomentando che la presenza di un markup<br />

svilirebbe il requisito dell’interesse (produttivo) del distaccante. Si<br />

legge testualmente che “mentre il somministratore realizza il solo interesse<br />

produttivo della somministrazione a fini di lucro,il distaccante<br />

soddisfa un interesse produttivo diversamente qualificato, come l’interesse<br />

al buon andamento della società controllata o partecipata”. Si<br />

tratta tuttavia di un’interpretazione isolata e poco convincente, posto<br />

che la presenza di un mark-up non può valere di per sé ad escludere<br />

l’interesse del distaccante e la configurabilità del distacco


1) dipendenti originariamente<br />

assunti dalla impresa italiana<br />

e poi dislocati presso<br />

consociate estere (per comodità<br />

di esposizione, d’ora<br />

in avanti, ipotesi estera);<br />

2) viceversa, dipendenti provenienti<br />

dalle consociate<br />

estere che prestano lavoro<br />

presso l’impresa italiana<br />

(per comodità di esposizione,<br />

d’ora in avanti, ipotesi<br />

domestica);<br />

3) esistono poi alcune ipotesi<br />

in cui dipendenti dell’impresa<br />

italiana vengono distaccati<br />

presso altre società<br />

italiane (per comodità di<br />

esposizione, d’ora in avanti, ipotesi italiana).<br />

Per quanto riguarda l’ipotesi estera, l’impresa italiana<br />

non dovrà assoggettare ad IVA la prestazione<br />

di servizio di prestito di personale, per carenza del<br />

presupposto di territorialità: infatti, ai sensi dell’art.<br />

7-ter del D.P.R. n. 633/1972, le prestazioni di<br />

prestito di personale si considerano effettuate nel<br />

territorio dello Stato quando sono rese a soggetti<br />

passivi stabiliti nel territorio dello Stato (8).<br />

Invece, nel caso di ipotesi domestica così come in<br />

tutti i casi di ipotesi italiana, si riespande il principio<br />

generale di territorialità in base al quale detta<br />

operazione è considerata effettuata nel territorio<br />

dello Stato in ragione del luogo di stabilimento del<br />

committente nel territorio dello Stato (9).<br />

Tuttavia, in questi casi specifici di rilevanza territoriale<br />

delle operazioni de quibus occorre considerare<br />

la norma di cui all’art. 8, comma 35, della<br />

legge n. 67 del 1988 sul cui ambito applicativo<br />

hanno sentenziato da ultimo i giudici della Corte<br />

di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza qui<br />

rassegna chiarendone - auspicabilmente in via definitiva<br />

- la portata.<br />

Le ipotesi di (ir)rilevanza IVA delle prestazioni di<br />

prestito di personale<br />

L’art. 8, comma 35, della legge n. 67 del 1988 stabilisce<br />

che «non sono da intendere rilevanti agli<br />

effetti IVA i prestiti o distacchi di personale a<br />

fronte dei quali è versato il solo rimborso del relativo<br />

costo».<br />

SOLUZIONI OPERATIVE<br />

Prestito di personale ad impresa<br />

consociate estera<br />

Nel caso di dipendenti originariamente<br />

assunti dalla impresa italiana e poi<br />

dislocati presso consociate estere<br />

(ipotesi estera), l’impresa italiana<br />

non dovrà assoggettare ad IVA la<br />

prestazione di servizio di prestito di<br />

personale, per carenza del<br />

presupposto di territorialità: infatti, ai<br />

sensi dell’art. 7-ter del D.P.R. n.<br />

633/1972, le prestazioni di prestito di<br />

personale si considerano effettuate nel<br />

territorio dello Stato quando sono rese<br />

a soggetti passivi stabiliti nel territorio<br />

dello Stato.<br />

Detrazioni<br />

Tale disposizione viene dunque<br />

a disporre l’irrilevanza<br />

impositiva in ragione di una<br />

circostanza ben precisa ossia<br />

quando viene rimborsato all’impresa<br />

distaccante il solo<br />

costo del personale prestato<br />

(retribuzione, oneri previdenziali<br />

e contrattuali).<br />

Sul piano ricostruttivo, occorre<br />

altresì ricordare che già<br />

precedentemente all’intervento<br />

legislativo in parola,<br />

l’Agenzia delle entrate aveva<br />

costantemente affermato che<br />

dovessero considerarsi esclusi<br />

dall’applicazione dell’imposta,<br />

per difetto del presupposto<br />

oggettivo, i prestiti di personale a fronte dei<br />

quali venisse rimborsato soltanto il costo (retribuzione,<br />

oneri previdenziali ed assistenziali); qualora,<br />

invece, fossero corrisposte somme aggiuntive,<br />

l’intero corrispettivo, inclusa la quota di oneri rimborsati,<br />

doveva ritenersi soggetto al tributo (10).<br />

L’interevento legislativo elevava dunque al rango<br />

di norma giuridica la precedente interpretazione<br />

ministeriale (11).<br />

Successivamente, l’elaborazione amministrativa<br />

aveva ulteriormente contribuito a definire la porta-<br />

Note:<br />

(8) Aggiungasi che ai sensi dell’art. 7-septies del D.P.R. n. 633/1972,<br />

comma 1, lett. e), la messa a disposizione del personale non si<br />

considera effettuata nel territorio dello Stato quando viene resa<br />

a committenti non soggetti passivi domiciliati e residenti fuori<br />

della UE.<br />

(9) Va da sé che nell’ipotesi domestica gli eventuali oneri di regolarizzazione<br />

della suddetta operazione gravano sull’impresa italiana<br />

committente mediante il meccanismo del reverse charge.<br />

(10) Cfr. R.M. del 20 marzo 1981 n. 411847; R.M. del 6 febbraio<br />

1974 n. 505366; R.M. del 5 luglio 1973 n. 502712. Ciò nella considerazione<br />

che, essendo le somme rimborsate dall’impresa utilizzatrice<br />

delle prestazioni lavorative rese dai dipendenti «distaccatti»<br />

esattamente uguali alla retribuzione spettante ai medesimi dipendenti<br />

nonché ai relativi oneri previdenziali ed assistenziali, le<br />

stesse sono da ritenersi erogate non già a titolo di corrispettivo<br />

per prestazioni di servizi bensì di puro e semplice rimborso di<br />

spese di lavoro subordinato ed in quanto tali non soggette al tributo.<br />

(11) Soltanto con la risoluzione 31 ottobre 1986, l’Amministrazione<br />

Finanziaria aveva fatto registrare un revirement, sostenendo<br />

l’imponibilità IVA dei distacchi anche quando il relativo corrispettivo<br />

fosse esattamente pari al costo del personale.<br />

1/2012<br />

15


Detrazioni<br />

ta applicativa della nuova disposizione<br />

(di esclusione dall’assoggettabilità<br />

all’IVA),<br />

precisando che:<br />

• non può parlarsi di «messa<br />

a disposizione del personale»,<br />

in assenza dell’effettivo<br />

trasferimento (temporaneo)<br />

dal distaccante al distaccatario<br />

delle prerogative<br />

tipiche del rapporto di<br />

lavoro subordinato, secondo<br />

cui il personale opera<br />

sotto le direttive e in posizione<br />

di effettiva subordinazione,<br />

gerarchica e disciplinare,<br />

della società che<br />

fruisce del prestito (12);<br />

• qualora il prestito di personale<br />

sia strettamente legato alla fornitura di risorse<br />

materiali ed immateriali (ad esempio macchinari<br />

e software), si è di fronte ad una prestazione<br />

complessa da considerare unitariamente e<br />

non in forma disgiunta; di talché l’intero corrispettivo<br />

va assoggettato ad IVA ai sensi dell’art.<br />

3, comma 1, del D.P.R. n. 633 del 1972 e non<br />

trova applicazione l’art. 8 della legge n. 67 del<br />

1988 (13);<br />

• è necessario che venga rimborsato esclusivamente<br />

il costo del personale prestato (retribuzione,<br />

oneri previdenziali e contrattuali). Invece,<br />

qualora le somme rimborsate fossero superiori<br />

o anche inferiori al costo, l’intero importo<br />

della prestazione è imponibile ai fini IVA; ciò<br />

considerato che il corrispettivo va inteso in maniera<br />

unitaria (14).<br />

Su posizioni analoghe si esprimeva altresì la giurisprudenza,<br />

ribadendo che il distacco o prestito di<br />

personale non costituisce operazione imponibile,<br />

purché l’impresa beneficiaria corrisponda il solo<br />

costo di tale utilizzazione, e cioè la retribuzione,<br />

gli oneri fiscali e previdenziali (15); o ancora,<br />

chiarendo che l’applicazione della norma di esclusione<br />

dall’imposta non deve ritenersi pregiudicata<br />

nell’ipotesi in cui l’impresa distaccante abbia addebitato<br />

all’impresa distaccataria una lieve maggiorazione,<br />

nell’ordine del 5% del costo a fronte di<br />

oneri indiretti, quali aumenti di contingenza, rivalutazioni<br />

delle indennità di fine rapporto (16).<br />

16<br />

1/2012<br />

IL PARERE DELLA CASSAZIONE<br />

Sentenza n. 23021/2011<br />

Con la sentenza n. 23021 del 2011 i<br />

giudici di legittimità hanno ristabilito la<br />

corretta esegesi dell’art. 8, comma 35,<br />

della legge n. 67/1988 coerentemente<br />

con l’interpretazione datane nel tempo<br />

da prassi e giurisprudenza.<br />

Si tratta di un «revirement»<br />

sicuramente atteso viste le incertezze<br />

che aveva destato tra gli operatori la<br />

precendente pronunzia n. 19129 del<br />

2010. Il dato normativo è molto chiaro.<br />

Esso, in modo inequivoco, esclude<br />

dall’ambito dell’IVA il prestito di<br />

personale per il quale «è versato<br />

(corrisposto o rimborsato) solo<br />

(soltanto, unicamente) il relativo costo».<br />

La sentenza n. 19129<br />

del 2010<br />

In questo scenario di riferimento,<br />

dove il trattamento<br />

IVA del prestito di personale<br />

appariva alquanto delineato,<br />

interveniva però la sentenza<br />

della Corte di Cassazione n.<br />

19129 dell’1 giugno 2010 il<br />

cui esito era quello di<br />

(ri)mettere in discussione<br />

principi e convincimenti che<br />

erano ormai dati per consolidati<br />

(17).<br />

I giudici di legittimità nella<br />

suddetta sentenza muovevano<br />

il loro ragionamento dalla<br />

seguente considerazione: dal<br />

momento che, nei limiti del<br />

costo del personale, il distaccante non effettua alcuna<br />

prestazione di servizi nei confronti del distaccatario,<br />

proprio per via dell’esclusione dall’imposta<br />

recata dall’art. 8, comma 35, della legge<br />

n. 67/1988, entro questi limiti «non si applica l’I-<br />

VA e non esiste, dunque, alcuna imposta che possa<br />

essere detratta».<br />

Da qui la conclusione: poiché il regime<br />

dell’«esenzione» dall’IVA, fissato nella norma appena<br />

individuata, riguarda solo il costo del personale,<br />

che è sostenuto dal distaccante e che il distaccatario<br />

si limita a rimborsare, se quest’ultimo<br />

trasferisce al primo una somma maggiore, «questa<br />

non è più esente da IVA in quanto si giustifica solo<br />

per la sua corrispondenza all’acquisto di un bene o<br />

all’acquisizione di un servizio», per cui «la relativa<br />

IVA è conseguentemente detraibile». (18)<br />

Note:<br />

(12) Risoluzione n. 262/E del 2 agosto 2002.<br />

(13) Risoluzione n. 346/E 5 novembre 2002.<br />

(14) Risoluzione n. 346/E 5 novembre 2002.<br />

(15) Cass. 6 marzo 1996, n. 1788.<br />

(16) CTC n. 13 del 4 gennaio 1996.<br />

(17) Per commenti alla suddetta sentenza si rinvia a Mantovani Santacroce,<br />

“Nei prestiti di personale il rimborso del costo del lavoro è sempre<br />

escluso da iva?” in Corriere Tributario n. 43 del 2010, pag. 3566; Ricca,<br />

“Prestito o distacco di personale: l’iva solo sull’extra costo” in L’Iva” n. 11 del<br />

2010; Tortorelli, “Il prestito di personale e l’IVA” in Bollettino Tributario di<br />

informazione n. 9 del 2011, pag. 674.<br />

(18) Giova ricordare che la fattispecie decisa dalla Suprema Corte<br />

era caratterizzata da un riaddebito al distaccattario di costi<br />

(segue)


In buona sostanza, solo la somma eccedente il<br />

rimborso del personale è soggetta ad IVA detraibile.<br />

Seguendo questa impostazione, parimenti non usufruirebbe<br />

di alcuna prestazione da parte del soggetto<br />

distaccante il beneficiario utilizzatore del distacco<br />

che rimborsasse al fornitore una somma inferiore<br />

al costo del personale; di talché anche in<br />

tale circostanza si continuerebbe a versare nel<br />

campo dell’irrilevanza ai fini dell’IVA.<br />

I giudici di legittimità fornivano dunque una «innovativa»<br />

interpretazione dell’art. 8, comma 35,<br />

della legge n. 67/1988; in buona sostanza, con tale<br />

disposizione veniva stabilita una sorta di «franchigia»,<br />

in base alla quale sarebbe possibile escludere<br />

dal campo di applicazione dell’IVA la somma corrisposta<br />

dal soggetto utilizzatore fino a concorrenza<br />

del costo del lavoro, ferma restando l’imponibilità<br />

dell’eventuale eccedenza (19).<br />

La sentenza n. 23021 del 7 novembre 2011<br />

Con la sentenza del 7 novembre 2011 n. 23021, i<br />

giudici di legittimità sovvertono l’orientamento<br />

precedente.<br />

Secondo tale pronunzia, la norma di cui all’art. 8,<br />

comma 35, della legge n. 67/1988 introduce un’eccezione<br />

al regime ordinario dell’IVA, prevedendo<br />

che il distacco del personale, pur integrando in<br />

astratto una prestazione di servizi soggetta ad IVA,<br />

non può essere considerato tale «nel caso in cui il<br />

beneficiario rimborsi al concedente il solo costo<br />

del personale utilizzato. Tale rimborso deve essere,<br />

però, esattamente uguale alle retribuzioni ed<br />

agli altri oneri perché ciò che occorre ai fini della<br />

irrilevanza è, come riconosciuto dalla dottrina e<br />

dall’Amministrazione finanziaria, che si tratti di<br />

un’operazione sostanzialmente neutra, ovverosia<br />

di una vicenda che non comporti un guadagno per<br />

il distaccante, ma nemmeno un risparmio per il distaccatario,<br />

visto che, in caso contrario, non vi sarebbe<br />

ragione di riservarle un trattamento diverso<br />

dal normale».<br />

In altre parole, laddove non vi sia identità tra costo<br />

del lavoro e importo del corrispettivo pagato dall’impresa<br />

distaccataria (perché superiore al mero<br />

costo del lavoro, ma anche se inferiore a tale costo),<br />

l’operazione si configura quale prestazione di<br />

servizi rilevante ai fini IVA per l’intero importo.<br />

A tale proposito, viene richiamata proprio la pre-<br />

Detrazioni<br />

cedente sent. n. 19129/2010 considerata “non convincente”<br />

sia per quanto riguarda l’ipotesi della<br />

non rilevanza ai fini IVA del rimborso inferiore al<br />

costo del personale sostenuto, sia con riferimento<br />

all’ipotesi di rimborso superiore al costo sostenuto.<br />

E proprio in tale ultima ipotesi, si legge nella sentenza<br />

in commento, si «giunge addirittura a scomporre<br />

artificiosamente la controprestazione del distaccatario,<br />

attribuendole due diverse funzioni e<br />

nature malgrado l’indubbia unitarietà economica e<br />

funzionale del servizio. Certamente, nulla avrebbe<br />

impedito al legislatore del 1988 d’introdurre una<br />

sorta di franchigia, prevedendo in ogni caso l’inapplicabilità<br />

dell’imposta per le somme corrispondenti<br />

ai costi. Simile possibilità non è stata<br />

però presa in considerazione dal legislatore ….».<br />

La conclusione di assoggettare a imposta l’intero<br />

corrispettivo attribuito al distaccante, nell’ipotesi<br />

in cui lo stesso sia differente al mero ristoro del<br />

costo del lavoro, è confermata dall’introduzione<br />

successiva della citata disciplina dei contratti di<br />

lavoro temporaneo (c.d. lavoro interinale), ad opera<br />

della legge n. 196/1997. Secondo quanto stabilito<br />

dal già citato art. 26-bis della predetta legge, sono<br />

esclusi dalla base imponibile IVA i rimborsi degli<br />

oneri retributivi e previdenziali che il soggetto<br />

utilizzatore deve rifondere alla società di lavoro<br />

temporaneo.<br />

Secondo i giudici di legittimità, «il legislatore ha<br />

da un lato smentito l’ipotesi della identità fra il<br />

trattamento IVA dei distacchi di personale e quello<br />

dei contratti di somministrazione di lavoro e,<br />

dall’altro, chiarito che la diversa regola per questi<br />

valevole non era più fondata sull’irrilevanza dell’operazione,<br />

ma sulla esenzione sempre e comun-<br />

Note:<br />

(segue nota 18)<br />

“per un importo determinato a priori e in modo forfetario e<br />

quindi completamente diverso dal loro reale costo retributivo e<br />

contributivo il cui ammontare viene invece specificato nei cedoli<br />

stipendiali dei dipendenti”.<br />

(19) Decisione che implicava in pratica l’individuazione analitica<br />

del costo del dipendente distaccato (retribuzione ed oneri previdenziali)<br />

senza poter ricorrere a criteri forfettari di quantificazione.<br />

In pratica il regime IVA del distacco risultava così il medesimo<br />

di quello applicabile alle prestazioni di fornitura di lavoro interinale<br />

che sono soggette ad IVA solo per la quota parte di corrispettivo<br />

eccedente il costo del personale dipendente (art. 26bis<br />

della L. 24 giugno 1997, n. 196).<br />

1/2012<br />

17


Detrazioni<br />

que dei rimborsi che, pertanto, non dovevano<br />

scontare l’imposta nemmeno nel caso in cui il corrispettivo<br />

globale avesse superato l’ammontare dei<br />

costi dei lavoratori».<br />

In altre parole, secondo quanto si legge nella sentenza<br />

in commento, per la Cassazione, laddove il<br />

legislatore ha voluto escludere l’imponibilità del<br />

rimborso del costo del lavoro lo ha fatto espressamente,<br />

e ciò costituisce conferma dell’impossibilità<br />

di leggere allo stesso modo l’art. 8, comma 35,<br />

della legge n. 67/1988, in materia di distacco del<br />

personale.<br />

Osservazioni conclusive<br />

Con la sentenza n. 23021 del 2011 i giudici di legittimità<br />

ristabiliscono la corretta esegesi dell’art.<br />

8, comma 35, della legge n. 67/1988 coerentemente<br />

con l’interpretazione - in precedenza illustrata -<br />

datane nel tempo da prassi e giurisprudenza.<br />

Trattasi di un revirement sicuramente atteso viste<br />

le incertezze che aveva destato tra gli operatori la<br />

precendente pronunzia n. 19129 del 2010.<br />

Già sotto il profilo letterale la normativa in esame<br />

non genera particolari dubbi interpretativi...<br />

Essa, in modo inequivoco, esclude dall’ambito<br />

dell’IVA il prestito di personale per il quale «è<br />

versato solo (cioè soltanto, unicamente) il relativo<br />

costo».<br />

In forza della norma in parola sono dunque escluse<br />

dalla sfera applicativa dell’IVA quelle fattispecie -<br />

pur astrattamente configurabili quali prestazioni di<br />

servizi rilevanti ai fini del tributo de quo - in cui a<br />

fronte della messa a disposizione del personale del<br />

distaccante, sia corrisposto (da parte dell’utilizzatore<br />

dell’attività lavorativa), soltanto il rimborso<br />

del mero costo sostenuto dal distaccante. Non vi è<br />

quindi supporto normativo per l’interpretazione<br />

indicata dalla precedente sentenza n. 19129 del<br />

2010 secondo cui il costo del personale «in ogni<br />

caso» sarebbe fuori dal campo di applicazione dell’IVA<br />

(anche se il rimborso è maggiore o minore<br />

rispetto al costo). Propriamente la Corte di Cassazione<br />

ha quindi rivisto la sua precedente impostazione.<br />

Tale interpretazione è peraltro coerente non soltanto<br />

sotto il profilo letterale, ma anche da un punto<br />

di vista logico-sistematico, considerata la dinamica<br />

applicativa dell’IVA.<br />

A tal riguardo occorre, difatti, osservare che nel si-<br />

18<br />

1/2012<br />

stema dell’IVA tutti i rimborsi di spese, tranne<br />

quelle sostenute in nome e per conto del soggetto<br />

che le rimborsa (art. 15, n. 3, del D.P.R. n.<br />

633/1972), sono rilevanti ai fini del tributo de quo.<br />

Ne consegue pertanto che - in mancanza della norma<br />

speciale di cui si tratta - le somme (quale che<br />

fosse l’importo previsto e cioè maggiore, minore o<br />

pari al costo) rimborsate al distaccante, (il quale<br />

naturalmente non ha assunto il personale in nome<br />

e per conto dell’utilizzatore), dovrebbero essere<br />

assoggettate ad IVA quali prestazioni di servizi. La<br />

norma speciale pertanto, visto la sua portata derogatoria<br />

rispetto ai principi applicativi dell’IVA va<br />

interpretata restrittivamente. Di talché, l’esclusione<br />

dall’ambito dell’IVA è configurabile unicamente<br />

nell’ipotesi in cui a fronte dei distacchi di personale<br />

l’utilizzatore paga soltanto il rimborso del relativo<br />

costo.<br />

Con chiara evidenza, il legislatore (visto che il costo<br />

del lavoro dipendente non è soggetto ad IVA in<br />

capo al datore di lavoro), attraverso la suddetta<br />

norma speciale, ha inteso escludere dall’ambito di<br />

applicazione dell’IVA i rimborsi nelle (sole) ipotesi<br />

in cui essi rappresentino una semplice rifusione<br />

del costo sostenuto dal distaccante: e diventando<br />

così una sorta di rimborso spese, ex 15, n. 3, del<br />

D.P.R. n. 633/1972, effettuato in nome e per conto<br />

del beneficiario, vale a dire il soggetto distaccatario<br />

nel caso di specie).<br />

Quando ci si discosta da questo parametro, anche<br />

se in difetto (con un rimborso inferiore al costo),<br />

si manifesta una fattispecie che non è il distacco<br />

formalizzato nell’art. 8, comma 35, della legge n.<br />

67/1988, bensì una prestazione d’altra natura, comunque<br />

da ricondurre al genus dei servizi (in base<br />

all’art. 3 del D.P.R. n. 633/1972), da assoggettare<br />

all’IVA in via ordinaria (esempio per tutti i compensi<br />

a forfait).


Dal 1° gennaio 2011 è entrata in vigore la nuova<br />

versione degli Incoterms, raccolta delle norme e degli<br />

usi del commercio che la Camera di Commercio<br />

Internazionale rivisita con cadenza decennale.<br />

Delle 13 clausole Incoterms 2000 ne sono rimaste<br />

11 a seguito della soppressione di 4 termini DDU,<br />

DEQ, DES, DAF e l’inserimento di 2 nuove clausole<br />

DAT (Delivered At Terminal) molto utilizzata<br />

per la merce nei containers e DAP (Delivered At<br />

Place) (cfr. Tavola n. 1).<br />

Le clausole Incoterms sono state pubblicate per la<br />

prima volta nel 1936 dalla International Chamber<br />

of Commerce con sede a Parigi.<br />

Operazioni<br />

con l’estero<br />

Per stabilire il luogo di consegna<br />

occorre fare riferimento al contratto<br />

e agli «Incoterms»<br />

di Michele Russotto<br />

L’adempimento<br />

La Corte di Giustizia ha fissato un importante<br />

principio in materia di compravendita<br />

intracomunitaria al quale il giudice nazionale,<br />

chiamato a pronunciarsi, deve uniformarsi<br />

per determinare il luogo di consegna.<br />

In particolare, il giudice adito deve tenere<br />

conto di tutti i termini e di tutte le clausole<br />

rilevanti del contratto che siano idonei a<br />

identificare con chiarezza il luogo della consegna,<br />

ivi compresi i termini e le clausole<br />

generalmente riconosciuti e sanciti dagli usi<br />

del commercio internazionale, quali gli «Incoterms».<br />

Riferimenti<br />

Corte di Giustizia UE, sentenza 9 giugno<br />

2011, causa C-87/10<br />

Corte di Giustizia UE, sentenza 25<br />

febbraio 2010, causa C-381/08<br />

Regolamento (CE) del Consiglio 22<br />

dicembre 2000, n. 44/2001<br />

TAVOLA N. 1<br />

Termini per qualsiasi<br />

modalità di trasporto<br />

EXW (Ex Works)<br />

FCA (Free Carrier)<br />

CPT (Carriage Paid To)<br />

CIP (Carriage and Insurance<br />

Paid To)<br />

DAT (Delivered At Terminal)<br />

DAP (Delivered At Place)<br />

DDP (Delivered Duty Paid)<br />

La loro funzione non riguarda la disciplina della<br />

compravendita (passaggio di proprietà, condizioni<br />

di pagamento, foro competente, ecc.), ma soltanto<br />

la fornitura e il trasporto dei beni.<br />

Esse disciplinano, altresì, quali costi di trasporto<br />

sono a carico dei rispettivi contraenti e chi sopporta<br />

il rischio nei casi di perdita o danneggiamenti<br />

della merce. Le Incoterms non hanno forza di legge,<br />

ma hanno validità quando vengono concordate<br />

tra acquirente e venditore.<br />

Gli accordi tra le parti, infatti, prevalgono su queste<br />

clausole.<br />

Le Incoterms sono riconosciute dalla Commissione<br />

UNO per il diritto commerciale internazionale<br />

Regolamento comunitario 44/2001<br />

Dal 1° marzo 2002, con l’entrata in vigore del Regolamento<br />

CE n. 44/2001 da un lato si è stabilito<br />

quale foro di competenza generale quello del domicilio<br />

del convenuto dall’altro è stato previsto, in<br />

materia di compravendita di beni, anche un foro<br />

speciale alternativo. L’art. 5 del Regolamento CE<br />

n. 44/2001 al punto 1, n. 1), lett. a) dispone, infatti,<br />

che la persona domiciliata nel territorio di uno<br />

Stato membro può essere convenuta in un altro<br />

Michele Russotto - Esperto fiscale<br />

Termini per il trasporto<br />

marittimo<br />

FAS (Free Alongside ship)<br />

FOB (Free On Board)<br />

CRF (Cost and Freight)<br />

CIF (Cost Insurance and<br />

Freight)<br />

1/2012<br />

19


Operazioni<br />

con l’estero<br />

Stato membro davanti al giudice del luogo in cui<br />

l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve<br />

essere eseguita; e aggiunge alla lett. b) che, nel caso<br />

della compravendita di beni, salvo diversa convenzione,<br />

il luogo di esecuzione dell’obbligazione,<br />

dedotta in giudizio, coincide con quello, situato in<br />

uno Stato membro, in cui i beni sono stati o avrebbero<br />

dovuto essere consegnati in base al contratto.<br />

In sostanza, secondo il Regolamento citato, in materia<br />

di compravendita di beni, il criterio determinante per<br />

stabilire qual è il Giudice competente a dirimere le<br />

controversie tra le parti di un contratto di compravendita<br />

internazionale è costituito dal luogo di consegna. Rimane<br />

da stabilire quali siano i requisiti della clausola<br />

che individua il luogo di consegna e cosa accada nell’eventualità<br />

in cui il contratto non ne contenga alcuna.<br />

In proposito, nell’ipotesi di assenza di una pattuizione<br />

contrattuale circa il luogo di consegna dei<br />

beni, la Corte di Giustizia UE, con la sentenza 25<br />

febbraio 2010 Car Trim GmbH c. Key Safety System Srl<br />

- causa C-381/08, aveva stabilito che ogniqualvolta<br />

non fosse stato possibile determinare il luogo di<br />

consegna in base alle pattuizioni contrattuali, tale<br />

luogo avrebbe dovuto intendersi quello della consegna<br />

materiale dei beni all’acquirente, e dunque il<br />

luogo di destinazione finale dell’operazione di vendita.<br />

In particolare, per il giudice comunitario la<br />

consegna del bene è l’obbligazione caratteristica<br />

dei contratti di compravendita e, pertanto, il luogo<br />

di consegna del bene deve essere utilizzato quale<br />

criterio di collegamento al giudice competente.<br />

Con riferimento ai contratti di compravendita,<br />

l’art. 5 del Regolamento fissa un principio in materia<br />

di obbligazioni contrattuali (come appunto<br />

nel caso di un contratto di vendita internazionale<br />

di merci), in conseguenza del quale la giurisdizione<br />

italiana nei confronti del convenuto straniero,<br />

non domiciliato in Italia, sussiste nella sola ipotesi<br />

in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o<br />

deve essere eseguita in Italia.<br />

Tuttavia, per stabilire quali siano gli elementi che<br />

il giudice nazionale deve tenere conto al fine di<br />

stabilire se il luogo della consegna possa o meno<br />

ritenersi determinato «in base al contratto» è intervenuta<br />

recentemente la Corte di giustizia UE.<br />

La vicenda giudiziaria (Corte di giustizia UE<br />

sentenza 9 giugno 2011 causa C-87/10)<br />

La domanda di pronuncia pregiudiziale verteva sul-<br />

20<br />

1/2012<br />

l’interpretazione dell’art. 5, punto 1, lett. b), primo<br />

trattino, del Regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre<br />

2000, n. 44/2001, concernente la competenza<br />

giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione<br />

delle decisioni in materia civile e commerciale.<br />

Tale domanda era stata presentata nell’ambito di<br />

una controversia pendente tra una società italiana,<br />

in qualità di venditrice, ed una società francese, in<br />

qualità di acquirente, che avevano concluso un<br />

contratto di compravendita di beni, che aveva dato<br />

problemi nella fase di esecuzione.<br />

Nella specie il venditore aveva depositato presso il<br />

Tribunale ordinario di Vicenza un ricorso per decreto<br />

ingiuntivo diretto ad ottenere la condanna dell’acquirente<br />

al pagamento della somma di euro<br />

36.588,26 quale corrispettivo per l’acquisto dei beni.<br />

Con atto di opposizione l’acquirente aveva eccepito,<br />

in via preliminare, l’incompetenza del giudice<br />

italiano adito, ai sensi delle disposizioni del regolamento.<br />

A sostegno di tale opposizione, l’acquirente<br />

affermava di avere la propria sede in Francia<br />

e che, pertanto, avrebbe dovuto essere convenuto<br />

dinanzi al giudice di tale Stato membro.<br />

La società italiana affermava, invece, che il contratto,<br />

concluso presso la propria sede, in Italia,<br />

conteneva la clausola «Resa: Franco nostra sede»<br />

riguardante il luogo di consegna della merce e che,<br />

di conseguenza, la competenza a conoscere la controversia<br />

sarebbe spettata ai giudici italiani.<br />

Inoltre, la società venditrice faceva riferimento ai<br />

termini elaborati dalla Camera di commercio internazionale,<br />

nella versione pubblicata nel 2000, ed affermava<br />

che la clausola «Resa: Franco nostra sede»<br />

corrispondeva all’Incoterm «EXW» («Ex Works»)<br />

che indicherebbe il luogo di consegna delle merci.<br />

Dalle carte processuali risultava che la merce oggetto<br />

del contratto controverso era stata consegnata all’acquirente<br />

da un vettore che l’aveva presa in carico in<br />

Italia, presso la sede del venditore, e l’aveva consegnata<br />

in Francia, presso la sede dell’acquirente.<br />

Il Tribunale di Vicenza osservava che la nozione di<br />

«luogo di consegna» quale «luogo di esecuzione<br />

dell’obbligazione dedotta in giudizio», ai sensi dell’art.<br />

5, punto 1, lett. b), primo trattino, del regolamento,<br />

aveva dato luogo ad interpretazioni divergenti<br />

in Italia, tanto da parte dei giudici di merito,<br />

quanto da parte della Corte suprema di cassazione;<br />

pertanto, lo stesso Tribunale aveva deciso di sospendere<br />

il procedimento e di sottoporre alla Corte


europea la seguente questione<br />

pregiudiziale: «Se l’art. 5,<br />

punto 1, lett. b), del regolamento<br />

44/2001 e, comunque,<br />

il diritto comunitario, laddove<br />

esso statuisce che il luogo di<br />

esecuzione dell’obbligazione,<br />

nel caso di compravendita di<br />

beni, è il luogo in cui i beni<br />

sono stati o avrebbero dovuto<br />

essere consegnati in base al<br />

contratto, andava interpretato<br />

nel senso che il luogo della<br />

consegna, rilevante ai fini<br />

dell’individuazione del giudice<br />

dotato di competenza giurisdizionale,<br />

fosse quello di<br />

destinazione finale delle merci oggetto del contratto<br />

ovvero quello in cui il venditore si liberava<br />

dell’obbligazione di consegna, in base alla normativa<br />

sostanziale applicabile al singolo caso, ovvero,<br />

ancora se fosse prospettabile una diversa interpretazione<br />

della norma citata».<br />

Preliminarmente la Corte, richiamando la sentenza<br />

25 febbraio 2010, causa C-381/08, Car Trim, ha ribadito<br />

che, se non era possibile determinare il luogo<br />

di consegna su tale base, senza far riferimento<br />

al diritto sostanziale applicabile al contratto, tale<br />

luogo era quello della consegna materiale dei beni<br />

mediante la quale l’acquirente aveva conseguito o<br />

avrebbe dovuto conseguire il potere di disporre effettivamente<br />

di tali beni alla destinazione finale<br />

dell’operazione di vendita.<br />

Tale interpretazione fornita dalla Corte nella citata<br />

sentenza «Car Trim» poteva essere estesa, pertanto,<br />

alla questione sollevata dal Tribunale ordinario<br />

di Vicenza.<br />

Circa l’espressione «in base al contratto» secondo i<br />

giudici europei nel contesto dell’esame di un contratto,<br />

al fine di determinare il luogo di consegna il<br />

giudice nazionale deve tenere conto di tutti i termini<br />

e di tutte le clausole rilevanti di tale contratto,<br />

ivi compresi, eventualmente, i termini e le clausole<br />

generalmente riconosciuti e sanciti dagli usi del<br />

commercio internazionale, quali gli Incoterms, purché<br />

idonei a consentire l’identificazione, con chiarezza,<br />

di tale luogo. Se non è possibile determinare<br />

il luogo di consegna su tale base, senza far riferimento<br />

al diritto sostanziale applicabile al contratto,<br />

DEFINIZIONI<br />

Incoterms<br />

La funzione degli «incoterms» non<br />

riguarda la disciplina della<br />

compravendita (passaggio di proprietà,<br />

condizioni di pagamento, foro<br />

competente, ecc.), ma soltanto la<br />

fornitura e il trasporto dei beni.<br />

Esse disciplinano, altresì, quali costi di<br />

trasporto sono a carico dei rispettivi<br />

contraenti e chi sopporta il rischio nei<br />

casi di perdita o danneggiamenti della<br />

merce. Gli «incoterms» non hanno<br />

forza di legge, ma hanno validità<br />

quando vengono concordate tra<br />

acquirente e venditore.<br />

Operazioni<br />

con l’estero<br />

tale luogo è quello della consegna<br />

materiale dei beni mediante<br />

la quale l’acquirente<br />

ha conseguito o avrebbe dovuto<br />

conseguire il potere di<br />

disporre effettivamente di tali<br />

beni alla destinazione finale<br />

dell’operazione di vendita.<br />

Le implicazioni<br />

dell’«incoterm ex works»<br />

nella fatturazione IVA<br />

Nell’ambito delle esportazioni<br />

effettuate da parte di operatori<br />

italiani, attraverso il sistema<br />

di triangolazione extra<br />

CEE, la clausola contrattuale<br />

maggiormente usata è l’Incoterms ex works che<br />

rappresenta la meno impegnativa in termini di obblighi<br />

ed adempimenti. L’operatore nazionale, infatti,<br />

adempie correttamente agli obblighi contrattuali,<br />

limitandosi a preparare la merce nella propria<br />

unità locale entro la data convenuta evitando così<br />

di dover individuare un trasportatore, stipulare un<br />

contratto di trasporto, interessarsi delle formalità<br />

doganali, dell’assicurazione della merce e di tutto<br />

quanto risulta essere inerente ad una spedizione internazionale.<br />

L’onere dell’effettuazione delle operazioni<br />

di carico dovrebbe essere ricondotto esclusivamente<br />

all’acquirente ma, di fatto, frequentemente,<br />

è lo stesso venditore che si occupa materialmente<br />

di effettuare le operazioni di carico della<br />

merce, in palese violazione degli accordi stipulati.<br />

Tuttavia, l’aspetto che più di ogni altro è fonte di rischi<br />

e responsabilità, non sempre ponderate attentamente<br />

da parte del venditore, è rappresentato dal<br />

corretto espletamento delle formalità di esportazione.<br />

Il cedente nazionale a fronte delle sue esportazioni<br />

emette, infatti, quasi sempre, una fattura di<br />

vendita non imponibile iva a norma dell’art. 8, primo<br />

comma, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972 nei confronti<br />

