Fatturazione - Ipsoa
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Sommario 1<br />
GENNAIO 2012<br />
Libro Bianco<br />
La novità - L’«overwiew» dell’IVA per il 2012<br />
di Paolo Centore 5<br />
Aliquote<br />
La novità - Turbolenze all’orizzonte sulle aliquote IVA<br />
di Franco Ricca 8<br />
Detrazioni<br />
L’approfondimento - Profili IVA del prestito di personale<br />
di Giovanni Paudice 12<br />
Operazioni con l’estero<br />
L’adempimento - Per stabilire il luogo di consegna occorre fare riferimento al contratto e agli<br />
«Incoterms»<br />
di Michele Russotto 19<br />
Regimi IVA<br />
L’adempimento - Uscita dal regime dei minimi con rettifica IVA<br />
di Valerio Artina e Mascia Dalmaggioni 23<br />
<strong>Fatturazione</strong><br />
• L’approfondimento - Le note esplicative della Commissione UE sulla fatturazione elettronica<br />
di Marco Peirolo 27<br />
• L’adempimento - La nuova fattura «europea»<br />
di Francesco Scopacasa 31<br />
• L’approfondimento - La nuova fattura europea: soluzione (parziale) del conflitto normativo<br />
fra gli Stati membri<br />
di Nicola Galleani D’Agliano e Maurizio Bancalari 40<br />
Operazioni accessorie<br />
L’approfondimento - La rilevanza IVA nelle operazioni di riparazione e sostituzione in garanzia<br />
di Stefano Cesati, Alberto Santi, Francesco Zondini 45<br />
Procedura di gruppo<br />
L’adempimento - IVA di gruppo: quando (e quanto) è conveniente la sua applicazione?<br />
di Ciro D’Ardia 51<br />
Osservatorio<br />
Comunità europea<br />
• Corte di Giustizia<br />
con note di Marco Peirolo 59<br />
• Commissione europea 67<br />
Rassegna<br />
Prassi amministrativa 70<br />
1/2012<br />
3
Sommario<br />
Agenda<br />
Febbraio 2012<br />
di Valerio Artina e Roberta Aiolfi 73<br />
Editrice<br />
Wolters Kluwer Italia Srl<br />
Strada 1, Palazzo F6<br />
20090 Milanofiori Assago (Mi)<br />
http://www.ipsoa.it<br />
Direttore responsabile<br />
Giulietta Lemmi<br />
Comitato di redazione<br />
Paolo Centore - Avvocato<br />
in Genova e Milano<br />
Roberto Fanelli -<br />
Revisore contabile<br />
e pubblicista in Roma<br />
Franco Ricca - Funzionario<br />
Agenzia delle Entrate<br />
Redazione<br />
Tiziana Collovigh, Lia Longo<br />
Realizzazione grafica<br />
<strong>Ipsoa</strong><br />
4<br />
Attualità, pratica e approfondimento<br />
1/2012<br />
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417 in data 31 luglio 1991.<br />
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L’«overview» dell’IVA per il 2012<br />
di Paolo Centore<br />
La novità<br />
La Commissione europea ha pubblicato il<br />
«Libro Bianco» che riassume gli interventi<br />
prospettici di modifica della disciplina IVA a<br />
livello comunitario e la loro tempistica di attuazione<br />
nel periodo 2012-2015, con l’obiettivo<br />
di superare l’attuale frammentazione<br />
delle regole e di armonizzare in concreto<br />
la legislazione attraverso la standardizzazione<br />
dei principi e la semplificazione degli<br />
adempimenti imposti al contribuente, con il<br />
fine ultimo di rendere più efficiente e competitivo<br />
il mercato dell’Unione europea.<br />
Riferimenti<br />
Commissione Europea 6 dicembre 2011,<br />
COM(2011) 851<br />
Direttiva 2006/112/CE<br />
Il risultato della Consultazione Pubblica promossa<br />
dalla Commissione europea sul futuro dell’IVA (1)<br />
è stato recepito nel Libro Bianco (2), cioè nella posizione<br />
ufficiale che la Commissione ha assunto,<br />
tenendo conto dei contributi pervenuti entro il termine<br />
fissato (31 maggio 2011) da tutti i Paesi<br />
dell’Unione europea (ad eccezione di Cipro, Lettonia<br />
e Malta) e, in minima parte (7 Paesi) anche da<br />
Paesi extraeuropei, alle 33 domande formulate nel<br />
Libro Verde sui temi di fondo dell’IVA, dal sistema<br />
di tassazione all’origine o a destinazione, alle esenzioni,<br />
alla struttura delle aliquote, sino ai rapporti<br />
fra contribuente e amministrazione finanziaria (3).<br />
La prospettiva presentata ora al Parlamento europeo<br />
copre temporalmente il periodo 2012 - 2015,<br />
con l’anticipazione degli interventi che la Commissione<br />
intende proporre per aggiornare il sistema<br />
normativo dell’imposta all’evoluzione della realtà<br />
economica, con lo scopo di rendere più efficiente e<br />
competitivo il mercato dell’Unione europea.<br />
Il lavoro di preparazione del Libro Bianco è stato intenso<br />
ed ha riguardato non solo l’elaborazione della<br />
Libro<br />
Bianco<br />
circa 1700 risposte inviate dagli operatori alle domande<br />
poste dalla Commissione, per oltre 8.500 pagine<br />
di contributi, ma anche un’intensa pre-valutazione<br />
della posizione da assumere con le autorità fiscali<br />
degli Stati membri, tenendo conto dell’opinione<br />
espressa nel frattempo dal Parlamento europeo (4).<br />
In più, la Commissione ha inteso inserire la Comunicazione<br />
contenuta nel Libro Bianco nella<br />
strategia di revisione e di crescita del Mercato<br />
Unico, espressa con efficacia nell’«Atto per il<br />
mercato unico Dodici leve per stimolare la crescita<br />
e rafforzare la fiducia “Insieme per una nuova crescita”»<br />
(5).<br />
Il contesto in cui interviene il Libro Bianco<br />
Il futuro dell’IVA viene delineato in riferimento ad<br />
elementi strutturali che, anche in base alle risposte<br />
pervenute dagli operatori, sono posti a fondamento<br />
della necessità di una profonda rivisitazione dell’attuale<br />
sistema normativo.<br />
La prima e più diffusa sensazione raccolta dalla<br />
Commissione europea a valle della Consultazione<br />
pubblica è la frammentazione delle regole IVA in<br />
27 sistemi normativi, quanti sono i Paesi aderenti<br />
all’Unione.<br />
Da tale constatazione deriva non solo la difficoltà<br />
di comprensione delle regole da applicare ma una<br />
Paolo Centore - Professore a contratto di Diritto tributario presso<br />
l’Università di Parma e Avvocato in Genova e Milano<br />
Note:<br />
(1) Doc. Com. (2010) 695 del 1° dicembre 2010.<br />
(2) Doc. Com. (2011) 851 del 6 dicembre 2011.<br />
(3) Come risulta dal «Rapporto» sugli esiti della Consultazione<br />
pubblica (doc. Taxud 2.12.2011 n. 1417007), l’Italia ha partecipato<br />
alla consultazione con 26 contributi, al pari dell’Olanda e dopo<br />
Germania (143), Regno Unito (91) e Francia (61), provenienti,<br />
per la parte maggiore, dagli operatori economici (10) e dalle associazioni<br />
di categoria (8) nazionali.<br />
(4) Risoluzione del Parlamento europeo del 13 ottobre 2011, n.<br />
2011/2082.<br />
(5) Doc. Com. (2011) 206 del 13 aprile 2011. Tale documento interviene<br />
in continuità con la precedente comunicazione (Doc.<br />
Com. (2010) 608 del 27 ottobre 2010, riguardante «L’attuazione<br />
del Mercato Unico» e l’adozione, entro il 2012, del Single Market<br />
Act.<br />
1/2012<br />
5
Libro<br />
Bianco<br />
generale diffidenza verso le operazioni transfrontaliere,<br />
tanto da scoraggiare gli operatori medio -<br />
piccoli che preferiscono operare nel contesto nazionale,<br />
piuttosto che affrontare l’incognita delle<br />
disposizioni IVA in vigore in altri Paesi (6).<br />
L’assenza di effettiva e concreta armonizzazione si<br />
manifesta anche a livello interno, nei confronti<br />
delle singole amministrazioni fiscali che non sempre<br />
assumono una posizione orientata verso le regole<br />
comunitarie, privilegiando - ancora oggi - una<br />
visione, si può dire, nazionalista in luogo di una<br />
comprensione del tema della fiscalità nell’ottica<br />
della «Casa Europa», considerata come unico territorio<br />
in cui la tassazione va pensata ed applicata.<br />
Ed ancora più nel dettaglio operativo, il difetto di<br />
armonizzazione viene percepito nella non uniformità<br />
degli obblighi, delle esenzioni, delle aliquote<br />
applicate, per quest’ultimo aspetto, non tanto in riferimento<br />
alle diverse percentuali ma, piuttosto, in<br />
relazione ai beni e servizi che vengono agevolati,<br />
nelle procedure di rimborso dell’imposta, che le<br />
recenti modifiche introdotte per l’adozione della<br />
dir. 2008/9/CE non hanno reso fluide.<br />
L’ulteriore profilo, non ultimo per importanza, riguarda<br />
le frodi IVA e la preoccupazione, speculare<br />
ma concorrente, delle Amministrazioni finanziarie<br />
e dei contribuenti: le une, ovviamente interessate a<br />
debellare il fenomeno, gli altri terrorizzati all’idea<br />
di restare coinvolti, ancorché incolpevoli, negli effetti<br />
che la frode fiscale determina a carico della<br />
collettività (7).<br />
Il tema è, dunque, forte e variegato e viene affrontato<br />
dalla Commissione in modo organico, con la<br />
trattazione delle questioni che le osservazioni raccolte<br />
propongono, fissando una sorta di road map<br />
dell’IVA per il prossimo triennio 2012-2015.<br />
Le modalità di intervento<br />
suggerite dalla Commissione<br />
Per quanto retro osservato, si può intuire che l’obiettivo<br />
è di armonizzare in concreto la legislazione,<br />
con la standardizzazione dei principi e la semplificazione<br />
degli adempimenti imposti al contribuente.<br />
Per raggiungere questo risultato la Commissione<br />
suggerisce di attuare una road map a tre<br />
livelli, con il miglioramento della conoscenza delle<br />
norme IVA di ciascun Paese, oggi ostacolata anche<br />
da problemi di lingua, con la promozione<br />
dell’interscambio di informazioni tra Commissio-<br />
6<br />
1/2012<br />
ne, Autorità fiscali e singoli operatori e, infine,<br />
con interventi mirati sulle disposizioni della direttiva<br />
2006/112/CE oggi in vigore.<br />
Per i primi due aspetti, già nel 2012 la Commissione<br />
intende sviluppare un sito web in cui sia riportata,<br />
in ogni lingua, la legislazione IVA di tutti gli<br />
Stati membri, promuovendo altresì una conferenza<br />
tripartita (Commissione - amministrazioni nazionali<br />
- operatori) per aprire un vero e proprio «canale<br />
di comunicazione» a livello europeo.<br />
Per il terzo aspetto, infine, il Libro Bianco anticipa<br />
l’impegno della Commissione nel rivedere le disposizioni<br />
di maggiore ostacolo al raggiungimento<br />
dell’effettiva armonizzazione dell’IVA, quali, ad<br />
esempio, il regime delle aliquote e delle esenzioni.<br />
Le proposte del Libro Bianco: il luogo<br />
di tassazione<br />
Al primo posto nella lista degli interventi si trova<br />
il tema del luogo di tassazione delle operazioni.<br />
Va ricordato che l’art. 402 della dir. 2006/112/CE,<br />
nel preconizzare l’abbandono dell’attuale regime,<br />
definito transitorio, a favore del regime definitivo,<br />
indica che l’imposta deve essere ispirata al principio<br />
di tassazione all’origine.<br />
Questo principio, fissato oltre quarant’anni fa dagli<br />
allora nove Paesi che hanno costituito il nucleo<br />
primario dell’odierna Unione europea, trova giustificazione<br />
considerando la struttura dell’IVA ed<br />
il suo meccanismo di tassazione in avanti, cioè, di<br />
ribaltamento sino al consumo finale, con detrazione<br />
a monte dell’imposta.<br />
Questo meccanismo, ben delineato dall’art. 1 della<br />
dir. 2006/112/CE, rende possibile prelevare, in<br />
ogni fase e in ogni stadio, quanto è dovuto sul<br />
«valore aggiunto» determinato in quel momento,<br />
senza incisione del soggetto passivo in itinere e<br />
con la traslazione del carico dell’imposta «al consumo»,<br />
cioè, a carico del consumatore finale.<br />
È però evidente che l’applicazione del principio di<br />
origine funziona perfettamente in un (vero) merca-<br />
Note:<br />
(6) In questo senso si è espresso, in particolare, il contributo di<br />
Business Europe, presentato alla Conferenza sul Libro Verde del 6<br />
maggio 2011 a Milano.<br />
(7) Timore assolutamente fondato, come dimostrano gli interventi<br />
della giurisprudenza di vertice sul tema della responsabilità dell’operatore<br />
vis à vis delle frodi fiscali: da ultimo, si veda Cass., sez.<br />
tributaria, sentenza 11 novembre 2011 n. 23626.
to interno, nel quale le contribuzioni<br />
delle singole quote di<br />
valore aggiunto siano, alla fine,<br />
riassunte in un’unica contribuzione<br />
verso un unico<br />
Erario.<br />
Così non è, ovviamente, laddove<br />
sussistano le divisioni<br />
territoriali, come nel caso<br />
delle operazioni transfrontaliere,<br />
tanto che il principio di<br />
origine viene abbandonato a<br />
favore della tassazione a destino,<br />
il che si verifica, appunto,<br />
nel regime transitorio<br />
delle operazioni intracomunitarie<br />
e per le importazioni.<br />
La contrapposizione «origine<br />
= mercato interno» e «destinazione<br />
= mercato esterno»<br />
può essere composta solo<br />
ipotizzando che il secondo<br />
divenga uguale al primo,<br />
cioè, più chiaramente, che sia<br />
realizzato davvero un «Mercato<br />
Unico» europeo.<br />
Ma questo obiettivo è realisticamente<br />
destinato a rima-<br />
nere un sogno, forse realizzabile nell’ottica dei<br />
primi anni di introduzione dell’IVA, ma oggi certamente<br />
difficile da perseguire, almeno politicamente<br />
(8).<br />
Per tale motivo la Commissione propone l’abbandono<br />
del principio di origine con l’orientamento<br />
del sistema impositivo al principio di destinazione.<br />
Il raggiungimento di tale risultato consente, secondo<br />
la valutazione della Commissione europea, di<br />
rendere il sistema di tassazione più semplice e, al<br />
tempo stesso, più efficiente e meno indifeso verso<br />
le frodi fiscali.<br />
Il passaggio alla tassazione a destinazione pone,<br />
ovviamente, la domanda sulle modalità di attuazione,<br />
tenendo conto della suddivisione delle operazioni<br />
tra soggetti passivi (B2B) e verso i consumatori<br />
finali (B2C).<br />
La soluzione per le transazioni B2B va individuata<br />
nell’ampliamento del reverse charge, cioè, delle<br />
ipotesi oggi regolate dagli artt. 194 e 196 della dir.<br />
2006/112/CE, ove è previsto il trasferimento «fa-<br />
SOLUZIONI OPERATIVE<br />
Armonizzazione:<br />
le proposte di intervento<br />
Per raggiungere la concreta<br />
armonizzazione legislativa la<br />
Commissione suggerisce di attuare<br />
una road map a tre livelli, con il<br />
miglioramento della conoscenza delle<br />
norme IVA di ciascun Paese con la<br />
promozione dell’interscambio di<br />
informazioni tra Commissione,<br />
Autorità fiscali e singoli operatori e,<br />
infine, con interventi mirati sulle<br />
disposizioni della direttiva<br />
2006/112/CE oggi in vigore.<br />
Per i primi due aspetti, già nel 2012 la<br />
Commissione intende sviluppare un<br />
sito web in cui sia riportata, in ogni<br />
lingua, la legislazione IVA di tutti gli<br />
Stati membri, Per il terzo aspetto, il<br />
Libro Bianco anticipa l’impegno della<br />
Commissione nel rivedere le<br />
disposizioni di maggiore ostacolo al<br />
raggiungimento dell’effettiva<br />
armonizzazione dell’IVA, quali, ad<br />
esempio, il regime delle aliquote e<br />
delle esenzioni.<br />
Libro<br />
Bianco<br />
coltativo (9)» e generalizzato<br />
(cioè, per i beni ed i servizi)<br />
dell’obbligo di pagamento<br />
dell’IVA al destinatario della<br />
cessione o della prestazione,<br />
quando il soggetto passivo<br />
non sia stabilito nello Stato<br />
membro in cui l’operazione è<br />
considerata imponibile (art.<br />
194 dir. 2006/112); facoltà<br />
che diviene un obbligo quando<br />
il destinatario sia un soggetto<br />
passivo, per le cessioni<br />
di gas ed energia (art. 195)<br />
ovvero, per i servizi, alle<br />
condizioni indicate dall’art.<br />
44 della dir. 2006/112, anche<br />
quando il destinatario sia, oltre<br />
che un soggetto passivo,<br />
una persona giuridica, ancorché<br />
non soggetto passivo<br />
(art. 196).<br />
Per le operazioni B2C la<br />
Commissione europea suggerisce<br />
un ampliamento delle<br />
regole del cd. Sportello Unico,<br />
previsto in via sperimentale<br />
e in misura ridotta (10)<br />
per i servizi di telecomunicazione e telematici a<br />
partire dal 1° gennaio 2015.<br />
L’applicazione diffusa della tassazione a destinazione,<br />
attraverso il meccanismo del reverse charge<br />
e dello «Sportello unico» consente, in effetti, di<br />
mantenere le attuali differenze di aliquote, per le<br />
quali, come indicato da alcune delle risposte al<br />
Green Paper, rimarrebbe un profilo distorsivo limitato<br />
alle vendite di beni e servizi in zone transfrontaliere,<br />
dove, cioè, il consumatore abbia la<br />
possibilità di «scegliere» l’aliquota più conveniente<br />
con breve spostamento da un territorio ad un altro.<br />
Note:<br />
(8) Cfr. il Libro Bianco, punto 4.1.<br />
(9) Art. 194 della dir. 2006/112: «Se la cessione di beni o la prestazione<br />
di servizi è effettuata da un soggetto passivo non stabilito<br />
nello Stato membro in cui è dovuta l’IVA, gli Stati membri possono<br />
prevedere che il debitore dell’imposta sia il destinatario<br />
della cessione di beni o della prestazione di servizi».<br />
(10) Cd. Mini One Stop Shop.<br />
1/2012<br />
7
Aliquote<br />
Turbolenze all’orizzonte<br />
sulle aliquote IVA<br />
di Franco Ricca<br />
Il ruolo di primo piano che l’Italia è venuta purtroppo<br />
ad assumere nell’aggravarsi della crisi economico-finanziaria<br />
dell’euro-zona, ha indotto il<br />
governo Monti a programmare innanzitutto un<br />
nuovo aumento, questa volta di due punti e non limitato<br />
all’aliquota ordinaria, per il periodo dal 1°<br />
ottobre al 31 dicembre 2012.<br />
Un rialzo temporaneo, quindi, finalizzato a mettere<br />
in sicurezza i conti pubblici, che riguarderà l’aliquota<br />
intermedia del 10% e (nuovamente) quella<br />
ordinaria del 21%, che nel suindicato lasso temporale<br />
passeranno rispettivamente al 12% e al 23%.<br />
Dopo si vedrà.<br />
Se nel frattempo sarà entrata in vigore la riforma<br />
fiscale, si tornerà alle aliquote precedenti; in caso<br />
contrario, gli aumenti diventeranno definitivi e anzi,<br />
dal 1° gennaio 2014, scatterà un ulteriore incremento<br />
di mezzo punto per entrambe le aliquote<br />
(che si attesterebbero così al 12,5% e al 23,5%).<br />
Uno scenario, questo, che rischierebbe di mettere<br />
8<br />
La novità<br />
Archiviato l’aumento al 21%, per l’IVA sono<br />
in vista ulteriori rialzi: l’aliquota ordinaria<br />
passerà al 23% e quella intermedia al 12%<br />
dal 1° ottobre al 31 dicembre 2012. Poi tutto<br />
dipenderà dalla grande «riforma fiscale».<br />
Intanto è bene prendere nota delle soluzioni,<br />
in merito alla decorrenza della nuova aliquota,<br />
che l’Agenzia delle entrate ha fornito,<br />
con la circolare n. 45/2011, per i casi particolari,<br />
tra cui il regime del margine.<br />
Riferimenti<br />
D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, n. 201, art.<br />
18<br />
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 6<br />
Agenzia delle entrate, circolare 12<br />
ottobre 2011, n. 45/E<br />
1/2012<br />
in seria difficoltà i consumi interni, già raffreddati<br />
dal recente aumento dell’aliquota ordinaria scattato<br />
il 17 settembre 2011 per effetto del D.L. n.<br />
138/2011 (1).<br />
In questa prospettiva, è utile tenere in evidenza i<br />
chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate, in<br />
merito alle problematiche collegate alla variazione<br />
delle aliquote, con la circolare n. 45 del 12 ottobre<br />
2011.<br />
È opportuno, però, partire dalle disposizioni della<br />
«manovra Monti».<br />
L’IVA a salvaguardia dei conti pubblici<br />
L’art. 40, comma 1-ter, del D.L. 6 luglio 2011, n.<br />
98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111,<br />
prevedeva che «i regimi di esenzione, esclusione e<br />
favore fiscale di cui all’allegato C-bis sono ridotti<br />
del 5 per cento per l’anno 2012 e del 20 per cento<br />
a decorrere dall’anno 2013.<br />
Per i casi in cui la disposizione del primo periodo<br />
del presente comma non sia suscettibile di diretta<br />
ed immediata applicazione, con uno o più decreti<br />
del Ministro dell’economia e delle finanze…, sono<br />
stabilite le modalità tecniche per l’attuazione del<br />
presente comma con riferimento ai singoli regimi<br />
interessati. Al fine di garantire gli effetti finanziari<br />
di cui al comma 1-quater, in alternativa, anche<br />
parziale, alla riduzione di cui al primo periodo,<br />
può essere disposta, con decreto del Presidente del<br />
consiglio dei ministri, su proposta del Ministro<br />
dell’economia e delle finanze, la rimodulazione<br />
delle aliquote delle imposte indirette, inclusa l’accisa».<br />
La disposizione sopra riportata prefigurava i famosi<br />
«tagli lineari» di deduzioni, detrazioni, ecc., che<br />
Franco Ricca - Funzionario - Agenzia delle Entrate<br />
* L’articolo è svolto a titolo personale e non coinvolge la posizione dell’Amministrazione<br />
di appartenenza.<br />
Nota:<br />
(1) In Banca Dati Big Suite, IPSOA
sarebbero dovuti scattare, tendenzialmente in modo<br />
automatico (in realtà, di difficile attuazione<br />
pratica), ove non fosse andata in porto la riforma<br />
fiscale ai sensi del successivo comma 1-quater<br />
dello stesso articolo 40, il quale impone di adottare<br />
«entro il 30 settembre 2012 …provvedimenti legislativi<br />
in materia fiscale ed assistenziale aventi<br />
ad oggetto il riordino della spesa in materia sociale,<br />
nonché la eliminazione o riduzione dei regimi<br />
di esenzione, esclusione e favore fiscale che si sovrappongono<br />
alle prestazioni assistenziali, tali da<br />
determinare effetti positivi, ai fini dell’indebitamento<br />
netto, non inferiori a 4.000 milioni di euro<br />
per l’anno 2012, nonché a 16.000 milioni di euro<br />
per l’anno 2013 ed a 20.000 milioni di euro annui<br />
a decorrere dall’anno 2014».<br />
Nel quadro della «manovra Monti», l’art. 18 del<br />
D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (cd decreto salva<br />
Italia) ha riformulato la clausola di salvaguardia<br />
dei conti pubblici, sostituendo il predetto comma<br />
1-ter dell’art. 40, D.L. n. 98/2011 e modificando il<br />
comma 1-quater.<br />
Nella nuova versione, il comma 1-ter dispone che<br />
«a decorrere dal 1° ottobre 2012 fino al 31 dicembre<br />
2012 le aliquote IVA del 10 e del 21 per cento<br />
sono incrementate di 2 punti percentuali. A decorrere<br />
dal 1° gennaio 2013 continua ad applicarsi il<br />
predetto aumento. A decorrere dal 1° gennaio 2014<br />
le predette aliquote sono ulteriormente incrementate<br />
di 0,5 punti percentuali».<br />
Il testo modificato del comma 1-quater prevede<br />
invece che:<br />
«la disposizione di cui al comma 1-ter, secondo<br />
e terzo periodo, non si applica qualora entro il<br />
30 settembre 2012 siano entrati in vigore provvedimenti<br />
legislativi in materia fiscale ed assistenziale<br />
aventi ad oggetto il riordino della spesa<br />
in materia sociale, nonché la eliminazione o<br />
riduzione dei regimi di esenzione, esclusione e<br />
favore fiscale che si sovrappongono alle prestazioni<br />
assistenziali, tali da determinare effetti positivi,<br />
ai fini dell’indebitamento netto, non inferiori<br />
a 13.119 milioni di euro per l’anno 2013 ed<br />
a 16.400 milioni di euro annui a decorrere<br />
dall’anno 2014 (in corsivo le modifiche apportate).<br />
In buona sostanza, il D.L. n. 201/2011 ha riformulato<br />
la «clausola di salvaguardia» dei conti pubblici<br />
per l’eventualità in cui non sia attuata la riforma<br />
Aliquote<br />
fiscale, sostituendo ai problematici «tagli lineari»<br />
un automatismo molto più semplice, quale l’intervento<br />
sulle aliquote IVA.<br />
In base alle disposizioni dei commi 1-ter e 1-quater<br />
dell’art. 40 del D.L. n. 98/2011, come riformulate<br />
dal D.L. n. 201/2011, accadrà quindi che dal<br />
1° ottobre al 31 dicembre 2012 le aliquote del<br />
10% e del 21% aumenteranno al 12 e al 23%.<br />
Questa previsione, da un lato, garantirà subito un<br />
maggior gettito fiscale e, dall’altro, consentirà di<br />
verificare se, nel frattempo, siano entrati in vigore<br />
quei provvedimenti legislativi in materia fiscale e<br />
assistenziale atti a determinare gli introiti prestabiliti.<br />
Se questa verifica avrà esito positivo, dal 1° gennaio<br />
2013 le aliquote IVA torneranno alle misure<br />