dell’altro operatore nazionale proponente,<br />

con la conseguenza che per giustificare la mancata<br />

applicazione dell’imposta è tenuto a dimostrare di<br />

aver consegnato le merci sul territorio estero.<br />

Infatti, al fine di acquisire la non imponibilità<br />

dell’esportazione, occorre dimostrare l’avvenuta<br />

uscita fisica delle merci dal territorio comunitario.<br />

Secondo quanto disposto dal citato art. 8, la prova<br />

1/2012<br />

21


Operazioni<br />

con l’estero<br />

dell’avvenuta esportazione<br />

deve risultare, alternativamente:<br />

• dal documento doganale<br />

(DAU);<br />

• dalla vidimazione apposta<br />

dall’ufficio doganale su un<br />

esemplare della fattura;<br />

• dalla vidimazione del documento<br />

di trasporto o di un qualsiasi altro documento<br />

che consente la fatturazione differita.<br />

Tuttavia, a partire dal 1° luglio 2007, l’entrata in<br />

vigore del regolamento Ce n. 1875/2006 del 18 dicembre<br />

2006 ha semplificato talune procedure riguardanti<br />

le operazioni di esportazione (cosiddetto<br />

sistema ECS): in particolare, la prova dell’esportazione,<br />

eccettuati casi particolari, non è più rappresentata<br />

dal «visto uscire» apposto sull’esemplare<br />

del DAU, bensì dal messaggio informatico che la<br />

dogana di uscita dall’Unione europea invierà, al<br />

momento del passaggio delle merci scortate dal<br />

nuovo documento di accompagnamento esportazione<br />

(DAE), alla dogana presso la quale è stata<br />

presentata la dichiarazione di esportazione.<br />

La mancata esecuzione del trasporto a cura o a nome<br />

dei cedenti o commissionari, accertata in sede<br />

di verifica da parte degli organi ispettivi, comporta<br />

il recupero dell’IVA sull’esportatore oltre alle relative<br />

sanzioni da una a due volte l’importo dell’IVA<br />

che doveva essere applicata.<br />

Con risoluzione n. 51 del 4 marzo 1995 l’Amministrazione<br />

finanziaria ha affermato che il trasporto<br />

o la spedizione all’estero di beni debba essere eseguito<br />

a cura o a nome del primo cedente nazionale,<br />

mentre nel caso in cui si inserisca il cessionario<br />

residente (ad esempio stipula diretta del contratto<br />

o affidamento del servizio), sia pure per motivazioni<br />

di carattere economico, non può ritenersi<br />

realizzata l’operazione triangolare. Così come avviene<br />

nei contratti che prevedano la clausola di<br />

vendita come il franco fabbrica (EXW).<br />

Da segnalare che l’Amministrazione finanziaria,<br />

con risoluzione n. 35 in data 13 maggio 2010, in<br />

risposta ad un parere inerente l’applicabilità del<br />

regime di non imponibilità IVA, in una operazione<br />

di triangolazione intracomunitaria nella quale una<br />

società italiana (A) cede ad un’altra società residente<br />

(B) beni destinati alla successiva rivendita<br />

ad una terza società (C) residente in un altro Paese<br />

22<br />

1/2012<br />

SOLUZIONI OPERATIVE<br />

Triangolazioni EXW<br />

La soluzione più sicura, nei casi di<br />

triangolazione con clausola EXW, è<br />

rappresentata dall’emissione della<br />

fattura di cessione emessa dal<br />

cedente nazionale nei confronti del<br />

promotore nazionale con IVA.<br />

dell’Unione Europea, è intervenuta<br />

fornendo una interpretazione<br />

della disposizione<br />

che i beni siano trasportati o<br />

spediti in altro stato «a cura<br />

o a nome del cedente».<br />

In particolare, l’Agenzia delle<br />

entrate a parziale rettifica<br />

della prassi precedente, con<br />

particolare riferimento alla risoluzione 51 del<br />

1995, ha precisato che l’operazione potrà godere<br />

del regime di non imponibilità anche nel caso in<br />

cui il cessionario («B») stipuli il contratto su mandato<br />

ed in nome del cedente.<br />

In questo caso, infatti, il predetto cessionario agirebbe<br />

quale intermediario del cedente («A») senza<br />

mai avere la disponibilità del bene, nel pieno rispetto<br />

della ratio delle disposizioni in materia.<br />

Considerazioni conclusive<br />

Gli operatori nazionali che effettuano cessioni o<br />

acquisti intracomunitari dovranno tenere conto<br />

che, in mancanza di una adeguata pattuizione, in<br />

relazione al luogo di consegna della merce, all’insorgere<br />

di una controversia l’acquirente straniero<br />

potrebbe iniziare una causa davanti ai giudici del<br />

proprio Stato.<br />

Essi potranno però cautelarsi, prevedendo espressamente<br />

negli accordi contrattuali il richiamo alle<br />

regole Incoterms.<br />

Occorre tenere altresì presente che alla luce della<br />

recente sentenza del 9 giugno 2011, la Corte di Giustizia<br />

UE ha stabilito che spetta al giudice nazionale<br />

valutare se la clausola «Franco fabbrica» corrisponda alla<br />

clausola Incoterm ex works oppure ad un’altra clausola<br />

o a un altro uso abitualmente impiegato nel<br />

commercio, idoneo a identificare con chiarezza,<br />

senza necessità di ricorrere al diritto sostanziale<br />

applicabile al contratto, il luogo di consegna dei<br />

beni conformemente a tale contratto.<br />

Tuttavia occorre evitare le insidie insite nell’impiego<br />

di alcune clausole, ed in particolare l’ex<br />

works, nell’ipotesi di triangolazione internazionale<br />

comunitaria e non, in quanto l’Amministrazione<br />

finanziaria, indipendentemente dalle modalità di<br />

trasporto impiegata (via aerea, via mare, via terra)<br />

non ritiene detta operazione non imponibile ai fini<br />

dell’IVA nell’ipotesi in cui i beni non siano trasportati<br />

a cura o a nome del cedente.


Uscita dal regime dei minimi<br />

con rettifica IVA<br />

di Valerio Artina e Mascia Dalmaggioni<br />

L’adempimento<br />

I contribuenti che dal 1° gennaio 2012 non<br />

rispetteranno tutti i requisiti per poter usufruire<br />

del regime dei contribuenti minimi,<br />

compresi quelli introdotti con la manovra<br />

correttiva 2011, saranno costretti ad uscire<br />

dal regime agevolato. I contribuenti che si<br />

troveranno a dover abbandonare il regime<br />

dei contribuenti minimi, conseguentemente<br />

al mutato regime di detrazione dell’IVA a<br />

credito, potranno effettuare la rettifica dell’IVA<br />

a proprio favore.<br />

Riferimenti<br />

D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 27<br />

D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19-bis2<br />

L’art. 27 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (c.d. Manovra<br />

correttiva 2011) (1), al fine di favorire la costituzione<br />

di nuove imprese da parte dei giovani ovvero<br />

di coloro che hanno perso il posto di lavoro,<br />

ha previsto, a decorrere dal 2012, per chi si può avvalere<br />

del regime dei contribuenti minimi di cui all’art.<br />

1, commi da 96 a 117 della legge 24 dicembre<br />

2007, n. 244, la riduzione dell’imposta sostitutiva<br />

dal 20% al 5%, di contro, per poter accedere al regime<br />

agevolato ha introdotto ulteriori condizioni.<br />

Dal 1° gennaio 2012 al regime agevolato potranno<br />

accedere esclusivamente le persone fisiche che intraprendono<br />

un’attività d’impresa, arte o professione<br />

o che l’hanno intrapresa successivamente al<br />

31 dicembre 2007 e che:<br />

• non abbiano esercitato nel triennio precedente<br />

all’ingresso al regime agevolato un’attività di<br />

lavoro autonomo o d’impresa, anche in forma<br />

associata o familiare;<br />

• non svolgano un’attività che risulti mera prosecuzione<br />

di altra già svolta precedentemente in<br />

forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso<br />

Regimi IVA<br />

il caso in cui l’attività precedentemente svolta<br />

consista nel periodo di pratica obbligatoria ai<br />

fini dell’esercizio di arti o professioni.<br />

I contribuenti possono usufruire del nuovo regime<br />

agevolato per il periodo d’imposta in cui è iniziata<br />

l’attività e per i quattro successivi.<br />

Il nuovo regime è applicabile anche oltre i quattro<br />

anni successivi dall’inizio dell’attività fino al periodo<br />

d’imposta di compimento del trentacinquesimo<br />

anno d’età.<br />

Inoltre, qualora l’attività svolta sia il proseguimento<br />

di un’attività d’impresa svolta in precedenza<br />

da altro soggetto, per potersi avvalere del nuovo<br />

regime agevolato l’ammontare dei relativi ricavi,<br />

realizzati nel periodo d’imposta precedente,<br />

non deve superare i 30.000 euro.<br />

Contribuenti che dal 2012 fuoriescono<br />

dal regime dei minimi<br />

I contribuenti che dal 2012 fuoriescono dal regime<br />

dei minimi, pertanto, sono:<br />

• coloro che hanno superato i requisiti d’accesso<br />

previsti dall’art. 1 della lege n. 244/2007;<br />

• coloro che hanno iniziato l’attività prima del 31<br />

dicembre 2007;<br />

• coloro che non rispettano i requisiti di accesso<br />

introdotti dal comma 2 dell’art. 27 del D.L. n.<br />

98/2011.<br />

Il terzo comma dell’art. 27 del D.L. n. 98/2011 stabilisce<br />

che i contribuenti che pur avendo le caratteristiche<br />

di cui ai commi 96 e 99 dell’art. 1 della legge 24<br />

dicembre 2007, n. 244 fuoriescono dal regime perché<br />

non riescono a rispettare le ulteriori condizione introdotte<br />

dalla Manovra correttiva 2011 accedono ad un<br />

regime semplificato c.d. degli ex minimi.<br />

I contribuenti che fuoriescono dal regime dei con-<br />

Valerio Artina - Dottore commercialista in Bergamo<br />

Mascia Dalmaggioni - Dottore commercialista in Bergamo<br />

Nota:<br />

(1) Convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n.<br />

111. Cfr. in Banca Dati Big Suite, IPSOA.<br />

1/2012<br />

23


Regimi IVA<br />

tribuenti minimi ma che possono accedere al regime<br />

semplificato degli ex minimi:<br />

• sono esonerati dagli obblighi di registrazione e<br />

di tenuta delle scritture contabili rilevanti ai fini<br />

delle imposte dirette e dell’IVA;<br />

• sono tenuti ad adempiere agli obblighi di fatturazione<br />

e di certificazione dei corrispettivi;<br />

• sono tenuti a conservare i documenti ricevuti ed<br />

emessi;<br />

• possono liquidare e versare l’IVA annualmente;<br />

• sono esenti dall’IRAP.<br />

Il regime semplificato dei contribuenti ex minimi<br />

è un regime naturale pertanto vi si può accedere<br />

senza effettuare alcuna opzione.<br />

Tuttavia, il contribuente può optare per il regime<br />

ordinario e detta opzione resta valida per un triennio.<br />

Decorso il triennio l’opzione rimane valida<br />

per ciascun anno successivo, fino a quando per-<br />

Tavola n. 1 - Motivi di fuoriuscita dal regime dei minimi dal 2012<br />

24<br />

Riferimenti normativi Motivi<br />

1/2012<br />

mane la concreta applicazione della scelta operata.<br />

I contribuenti che non rispettano neppure le condizioni<br />

per potersi avvalere del regime semplificato<br />

dei contribuenti ex minimi dovranno obbligatoriamente<br />

transitare nel regime ordinario, con la conseguenza<br />

che, ai fini IVA:<br />

- dovranno istituire i registri IVA;<br />

- dovranno provvedere alla relativa liquidazione e<br />

versamento periodico dell’IVA (mensile o trimestrale).<br />

Rettifica IVA<br />

Il contribuente che fuoriesce dal regime dei minimi<br />

esegue la rettifica dell’IVA di cui all’art. 19bis2<br />

del D.P.R. n. 633/1972 a proprio vantaggio; la<br />

fattispecie è disciplinata dal comma 101 dell’art. 1<br />

della legge n. 244/2007.<br />

Art. 1, comma 96 L. 24 dicembre 2007, n. 244 conseguimento di ricavi o compensi ragguagliati ad anno superiori<br />

a 30.000 euro;<br />

effettuazione di cessioni all’esportazione;<br />

sostenimento di spese per lavoratori dipendenti o collaboratori;<br />

erogazione di somme a titolo di partecipazione agli utili agli associati<br />

in partecipazione con apporto costituito esclusivamente dalla<br />

prestazione di lavoro;<br />

acquisti nel triennio precedente di beni strumentali, anche tramite<br />

appalto, locazione e leasing per un ammontare superiore a Euro<br />

15.000;<br />

Art. 1, comma 99, L. 24 dicembre 2007, n. 244 mutamento dell’attività in una di quelle soggette ai regimi speciali<br />

ai fini Iva;<br />

trasferimento della propria residenza all’estero;<br />

mutamento dell’attività in attività avente ad oggetto in via esclusiva<br />

o prevalente la cessione di fabbricati, di porzioni di fabbricato, di<br />

terreni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi;<br />

acquisizione di partecipazioni in società di persone, in società a responsabilità<br />

limitata con ristretta base proprietaria in trasparenza<br />

ovvero in associazioni professionali costituite per l’esercizio in forma<br />

associata di arti e professioni;<br />

Art. 1, comma 114, L. 24 dicembre 2007, n. 244 presenza di un avviso di accertamento divenuto definitivo in cui si<br />

accerti il venir meno di una delle condizioni di cui al comma 96<br />

ovvero il realizzarsi di una delle ipotesi elencate nel comma 99.<br />

Art. 27, comma 1, D.L. n. 98/2011 inizio attività prima del 31 dicembre 2007<br />

Art. 27, comma 2, D.L. n. 98/2011 esercizio nel triennio precedente all’ingresso di un’attività d’impresa<br />

o lavoro autonomo;<br />

mera prosecuzione di altra attività già svolta precedentemente in<br />

forma di lavoro dipendente o autonomo;<br />

prosecuzione di attività d’impresa svolta precedentemente da altro<br />

soggetto con ammontare di ricavi superiori a 30.000 euro.


Il riferimento è senz’altro al terzo comma dell’art.<br />

19-bis2 che disciplina la rettifica dell’IVA nelle<br />

ipotesi di mutamento del regime fiscale.<br />

Il contribuente passa da un regime che in conseguenza<br />

della mancata applicazione dell’imposta<br />

sulle operazioni attive non permette la detrazione<br />

dell’IVA sugli acquisti ad un regime di applicabilità<br />

dell’IVA che, conseguentemente, prevede la<br />

detrazione dell’IVA sugli acquisti.<br />

Le rettifiche in esame, previste dal comma 3 dell’art.<br />

19-bis2, concernono tutti i beni o servizi non<br />

ancora ceduti o non ancora utilizzati nell’attività<br />

esercitata dal contribuente, esistenti nel momento<br />

in cui si determinano mutamenti nella misura della<br />

detrazione spettante.<br />

Rettifica dell’IVA relativa ai beni<br />

non ammortizzabili<br />

L’IVA relativa a beni e servizi non ancora ceduti o<br />

non ancora utilizzati deve essere rettificata in<br />

un’unica soluzione senza attendere il materiale impiego<br />

degli stessi.<br />

In particolare, per i beni in rimanenza occorrerà far<br />

riferimento alle esistenze iniziali al 1° gennaio 2012.<br />

Beni di costo unitario non superiore a 516,46 euro<br />

o il cui coefficiente di ammortamento<br />

è superiore al 25%<br />

La circolare 21 dicembre 2007, n. 73/E dell’Agenzia<br />

Regimi IVA<br />

delle entrate mette in evidenza che l’art. 19-bis2 del<br />

D.P.R. n. 633/1972, integralmente richiamato dal<br />

comma 101 dell’art. 1 della legge n. 244/2007 prevede<br />

che la rettifica non debba essere effettuata per:<br />

• i beni ammortizzabili di costo unitario non superiore<br />

a 516,46 euro;<br />

• i beni il cui coefficiente di ammortamento stabilito<br />

ai fini delle imposte sul reddito è superiore<br />

al 25%.<br />

Tuttavia, l’Agenzia delle entrate con circolare 28<br />

gennaio 2008, n. 7/E, ha precisato che ai sensi del<br />

combinato disposto dei commi 5 e 3 dell’art. 19-bis2<br />

del D.P.R. n. 633/1972, la rettifica della detrazione<br />

deve essere eseguita anche con riferimento ai suddetti<br />

beni qualora non ancora entrati in funzione, ossia<br />

per i quali non sono state ancora eseguite le deduzioni<br />

integrali o le deduzioni delle relative quote di ammortamento<br />

al momento della fuoriuscita del regime.<br />

Rettifica dell’IVA relativa a beni ammortizzabili<br />

La rettifica della detrazione dell’IVA relativa a beni<br />

ammortizzabili, inclusi i beni immateriali, deve<br />

essere eseguita soltanto se non siano ancora trascorsi<br />

quattro anni da quello della loro entrata in<br />

funzione, ovvero dieci anni dalla data di acquisto<br />

o di ultimazione, se trattasi di fabbricati o loro<br />

porzioni (circolare 21 dicembre 2007, n. 73/E,<br />

par. 3.1.4, Agenzia delle entrate).<br />

Nel caso dei beni ammortizzabili occorre innanzi-<br />

Tavola n. 2 - Confronto nuovo regime dei contribuenti minimi e regime semplificato degli ex-minimi<br />

Nuovo regime<br />

dei contribuenti minimi<br />

Limiti ricavi/compensi Ricavi o compensi anno precedente<br />

non superiori a 30.000 euro<br />

Tenuta della contabilità Numerazione e conservazione delle<br />

fatture<br />

Regime semplificato<br />

dei contribuenti ex-minimi<br />

Ricavi o compensi anno precedente<br />

non superiori a 30.000 euro<br />

Numerazione e conservazione delle<br />

fatture<br />

Limiti temporali Cinque anni dall’inizio attività ovvero Nessun limite temporale<br />

oltre ma fino al compimento del 35 anno<br />

d’età<br />

Imposta sul reddito Imposta sostitutiva del 5% Irpef, addizionali regionale e comunale<br />

Irap Esente Esente<br />

Iva con obbligo di rivalsa e diritto di No<br />

detrazione<br />

Si, versamento annuale<br />

Studi di settore e parametri No Si<br />

Spesometro No Si<br />

Ritenuta d’acconto per professionisti, Si<br />

agenti o committenti dei condomini<br />

Si<br />

1/2012<br />

25


Regimi IVA<br />

tutto prendere in considerazione i beni acquistati<br />

nel periodo di vigenza del regime dei minimi, individuare<br />

l’IVA relativa a detti beni e calcolare i<br />

quinti d’imposta (decimi nel caso di fabbricati)<br />

che mancano al compimento del quinquennio (o<br />

decennio nel caso di fabbricati).<br />

Esempio<br />

Se il 1° giugno 2009 è stata acquistata un’attrezzatura di<br />

euro 1.000 + 200 IVA, al compimento del quinquennio i<br />

quinti mancanti sono 2, pertanto, l’IVA risultante a credito<br />

sarà pari a 80 (200*2/5).<br />

Rettifica dell’IVA per i servizi non ancora utilizzati<br />

L’obbligo di rettifica della detrazione IVA opera<br />

anche in relazione ai servizi non ancora utilizzati.<br />

A questo riguardo, si evidenzia che, la rettifica dell’I-<br />

VA opera per i canoni di locazione (anche finanziaria)<br />

e di noleggio corrisposti anticipatamente, per la<br />

parte di essi non ancora maturata (circolare 26 febbraio<br />

2008, n. 13/E, par. 2.2, Agenzia delle Entrate).<br />

Per determinare il credito IVA spettante, i contribuenti<br />

dovranno verificare l’IVA relativa al canone<br />

o alla rata anticipata e conteggiare l’IVA relativa<br />

alla frazione di imposta corrispondente al periodo<br />

di residua durata del canone o della rata.<br />

Documentazione<br />

Ai fini della rettifica della detrazione deve essere<br />

predisposta un’apposita documentazione che potrà<br />

essere richiesta dall’amministrazione finanziaria nella<br />

quale indicare distintamente, per categorie omogenee,<br />

la quantità e i valori dei beni oggetto di rettifica<br />

(circolare 24 dicembre 1997, n. 328/E, par 4.2).<br />

Tavola n. 3 - Fac-simile<br />

Beni facenti parte del patrimonio aziendale<br />

al 31/12/2011<br />

(documentazione ai sensi dell’art. 12-bis2, comma 3,<br />

D.P.R. n. 633/1972)<br />

Dati dell’imprenditore o professionista<br />

Tipologia Quantità Valore<br />

Tavola n. 4 - Rettifica in dichiarazione<br />

26<br />

1/2012<br />

Momento di effettuazione della rettifica<br />

e indicazione in dichiarazione IVA<br />

Le rettifiche della detrazione IVA devono essere<br />

effettuate nella prima dichiarazione annuale IVA<br />

relativa all’anno dal quale il contribuente è fuoriuscito<br />

dal regime dei contribuenti minimi ovvero<br />

per i contribuenti che fuoriescono dal 1° gennaio<br />

2012 nella dichiarazione annuale IVA relativa all’anno<br />

2012 (circolare 21 dicembre 2007, n. 73/E,<br />

par. 3.1.4 Agenzia delle Entrate).<br />

Per quanto riguarda la Dichiarazione IVA 2011 relativa<br />

all’anno 2010 la rettifica doveva essere indicata<br />

al rigo VF56.<br />

Il credito IVA emergente dalla rettifica potrà dunque<br />

essere utilizzato:<br />

• in corrispondenza del versamento del saldo<br />

annuale IVA relativo al 2012;<br />

• ovvero, al momento in cui sarà versata per la<br />

prima volta l’IVA dovuta.<br />

Compensazione con l’IVA dovuta al momento<br />

dell’accesso nel regime<br />

Il contribuente che al momento dell’accesso nel<br />

regime dei contribuenti minimi, in quanto proveniente<br />

dal regime ordinario, ha dovuto operare la<br />

rettifica dell’IVA a suo sfavore aveva la possibilità<br />

di versare la rettifica IVA in cinque quote annuali<br />

senza interessi.<br />

Qualora si fosse optato per la rateizzazione, le residue<br />

rate sono computate nel primo versamento<br />

periodico successivo alla fuoriuscita.<br />

In questo caso, il contribuente potrà utilizzare il<br />

credito IVA derivante dalla rettifica a favore in<br />

conseguenza alla fuoriuscita del regime con le rate<br />

ancora dovute.<br />

Rilevazione della sopravvenienza attiva<br />

Con circolare 26 febbraio 2008, n. 13/E, par. 2.3<br />

l’Agenzia delle entrate ha chiarito che la rettifica<br />

in aumento dell’imposta detraibile determina, ai<br />

fini delle imposte dirette, una sopravvenienza attiva<br />

che rileva secondo le regole ordinarie.


Le note esplicative<br />

della Commissione UE<br />

sulla fatturazione elettronica<br />

di Marco Peirolo<br />

L’approfondimento<br />

Le Note esplicative della nuova normativa<br />

comunitaria in materia di fatturazione, di cui<br />

alla direttiva n. 2010/45/UE, pubblicate dalla<br />

Commissione europea il 5 ottobre 2011,<br />

forniscono le linee guida per comprendere<br />

le modifiche alla direttiva IVA che gli Stati<br />

membri dovranno recepire entro il 1° gennaio<br />

2013.<br />

Particolare importanza assumono gli indirizzi<br />

interpretativi riguardanti la fatturazione elettronica,<br />

volti a consentire la totale libertà<br />

nella scelta del formato da utilizzare per<br />

emettere o ricevere la fattura, nel rispetto<br />

però di procedure idonee a garantire l’autenticità<br />

dell’origine, l’integrità del contenuto<br />

e la leggibilità della fattura elettronica.<br />

Riferimenti<br />

Direttiva 13 luglio 2010, n. 2010/45/UE<br />

D.Lgs. 20 febbraio 2004, n. 52<br />

D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21<br />

In data 5 ottobre 2011, la Commissione europea ha<br />

pubblicato le Note esplicative della normativa in<br />

tema di fatturazione prevista dalla direttiva 13 luglio<br />

2010, n. 2010/45/UE, che gli Stati membri<br />

dovranno recepire entro il 1° gennaio 2013 (1).<br />

A completamento della direttiva 20 dicembre<br />

2001, n. 2001/115/CE, trasposta nella legislazione<br />

IVA italiana dal D.Lgs. 20 febbraio 2004, n. 52, la<br />

direttiva n. 2010/45/UE è diretta all’ulteriore semplificazione,<br />

modernizzazione e armonizzazione<br />

delle disposizioni che regolano la fatturazione delle<br />

operazioni rilevanti ai fini IVA nei vari Paesi<br />

membri dell’Unione europea.<br />

<strong>Fatturazione</strong><br />

Le Note esplicative sono, pertanto, finalizzate a<br />

garantire l’applicazione uniforme, a livello comunitario,<br />

delle novità contenute nella direttiva n.<br />

2010/45/UE, tra le quali si richiamano quelle riguardanti<br />

la fatturazione elettronica, oggetto della<br />

presenta disamina. Benché non vincolanti per il legislatore<br />

nazionale, esse sono state adottate a seguito<br />

del confronto della Commissione europea<br />

con gli operatori economici e con i rappresentanti<br />

delle Autorità fiscali dei Paesi membri. È quindi<br />

evidente la loro rilevanza, sia perché rappresentano<br />

l’orientamento della Commissione sul tema<br />

della fatturazione, sia perché costituiscono un importante<br />

mezzo per comprendere le modifiche introdotte.<br />

L’attuale disciplina della fatturazione<br />

elettronica<br />

Sul piano interno, la fatturazione è attualmente disciplinata<br />

dall’art. 21 del D.P.R. 26 ottobre 1972,<br />

n. 633, nel testo risultante dalle modifiche apportate<br />

dal citato D.Lgs. n. 52/2004.<br />

Le novità introdotte in sede di recepimento della<br />

direttiva n. 2001/115/CE sono state illustrate dalla<br />

circolare dell’Agenzia delle Entrate 19 ottobre<br />

2005, n. 45. Nel paragrafo 2.5.2, in particolare, si<br />

definisce la fattura elettronica come «il documento<br />

informatico, predisposto in forma elettronica, secondo<br />

specifiche modalità che garantiscono l’integrità<br />

dei dati contenuti e l’attribuzione univoca del<br />

Marco Peirolo - Dottore commercialista in Torino, Gruppo di Studio<br />

- Eutekne<br />

Nota:<br />

(1) Per un primo commento, si vedano P. Centore, «La Commissione<br />

UE anticipa l’Agenzia delle entrate spiegando la nuova fattura<br />

IVA», in Corr. trib. n. 44/2011, pag. 2668 ss.; A. Mastromatteo<br />

e B. Santacroce, «<strong>Fatturazione</strong> elettronica: dalla sottoscrizione<br />

digitale ai controlli interni di gestione», ivi n. 44/2011, pag. 3672<br />

ss.<br />

1/2012<br />

27


<strong>Fatturazione</strong><br />

documento al soggetto emittente, senza necessità<br />

di provvedere alla stampa su supporto cartaceo».<br />

Più precisamente, l’emittente deve assicurare l’attestazione<br />

della data, l’autenticità dell’origine e<br />

l’integrità del contenuto.<br />

In base all’art. 21, comma 3, quinto periodo, del<br />

D.P.R. n. 633/1972, tali requisiti sono garantiti con<br />

«l’apposizione su ciascuna fattura o sul lotto di<br />

fatture del riferimento temporale e della firma<br />

elettronica qualificata dell’emittente o mediante<br />

sistemi EDI di trasmissione elettronica dei dati<br />

(…)».<br />

In difetto, la fattura non può considerarsi «elettronica»<br />

e, quindi, anche se trasmessa per via elettronica,<br />

cioè utilizzando procedure informatizzate (ad<br />

esempio sistema di trasmissione EDI, posta elettronica,<br />

telefax, modem), deve essere materializzata,<br />

registrata e conservata su supporto cartaceo; in<br />

tale ipotesi è, inoltre, indispensabile la sostanziale<br />

corrispondenza di contenuto, da un lato, tra l’esemplare<br />

in possesso dell’emittente e quello in<br />

possesso del ricevente e, dall’altro, tra le annotazioni<br />

nei registri IVA di entrambi gli operatori.<br />

La trasmissione elettronica è la forma ordinaria di<br />

invio della fattura emessa in formato elettronico.<br />

In tal caso, l’integrità, l’immodificabilità, la provenienza<br />

e l’autenticità del contenuto della fattura<br />

trasmessa per via elettronica è garantita dall’esistenza<br />

del riferimento temporale e della firma elettronica<br />

qualificata, nonché dall’assenza di macroistruzioni<br />

e di codici eseguibili.<br />

Come precisato dalla circolare n. 45/E/2005 (paragrafo<br />

2.6.1), le «macroistruzioni» sono comandi<br />

interni che, al verificarsi di determinati<br />

eventi, possono generare automaticamente modifiche<br />

o variazioni dei dati contenuti nel documento.<br />

Occorre quindi che, all’interno del documento<br />

informatico, non siano inserite «macroistruzioni»<br />

che permettano, ad esempio, l’aggiornamento automatico<br />

della data dello stesso al momento dell’apertura<br />

o della visualizzazione del documento. I<br />

«codici eseguibili» sono invece istruzioni che consentono<br />

all’elaboratore di modificare il contenuto<br />

del documento informatico, come nel caso dei file<br />

cd. eseguibili che, se opportunamente programmati,<br />

possono cambiare il contenuto informativo.<br />

L’invio della fattura mediante un qualsiasi strumento<br />

elettronico (ad esempio via e-mail), senza il<br />

28<br />

1/2012<br />

consenso del cliente, non dà luogo ad una trasmissione<br />

elettronica, bensì ad una consegna o spedizione<br />

della stessa mediante strumenti elettronici.<br />

Ne consegue che la fattura è elettronica solo per<br />

l’emittente, ovviamente se emessa in tale formato,<br />

mentre è sempre cartacea per il ricevente, secondo<br />

una distinzione che rileva ai fini della disciplina<br />

della conservazione. Lo stesso dicasi in caso di<br />

utilizzo di fax tradizionali, cioè non connessi a<br />

strumenti informatici, atteso che la fattura, sia<br />

elettronica che cartacea, deve essere riprodotta su<br />

carta per l’invio ed il destinatario la riceve mediante<br />

stampa su supporto cartaceo (2).<br />

Le novità in materia di fatturazione elettronica<br />

La direttiva n. 2010/45/UE intende promuovere il<br />

ricorso alla fatturazione elettronica in modo da ridurre<br />

i costi a carico delle imprese rendendole più<br />

competitive. Come indicato nell’ottavo «considerando»<br />

della direttiva, è necessario rivedere gli attuali<br />

obblighi IVA che caratterizzano la fatturazione<br />

elettronica al fine di garantire lo stesso trattamento<br />

previsto per la fatturazione cartacea (3).<br />

Nella disciplina vigente, la tutela dei requisiti di<br />

autenticità e di integrità è garantita dall’utilizzo di<br />

determinati strumenti tecnologici, quali il sistema<br />

EDI e le firme elettroniche avanzate (4).<br />

L’ulteriore semplificazione della disciplina, che la<br />

direttiva intende perseguire, consiste nel riconoscere<br />

agli operatori la possibilità di ricorrere alle<br />

Note:<br />

(2) Cfr. R.M. 4 luglio 2001, n. 107/E.<br />

(3) L’ottavo «considerando» della direttiva così recita: «Dato che<br />

il ricorso alla fatturazione elettronica può aiutare le imprese a ridurre<br />

i costi e ad essere più competitive, gli attuali obblighi IVA<br />

relativi alla fatturazione elettronica dovrebbero essere rivisti per<br />

eliminare gli oneri e le barriere esistenti che ostacolano il ricorso<br />

a tale tipo di fatturazione. Le fatture cartacee e quelle elettroniche<br />

dovrebbero ricevere lo stesso trattamento e gli oneri amministrativi<br />

gravanti sulle fatture cartacee non dovrebbero aumentare».<br />

(4) Come previsto dal nuovo art. 233, par. 2, della direttiva n.<br />

2006/112/CE, la firma elettronica avanzata idonea a soddisfare i<br />

suddetti requisiti è quella basata su un certificato qualificato e<br />

creata mediante un dispositivo per la creazione di una firma sicura<br />

ai sensi dell’art. 2, punti 6 e 10, della direttiva 5 aprile 1993, n.<br />

1999/93/CE; la trasmissione elettronica di dati (EDI), invece, è<br />

quella definita dall’art 2 dell’allegato 1 della Raccomandazione UE<br />

19 ottobre 1994, n. 1994/820/CE, relativa agli aspetti giuridici della<br />

trasmissione elettronica di dati, a condizione che l’accordo per<br />

questa trasmissione preveda l’uso di procedure che garantiscano<br />

l’autenticità dell’origine e l’integrità dei dati.