preesistenti (in quanto il gettito sarà compensato<br />
dalla riforma); in caso contrario, gli aumenti entreranno<br />
a regime e saranno seguiti da un ulteriore<br />
rialzo di 0,5 punti con decorrenza dal 1° gennaio<br />
2014, che porterebbe così le aliquote in questione<br />
al 12,5% e al 23,5%.<br />
In merito alle suddette disposizioni, pur nella diversità<br />
della situazione attuale, caratterizzata dalla<br />
programmazione con largo anticipo degli aumenti,<br />
si deve osservare come non sia stato reiterato l’errore<br />
normativo commesso in occasione del recente<br />
aumento dell’aliquota al 21%. In tale occasione,<br />
con il comma 2-quater dell’art. 2 del D.L. n.<br />
138/2011, al probabile scopo di contenere gli effetti<br />
dell’aumento per gli enti pubblici, è stato stabilito<br />
che la variazione dell’aliquota non si applica<br />
alle operazioni effettuate nei confronti dello Stato<br />
e degli enti e istituti indicati nel quinto comma<br />
dell’art. 6 del D.P.R. n. 633/1972, per le quali alla<br />
data del 16 settembre 2011 «sia stata emessa e registrata<br />
la fattura ai sensi degli articoli 21, 23 e 24<br />
del predetto decreto, ancorché al medesimo giorno<br />
il corrispettivo non sia stato ancora pagato».<br />
Questa norma speciale - del tutto inutile, rispetto<br />
allo scopo sopra ipotizzato, alla luce delle regole<br />
in materia di effettuazione dell’operazione e di<br />
esigibilità dell’imposta - si è tradotta in una ingiustificata<br />
penalizzazione dei soggetti che verosimilmente<br />
intendeva favorire, avendo in pratica subordinato<br />
l’applicazione della «vecchia» aliquota del<br />
20%, oltre che alla (necessaria e sufficiente) condizione<br />
che l’operazione risultasse effettuata prima<br />
del 17 settembre 2011 (data di entrata in vigore<br />
1/2012<br />
9
Aliquote<br />
della legge n. 148/2011 di conversione del D.L. n.<br />
138/2011), all’ulteriore condizione dell’avvenuta<br />
emissione e registrazione della fattura anteriormente<br />
a tale data.<br />
Decorrenza della variazione dell’aliquota<br />
L’argomento della decorrenza della variazione dell’aliquota,<br />
in termini generali, è stato affrontato in<br />
un precedente articolo al quale si rinvia (2), ricordando<br />
solo che l’aliquota applicabile alle operazioni<br />
imponibili è quella in vigore nel momento in<br />
cui si verifica il «fatto generatore», ossia nel momento<br />
in cui l’operazione si considera effettuata.<br />
Il ritorno sul tema in questa sede è giustificato, come<br />
accennato in apertura, dall’opportunità di dare<br />
brevemente conto, per futura memoria, delle soluzioni<br />
individuate dall’Agenzia delle entrate in relazione<br />
ad alcune problematiche particolari che<br />
non possono trovare risposta diretta e immediata<br />
nella legge.<br />
Si tralasciano, invece, le indicazioni della circolare<br />
che non hanno valenza innovativa, in quanto<br />
confermative di soluzioni già fornite dalla prassi<br />
precedente (ad esempio commercio al dettaglio<br />
con ventilazione dei corrispettivi).<br />
Regime del margine<br />
Com’è noto, nel regime speciale IVA «del margine»,<br />
la base imponibile, in deroga alla regola generale<br />
del corrispettivo, è costituita dalla differenza<br />
tra i costi specifici e il ricavo dell’operazione,<br />
entrambi assunti al lordo dell’imposta.<br />
Se la determinazione del margine avviene in relazione<br />
alla singola operazione imponibile, come nel<br />
caso del metodo c.d. analitico applicabile al commercio<br />
di beni usati (art. 36, comma 1, D.L. 23<br />
febbraio 1995, n. 41), la variazione dell’aliquota<br />
non presenta alcun problema specifico.<br />
Il discorso cambia se invece la determinazione del<br />
margine avviene «per massa», con riferimento<br />
cioè non alla singola operazione, ma all’ammontare<br />
complessivo delle operazioni poste in essere in<br />
un determinato periodo (ad esempio mese o trimestre),<br />
come accade nel caso del metodo c.d. globale<br />
sul commercio di beni usati (art. 36, comma 6,<br />
citato D.L. n. 41/1995), nonché nel regime speciale<br />
per le agenzie di viaggio (art. 74-ter, D.P.R. n.<br />
633/1972): in tal caso, la variazione dell’aliquota<br />
che dovesse intervenire nel corso del periodo por-<br />
10<br />
1/2012<br />
rebbe un problema applicativo, essendo la base<br />
imponibile determinata cumulativamente per l’intero<br />
periodo, all’atto della liquidazione periodica.<br />
Occupandosi per la prima volta della questione in<br />
occasione dell’aumento dell’aliquota ordinaria dal<br />
20% al 21%, nella citata circolare n. 45/E/2011<br />
l’Agenzia ha indicato le seguenti soluzioni per la<br />
liquidazione dell’imposta relativa al periodo fiscale<br />
che comprende il giorno della variazione dell’aliquota<br />
(nel caso, il 17 settembre 2011):<br />
- le imprese che applicano il regime del margine<br />
globale sui beni usati, per il periodo di riferimento<br />
determinano l’imponibile da assoggettare<br />
all’aliquota del 20% e quello da assoggettare all’aliquota<br />
del 21% in base all’incidenza, rispetto<br />
all’ammontare complessivo delle operazioni effettuate<br />
nell’intero periodo, dell’importo delle<br />
operazioni effettuate prima del 16 settembre<br />
2011 e di quelle effettuate dopo tale data.<br />
Esempio<br />
Se nel mese di settembre sono state effettuate operazioni<br />
per complessivi 10.000 euro, di cui 6.000 dal giorno 1 al<br />
giorno 16, e 4.000 dal giorno 17 al giorno 30, il margine<br />
lordo complessivo liquidato per il mese (differenza fra<br />
corrispettivi e costi) sarà tassato per il 60% con l’aliquota<br />
del 20% e per il restante 40% per l’aliquota del 21%;<br />
- le agenzie di viaggio - le cui operazioni rientranti<br />
nel regime dell’art. 74-ter seguono un criterio<br />
speciale anche con riguardo al momento di<br />
effettuazione, che coincide con il pagamento integrale<br />
del corrispettivo o, se precedente, con<br />
l’inizio del viaggio - determinano la parte imponibile<br />
al 20% e la parte imponibile al 21% in<br />
base al rapporto tra i corrispettivi dei viaggi pagati<br />
interamente (o iniziati) entro il 16 settembre<br />
2011 e quelli pagati (e iniziati) successivamente.<br />
Note di credito per conguagli<br />
Le c.d. note di variazione di cui all’art. 26, D.P.R.<br />
n. 633/1972, sia in aumento che in diminuzione,<br />
seguono l’aliquota applicabile al momento dell’effettuazione<br />
dell’operazione alla quale si riferiscono.<br />
Nota:<br />
(2) Cfr. F. Ricca, «Alla fine, l’aumento dell’IVA è arrivato», in questa<br />
Rivista n. 10/2011, pag. 65.
Esempio<br />
Le note di variazione emesse a decorrere dal 17 settembre<br />
2011 in relazione ad operazioni effettuate prima di<br />
tale data, dovranno evidenziare l’imposta calcolata con<br />
l’aliquota del 20%.<br />
Questo principio vale anche per le note di variazione<br />
emesse a conguaglio, all’atto della definitiva<br />
determinazione dei corrispettivi dovuti sulle operazioni<br />
anticipatamente fatturate in base ai consumi<br />
presunti, secondo la procedura adottata in alcuni<br />
settori, quali la fornitura di acqua, gas, energia<br />
elettrica.<br />
Si ricorda, al riguardo, che le cessioni di beni a carattere<br />
continuativo o periodico, sulla base di contratti<br />
di somministrazione di cui all’art. 1559 c.c.,<br />
si considerano effettuate all’atto del pagamento<br />
del corrispettivo, salvo che sia stata emessa precedentemente<br />
fattura, giusta quanto disposto dall’art.<br />
6, secondo comma, lett. a) e quarto comma, D.P.R.<br />
n. 633/1972.<br />
Qualora si rendesse necessario, per le imprese dei<br />
settori in esame, emettere una nota di accredito per<br />
conguaglio riferibile a precedenti fatture assoggettate<br />
sia all’aliquota del 20% sia a quella del 21%,<br />
l’Agenzia, per ragioni di semplificazione, ha ritenuto<br />
che, ove non sia possibile determinare analiticamente<br />
i consumi fatturati all’una e all’altra aliquota,<br />
l’aliquota della nota di accredito dovrà essere<br />
determinata in base al periodo al quale si riferisce<br />
il conguaglio, applicando l’aliquota vigente<br />
nella maggior parte del periodo stesso.<br />
Esempio<br />
Se il conguaglio si riferisce al trimestre luglio-settembre<br />
2011, durante il quale è stata applicata prevalentemente<br />
l’aliquota del 20%, la nota di accredito riporterà tale aliquota,<br />
mentre se si riferisce al trimestre settembre-novembre,<br />
per la maggior parte del quale è stata applicata<br />
l’aliquota del 21%, la nota di accredito riporterà la nuova<br />
aliquota.<br />
Regolarizzazione di operazioni<br />
irregolarmente fatturate<br />
Con il comunicato stampa del 16 settembre 2011,<br />
l’Agenzia delle entrate aveva affermato che «qualora<br />
ragioni di ordine tecnico impediscano di adeguare<br />
in modo rapido i software per la fatturazione<br />
e i misuratori fiscali, gli operatori potranno regolarizzare<br />
le fatture eventualmente emesse e i corri-<br />
Aliquote<br />
spettivi annotati in modo non corretto effettuando<br />
la variazione in aumento (art. 26, primo comma,<br />
del DPR n. 633 del 1972).<br />
La regolarizzazione non comporterà alcuna sanzione<br />
se la maggiore imposta collegata all’aumento<br />
dell’aliquota verrà comunque versata nella liquidazione<br />
periodica in cui l’IVA è esigibile».<br />
Al riguardo, è necessario dare conto del diverso<br />
orientamento espresso nella circolare n. 45/E/2011,<br />
ove l’Agenzia, accogliendo le sollecitazioni degli<br />
operatori, ha stabilito termini più ampi per la regolarizzazione<br />
senza sanzioni delle infrazioni commesse<br />
in sede di prima applicazione, disponendo in<br />
particolare che:<br />
a) i contribuenti mensili possono effettuare la regolarizzazione<br />
entro il termine per il versamento<br />
dell’acconto IVA 2011 (27 dicembre 2011)<br />
per le fatture emesse entro il mese di novembre<br />
2011, ovvero entro il termine per il versamento<br />
a saldo del 2011 (16 marzo 2012) per le fatture<br />
emesse nel mese di dicembre 2011;<br />
b) i contribuenti trimestrali possono effettuare la<br />
regolarizzazione entro il 27 dicembre 2011 per<br />
le fatture emesse entro il mese di settembre, ovvero<br />
entro il 16 marzo 2012 per le fatture emesse<br />
nel quarto trimestre 2011.<br />
La circolare precisa che il versamento dell’imposta<br />
eventualmente dovuta in dipendenza della regolarizzazione<br />
dovrà essere effettuato con il codice<br />
tributo della liquidazione di riferimento (periodo<br />
in cui è stata effettuata l’operazione) e che dovranno<br />
essere corrisposti gli interessi, se dovuti<br />
per effetto del differimento dell’obbligo di versamento<br />
rispetto alla scadenza originaria.<br />
1/2012<br />
11
Detrazioni<br />
Profili IVA del prestito di personale<br />
di Giovanni Paudice<br />
La Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi<br />
del trattamento IVA delle somme erogate<br />
a fronte di prestiti o distacchi del personale<br />
e, ribaltando il precedente orientamento,<br />
ha stabilito il diritto alla detrazione<br />
IVA per l’azienda che riceve - da altra impresa<br />
- personale distaccato solo nel caso in<br />
cui questa rimborsi una somma superiore o<br />
inferiore rispetto alle retribuzioni e agli altri<br />
oneri previdenziali e contrattuali gravanti sul<br />
distaccante.<br />
Riferimenti<br />
Cassazione, sentenza 7 novembre 2011, n.<br />
23021<br />
D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art. 30<br />
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 3<br />
La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con la<br />
sentenza 7 novembre 2011, n. 23021 (1), è tornata<br />
ad occuparsi del trattamento IVA delle somme erogate<br />
a fronte di prestiti o distacchi del personale.<br />
In particolare, la sentenza in rassegna ribalta il<br />
precedente orientamento fatto proprio dagli stessi<br />
giudici di legittimità (si veda, in particolare, la<br />
sent. 7 settembre 2010, n. 19129) e «riabilita» una<br />
risalente e consolidata elaborazione amministrativa<br />
e giurisprudenziale sul tema della disciplina<br />
dell’IVA relativa ai prestiti e distacchi di personale.<br />