procedure ritenute più utili<br />

allo scopo (5).<br />

Ne consegue la possibilità,<br />

per il soggetto passivo, di<br />

scegliere il formato della fattura<br />

elettronica da emettere o<br />

da ricevere. Del resto, il nuovo<br />

art. 217 della direttiva 28<br />

novembre 2006, n.<br />

2006/112/CE, a differenza<br />

del previgente, che fa riferimento<br />

alla «trasmissione o<br />

messa a disposizione per via elettronica» del destinatario<br />

di dati, definisce la fattura elettronica come<br />

«una fattura contenente le informazioni richieste<br />

dalla presente direttiva emessa e ricevuta in<br />

formato elettronico».<br />

Le Note esplicative, sul punto, precisano che la<br />

fattura elettronica, così come quella cartacea, deve<br />

contenere gli elementi previsti dall’art. 226 della<br />

direttiva n. 2006/112/CE ed è, inoltre, necessario<br />

che sia emessa e ricevuta in formato elettronico.<br />

La scelta del formato compete al soggetto passivo<br />

ed include le fatture strutturate in formato XML o<br />

in altri formati elettronici, come i messaggi di posta<br />

elettronica con allegato il PDF della fattura o il<br />

fax ricevuto sul personal computer.<br />

Non ogni fattura creata in formato elettronico può<br />

essere considerata una «fattura elettronica»: non sono,<br />

infatti, tali le fatture predisposte in formato elettronico,<br />

se inviate e ricevute in formato cartaceo.<br />

Al contrario, le fatture create su supporto cartaceo,<br />

ma scannerizzate, inviate e ricevute attraverso la<br />

posta elettronica si considerano fatture elettroniche.<br />

Autenticità dell’origine, integrità del contenuto<br />

e leggibilità nel tempo<br />

In base all’art. 233, par. 1, della direttiva n.<br />

2006/112/CE, nel testo riformulato dalla direttiva<br />

n. 2010/45/UE:<br />

• l’autenticità dell’origine, l’integrità del contenuto<br />

e la leggibilità della fattura, sia essa cartacea<br />

o elettronica, sono assicurate dal momento<br />

dell’emissione fino al termine del periodo di archiviazione<br />

della fattura stabilito dal singolo<br />

Paese membro;<br />

• ciascun soggetto passivo stabilisce il modo in<br />

cui assicurare tali requisiti, per esempio attra-<br />

SOLUZIONI OPERATIVE<br />

Fattura elettronica<br />

Non si considerano fatture<br />

elettroniche quelle predisposte in<br />

formato elettronico, se inviate e<br />

ricevute in formato cartaceo. Al<br />

contrario, le fatture create su supporto<br />

cartaceo, ma scannerizzate, inviate e<br />

ricevute attraverso la posta<br />

elettronica si considerano fatture<br />

elettroniche.<br />

<strong>Fatturazione</strong><br />

verso piste di controllo gestionale<br />

che creino una “tracciabilità”<br />

tra la fattura e la<br />

corrispondente cessione di<br />

beni o prestazione di servizi.<br />

A quest’ultimo riguardo, le<br />

Note esplicative evidenziano<br />

come la firma elettronica<br />

avanzata e il sistema EDI<br />

non assicurino, di per sé, che<br />

l’operazione sia stata effettivamente<br />

compiuta. Per questa<br />

ragione, le piste di controllo gestionale, create<br />

in funzione di parametri quali il tipo, l’attività e la<br />

grandezza del soggetto passivo, sono dirette a determinare<br />

la perfetta corrispondenza tra la fattura<br />

emessa e l’operazione posta in essere.<br />

In particolare, la validità della fattura, sia essa cartacea<br />

o elettronica, può desumersi dall’incrocio<br />

dei documenti giustificativi di supporto della singola<br />

cessione o prestazione fatturata, quali l’ordine<br />

di acquisto, il contratto, il documento di trasporto<br />

e la ricevuta di pagamento.<br />

Il citato art. 233, par. 1, della direttiva n.<br />

2006/112/CE dispone, inoltre, che:<br />

• l’autenticità dell’origine implica la comprovazione<br />

dell’identità del fornitore o del prestatore<br />

o dell’emittente della fattura;<br />

• l’integrità del contenuto implica che il contenuto<br />

richiesto in conformità con la direttiva n.<br />

2006/112/CE non sia stato alterato.<br />

Autenticità dell’origine<br />

L’autenticità dell’origine della fattura è un obbligo<br />

sia per il soggetto passivo che riceve il bene o il<br />

servizio, sia per il soggetto passivo che cede il bene<br />

o presta il servizio, in quanto entrambi sono tenuti<br />

a garantire tale requisito.<br />

In proposito, vanno considerati i seguenti elementi:<br />

• assicurazione di autenticità da parte del fornito-<br />

Nota:<br />

(5) L’undicesimo «considerando» della direttiva così recita: «L’autenticità<br />

e l’integrità delle fatture elettroniche possono essere<br />

assicurate anche ricorrendo a talune tecnologie esistenti, quali la<br />

trasmissione elettronica di dati (EDI) e le firme elettroniche<br />

avanzate. Tuttavia, poiché esistono altre tecnologie, i soggetti passivi<br />

non dovrebbero essere obbligati a ricorrere ad una particolare<br />

tecnologia di fatturazione elettronica».<br />

1/2012<br />

29


<strong>Fatturazione</strong><br />

re: il fornitore deve essere<br />

in grado di garantire che la<br />

fattura è stata emessa dal<br />

fornitore stesso o da un<br />

terzo in suo nome e per<br />

suo conto. Tale obiettivo<br />

può essere soddisfatto con<br />

la tenuta del registro delle<br />

fatture emesse o, in caso di<br />

delega della fatturazione,<br />

attraverso una documentazione<br />

di supporto;<br />

• assicurazione di autenticità<br />

da parte del cliente: il<br />

cliente deve essere in grado<br />

di garantire che la fattura<br />

è stata emessa dal fornitore<br />

o da colui che l’ha<br />

emessa. Si tratta, alternativamente,<br />

di verificare la<br />

correttezza delle informa-<br />

zioni relative all’identità del fornitore riportate<br />

nella fattura e di garantire l’identità di colui che<br />

emette la fattura.<br />

In particolare:<br />

• nel primo caso (assicurazione sull’identità del<br />

fornitore), il cliente può applicare qualsivoglia<br />

sistema di controllo idoneo a collegare la fattura<br />

ricevuta con la cessione o prestazione effettuata;<br />

• nel secondo caso (assicurazione sull’identità del<br />

cliente), il cliente può garantire l’identità di colui<br />

che emette la fattura attraverso lo strumento<br />

della firma elettronica avanzata o il sistema di<br />

trasmissione elettronica di dati (EDI).<br />

Integrità del contenuto<br />

Sia il soggetto passivo che cede il bene o presta il<br />

servizio, sia quello che riceve il bene o il servizio<br />

sono tenuti a garantire che il contenuto della fattura<br />

non sia stato in alcun modo alterato. In ogni caso,<br />

l’integrità del contenuto della fattura non dipende<br />

dal formato della fattura elettronica, la quale<br />

può essere convertita in altri formati.<br />

Nel caso in cui il requisito in oggetto sia soddisfatto<br />

attraverso lo strumento della firma elettronica<br />

avanzata, la conversione da un formato all’altro<br />

deve essere registrata in modo da garantire la tracciabilità<br />

a ritroso dei dati contenuti nel documento<br />

originario.<br />

30<br />

1/2012<br />

LA NOVITÀ<br />

Intervento<br />

della Commissione europea<br />

Le Note di Spiegazione rappresentano<br />

l’orientamento della Commissione<br />

europea - in tema di fatturazione<br />

cartacea ed elettronica in vigore dal 1°<br />

gennaio 2013 - maturato attraverso il<br />

confronto con gli operatori economici e<br />

con i rappresentanti delle<br />

Amministrazioni fiscali degli Stati<br />

membri.<br />

Le indicazioni fornite rappresentano un<br />

«suggerimento» per agevolare gli<br />

Stati membri e gli operatori economici<br />

nella comprensione delle modifiche<br />

introdotte, contribuendo all’effettiva<br />

adozione di norme sincronizzate,<br />

nell’ottica dell’introduzione dell’IVA<br />

europea.<br />

Leggibilità della fattura<br />

La fattura è leggibile se è human<br />

readable.<br />

A tal fine, il documento deve<br />

presentare uno stile redazionale<br />

che consenta l’immediata<br />

comprensione, su carta o<br />

su video, senza la necessità<br />

di ricorrere ad un’attività interpretativa<br />

del contenuto.<br />

Tale requisito non si considera,<br />

pertanto, soddisfatto per i<br />

messaggi EDI, XML e altri<br />

messaggi strutturati nel formato<br />

originale.<br />

Accordo con il destinatario<br />

In base all’art. 232 della direttiva<br />

n. 2006/112/CE, il ricorso<br />

alla fatturazione elettronica<br />

è subordinato all’accordo<br />

del destinatario.<br />

Ciò in ragione dei requisiti tecnici necessari per ricevere<br />

le fatture in formato elettronico, nonché<br />

della capacità del destinatario di assicurare l’autenticità,<br />

l’integrità e la leggibilità delle fatture<br />

elettroniche ricevute, non indispensabile per le fatture<br />

cartacee.<br />

Come specificato dalle Note esplicative, poiché le<br />

fatture cartacee ed elettroniche dovrebbero essere<br />

trattate in modo analogo, l’accordo con il destinatario<br />

della fattura elettronica deve essere manifestato<br />

secondo le stesse modalità previste in caso di<br />

fatturazione cartacea. Si considera, pertanto, sufficiente<br />

qualsiasi accettazione scritta, formale o meno,<br />

ma anche l’accordo tacito desumibile, per<br />

esempio, dalla contabilizzazione o dal pagamento<br />

della fattura ricevuta.<br />

In ogni caso, la decisione riguardante l’utilizzo del<br />

formato elettronico della fattura è lasciata alla volontà<br />

delle controparti.


La nuova fattura «europea»<br />

di Francesco Scopacasa<br />

L’adempimento<br />

Dal 1° gennaio 2013 gli Stati membri della<br />

UE dovranno rendere operative le nuove<br />

disposizioni recate dalla Dir. 2010/45/UE in<br />

materia di fatturazione.<br />

L’impatto delle nuove regole sarà notevole.<br />

In questa sede si analizzano in particolare gli<br />

aspetti relativi alla fattura in versione «semplificata»<br />

(che costituisce una novità nel nostro<br />

ordinamento tributario), alla rilevanza<br />

delle fatture emesse per la variazione dell’imponibile<br />

o dell’imposta (note di debito o<br />

di credito) e quelli relativi alle modalità e<br />

tempi di conservazione dei documenti.<br />

Riferimenti<br />

Direttiva 13 luglio 2010, n. 2010/45/UE<br />

D.Lgs. 20 febbraio 2004, n. 52<br />

D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21<br />

La fattura «semplificata»<br />

La possibilità di emettere una fattura in versione<br />

semplificata costituisce un’interessante «apertura»<br />

concessa dalla direttiva 2010/45/UE che consentirà<br />

al nostro Legislatore, in fase di recepimento,<br />

di dare un concreto e fattivo contributo alla semplificazione<br />

delle procedure di fatturazione seguite<br />

dalle imprese in numerosi settori di attività.<br />

La materia è contenuta nel nuovo art. 220-bis della<br />

direttiva 2006/112/CE, inserito dall’art. 1, par. 1,<br />

p. 14 della dir. 2010/45/UE del 13 luglio 2010, in<br />

vigore dall’11 agosto 2010 (1).<br />

Questo articolo individua, nel par. 1, i casi in cui<br />

gli Stati membri «consentono» ai soggetti passivi<br />

di emettere una fattura semplificata.<br />

L’espressione «consentono» va intesa nel senso di<br />

«hanno l’obbligo di consentire», atteso che la norma<br />

con l’uso dell’indicativo presente esprime il<br />

valore del «comando». Il precetto si articola in due<br />

ipotesi: la prima è legata al limite di importo della<br />

fattura, che non può essere superiore a 100 euro o<br />

<strong>Fatturazione</strong><br />

al controvalore in moneta nazionale per gli Stati<br />

membri che non adottano l’euro (2). La seconda è<br />

legata alla natura del documento emesso che, pur<br />

non possedendo la «sacralità» della fattura (la norma<br />

comunitaria lo definisce semplicemente «messaggio»)<br />

fa riferimento ad una fattura iniziale ed è<br />

ad essa assimilato.<br />

Si tratta di documenti che, a norma dell’art. 219<br />

della direttiva 2006/112/CE «modificano e fanno<br />

riferimento in modo specifico e inequivocabile alla<br />

fattura iniziale»; è il caso, pertanto, delle note di<br />

variazione di cui all’art. 26 del D.P.R. n.<br />

633/1972, sia in aumento (primo comma), sia in<br />

diminuzione (secondo e terzo comma).<br />

Il limite di 100 euro è relativo all’«importo della<br />

fattura». Dato il tenore letterale della disposizione,<br />

si ritiene che il predetto limite debba riferirsi non<br />

al solo «corrispettivo» o base imponibile dell’operazione,<br />

ma piuttosto all’ammontare «complessivo»<br />

della fattura, comprensivo dell’eventuale addebito<br />

per IVA e di eventuali altri importi ivi figuranti<br />

ancorché esclusi dal computo della base imponibile<br />

(art. 15, D.P.R. n. 633/1972).<br />

Sempre nell’art. 220-bis, al paragrafo 2, sono invece<br />

elencati i casi nei quali non è consentita l’emissione<br />

della fattura semplificata. Si tratta, per<br />

esplicito richiamo normativo:<br />

a) delle cessioni intracomunitarie di beni effettuate<br />

ai sensi dell’art. 33 della direttiva 2006/112/CE,<br />

nei confronti di privati o di soggetti passivi o<br />

enti non soggetti passivi i cui acquisti intracomunitari<br />

non sono soggetti ad IVA a norma<br />

dell’art. 3, par. 1 della medesima direttiva;<br />

b) delle cessioni intracomunitarie di beni effettuate<br />

Francesco Scopacasa - Consulente di affari legali e fiscali d’azienda<br />

Note:<br />

(1) Questo articolo era già inserito, anche se con differente contenuto,<br />

nella proposta di Direttiva (Proposta COM(2009) 21 del<br />

28 gennaio 2009) che aveva (per lungo tempo) preceduto l’emanazione<br />

della Dir. 2010/45/UE.<br />

(2) Nella proposta di Direttiva (Proposta COM(2009) 21 del 28<br />

gennaio 2009), il limite era stabilito in 200 euro.<br />

1/2012<br />

31


<strong>Fatturazione</strong><br />

in esenzione da IVA ai sensi dell’art. 138 della<br />

direttiva 2006/112/CE;<br />

c) delle cessioni o prestazioni effettuate in regime<br />

di reverse charge da soggetti non stabiliti a soggetti<br />

passivi stabiliti nello Stato membro dove è<br />

dovuta l’imposta.<br />

Ma in cosa consiste questa «semplificazione»?<br />

Certamente in una riduzione dei contenuti obbligatori.<br />

Per le fatture «normali» l’art. 226 elenca una<br />

serie di ben 18 elementi, numerati progressivamente<br />

da 1 a 15 ai quali si devono aggiungere i<br />

numeri 7 bis, 10 bis e 11 bis. Relativamente alle<br />

fatture «semplificate», l’art. 226-ter, par. 1, stabilisce<br />

invece l’obbligo di indicare «almeno» cinque<br />

di questi elementi - evidenziandoli con le lettere<br />

da a) ad e) - e lasciando intendere che gli altri elementi<br />

di cui all’art. 226 (o almeno alcuni di essi)<br />

possono essere richiesti dagli Stati membri in via<br />

facoltativa.<br />

Infine, nel par. 2, l’art. 226-ter esclude la possibilità<br />

di richiedere l’indicazione in fattura di elementi<br />

diversi da quelli sopra indicati, ad eccezione<br />

del numero di identificazione IVA dell’acquirente<br />

o del destinatario anche se questo non è debitore<br />

dell’imposta (di cui all’art. 227), e dell’indicazione<br />

nella valuta dello Stato membro dell’ammontare<br />

dell’IVA da pagare o da regolarizzare (di cui all’art.<br />

230).<br />

Nella Tavola n. 1 sono messi a confronto gli elementi<br />

obbligatori per le fatture «ordinarie» e per<br />

quelle «semplificate».<br />

INSERIRE TAVOLA n. 1<br />

Tra i requisiti obbligatori della fattura semplificata<br />

merita particolare considerazione quello indicato<br />

sub lett. e) della Tavola n. 1, per il quale si rifà<br />

rinvio al successivo paragrafo concernente le note<br />

di debito e di credito.<br />

Considerazioni<br />

Venendo agli aspetti operativi della fattura semplificata<br />

come tracciata dalla norma comunitaria, si<br />

osserva innanzitutto l’esiguità dell’importo-soglia<br />

che ne consente l’adozione e che si rivelerà, in<br />

molti casi, insufficiente rispetto alle esigenze dei<br />

soggetti passivi. Importo che è stato infatti limitato<br />

a soli 100 euro mentre nella Proposta di direttiva<br />

COM(2009) n. 21 era stato ipotizzato in 200<br />

euro.<br />

Sovviene, a tale proposito, il dettato dell’art. 238<br />

32<br />

1/2012<br />

della Dir. 2006/112/CE che, previa consultazione<br />

del Comitato IVA (3), autorizza gli Stati membri a<br />

consentire la predetta «semplificazione» delle fatture<br />

quando:<br />

a) l’importo della fattura è superiore a 100 euro<br />

ma non a 400 euro, ovvero quando<br />

b) le pratiche commerciali o amministrative del<br />

settore di attività interessato o le condizioni tecniche<br />

di emissione delle suddette fatture rendono<br />

particolarmente difficile il rispetto di tutti gli<br />

obblighi di cui agli artt. 226 o 230.<br />

L’art. 238 al par. 2 conferma in ogni caso il divieto<br />

di adozione di fatture semplificate nelle ipotesi di<br />

operazioni intracomunitarie già indicate dall’art.<br />

220 bis, par. 2 (cfr. supra).<br />

L’ipotesi contenuta al punto b) sopra riportata è disgiunta<br />

da quella della lettera a) che precede e pertanto<br />

ad essa non si applica il limite massimo di<br />

importo di 400 euro ma potrebbe anche comportare<br />

l’emissione di fatture semplificate senza alcun<br />

limite di importo.<br />

Si ritiene tuttavia che la ratio sottesa alla deroga<br />

che consente l’emissione di una fattura semplificata<br />

debba ricercarsi proprio nelle ipotesi avanzate<br />

nella lettera b) dell’art. 238 e, segnatamente, nell’ipotesi<br />

di operazioni effettuate nei settori di attività<br />

rientranti nell’ambito del commercio al minuto<br />

e delle attività ad esso assimilate.<br />

È di tutta evidenza, infatti, che per tali operazioni,<br />

effettuate nel diretto ed immediato rapporto con il<br />

cliente, «le condizioni tecniche di emissione delle<br />

suddette fatture rendono particolarmente difficile<br />

il rispetto di tutti gli obblighi» stabiliti per la fattura<br />

«ordinaria».<br />

Si pensi, in particolare, ai pubblici esercizi che<br />

operano nel settore delle somministrazioni di alimenti<br />

e bevande, i quali incontrano notevoli difficoltà<br />

nel rilasciare la fattura per le prestazioni erogate<br />

ai clienti che ne abbiano fatto richiesta e che<br />

sono peraltro, nella maggior parte dei casi, relative<br />

a transazioni di modesto valore economico unitario.<br />

Infatti, nel settore del commercio al minuto e delle<br />

attività ad esso assimilate a norma dell’art. 22 del<br />

Nota:<br />

(3) Si tratta dell’organismo con funzioni consultive costituito ai<br />

sensi dell’art. 398 della Dir. 2006/112/CE composta da rappresentati<br />

degli Stati membri e dalla Commissione UE.


Tavola n. 1 - Elementi obbligatori<br />

<strong>Fatturazione</strong><br />

Dati obbligatori<br />

Fattura ordinaria<br />

(art. 226)<br />

Fattura semplificata (art. 226 ter)<br />

1 data di emissione della fattura a) data di emissione della fattura<br />

2 un numero sequenziale, con una o più serie, che<br />

identifichi la fattura in modo unico<br />

3 il numero di identificazione IVA, di cui all’articolo<br />

214, con il quale il soggetto passivo ha effettuato la<br />

cessione di beni o la prestazione di servizi<br />

4 il numero d’identificazione IVA dell’acquirente o del --destinatario,<br />

di cui all’articolo 214, con il quale ha<br />

ricevuto una cessione di beni o una prestazione di<br />

servizi per la quale è debitore dell’imposta o una<br />

cessione di beni di cui all’articolo 138<br />

5 il nome e l’indirizzo completo del soggetto passivo<br />

e dell’acquirente o del destinatario<br />

6 la quantità e la natura dei beni ceduti o l’entità e la<br />

natura dei servizi resi<br />

7 la data in cui è effettuata o ultimata la cessione di<br />

beni o la prestazione di servizi o la data in cui è<br />

corrisposto l’acconto di cui all’articolo 220, punti<br />

4) e 5), sempreché tale data sia determinata e diversa<br />

dalla data di emissione della fattura<br />

7 bis se l’IVA diventa esigibile al momento dell’incasso in<br />

conformità dell’articolo 66, lettera b), e il diritto a detrazione<br />

sorge nel momento in cui l’imposta detraibile<br />

diventa esigibile, la dicitura “contabilità di cassa”<br />

8 la base imponibile per ciascuna aliquota o esenzione,<br />

il prezzo unitario al netto dell’IVA, nonché gli<br />

eventuali sconti, riduzioni o ristorni se non sono<br />

compresi nel prezzo unitario<br />

9 l’aliquota IVA applicata<br />

b) l’identificazione del soggetto passivo che effettua la<br />

cessione di beni o la prestazione di servizi<br />

c) l’identificazione del tipo di beni ceduti o di servizi<br />

resi<br />

10 l’importo dell’IVA da pagare, tranne in caso di appli- d) l’importo dell’IVA da pagare o i dati che permettocazione<br />

di un regime speciale per il quale la presente<br />

direttiva escluda tale indicazione<br />

no di calcolarlo<br />

10 bis se l’acquirente/destinatario che riceve una cessione<br />

/ prestazione emette una fattura in luogo del fornitore/prestatore,<br />

la dicitura “autofatturazione”<br />

11 in caso di esenzione, il riferimento alla disposizione<br />

applicabile della presente direttiva o alla disposizione<br />

nazionale corrispondente o ad altre informazioni<br />

che indichino che la cessione di beni o la prestazione<br />

di servizi è esente<br />

11 bis se l’acquirente/destinatario è debitore dell’imposta,<br />

la dicitura “inversione contabile”<br />

12 in caso di cessione di mezzi di trasporto nuovi effettuata<br />

alle condizioni di cui all’articolo 138, paragrafo<br />

1, e paragrafo 2, lettera a), i dati elencati all’articolo<br />

2, paragrafo 2, lettera b);<br />

(segue)<br />

1/2012<br />

33


<strong>Fatturazione</strong><br />

Dati obbligatori<br />

Fattura ordinaria<br />

(art. 226)<br />

Fattura semplificata (art. 226 ter)<br />

13 in caso di applicazione del regime del margine delle<br />

agenzie di viaggio, la dicitura “regime del margine -<br />

agenzie di viaggio”<br />

14 in caso di applicazione di uno dei regimi speciali applicabili<br />

ai beni di occasione e agli oggetti d’arte, di<br />

antiquariato o da collezione, la dicitura “regime del<br />

margine - beni di occasione”, o “regime del margine -<br />

oggetti d’arte” oppure “regime del margine - oggetti<br />

da collezione e di antiquariato”, rispettivamente<br />

15 se il debitore dell’imposta è un rappresentante fiscale<br />

ai sensi dell’articolo 204, il numero d’identificazione<br />

IVA del rappresentante fiscale, di cui all’articolo<br />

214, corredato del nome e dell’indirizzo<br />

completo.<br />

--- e) quando la fattura emessa è un documento o un<br />

messaggio considerato fattura ai sensi dell’articolo<br />

219, il riferimento specifico e univoco a tale fattura<br />

iniziale e le indicazioni specifiche che vengono modificate.<br />

è inoltre facoltà dello S.M. richiedere:<br />

--- V. art. 227<br />

--- V. art. 227<br />

il numero d’identificazione IVA dell’acquirente o del il numero d’identificazione IVA dell’acquirente o del<br />

destinatario, di cui all’articolo 214, in casi diversi da destinatario, di cui all’articolo 214, in casi diversi da<br />

quelli di cui all’art. 226, punto 4).<br />

quelli di cui all’art. 226, punto 4).<br />

--- V. art. 230<br />

--- V. art. 230<br />

Gli importi figuranti sulla fattura possono essere Gli importi figuranti sulla fattura possono essere<br />

espressi in qualsiasi moneta, purché l’importo dell’I- espressi in qualsiasi moneta, purché l’importo dell’I-<br />

VA da pagare o da regolarizzare sia espresso nella VA da pagare o da regolarizzare sia espresso nella<br />

moneta nazionale dello Stato membro utilizzando il moneta nazionale dello Stato membro utilizzando il<br />

meccanismo del tasso di conversione di cui all’arti- meccanismo del tasso di conversione di cui all’articolo<br />

91 (*)<br />

colo 91 (*)<br />

(*) Per le importazioni, secondo il calcolo del valore in dogana; per le operazioni diverse dalle importazioni, si applica<br />

l’ultima quotazione lettera rilevata, nel momento in cui l’imposta diviene esigibile sul mercato o sui mercati dei cambi<br />

più rappresentativi dello Stato membro (quindi, per l’Italia, la Borsa di Milano) o, in alternativa, l’ultimo tasso di cambio<br />