Al fine di rendere più chiaro l’oggetto della questione<br />
e meglio contestualizzare l’argomento, giova<br />
in primo luogo premettere qualche breve cenno<br />
giuslavoristico con riguardo alla fattispecie in esame;<br />
pare quindi utile ripercorrere i profili IVA della<br />
fattispecie accennando altresì alle tesi interpretative<br />
dell’Amministrazione finanziaria e della<br />
giurisprudenza, chiamate in più occasioni a chiarire<br />
aspetti controversi.<br />
Così ricostruito lo «stato dell’arte», potrà essere<br />
12<br />
L’approfondimento<br />
1/2012<br />
meglio analizzata l’ultima pronuncia della Sezione<br />
tributaria della Cassazione in subiecta materia.<br />
Profili giuslavoristici<br />
Muovendo dall’analisi sul piano civilistico, occorre<br />
notare come quello che in ambito tributario viene<br />
qualificato «prestito di personale» o «messa a<br />
disposizione di personale» coincide con l’istituto<br />
giuridico del «distacco di personale».<br />
Propriamente, il distacco di personale - istituto oggetto<br />
di lunga elaborazione giurisprudenziale e in<br />
tempi abbastanza recenti di una specifica disciplina<br />
positiva (art. 30 del D.Lgs. 10 settembre 2003,<br />
n. 276 meglio nota come «Legge Biagi»), che ha<br />
sostanzialmente recepito i tratti caratteristici di derivazione<br />
giurisprudenziale - si configura quando<br />
un datore di lavoro, per proprio interesse, pone<br />
temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione<br />
di un altro soggetto per l’esecuzione di una<br />
determinata attività lavorativa; ciò senza che vi sia<br />
l’estinzione dell’originario rapporto di lavoro, né<br />
che si generi un nuovo rapporto con il soggetto<br />
utilizzatore della prestazione lavorativa (rimanendo<br />
pertanto il datore di lavoro distaccante responsabile<br />
del trattamento economico e normativo a favore<br />
del lavoratore).<br />
Sulla base di questa definizione e tenuto altresì<br />
conto della copiosa giurisprudenza della Corte di<br />
Cassazione, può ragionevolmente ritenersi sussistere<br />
l’ipotesi del distacco al ricorrere delle seguenti<br />
circostanze:<br />
• l’interesse del distaccante (2), reale, concreto e<br />
Giovanni Paudice - Avvocato<br />
Note:<br />
(1) In Banca Dati Big Suite, IPSOA.<br />
(2) A titolo di approfondimento, si noti come - secondo la giurisprudenza<br />
- l’interesse del distaccante non deve essere di lieve<br />
entità, ma apprezzabile ossia rilevante, concreto e persistente<br />
(Cass. 12 agosto 1992, n. 9517). La valutazione della sussistenza<br />
dell’interesse deve essere operata non in relazione allo scopo sociale<br />
della società datrice di lavoro astrattamente considerato,<br />
bensì al concreto espletamento dell’attività della stessa, potendo<br />
(segue)
durevole ad impiegare il<br />
proprio personale presso<br />
un altro soggetto (3);<br />
• la temporaneità del distacco,<br />
da intendere come non<br />
definitività, a prescindere<br />
dall’effettiva entità della<br />
durata del periodo di distacco<br />
(4);<br />
• il trasferimento del potere<br />
di direzione - e quindi, di<br />
riflesso, il sorgere di un<br />
potere gerarchico - sul distaccatario,<br />
passaggio in<br />
difetto del quale si scivolerebbe nella fattispecie<br />
vietata di intermediazione di mano d’opera (5).<br />
Note:<br />
(segue nota 2)<br />
venire escluso solo in caso di evidente ed insanabile contrasto<br />
con le finalità proprie dell’oggetto sociale o con le ragioni che<br />
hanno indotto la società ad assumere il dipendente (Cass. 13 giugno<br />
1995, n. 6657; Tribunale di Firenze 23/5/85). A ogni modo l’interesse<br />
del distaccante non può identificarsi con il semplice corrispettivo<br />
economico riconosciuto per la cessione temporanea<br />
del lavoratore, riconducendosi tale ipotesi alla somministrazione<br />
irregolare di mano d’opera (cfr. art. 27, comma 1, D.Lgs. n.<br />
276/2003; Circ. Min. lav. 24 giugno 2005, n. 28). Parimenti non è<br />
stata ritenuta legittima l’ipotesi di distacco in cui l’interesse del<br />
distaccante si risolveva in un qualsiasi interesse fattuale (Tribunale<br />
di Venezia 20/11/95: nel caso di specie la Società distaccante,<br />
con il distacco, intendeva gettare le basi di una futura attività e<br />
crearsi una clientela). Infine, l’assenza di alcuna forma di controllo<br />
sulla prestazione resa con carattere di stabilità ed esclusività al<br />
terzo distaccatario, viene considerata un indice di assenza di interesse<br />
da parte del lavoratore distaccante (Cass. 11 giugno 1986,<br />
n. 3876).<br />
(3) Sempre a titolo di approfondimento si osservi come particolare<br />
attenzione venga prestata in giurisprudenza alle fattispecie<br />
più diffuse di distacco di dipendenti tra imprese dello stesso<br />
gruppo. In queste ipotesi - che peraltro rappresentano i casi dove<br />
più frequentemente si verifica la fattispecie de qua - sussiste anche<br />
un interesse comune del gruppo al di là dell’interesse delle<br />
singole società: conseguentemente il datore che appartiene ad un<br />
gruppo di imprese può scegliere di distaccare dei dipendenti perché<br />
tale vicenda modificativa del rapporto di lavoro si presenta<br />
rilevante per la strategia complessiva del gruppo, pur non avvantaggiando<br />
esclusivamente l’imprenditore distaccante; a tale stregua<br />
l’interesse al distacco può anche non essere direttamente<br />
proporzionale - in termini strettamente economici - al vantaggio<br />
che l’impresa di provenienza ricava dalla stessa vicenda modificativa<br />
del rapporto di lavoro, ma valutato nel complesso della strategia<br />
del gruppo, esso continua a giustificare, rendendolo legittimo,<br />
il prestito del dipendente. In particolare la giurisprudenza -<br />
muovendo spesso dalla constatazione che il collegamento economico<br />
funzionale tra imprese di un medesimo gruppo non comporta<br />
il venir meno della autonomia delle singole società, alle<br />
DEFINIZIONI<br />
Distacco di personale<br />
Il distacco di personale ricorre quando<br />
un datore di lavoro, per proprio<br />
interesse, pone temporaneamente<br />
uno o più lavoratori a disposizione di<br />
un altro soggetto per l’esecuzione di<br />
una determinata attività lavorativa; ciò<br />
senza che vi sia l’estinzione<br />
dell’originario rapporto di lavoro, né<br />
che si generi un nuovo rapporto con il<br />
soggetto utilizzatore della prestazione<br />
lavorativa.<br />
Detrazioni<br />
quali distintamente continuano a far<br />
capo i rapporti di lavoro del personale<br />
dipendente - ha talora intravisto<br />
nel gruppo un elemento indiziario<br />
dell’esistenza di un interesse al distacco:<br />
il collegamento societario potrebbe<br />
rilevare sotto il profilo probatorio<br />
nel senso di consentire al giudice<br />
di trarne elementi indiziari circa<br />
l’esistenza in concreto di quell’interesse<br />
a disporre dell’attività lavorativa<br />
del dipendente (Cass. 12 novembre<br />
1984, n. 5708); ma bisogna comunque<br />
segnalare una certa corrente<br />
giurisprudenziale che ritiene che il<br />
semplice collegamento societario non<br />
sia sufficiente a legittimare il distacco<br />
e che tale collegamento non integri una presunzione della sussistenza<br />
dell’interesse al distacco (Cass. 26 maggio 1993, n. 5907 e<br />
Cass. 23 agosto 1996, n. 7762). L’interesse, riteniamo, seppure<br />
nella lata accezione di interesse collettivo, deve comunque sussistere<br />
ed emergere positivamente anche nelle ipotesi di distacco<br />
infra-gruppo, in quanto generalmente si esclude che una situazione<br />
di collegamento societario integri, isolatamente considerata,<br />
l’elemento costitutivo dell’interesse al distacco.<br />
(4) Il secondo elemento distintivo del distacco legittimo, nel panorama<br />
giurisprudenziale sull’argomento, è la temporaneità del<br />
distacco. Non occorre, a tale stregua, che il distacco abbia una<br />
durata predeterminata sin dall’inizio, né che essa sia necessariamente<br />
di una certa durata, ma solo che la durata del distacco<br />
coincida con quella dell’interesse del distaccante. La temporaneità<br />
deve essere quindi strettamente collegata all’elemento<br />
dell’interesse, sussistendo fintanto che persiste il primo elemento;<br />
la temporaneità del distacco non implica: (1) né una durata<br />
più o meno lunga del distacco - che anzi può coincidere anche<br />
con l’intera durata del rapporto di lavoro, essendo in particolare<br />
compatibile con tale fenomeno la circostanza che l’inizio del distacco<br />
coincida con l’assunzione del lavoratore; (2) né la predeterminazione<br />
della durata stessa del distacco, essendo sufficiente<br />
che questo duri per il tempo in cui persista, appunto, l’interesse<br />
predetto. Sul punto, peraltro, la circolare del Ministero del Lavoro<br />
e delle Politiche sociali n. 3/04 precisa che “il concetto di<br />
temporaneità coincide con quello di non definitività indipendentemente<br />
dall’entità della durata del distacco…”. Inoltre, il distacco<br />
può essere parziale, nel senso che la prestazione lavorativa<br />
può eseguirsi in parte a vantaggio del soggetto distaccante e in<br />
parte presso il distaccata rio (Nota Min. Lav. 11 aprile 2001, n. 5).<br />
(5) Da ultimo si osservi anche come sia dubbio in giurisprudenza<br />
se il consenso del lavoratore distaccato rappresenti un vero e<br />
proprio requisito del distacco (in senso positivo Cass. 6 giugno<br />
1990, n. 5406; la Cassazione ha mostrato di ritenere il consenso<br />
elemento costitutivo della fattispecie almeno nelle ipotesi in cui<br />
il lavoratore svolga mansioni particolarmente qualificate: così<br />
Cass. 26 maggio 1993, n. 5907) . Il consenso sembra tuttavia venire<br />
in rilievo maggiormente per ragioni di tutela sindacale del lavoratore<br />
che per ragioni definitorie dell’istituto; in certa giurisprudenza,<br />
infatti, la presenza del consenso del lavoratore consente<br />
di non sindacare in ordine alla legittimità dell’esercizio dei<br />
poteri direttivi del datore di lavoro (si vedano ad esempio Cass.<br />
4 aprile 1981, n. 1921 e Cass. 16 luglio 1983, n. 4918).<br />
1/2012<br />
13
Detrazioni<br />
Alla luce degli elementi costitutivi sopra delineati<br />
può ritenersi che il distacco costituisca una vicenda<br />
solo modificativa del rapporto di lavoro originario<br />
tra il distaccante ed il lavoratore distaccato e<br />
non novativa.<br />
Sotto il profilo della struttura giuridico-formale<br />
del contratto di lavoro esistente tra distaccante e<br />
distaccato:<br />
1) la permanenza dell’interesse per il distaccante, e<br />
fintanto che persiste, è sufficiente a lasciare<br />
inalterato il rapporto sinallagmatico (prestazione<br />
lavorativa in cambio di retribuzione) tra datore<br />
di lavoro distaccante e distaccato: conseguentemente<br />
il distaccato rimane organicamente<br />
inserito nella struttura imprenditoriale del distaccante;<br />
2) funzionalmente, invece, nell’ambito del proprio<br />
potere di organizzazione dei fattori produttivi, o<br />
comunque con il consenso del lavoratore, il soggetto<br />
distaccante rinuncia temporaneamente<br />
(perché ha un interesse a che ciò accada) alla<br />
prestazione di lavoro da parte del distaccato a<br />
favore del soggetto distaccatario; trattasi semplicemente<br />
di una sostituzione del soggetto nei<br />
cui confronti viene eseguita la prestazione di lavoro<br />
da parte del lavoratore distaccato (distaccatario<br />
anziché distaccante) (6).<br />
In collegamento con questa vicenda si pone il problema<br />
di ripartizione dei costi complessivamente<br />
sostenuti per il lavoratore distaccato, tra l’impresa<br />
distaccante e l’impresa distaccataria quando quest’ultima<br />
rimborsa alla società distaccante l’ammontare<br />
delle retribuzioni e degli oneri previdenziali<br />
e assistenziali dovuti al lavoratore, prevedendosi<br />
talvolta ed in aggiunta anche un corrispettivo<br />
per il prestito di personale (cd. mark-up) (7).<br />
Sul piano applicativo, peraltro frequentemente,<br />
l’impresa distaccante e l’impresa distaccataria pattuiscono<br />
dei rimborsi a forfait (un importo quindi<br />
diverso dal puro e semplice costo del lavoratore<br />
distaccato) soprattutto nei casi in cui oltre al prestito<br />
di personale - indistintamente - vengano resi<br />
altri servizi.<br />
Profili IVA<br />
Venendo ai profili IVA del prestito di personale,<br />
l’aspetto nodale riguarda proprio il trattamento<br />
delle somme corrisposte al datore dal soggetto utilizzatore.<br />
14<br />
1/2012<br />
A tal proposito occorre muovere dalle diverse ipotesi<br />
che possono in concreto verificarsi soprattutto<br />
all’interno di gruppi di imprese dove è consuetudine<br />
inviare alcuni lavoratori dipendenti da una società<br />
all’altra, per periodi di tempo più o meno<br />
estesi, consentendo così di soddisfare le esigenze<br />
operative delle imprese interessate. Si tratta, peraltro,<br />
di un fenomeno alquanto diffuso anche in ambito<br />
internazionale.<br />
In linea generale, tali prestazioni riconducibili alla<br />
figura del «prestito di personale» sarebbero quindi<br />
da assoggettare ad IVA, ai sensi dell’art. 3 del<br />
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, senza che rilevi la<br />
circostanza che il relativo corrispettivo corrisponda<br />
esattamente al rimborso del costo.<br />
Ciò posto, provando a schematizzare, con particolare<br />
riferimento alla situazione di un’impresa con<br />
sede in Italia può aversi:<br />
Note:<br />
(6) La circostanza che vi sia un mutamento del luogo di svolgimento<br />
dell’attività lavorativa per il dipendente distaccato, non implica invece<br />
un’alterazione della struttura giuridico formale del contratto di lavoro.<br />
A tal proposito si osservi altresì come il fatto che il prestito di personale<br />
non sia accompagnato dal mutamento del luogo di svolgimento<br />
dell’attività lavorativa del dipendente interessato può non essere dirimente<br />
per escludere la fattispecie del distacco a condizione che la gestione<br />
operativa del rapporto di lavoro sia effettivamente ad appannaggio<br />
della società distaccataria. In tal senso, si è recentemente espresso il<br />
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (Interpello 02/02/2011, n.<br />
1) che ha osservato come la dislocazione del lavoratore presso la sede<br />
dell’impresa distaccataria, pur rappresentando l’ipotesi “statisticamente”<br />
più ricorrente, non può costituire un elemento indispensabile al<br />
corretto utilizzo dell’istituto. Per il Ministero “il luogo di lavoro del lavoratore<br />
distaccato costituisce mera modalità di svolgimento della prestazione<br />
lavorativa e dunque come tale non sembra assumere particolare<br />
rilievo - potendosi individuare addirittura nella stessa sede del datore<br />
di lavoro distaccante - nel momento in cui sia già accertata la sussistenza<br />
dei requisiti indicati e, primo fra tutti, l’interesse del datore di<br />
lavoro”. Si ritiene che la prestazione del lavoratore presso una sede di<br />
lavoro diversa da quella del distaccatario sia un elemento di fatto della<br />
prestazione che potrà eventualmente essere valutato, unitamente agli<br />
altri, per verificare l’effettiva sussistenza dei requisiti di legittimità e l’assenza<br />
di condotte elusive della normativa in esame.<br />
(7) Nella già citata circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche<br />
sociali n. 3/04 si ritiene che l’importo del rimborso erogato dal distaccatario<br />
non possa eccedere quanto effettivamente corrisposto dal datore<br />
di lavoro distaccante, argomentando che la presenza di un markup<br />
svilirebbe il requisito dell’interesse (produttivo) del distaccante. Si<br />
legge testualmente che “mentre il somministratore realizza il solo interesse<br />
produttivo della somministrazione a fini di lucro,il distaccante<br />
soddisfa un interesse produttivo diversamente qualificato, come l’interesse<br />
al buon andamento della società controllata o partecipata”. Si<br />
tratta tuttavia di un’interpretazione isolata e poco convincente, posto<br />
che la presenza di un mark-up non può valere di per sé ad escludere<br />
l’interesse del distaccante e la configurabilità del distacco
1) dipendenti originariamente<br />
assunti dalla impresa italiana<br />
e poi dislocati presso<br />
consociate estere (per comodità<br />
di esposizione, d’ora<br />
in avanti, ipotesi estera);<br />
2) viceversa, dipendenti provenienti<br />
dalle consociate<br />
estere che prestano lavoro<br />
presso l’impresa italiana<br />
(per comodità di esposizione,<br />
d’ora in avanti, ipotesi<br />
domestica);<br />
3) esistono poi alcune ipotesi<br />
in cui dipendenti dell’impresa<br />
italiana vengono distaccati<br />
presso altre società<br />
italiane (per comodità di<br />
esposizione, d’ora in avanti, ipotesi italiana).<br />
Per quanto riguarda l’ipotesi estera, l’impresa italiana<br />
non dovrà assoggettare ad IVA la prestazione<br />
di servizio di prestito di personale, per carenza del<br />
presupposto di territorialità: infatti, ai sensi dell’art.<br />
7-ter del D.P.R. n. 633/1972, le prestazioni di<br />
prestito di personale si considerano effettuate nel<br />
territorio dello Stato quando sono rese a soggetti<br />
passivi stabiliti nel territorio dello Stato (8).<br />
Invece, nel caso di ipotesi domestica così come in<br />
tutti i casi di ipotesi italiana, si riespande il principio<br />
generale di territorialità in base al quale detta<br />
operazione è considerata effettuata nel territorio<br />
dello Stato in ragione del luogo di stabilimento del<br />
committente nel territorio dello Stato (9).<br />
Tuttavia, in questi casi specifici di rilevanza territoriale<br />
delle operazioni de quibus occorre considerare<br />
la norma di cui all’art. 8, comma 35, della<br />
legge n. 67 del 1988 sul cui ambito applicativo<br />
hanno sentenziato da ultimo i giudici della Corte<br />
di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza qui<br />
rassegna chiarendone - auspicabilmente in via definitiva<br />
- la portata.<br />
Le ipotesi di (ir)rilevanza IVA delle prestazioni di<br />
prestito di personale<br />
L’art. 8, comma 35, della legge n. 67 del 1988 stabilisce<br />
che «non sono da intendere rilevanti agli<br />
effetti IVA i prestiti o distacchi di personale a<br />
fronte dei quali è versato il solo rimborso del relativo<br />
costo».<br />
SOLUZIONI OPERATIVE<br />
Prestito di personale ad impresa<br />
consociate estera<br />
Nel caso di dipendenti originariamente<br />
assunti dalla impresa italiana e poi<br />
dislocati presso consociate estere<br />
(ipotesi estera), l’impresa italiana<br />
non dovrà assoggettare ad IVA la<br />
prestazione di servizio di prestito di<br />
personale, per carenza del<br />
presupposto di territorialità: infatti, ai<br />
sensi dell’art. 7-ter del D.P.R. n.<br />
633/1972, le prestazioni di prestito di<br />
personale si considerano effettuate nel<br />
territorio dello Stato quando sono rese<br />
a soggetti passivi stabiliti nel territorio<br />
dello Stato.<br />
Detrazioni<br />
Tale disposizione viene dunque<br />
a disporre l’irrilevanza<br />
impositiva in ragione di una<br />
circostanza ben precisa ossia<br />
quando viene rimborsato all’impresa<br />
distaccante il solo<br />
costo del personale prestato<br />
(retribuzione, oneri previdenziali<br />
e contrattuali).<br />
Sul piano ricostruttivo, occorre<br />
altresì ricordare che già<br />
precedentemente all’intervento<br />
legislativo in parola,<br />
l’Agenzia delle entrate aveva<br />
costantemente affermato che<br />
dovessero considerarsi esclusi<br />
dall’applicazione dell’imposta,<br />
per difetto del presupposto<br />
oggettivo, i prestiti di personale a fronte dei<br />
quali venisse rimborsato soltanto il costo (retribuzione,<br />
oneri previdenziali ed assistenziali); qualora,<br />
invece, fossero corrisposte somme aggiuntive,<br />
l’intero corrispettivo, inclusa la quota di oneri rimborsati,<br />
doveva ritenersi soggetto al tributo (10).<br />
L’interevento legislativo elevava dunque al rango<br />
di norma giuridica la precedente interpretazione<br />
ministeriale (11).<br />
Successivamente, l’elaborazione amministrativa<br />
aveva ulteriormente contribuito a definire la porta-<br />
Note:<br />
(8) Aggiungasi che ai sensi dell’art. 7-septies del D.P.R. n. 633/1972,<br />
comma 1, lett. e), la messa a disposizione del personale non si<br />
considera effettuata nel territorio dello Stato quando viene resa<br />
a committenti non soggetti passivi domiciliati e residenti fuori<br />
della UE.<br />
(9) Va da sé che nell’ipotesi domestica gli eventuali oneri di regolarizzazione<br />
della suddetta operazione gravano sull’impresa italiana<br />
committente mediante il meccanismo del reverse charge.<br />
(10) Cfr. R.M. del 20 marzo 1981 n. 411847; R.M. del 6 febbraio<br />
1974 n. 505366; R.M. del 5 luglio 1973 n. 502712. Ciò nella considerazione<br />
che, essendo le somme rimborsate dall’impresa utilizzatrice<br />
delle prestazioni lavorative rese dai dipendenti «distaccatti»<br />
esattamente uguali alla retribuzione spettante ai medesimi dipendenti<br />
nonché ai relativi oneri previdenziali ed assistenziali, le<br />
stesse sono da ritenersi erogate non già a titolo di corrispettivo<br />
per prestazioni di servizi bensì di puro e semplice rimborso di<br />
spese di lavoro subordinato ed in quanto tali non soggette al tributo.<br />
(11) Soltanto con la risoluzione 31 ottobre 1986, l’Amministrazione<br />
Finanziaria aveva fatto registrare un revirement, sostenendo<br />
l’imponibilità IVA dei distacchi anche quando il relativo corrispettivo<br />
fosse esattamente pari al costo del personale.<br />
1/2012<br />
15
Detrazioni<br />
ta applicativa della nuova disposizione<br />
(di esclusione dall’assoggettabilità<br />
all’IVA),<br />
precisando che:<br />
• non può parlarsi di «messa<br />
a disposizione del personale»,<br />
in assenza dell’effettivo<br />
trasferimento (temporaneo)<br />
dal distaccante al distaccatario<br />
delle prerogative<br />
tipiche del rapporto di<br />
lavoro subordinato, secondo<br />
cui il personale opera<br />
sotto le direttive e in posizione<br />
di effettiva subordinazione,<br />
gerarchica e disciplinare,<br />
della società che<br />
fruisce del prestito (12);<br />
• qualora il prestito di personale<br />
sia strettamente legato alla fornitura di risorse<br />
materiali ed immateriali (ad esempio macchinari<br />
e software), si è di fronte ad una prestazione<br />
complessa da considerare unitariamente e<br />
non in forma disgiunta; di talché l’intero corrispettivo<br />
va assoggettato ad IVA ai sensi dell’art.<br />
3, comma 1, del D.P.R. n. 633 del 1972 e non<br />
trova applicazione l’art. 8 della legge n. 67 del<br />
1988 (13);<br />
• è necessario che venga rimborsato esclusivamente<br />
il costo del personale prestato (retribuzione,<br />
oneri previdenziali e contrattuali). Invece,<br />
qualora le somme rimborsate fossero superiori<br />
o anche inferiori al costo, l’intero importo<br />
della prestazione è imponibile ai fini IVA; ciò<br />
considerato che il corrispettivo va inteso in maniera<br />
unitaria (14).<br />
Su posizioni analoghe si esprimeva altresì la giurisprudenza,<br />
ribadendo che il distacco o prestito di<br />
personale non costituisce operazione imponibile,<br />
purché l’impresa beneficiaria corrisponda il solo<br />
costo di tale utilizzazione, e cioè la retribuzione,<br />
gli oneri fiscali e previdenziali (15); o ancora,<br />
chiarendo che l’applicazione della norma di esclusione<br />
dall’imposta non deve ritenersi pregiudicata<br />
nell’ipotesi in cui l’impresa distaccante abbia addebitato<br />
all’impresa distaccataria una lieve maggiorazione,<br />
nell’ordine del 5% del costo a fronte di<br />
oneri indiretti, quali aumenti di contingenza, rivalutazioni<br />
delle indennità di fine rapporto (16).<br />
16<br />
1/2012<br />
IL PARERE DELLA CASSAZIONE<br />
Sentenza n. 23021/2011<br />
Con la sentenza n. 23021 del 2011 i<br />
giudici di legittimità hanno ristabilito la<br />
corretta esegesi dell’art. 8, comma 35,<br />
della legge n. 67/1988 coerentemente<br />
con l’interpretazione datane nel tempo<br />
da prassi e giurisprudenza.<br />
Si tratta di un «revirement»<br />
sicuramente atteso viste le incertezze<br />
che aveva destato tra gli operatori la<br />
precendente pronunzia n. 19129 del<br />
2010. Il dato normativo è molto chiaro.<br />
Esso, in modo inequivoco, esclude<br />