pubblicato dalla BCE al momento in cui l’imposta diviene esigibile.<br />

D.P.R. n. 633/1972, l’emissione della fattura non è<br />

in linea di massima obbligatoria, ma diviene tale<br />

in caso di intervenuta richiesta da parte del cliente.<br />

In particolare, nel settore delle somministrazioni<br />

di alimenti e bevande i clienti soggetti passivi dell’IVA<br />

hanno oggi interesse a ricevere dall’esercente<br />

una fattura che consenta loro la detrazione dell’imposta<br />

assolta, non operando più la preclusione<br />

un tempo stabilita dal previgente testo dell’art. 19<br />

bis-1, comma 1, lett. e), del D.P.R. n. 633/1972.<br />

Dato il peculiare svolgimento delle transazioni<br />

commerciali nel settore del commercio al minuto,<br />

34<br />

1/2012<br />

che impone tempi estremamente rapidi per l’emissione<br />

della relativa documentazione, il rilascio<br />

della fattura ordinaria si rivela particolarmente<br />

gravoso con riferimento all’obbligo stabilito dall’art.<br />

21 del citato D.P.R. 633/1972, di riportare su<br />

di essa - tra le altre indicazioni - anche le complete<br />

generalità dei cessionari o committenti e la dettagliata<br />

indicazione della natura e della qualità dei<br />

beni ceduti e dei servizi prestati.<br />

Questi operatori potrebbero quindi assolvere l’adempimento<br />

di certificazione, salvaguardando altresì<br />

il diritto del cliente alla detrazione dell’impo-


sta, mediante una fattura<br />

semplificata da emettere con<br />

l’utilizzo degli apparecchi<br />

misuratori fiscali di cui alla<br />

legge 26 gennaio 1983, n. 18<br />

che sono normalmente utilizzati<br />

nel settore del commercio<br />

al minuto e attività assimilate.<br />

In sostanza, un (auspicabile)<br />

intervento normativo in tal<br />

senso sul citato art. 22 del<br />

D.P.R. n. 633/1972 consentirebbe<br />

all’operatore economico<br />

di emettere la fattura con<br />

la stessa facilità operativa<br />

con la quale viene abitualmente<br />

emesso uno scontrino<br />

fiscale.<br />

SOLUZIONI OPERATIVE<br />

In tale contesto, si potrebbe stabilire che i dati<br />

identificativi del soggetto che cede i beni o presta<br />

il servizio, di cui all’art. 21, comma 2, lettera a)<br />

del D.P.R. n. 633/1972 possano essere validamente<br />

sostituiti dai dati normalmente riportati nello scontrino<br />

fiscale come previsti nell’art. 12, comma 1,<br />

numeri 1) e 2) del D.M. 23 marzo 1983 e cioè:<br />

a) ditta, denominazione o ragione sociale ovvero<br />

cognome e nome;<br />

b) numero di partita IVA dell’emittente e ubicazione<br />

dell’esercizio.<br />

Per quanto riguarda invece i dati identificativi del<br />

destinatario, si potrebbe ritenere il codice fiscale<br />

(o la partita IVA) di quest’ultimo di per sé sufficiente<br />

per la sua identificazione, ed assorbente degli<br />

altri dati normalmente richiesti, in analogia con<br />

quanto già stabilito in riferimento all’uso dello<br />

scontrino fiscale cosiddetto «parlante» ai fini della<br />

deducibilità delle spese sostenute per gli acquisti<br />

di beni o servizi agli effetti dell’applicazione delle<br />

imposte sui redditi (cfr. art. 3 del D.P.R. 21 dicembre<br />

1996, n. 696), nonché ai fini della documentazione<br />

delle spese sanitarie relative all’acquisto di<br />

medicinali il cui onere risulti detraibile o deducibile<br />

agli effetti dell’applicazione delle imposte sui<br />

redditi (cfr. art. 1, comma 28, della legge 27 dicembre<br />

2006, n. 296).<br />

Per quanto riguarda infine l’obbligo di riportare in<br />

fattura l’indicazione della natura e della qualità<br />

dei beni ceduti e dei servizi prestati, si ritiene che<br />

Emissione «facilitata»<br />

Èauspicabile un intervento normativo<br />

che consenta all’operatore economico<br />

di emettere la fattura con la stessa<br />

facilità operativa con la quale viene<br />

abitualmente emesso uno scontrino<br />

fiscale.<br />

Si potrebbe stabilire, ad esempio, che i<br />

dati identificativi del soggetto che<br />

cede i beni o presta il servizio,<br />

possano essere validamente sostituiti<br />

dai dati normalmente riportati nello<br />

scontrino fiscale e cioè:<br />

a) ditta, denominazione o ragione<br />

sociale ovvero cognome e nome;<br />

b) numero di partita IVA dell’emittente<br />

e ubicazione dell’esercizio.<br />

<strong>Fatturazione</strong><br />

esso possa intendersi correttamente<br />

adempiuto con l’indicazione<br />

delle usuali espressioni<br />

commerciali sintetiche<br />

che consentono comunque<br />

l’individuazione del bene ceduto<br />

o della prestazione erogata<br />

e quindi, nel contempo,<br />

non costituiscono ostacolo<br />

all’accertamento. In particolare,<br />

nel caso delle somministrazioni<br />

di alimenti e bevande,<br />

sono note a tutti quelle<br />

espressioni usuali (primo<br />

piatto, menù turistico, e similari)<br />

che, d’altra parte, avevano<br />

già formato oggetto in<br />

passato di una specifica autorizzazione<br />

in via amministrativa<br />

con riferimento all’emissione delle ricevute<br />

fiscali (cfr. circolare Ministero delle Finanze n.<br />

3/380101 del 19 gennaio 1980).<br />

A tutela degli interessi del destinatario e delle esigenze<br />

di controllo dell’amministrazione finanziaria,<br />

si potrebbe inoltre stabilire l’obbligo che i rotoli<br />

cartacei utilizzati dagli apparecchi misuratori<br />

fiscali per l’emissione delle fatture possiedano oggettivi<br />

requisiti di facile leggibilità e di conservazione<br />

nel tempo con riferimento alla tipologia e alle<br />

dimensioni del supporto cartaceo utilizzato.<br />

Le note di debito e di credito<br />

Dopo aver fornito all’art. 218 la nozione di fattura<br />

(«ogni documento o messaggio cartaceo o elettronico<br />

che soddisfa le condizioni stabilite dal presente<br />

capo»), la dir. 2006/112/CE assimila ad una<br />

fattura «tutti i documenti o messaggi che modificano<br />

e fanno riferimento in modo specifico e inequivocabile<br />

alla fattura iniziale» (art. 219).<br />

È indubbio quindi che per effetto dell’assimilazione<br />

sono soggetti alla disciplina stabilita per le<br />

«fatture» anche quei documenti di cui all’art. 26<br />

del D.P.R. n. 633/1972 che la prassi ha finora relegato<br />

nel ruolo di minor prestigio delle «note» di<br />

variazione e, quindi, di debito o di credito.<br />

È stato già osservato sopra che tra i requisiti obbligatori<br />

della fattura semplificata figura anche quello<br />

indicato sub lett. e), consistente nell’obbligo di<br />

indicare nel documento o messaggio considerato<br />

1/2012<br />

35


<strong>Fatturazione</strong><br />

fattura ai sensi dell’art. 219, il riferimento specifico<br />

e univoco alla fattura iniziale e le indicazioni<br />

specifiche che vengono modificate.<br />

A tal proposito si osserva che la disposizione si<br />

applica sia alle note di variazione che fanno riferimento<br />

ad una fattura «semplificata» sia, a maggior<br />

ragione, alle note di variazione che fanno riferimento<br />

ad una fattura «ordinaria».<br />

Per fugare ogni dubbio, sarebbe stato opportuno<br />

riprodurre il disposto della lettera e) contenuta<br />

nell’art. 226-ter anche come n. 16) dei contenuti<br />

dell’art. 226.<br />

In sostanza, sembra evidente che la nota di variazione,<br />

sia essa ordinaria o semplificata e relativa<br />

ad una fattura ordinaria o semplificata debba fare<br />

riferimento alla fattura alla quale la variazione è<br />

apportata, evidenziandone anche le parti che di<br />

questa vengono modificate. Attualmente l’art. 26<br />

del D.P.R. n. 633/1972 non contiene tale indicazione,<br />

ma si limita ad indicare la strada della fatturazione<br />

per le note di variazione in aumento di cui<br />

al primo comma («... il contribuente deve osservare<br />

le disposizioni di cui agli articoli 21 e seguenti<br />

...»), mentre nulla dice in merito al documento da<br />

creare per le note di variazione in diminuzione di<br />

cui al secondo e terzo comma («... ha diritto di<br />

portare in detrazione ai sensi dell’art. 19 l’imposta<br />

corrispondente registrandola a norma dell’art. 25<br />

...»).<br />

Sull’argomento era tuttavia intervenuto fin dall’inizio<br />

il Ministero delle Finanze con la circolare n.<br />

27 del 21 novembre 1972, par. 2), affermando che<br />

«circa l’osservanza delle disposizioni previste dal<br />

secondo comma dell’art. 26 relative alla variazioni<br />

dell’imponibile o dell’imposta, si precisa che tali<br />

variazioni possono essere annotate in conti separati<br />

o in apposito registro. Le annotazioni, che devono<br />

farsi risultare da apposita documentazione, devono<br />

contenere:<br />

1) il numero del documento;<br />

2) l’ammontare imponibile;<br />

3) l’imposta relativa.<br />

Ai fini delle dichiarazioni mensili (o trimestrali) i<br />

totali dell’IVA “a credito o a debito” del contribuente<br />

devono essere riportati, per il calcolo dell’imposta<br />

dovuta all’erario, rispettivamente, nei<br />

registri di cui all’art. 25 ed in quelli di cui agli articoli<br />

23 e 24» (4).<br />

Come si può notare la citata circolare, lungi dal<br />

36<br />

1/2012<br />

considerare fatture le note credito, attribuisce ad<br />

esse il ruolo di mera «documentazione» a supporto<br />

delle registrazioni effettuate nei registri.<br />

Anche la giurisprudenza, nello stabilire che spetta<br />

al contribuente di dimostrare che la nota di credito<br />

di cui al terzo comma dell’art. 26 è stata emessa<br />

nel rispetto del limite temporale di un anno, ha affermato<br />

genericamente che egli dovrà, a tal fine,<br />

preordinare un’idonea documentazione probatoria<br />

in sede di registrazione delle operazioni (5).<br />

La conservazione delle fatture<br />

Per quanto riguarda gli obblighi di conservazione<br />

delle fatture nel tempo, la direttiva 2010/45/UE<br />

non ha recepito integralmente i suggerimenti che<br />

erano contenuti nella Proposta COM(2009) n. 21.<br />

Quest’ultima, infatti, proponeva di uniformare il<br />

limite temporale in sei anni per tutti gli Stati membri.<br />

L’art. 247, par. 1 della direttiva 2006/112CE, nel<br />

testo come risulta modificato per effetto della direttiva<br />

2010/45/UE, ha lasciato invece a ciascuno<br />

Stato membro il potere di stabilire un termine per<br />

la conservazione delle fatture. Nel caso dell’Italia,<br />

quindi, resta fermo il termine stabilito ai fini tributari<br />

dall’art. 22 del D.P.R. 29 settembre 1973, n.<br />

600 (al quale fa esplicito rinvio l’art. 39 del D.P.R.<br />

n. 633/1972), collegato alla definizione dell’accertamento<br />

(che si compie, fatta salva l’ipotesi di un<br />

più lungo contenzioso, il 31 dicembre del quarto<br />

anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione<br />

relativa al periodo d’imposta, o del<br />

quinto anno successivo in caso di omessa presentazione<br />

della dichiarazione). Tuttavia, per l’imprenditore<br />

che esercita un’attività commerciale<br />

soggetta a registrazione, obbligato alla tenuta delle<br />

scritture contabili di cui all’art. 2214 Cod. civ., tale<br />

termine deve considerarsi «assorbito» nel più<br />

lungo termine decennale stabilito dal successivo<br />

Note:<br />

(4) Ovviamente il riferimento alle soppresse «dichiarazioni» periodiche<br />

deve oggi intendersi fatto alle «liquidazioni» periodiche<br />

dell’imposta, mentre il riferimento al metodo delle registrazioni<br />

«incrociate» in aumento di cui al quarto comma dell’art. 26 è da<br />

intendersi oggi alternativo a quello delle registrazioni di rettifica<br />

in diminuzione sugli stessi registri che avevano accolto l’operazione<br />

principale di cui all’allora inesistente quinto comma e oggi<br />

generalmente utilizzate.<br />

(5) Corte di Cassazione, sentenza n. 9188 del 6 luglio 2001.


art. 2220 del medesimo Codice. Quest’ultimo termine<br />

è da porre in evidente correlazione con quello<br />

stabilito dal successivo art. 2946 per la ordinaria<br />

prescrizione dei diritti.<br />

La norma comunitaria stabilisce inoltre (il citato<br />

art. 247, par. 2), che «Per garantire il rispetto dei<br />

requisiti di cui all’articolo 233, lo Stato membro di<br />

cui al paragrafo 1 può esigere che le fatture siano<br />

archiviate nella forma originale, cartacea o elettronica,<br />

in cui sono state trasmesse o messe a disposizione.<br />

Qualora le fatture siano archiviate per via<br />

elettronica, esso può esigere altresì l’archiviazione<br />

per via elettronica dei dati che garantiscono l’autenticità<br />

dell’origine e l’integrità del contenuto di<br />

ciascuna fattura come disposto all’articolo 233».<br />

Prima di entrare nel merito della disposizione, si<br />

osserva che la norma nazionale (art. 39/IVA) utilizza<br />

più correttamente, ad avviso di chi scrive, il<br />

termine «conservazione», mentre la direttiva utilizza<br />

il termine “archiviazione” (probabilmente,<br />

come già avvenuto in altri casi, per difetto di traduzione<br />

dal testo inglese) (6).. La semantica attribuisce<br />

ai due termini significati diversi in quanto<br />

il primo esprime il concetto del mantenimento di<br />

una cosa inalterata nel tempo, mentre il secondo<br />

esprime il concetto di utilizzo di una modalità di<br />

ordinamento sistematico delle cose archiviate (alfabetico,<br />

cronologico, ecc.). Orbene, l’obbligo<br />

giuridico relativo alle scritture contabili è certamente<br />

quello della loro «conservazione» nel senso<br />

sopra indicato, a nulla rilevando le modalità di<br />

«archiviazione» la cui definizione spetta al soggetto<br />

passivo fermo restando - ovviamente - il rispetto<br />

del principio immanente della «ordinata contabilità»<br />

(indicato dal nostro Legislatore civile all’art.<br />

2219 Cod. civ., e richiamato esplicitamente<br />

ai fini tributari dall’art. 22 del D.P.R. 29 settembre<br />

1973, n. 600 cui fa rinvio anche l’art. 39 del<br />

D.P.R. n. 633/1092).<br />

Quanto al merito della disposizione, essa è dichiaratamente<br />

finalizzata a garantire il rispetto dei requisiti<br />

di cui all’art. 233, secondo il quale «l’autenticità<br />

dell’origine, l’integrità del contenuto e la<br />

leggibilità di una fattura, sia essa cartacea o elettronica,<br />

sono assicurate dal momento dell’emissione<br />

fino al termine del periodo di archiviazione della<br />

fattura».<br />

A tale scopo, quindi, è data facoltà allo Stato<br />

membro di esigere che il documento sia conserva-<br />

<strong>Fatturazione</strong><br />

to nella forma originale, «cartacea o elettronica, in<br />

cui sono state trasmesse o messe a disposizione».<br />

Quest’ultima espressione merita tre considerazioni.<br />

La prima è relativa all’obbligo di conservazione<br />

della fattura trasmessa in forma cartacea. C’è da<br />

augurarsi che tale disposizione venga recepita nel<br />

(buon) senso che il soggetto passivo possa essere<br />

obbligato a conservare la fattura in formato cartaceo<br />

solo qualora non intenda effettuare il trasferimento<br />

dei dati secondo le regole di sicurezza di<br />

cui all’art. 4 dell’attuale D.M. 23 gennaio 2004 o<br />

delle regole tecniche che saranno a tal proposito<br />

emanate in seguito.<br />

È infatti evidente che l’obbligo di mantenere tout<br />

court la carta vanificherebbe le attese di semplificazione<br />

della maggior parte dei contribuenti.<br />

La seconda considerazione è relativa all’obbligo di<br />

conservazione della fattura trasmessa in forma<br />

elettronica, per la quale gli Stati membri possono<br />

imporre la conservazione, parimenti per via elettronica,<br />

dei dati che garantiscono l’autenticità dell’origine<br />

e l’integrità del contenuto di ciascuna<br />

fattura. Si pensi a fatture trasmesse anni fa in forma<br />

elettronica ed elaborate con strumenti hardware<br />

e software non più disponibili. Anche in tal caso<br />

Nota:<br />

(6) Così ad esempio, è avvenuto in passato con il termine «deduzione»<br />

di cui all’art. 17 della VI Direttiva n. 77/388, in seguito allineato<br />

nel testo «rifuso» dell’art. 167 della Dir. 2006/112/CE al<br />

nostro termine «detrazione» di cui all’art. 19 del D.P.R. n.<br />

633/1972. Così è anche avvenuto più recentemente, ma in senso<br />

opposto, con il termine «domicilio» (che era per noi di chiara<br />

comprensione come indicato nell’art. 43 del Cod. civ.) e che è<br />

stato prima accolto nell’articolo 43 (e numerosi altri) della Dir. n.<br />

2006/112/CE con riferimento alla territorialità dei servizi, ma è<br />

stato successivamente sostituito (con rettifica pubblicata nella<br />

GUUE L 174 del 19.3.11 in vista dell’emanazione del Regolamento<br />

n. 282/2011) con il termine di derivazione anglosassone (ma<br />

per noi poco comprensibile) di «indirizzo permanente». Si osserva<br />

peraltro che, poiché la rettifica è intervenuta sul testo originario<br />

(e non su quello vigente) della Direttiva, il termine domicilio<br />

è tuttora presente non solo negli articoli 44, 45 (e altri) relativi<br />

alla territorialità dei servizi, ma anche nell’articolo 219 bis relativo<br />

alla fatturazione. Peraltro, nell’elencare nell’art. 226 i contenuti<br />

obbligatori della fattura «ordinaria» con riferimento al soggetto<br />

passivo e all’acquirente o destinatario (n. 5)), nonché dell’eventuale<br />

rappresentante fiscale del debitore d’imposta (n. 15)), il<br />

Legislatore comunitario ha utilizzato la (pignola ma) generica<br />

espressione di «indirizzo completo» che, se da un lato è in grado<br />

di identificare con certezza un sito, nulla dice in realtà se tale sito<br />

costituisca il «domicilio” (in senso civilistico o fiscale?, n.d.A) o la<br />

«residenza» del soggetto di riferimento.<br />

1/2012<br />

37


<strong>Fatturazione</strong><br />

c’è da augurarsi che la disposizione venga recepita<br />

nel (buon) senso che certamente il contribuente<br />

deve assicurare l’autenticità, l’integrità e la leggibilità<br />

nel tempo del documento, ma con una metodologia<br />

di conservazione che sia di ampia e semplice<br />

diffusione.<br />

La terza considerazione riguarda la (relativa) «novità»<br />

costituita dalla «messa a disposizione» della<br />

fattura. Già in passato era stato ammesso in via<br />

amministrativa, ma in assenza di un supporto normativo,<br />

che la fattura elettronica può essere «trasmessa»<br />

al cliente, o «messa a sua disposizione»<br />

nel senso che può essere a lui fornito un link che<br />

gli consenta di collegarsi al sito del fornitore dove<br />

sono residenti le fatture e da questo effettuarne il<br />

prelievo (7).<br />

A tale proposito è bene che il Legislatore precisi<br />

che tale procedura può essere seguita solo con l’esplicito<br />

consenso del destinatario della fattura e<br />

solo per le fatture in formato elettronico, restando<br />

invece escluso che le fatture cartacee, anziché essere<br />

«consegnate» o «spedite» all’altra parte possano<br />

essere semplicemente «messe a disposizione»<br />

del cliente, riversando su li lui l’onere del ritiro.<br />

La norma comunitaria stabilisce infine (art. 247,<br />

par. 3), che «lo Stato membro di cui al paragrafo 1<br />

può imporre condizioni specifiche che vietano o<br />

limitano l’archiviazione delle fatture in un paese<br />

con il quale non esiste alcuno strumento giuridico<br />

che disciplini la reciproca assistenza analogamente<br />

a quanto previsto dalla direttiva 2010/24/UE e dal<br />

regolamento (CE) n. 1798/2003, nonché il diritto<br />

di accesso per via elettronica, di scarico e di utilizzazione<br />

di cui all’articolo 249».<br />

A tale proposito sembra opportuno che l’Amministrazione<br />

finanziaria possa rendere disponibile ai<br />

contribuenti sul proprio sito internet un elenco<br />

(aggiornato) dei Paesi con i quali i suddetti strumenti<br />

giuridici esistono, con gli estremi della relativa<br />

sottoscrizione.<br />

Va tenuto presente che in passato era stato precisato<br />

che, non sussistendo al momento alcun accordo<br />

di reciprocità con i Paesi terzi, non era possibile<br />

effettuare la registrazione diretta di soggetti extracomunitari<br />

ai sensi dell’art. 35-ter del D.P.R. n.<br />

633/1972 (8). Al contrario, con riferimento ai soggetti<br />

che, sulla base di accordi di reciprocità possono<br />

accedere al rimborso semplificato di cui all’art.<br />

38-ter, l’Agenzia delle entrate ha ammesso<br />

38<br />

1/2012<br />

che tale reciprocità sussiste con i Paesi terzi Norvegia,<br />

Svizzera e Israele, senza tuttavia citare i relativi<br />

strumenti giuridici (9).<br />

Osservazioni conclusive<br />

Il recepimento delle nuove norme sulla fatturazione<br />

introdotte dalla direttiva 2010/45/UE comporterà<br />

per il nostro Legislatore la necessità di rivedere<br />

sostanzialmente i corrispondenti articoli contenuti<br />

nel Titolo II del D.P.R. n. 633 del 1972.<br />

In particolare, per quanto riguarda i contenuti della<br />

fattura, dovrà essere riscritta una buona parte<br />

dell’art. 21 e un’analoga attenzione dovrà essere<br />

posta alle fatture intracomunitarie di cui agli articoli<br />

41 e 46 (integrazione) del D.L. n. 331/1993.<br />

Relativamente alla fattura semplificata sarebbe opportuna<br />

la creazione di un apposito articolo, nonché<br />

un intervento sull’art. 22 per lo specifico caso<br />

della fatturazione effettuata tramite gli apparecchi<br />

misuratori fiscali in uso negli esercizi di commercio<br />

al dettaglio,<br />

Anche gli aspetti relativi alle fatture integrative e<br />

alle note di credito comportano la necessità di revisione<br />

dell’art. 26, tenendo presente che in tale<br />

sede sarebbe opportuno disciplinare anche le variazioni<br />

dell’imponibile o dell’imposta nell’ambito<br />

delle operazioni intracomunitarie e nell’ambito<br />

delle operazioni al dettaglio, entrambe oggi assenti<br />

(10).<br />

Note:<br />

(7) Agenzia delle entrate, circolare 19 ottobre 2005, n. 45/E, par.<br />

2.4.3: «Peraltro, l’emissione della fattura può coincidere con il<br />

momento in cui la fattura elettronica è messa a disposizione del<br />

destinatario al quale venga inviato un semplice messaggio (e-mail)<br />

contenente un protocollo di comunicazione ed un link di collegamento<br />

al server ove la fattura è reperibile. In tal modo il destinatario,<br />

collegandosi al sito, può effettuare in qualsiasi momento il<br />

download della fattura, ossia scaricare il documento elettronico. In<br />

ogni caso, occorre che il ricevente sia nelle condizioni di leggere<br />

il documento così come messo a disposizione nel server e, pertanto,<br />

è assolutamente indispensabile il preventivo accordo tra le<br />

parti».<br />

(8) Agenzia delle entrate, risoluzione 5 dicembre 2003, n. 220/E.<br />

(9) Agenzia delle entrate, circolare 29 luglio 2011, n. 37/E, par.<br />

2.1.2.<br />

(10) Per quanto riguarda le operazioni intracomunitarie, si è finora<br />

utilizzato il generico (ma non esauriente) rinvio di cui all’art,<br />

56 del D.L. n. 331/1993, mentre per le operazioni di commercio<br />

al dettaglio è stata creata dall’Agenzia delle entrate una prassi<br />

amministrativa che, pur favorendo l’operatività del contribuente,<br />

confligge apertamente con il disposto dell’attuale art. 26 secondo<br />

comma che consente espressamente il ricorso alla nota di credi-


Infine, per quanto riguarda le norme di conservazione<br />

delle fatture sembra necessaria una revisione<br />

dell’art. 39. L’occasione potrebbe consentire al<br />

Legislatore anche una revisione dei termini ormai<br />

obsoleti (l’impiego di «schedari a fogli mobili» o<br />

di «tabulati di macchine elettrocontabili» di cui al<br />

secondo periodo del primo comma), e delle ipotesi<br />

operative ormai «arcaiche» e non più in uso tra i<br />

contribuenti (il cosiddetto «registro unico» di cui<br />

al secondo comma). Si è già accennato, infine,<br />

all’opportunità di uniformare le varie indicazioni<br />

dell’obbligo tributario di «conservazione» (e non<br />

di «archiviazione») delle fatture e delle altre scritture<br />

contabili.<br />

Il termine del 31 dicembre 2012 potrebbe sembrare<br />

un tempo sufficientemente lungo per i lavori di<br />

recepimento ma, considerando il difficile iter di<br />

formazione del decreto legislativo ed i suoi numerosi<br />

passaggi, è opportuno che il Legislatore ne<br />

inizi senza indugio l’esame. È infatti un argomen-<br />

<strong>Fatturazione</strong><br />

to vasto, che spazia dall’analisi dei soggetti che<br />

intervengono nella emissione o ricezione del documento,<br />

ai suoi numerosi contenuti, alle nuove regole<br />

della fatturazione elettronica che si affianca<br />

alla tradizionale fatturazione cartacea, alle modalità<br />

di conservazione. Peraltro, le nuove regole incidono<br />

profondamente sull’operatività delle imprese<br />

che dovranno conoscere in tempo utile le<br />

nuove disposizioni per rivedere non solo il lay-out<br />

della propria fattura, ma anche le relative procedure<br />

di emissione e di ricezione.<br />

Nota:<br />

(segue nota 10)<br />

to esclusivamente «per le operazioni per le quali sia stata emessa<br />

fattura». La procedura ammessa dall’Agenzia delle entrate prevede<br />

l’emissione del cosiddetto scontrino negativo (ma in realtà<br />

positivo) che comporta per i contribuenti una serie di difficoltà<br />

operative (cfr. risoluzione 5 dicembre 2003, n. 219/E e risoluzione<br />

7 aprile 2005, n. 45/E).<br />

1/2012<br />

39


<strong>Fatturazione</strong><br />

La nuova fattura europea: soluzione<br />

(parziale) del conflitto normativo<br />

fra gli Stati membri<br />

di Nicola Galleani D’Agliano e Maurizio Bancalari<br />

La direttiva 2010/45/UE del 13 luglio 2010<br />

fornisce un indirizzo comune al fine di armonizzare<br />

ulteriormente la disciplina normativa<br />

degli Stati membri nell’ottica del<br />

mercato comune. Precisamente, con riferimento<br />

agli adempimenti obbligatori ai fini<br />

IVA, introduce importanti novità volte allo<br />

snellimento, alla modernizzazione e all’uniformità<br />

delle procedure di fatturazione<br />

all’interno dell’Unione europea, anche al fine<br />

di risolvere i conflitti tra le normative<br />

nazionali degli Stati membri.<br />

Riferimenti<br />

Direttiva 13 luglio 2010, n. 2010/45/UE<br />

D.Lgs. 20 febbraio 2004, n. 52<br />

D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21<br />

Il 1° gennaio 2013 scatta il termine per il recepimento<br />

della seconda direttiva sulla fatturazione, la<br />

direttiva n. 2010/45/UE, all’interno delle normative<br />

nazionali degli Stati membri (1).<br />

Le disposizioni ivi contenute regolamentano a livello<br />

comunitario tale obbligo amministrativo che,<br />

a tutt’oggi, è lasciato alla potestà decisionale dei<br />

singoli Paesi (2).<br />

Nonostante quanto intuito dalla Commissione europea<br />

relativamente al migliore strumento legislativo<br />

di coordinamento della normativa IVA comunitaria<br />

(3), le nuove disposizioni in esame, malgrado<br />

l’elevato grado di armonizzazione richiesto per<br />

superare l’attuale regime transitorio e combattere<br />

le frodi IVA, sono state introdotte con lo strumento<br />

della direttiva.<br />

Pertanto, sarà onere degli Stati membri recepire le<br />

40<br />

L’approfondimento<br />

1/2012<br />

disposizioni comunitarie entro la scadenza indicata<br />

e sarà un dovere degli stessi interpretarle in maniera<br />

uniforme.<br />

Le nuove disposizioni sulla fatturazione comune<br />

s’inseriscono nell’ambito del più generale progetto<br />

di riforma del sistema comune dell’IVA, denominato<br />

VAT Package, al fine di ottimizzare il processo<br />

di sincronizzazione delle normative domestiche<br />

degli Stati membri.<br />

Al fine di fornire alle Autorità dei «27» le giuste<br />

linee guida per la corretta introduzione delle nuove<br />

disposizioni relative alla fatturazione sia elettronica<br />

che cartacea, per la prima volta, la Commissione<br />

europea ha emanato un documento contenente<br />

le «Note di spiegazione» delle nuove disposizioni.<br />

Tale documento, che in futuro dovrebbe<br />

accompagnare tutti i provvedimenti normativi<br />

comunitari in materia di IVA, fornisce utili linee<br />

guide per l’interpretazione delle leggi emanate<br />

dall’Unione europea (4).<br />

Nicola Galleani d’Agliano - Studio legale e tributario P. Centore<br />

& Associati - Senior Partner<br />

Maurizio Bancalari - Studio legale e tributario P. Centore & Associati;<br />

ODIT - Osservatorio di diritto tributario - Socio fondatore<br />

Note:<br />

(1) Cfr. direttiva n. 2001/115/CEE del 20 dicembre 2001, recepita<br />

dal D.Lgs n. 52/2004, in modifica degli artt. 21, 39 e 52 del D.P.R.<br />

n. 633/1972.<br />

(2) Come emerge dall’interrogazione alla Camera dei deputati<br />

del 6 luglio 2011 n. 5-05055, «le scelte operate dalle amministrazioni<br />

coinvolte nella predisposizione del decreto sulla fatturazione<br />

elettronica nei rapporti con le pubbliche amministrazioni hanno<br />

già pienamente accolto quanto contenuto nella direttiva<br />

2010/45/UE».<br />

(3) Cfr. Libro Verde, di cui al Doc. Com. (2010) 695 del 1° dicembre<br />

2010, pag. 15, p.to D13: «Quali disposizioni della normativa<br />

UE in materia di IVA dovrebbero eventualmente essere stabilite<br />

da un regolamento, anziché da una direttiva, del Consiglio?»<br />

(4) Sul tema della direttiva 2010/45/UE, cfr. P. Centore, «La Commissione<br />

UE anticipa l’Agenzia delle entrate spiegando la nuova<br />

fattura IVA», in Corr. Trib., n. 44/2011, pag. 3668.