dall’ambito dell’IVA il prestito di<br />
personale per il quale «è versato<br />
(corrisposto o rimborsato) solo<br />
(soltanto, unicamente) il relativo costo».<br />
La sentenza n. 19129<br />
del 2010<br />
In questo scenario di riferimento,<br />
dove il trattamento<br />
IVA del prestito di personale<br />
appariva alquanto delineato,<br />
interveniva però la sentenza<br />
della Corte di Cassazione n.<br />
19129 dell’1 giugno 2010 il<br />
cui esito era quello di<br />
(ri)mettere in discussione<br />
principi e convincimenti che<br />
erano ormai dati per consolidati<br />
(17).<br />
I giudici di legittimità nella<br />
suddetta sentenza muovevano<br />
il loro ragionamento dalla<br />
seguente considerazione: dal<br />
momento che, nei limiti del<br />
costo del personale, il distaccante non effettua alcuna<br />
prestazione di servizi nei confronti del distaccatario,<br />
proprio per via dell’esclusione dall’imposta<br />
recata dall’art. 8, comma 35, della legge<br />
n. 67/1988, entro questi limiti «non si applica l’I-<br />
VA e non esiste, dunque, alcuna imposta che possa<br />
essere detratta».<br />
Da qui la conclusione: poiché il regime<br />
dell’«esenzione» dall’IVA, fissato nella norma appena<br />
individuata, riguarda solo il costo del personale,<br />
che è sostenuto dal distaccante e che il distaccatario<br />
si limita a rimborsare, se quest’ultimo<br />
trasferisce al primo una somma maggiore, «questa<br />
non è più esente da IVA in quanto si giustifica solo<br />
per la sua corrispondenza all’acquisto di un bene o<br />
all’acquisizione di un servizio», per cui «la relativa<br />
IVA è conseguentemente detraibile». (18)<br />
Note:<br />
(12) Risoluzione n. 262/E del 2 agosto 2002.<br />
(13) Risoluzione n. 346/E 5 novembre 2002.<br />
(14) Risoluzione n. 346/E 5 novembre 2002.<br />
(15) Cass. 6 marzo 1996, n. 1788.<br />
(16) CTC n. 13 del 4 gennaio 1996.<br />
(17) Per commenti alla suddetta sentenza si rinvia a Mantovani Santacroce,<br />
“Nei prestiti di personale il rimborso del costo del lavoro è sempre<br />
escluso da iva?” in Corriere Tributario n. 43 del 2010, pag. 3566; Ricca,<br />
“Prestito o distacco di personale: l’iva solo sull’extra costo” in L’Iva” n. 11 del<br />
2010; Tortorelli, “Il prestito di personale e l’IVA” in Bollettino Tributario di<br />
informazione n. 9 del 2011, pag. 674.<br />
(18) Giova ricordare che la fattispecie decisa dalla Suprema Corte<br />
era caratterizzata da un riaddebito al distaccattario di costi<br />
(segue)
In buona sostanza, solo la somma eccedente il<br />
rimborso del personale è soggetta ad IVA detraibile.<br />
Seguendo questa impostazione, parimenti non usufruirebbe<br />
di alcuna prestazione da parte del soggetto<br />
distaccante il beneficiario utilizzatore del distacco<br />
che rimborsasse al fornitore una somma inferiore<br />
al costo del personale; di talché anche in<br />
tale circostanza si continuerebbe a versare nel<br />
campo dell’irrilevanza ai fini dell’IVA.<br />
I giudici di legittimità fornivano dunque una «innovativa»<br />
interpretazione dell’art. 8, comma 35,<br />
della legge n. 67/1988; in buona sostanza, con tale<br />
disposizione veniva stabilita una sorta di «franchigia»,<br />
in base alla quale sarebbe possibile escludere<br />
dal campo di applicazione dell’IVA la somma corrisposta<br />
dal soggetto utilizzatore fino a concorrenza<br />
del costo del lavoro, ferma restando l’imponibilità<br />
dell’eventuale eccedenza (19).<br />
La sentenza n. 23021 del 7 novembre 2011<br />
Con la sentenza del 7 novembre 2011 n. 23021, i<br />
giudici di legittimità sovvertono l’orientamento<br />
precedente.<br />
Secondo tale pronunzia, la norma di cui all’art. 8,<br />
comma 35, della legge n. 67/1988 introduce un’eccezione<br />
al regime ordinario dell’IVA, prevedendo<br />
che il distacco del personale, pur integrando in<br />
astratto una prestazione di servizi soggetta ad IVA,<br />
non può essere considerato tale «nel caso in cui il<br />
beneficiario rimborsi al concedente il solo costo<br />
del personale utilizzato. Tale rimborso deve essere,<br />
però, esattamente uguale alle retribuzioni ed<br />
agli altri oneri perché ciò che occorre ai fini della<br />
irrilevanza è, come riconosciuto dalla dottrina e<br />
dall’Amministrazione finanziaria, che si tratti di<br />
un’operazione sostanzialmente neutra, ovverosia<br />
di una vicenda che non comporti un guadagno per<br />
il distaccante, ma nemmeno un risparmio per il distaccatario,<br />
visto che, in caso contrario, non vi sarebbe<br />
ragione di riservarle un trattamento diverso<br />
dal normale».<br />
In altre parole, laddove non vi sia identità tra costo<br />
del lavoro e importo del corrispettivo pagato dall’impresa<br />
distaccataria (perché superiore al mero<br />
costo del lavoro, ma anche se inferiore a tale costo),<br />
l’operazione si configura quale prestazione di<br />
servizi rilevante ai fini IVA per l’intero importo.<br />
A tale proposito, viene richiamata proprio la pre-<br />
Detrazioni<br />
cedente sent. n. 19129/2010 considerata “non convincente”<br />
sia per quanto riguarda l’ipotesi della<br />
non rilevanza ai fini IVA del rimborso inferiore al<br />
costo del personale sostenuto, sia con riferimento<br />
all’ipotesi di rimborso superiore al costo sostenuto.<br />
E proprio in tale ultima ipotesi, si legge nella sentenza<br />
in commento, si «giunge addirittura a scomporre<br />
artificiosamente la controprestazione del distaccatario,<br />
attribuendole due diverse funzioni e<br />
nature malgrado l’indubbia unitarietà economica e<br />
funzionale del servizio. Certamente, nulla avrebbe<br />
impedito al legislatore del 1988 d’introdurre una<br />
sorta di franchigia, prevedendo in ogni caso l’inapplicabilità<br />
dell’imposta per le somme corrispondenti<br />
ai costi. Simile possibilità non è stata<br />
però presa in considerazione dal legislatore ….».<br />
La conclusione di assoggettare a imposta l’intero<br />
corrispettivo attribuito al distaccante, nell’ipotesi<br />
in cui lo stesso sia differente al mero ristoro del<br />
costo del lavoro, è confermata dall’introduzione<br />
successiva della citata disciplina dei contratti di<br />
lavoro temporaneo (c.d. lavoro interinale), ad opera<br />
della legge n. 196/1997. Secondo quanto stabilito<br />
dal già citato art. 26-bis della predetta legge, sono<br />
esclusi dalla base imponibile IVA i rimborsi degli<br />
oneri retributivi e previdenziali che il soggetto<br />
utilizzatore deve rifondere alla società di lavoro<br />
temporaneo.<br />
Secondo i giudici di legittimità, «il legislatore ha<br />
da un lato smentito l’ipotesi della identità fra il<br />
trattamento IVA dei distacchi di personale e quello<br />
dei contratti di somministrazione di lavoro e,<br />
dall’altro, chiarito che la diversa regola per questi<br />
valevole non era più fondata sull’irrilevanza dell’operazione,<br />
ma sulla esenzione sempre e comun-<br />
Note:<br />
(segue nota 18)<br />
“per un importo determinato a priori e in modo forfetario e<br />
quindi completamente diverso dal loro reale costo retributivo e<br />
contributivo il cui ammontare viene invece specificato nei cedoli<br />
stipendiali dei dipendenti”.<br />
(19) Decisione che implicava in pratica l’individuazione analitica<br />
del costo del dipendente distaccato (retribuzione ed oneri previdenziali)<br />
senza poter ricorrere a criteri forfettari di quantificazione.<br />
In pratica il regime IVA del distacco risultava così il medesimo<br />
di quello applicabile alle prestazioni di fornitura di lavoro interinale<br />
che sono soggette ad IVA solo per la quota parte di corrispettivo<br />
eccedente il costo del personale dipendente (art. 26bis<br />
della L. 24 giugno 1997, n. 196).<br />
1/2012<br />
17
Detrazioni<br />
que dei rimborsi che, pertanto, non dovevano<br />
scontare l’imposta nemmeno nel caso in cui il corrispettivo<br />
globale avesse superato l’ammontare dei<br />
costi dei lavoratori».<br />
In altre parole, secondo quanto si legge nella sentenza<br />
in commento, per la Cassazione, laddove il<br />
legislatore ha voluto escludere l’imponibilità del<br />
rimborso del costo del lavoro lo ha fatto espressamente,<br />
e ciò costituisce conferma dell’impossibilità<br />
di leggere allo stesso modo l’art. 8, comma 35,<br />
della legge n. 67/1988, in materia di distacco del<br />
personale.<br />
Osservazioni conclusive<br />
Con la sentenza n. 23021 del 2011 i giudici di legittimità<br />
ristabiliscono la corretta esegesi dell’art.<br />
8, comma 35, della legge n. 67/1988 coerentemente<br />
con l’interpretazione - in precedenza illustrata -<br />
datane nel tempo da prassi e giurisprudenza.<br />
Trattasi di un revirement sicuramente atteso viste<br />
le incertezze che aveva destato tra gli operatori la<br />
precendente pronunzia n. 19129 del 2010.<br />
Già sotto il profilo letterale la normativa in esame<br />
non genera particolari dubbi interpretativi...<br />
Essa, in modo inequivoco, esclude dall’ambito<br />
dell’IVA il prestito di personale per il quale «è<br />
versato solo (cioè soltanto, unicamente) il relativo<br />
costo».<br />
In forza della norma in parola sono dunque escluse<br />
dalla sfera applicativa dell’IVA quelle fattispecie -<br />
pur astrattamente configurabili quali prestazioni di<br />
servizi rilevanti ai fini del tributo de quo - in cui a<br />
fronte della messa a disposizione del personale del<br />
distaccante, sia corrisposto (da parte dell’utilizzatore<br />
dell’attività lavorativa), soltanto il rimborso<br />
del mero costo sostenuto dal distaccante. Non vi è<br />
quindi supporto normativo per l’interpretazione<br />
indicata dalla precedente sentenza n. 19129 del<br />
2010 secondo cui il costo del personale «in ogni<br />
caso» sarebbe fuori dal campo di applicazione dell’IVA<br />
(anche se il rimborso è maggiore o minore<br />
rispetto al costo). Propriamente la Corte di Cassazione<br />
ha quindi rivisto la sua precedente impostazione.<br />
Tale interpretazione è peraltro coerente non soltanto<br />
sotto il profilo letterale, ma anche da un punto<br />
di vista logico-sistematico, considerata la dinamica<br />
applicativa dell’IVA.<br />
A tal riguardo occorre, difatti, osservare che nel si-<br />
18<br />
1/2012<br />
stema dell’IVA tutti i rimborsi di spese, tranne<br />
quelle sostenute in nome e per conto del soggetto<br />
che le rimborsa (art. 15, n. 3, del D.P.R. n.<br />
633/1972), sono rilevanti ai fini del tributo de quo.<br />
Ne consegue pertanto che - in mancanza della norma<br />
speciale di cui si tratta - le somme (quale che<br />
fosse l’importo previsto e cioè maggiore, minore o<br />
pari al costo) rimborsate al distaccante, (il quale<br />
naturalmente non ha assunto il personale in nome<br />
e per conto dell’utilizzatore), dovrebbero essere<br />
assoggettate ad IVA quali prestazioni di servizi. La<br />
norma speciale pertanto, visto la sua portata derogatoria<br />
rispetto ai principi applicativi dell’IVA va<br />
interpretata restrittivamente. Di talché, l’esclusione<br />
dall’ambito dell’IVA è configurabile unicamente<br />
nell’ipotesi in cui a fronte dei distacchi di personale<br />
l’utilizzatore paga soltanto il rimborso del relativo<br />
costo.<br />
Con chiara evidenza, il legislatore (visto che il costo<br />
del lavoro dipendente non è soggetto ad IVA in<br />
capo al datore di lavoro), attraverso la suddetta<br />
norma speciale, ha inteso escludere dall’ambito di<br />
applicazione dell’IVA i rimborsi nelle (sole) ipotesi<br />
in cui essi rappresentino una semplice rifusione<br />
del costo sostenuto dal distaccante: e diventando<br />
così una sorta di rimborso spese, ex 15, n. 3, del<br />
D.P.R. n. 633/1972, effettuato in nome e per conto<br />
del beneficiario, vale a dire il soggetto distaccatario<br />
nel caso di specie).<br />
Quando ci si discosta da questo parametro, anche<br />
se in difetto (con un rimborso inferiore al costo),<br />
si manifesta una fattispecie che non è il distacco<br />
formalizzato nell’art. 8, comma 35, della legge n.<br />
67/1988, bensì una prestazione d’altra natura, comunque<br />
da ricondurre al genus dei servizi (in base<br />
all’art. 3 del D.P.R. n. 633/1972), da assoggettare<br />
all’IVA in via ordinaria (esempio per tutti i compensi<br />
a forfait).