Il nuovo sistema di fatturazione, seppur non completamente<br />

armonizzato, è volto a ridurre ulteriormente<br />

il rischio di frode e il possibile conflitto<br />

normativo successivo al recepimento delle disposizioni<br />

comunitarie introducendo, a tal fine, regole<br />

che specificano chiaramente lo Stato membro le<br />

cui norme di fatturazione si applicano (5).<br />

Il grado di uniformità della fattura comunitaria,<br />

quindi, sarà garantito anche dalle regole «territoriali»<br />

prescritte dalla direttiva 2010/45/UE e applicabili<br />

al caso concreto.<br />

I conflitti normativi in materia di fatturazione<br />

all’interno dell’Unione europea<br />

Il processo di armonizzazione, nonostante l’apprezzabile<br />

sforzo effettuato dalla Commissione<br />

europea con l’emanazione della direttiva sulla fatturazione,<br />

quantomeno nel suo intento uniformatore,<br />

così come è meritevole l’introduzione a corredo<br />

delle Note di spiegazione, con funzione nomofilattica,<br />

non può prescindere da una forte revisione<br />

delle disposizioni sostanziali sull’imposta.<br />

Come si è potuto constatare nella causa C-277/09,<br />

RBSD, esaminata dalla Corte di giustizia, il recepimento<br />

difforme nei diversi Stati membri delle<br />

norme in materia di IVA, può avere quale conseguenza<br />

l’omesso versamento dell’imposta a valle<br />

e il necessario riconoscimento in sede comunitaria<br />

del diritto di detrazione sull’imposta assolta a<br />

monte.<br />

Le disposizioni contenute nella direttiva<br />

2010/45/CE mirano ad eliminare le discrasie normative<br />

esclusivamente in tema di fatturazione attraverso:<br />

i) l’identificazione dello Stato membro del quale<br />

si applicano le norme di fatturazione per le cessioni/prestazioni<br />

transfrontaliere (art. 219 bis<br />

della direttiva 2006/112/CE);<br />

ii)la fissazione di un termine armonizzato di emissione<br />

della fattura (art. 222 della direttiva<br />

2006/112/CE);<br />

iii) l’armonizzazione delle informazioni contenute<br />

nella fattura (art. 221 della direttiva 2006/<br />

112/CE).<br />

Il processo di armonizzazione previsto dalla direttiva<br />

sulla fatturazione, quindi, è supportato dalle<br />

regole territoriali di applicazione che, seppur non<br />

consentano un allineamento definitivo in materia,<br />

raggiungibile solamente attraverso l’emanazione<br />

<strong>Fatturazione</strong><br />

di un Regolamento comunitario, consentono un<br />

grado di sincronia integrata e coadiuvata dalle Note<br />

di spiegazione per l’applicazione concreta e<br />

uniforme della normativa nazionale di recepimento.<br />

Regole territoriali della nuova fattura europea<br />

L’art. 1, punto 12), della direttiva 2010/45/UE introduce<br />

il nuovo art. 219-bis della direttiva<br />

2006/112/UE (6).<br />

Come chiarito dalle Note di spiegazione fornite<br />

dalla Commissione, lo scopo di tale norma,<br />

conformemente a quanto previsto dal quinto considerando<br />

della direttiva sulla fatturazione, è quello<br />

di fornire agli operatori economici regole chiare su<br />

quale Stato membro debba stabilire le regole di<br />

fatturazione in relazioni alle operazioni rilevanti ai<br />

fini dell’IVA.<br />

Tale norma che esclude dal suo ambito applicativo<br />

le regole sulla conservazione dei documenti contabili,<br />

si applica alle regole relative all’emissione al<br />

contenuto ovvero alle misure di semplificazione<br />

laddove sia prevista una libertà degli Stati membri<br />

nella prescrizione degli obblighi formali da rispettare.<br />

A prescindere dal mantenimento del principio di<br />

tassazione all’origine, ovvero dall’introduzione<br />

della tassazione a destinazione delle operazioni rilevanti<br />

ai fini IVA, l’obiettivo è chiaramente quello<br />

di rendere uniforme l’attuale frammentazione<br />

delle regole di fatturazione adottate in maniera autonoma<br />

e diacronica dai singoli Paesi.<br />

In base alla regola generale prevista dal disposto<br />

del nuovo art. 219-bis, paragrafo 1, della direttiva<br />

2006/112/CE «la fatturazione è soggetta alle norme<br />

applicabili nello Stato membro in cui si considera<br />

effettuata la cessione di beni o la prestazione<br />

di servizi, conformemente alle disposizioni del titolo<br />

V».<br />

Al principio generale, che segue le regole di fattu-<br />

Note:<br />

(5) Il Considerando n. (5) della direttiva 2010/45/UE dispone affinché<br />

«Per garantire alle imprese certezza del diritto in merito<br />

agli obblighi cui sono tenute in materia di fatturazione, occorre<br />

specificare chiaramente lo Stato membro le cui norme di fatturazione<br />

si applicano».<br />

(6) Al titolo XI, capo 3, sezione 3, della direttiva 2006/112/CE è<br />

inserito il seguente articolo, art. 219-bis.<br />

1/2012<br />

41


<strong>Fatturazione</strong><br />

razione del territorio ove l’operazione è territorialmente<br />

rilevante, seguono due deroghe:<br />

i) la prima, prevista dal par. 2, lett. a), per le cessioni<br />

di beni o le prestazioni di servizi in cui il<br />

cedente/prestatore non è stabilito nello Stato<br />

membro in cui le operazioni sono territorialmente<br />

rilevanti ovvero qualora la propria stabile<br />

organizzazione, conformemente a quanto disposto<br />

dall’art. 192-bis della direttiva 2006/112/CE,<br />

non interviene nell’operazione. Sono esclusi da<br />

tale deroga i casi in cui il cessionario/committente,<br />

agendo nella sua qualità di soggetto passivo,<br />

emette autofattura. In tale ultimo caso, quindi,<br />

si tornerà ad applicare la regola generale;<br />

ii)la seconda, prevista dal par. 2, lett. b), per le<br />

cessioni di beni o le prestazioni di servizi che<br />

Tavola n. 1 - Cessioni di beni<br />

42<br />

1/2012<br />

non siano territorialmente rilevanti nel territorio<br />

dell’Unione.<br />

In tali ipotesi derogatorie, le lettere a) e b), art.<br />

219 bis, par. 2, della direttiva 2006/112/CE prevedono<br />

che la fatturazione sia soggetta alle regole<br />

dello Stato membro in cui il cedente/prestatore ha<br />

stabilito la sede della propria attività economica (o<br />

della sua stabile organizzazione qualora intervenga<br />

nell’operazione).<br />

Le regole territoriali esposte, oltre a consentire<br />

l’individuazione territoriale dei precetti in materia<br />

di fatturazione, si inseriscono nel più ampio contesto<br />

della lotta alle frodi IVA, quale obiettivo immanente<br />

e centrale delle autorità comunitarie in<br />

materia di imposizione indiretta, e, almeno apparentemente,<br />

si propongono di superare l’attuale


obbligo di compilazione e la funzione di monitoraggio<br />

svolta dai modelli Intrastat (7).<br />

In tal senso, il legislatore comunitario ha evidenziato<br />

l’esigenza di permettere agli Stati membri di<br />

controllare i beni che sono trasportati temporaneamente<br />

da uno Stato membro ad un altro in regime<br />

sospensivo ovvero in regime ordinario al fine di<br />

evitare eventuali fenomeni di non imposizione (8).<br />

L’adozione delle regole di fatturazione sopra esposte<br />

sono riassunte nelle Tavole n. 1 e n. 2.<br />

Il termine di emissione della fattura<br />

L’armonizzazione integrata dalle suesposte regole<br />

territoriali, ancorché parziale, non potrebbe in<br />

ogni caso prescindere dall’uniformità del momento<br />

di emissione della fattura.<br />

Il problema non è di poco conto solamente considerando<br />

che, in base all’art. 178, par. 1, lett. a),<br />

della direttiva 2006/112/CE, non recepito dalla<br />

normativa domestica, per esercitare il diritto di detrazione,<br />

il soggetto passivo deve essere in possesso<br />

della fattura.<br />

L’asincronia del momento di emissione della fattu-<br />

Tavola n. 2 - Prestazioni di servizi<br />

<strong>Fatturazione</strong><br />

ra, quindi, può ben causare ai soggetti passivi comunitari<br />

un ritardo nel recupero dell’imposta assolta<br />

o versata.<br />

In tal senso, il Consiglio europeo ha precisato che<br />

al fine di migliorare il funzionamento del mercato<br />

interno, è necessario imporre un termine armonizzato<br />

di emissione delle fatture per quanto riguarda<br />

talune cessioni/prestazioni transfrontaliere (9).<br />

Di regolamentare tale termine di emissione si occupa<br />

il nuovo articolo 222 della direttiva<br />

2006/112/CE, come modificato dall’art. 1, punto<br />

15, della direttiva sulla fatturazione.<br />

La previgente disposizione comunitaria, infatti,<br />

prevedeva solamente che gli Stati membri potessero<br />

imporre ai soggetti passivi che effettuassero<br />

cessioni di beni o prestazioni di servizi, rilevanti<br />

ai fini IVA all’interno del loro territorio, un termi-<br />

Note:<br />

(7) Cfr. art. 50, comma 7, D.L. n. 331/1993.<br />

(8) Sulla lotta alle frodi ai fini IVA cfr. anche Reg. (UE) n. 904/2010<br />

«relativo alla cooperazione amministrativa e alla lotta contro la<br />

frode in materia d’imposta sul valore aggiunto».<br />

(9) Cfr. Considerando n. (6) della direttiva 2010/45/UE.<br />

1/2012<br />

43


<strong>Fatturazione</strong><br />

ne per l’emissione delle fatture.<br />

Più precisamente, il nuovo<br />

dettato dell’art. 222 citato,<br />

dispone affinché per le cessioni<br />

intracomunitarie di beni<br />

o per le prestazioni di servizi<br />

per le quali l’imposta sia dovuta<br />

dal destinatario (quindi<br />

le prestazioni di servizi generiche<br />

disciplinate dall’art. 7ter<br />

del D.P.R. n. 633/1972,<br />

effettuate in regime B2B), la<br />

fattura deve essere emessa<br />

entro il quindicesimo giorno<br />

del mese successivo a quello<br />

in cui si è verificato il fatto<br />

generatore dell’imposta.<br />

In via residuale, per le altre<br />

cessioni di beni o prestazioni<br />

di servizi la scelta è lasciata<br />

agli Stati membri che, in pie-<br />

na autonomia, potranno imporre, ai soggetti passivi<br />

che effettuino operazioni ivi territorialmente rilevanti,<br />

dei termini per l’emissione delle fatture<br />

(10).<br />

In merito, nonostante l’uniformità raggiunta sul<br />

momento di emissione della fattura, occorre notare<br />

la distonia generata tra gli Stati membri dalla facoltà<br />

di deroga concessa dall’art. 66 della direttiva<br />

2006/112/CE sul momento di effettuazione dell’operazione<br />

previsto dagli artt. 63, 64 e 65 della direttiva<br />

citata.<br />

Le informazioni contenute nelle fatture<br />

Armonicamente con quanto previsto dall’art. 219bis<br />

richiamato, il nuovo disposto dell’art. 221 prevede<br />

le nuove regole in merito alle indicazioni che<br />

devono essere contenute nelle fatture. Le due disposizioni<br />

sono strettamente connesse laddove si<br />

consideri che la prima, l’art. 221, par. 3, prevede<br />

alcune libertà per gli Stati membri e la seconda,<br />

l’art. 219-bis, determina quale normativa nazionale<br />

sulla fatturazione si applichi in base alle descritte<br />

regole territoriali.<br />

La sincronia delle due disposizioni normative può<br />

essere verificata in concreto nel caso di risoluzione<br />

di conflitti tra la normativa il cui recepimento è<br />

lasciato alla libertà degli Stati membri. Nella di-<br />

44<br />

1/2012<br />

IL PROBLEMA E LA SOLUZIONE<br />

Emissione<br />

«armonizzata» della fattura<br />

L’armonizzazione integrata dalle<br />

regole territoriali in tema di IVA,<br />

ancorché parziale, non può<br />

prescindere dall’uniformità del<br />

momento di emissione della fattura.<br />

L’asincronia del momento di<br />

emissione della fattura può causare ai<br />

soggetti passivi comunitari un ritardo<br />

nel recupero dell’imposta assolta o<br />

versata.<br />

In tal senso, il Consiglio europeo ha<br />

precisato che al fine di migliorare il<br />

funzionamento del mercato interno,<br />

è necessario imporre un termine<br />

armonizzato di emissione delle fatture<br />

per quanto riguarda talune<br />

cessioni/prestazioni<br />

transfrontaliere.<br />

sciplina dettata dal citato paragrafo<br />

3 dell’art. 221, infatti,<br />

il legislatore comunitario<br />

ha concesso che gli Stati<br />

membri possano esonerare i<br />

soggetti passivi dall’obbligo<br />

di emettere una fattura per le<br />

operazioni che, nel territorio<br />

di destinazione, rientrano tra<br />

quelle esenti secondo la normativa<br />

domestica.<br />

Tale libertà non comporta alcuna<br />

conseguenza nel caso di<br />

operazioni transfrontaliere<br />

classificate come esenti nel<br />

territorio di rilevanza ai fini<br />

IVA. In tale situazione, infatti,<br />

lo Stato membro le cui regole<br />

sulla fatturazione sono<br />

applicabili sarà quello del cedente/prestatore<br />

(art. 219-bis,<br />

par. 2, lett. a). L’esenzione<br />

dall’obbligo di fatturazione prevista nel territorio<br />

del cessionario/committente, quindi, non rileverà,<br />

in ogni caso, sull’obbligo di emissione della fattura.<br />

La libertà lasciata agli Stati membri, in questo caso,<br />

rileverà solamente ai fini delle operazioni interne<br />

concluse tra soggetti passivi residenti nel<br />

medesimo territorio, così garantendo le adeguate<br />

informazioni a livello comunitario alle Autorità fiscali.<br />

Nota:<br />

(10) Cfr. art. 21 del D.P.R. n. 633/1972.


La rilevanza IVA<br />

nelle operazioni di riparazione<br />

e sostituzione in garanzia<br />

di Stefano Cesati, Alberto Santi, Francesco Zondini<br />

L’approfondimento<br />

Se, in linea di principio, le operazioni di sostituzione<br />

ovvero la riparazione di beni, durante<br />

il periodo di garanzia costituiscono operazioni<br />

non rilevanti ai fini IVA (in quanto carenti<br />

del presupposto oggettivo di applicazione<br />

dell’imposta), si riscontrano di fatto incertezze<br />

operative nell’ambito di altre tipologie<br />

contrattuali (quali le riparazioni o sostituzioni<br />

effettuate nell’ambito di manutenzioni<br />

programmate o le vendite «a catena»).<br />

Riferimenti<br />

D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 2, 3, 12<br />

Codice civile, art. 1490<br />

Nell’ambito del contratto di compravendita, così<br />

come più in generale nell’ambito dei contratti per<br />

lo scambio di beni (appalto, fornitura, ecc.) l’acquirente<br />

è assistito da diverse forme di tutela tese<br />

a garantire che il bene sia conforme ai requisiti<br />

stabiliti nelle pattuizioni contrattuali.<br />

L’obbligazione di «conformità» gravante sul venditore<br />

è rinvenibile, oltreché nella prassi contrattuale<br />

invalsa da tempo nel commercio, nelle disposizioni<br />

degli artt. 1490 e seguenti del Codice civile,<br />

nella disciplina comunitaria di cui alla Direttiva<br />

44/1999/CEE relativa alla vendita di beni di consumo,<br />

recepita dal D.Lgs. n. 206/2005 (c.d. Codice<br />

del consumo), nonché, infine, nella Convenzione<br />

di Vienna del 1980 applicabile alla vendita internazionale<br />

di merci.<br />

Tralasciando in questa sede una compiuta disamina<br />

della normativa citata - nella quale ad esempio<br />

si distingue la garanzia legale da quella contrattuale,<br />

nonché le possibili ipotesi di difformità dei be-<br />

Operazioni<br />

accessorie<br />

ni (in relazione alla esistenza di vizi, mancanza di<br />

qualità essenziali o promesse, aliud pro alio) - può<br />

essere utile fare riferimento alle disposizioni del<br />

Codice del consumo, che hanno il pregio di individuare<br />

una fattispecie unitaria costituita dal «difetto<br />

di conformità» del bene, ricomprendendovi, sostanzialmente,<br />

le fattispecie di difformità di cui al<br />

codice civile e prevedendo, peraltro, uno specifico<br />

regime di responsabilità legale del venditore.<br />

In particolare, secondo il Codice di consumo si<br />

presume esistente il difetto di conformità del bene<br />

qualora lo stesso:<br />

• sia inidoneo all’uso che abitualmente viene fatto<br />

con beni della stessa species;<br />

• sia difforme alle descrizioni riportate dal venditore,<br />

ovvero non possegga le qualità presentate<br />

nei campioni o modelli;<br />

• faccia difetto delle qualità abituali dei beni dello<br />

stesso tipo, tenuto conto della natura del bene<br />

e, se del caso, delle dichiarazioni pubbliche del<br />

venditore, produttore o loro ausiliari, in particolare<br />

nella pubblicità o etichettatura;<br />

• sia inidoneo all’uso particolare voluto dall’acquirente,<br />

portato a conoscenza del venditore e<br />

da quest’ultimo accettato anche tacitamente.<br />

In tali casi, la tutela primaria accordata all’acquirente<br />

consiste nel diritto ad ottenere senza spese la<br />

riparazione o la sostituzione del bene, qualora il difetto<br />

di conformità si manifesti entro i due anni dalla<br />

consegna (art. 130). Carattere sussidiario, invece,<br />

è rivestito dalle azioni giuridiche volte alla risoluzione<br />

del contratto, ovvero alla riduzione di prezzo,<br />

in quanto tali rimedi risultano esperibili, in linea generale,<br />

solo qualora la sostituzione o la riparazione<br />

risultino impossibili o eccessivamente onerose.<br />

Stefano Cesati - Dottore Commercialista in Milano<br />

Alberto Santi - Dottore Commercialista in Roma<br />

Francesco Zondini - Dottore Commercialista in Milano<br />

1/2012<br />

45


Operazioni<br />

accessorie<br />

Riparazioni e sostituzioni di beni in garanzia<br />

Le disposizioni di cui agli artt. 2 e 3 del D.P.R. n.<br />

633/1972 stabiliscono, in linea generale, che le<br />

operazioni assumono rilevanza IVA solo qualora<br />

effettuate in cambio di uno specifico corrispettivo.<br />

Fanno eccezione le ipotesi di autoconsumo personale<br />

dell’impresa, nonché le cessioni di beni e le<br />

prestazioni di servizi rivolte a finalità estranee<br />

all’esercizio dell’attività d’impresa.<br />

Ai fini che qui interessano, le operazioni di riparazione<br />

e sostituzione in garanzia vengono eseguite gratuitamente<br />

dal venditore in adempimento dell’obbligazione<br />

di conformità (legale o contrattuale) assunta<br />

in relazione all’operazione di cessione di beni, per la<br />

quale l’imposta è stata già assolta su un corrispettivo<br />

comprensivo anche degli eventuali interventi. Da tali<br />

considerazioni deriva che, in linea di principio, la sostituzione<br />

ovvero la riparazione di beni, durante il<br />

periodo di garanzia (1), costituiscono operazioni non<br />

rilevanti ai fini IVA, in quanto carenti del presupposto<br />

oggettivo di applicazione dell’imposta.<br />

Tale impostazione veniva confermata dall’Amministrazione<br />

Finanziaria già nella R.M. n. 502563 del<br />

11 novembre 1975, ove è stato precisato che le «sostituzioni<br />

dell’intero prodotto o di parti difettose,<br />

non costituiscono cessioni o prestazioni imponibili<br />

ai fini dell’IVA, nella considerazione che le stesse<br />

sono effettuate in esecuzione di una obbligazione<br />

prevista contrattualmente e per la quale non sussiste<br />

un corrispettivo in quanto il prezzo di vendita, già<br />

assoggettato al tributo è comprensivo di tali eventuali<br />

cessioni in sostituzione o riparazione» (2).<br />

Analoga posizione trova riscontro in successive<br />

pronunce, a mezzo delle quali si è costantemente<br />

ribadita l’esclusione dall’assoggettamento al tributo<br />

di tali operazioni, in quanto carenti del presupposto<br />

oggettivo di applicazione dell’IVA (3).<br />

Ovviamente, in caso di sostituzione del bene difettoso,<br />

il bene ceduto in sostituzione deve avere lo<br />

stesso valore di quello originario; diversamente,<br />

l’eventuale maggior valore integrerebbe i presupposti<br />

applicativi dell’imposta.<br />

Nella circolare n. 48 del 23 dicembre 1980, emanata<br />

a commento degli obblighi relativi al rilascio della<br />

ricevuta fiscale (4), si puntualizzava che l’ipotesi di<br />

esclusione dall’IVA ricorre, «per quanto concerne le<br />

operazioni di lavorazione, riparazione o manutenzione<br />

in garanzia soltanto nel caso in cui tale prestazione<br />

non comporti pagamento di corrispettivo…».<br />

46<br />

1/2012<br />

Il principio è stato confermato nella successiva risoluzione<br />

n. 334423 dell’11 gennaio 1982 che, in caso<br />

di prestazioni solo in parte incluse nella garanzia,<br />

afferma la rilevanza IVA dei corrispettivi addebitati<br />

per le ulteriori prestazioni fuori garanzia (5).<br />

Ciò premesso occorre considerare che, sebbene le<br />

operazioni effettuate in regime di garanzia (ovvero<br />

anche, come più avanti si dirà, nell’ambito dei contratti<br />

di assistenza e manutenzione) siano da ricondurre<br />

nell’alveo delle prestazioni di servizi, le stesse<br />

danno luogo nella maggior parte dei casi alla contemporanea<br />

cessione di beni che, in quanto connessa<br />

alla esecuzione del servizio di garanzia, è anch’essa<br />

esclusa dall’applicazione dell’imposta, in ragione<br />

del principio di accessorietà che la cessione riveste<br />

rispetto alla prestazione del servizio. Al riguardo,<br />

l’Amministrazione ha precisato che non risultano<br />

autonomamente soggette all’imposta le «cessioni di<br />

beni, parti o pezzi che vengono sostituiti in relazione<br />

alle prestazioni stesse (di garanzia n.d.A.). Infatti, in<br />

quest’ultima ipotesi la cessione del bene si configura<br />

quale operazione accessoria alla prestazione di servizio<br />

ai sensi dell’art. 12 del D.P.R. n. 633/1972 e<br />

come tale non soggetta autonomamente all’imposta<br />

rispetto all’operazione principale» (6).<br />

Analoghe considerazioni valgono per le operazioni<br />

di riparazione eseguite a seguito di una estensione<br />

della garanzia. Tali fattispecie, tutt’altro che infrequenti<br />

nella prassi commerciale, prevedono che il<br />

venditore offra all’acquirente la possibilità di<br />

estendere il periodo di garanzia standard a fronte<br />

di un corrispettivo prefissato.<br />

Senza entrare nel merito delle particolarità regolamentari<br />

necessarie per porre in essere tali operazioni<br />

Note:<br />

(1) Restano, ovviamente, attratte nel regime ordinario le operazioni<br />

che avvengono fuori dal periodo di tutela (legale o contrattuale)<br />

ovvero quelle prestazioni che vengono eseguite non in dipendenza<br />

di un obbligo, ma per ragioni commerciali di diversa natura.<br />

(2) Si rileva che Il riferimento del Ministero alle sole prestazioni<br />

effettuate in esecuzione di una obbligazione contrattuale è motivato<br />

dal fatto che, all’epoca della pronuncia, la garanzia di buon<br />

funzionamento di cui all’art. 1512 c.c. era prevista unicamente dal<br />

codice civile, quale facoltà adottabile dalle parti in sede di contrattazione.<br />

Attualmente, per effetto delle disposizioni del Codice<br />

di Consumo la garanzia di buon funzionamento assume forma di<br />

garanzia legale inderogabile nei rapporti con i privati consumatori.<br />

(3) Cfr. anche R.M. 7 aprile 1976 n. 360323.<br />

(4) Cfr. D.M. del 2 luglio 1980.<br />

(5) In merito a tale rilevanza si veda anche Cass., Sez Trib., 1° ottobre<br />

2003, n. 14603.<br />

(6) Cfr. R.M. 29 marzo 1991 n. 490292 e C.M. n. 40 del 3 ottobre 1980


nel rispetto della norme in materia<br />

di assicurazione (in particolare,<br />

per evitare di incorrere<br />

nella fattispecie dell’esercizio<br />

abusivo dell’attività assicurativa<br />

(7)), né del trattamento IVA<br />

del corrispettivo per l’estensione<br />

della garanzia (8), ai fini<br />

che qui rilevano basti segnalare<br />

che le operazioni di riparazione<br />

effettuate in esecuzione<br />

dell’obbligo contrattuale assunto<br />

risultano anch’esse fuori<br />

dal campo di applicazione dell’imposta.<br />

Da quanto sopra evidenziato e<br />

come confermato dal Ministero<br />

stesso (9), rimangono soggette<br />

all’ordinario regime Iva<br />

le operazioni di riparazione<br />

che i terzi eseguono a favore<br />

dell’acquirente, ma per conto<br />

dei soggetti obbligati alla prestazione della garanzia.<br />

Così, un laboratorio di assistenza fatturerà con<br />

IVA il corrispettivo addebitato al venditore del bene<br />

difettoso, in relazione ad una riparazione effettuata<br />

(gratuitamente) a favore dell’acquirente finale.<br />

Vendite tramite concessionari<br />

Un fenomeno particolarmente diffuso riguarda, inoltre,<br />

le vendite cosiddette a catena, nelle quali la garanzia<br />

alla riparazione o sostituzione del bene difettoso<br />

viene assunta, in ultima analisi dal produttore,<br />

ma eseguita concretamente da soggetti diversi, quali<br />

i concessionari di vendita i quali possono a loro volta<br />

risultare anch’essi tenuti all’obbligo di garanzia.<br />

In tali ipotesi, solitamente, l’acquirente può ricevere<br />

prestazioni in garanzia non solo dal concessionario<br />

presso il quale ha acquistato il bene, ma anche da altri<br />

concessionari appartenenti alla medesima rete.<br />

Il caso è stato affrontato dall’Amministrazione nella<br />

risoluzione n. 500655 del 18 aprile 1975, in relazione<br />

ad una fattispecie per la quale, in forza di specifiche<br />

disposizioni contrattuali, il produttore estero<br />

del bene (nel caso specifico autovetture) prestava la<br />

garanzia nei confronti del distributore italiano, che<br />

a sua volta garantiva le vendite nei confronti dei<br />

concessionari, i quali assumevano analoghe responsabilità<br />

nei confronti degli acquirenti finali. In tale<br />

SOLUZIONI OPERATIVE<br />

Vendite «a catena»<br />

Nelle vendite cosiddette a catena,<br />

(nelle quali la garanzia alla<br />

riparazione o sostituzione del bene<br />

difettoso viene assunta, in ultima<br />

analisi dal produttore, ma eseguita<br />

concretamente da soggetti diversi,<br />

quali i concessionari di vendita che<br />

possono a loro volta risultare anch’essi<br />

tenuti all’obbligo di garanzia) «la<br />

riparazione in garanzia effettuata dal<br />

concessionario nei confronti<br />

dell’acquirente non è soggetta all’IVA<br />

in quanto costituisce l’esecuzione di<br />

una prestazione dovuta<br />

contrattualmente e per la quale non<br />

sussiste un corrispettivo in quanto il<br />

prezzo di vendita del bene, già<br />

assoggettato al tributo, è comprensivo<br />

anche di eventuali prestazioni».<br />

Operazioni<br />

accessorie<br />

ipotesi, tutti i soggetti coinvolti<br />

risultavano pertanto obbligati<br />

«in proprio» a prestare<br />

garanzia nei confronti dei<br />

propri acquirenti.<br />

La pronuncia ministeriale è di<br />

notevole rilevanza in quanto,<br />

sebbene non emergano particolari<br />

e nuovi profili interpretativi<br />

in merito alle prestazioni<br />

effettuate dal concessionario<br />

che ha venduto il bene,<br />

l’Amministrazione si esprime<br />

anche in merito ai rapporti in<br />

essere nell’ambito dell’intera<br />

catena distributiva, escludendo<br />

anch’essi dall’applicazione<br />

dell’imposta (10). Secondo<br />

il Ministero, infatti «la ripara-<br />

Note:<br />

(7) Secondo l’art. 5, comma 4 del Regolamento Isvap n. 29 del 16<br />

marzo 2009 «…. Non costituiscono attività assicurativa le prestazioni<br />

di assistenza, di manutenzione e di riparazione offerte dal venditore<br />

di beni di consumo ai propri clienti, anche a fronte di un corrispettivo<br />

anticipato, in assenza di elementi tipici del rapporto assicurativo<br />

quali, in particolare, l’organizzazione imprenditoriale basata<br />

sulla comunione dei rischi e la determinazione del corrispettivo si<br />

basi tecniche assicurative…»; l’art. 2 del medesimo Regolamento ricomprende<br />

nell’attività di intermediazione assicurativa «la attività<br />

svolta a titolo oneroso nel contesto di una attività commerciale ….<br />

ed anche se tale attività riguardi contratti di assicurazione abbinati<br />

alla vendita di beni ….»; infine, l’art. 3, comma 6 del medesimo Regolamento<br />

prevede appositi limiti temporali e di importo al di sotto<br />

dei quali il Regolamento citato non risulta applicabile.<br />

(8) Il trattamento IVA dipende sia dal fatto che venga svolta unicamente<br />

una attività di tipo assicurativo, (per l’assoggettamento al regime<br />

di esenzione delle attività assicurative svolte anche in assenza<br />

di autorizzazione si veda Corte di Giustizia CE del 25 febbraio<br />

1999, causa C-349/96) ovvero più servizi diversi, tra i quali l’estensione<br />

di garanzia risulti non prevalente. Ovviamente, qualora l’attività<br />

resa rientri tra quelle assicurativa e risulti svolta con sufficiente<br />

grado di autonomia rispetto all’attività principale, con continuità e<br />

impiego di risorse e mezzi adeguati, sarà necessario valutarne le relative<br />

conseguenze anche sul piano del pro-rata di detrazione.<br />

(9) R.M. n. 611268 del 24 febbraio 1989.<br />

(10) Tale impostazione risulta coerente con quanto attualmente<br />

previsto dall’art. 131 del Codice di Consumo ove viene previsto<br />

che «Il venditore finale, quando è responsabile nei confronti del<br />

consumatore a causa di un difetto di conformità imputabile ad<br />

un’azione o ad un’omissione del produttore, di un precedente<br />

venditore della medesima catena contrattuale distributiva o di<br />

qualsiasi altro intermediario, ha diritto di regresso, salvo patto<br />

contrario o rinuncia, nei confronti del soggetto o dei soggetti responsabili<br />

facenti parte della suddetta catena distributiva».<br />

1/2012<br />

47


Operazioni<br />

accessorie<br />

zione in garanzia effettuata dal concessionario nei<br />

confronti dell’acquirente non è soggetta all’IVA in<br />

quanto costituisce l’esecuzione di una prestazione<br />

dovuta contrattualmente e per la quale non sussiste<br />

un corrispettivo in quanto il prezzo di vendita del<br />

bene, già assoggettato al tributo, è comprensivo anche<br />

di eventuali prestazioni».<br />

Inoltre, non devono considerarsi soggette al tributo<br />

le somme corrisposte successivamente al concessionario<br />

dalla società distributrice, nonché a<br />

quest’ultima dalla casa produttrice, in quanto «non<br />

costituiscono corrispettivi di cessioni di beni o di<br />

prestazioni di servizio ma importi versati a titolo<br />

di indennizzo o risarcimento».<br />

È bene precisare che le considerazioni appena citate<br />

valgono nell’ipotesi in cui ognuno dei soggetti<br />

della catena abbia uno specifico obbligo di garanzia<br />

(legale o contrattuale) nei confronti del proprio<br />

acquirente. Da ciò, pertanto, l’Amministrazione<br />

conclude che le prestazioni di sostituzione o riparazione<br />

sono soggette all’ordinario regime di imponibilità,<br />

qualora il soggetto che esegue le prestazioni<br />

in argomento non sia tenuto ad effettuare alcuna<br />

prestazione in garanzia, non avendo lui venduto il<br />

bene rivelatosi difettoso. In particolare, nella citata<br />

Risoluzione si afferma che «per quanto riguarda,<br />

infine, le riparazioni effettuate da un concessionario<br />

diverso da quello che ha venduto l’autoveicolo,<br />

ferma restando l’imponibilità dell’addebito da questi<br />

effettuato alla società distributrice, il successivo<br />

indennizzo a quest’ultima riconosciuto […] non è<br />

soggetto al tributo trattandosi in sostanza di somme<br />

versate a titolo di risarcimento».<br />

Pertanto, in tutti i casi nei quali il soggetto obbligato<br />

alla garanzia si avvalga di terzi (ad esempio appositi<br />

centri di assistenza o normali officine di riparazione)<br />

per l’esecuzione della prestazione in garanzia,<br />

l’operazione è soggetta all’ordinario regime<br />

IVA (11), con la conseguenza che il terzo/prestatore<br />

deve emettere fattura con IVA direttamente nei<br />

confronti del soggetto obbligato alla garanzia, il<br />

quale provvede al pagamento del relativo corrispettivo<br />

o a rifondere il beneficiario della garanzia, allorché<br />

quest’ultimo abbia provveduto ad anticipare<br />

il corrispettivo al prestatore (12).<br />

In linea con tali argomentazioni, la Commissione<br />

Tributaria Regionale di Roma, nella sentenza n. 14<br />

del 26 giugno 2008, rilevava la legittimità della<br />

detrazione dell’IVA da parte del produttore, in re-<br />

48<br />

1/2012<br />

lazione ai corrispettivi ad esso fatturati dai propri<br />

concessionari, argomentando che gli interventi<br />

eseguiti da questi ultimi venivano prestati in ragione<br />

degli impegni contrattuali con il produttore «e<br />

non a seguito di prestazioni da effettuare in forza<br />

del codice civile (13)».<br />

Peraltro, ad avviso di chi scrive, dovrebbero risultare<br />

escluse dal campo di applicazione del tributo<br />

anche le operazioni in garanzia effettuate da soggetti<br />

diversi dal venditore del bene, qualora tali<br />

soggetti adempiano alla garanzia surrogandosi<br />

all’obbligo del venditore (ad esempio su tutti i beni<br />

recanti un determinato marchio o venduti nell’ambito<br />

della rete commerciale di appartenenza),<br />

a fronte di uno specifico obbligo contrattuale appositamente<br />

remunerato o di cui si è esplicitamente<br />

tenuto conto nella determinazione della remunerazione<br />

relativa a diversi rapporti contrattuali (14).<br />

Contratti di assistenza o manutenzione<br />

Analoghe problematiche si riscontrano anche<br />

nell’ambito di altre tipologie contrattuali quali, ad<br />

esempio, la sostituzione o riparazione di beni che<br />

vengono effettuate nell’ambito dei programmi di<br />

«manutenzione programmata».<br />

Si tratta in sostanza delle prestazioni che vengono<br />

rese nell’ambito di contratti di appalto o d’opera,<br />

che prevedono interventi di riparazione o sostituzione<br />

di beni o loro parti per un certo periodo di tempo.<br />

Anche in questo caso valgono le considerazioni in<br />

precedenza riportate, dal momento che, in linea di<br />

principio, il corrispettivo delle prestazioni di ripa-<br />

Note:<br />

(11) Coerentemente con quanto affermato nella R.M. n. 611268<br />

del 24 febbraio 1989 citata<br />

(12) Tale impostazione è coerente con quanto prevede l’art. 73<br />

della Direttiva 2006/112/CEE che definisce la base imponibile come<br />

«corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore<br />

da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese<br />

le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali<br />

operazioni».<br />

(13) L’esclusivo riferimento al codice civile potrebbe imputarsi al<br />

fatto che all’epoca della controversia relativa all’anno di imposta<br />

1998 non erano ancora state introdotte nel nostro ordinamento<br />

le disposizioni del Codice di Consumo recepite per la prima volta<br />

in Italia con il D.Lgs. 2 febbraio 2002 e successivamente dal<br />

D.Lgs. 6 settembre 2005 n. 206.<br />

(14) Depone in tal senso il tenore letterale stesso della risoluzione<br />

n. 500655 del 18/41975 nella quale l’istante rappresentava una<br />

situazione nella quali i concessionari «rispondono delle prestazioni<br />

di garanzia nei confronti dei propri diretti acquirenti».


azione o sostituzione è riferibile complessivamente<br />

al contratto stipulato, relativo all’attività di<br />

assistenza e manutenzione.<br />

Pertanto, le singole prestazioni di manutenzione e<br />

riparazione effettuate nell’ambito di tali contratti<br />

non rientrano nel campo d’applicazione dell’imposta,<br />

in quanto si concretizzano nell’esecuzione dell’obbligazione<br />

contrattuale assunta con il contratto<br />

di assistenza, per la quale, in linea di principio, i<br />

relativi interventi risultano già ricompresi nel corrispettivo<br />

pattuito.<br />

A sostegno di quanto sopra, nella risoluzione n. 73<br />

del 25 marzo 2003 l’Amministrazione ha confermato<br />

che «l’operazione di sostituzione/ritiro, essendo<br />

riferibile al corrispettivo complessivamente<br />

inteso, non è da assoggettare a tassazione IVA come<br />

operazione autonoma» (15).<br />

Di maggior rilievo risultano, tuttavia, le considerazioni<br />

proposte dal Ministero in merito alla possibile<br />

configurabilità in tali fattispecie di un operazione<br />

di permuta (16), qualora le parti abbiano contrattualmente<br />

previsto la compensazione tra il corrispettivo<br />

per il servizio di manutenzione ed il valore<br />

delle componenti difettose prelevate, con la<br />

conseguente applicazione ai fini IVA delle previsioni<br />

di cui all’art. 11 del D.P.R. n. 633/1972, secondo<br />

cui vengono a configurarsi distinte operazioni<br />

rilevanti ai fini IVA.<br />

In particolare, secondo il Ministero, l’operazione<br />

di permuta verrebbe a configurarsi qualora «l’ammontare<br />

del corrispettivo del servizio … viene ad<br />

essere fissato “al netto” del valore dei beni che<br />

vengono ritirati, sulla base di una specifica valorizzazione<br />

del pezzo ritirato».<br />

In tal caso, il valore della prestazione di manutenzione<br />

risulterebbe costituito dalla somma del corrispettivo<br />

del servizio di manutenzione e il valore<br />

economico residuo dei beni ritirati dal prestatore.<br />

Nella fattispecie, oltre alla prestazione di manutenzione<br />

resa dal fornitore si realizzerebbe anche<br />

un’autonoma cessione di beni da parte del committente<br />

del servizio (il cui corrispettivo verrebbe<br />

compensato in diminuzione dal corrispettivo dovuto<br />

per tale servizio), con il conseguente obbligo in<br />

capo a quest’ultimo di assolvere gli obblighi IVA,<br />

qualora rivesta la posizione di soggetto passivo.<br />

Tali fattispecie sono particolarmente frequenti<br />

quando i beni da sostituire hanno ancora un valore<br />

residuo, in quanto riutilizzabili o ricondizionabili.<br />

Operazioni<br />

accessorie<br />

Tuttavia, affinché il contratto di permuta abbia<br />

luogo (producendo quindi le relative conseguenze<br />

in ambito IVA), è necessario - come dianzi detto -<br />

che le parti si accordino consapevolmente (17) in<br />

merito al valore da attribuire ai singoli componenti<br />

«ritirati» e che tale valore venga, quindi, volontariamente<br />

«decurtato» dal prezzo del servizio di<br />

manutenzione.<br />

Obblighi documentali<br />

Qualora le riparazioni consistano anche nella sostituzione<br />

del bene o di sue parti, si rende necessario<br />

per il venditore documentare opportunamente<br />

l’impiego dei beni nelle attività di garanzia che<br />

non danno luogo all’incasso di uno specifico corrispettivo.<br />

Ciò anche al fine di superare positivamente<br />

la presunzione di cessione per i beni acquistati<br />

che non siano rinvenibili nei luoghi del venditore,<br />

di cui al D.P.R. n. 441/1997. A tal fine, potranno<br />

essere utili le pattuizioni contrattuali, oltre<br />

a tutti i documenti (18) nei quali siano descritti gli<br />

interventi effettuati, le parti sostituite ed indicato il<br />

riferimento all’obbligo di garanzia relativa al bene<br />

riparato o sostituito.<br />

Nulla vieta, peraltro, che tali documenti, oltreché<br />

essere conservati ed esibiti in caso di controlli,<br />

vengano anche annotati in appositi registri tenuti<br />

ai sensi dell’art. 39 del D.P.R. n. 633/1972.<br />

La movimentazione connessa alla sostituzione dei<br />

beni difettosi può porre ulteriori oneri per il venditore,<br />

qualora la sostituzione del bene richieda l’invio<br />

dello stesso all’estero, dovendosi distinguere<br />

in tale eventualità le fattispecie possibili in rela-<br />

Note:<br />

(15) In precedenza, cfr R.M. n 334676, del 9 febbraio 1982, il Ministero<br />

aveva confermato la validità di una procedura che prevedeva<br />

l’assoggettamento a IVA della cessione gratuita di motori<br />

fuori uso, da tassare in base al valore normale, da parte di un<br />

concessionario alla casa madre la quale provvedeva a ricondizionarli<br />

e a rimetterli sul mercato.<br />

(16) Ai sensi dell’art. 1552 c.c. la permuta è il contratto che ha<br />

per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose, o<br />

di altri diritti, da un contraente all’altro.<br />

(17) È di tutta evidenza, infatti che nessuna operazione permutativa<br />

può rinvenirsi ove la decisione di ritirare il pezzo difettoso<br />

dipende unicamente dalla volontà del prestatore, senza che il ritiro<br />

incida sulla determinazione del corrispettivo della prestazione<br />

di manutenzione.<br />

(18) Ad esempio moduli per richieste di intervento, i documenti<br />

di prelievo dei beni dal magazzino riportanti la causale del prelievo<br />

per le sostituzioni in garanzia.<br />

1/2012<br />

49


Operazioni<br />

accessorie<br />

zione all’invio di beni in sostituzione a soggetti<br />

comunitari o extracomunitari.<br />

Con riferimento all’invio di beni in altri Stati<br />

membri, la circolare del 23 febbraio 1994 n. 13,<br />

precisa al paragrafo 15.1 che «non sussiste l’obbligo<br />

di presentazione degli elenchi riepilogativi,<br />

neppure agli effetti statistici, per i beni inviati o ricevuti<br />

in esecuzione di obblighi di garanzia a nulla<br />

influendo la restituzione o meno dei beni da sostituire».<br />

In relazione a tali fattispecie, rimangono pertanto i<br />

citati obblighi documentali di carattere generale e<br />

consistenti nell’emissione di documenti di accompagnamento<br />

riportanti la causale dell’operazione e<br />

la relativa annotazione nei registri di magazzino.<br />

Nell’ambito dei rapporti intercorrenti con soggetti<br />

extracomunitari, occorre avere a riferimento, oltre<br />

a quanto già visto, anche alle ulteriori disposizioni<br />

doganali. In particolare, quindi, pur non ricorrendo<br />

- in ragione della gratuità dell’operazione - i presupposti<br />

di applicazione per le cessioni all’esportazione<br />

ai fini IVA, dovranno tuttavia essere esperite<br />

le formalità doganali previste per le esportazioni.<br />

Resi<br />

Come accennato in premessa, oltre ai rimedi discussi,<br />

nell’ipotesi di difetti di conformità l’acquirente<br />

gode anche di una tutela legale consistente<br />

nella risoluzione del contratto, che avviene operativamente<br />

tramite la restituzione del bene e la conseguente<br />

restituzione del prezzo, ovvero nella riduzione<br />

del prezzo (19).<br />

Le problematiche connesse a tali fattispecie non<br />

presentano particolari profili di complessità, in<br />

quanto, in linea generale, sono riconducibili alle<br />

previsioni di cui all’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972.<br />

In tali ipotesi, peraltro, ad avviso di chi scrive, non<br />

opera il limite di un anno dall’effettuazione dell’operazione,<br />

di cui al citato art. 26 D.P.R. n.<br />

633/1972, in quanto non si ricade nelle ipotesi di<br />

sopravvenuto accordo tra le parti, ma di un adempimento<br />

effettuato in esecuzione di un preciso obbligo<br />

che, in caso di inerzia del venditore, potrebbe<br />

essere fatto rispettare, in modo ben più incisivo,<br />

da una sentenza di un giudice, ipotesi che ricadrebbe<br />

esplicitamente nell’ambito dell’art. 26,<br />

comma 2, citato.<br />

Tale principio trova conferma anche nella prassi<br />

50<br />

1/2012<br />

ministeriale (20) che, con riferimento al caso in<br />

cui i beni difettosi risultavano anche pericolosi per<br />

l’utilizzatore, ha ammesso la procedura di cui all’art.<br />

26 del D.P.R. n. 633/1972, oltre i limiti temporali<br />

ivi indicati, in quanto l’operazione derivava<br />

da precise disposizioni di legge.<br />

Da ultimo, si osserva che anche tali fattispecie<br />

presentano alcune criticità nei casi in cui la vendita<br />

originaria sia documentata mediante ricevuta fiscale<br />

o scontrino, in quanto le previsioni dell’art.<br />

26 citato risultano applicabili solo ad operazioni<br />

documentate originariamente da fattura.<br />

Sul punto si è espressa l’Amministrazione Finanziaria<br />

nella risoluzione del 5 dicembre del 2003, in<br />

risposta ad un interpello proposto da una società<br />

che concedeva contrattualmente ai propri clienti,<br />

in alternativa alla consegna di un buono acquisto<br />

di pari valore del bene restituito, anche la possibilità<br />

di restituire il bene ed ottenere il rimborso del<br />

prezzo. L’Amministrazione, prendendo atto della<br />

lacuna normativa ed interpretativa in relazione a<br />

tale casistica, ha avallato la soluzione proposta<br />

dall’istante, articolata attraverso i seguenti passaggi:<br />

• creazione di un’apposita «pratica di reso», contenente<br />

i dati ed i documenti dell’operazione<br />

originaria e della relativa risoluzione;<br />

• ripresa in carico del bene con annotazione nella<br />

contabilità di magazzino, riportante il numero di<br />

pratica;<br />

• emissione di uno scontrino fiscale negativo,<br />

contenente oltre al numero di pratica la causale<br />

«rimborso per restituzione di vendita», da annotare<br />

nel registro dei corrispettivi di cui all’art.<br />

22 del D.P.R. n. 633/1972;<br />

• restituzione del prezzo pagato, con sottoscrizione<br />

da parte del cliente di apposita ricevuta.<br />

Note:<br />

(19) Oltre al risarcimento del danno nel caso di occultamento<br />

del difetto da parte del venditore, per le quali vale l’esclusione<br />

dall’IVA ai sensi dell’art. 15 del D.P.R. n. 633/1972.<br />

(20) R.M. n. 571646 del 24 ottobre 1990


Il regime dell’IVA di gruppo rappresenta un’opportunità<br />

molto interessante per i raggruppamenti di società<br />

nell’ambito dei quali alcune sviluppano costantemente<br />

crediti IVA, mentre altre devono effettuare<br />

versamenti di imposta in quanto sempre a debito.<br />

Il regime permette infatti di compensare i debiti ed<br />

i crediti maturati in capo alle società partecipanti.<br />

La compensazione, che risulta immediata, è applicabile<br />

senza limiti di importo.<br />

La possibilità di compensare debiti e crediti IVA<br />

senza limite di importo è di estremo interesse visto<br />

che altri istituti permettono di recuperare i crediti<br />

IVA ma con limitazioni nell’ammontare.<br />

Si pensi, ad esempio, alla possibilità di compensazione<br />

tra crediti IVA e debiti per altre imposte, in<br />

relazione alla quale non solo è prevista l’apposizione<br />

del visto di conformità (1), ma sono altresì<br />

previsti specifici limiti (2).<br />

Procedura<br />

di gruppo<br />

IVA di gruppo: quando (e quanto)<br />

è conveniente la sua applicazione?<br />

di Ciro D’Ardia<br />

L’adempimento<br />

La procedura di gruppo permette la compensazione<br />

dei debiti e dei crediti IVA maturati<br />

dalle società partecipanti.<br />

Ma, è sempre conveniente la sua applicazione?<br />

Dipende.<br />

L’IVA di gruppo è una libera scelta ma, una<br />

volta effettuata l’opzione, è obbligatoria la<br />

sua applicazione, con tutti gli adempimenti<br />

connessi (dall’invio telematico del modello<br />

IVA 26 entro il 16 febbraio dell’anno in cui<br />

si vuole applicare la procedura, agli obblighi<br />

di garanzia richiesti).<br />

Prima di esercitare l’opzione in maniera affrettata<br />

e rischiare di trovarsi «ingabbiati», è<br />

opportuno, quindi, effettuare una accurata<br />

valutazione.<br />

Riferimenti<br />

D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 73<br />

L’applicazione del regime di gruppo, peraltro, è<br />

possibile in presenza di specifici requisiti delle società<br />

partecipanti; sono inoltre previsti specifici<br />

adempimenti.<br />

Requisiti delle società partecipanti<br />

Per l’applicazione di una procedura di gruppo è<br />

necessario che il gruppo stesso abbia almeno due<br />

soggetti partecipanti; non è invece previsto un numero<br />

massimo di partecipanti.<br />

In ogni caso, è stabilito che sia presente una controllante,<br />

la quale adempierà alla maggior parte<br />

degli obblighi previsti; le altre società partecipanti<br />

sono invece denominate controllate.<br />

Per l’applicazione della procedura, le società partecipanti<br />

devono essere tutte società di capitali (3).<br />

Il controllo deve inoltre esplicarsi per oltre il<br />

50% almeno dall’inizio dell’anno solare precedente<br />

a quello in cui si intende applicare la procedura<br />

(4).<br />

Se quindi si vuole applicare la procedura nel 2012,<br />

deve esserci il controllo almeno dall’inizio del 2011.<br />

Per quello che riguarda il controllo, è da tenere<br />

Ciro D’Ardia - Esperto tributario - Pubblicista<br />

Note:<br />

(1) Nel caso di credito annuale superiore a 15.000 euro, mentre<br />

non è richiesto il visto di conformità nel caso dei crediti infrannuale<br />

in compensazione.<br />

(2) È infatti previsto un limite generale di 516.456,90 euro, elevato<br />

ad un milione di euro nel caso di soggetti subappaltatori in<br />

possesso di specifici requisiti.<br />

(3) Articolo 2, comma 1 D.M. 11065 del 13 dicembre 1979 e circolare<br />

16 del 28 febbraio 1986. È comunque ammessa la partecipazione<br />

di società estere aventi forma giuridica equipollente a<br />

quella delle società di capital con stabile organizzazione, rappresentanza<br />

fiscale o identificazione diretta sul territorio dello Stato<br />

(risoluzione 21 febbraio 2005 n. 22). È inoltre ammessa la partecipazione<br />

di società con forma giuridica consortile (risoluzione 3<br />

luglio 2009 n. 171).<br />

(4) Articolo 2, comma 1 D.M. 11065/1979 e circolare 16/1986.<br />

Per alcune ipotesi particolari si vedano le risoluzioni 21 marzo<br />

2003 n. 68, 14 giugno 2007 n. 132 e 6 giugno 2008 n. 232.<br />

1/2012<br />

51


Procedura<br />

di gruppo<br />

presente che questo può essere sia a «raggiera» che a «catena» (si veda la Tavola n. 1).<br />

Tavola n. 1 - Controllo a «catena» e a «raggiera»<br />

Ipotesi 1<br />

In una situazione:<br />

In cui Alfa controlla Beta, che a sua volta controlla Gamma, la quale controlla Delta, se:<br />

in ognuno dei rapporti di controllo risultano soddisfatte le condizioni relative alla partecipazione per oltre il 50%<br />

e<br />

in ognuno dei rapporti di controllo vi è la partecipazione a partire dall’inizio dell’anno solare precedente a quello in<br />

cui si vuole applicare la procedura è possibile applicare il regime di gruppo per tutte e quattro le società.<br />

Conseguentemente, Alfa potrà assumere il ruolo di controllante, mentre Beta, Gamma e Delta potranno partecipare<br />

come controllate.<br />

In pratica, se si vuole applicare la procedura di gruppo nel 2012, la partecipazione deve essere superiore al 50% almeno<br />

dall’inizio del 2011.<br />

Ipotesi 2<br />

In una situazione:<br />

Nella quale Alfa partecipa in ognuna delle società Beta, Gamma e Delta per oltre il 50% a partire dall’inizio dell’anno<br />

solare precedente a quello in cui si vuole applicare la procedura di gruppo, Alfa potrà assumere il ruolo di controllante,<br />

mentre Beta, Gamma e Delta quello di controllate.<br />

Ipotesi 3<br />

In una situazione “mista” tra le due precedenti:<br />

In cui:<br />

Alfa partecipa in Beta, Gamma e Delta per oltre il 50% dall’inizio dell’anno solare precedente<br />

e<br />

Delta partecipa in Epsilon che a sua volta partecipa in Zeta e in entrambe le partecipazione si esplica per oltre il<br />

50% dall’inizio dell’anno solare precedente.<br />

È possibile l’applicazione della procedura di gruppo, nella quale Alfa assumerà il ruolo di controllante, mentre Beta,<br />

Gamma, Delta, Epsilon e Zeta quello di controllate.<br />

52<br />

Alfa<br />

Beta<br />

1/2012<br />

Gamma<br />

Alfa<br />

Delta<br />

Beta Gamma Delta<br />

Alfa<br />

Beta Gamma Delta<br />

Epsilon<br />

Zeta


Non è invece ammesso il controllo indiretto (si veda<br />

la Tavola n. 2).<br />

Adempimenti delle società partecipanti<br />

Gli adempimenti necessari per l’applicazione della<br />

procedura di gruppo fanno capo principalmente alla<br />

società controllante.<br />

Essi si possono suddividere in:<br />

- obblighi di opzione;<br />

- obblighi di liquidazione e versamento;<br />

- obblighi dichiarativi;<br />

- obblighi di garanzia.<br />

Obblighi di opzione<br />

Per applicare la procedura di gruppo è necessario<br />

manifestare una specifica opzione.<br />

L’opzione è fondamentale in quanto, a differenza<br />

di altre tipologie di opzioni, non risulta valido il<br />

comportamento concludente sancito, in linea generale,<br />

dal D.P.R. 10 novembre 1997, n. 442.<br />

L’art. 4 del D.P.R. n. 442/1997 ha infatti stabilito<br />

che resta comunque obbligatorio l’esercizio dell’opzione<br />

(5).<br />

L’opzione, che dura esclusivamente per un anno,<br />

va manifestata inviando in via telematica l’apposito<br />

modello IVA 26 entro il 16 febbraio dell’anno<br />

in cui si vuole applicare la procedura (6).<br />

Tavola n. 2 - Ipotesi di non sussistenza del controllo<br />

In una situazione:<br />

Alfa<br />

Beta Gamma<br />

Delta<br />

Procedura<br />

di gruppo<br />

Eventuali variazioni dei dati comunicati con il modello<br />

IVA 26 devono essere comunicate presentando,<br />

sempre in via telematica, un altro modello entro<br />

30 giorni dall’avvenuta variazione (7).<br />

Obblighi di liquidazione e versamento<br />

La società controllante deve effettuare, su un apposito<br />

registro (8), le liquidazioni periodiche di<br />

gruppo, sommando algebricamente i debiti ed i<br />

crediti periodici delle società partecipanti.<br />

Se dalle liquidazioni periodiche di gruppo emerge<br />

un credito questo deve essere riportato al periodo<br />

successivo, nel caso in cui vi sia un debito di grup-<br />

Note:<br />

(5) L’illegittimità dell’applicazione della procedura di gruppo è<br />

stata confermata dalle sentenze della Corte di Cassazione 29 luglio<br />

2009 n. 17576 e 30 luglio 2009 nn. 17707 e 17708.<br />

(6) Il modello è stato approvato con il provvedimento dell’Agenzia<br />

delle Entrate del 6 dicembre 2010 n. 171422. Prima era previsto<br />

l’utilizzo di un modello IVA 26 cartaceo da presentare sia<br />

all’Ufficio competente per la società controllante, sia agli Uffici<br />

competenti per le società controllate.<br />

(7) In precedenza, quanto l’opzione veniva esercitata tramite il<br />

modello IVA 26 cartaceo, le variazioni venivano comunicate con<br />

il modello IVA 26-bis, anch’esso cartaceo. È comunque da tenere<br />

presente che restano fermi gli obblighi di presentazione delle variazioni<br />

anagrafiche ai sensi dell’articolo 35 del D.P.R. n.<br />

633/1972.<br />

(8) Articolo 4 D.M. 11065/1979.<br />

Nella quale:<br />

– Alfa partecipa sia in Beta che in Gamma per oltre il 50% dall’inizio dell’anno solare precedente;<br />

– Beta partecipa in Delta per il 30% dall’inizio dell’anno solare precedente;<br />

– Gamma partecipa in Delta per il 40% dall’inizio dell’anno solare precedente.<br />

La procedura è applicabile limitatamente ad Alfa, Beta e Gamma, con Alfa come controllante e Beta e Gamma come<br />

controllate.<br />

Delta non può invece essere inclusa nella procedura in quanto la partecipazione per oltre il 50% deve essere posseduta<br />

da una sola controllata, mentre nel caso in esame, la quota di partecipazione richiesta si raggiunge sommando<br />

le partecipazioni di Beta e di Gamma.<br />

1/2012<br />

53


Procedura<br />

di gruppo<br />

po, questo deve essere versato dalla controllante<br />

(9).<br />

In alcune ipotesi il credito trimestrale di gruppo<br />

può essere compensato con altre imposte e/o chiesto<br />

a rimborso dalla controllante, in questo caso<br />

deve essere presentato l’apposito modello TE.<br />

È comunque da tenere presente, come principio<br />

generale, che l’unico soggetto che può decidere<br />

come utilizzare i crediti di gruppo, annuali o trimestrali,<br />

è la società controllante.<br />

Obblighi dichiarativi<br />

Gli obblighi dichiarativi nei quali si riflette l’esistenza<br />

del gruppo sono (10):<br />

- la dichiarazione annuale;<br />

- il quadro TE/modello IVA TR.<br />

La dichiarazione annuale<br />

Le società partecipanti (quindi sia controllante che<br />

controllate) devono presentare la dichiarazione IVA<br />

in forma autonoma (11) compilando, oltre ai quadri<br />

«normali», anche degli specifici righi/quadri (in<br />

particolare il quadro VK ed i righi VL21 e VL30).<br />

La società controllante deve inoltre inserire nella<br />

propria dichiarazione il prospetto IVA 26/PR, che<br />

deve essere presentato anche in forma cartacea al<br />

competente agente per la riscossione insieme al<br />

prospetto IVA 26/LP ed alle eventuali garanzie per<br />

le eccedenze di credito compensate.<br />

Il quadro TE / modello IVA TR<br />

Il modello IVA TR va presentato nel caso in cui<br />

venga maturato un credito infrannuale rimborsabile/compensabile<br />

(12).<br />

Nel caso di partecipazione ad una procedura di<br />

gruppo, però, le società partecipanti sono tenute a<br />

trasferire al gruppo sia i debiti che i crediti periodici,<br />

perdendone così la disponibilità.<br />

Quindi, nel caso in cui si maturi un credito infrannuale<br />

di gruppo, nel quale vi sono crediti rimborsabili/compensabili,<br />

la società controllante può decidere<br />

di utilizzare il credito in compensazione/rimborso.<br />

In questo caso va presentato, in via telematica ed<br />

entro la fine del mese successivo al trimestre di<br />

maturazione del credito, l’apposito quadro TE, al<br />

quale va allegato un modulo IVA TR per ognuna<br />

delle società da cui deriva il credito chiesto a rimborso/compensazione.<br />

54<br />

1/2012<br />

Obblighi di garanzia<br />

Particolarmente rilevanti, per quello che riguarda<br />

la procedura di gruppo, sono gli obblighi di garanzia.<br />

È infatti previsto che i crediti «effettivamente»<br />

compensati nella procedura di gruppo vengano garantiti<br />

dalle società che li hanno trasferiti.<br />

La prassi amministrativa ha chiarito (13) che vi<br />

sono gli obblighi di garanzia in quanto con la procedura<br />

di gruppo si ha un effetto simile (anzi più<br />

vantaggioso) di quello che si ha con i rimborsi<br />

IVA, vale a dire il recupero delle eccedenze di credito<br />

(in questo caso con effetto immediato).<br />

Le garanzie servono quindi per cautelare l’Erario<br />

nel caso in cui siano utilizzati crediti indebiti; anche<br />

le norme relative all’IVA di gruppo rinviano,<br />

per quello che riguarda le modalità di prestazione<br />

della garanzia, a quanto previsto in materia di rimborsi<br />

IVA (14).<br />

È importante evidenziare come gli adempimenti<br />

relativi agli obblighi di garanzia si possano suddividere<br />

in due fasi:<br />

- una prima fase, nella quale vengono calcolati i<br />

crediti effettivamente compensati e quindi da<br />

garantire;<br />

- una seconda fase nella quale si scelgono le<br />

modalità di prestazione della garanzia o si<br />

verifica la sussistenza di ipotesi di esonero.<br />

La prima fase è sicuramente quella che ha sempre<br />

creato i maggiori problemi agli operatori, anche se<br />

le modalità di calcolo, chiarite con della prassi alquanto<br />

«datata» (15) non sono mai state modificate.<br />

La prassi ha evidenziato, innanzitutto, che i calcoli<br />

degli importi da garantire devono essere effettuati<br />

Note:<br />

(9) I codici tributo per il versamento dell’IVA nella procedura di<br />

gruppo sono comunque identici a quelli ordinari.<br />

(10) Per quello che riguarda, invece, la comunicazione dati IVA è<br />

da tenere presente che ogni società deve presentarla per proprio<br />

conto, non essendo prevista la presentazione di una comunicazione<br />

dati IVA “di gruppo”.<br />

(11) Articolo 3, comma 1 DPR 22 luglio 1998 n. 322 e istruzioni<br />

per la compilazione della dichiarazione IVA.<br />

(12) Articolo 8, comma 2, secondo periodo del DPR 14 ottobre<br />

1999 n. 542.<br />

(13) Risoluzione 9 dicembre 1987 n. 365025.<br />

(14) Articolo 6, comma 3 D.M. 11065/1979.<br />

(15) Risoluzioni 9 dicembre 1987 n. 365025 e 20 dicembre 1989<br />

n. 626305. Relativamente alla durata delle garanzie si veda la circolare<br />

21 giugno 2004 n. 28 par. 5.


a fine anno; è quindi a fine anno che la procedura<br />

di gruppo «presenta il conto» (16).<br />

I calcoli vanno quindi effettuati nella seguente maniera:<br />

- vanno determinate, per ogni società partecipante,<br />

le eccedenze di debito o le eccedenze di<br />

credito trasferite nel corso dell’anno. Le predette<br />

eccedenze vanno calcolate sommando<br />

algebricamente i risultati delle liquidazioni<br />

periodiche e del saldo annuale;<br />

- vanno sommate tutte le eccedenze di debito;<br />

- dal totale delle eccedenze di debito vanno sottratti<br />

i versamenti effettuati dalla controllante<br />

in corso d’anno;<br />

- nel caso in cui residui un importo, va sottratto<br />

l’ammontare dell’eccedenza di credito di<br />

gruppo dell’anno precedente, che va quindi<br />

garantita;<br />

- nel caso in cui residui ancora un importo,<br />

vanno sottratti gli ammontari delle eccedenze<br />

di credito trasferite dalle società partecipanti<br />

in corso d’anno, che vanno garantite (17).<br />

Una volta calcolati gli importi da garantire, si devono<br />

scegliere le modalità di prestazione della garanzia.<br />

Le norme in materia di IVA di gruppo rinviano,<br />

come già evidenziato in precedenza, a quelle previste<br />

per i rimborsi IVA, per cui si applicano, in linea<br />

generale, tutte le ipotesi possibili, nonché le<br />

relative ipotesi di esonero (18).<br />

Sono quindi possibili varie modalità, ma quella<br />

più utilizzata è sicuramente quella della fideiussione<br />

bancaria o della polizza fideiussoria, per la quale<br />

va utilizzato l’apposito modello opportunamente<br />

adattato (19).<br />

Un’interessante opportunità è anche offerta, per i<br />

gruppi con bilancio consolidato con un netto superiore<br />

a 258.228.449,54 euro; è infatti possibile la<br />

prestazione della garanzia dalla società capogruppo<br />

tramite una specifica «assunzione di obbligazione<br />

di pagamento» (20).<br />

Per quello che riguarda le ipotesi di esonero dalla<br />

garanzia molto interessanti (e molto utilizzate) sono<br />

la possibilità di esonero per crediti «minimi»<br />

(21) e l’esonero per soggetti «virtuosi» (22).<br />

L’utilizzo dei crediti IVA<br />

Nel regime dell’IVA di gruppo le società partecipanti<br />

sono obbligate a trasferire i crediti ed i debiti<br />

Procedura<br />

di gruppo<br />

maturati nell’anno di applicazione della procedura.<br />

Di contro, nel caso di un credito annuale maturato<br />

al di fuori del gruppo, questo non può essere trasferito<br />

alla procedura (23).<br />

Un altro principio fondamentale stabilisce poi che<br />

la controllante è l’unico soggetto che può utilizzare<br />

i crediti maturati dalla procedura di gruppo; tale<br />

principio si applica sia per i crediti annuali di<br />

gruppo, che per i crediti infrannuali.<br />

Analisi di convenienza<br />

È sempre conveniente l’applicazione della procedura<br />

di gruppo?<br />

La risposta è molto semplice: dipende.<br />

L’applicazione della procedura di gruppo infatti è<br />

Note:<br />

(16) Si veda C. D’Ardia e R. Lupi, «Omissione di garanzie nell’IVA<br />

di gruppo tra riversamento e fantomatiche “cauzioni”», in Dialoghi<br />

tributari n. 3/2011.<br />

(17) È da evidenziare che nel caso in cui le eccedenze di credito<br />

trasferite in corso d’anno superino il residuo delle eccedenze di<br />

debito, l’unico soggetto che può decidere quali eccedenze di credito<br />

si presumono compensate è la società controllante.<br />

(18) In relazione alle ipotesi di esonero non è comunque applicabile<br />

la franchigia prevista dall’articolo 21 del D.M. 28 dicembre<br />

1993 n. 567.<br />

(19) Le modalità di prestazione della garanzia sono previste dall’articolo<br />

38-bis, primo comma del D.P.R. n. 633/1972. Il modello<br />

di garanzia nel caso di polizza fideiussoria o fideiussione bancaria<br />

è stato approvato con il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate<br />

del 10 giugno 2004.<br />

(20) Articolo 38-bis, primo comma del DPR 633/1972. Si veda<br />

inoltre la circolare del 22 giugno 1998 n. 164, nonché le risoluzioni<br />

12 giugno 2002 n. 189 e 21 aprile 2011 n. 49. In relazione<br />

all’ipotesi dei rimborsi nell’ambito della procedura di gruppo si<br />

veda la risoluzione del 25 febbraio 2009 n. 51.<br />

(21) Vale a dire di importo uguale o inferiore a 5.164,57 euro. L’ipotesi<br />

è prevista dall’articolo 38-bis, primo comma del DPR<br />

633/1972. Chiarimenti sono stati forniti con le risoluzioni 3 novembre<br />

2000 n. 165 e 29 marzo 2001 n. 38.<br />

(22) Articolo 38-bis, settimo ed ottavo comma del DPR<br />

633/1972. I primi (e più importanti) chiarimenti sull’agevolazione<br />

sono stati forniti con la circolare del 4 marzo 1999 n. 54. Ulteriori<br />

chiarimenti sono stati forniti con la risoluzione del 29 marzo<br />

2001 n. 38, nonché, in maniera specifica per la procedura di gruppo<br />

con la risoluzione 28 dicembre 2004 n. 165. Particolarmente<br />

rilevanti sono anche i chiarimenti forniti con la risoluzione del 14<br />

gennaio 2011 n. 9, relativi alla precedente procedura di rimborso<br />

del credito IVA annuale che prevedeva la presentazione del modello<br />

VR al competente agente della riscossione.<br />

(23) Articolo 73, terzo comma del D.P.R. n. 633/1972. Sul punto si<br />

veda la circolare del 19 febbraio 2008 n. 12 par. 10.8, nonché le<br />

risoluzioni 14 febbraio 2008 n. 4/DPF, 11 aprile 2008 n. 151, 22<br />

settembre 2010 n. 92, 11 maggio 2011 n. 56 e 28 luglio 2011 n.<br />

78.<br />

1/2012<br />

55


Procedura<br />

di gruppo<br />

una libera scelta ma, una volta effettuata l’opzione,<br />

è obbligatoria la sua applicazione, con tutti gli<br />

adempimenti connessi.<br />

Prima di esercitare l’opzione in maniera affrettata<br />

e rischiare di trovarsi «ingabbiati» è, quindi, opportuno<br />

effettuare una valutazione.<br />

Tavola n. 3 - Utilizzo del credito maturato nel gruppo<br />

Come già evidenziato nella Tavola n. 1 in una situazione:<br />

In cui Alfa controlla Beta, che a sua volta controlla Gamma, la quale controlla Delta, se:<br />

56<br />

1/2012<br />

Se le società partecipanti sviluppano solo crediti,<br />

l’applicazione della procedura, in linea generale,<br />

non risulta conveniente.<br />

Ciò in quanto i crediti (così come i debiti) devono<br />

essere necessariamente trasferiti al gruppo, solo<br />

che potrebbe essere conveniente, per una società<br />

in ognuno dei rapporti di controllo risultano soddisfatte le condizioni relative alla partecipazione per oltre il 50%<br />

e<br />

Alfa<br />

Beta<br />

Gamma<br />

Delta<br />

in ognuno dei rapporti di controllo vi è la partecipazione a partire dall’inizio dell’anno solare precedente a quello in<br />

cui si vuole applicare la procedura<br />

è possibile applicare il regime di gruppo per tutte e quattro le società.<br />

Si potranno quindi avere tre situazioni diverse:<br />

– Il ruolo di controllante sarà assunto da Alfa. Nel gruppo potranno entrare Beta, Gamma e Delta ovvero solo due<br />

o una sola delle società;<br />

– Il ruolo di controllante sarà assunto da Beta. Nel gruppo potranno entrare Gamma e Delta ovvero una sola delle<br />

società;<br />

– Il ruolo di controllante sarà assunto da Gamma. Il gruppo sarà formato da Gamma (controllante) e Delta (controllata).<br />

Si ipotizzi che nell’anno X si realizzi la situazione 2), in quanto Alfa rinuncia a partecipare. Beta assumerà il ruolo di<br />

controllante, mentre Gamma e Delta parteciperanno come controllate.<br />

Si presuma che nell’anno X la procedura di gruppo messa in atto dalle suddette società maturi un credito annuale.<br />

Si considerino le seguenti possibilità nell’anno X+1:<br />

– la procedura viene rinnovata con Beta come controllante;<br />

– la procedura viene rinnovata ma Beta partecipa come controllata, in quanto il ruolo di controllante viene assunto<br />

da Alfa;<br />

– la procedura non viene rinnovata o comunque Beta non partecipa ad una procedura di gruppo.<br />

Nel caso 1) il credito dell’anno X è trasferibile al gruppo; è ininfluente se nel gruppo dell’anno X+1 vi sono nuovi<br />

soggetti e/o ne escano alcuni presenti nell’anno X.<br />

Nell’ipotesi 2), il credito dell’anno X non è trasferibile al gruppo, per cui dovrà essere gestito da Beta come credito<br />

“proprio”, con obbligo di garanzia nel caso di detrazione su IVA a debito.<br />

Nella situazione 3), il problema non si pone, in quanto Beta non partecipa ad alcuna procedura di gruppo; anche in<br />

questo caso, quindi, il credito sarà gestito come “proprio” con obbligo di garanzia nel caso di utilizzo in detrazione<br />

su IVA a debito.