Dal 1° gennaio 2011 è entrata in vigore la nuova<br />
versione degli Incoterms, raccolta delle norme e degli<br />
usi del commercio che la Camera di Commercio<br />
Internazionale rivisita con cadenza decennale.<br />
Delle 13 clausole Incoterms 2000 ne sono rimaste<br />
11 a seguito della soppressione di 4 termini DDU,<br />
DEQ, DES, DAF e l’inserimento di 2 nuove clausole<br />
DAT (Delivered At Terminal) molto utilizzata<br />
per la merce nei containers e DAP (Delivered At<br />
Place) (cfr. Tavola n. 1).<br />
Le clausole Incoterms sono state pubblicate per la<br />
prima volta nel 1936 dalla International Chamber<br />
of Commerce con sede a Parigi.<br />
Operazioni<br />
con l’estero<br />
Per stabilire il luogo di consegna<br />
occorre fare riferimento al contratto<br />
e agli «Incoterms»<br />
di Michele Russotto<br />
L’adempimento<br />
La Corte di Giustizia ha fissato un importante<br />
principio in materia di compravendita<br />
intracomunitaria al quale il giudice nazionale,<br />
chiamato a pronunciarsi, deve uniformarsi<br />
per determinare il luogo di consegna.<br />
In particolare, il giudice adito deve tenere<br />
conto di tutti i termini e di tutte le clausole<br />
rilevanti del contratto che siano idonei a<br />
identificare con chiarezza il luogo della consegna,<br />
ivi compresi i termini e le clausole<br />
generalmente riconosciuti e sanciti dagli usi<br />
del commercio internazionale, quali gli «Incoterms».<br />
Riferimenti<br />
Corte di Giustizia UE, sentenza 9 giugno<br />
2011, causa C-87/10<br />
Corte di Giustizia UE, sentenza 25<br />
febbraio 2010, causa C-381/08<br />
Regolamento (CE) del Consiglio 22<br />
dicembre 2000, n. 44/2001<br />
TAVOLA N. 1<br />
Termini per qualsiasi<br />
modalità di trasporto<br />
EXW (Ex Works)<br />
FCA (Free Carrier)<br />
CPT (Carriage Paid To)<br />
CIP (Carriage and Insurance<br />
Paid To)<br />
DAT (Delivered At Terminal)<br />
DAP (Delivered At Place)<br />
DDP (Delivered Duty Paid)<br />
La loro funzione non riguarda la disciplina della<br />
compravendita (passaggio di proprietà, condizioni<br />
di pagamento, foro competente, ecc.), ma soltanto<br />
la fornitura e il trasporto dei beni.<br />
Esse disciplinano, altresì, quali costi di trasporto<br />
sono a carico dei rispettivi contraenti e chi sopporta<br />
il rischio nei casi di perdita o danneggiamenti<br />
della merce. Le Incoterms non hanno forza di legge,<br />
ma hanno validità quando vengono concordate<br />
tra acquirente e venditore.<br />
Gli accordi tra le parti, infatti, prevalgono su queste<br />
clausole.<br />
Le Incoterms sono riconosciute dalla Commissione<br />
UNO per il diritto commerciale internazionale<br />
Regolamento comunitario 44/2001<br />
Dal 1° marzo 2002, con l’entrata in vigore del Regolamento<br />
CE n. 44/2001 da un lato si è stabilito<br />
quale foro di competenza generale quello del domicilio<br />
del convenuto dall’altro è stato previsto, in<br />
materia di compravendita di beni, anche un foro<br />
speciale alternativo. L’art. 5 del Regolamento CE<br />
n. 44/2001 al punto 1, n. 1), lett. a) dispone, infatti,<br />
che la persona domiciliata nel territorio di uno<br />
Stato membro può essere convenuta in un altro<br />
Michele Russotto - Esperto fiscale<br />
Termini per il trasporto<br />
marittimo<br />
FAS (Free Alongside ship)<br />
FOB (Free On Board)<br />
CRF (Cost and Freight)<br />
CIF (Cost Insurance and<br />
Freight)<br />
1/2012<br />
19
Operazioni<br />
con l’estero<br />
Stato membro davanti al giudice del luogo in cui<br />
l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve<br />
essere eseguita; e aggiunge alla lett. b) che, nel caso<br />
della compravendita di beni, salvo diversa convenzione,<br />
il luogo di esecuzione dell’obbligazione,<br />
dedotta in giudizio, coincide con quello, situato in<br />
uno Stato membro, in cui i beni sono stati o avrebbero<br />
dovuto essere consegnati in base al contratto.<br />
In sostanza, secondo il Regolamento citato, in materia<br />
di compravendita di beni, il criterio determinante per<br />
stabilire qual è il Giudice competente a dirimere le<br />
controversie tra le parti di un contratto di compravendita<br />
internazionale è costituito dal luogo di consegna. Rimane<br />
da stabilire quali siano i requisiti della clausola<br />
che individua il luogo di consegna e cosa accada nell’eventualità<br />
in cui il contratto non ne contenga alcuna.<br />
In proposito, nell’ipotesi di assenza di una pattuizione<br />
contrattuale circa il luogo di consegna dei<br />
beni, la Corte di Giustizia UE, con la sentenza 25<br />
febbraio 2010 Car Trim GmbH c. Key Safety System Srl<br />
- causa C-381/08, aveva stabilito che ogniqualvolta<br />
non fosse stato possibile determinare il luogo di<br />
consegna in base alle pattuizioni contrattuali, tale<br />
luogo avrebbe dovuto intendersi quello della consegna<br />
materiale dei beni all’acquirente, e dunque il<br />
luogo di destinazione finale dell’operazione di vendita.<br />
In particolare, per il giudice comunitario la<br />
consegna del bene è l’obbligazione caratteristica<br />
dei contratti di compravendita e, pertanto, il luogo<br />
di consegna del bene deve essere utilizzato quale<br />
criterio di collegamento al giudice competente.<br />
Con riferimento ai contratti di compravendita,<br />
l’art. 5 del Regolamento fissa un principio in materia<br />
di obbligazioni contrattuali (come appunto<br />
nel caso di un contratto di vendita internazionale<br />
di merci), in conseguenza del quale la giurisdizione<br />
italiana nei confronti del convenuto straniero,<br />
non domiciliato in Italia, sussiste nella sola ipotesi<br />
in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o<br />
deve essere eseguita in Italia.<br />
Tuttavia, per stabilire quali siano gli elementi che<br />
il giudice nazionale deve tenere conto al fine di<br />
stabilire se il luogo della consegna possa o meno<br />
ritenersi determinato «in base al contratto» è intervenuta<br />
recentemente la Corte di giustizia UE.<br />
La vicenda giudiziaria (Corte di giustizia UE<br />
sentenza 9 giugno 2011 causa C-87/10)<br />
La domanda di pronuncia pregiudiziale verteva sul-<br />
20<br />
1/2012<br />
l’interpretazione dell’art. 5, punto 1, lett. b), primo<br />
trattino, del Regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre<br />
2000, n. 44/2001, concernente la competenza<br />
giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione<br />
delle decisioni in materia civile e commerciale.<br />
Tale domanda era stata presentata nell’ambito di<br />
una controversia pendente tra una società italiana,<br />
in qualità di venditrice, ed una società francese, in<br />
qualità di acquirente, che avevano concluso un<br />
contratto di compravendita di beni, che aveva dato<br />
problemi nella fase di esecuzione.<br />
Nella specie il venditore aveva depositato presso il<br />
Tribunale ordinario di Vicenza un ricorso per decreto<br />
ingiuntivo diretto ad ottenere la condanna dell’acquirente<br />
al pagamento della somma di euro<br />
36.588,26 quale corrispettivo per l’acquisto dei beni.<br />
Con atto di opposizione l’acquirente aveva eccepito,<br />
in via preliminare, l’incompetenza del giudice<br />
italiano adito, ai sensi delle disposizioni del regolamento.<br />
A sostegno di tale opposizione, l’acquirente<br />
affermava di avere la propria sede in Francia<br />
e che, pertanto, avrebbe dovuto essere convenuto<br />
dinanzi al giudice di tale Stato membro.<br />
La società italiana affermava, invece, che il contratto,<br />
concluso presso la propria sede, in Italia,<br />
conteneva la clausola «Resa: Franco nostra sede»<br />
riguardante il luogo di consegna della merce e che,<br />
di conseguenza, la competenza a conoscere la controversia<br />
sarebbe spettata ai giudici italiani.<br />
Inoltre, la società venditrice faceva riferimento ai<br />
termini elaborati dalla Camera di commercio internazionale,<br />
nella versione pubblicata nel 2000, ed affermava<br />
che la clausola «Resa: Franco nostra sede»<br />
corrispondeva all’Incoterm «EXW» («Ex Works»)<br />
che indicherebbe il luogo di consegna delle merci.<br />
Dalle carte processuali risultava che la merce oggetto<br />
del contratto controverso era stata consegnata all’acquirente<br />
da un vettore che l’aveva presa in carico in<br />
Italia, presso la sede del venditore, e l’aveva consegnata<br />
in Francia, presso la sede dell’acquirente.<br />
Il Tribunale di Vicenza osservava che la nozione di<br />
«luogo di consegna» quale «luogo di esecuzione<br />
dell’obbligazione dedotta in giudizio», ai sensi dell’art.<br />
5, punto 1, lett. b), primo trattino, del regolamento,<br />
aveva dato luogo ad interpretazioni divergenti<br />
in Italia, tanto da parte dei giudici di merito,<br />
quanto da parte della Corte suprema di cassazione;<br />
pertanto, lo stesso Tribunale aveva deciso di sospendere<br />
il procedimento e di sottoporre alla Corte
europea la seguente questione<br />
pregiudiziale: «Se l’art. 5,<br />
punto 1, lett. b), del regolamento<br />
44/2001 e, comunque,<br />
il diritto comunitario, laddove<br />
esso statuisce che il luogo di<br />
esecuzione dell’obbligazione,<br />
nel caso di compravendita di<br />
beni, è il luogo in cui i beni<br />
sono stati o avrebbero dovuto<br />
essere consegnati in base al<br />
contratto, andava interpretato<br />
nel senso che il luogo della<br />
consegna, rilevante ai fini<br />
dell’individuazione del giudice<br />
dotato di competenza giurisdizionale,<br />
fosse quello di<br />
destinazione finale delle merci oggetto del contratto<br />
ovvero quello in cui il venditore si liberava<br />
dell’obbligazione di consegna, in base alla normativa<br />
sostanziale applicabile al singolo caso, ovvero,<br />
ancora se fosse prospettabile una diversa interpretazione<br />
della norma citata».<br />
Preliminarmente la Corte, richiamando la sentenza<br />
25 febbraio 2010, causa C-381/08, Car Trim, ha ribadito<br />
che, se non era possibile determinare il luogo<br />
di consegna su tale base, senza far riferimento<br />
al diritto sostanziale applicabile al contratto, tale<br />
luogo era quello della consegna materiale dei beni<br />
mediante la quale l’acquirente aveva conseguito o<br />
avrebbe dovuto conseguire il potere di disporre effettivamente<br />
di tali beni alla destinazione finale<br />
dell’operazione di vendita.<br />
Tale interpretazione fornita dalla Corte nella citata<br />
sentenza «Car Trim» poteva essere estesa, pertanto,<br />
alla questione sollevata dal Tribunale ordinario<br />
di Vicenza.<br />
Circa l’espressione «in base al contratto» secondo i<br />
giudici europei nel contesto dell’esame di un contratto,<br />
al fine di determinare il luogo di consegna il<br />
giudice nazionale deve tenere conto di tutti i termini<br />
e di tutte le clausole rilevanti di tale contratto,<br />
ivi compresi, eventualmente, i termini e le clausole<br />
generalmente riconosciuti e sanciti dagli usi del<br />
commercio internazionale, quali gli Incoterms, purché<br />
idonei a consentire l’identificazione, con chiarezza,<br />
di tale luogo. Se non è possibile determinare<br />
il luogo di consegna su tale base, senza far riferimento<br />
al diritto sostanziale applicabile al contratto,<br />
DEFINIZIONI<br />
Incoterms<br />
La funzione degli «incoterms» non<br />
riguarda la disciplina della<br />
compravendita (passaggio di proprietà,<br />
condizioni di pagamento, foro<br />
competente, ecc.), ma soltanto la<br />
fornitura e il trasporto dei beni.<br />
Esse disciplinano, altresì, quali costi di<br />
trasporto sono a carico dei rispettivi<br />
contraenti e chi sopporta il rischio nei<br />
casi di perdita o danneggiamenti della<br />
merce. Gli «incoterms» non hanno<br />
forza di legge, ma hanno validità<br />
quando vengono concordate tra<br />
acquirente e venditore.<br />
Operazioni<br />
con l’estero<br />
tale luogo è quello della consegna<br />