che sviluppa costantemente crediti, mantenere la<br />

titolarità dei crediti medesimi in modo da utilizzarli<br />

per il pagamento di altre imposte.<br />

In questo modo, il limite dei 516.456,90 euro (24)<br />

sarebbe riferibile ad ognuna delle società partecipanti;<br />

di contro, nel caso di trasferimento dei crediti<br />

al gruppo, il limite dovrebbe essere riferito alla<br />

sola controllante, la quale dovrebbe eventualmente<br />

scegliere altri utilizzi, come la richiesta di<br />

rimborso, sempreché vi siano i relativi presupposti.<br />

Come massimizzare l’utilizzo<br />

della procedura di gruppo<br />

Una volta optato per l’applicazione della procedura<br />

di gruppo, come si può massimizzare l’utilizzo<br />

della procedura stessa?<br />

Si possono fare delle considerazioni su due aspetti<br />

diversi:<br />

- l’utilizzo dei crediti;<br />

- la prestazione della garanzie.<br />

L’utilizzo dei crediti<br />

Per quello che riguarda l’utilizzo dei crediti di<br />

gruppo si deve porre particolare attenzione all’utilizzo<br />

del credito annuale.<br />

In primo luogo, è da tenere presente che questo<br />

può essere utilizzato, su scelta della controllante,<br />

nelle modalità tradizionali, vale a dire:<br />

- in detrazione su IVA a debito;<br />

- in compensazione con altre imposte;<br />

- ceduto nel caso di partecipazione al consolidato<br />

nazionale;<br />

- richiesto a rimborso nel caso in cui sussistano,<br />

in capo ad uno o più delle società partecipanti,<br />

i relativi presupposti.<br />

Per quello che riguarda l’utilizzo in detrazione su<br />

IVA a debito è da evidenziare che il credito sarà<br />

utilizzabile nel gruppo anche l’anno successivo<br />

sempreché il ruolo di controllante sia rivestito dalla<br />

stessa società.<br />

Di contro, nel caso in cui il gruppo venga rinnovato,<br />

ma il ruolo di controllante venga assunto da<br />

un’altra società (25), il credito maturato dal gruppo<br />

non sarà trasferibile al nuovo gruppo, per cui<br />

esso rimarrà nella disponibilità della prima controllante<br />

che dovrà gestirlo come credito «proprio»<br />

(26).<br />

In senso analogo, se la procedura di gruppo non<br />

Procedura<br />

di gruppo<br />

viene rinnovata o, in linea più generale, la controllante<br />

nell’anno successivo non entra in nessuna<br />

procedura di gruppo, il credito rimane nella sua disponibilità<br />

(si veda riepilogo nella Tavola n. 3).<br />

Il credito potrà quindi essere utilizzato secondo le<br />

ordinarie modalità, anche se vi saranno degli obblighi<br />

di garanzia nel caso di utilizzo in detrazione<br />

su IVA a debito (27).<br />

È poi da tenere presente, nel caso di utilizzo in<br />

compensazione e di cessione nel consolidato nazionale,<br />

la sussistenza dei limiti attualmente presenti<br />

fissati nell’ammontare di 516.456,90 euro<br />

(28).<br />

In senso analogo anche per quello che riguarda la<br />

richiesta di rimborso del credito annuale di gruppo,<br />

in quanto la quota chiesta a rimborso con procedura<br />

semplificata entra nei limiti poc’anzi citati<br />

(29).<br />

Diverse considerazioni devono invece farsi per<br />

quello che riguarda gli eventuali crediti infrannuali.<br />

Nel caso in cui vengono sviluppati tali crediti, la<br />

prima considerazione da fare riguarda il fatto che<br />

bisogna concentrarsi sull’utilizzo degli stessi, invece<br />

di farlo sul credito annuale.<br />

Quanto detto in ragione del fatto che:<br />

Note:<br />

(24) Previsto dagli articoli 25, comma 4 del D.Lgs 9 luglio 1997 n.<br />

241 e 34, comma 1 della legge 23 dicembre 2000 n. 388. Il limite<br />

è elevato ad un milione di euro nel caso di soggetti subappaltatori<br />

che nell’anno precedente hanno effettuazione prestazioni soggette<br />

a reverse charge di cui all’articolo 17, sesto comma, lett. a)<br />

del D.P.R. n. 633/1972, in misura superiore all’80% del volume<br />

d’affari (articolo 35, comma 6-ter del D.L. 4 luglio 2006 n. 223).<br />

(25) Quindi una società che controlla la prima controllante ma<br />

che aveva a suo tempo rinunciato a partecipare alla procedura.<br />

(26) Si veda la prassi in nota 23.<br />

(27) Se il credito di gruppo viene utilizzato dalla ex controllante<br />

in detrazione su propria IVA a debito, sussistono gli stessi obblighi<br />

di garanzia già citati per i crediti compensati nella procedura<br />

di gruppo. Gli importi utilizzati in questo modo dovranno essere<br />

indicati nella dichiarazione annuale e garantiti a seguito di specifica<br />

richiesta del competente Ufficio dell’Agenzia delle Entrate<br />

(circolare 9 giugno 1998 n. 144 par. 6).<br />

(28) Si applicano inoltre gli obblighi di utilizzo dei servizi telematici<br />

dell’Agenzia delle Entrate nel caso di credito superiore a<br />

10.000 euro (con utilizzo a partire dal 16 del mese successivo a<br />

quello di presentazione della dichiarazione) e l’obbligo di apposizione<br />

del visto di conformità nel caso di credito superiore a<br />

15.000 euro.<br />

(29) Non entrano invece, nel limite di 516.456,90 euro, gli importi<br />

richiesti con procedura ordinaria.<br />

1/2012<br />

57


Procedura<br />

di gruppo<br />

- il credito infrannuale utilizzato in compensazione<br />

entra nei limiti previsti di 516.456,90<br />

euro. Per questi crediti, però, anche se superiori<br />

a 15.000 euro non deve essere apposto<br />

alcun visto di conformità (30);<br />

- il credito infrannuale chiesto a rimborso non<br />

entra nei limiti più volte citati. Esso è infatti<br />

sempre liquidato dal competente Ufficio<br />

dell’Agenzia delle Entrate, anche se l’erogazione<br />

effettiva avviene da parte dell’agente<br />

della riscossione.<br />

La prestazione delle garanzie<br />

Estrema attenzione deve anche essere posta agli<br />

adempimenti relativi alla prestazione delle garanzie.<br />

Quanto detto sia nella prima fase c.d. di calcolo,<br />

sia nella successiva scelta delle modalità.<br />

Nella prima fase deve essere posta particolare at-<br />

58<br />

1/2012<br />

tenzione a calcolare l’importo dei crediti “effettivamente”<br />

compensati.<br />

Quanto detto al fine di evitare errori sia per difetto<br />

che per eccesso.<br />

I primi, in quanto espongono a contestazioni da<br />

parte dei competenti Uffici dell’Agenzia delle Entrate;<br />

i secondi, in quanto sono causa di sostenimento<br />

di maggiori costi per le garanzie.<br />

Anche la scelta delle modalità non è ininfluente<br />

soprattutto per verificare la presenza di ipotesi di<br />

esonero (crediti minimi e soggetti virtuosi) o la<br />

possibilità di prestazione della garanzia a «costo<br />

zero» (garanzia da parte dalla capogruppo con bilancio<br />

consolidato superiore a 258.228.449,54 euro).<br />

Nota:<br />

(30) Circolare 15 gennaio 2010, n. 1/E, par. 2.2.


Comunità europea<br />

Dalla Comunità europea<br />

con NOTE di Marco Peirolo<br />

Corte di Giustizia<br />

Osservatorio<br />

Regime IVA dei giochi d’azzardo<br />

(Corte di Giustizia, 10 novembre 2011, cause riuniteC-259/10 e C-260/10 - Rank Group)<br />

La Corte di Giustizia UE è intervenuta sull’applicazione del principio di neutralità<br />

fiscale in relazione alla norma comunitaria che concede agli Stati membri la possibilità<br />

di riconoscere l’esenzione dall’IVA per operazioni concernenti, tra l’altro, le<br />

scommesse, le lotterie e altri giochi d’azzardo con poste di denaro.<br />

NOTA - La Corte di Giustizia ha fornito la propria interpretazione dell’art. 13, parte B, lett. f), della VI Direttiva<br />

CEE (ora art. 135, par. 1, lett. i, della Direttiva n. 2006/112/CE), riferito all’esenzione IVA prevista per «le scommesse,<br />

le lotterie e altri giochi d’azzardo con poste in denaro, salvo condizioni e limiti stabiliti da ciascuno Stato<br />

membro».<br />

Le questioni pregiudiziale sollevate dal giudice del rinvio discendono dal rifiuto, opposto dall’Autorità fiscale, alla<br />

richiesta di rimborso dell’IVA assolta sulle prestazioni fornite nell’ambito di alcuni giochi.<br />

I giudici comunitari, in particolare, hanno affermato che:<br />

• il diverso trattamento IVA di due prestazioni identiche o simili dal punto di vista del consumatore che, peraltro,<br />

soddisfano le stesse esigenze di quest’ultimo è sufficiente a dimostrare la violazione del principio di neutralità<br />

fiscale, senza che sia necessario anche dimostrare l’effettiva esistenza di una concorrenza tra i servizi in oggetto o<br />

una distorsione della concorrenza determinata dal diverso regime IVA;<br />

• il principio di neutralità fiscale non può ritenersi violato nell’ipotesi in cui il differente trattamento IVA di due giochi<br />

d’azzardo sia giustificato dalla riconducibilità di tali attività a categorie di licenza diverse e all’applicazione di<br />

discipline diverse relativamente al controllo e alla regolamentazione;<br />

• per valutare, alla luce del principio di neutralità fiscale, se due tipi di slot machines siano simili ed assoggettate<br />

allo stesso regime IVA occorre verificare se l’utilizzo di tali beni sia comparabile dal punto di vista del consumatore<br />

medio e risponda alle medesime esigenze di quest’ultimo; in proposito, gli elementi che possono essere presi<br />

in considerazione sono i limiti minimi e massimi di puntata e di vincita, nonché le probabilità di vincita;<br />

• un soggetto passivo non può richiedere il rimborso dell’IVA versata relativamente a talune prestazioni di servizi,<br />

adducendo una violazione del principio di neutralità fiscale, allorché l’Autorità fiscale ha considerato come<br />

prestazioni esenti da IVA prestazioni di servizi simili, benché, secondo la normativa interna, non fossero esenti;<br />

• uno Stato membro, che si sia avvalso del potere discrezionale conferito dal citato art. 13, parte B, lett. f), ed abbia<br />

esentato da IVA la messa a disposizione di qualunque mezzo per giocare a giochi d’azzardo, escludendo nel contempo<br />

dall’agevolazione una categoria di apparecchi rispondenti a determinati criteri, non può addurre - in risposta<br />

ad una domanda di rimborso dell’IVA, basata su una violazione del principio di neutralità fiscale - di avere<br />

agito con la dovuta diligenza all’apparizione sul mercato di un nuovo tipo di apparecchio non rispondente a tali<br />

criteri.<br />

Dichiarazioni doganali di immissione in libera pratica<br />

(Corte di Giustizia, 10 novembre 2011, cause riuniteC-319/10 e C-320/10 - X)<br />

1/2012<br />

59


Osservatorio Comunità europea<br />

60<br />

La decisione dell’organo di conciliazione delle controversie dell’Organizzazione<br />

mondiale del commercio (OMC) del 27 settembre 2005 non è applicabile alle dichiarazioni<br />

doganali di immissione in libera pratica effettuate anteriormente al 27<br />

settembre 2005.<br />

NOTA - Secondo la Corte di Giustizia, la decisione dell’organo di conciliazione delle controversie<br />

dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) del 27 settembre 2005 non è applicabile alle dichiarazioni<br />

doganali di immissione in libera pratica effettuate anteriormente al 27 settembre 2005.<br />

Tale decisione, in particolare, non può essere invocata per interpretare il termine «salata», di cui alla voce 0210 della<br />

Nomenclatura combinata, né quindi per valutare la validità e/o per interpretare i Regolamenti nn. 535/94, 1832/2002,<br />

1871/2003 e 2344/2003, con cui è stata introdotta e, successivamente, modificata la nota complementare 7 (NC) al<br />

capitolo 2, se le controversie si riferiscono a dichiarazioni per il regime doganale di immissione in libera pratica anteriori<br />

al 27 settembre 2005.<br />

Alla luce di tale conclusione, restano conseguentemente «assorbite» le ulteriori questioni pregiudiziali sollevate dal<br />

giudice del rinvio, riguardanti:<br />

• il modo in cui occorre valutare se la natura della carne di pollo abbia subìto una modifica a seguito della salatura;<br />

• la validità dei citati regolamenti laddove prevedono che la carne, ai fini dell’applicazione della voce 0210, deve<br />

essere considerata «salata» se ha un tenore complessivo di sale pari o superiore all’1,2% in peso;<br />

• il contenuto della nota complementare 7 (NC) al capitolo 2, ove è stabilito che la carne con un tenore di sale pari<br />

o superiore all’1,2% in peso si considera avere subìto una modifica e si qualifica come salata, ai sensi della voce<br />

0210, mentre la carne con un tenore di sale inferiore all’1,2% in peso, la cui natura per l’aggiunta di sale ha subìto<br />

un’evidente alterazione, non viene esclusa dalla voce 0210;<br />

• il modo in cui occorre valutare se la conservazione a lungo termine della carne di pollo sia garantita dalla salatura.<br />

In ogni caso, la voce 0210 comprende «carni e frattaglie commestibili, salate o in salamoia, secche o affumicate; polveri,<br />

carne o frattaglie commestibili». La nota complementare, nella versione risultante dal Reg. CE n. 1810/2004,<br />

precisa che i prodotti in oggetto, per essere considerati salati, devono avere un contenuto di sale totale almeno pari<br />

all’1,2% in peso. Ne consegue che, nel caso in esame, la carne di pollo disossata e congelata non può essere classificata<br />

nella voce 2010, in quanto ha un contenuto di sale inferiore all’1,2% in peso.<br />

Cessione d’azienda senza trasferimento dell’immobile<br />

(Corte di Giustizia, 10 novembre 2011, causa C-444/10 - Schriever)<br />

Per qualificare un’operazione come cessione d’azienda, in quanto tale esclusa dal<br />

campo di applicazione dell’IVA, non è necessario che sia trasferito anche l’immobile<br />

nel quale il cedente svolgeva l’attività, se la cessione dello stesso non è indispensabile<br />

per l’esercizio dell’impresa.<br />

NOTA - Con la sentenza in oggetto, alla Corte di Giustizia è stato chiesto se, in base all’art. 5, par. 8, della VI<br />

Direttiva (ora art. 19 della Direttiva n. 2006/112/CE), costituisce un trasferimento di un’universalità totale o parziale<br />

di beni il trasferimento della proprietà dello stock di merci e dell’attrezzatura commerciale di un negozio al dettaglio,<br />

contestuale alla locazione, al cessionario, dei locali del negozio a tempo indeterminato, ma dal quale entrambe le parti<br />

possono recedere con un breve preavviso.<br />

La giurisprudenza comunitaria ha già stabilito che, affinché si configuri un trasferimento d’azienda, escluso da IVA<br />

ai sensi del citato art. 5, par. 8, occorre che il complesso degli elementi trasferiti sia idoneo a consentire la prosecuzione<br />

dell’attività economica (Corte di Giustizia, 27 novembre 2003, causa C-497/01, Zita Modes).<br />

In proposito, nell’ipotesi in cui un’attività economica non richieda l’uso di locali particolari o dotati di impianti<br />

fissi necessari per la prosecuzione dell’attività, può sussistere un trasferimento di un’universalità di beni, ai<br />

1/2012


Comunità europea<br />

Osservatorio<br />

sensi dell’art. 5, n. 8, della sesta direttiva, anche senza il trasferimento dei diritti di proprietà su un bene immobile.<br />

Per contro, non sussiste trasferimento, senza che al cessionario siano stati conferiti in godimento i locali commerciali,<br />

qualora l’attività economica interessata consista nella gestione di un complesso inscindibile di beni mobili ed<br />

immobili.<br />

Del pari, un trasferimento di beni può altresì avere luogo se i locali commerciali sono messi a disposizione del cessionario<br />

mediante un contratto di locazione o se quest’ultimo dispone di un bene immobile appropriato in cui tutti i<br />

beni trasferiti possano essere collocati e in cui egli possa continuare ad esercitare l’attività economica.<br />

Occorre, pertanto, effettuare una valutazione globale delle circostanze di fatto che caratterizzano l’operazione in<br />

esame per determinare se essa rientri nella nozione di trasferimento di un’universalità di beni, ai sensi della VI<br />

Direttiva.<br />

In tale ambito, deve essere accordata particolare importanza alla natura dell’attività economica che si intende proseguire.<br />

In linea generale, poiché la cessione dello stock di merci e dell’attrezzatura del negozio è sufficiente per consentire<br />

la continuità di un’attività economica autonoma, il trasferimento dei beni immobili non è determinante ai fini della<br />

qualificazione dell’operazione come trasferimento di un’universalità di beni. Inoltre, qualora risulti che la prosecuzione<br />

dell’attività economica richieda che l’acquirente utilizzi gli stessi locali di cui dispone l’alienante, nulla osta, in<br />

via di principio, a che tale possesso sia trasferito mediante la conclusione di un contratto di locazione.<br />

Dalla giurisprudenza comunitaria emerge anche che le intenzioni dell’acquirente possono o, in alcuni casi, devono<br />

essere prese in considerazione in sede di valutazione globale dell’operazione, purché comprovate da elementi oggettivi<br />

(sent. 14 febbraio 1985, causa C-268/83, Rompelman; sent. 26 settembre 1996, causa C-230/94, Enkler; sent. 21<br />

marzo 2000, cause riunite da C-110/98 a C-147/98, Gabalfrisa e a.; sent. 18 novembre 2010, causa C-84/09, X).<br />

Allo stesso modo, secondo i giudici comunitari, elementi quali la durata del contratto di locazione prevista e le modalità<br />

convenute per porvi un termine devono essere presi in considerazione in sede di valutazione globale dell’operazione<br />

in quanto possono incidere su tale valutazione nell’ipotesi in cui siano diretti ad impedire la prosecuzione duratura<br />

dell’attività. In ogni caso, la possibilità di recedere da un contratto di locazione a tempo indeterminato con un<br />

preavviso a breve termine, di per sé, non implica che il cessionario abbia l’intenzione di liquidare immediatamente<br />

l’azienda o la parte di azienda trasferita.<br />

Accise sugli oli minerali: nozione di «navigazione»<br />

(Corte di Giustizia, 10 novembre 2011, causa C-505/10 - Sea Fighter)<br />

Gli oli minerali forniti per essere utilizzati in un escavatore installato in maniera<br />

permanente su una nave, ma che, disponendo di un motore e di un serbatoio autonomi,<br />

funziona indipendentemente dal motore di propulsione della nave, non sono<br />

esenti da diritti di accisa.<br />

NOTA - La Corte di Giustizia si è pronunciata sulla portata dell’art. 8, par. 1, lett. c), della Direttiva n. 92/81/CEE,<br />

relativa all’armonizzazione delle strutture delle accise sugli oli minerali, a seguito di una controversia sorta a seguito<br />

del disconoscimento dell’esenzione dalle accise sugli oli minerali del carburante consumato da un escavatore<br />

installato su una nave.<br />

Secondo i giudici comunitari, non sono esenti da accisa gli oli minerali utilizzati da un escavatore installato in maniera<br />

permanente su una nave che, disponendo di un motore e di un serbatoio autonomi, funziona indipendentemente dal<br />

motore di propulsione della nave stessa.<br />

In base al citato art. 8, par. 1, lett. c), sono esentati dall’accisa armonizzata gli oli minerali forniti per essere usati come<br />

carburanti per la navigazione nelle acque dell’Unione europea, fatta eccezione per gli oli minerali utilizzati per la<br />

navigazione in imbarcazioni private da diporto, cioè per scopi non commerciali.<br />

Tutte le operazioni di navigazione a fini commerciali beneficiano dell’esenzione a prescindere dall’oggetto della navigazione<br />

(Corte di Giustizia, 1° aprile 2004, causa C-389/02, Deutsche See-Bestattungs-Genossenschaft).<br />

1/2012<br />

61


Osservatorio Comunità europea<br />

Così, l’oggetto del tragitto effettuato da una nave nelle acque dell’Unione è irrilevante, ai fini dell’applicazione dell’esenzione<br />

dai diritti di accisa sugli oli minerali consumati, qualora si tratti di navigazione che implichi una prestazione<br />

di servizi a titolo oneroso.<br />

Al riguardo, le manovre effettuate da una draga trasportatrice nel corso di operazioni di aspirazione e scarico dei<br />

materiali, vale a dire gli spostamenti inerenti all’esecuzione delle attività di dragaggio, rientrano nell’ambito di applicazione<br />

della nozione di «navigazione», ai sensi dell’art. 8, par. 1, lett. c), della Direttiva n. 92/81/CEE (Corte di<br />

Giustizia, 1° marzo 2007, causa C-391/05, Jan De Nul).<br />

La nozione in oggetto esige, in particolare, che la prestazione di servizi a titolo oneroso sia inerente allo spostamento<br />

della nave, in quanto l’esenzione è subordinata all’utilizzo degli oli minerali come carburante per la navigazione<br />

nelle acque comunitarie.<br />

Nel caso di specie, il consumo degli oli minerali ad opera dell’escavatore sulla nave è totalmente indipendente dalla<br />

propulsione di quest’ultima.<br />

Alla luce delle considerazioni che precedono, il suddetto consumo non può considerarsi inerente allo spostamento<br />

della nave sulla quale è fissato l’escavatore, per cui l’esenzione non è applicabile.<br />

La Corte dei conti UE può verificare come lo Stato membro attua la cooperazione<br />

(Corte di Giustizia, 15 novembre 2011, causa C-539/09 - Commissione/Germania)<br />

Viene meno agli obblighi derivanti dalla normativa comunitaria lo Stato membro che<br />

si oppone ai controlli, da parte della Corte dei conti dell’UE, diretti a verificare la corretta<br />

applicazione delle disposizioni del regolamento CE n. 1798/2003 in materia di<br />

cooperazione amministrativa tra gli Stati membri per il contrasto delle frodi all’IVA.<br />

NOTA - La Commissione europea ha chiesto alla Corte di Giustizia di dichiarare che la Repubblica federale di<br />

Germania, essendosi opposta allo svolgimento, da parte della Corte di conti dell’Unione europea, di controlli in<br />

Germania sulla cooperazione amministrativa ai sensi sia del Reg. CE n. 1798/2003 (relativo alla cooperazione amministrativa<br />

in materia di IVA), sia delle modalità applicative di quest’ultimo, è venuta meno agli obblighi ad essa<br />

incombenti in forza dell’art. 248, par. 1-3, CE.<br />

Nella fattispecie, il controllo programmato dalla Corte dei conti era inteso a sincerarsi che le strutture e le procedure<br />

di cooperazione amministrativa previste dal Reg. CE n. 1798/2003 in materia di IVA fossero state predisposte e funzionassero<br />

regolarmente.<br />

Le risultanze degli accertamenti previsti, se del caso, dovevano consentire di formulare, in una relazione speciale, raccomandazioni<br />

finalizzate a garantire una maggiore efficacia di tali strutture e meccanismi.<br />

I giudici comunitari osservano che è vero che il gettito dell’IVA rimane essenzialmente un’entrata fiscale nazionale<br />

iscritta nel bilancio degli Stati membri, di modo che solo un’esigua percentuale di tale entrata va a profitto del bilancio<br />

comunitario a titolo di risorse proprie (Corte di Giustizia, 16 settembre 1999, causa C-414/97,<br />

Commissione/Spagna).<br />

È altrettanto vero, però, che, come afferma il Governo tedesco, il calcolo dell’importo delle risorse IVA non consiste<br />

in una mera percentuale del gettito dell’IVA effettivamente riscosso, ma che nel contesto di tale calcolo intervengono<br />

una serie di correttivi intesi, tra l’altro, a garantire la condizione di parità tra Stati membri che hanno optato o meno<br />

per l’esenzione di determinati settori (Corte di Giustizia, 23 maggio 1990, causa C-251/88, Commissione/Germania).<br />

Nonostante tali considerazioni, il sistema di risorse proprie predisposto in esecuzione del Trattato risulta finalizzato, quanto<br />

alle risorse IVA, ad istituire un obbligo a carico degli Stati membri di mettere a disposizione della Comunità, come risorse<br />

proprie, una parte delle somme che essi riscuotono a titolo di IVA (Corte di Giustizia, 13 marzo 1990, causa C-30/89,<br />

Commissione/Francia) e gli Stati membri, per garantire un prelievo effettivo di detto gettito dell’IVA ed essere in grado<br />

di mettere a disposizione del bilancio comunitario le corrispondenti risorse IVA, sono tenuti ad osservare le norme del<br />

diritto comunitario relative a tali prelievi, come quelle contenute nella Direttiva IVA e nel Reg. CE n. 1798/2003.<br />

Del resto, la Corte UE, in passato, ha affermato che, quando uno Stato membro ha omesso di assoggettare ad IVA una<br />

tipologia di operazioni in violazione della Direttiva IVA, siffatta violazione può riflettersi in un inadempimento del-<br />

62<br />

1/2012


Comunità europea<br />

Osservatorio<br />

l’obbligo di tale Stato membro di mettere a disposizione della Commissione, a titolo di risorse IVA, gli importi corrispondenti<br />

all’imposta che avrebbe dovuto prelevare su dette operazioni (Corte di Giustizia, 12 settembre 2000,<br />

causa C-276/97, Commissione/Francia).<br />

Nel caso di specie, la Corte dei conti era competente ad effettuare il controllo programmato, in quanto quest’ultimo,<br />

vertendo sulla cooperazione amministrativa ai sensi del Reg. CEE n. 1798/2003, era effettivamente collegato alle<br />

entrate della Comunità, considerate sotto il profilo della loro legittimità e della relativa sana gestione finanziaria, per<br />

cui presentava un nesso diretto con le funzioni attribuite a tale istituzione dall’art. 248 CE.<br />

Posto che da quanto precede si evince che la Corte dei conti, ai sensi dell’art. 248 CE, era competente a procedere ad<br />

un controllo come quello controverso, si deve dichiarare che, essendosi opposta allo svolgimento di detto controllo<br />

sul suo territorio, la Repubblica federale di Germania ha violato gli obblighi ad essa incombenti in forza della normativa<br />

comunitaria.<br />

Necessaria sincronia tra la sussistenza dell’IVA dovuta e la sua detrazione<br />

(Avvocato Generale, 17 novembre 2011, causa C-414/10 - Société Veleclair)<br />

L’IVA dovuta all’importazione è detraibile anche se non è ancora stata versata all’Erario;<br />

per permettere la detrazione è tuttavia necessario che il credito relativo al<br />

pagamento dell’imposta dovuta sia realizzabile.<br />

Non è pertanto conforme alla normativa comunitaria, conclude l’Avvocato generale,<br />

la norma nazionale che subordina il diritto alla detrazione dell’IVA all’importazione<br />

al previo pagamento.<br />

NOTA - Alla Corte di Giustizia è stato chiesto se l’IVA all’importazione sia detraibile anche se non è stata ancora<br />

versata all’Erario.<br />

Sul piano normativo, l’art. 17, par. 1, della VI Direttiva CEE (ora art. 167 della Direttiva n. 2006/112/CE) dispone<br />

che il diritto di detrazione sorge quando l’imposta diventa esigibile. In caso di importazione, si tratta dell’imposta<br />

«dovuta o assolta» per i beni introdotti nel territorio dello Stato (art. 17, par. 2, lett. b, della VI Direttiva, ora art. 168,<br />

par. 1, lett. e, della Direttiva n. 2006/112/CE).<br />

La stessa espressione, riferita all’imposta dovuta o assolta, è utilizzata dalla normativa comunitaria per le operazioni<br />

interne, rispetto alle quali la Corte di Giustizia ha affermato che la detrazione sorge e può essere esercitata indipendentemente<br />

dal versamento del corrispettivo dovuto, IVA inclusa (sent. 28 luglio 2011, causa C-274/10,<br />

Commissione/Ungheria).<br />

Allo stesso modo, è irrilevante stabilire se l’IVA dovuta sulle cessioni precedenti o successive riguardanti gli stessi<br />

beni sia stata versata o meno all’Erario (Corte di Giustizia, 12 gennaio 2006, cause riunite C-354/03, C-355/03 e C-<br />

484/03, Optigen e a.; Id., 6 luglio 2006, cause riunite C-439/04 e C-444/04, Kittel und Recolta Recycling).<br />

È vero che, nelle operazioni interne, il soggetto che versa l’IVA all’Erario è diverso da quello che la detrae. In<br />

ogni caso, anche laddove - come si verifica generalmente nelle importazioni - il debitore della relativa imposta<br />

sia altresì il soggetto legittimato all’esercizio della detrazione, la situazione è comparabile dal punto di vista economico.<br />

Nelle operazioni interne, infatti, così come il fornitore è tenuto a versare l’imposta anche se non ancora corrisposta<br />

dal cliente, quest’ultimo può esercitare la detrazione anche se non pagata al fornitore a titolo di rivalsa e, una volta,<br />

pagata, anche se quest’ultimo non provveda a versarla all’Erario.<br />

Al fine di garantire il principio di neutralità fiscale, giustificato dall’interpretazione sistematica e teologica della<br />

Direttiva IVA, l’Avvocato generale è dell’avviso che l’IVA all’importazione sia detraibile anche se non è stata ancora<br />

versata all’Erario. Ai fini della detrazione è però necessario che l’imposta sia ancora dovuta, il che presuppone che<br />

il soggetto passivo abbia un obbligo di versamento che sia possibile realizzare giuridicamente.<br />

Sorgere dell’obbligazione doganale a seguito dell’introduzione irregolare di merci: nozione di<br />

«debitore»<br />

(Corte di Giustizia, 17 novembre 2011, causa C-454/10 - Jestel)<br />

1/2012<br />

63


Osservatorio Comunità europea<br />

È debitore dell’obbligazione doganale sorta per effetto dell’introduzione irregolare<br />

di merci nel territorio doganale dell’Unione europea colui che, pur senza concorrere<br />

direttamente all’introduzione, vi abbia partecipato come intermediario ai fini della<br />

conclusione di contratti di compravendita relativi alle merci medesime, qualora<br />

sapesse o dovesse secondo ragione sapere che tale introduzione sarebbe stata irregolare,<br />

circostanza che spetta al giudice del rinvio acclarare.<br />

NOTA - L’art. 202, par. 1 e 3, del Reg. CEE n. 2913/1992 (Codice doganale comunitario) dispone che l’obbligazione<br />

doganale all’importazione sorge in seguito all’irregolare introduzione, nel territorio doganale della Comunità, di<br />

merci soggette a dazi all’importazione.<br />

Si considerano debitori, tra gli altri, coloro che hanno partecipato all’introduzione sapendo o dovendo sapere che essa<br />

era irregolare.<br />

La Corte di Giustizia ha dovuto stabilire se si considera soggetto partecipe all’irregolare introduzione di merci nel territorio<br />

doganale comunitario colui che, pur non avendo partecipato direttamente alla suddetta introduzione, abbia<br />

svolto la funzione di intermediario nella conclusione dei contratti di compravendita relativi a tali merci.<br />

Secondo i giudici comunitari, il citato art. 202, par. 3, del Reg. CEE n. 2913/1993 si riferisce, rispettivamente, alla<br />

persona che ha introdotto materialmente le merci senza dichiararle e alle persone che hanno acquistato o detenuto tali<br />

merci successivamente alla loro introduzione.<br />

Di conseguenza, non può considerarsi debitore dell’obbligazione doganale colui che si limiti ad intervenire nella conclusione<br />

di contratti di compravendita delle merci, ad incassare il relativo corrispettivo e a comunicare i nomi e gli<br />

indirizzi degli acquirenti al fornitore.<br />

In base alla stessa disposizione, sono debitrici dell’obbligazione doganale le persone che hanno partecipato alle operazioni<br />

d’introduzione irregolare delle merci nel territorio della Comunità sapendo o dovendo sapere che tale introduzione era irregolare.<br />

Ne deriva che la qualifica di debitore è subordinata al ricorrere di due condizioni, delle quali la prima, cioè la partecipazione<br />

a tale introduzione, è oggettiva, e la seconda, cioè che le persone abbiano partecipato consapevolmente all’operazione<br />

di introduzione irregolare, è soggettiva (Corte di Giustizia, 3 marzo 2005, causa C-195/03, Papismedov e a.).<br />

Riguardo, in primo luogo, alla condizione oggettiva, la Corte UE ha dichiarato che partecipato all’introduzione irregolare<br />

le persone che hanno preso in qualsiasi modo parte a tale introduzione (sent. 23 settembre 2004, causa C-<br />

414/02, Spedition Ulustrans). Rispetto al caso di specie, sia la conclusione dei contratti di compravendita in esame<br />

sia la consegna delle merci, che rappresenta l’oggetto di tali contratti, costituiscono elementi di un’unica operazione,<br />

vale a dire la compravendita delle merci.<br />

Si deve ritenere, quindi, che una persona che, senza prestare direttamente il proprio concorso nell’introduzione irregolare<br />

delle merci nel territorio doganale comunitario, abbia svolto la funzione di intermediario nella conclusione dei contratti<br />

di compravendita, abbia partecipato a detta introduzione ai sensi dell’art. 202, par. 3, del Reg. CEE n. 2913/1992.<br />

In secondo luogo, riguardo alla condizione soggettiva, deve essere chiarito se sia necessario, perché tale condizione<br />

sia soddisfatta, che i partecipanti prevedano l’irregolarità dell’introduzione, ovvero se sia sufficiente che essi ne considerino<br />

soltanto l’eventualità.<br />

Alla luce del principio di ripartizione delle competenze tra i giudici comunitari e i giudici nazionali, spetta a questi<br />

ultimi verificare se l’intermediario sapesse o dovesse sapere che l’importazione era irregolare.<br />

Sesta direttiva IVA: obbligo degli Stati membri di garantire una riscossione effettiva dell’IVA ed<br />

estinzione di procedimenti giudiziari senza pronuncia in terzo grado<br />

(Avvocato Generale, 17 novembre 2011, causa C-500/10 - Belvedere Costruzioni)<br />

Secondo le conclusioni dell’Avvocato generale, è legittima la disposizione nazionale<br />

in base alla quale, in una controversia in materia di IVA tra un soggetto passivo e<br />

l’amministrazione finanziaria, che origina da un ricorso iscritto a ruolo in primo<br />

grado da oltre dieci anni, un secondo ricorso in appello da parte dell’autorità finanziaria<br />

che sia risultata soccombente in primo grado e in appello venga definito automaticamente<br />

senza pronuncia nel merito da parte della seconda corte d’appello.<br />

64<br />

1/2012


Comunità europea<br />

Osservatorio<br />

NOTA - Secondo l’Avvocato generale della Corte di Giustizia, l’art. 3, comma 2-bis, lett. a), del D.L. n. 40/2010,<br />

convertito dalla L. n. 73/2010, è compatibile con l’ordinamento comunitario.<br />

In particolare, è legittima la definizione automatica delle controversie tributarie pendenti innanzi alla Commissione<br />

Tributaria Centrale da più di dieci anni, quando l’Amministrazione finanziaria sia risultata soccombente nei primi due<br />

gradi di giudizio.<br />

In materia, la Corte di Giustizia (sent. 17 luglio 2008, causa C-132/06, Commissione/Italia) si è già pronunciata, affermando<br />

che il cd. “condono tombale”, previsto dalla L. n. 289/2002, è contrario ai principi comunitari.<br />

La Corte di Cassazione (sent. 13 ottobre 2009, n. 21719), successivamente, ha ritenuto illegittime tutte le forme di<br />

definizione agevolata dell’IVA.<br />

La Commissione europea, alla luce della censura avanzata dalla Corte UE nel procedimento C-132/06, ritiene che il<br />

citato art. 3, comma 2-bis, lett. a) costituisce una totale rinuncia, da parte dello Stato italiano, all’applicazione<br />

dell’IVA dovuta, senza una valutazione caso per caso delle circostanze concrete.<br />

Il Governo italiano, da parte sua, sostiene che, diversamente dal condono tombale, la disposizione controversa ha<br />

natura puramente processuale, avendo ad oggetto controversie innanzi al giudice tributario e si colloca «a valle» dell’esercizio,<br />

da parte dello Stato, delle sue potestà e dell’esercizio dei suoi obblighi.<br />

In linea con la posizione del Governo italiano, l’Avvocato generale osserva che, a differenza della normativa applicabile<br />

ai condoni (di cui alla L. n. 289/2002), la norma controversa «si applica alla fase giurisdizionale e non a quella<br />

amministrativa per la quale sono competenti le autorità fiscali.<br />

La sua natura procedurale è sottolineata dal fatto che è applicabile non solo all’IVA, come nel caso delle disposizioni<br />

di cui trattasi nella causa C-132/06, ma a ricorsi relativi ad ogni tipo di imposta, dinanzi alla Commissione Tributaria<br />

Centrale»; la norma controversa, del resto, «mette un termine al ricorso di ultima istanza dell’autorità finanziaria avverso<br />

una decisione giurisdizionale sfavorevole, ma non favorisce in particolare i soggetti colpevoli di frode fiscale.<br />

In effetti, appare improbabile (…) che le pretese di tali soggetti in un contenzioso con l’amministrazione finanziaria<br />

siano accolte due volte dinanzi ai tribunali - non solo in primo grado, ma in appello».<br />

In definitiva, la valutazione favorevole dell’Avvocato generale si basa sulla natura procedurale della norma, tale<br />

peraltro da non ostacolare la lotta alle frodi fiscali.<br />

Il transito esterno delle merci e la «finzione di produzione»<br />

(Corte di Giustizia, 1° dicembre 2011, cause riunite C-446/09 e C-495/09 - Philips Electronics e Nokia)<br />

Secondo l’Avvocato generale, i beni in transito o in deposito temporaneo non possono<br />

essere automaticamente considerati contraffatti e per ciò sequestrati dalle dogane,<br />

senza che vi siano «sufficienti motivi per sospettare» (senza cioè qualche<br />

prova ragionevole) che le merci debbano essere immesse sul mercato europeo.<br />

Ciononostante, taluni «sospetti» fondati sulla base di prove circostanziali possono<br />

essere sufficienti per far scattare il sequestro da parte delle autorità doganali.<br />

NOTA - Secondo la Corte di Giustizia, le merci provenienti da uno Stato terzo che costituiscono imitazione di un<br />

prodotto tutelato nell’Unione europea da un diritto di marchio o copia di un prodotto ivi protetto da un diritto d’autore,<br />

da un diritto connesso, da un modello o disegno non possono essere qualificate come «merci contraffatte» o<br />

«merci usurpative» per il solo fatto di essere introdotte nel territorio doganale dell’Unione in regime sospensivo (nella<br />

specie, in regime di deposito doganale e in transito esterno).<br />

Dette merci, per contro, possono violare il diritto d’autore ed essere, pertanto, qualificate come «merci contraffatte»<br />

o «merci usurpative» laddove sia dimostrato che sono destinate ad essere immesse in commercio nell’Unione europea;<br />

una siffatta prova è fornita, in particolare, qualora emerga che dette merci sono state oggetto di una vendita ad<br />

un cliente dell’Unione o di una offerta in vendita o di una pubblicità rivolta a consumatori dell’Unione, ovvero quando<br />

risulta da documenti o da corrispondenza concernenti tali merci che è previsto che le medesime siano dirottate<br />

verso i consumatori dell’Unione.<br />

È stata così ridimensionata la pretesa avanzata dai titolari del diritto d’autore, i quali - invocando il rischio che merci<br />

1/2012<br />

65


Osservatorio Comunità europea<br />

dichiarate sotto regime sospensivo siano dirottate verso i consumatori dell’Unione, nonché i rischi per la salute e la<br />

sicurezza che presentano spesso i prodotti di imitazione e di copia - hanno sostenuto che i prodotti di imitazione e di<br />

copia scoperti in fase di deposito o di transito in uno Stato membro devono essere sequestrati e, se del caso, eliminati<br />

dal commercio senza la necessità di disporre di elementi atti a suggerire o a dimostrare che tali merci sono o saranno<br />

immesse in commercio nell’Unione.<br />

A tal fine, essi hanno proposto di riconoscere l’esistenza di una finzione secondo cui le merci dichiarate in deposito o<br />

in transito e che formano oggetto di una domanda d’intervento sono considerate prodotte nello Stato membro ove detta<br />

domanda è presentata, sebbene sia pacifico che la produzione è avvenuta in uno Stato terzo (finzione di produzione).<br />

I giudici comunitari affermano inoltre che, affinché l’Autorità competente a statuire nel merito possa esaminare utilmente<br />

l’esistenza della prova riguardante la destinazione nel mercato comunitario dei prodotti, l’Autorità doganale<br />

cui è stata presentata una domanda d’intervento, non appena dispone di indizi che consentano di sospettare l’esistenza<br />

di detta violazione, deve sospendere lo svincolo o procedere al blocco delle stesse merci; tra i predetti indizi possono<br />

figurare, segnatamente, il fatto che la destinazione delle merci non sia dichiarata mentre il regime sospensivo<br />

richiesto esige una siffatta dichiarazione, l’assenza di informazioni precise o affidabili circa l’identità o l’indirizzo del<br />

produttore o dello speditore delle merci, la mancanza di cooperazione con le Autorità doganali, oppure la scoperta di<br />

documenti o di corrispondenza concernenti le merci di cui trattasi atti a far supporre che è possibile che le medesime<br />

siano dirottate verso i consumatori dell’Unione europea.<br />

Tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità<br />

(Corte di Giustizia, 1° dicembre 2011, causa C-79/10 - Systeme Helmholz)<br />

Rimane esclusa dal beneficio dell’esenzione dall’accisa sul carburante utilizzato<br />

per la navigazione aerea prevista dall’art. 14, n. 1, lett. b), della direttiva<br />

2003/96/CE,relativa alla tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità), l’impresa<br />

che, al fine di sviluppare la propria attività, utilizzi un suo aereo per provvedere<br />

agli spostamenti del proprio personale presso clienti o luoghi di svolgimento<br />

di fiere commerciali, laddove tali spostamenti non sono direttamente funzionali alla<br />

prestazione di servizi aerei a titolo oneroso da parte dell’impresa medesima.<br />

NOTA - La Corte di Giustizia, con la pronuncia in esame, ha escluso l’applicabilità dell’esenzione fiscale prevista<br />

dall’art. 14, par. 1, lett. b), della Direttiva n. 2003/96/CEE, riguardante l’accisa sui prodotti energetici utilizzati quali<br />

carburanti o combustibili per la navigazione aerea, nei confronti di un’impresa il cui oggetto sociale sia estraneo alla<br />

navigazione aerea e che, al fine di sviluppare i propri affari, utilizzi un aeromobile di sua proprietà per lo spostamento<br />

del proprio personale presso clienti o nei luoghi di svolgimento di fiere commerciali.<br />

La citata disposizione esclude dall’agevolazione fiscale l’aviazione privata da diporto, definita - in termine negativi<br />

- come «uso di un aeromobile (…) per scopi non commerciali ed in particolare per scopi diversi dal trasporto di passeggeri<br />

o merci o dalla prestazione di servizi a titolo oneroso o per conto di autorità pubbliche».<br />

Secondo i giudici comunitari, dalla locuzione «diversi dal trasporto passeggeri o merci o dalla prestazione di servizi<br />

a titolo oneroso» emerge che la navigazione aerea ricompresa nella sfera di applicazione di detta esenzione fa riferimento<br />

all’utilizzazione del carburante nel caso in cui l’aeromobile sia direttamente destinato all’effettuazione di prestazioni<br />

di servizi a titolo oneroso inerenti allo spostamento dell’aeromobile (Corte di Giustizia, 11 novembre 2011,<br />

causa C-505/10, Sea Fighter). Da tale interprestazione consegue che le operazioni di navigazione aerea effettuate dall’impresa<br />

non sono assimilabili all’utilizzazione di un aeromobile a fini commerciali e, quindi, non beneficiano dell’esenzione<br />

fiscale laddove non siano direttamente funzionali alla prestazione di un servizio aereo a titolo oneroso.<br />

L’art. 15, par. 1, lett. j), della Direttiva n. 2003/96/CEE prevede, invece, un’esenzione facoltativa volta ad incoraggiare<br />

specificamente un determinato numero di attività commerciali effettuate dai costruttori di aerei e dalle officine di manutenzione<br />

aeronautica che implicano il consumo di carburante al suolo, ove nessuna di tali attività ricade nel campo di<br />

attività abituale delle imprese operanti nel settore della navigazione aerea. Di conseguenza, i giudici comunitari hanno<br />

escluso che l’impresa possa beneficiare dell’agevolazione in oggetto, nella specie per i carburanti consumati dall’aeromobile<br />

di sua proprietà per l’effettuazione dei voli di andata e ritorno verso un’officina di manutenzione aeronautica.<br />

66<br />

1/2012


Commissione europea<br />

Dalla Commissione Europea<br />

Osservatorio<br />

Commissione Europea, COM(2011) 537, Valutazione intermedia del programma Dogana 2013<br />

(Bruxelles, 5 settembre 2011)<br />

Il programma Dogana 2013 è stato istituito dalla decisione n. 624/2007/CE quale<br />

programma d’azione doganale pluriennale nella Comunità finalizzato ad appoggiare<br />

e integrare le azioni intraprese dagli Stati membri per garantire il funzionamento<br />

efficace del mercato interno nel settore doganale. Esso si basa su quattro programmi<br />

precedenti (Matthaeus, Dogana 2000, Dogana 2002 e Dogana 2007).<br />

I principali beneficiari del programma sono le amministrazioni doganali degli Stati<br />

membri; ulteriori beneficiari sono le amministrazioni di altri paesi partecipanti e gli<br />

operatori del commercio. Attualmente il programma è aperto alla partecipazione di<br />

Stati membri dell’UE, paesi candidati e potenziali candidati all’adesione e paesi<br />

associati alla politica europea di vicinato. Oltre ai 27 Stati membri dell’UE, altri<br />

quattro paesi partecipano al programma: la Turchia e la Croazia (entrambe<br />

partecipanti del programma precedente), la Serbia e l’ex Repubblica jugoslava di<br />

Macedonia (che hanno aderito al programma attuale nel 2009). Il programma<br />

attuale copre il periodo dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2013.<br />

Per conseguire gli obiettivi il programma si basa principalmente sui seguenti<br />

strumenti:<br />

• azioni congiunte, fra cui seminari e seminari di approfondimento, gruppi di progetto<br />

e di indirizzo, azioni di formazione, azioni di monitoraggio, benchmarking e altre<br />

azioni;<br />

• fornitura di sistemi informatici, fra cui sistemi transeuropei e applicazioni doganali<br />

comuni.<br />

A norma dell’articolo 22, paragrafo 1, della decisione Dogana 2013, il programma<br />

è oggetto di una valutazione intermedia svolta dalla Commissione sulla base delle<br />

informazioni trasmesse dagli Stati membri. Per garantire la coerenza della<br />

metodologia e dell’impostazione, tale valutazione è stata commissionata al<br />

consulente esterno The Evaluation Partnership, dotato di specifiche competenze in<br />

materia di valutazioni. I servizi della Commissione e i paesi partecipanti hanno<br />

orientato e sostenuto tale soggetto esterno attraverso un gruppo di indirizzo che si è<br />

riunito più volte durante l’esecuzione del progetto.<br />

La presente relazione adottata dalla Commissione adempie all’obbligo di<br />

comunicare i risultati della valutazione intermedia al Consiglio, al Parlamento<br />

europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni. La<br />

relazione di valutazione definitiva del consulente esterno si può scaricare dal sito<br />

internet Europa della DG TAXUD.<br />

Finalità della valutazione<br />

La valutazione intermedia ha analizzato l’impatto delle attività svolte nell’ambito<br />

del programma dal 2008 fino a marzo 2011, esaminando i progressi finora compiuti<br />

nel periodo di esecuzione del programma e la misura in cui i suoi obiettivi sono<br />

stati raggiunti (l’efficacia del programma) a costi ragionevoli (l’efficienza del<br />

programma). Essa ha anche verificato se gli obiettivi corrispondevano ai bisogni<br />

del settore doganale (valutazione di pertinenza) e in che misura il programma ha<br />

generato un valore aggiunto per l’Unione europea, cioè se gli obiettivi del<br />

programma possono essere realizzati in modo migliore mediante un programma<br />

dell’Unione piuttosto che dagli Stati membri. Ha anche valutato l’utilizzo della<br />

dotazione finanziaria e l’andamento del monitoraggio e dell’attuazione, in<br />

particolare per quanto riguarda la gestione del programma.<br />

1/2012<br />

67


Osservatorio Comunità europea<br />

68<br />

L’obiettivo della presente valutazione intermedia è quello di valutare sia<br />

l’auspicabilità del proseguimento del programma, sia l’eventuale necessità di<br />

apportarvi modifiche in termini di pianificazione delle attività per i prossimi anni. I<br />

risultati della valutazione saranno anche utilizzati per la valutazione d’impatto in<br />

corso sul futuro programma Dogana 2020. Tuttavia, le conclusioni della presente<br />

comunicazione non sono vincolanti per le future decisioni che la Commissione<br />

prenderà in tal senso.<br />

Metodologia<br />

I consulenti esterni si sono avvalsi di una metodologia dettagliata e hanno basato le<br />

loro risposte su un’analisi rigorosa e sui risultati derivati da più metodi di raccolta<br />

di dati, come illustra la tabella in appresso (colloqui, sondaggi, strumenti di<br />

raccolta di dati quantitativi, ecc.). I dati sono stati analizzati sulla base di un<br />

insieme completo di criteri di valutazione e giudizio, sviluppato con l’aiuto del<br />

gruppo di indirizzo per il progetto di valutazione.<br />

La validità dei risultati è stata poi ulteriormente discussa nelle riunioni con il<br />

gruppo di indirizzo. Complessivamente, la valutazione si è avvalsa dei tassi elevati<br />

di risposta ai sondaggi indirizzati ai funzionari doganali degli Stati membri e della<br />

collaborazione attiva dei coordinatori nazionali del programma Dogana 2013.<br />

QV<br />

Strumenti Questionario per<br />

le amministrazioni<br />

doganali nazionali<br />

Sondaggio<br />

dei partecipanti<br />

delle azioni<br />

Colloqui con i gestori<br />

del programma<br />

Studi di casi<br />

Ricerca<br />

documentale<br />

Efficacia ✓ ✓ (✓) ✓ (✓)<br />

Gestione (✓) (✓) ✓ (✓)<br />

Efficienza (✓) (✓) (✓) ✓<br />

Pertinenza ✓ (✓) (✓) ✓<br />

Valore aggiunto UE ✓ (✓) ✓ (✓) ✓<br />

Le parentesi indicano che i dati ottenuti con il corrispondente metodo di raccolta<br />

hanno rilevanza solo parziale per i quesiti di valutazione nella categoria specifica.<br />

Valutazione<br />

Il consulente esterno ha presentato una relazione definitiva di valutazione<br />

contenente una visione d’insieme sistematica e completa del programma Dogana.<br />

Un riassunto dettagliato delle attività e delle azioni svolte dal 2008 in poi<br />

costituisce una base solida per i risultati e le conclusioni, che mostrano un livello di<br />

soddisfazione chiaramente elevato delle parti interessate e dei beneficiari.<br />

Risultati<br />

La valutazione dimostra che il programma è ben adattato ai bisogni e ai problemi dei<br />

beneficiari. I risultati riferiti dai consulenti esterni dimostrano che il programma è un<br />

buono strumento di sostegno all’attuazione della politica doganale. Inoltre, la<br />

valutazione fornisce indicazioni chiare e convincenti di come il programma abbia<br />

ottenuto gli effetti desiderati. L’elevata efficienza ed efficacia del programma si spiega<br />

in parte anche con la sua gestione competente, valutata in modo molto positivo.<br />

La valutazione mostra anche che le attività finanziate da Dogana 2013 hanno<br />

contribuito ad armonizzare i metodi di lavoro delle amministrazioni doganali<br />

nazionali. Inoltre, l’elemento di flessibilità del programma è stato evidenziato come<br />

un aspetto positivo della sua attuazione.<br />

Ad esempio, gruppi di progetto hanno potuto attingere all’esperienza delle<br />

amministrazioni doganali nazionali per affrontare determinati problemi ed<br />

elaborare soluzioni. La relazione ha anche concluso che il programma apporta un<br />

valore aggiunto significativo dell’UE.<br />

1/2012


Comunità europea<br />

Osservatorio<br />

La Commissione ha preso atto della valutazione molto positiva del programma<br />

espressa da tutte le parti interessate. Il programma riesce a raggiungere i suoi<br />

obiettivi offrendo alle amministrazioni doganali nazionali una piattaforma di<br />

collaborazione, strumenti supplementari, sistemi informatici comuni o<br />

interoperabili, una formazione condivisa e opportunità di coordinazione. Ciò<br />

dimostra chiaramente il valore aggiunto UE del programma. Gli amministratori<br />

nazionali del settore doganale hanno espresso livelli particolarmente elevati di<br />

apprezzamento del programma Dogana 2013.<br />

La Commissione è quindi giunta alla conclusione che sia auspicabile, in termini<br />

generali, darvi proseguimento.<br />

Raccomandazioni per il rimanente periodo di esecuzione del programma<br />

Le raccomandazioni per ulteriori miglioramenti si basano su una metodologia<br />

rigorosa, su ricerche minuziose e sull’analisi di dati di sondaggi e colloqui diretti<br />

con tutte le parti interessate. Le raccomandazioni dettagliate sono riportate nella<br />

valutazione. I principali suggerimenti per ottenere risultati ancora più incisivi da<br />

qui al 2013 sono i seguenti:<br />

1) affrontare questioni esterne che ostacolano i progressi dell’agevolazione degli<br />

scambi commerciali;<br />

2) sostenere la piena attuazione delle disposizioni di attuazione del codice doganale<br />

aggiornato, della gestione dei rischi e dell’applicazione uniforme di importanti<br />

regole, processi e concetti nuovi;<br />

3) comunicare a un pubblico più ampio i risultati dei lavori dei gruppi di progetto che<br />

sviluppano e attuano l’Iniziativa sul futuro delle dogane;<br />

4) istituire meccanismi per aiutare le autorità doganali a prevenire, investigare e<br />

contrastare le operazioni illegali;<br />

5) considerare attentamente le implicazioni in termini di risorse umane delle nuove<br />

attività di Dogana 2013 ed evitare di aumentare il carico di lavoro complessivo sul<br />

personale degli Stati membri e della Commissione nell’attuale congiuntura<br />

economica;<br />

6) incentivare la partecipazione di associazioni commerciali alle attività di<br />

Dogana 2013, ove pertinente e appropriato, e garantire la trasparenza nella selezione<br />

dei rappresentanti di singole imprese e negli inviti ad essi rivolti per partecipare ad<br />

azioni congiunte;<br />

7) monitorare attentamente l’adozione di strumenti comuni di formazione e fornire un<br />

sostegno supplementare, se necessario;<br />

8) incrementare il sostegno ai paesi candidati e potenziali candidati (compresi i paesi<br />

non partecipanti);<br />

9) affrontare questioni esterne che limitano l’efficacia dei sistemi informatici doganali<br />

transeuropei e comuni;<br />

10) migliorare le procedure di alcuni organismi di Dogana 2013 e le interazioni fra di<br />

essi;<br />

11) migliorare il modo in cui ART2 rispecchia i collegamenti fra le attività e gli<br />

obiettivi/priorità di Dogana 2013.<br />

In generale, la Commissione avalla tali raccomandazioni. Per dare seguito al<br />

progetto, la Commissione elaborerà un piano d’azione relativo a ciascuna delle<br />

raccomandazioni contenute nella relazione di valutazione e preciserà in che misura<br />

possano essere attuate negli anni rimanenti di pianificazione delle attività.<br />

Ad esempio, la Commissione è consapevole dell’importanza attribuita alla piena<br />

attuazione delle disposizioni di attuazione del codice doganale aggiornato<br />

(Modernised Customs Code Implementing Provisions, MCCIP). In questo settore il<br />

programma attuale sta consentendo di compiere progressi, che saranno rafforzati<br />

1/2012<br />

69


Osservatorio Comunità europea<br />

70<br />

con il futuro programma. Le implicazioni in termini di risorse umane delle attività<br />

di Dogana 2013 saranno prese in debita considerazione e la raccomandazione in<br />

merito sarà integrata nel programma successore, che mirerà a introdurre modalità di<br />

cooperazione più strutturate ed efficienti.<br />

Parimenti, la Commissione intende monitorare l’adozione di strumenti di<br />

formazione condivisi già nel corso del programma attuale e anche questo verrà<br />

preso in attenta considerazione nell’ambito della valutazione d’impatto del<br />

programma futuro. La Commissione esaminerà anche lo schema di governance del<br />

programma Dogana 2013 e il funzionamento del comitato e dei gruppi di indirizzo.<br />

Essa concorda con l’indicazione dei consulenti secondo cui è possibile apportare<br />

miglioramenti.<br />

1/2012


Prassi amministrativa<br />

Rassegna<br />

Servizi in farmacia esenti da IVA<br />

(Agenzia delle Entrate, risoluzione 20 dicembre 2011, n. 128/E)<br />

Le prestazioni rese dalle farmacie, consistenti nella messa a disposizione di operatori<br />

socio-sanitari, infermieri e fisioterapisti per lo svolgimento di specifiche prestazioni<br />

professionali, sono riconducibili nell’ambito applicativo dell’esenzione<br />

dall’IVA di cui all’art. 10, n. 18), D.P.R. n. 633/1972.<br />

In particolare, con il D.Lgs. 3 ottobre 2009, n. 153, il Governo ha definito i nuovi<br />

servizi erogabili dalle farmacie nell’ambito del servizio sanitario nazionale. Tale<br />

normativa prevede l’erogazione in farmacia di nuovi servizi ad alta valenza sociosanitaria,<br />

quali: la partecipazione all’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) e la<br />

presa in carico di particolari pazienti cronici, la realizzazione di iniziative per il<br />

corretto uso del farmaco, la partecipazione a programmi di educazione sanitaria e<br />

prevenzione, l’effettuazione di autoanalisi di prima istanza, le prenotazioni di visite<br />

ed esami (CUP).<br />

Il Ministro della Salute ha successivamente emanato tre decreti attuativi sui nuovi<br />

servizi, riguardanti le autoanalisi di prima istanza, la presenza in farmacia di altri<br />

operatori sanitari e la prenotazione per via telematica di prestazioni ambulatoriali.<br />

Secondo l’Agenzia delle Entrate, dall’analisi della disciplina di riferimento, si evince<br />

che le prestazioni professionali in questione, purché oggettivamente riconducibili<br />

alla diagnosi, alla cura e alla riabilitazione della persona e in quanto materialmente<br />

rese da soggetti (infermieri, fisioterapisti, operatori socio-sanitari) sottoposti<br />

a vigilanza ai sensi dell’art. 99 del T.U. delle leggi sanitarie ovvero individuati dal<br />

decreto interministeriale del 17 maggio 2002, presentano i requisiti per ricadere<br />

nell’ambito di applicazione dell’esenzione IVA.<br />

In conclusione, sono esenti dall’IVA sia le prestazioni effettuate dai professionisti<br />

sanitari nei confronti della farmacia sia le prestazioni effettuate dalla farmacia nei<br />

confronti del cliente/paziente: e lo stesso dicasi anche nel caso in cui la farmacia,<br />

così come prospettato, si avvalga - per la prestazione dei servizi sanitari nei confronti<br />

del cliente-paziente - di una struttura societaria, eventualmente organizzata in<br />

forma di società cooperativa, che effettua le prestazioni tramite propri professionisti<br />

sanitari.<br />

Conferimento d’azienda: il plafond è convisibile<br />

(Agenzia delle Entrate, risoluzione 14 dicembre 2011, n. 124/E)<br />

Nell’ambito di un’operazione di conferimento d’azienda, il plafond maturato in capo<br />

alla società conferente è condivisibile anche con la società conferitaria, nel caso<br />

in cui a seguito dell’operazione in commento entrambe mantengano lo status di<br />

esportatore abituale.<br />

Sotto il profilo degli adempimenti connessi al trasferimento del plafond, l’Agenzia<br />

ribadisce la necessità che il passaggio del plafond e i criteri di attribuzione dello<br />

stesso siano espressamente indicati nell’atto di conferimento e comunicati all’ufficio<br />

mediante il modello AA7/10, quadro D.<br />

La sintesi dei documenti segnalati è a cura della Redazione IPSOA.<br />

1/2012<br />

71


Rassegna<br />

RIFERIMENTI<br />

• Di prossima pubblicazione su questa Rivista<br />

Rimborso IVA anche per il locatore «IAS adopter»<br />

(Agenzia delle Entrate, risoluzione 13 dicembre 2011, n. 122/E)<br />

È ammesso il rimborso IVA anche nel caso di acquisto di beni ammortizzabili concessi<br />

in leasing in caso al soggetto concedente che adotta nella contabilizzazione di<br />

tale operazione i principi contabili internazionali (IAS/IFRS).<br />

Ai fini della corretta individuazione dei beni ammortizzabili, il cui acquisto o importazione<br />

legittimano il rimborso dell’IVA, occorre fare riferimento alle norme<br />

previste in argomento dal TUIR.<br />

Secondo quanto chiarito da ultimo nella risoluzione n. 147/E/2009, infatti, in materia<br />

di ammortamento ha valenza esclusivamente la qualificazione del bene assunta<br />

al momento del suo acquisto, a nulla rilevando la circostanza che il relativo costo<br />

sostenuto sia stato di fatto sottoposto ad ammortamento da parte del concedente.<br />

Inoltre, affinché l’imposta possa essere chiesta a rimborso è necessario che si sia<br />

verificato l’effetto traslativo della proprietà del bene in capo al soggetto cessionario<br />

(risoluzione n. 179/E/2005).<br />

Tanto premesso in termini generali, l’Agenzia, con specifico riguardo alla determinazione<br />

della base imponibile IRES dei soggetti che redigono i bilancio in applicazione<br />

degli IAS ha precisato che - secondo quanto previsto dall’art. 83 TUIR - hanno<br />

piena rilevanza fiscale i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione<br />

adottati contabilmente dagli stessi.<br />

Secondo quanto previsto dallo IAS 17, ai fini della contabilizzazione di un’operazione<br />

di leasing finanziario, il locatore, sebbene continui a mantenere la proprietà<br />

del bene locato, rileva nello stato patrimoniale il bene oggetto dell’operazione come<br />

credito e non come immobilizzazione materiale da ammortizzare, il cui valore<br />

ammortizzabile viene, invece, rilevato dall’utilizzatore dello stesso in ciascun esercizio<br />

del periodo di durata dell’utilizzazione, con un criterio sistematico coerente<br />

con il principio di ammortamento.<br />

Alla luce di tale disposto, si è quindi posto il problema se la società locatrice possa<br />

o meno richiedere il rimborso dell’IVA relativa all’acquisto del bene, sebbene lo<br />

stesso non figuri nel suo attivo patrimoniale.<br />

Secondo l’Agenzia delle Entrate, il riconoscimento ai fini IRES della rappresentazione<br />

contabile prevista dagli IAS non influenza però la disciplina IVA, dal momento<br />

che ai fini dell’applicazione dell’art. 30, comma 2, lettera c), D.P.R. n.<br />

633/1972 ciò che rileva è solo la proprietà giuridica del bene e la sua teorica ammortizzabilità.<br />

RIFERIMENTI<br />

• Di prossima pubblicazione su questa Rivista<br />

72<br />

1/2012


Febbraio 2012<br />

a cura di Valerio Artina e Roberta Aiolfi<br />

15<br />

mercoledì<br />

16<br />

giovedì<br />

25<br />

sabato<br />

Dottori commercialisti in Bergamo<br />

Agenda<br />

<strong>Fatturazione</strong> differita<br />

Ultimo giorno utile per emettere le fatture differite relative a beni consegnati o spediti nel mese di gennaio.<br />

Annotazione separata dei corrispettivi<br />

Termine per la registrazione nel registro corrispettivi delle operazioni effettuate nel mese solare precedente<br />

per le quali è stato rilasciato lo scontrino fiscale o la ricevuta fiscale.<br />

Ravvedimento relativo al versamento delle ritenute e dell’IVA mensile<br />

Ultimo giorno utile per la regolarizzazione, con sanzione ridotta al 3%, del versamento IVA relativo al<br />

mese di dicembre, non effettuato o effettuato in misura ridotta.<br />

Versamento imposta di produzione e consumo<br />

Ultimo giorno utile per il versamento dell’imposta indiretta sulla produzione e sui consumi per i prodotti<br />

in regime fiscale delle accise immessi al consumo nel mese precedente.<br />

Liquidazione periodica IVA per soggetti con obbligo mensile<br />

e trimestrale per i contribuenti rientranti in settori particolari<br />

• Versamento dell’IVA per i contribuenti mensili relativa al mese di gennaio o del quarto trimestre 2011<br />

(ottobre - dicembre) per particolari contribuenti di cui all’articolo 74 del D.P.R. n. 633/1972.<br />

• Versamento dell’imposta relativa al mese di dicembre per i contribuenti mensili che hanno optato per<br />

il regime di cui all’art. 1, comma 3, del D.P.R. 23 marzo 1998, n. 100 (contabilità affidata a terzi).<br />

Versamento imposta unica<br />

Ultimo giorno utile per il versamento dell’imposta indiretta sulla produzione e sui consumi per i prodotti<br />

in regime fiscale delle accise immessi al consumo nel mese precedente.<br />

Comunicazione dei dati contenuti nelle dichiarazioni d’intento ricevute<br />

Comunicazione all’Agenzia delle entrate dei dati contenuti nelle dichiarazioni d’intento ricevute nel<br />

mese precedente.<br />

Presentazione Mod. IVA 26 per regime speciale previsto per le società<br />

controllanti e controllate<br />

Termine per la presentazione del Modello IVA 26 per la dichiarazione di adesione al regime previsto per<br />

le società controllanti e controllate e per la comunicazione delle variazioni.<br />

Operazioni intracomunitarie<br />

Presentazione all’Ufficio doganale competente per territorio degli elenchi riepilogativi degli acquisti e<br />

delle cessioni intracomunitarie effettuate nel mese precedente.<br />

1/2012<br />

73


Agenda<br />

29<br />

mercoledì<br />

74<br />

Adempimenti di fine mese<br />

Termine adempimenti contabili di fine mese tra i quali si segnalano le autofatture per scambi intracomunitari,<br />

la rilevazione dei chilometri sulle schede carburanti, adempimenti agenzie di viaggi.<br />

Comunicazione delle operazioni con soggetti<br />

in paesi a fiscalità privilegiata<br />

Invio telematico del modello di comunicazione delle operazioni con soggetti aventi sede, residenza o<br />

domicilio in Paesi a fiscalità privilegiata effettuate nel periodo precedente.<br />

Sono obbligati alla presentazione della comunicazione tutti i soggetti passivi dell’imposta sul valore<br />

aggiunto, identificati ai fini IVA nel territorio dello Stato, che abbiano effettuato operazioni nei confronti<br />

di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato<br />

individuati con DD.MM. 4 maggio 1999 e 21 novembre 2001, nel periodo di riferimento indicato<br />

dall’art. 2 del citato decreto 30 marzo 2010, così come modificati dal decreto 27 luglio 2010.<br />

Presentazione dei modelli INTRA 12<br />

Invio telematico del modello INTRA 12 relativo agli acquisti intracomunitari effettuati nel periodo precedente.<br />

Sono tenuti alla presentazione del modello INTRA 12 gli enti non commerciali, non soggetti<br />

passivi d’imposta, ed i produttori agricoli di cui all’art. 34, sesto comma, del D.P.R. n. 633/1972.<br />

Trasmissione telematica delle forniture di documenti fiscali<br />

Le tipografie autorizzate alla stampa di documenti fiscali ed i soggetti autorizzati ad effettuarne la rivendita<br />

sono tenuti a comunicare per via telematica all’Agenzia delle entrate, rispettivamente, i dati relativi<br />

alle forniture effettuate ai rivenditori e ai soggetti utilizzatori di tali documenti.<br />

Comunicazione annuale dati IVA<br />

Sono obbligati alla presentazione della comunicazione annuale dati IVA i titolari di partita IVA tenuti alla<br />

presentazione della dichiarazione annuale IVA. Nella comunicazione il contribuente deve riportare l’indicazione<br />

complessiva delle risultanze delle liquidazioni periodiche oltre ad altri dati sintetici relativi alle<br />

operazioni effettuate nel periodo. Il modello deve essere presentato esclusivamente in via telematica<br />

direttamente oppure tramite gli intermediari abilitati.<br />

Dichiarazione acquisti intracomunitari<br />

I soggetti di cui all’art. 4, quarto comma, del D.P.R. n. 633/1972, non soggetti passivi d’imposta, che<br />

hanno effettuato acquisti intracomunitari per i quali è dovuta l’imposta, devono presentare, in duplice<br />

esemplare, una dichiarazione relativa agli acquisti registrati nel mese di gennaio da cui devono risultare<br />

l’ammontare degli acquisti, l’imposta dovuta e il relativo pagamento da effettuarsi entro tale termine.<br />

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