materiale dei beni mediante<br />
la quale l’acquirente<br />
ha conseguito o avrebbe dovuto<br />
conseguire il potere di<br />
disporre effettivamente di tali<br />
beni alla destinazione finale<br />
dell’operazione di vendita.<br />
Le implicazioni<br />
dell’«incoterm ex works»<br />
nella fatturazione IVA<br />
Nell’ambito delle esportazioni<br />
effettuate da parte di operatori<br />
italiani, attraverso il sistema<br />
di triangolazione extra<br />
CEE, la clausola contrattuale<br />
maggiormente usata è l’Incoterms ex works che<br />
rappresenta la meno impegnativa in termini di obblighi<br />
ed adempimenti. L’operatore nazionale, infatti,<br />
adempie correttamente agli obblighi contrattuali,<br />
limitandosi a preparare la merce nella propria<br />
unità locale entro la data convenuta evitando così<br />
di dover individuare un trasportatore, stipulare un<br />
contratto di trasporto, interessarsi delle formalità<br />
doganali, dell’assicurazione della merce e di tutto<br />
quanto risulta essere inerente ad una spedizione internazionale.<br />
L’onere dell’effettuazione delle operazioni<br />
di carico dovrebbe essere ricondotto esclusivamente<br />
all’acquirente ma, di fatto, frequentemente,<br />
è lo stesso venditore che si occupa materialmente<br />
di effettuare le operazioni di carico della<br />
merce, in palese violazione degli accordi stipulati.<br />
Tuttavia, l’aspetto che più di ogni altro è fonte di rischi<br />
e responsabilità, non sempre ponderate attentamente<br />
da parte del venditore, è rappresentato dal<br />
corretto espletamento delle formalità di esportazione.<br />
Il cedente nazionale a fronte delle sue esportazioni<br />
emette, infatti, quasi sempre, una fattura di<br />
vendita non imponibile iva a norma dell’art. 8, primo<br />
comma, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972 nei confronti<br />
dell’altro operatore nazionale proponente,<br />
con la conseguenza che per giustificare la mancata<br />
applicazione dell’imposta è tenuto a dimostrare di<br />
aver consegnato le merci sul territorio estero.<br />
Infatti, al fine di acquisire la non imponibilità<br />
dell’esportazione, occorre dimostrare l’avvenuta<br />
uscita fisica delle merci dal territorio comunitario.<br />
Secondo quanto disposto dal citato art. 8, la prova<br />
1/2012<br />
21
Operazioni<br />
con l’estero<br />
dell’avvenuta esportazione<br />
deve risultare, alternativamente:<br />
• dal documento doganale<br />
(DAU);<br />
• dalla vidimazione apposta<br />
dall’ufficio doganale su un<br />
esemplare della fattura;<br />
• dalla vidimazione del documento<br />
di trasporto o di un qualsiasi altro documento<br />
che consente la fatturazione differita.<br />
Tuttavia, a partire dal 1° luglio 2007, l’entrata in<br />
vigore del regolamento Ce n. 1875/2006 del 18 dicembre<br />
2006 ha semplificato talune procedure riguardanti<br />
le operazioni di esportazione (cosiddetto<br />
sistema ECS): in particolare, la prova dell’esportazione,<br />
eccettuati casi particolari, non è più rappresentata<br />
dal «visto uscire» apposto sull’esemplare<br />
del DAU, bensì dal messaggio informatico che la<br />
dogana di uscita dall’Unione europea invierà, al<br />
momento del passaggio delle merci scortate dal<br />
nuovo documento di accompagnamento esportazione<br />
(DAE), alla dogana presso la quale è stata<br />
presentata la dichiarazione di esportazione.<br />
La mancata esecuzione del trasporto a cura o a nome<br />
dei cedenti o commissionari, accertata in sede<br />
di verifica da parte degli organi ispettivi, comporta<br />
il recupero dell’IVA sull’esportatore oltre alle relative<br />
sanzioni da una a due volte l’importo dell’IVA<br />
che doveva essere applicata.<br />
Con risoluzione n. 51 del 4 marzo 1995 l’Amministrazione<br />
finanziaria ha affermato che il trasporto<br />
o la spedizione all’estero di beni debba essere eseguito<br />
a cura o a nome del primo cedente nazionale,<br />
mentre nel caso in cui si inserisca il cessionario<br />
residente (ad esempio stipula diretta del contratto<br />
o affidamento del servizio), sia pure per motivazioni<br />
di carattere economico, non può ritenersi<br />
realizzata l’operazione triangolare. Così come avviene<br />
nei contratti che prevedano la clausola di<br />
vendita come il franco fabbrica (EXW).<br />
Da segnalare che l’Amministrazione finanziaria,<br />
con risoluzione n. 35 in data 13 maggio 2010, in<br />
risposta ad un parere inerente l’applicabilità del<br />
regime di non imponibilità IVA, in una operazione<br />
di triangolazione intracomunitaria nella quale una<br />
società italiana (A) cede ad un’altra società residente<br />
(B) beni destinati alla successiva rivendita<br />
ad una terza società (C) residente in un altro Paese<br />
22<br />
1/2012<br />
SOLUZIONI OPERATIVE<br />
Triangolazioni EXW<br />
La soluzione più sicura, nei casi di<br />
triangolazione con clausola EXW, è<br />
rappresentata dall’emissione della<br />
fattura di cessione emessa dal<br />
cedente nazionale nei confronti del<br />
promotore nazionale con IVA.<br />
dell’Unione Europea, è intervenuta<br />
fornendo una interpretazione<br />
della disposizione<br />
che i beni siano trasportati o<br />
spediti in altro stato «a cura<br />
o a nome del cedente».<br />
In particolare, l’Agenzia delle<br />
entrate a parziale rettifica<br />
della prassi precedente, con<br />
particolare riferimento alla risoluzione 51 del<br />
1995, ha precisato che l’operazione potrà godere<br />
del regime di non imponibilità anche nel caso in<br />
cui il cessionario («B») stipuli il contratto su mandato<br />
ed in nome del cedente.<br />
In questo caso, infatti, il predetto cessionario agirebbe<br />
quale intermediario del cedente («A») senza<br />
mai avere la disponibilità del bene, nel pieno rispetto<br />
della ratio delle disposizioni in materia.<br />
Considerazioni conclusive<br />
Gli operatori nazionali che effettuano cessioni o<br />
acquisti intracomunitari dovranno tenere conto<br />
che, in mancanza di una adeguata pattuizione, in<br />
relazione al luogo di consegna della merce, all’insorgere<br />
di una controversia l’acquirente straniero<br />
potrebbe iniziare una causa davanti ai giudici del<br />
proprio Stato.<br />
Essi potranno però cautelarsi, prevedendo espressamente<br />
negli accordi contrattuali il richiamo alle<br />
regole Incoterms.<br />
Occorre tenere altresì presente che alla luce della<br />
recente sentenza del 9 giugno 2011, la Corte di Giustizia<br />
UE ha stabilito che spetta al giudice nazionale<br />
valutare se la clausola «Franco fabbrica» corrisponda alla<br />
clausola Incoterm ex works oppure ad un’altra clausola<br />
o a un altro uso abitualmente impiegato nel<br />
commercio, idoneo a identificare con chiarezza,<br />
senza necessità di ricorrere al diritto sostanziale<br />
applicabile al contratto, il luogo di consegna dei<br />
beni conformemente a tale contratto.<br />
Tuttavia occorre evitare le insidie insite nell’impiego<br />
di alcune clausole, ed in particolare l’ex<br />
works, nell’ipotesi di triangolazione internazionale<br />
comunitaria e non, in quanto l’Amministrazione<br />
finanziaria, indipendentemente dalle modalità di<br />
trasporto impiegata (via aerea, via mare, via terra)<br />
non ritiene detta operazione non imponibile ai fini<br />
dell’IVA nell’ipotesi in cui i beni non siano trasportati<br />
a cura o a nome del cedente.
Uscita dal regime dei minimi<br />
con rettifica IVA<br />
di Valerio Artina e Mascia Dalmaggioni<br />
L’adempimento<br />
I contribuenti che dal 1° gennaio 2012 non<br />
rispetteranno tutti i requisiti per poter usufruire<br />
del regime dei contribuenti minimi,<br />
compresi quelli introdotti con la manovra<br />
correttiva 2011, saranno costretti ad uscire<br />
dal regime agevolato. I contribuenti che si<br />
troveranno a dover abbandonare il regime<br />
dei contribuenti minimi, conseguentemente<br />
al mutato regime di detrazione dell’IVA a<br />
credito, potranno effettuare la rettifica dell’IVA<br />
a proprio favore.<br />
Riferimenti<br />
D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 27<br />
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19-bis2<br />
L’art. 27 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (c.d. Manovra<br />
correttiva 2011) (1), al fine di favorire la costituzione<br />
di nuove imprese da parte dei giovani ovvero<br />
di coloro che hanno perso il posto di lavoro,<br />
ha previsto, a decorrere dal 2012, per chi si può avvalere<br />
del regime dei contribuenti minimi di cui all’art.<br />
1, commi da 96 a 117 della legge 24 dicembre<br />
2007, n. 244, la riduzione dell’imposta sostitutiva<br />
dal 20% al 5%, di contro, per poter accedere al regime<br />
agevolato ha introdotto ulteriori condizioni.<br />
Dal 1° gennaio 2012 al regime agevolato potranno<br />
accedere esclusivamente le persone fisiche che intraprendono<br />
un’attività d’impresa, arte o professione<br />
o che l’hanno intrapresa successivamente al<br />
31 dicembre 2007 e che:<br />
• non abbiano esercitato nel triennio precedente<br />
all’ingresso al regime agevolato un’attività di<br />
lavoro autonomo o d’impresa, anche in forma<br />
associata o familiare;<br />
• non svolgano un’attività che risulti mera prosecuzione<br />
di altra già svolta precedentemente in<br />
forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso<br />
Regimi IVA<br />
il caso in cui l’attività precedentemente svolta<br />
consista nel periodo di pratica obbligatoria ai<br />
fini dell’esercizio di arti o professioni.<br />
I contribuenti possono usufruire del nuovo regime<br />
agevolato per il periodo d’imposta in cui è iniziata<br />
l’attività e per i quattro successivi.<br />
Il nuovo regime è applicabile anche oltre i quattro<br />
anni successivi dall’inizio dell’attività fino al periodo<br />
d’imposta di compimento del trentacinquesimo<br />
anno d’età.<br />
Inoltre, qualora l’attività svolta sia il proseguimento<br />
di un’attività d’impresa svolta in precedenza<br />
da altro soggetto, per potersi avvalere del nuovo<br />
regime agevolato l’ammontare dei relativi ricavi,<br />
realizzati nel periodo d’imposta precedente,<br />
non deve superare i 30.000 euro.<br />
Contribuenti che dal 2012 fuoriescono<br />
dal regime dei minimi<br />
I contribuenti che dal 2012 fuoriescono dal regime<br />
dei minimi, pertanto, sono:<br />
• coloro che hanno superato i requisiti d’accesso<br />
previsti dall’art. 1 della lege n. 244/2007;<br />
• coloro che hanno iniziato l’attività prima del 31<br />
dicembre 2007;<br />
• coloro che non rispettano i requisiti di accesso<br />
introdotti dal comma 2 dell’art. 27 del D.L. n.<br />
98/2011.<br />
Il terzo comma dell’art. 27 del D.L. n. 98/2011 stabilisce<br />
che i contribuenti che pur avendo le caratteristiche<br />
di cui ai commi 96 e 99 dell’art. 1 della legge 24<br />
dicembre 2007, n. 244 fuoriescono dal regime perché<br />
non riescono a rispettare le ulteriori condizione introdotte<br />
dalla Manovra correttiva 2011 accedono ad un<br />
regime semplificato c.d. degli ex minimi.<br />
I contribuenti che fuoriescono dal regime dei con-<br />
Valerio Artina - Dottore commercialista in Bergamo<br />
Mascia Dalmaggioni - Dottore commercialista in Bergamo<br />
Nota:<br />
(1) Convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n.<br />
111. Cfr. in Banca Dati Big Suite, IPSOA.<br />
1/2012<br />
23
Regimi IVA<br />
tribuenti minimi ma che possono accedere al regime<br />
semplificato degli ex minimi:<br />
• sono esonerati dagli obblighi di registrazione e<br />
di tenuta delle scritture contabili rilevanti ai fini<br />
delle imposte dirette e dell’IVA;<br />
• sono tenuti ad adempiere agli obblighi di fatturazione<br />
e di certificazione dei corrispettivi;<br />
• sono tenuti a conservare i documenti ricevuti ed<br />
emessi;<br />
• possono liquidare e versare l’IVA annualmente;<br />
• sono esenti dall’IRAP.<br />
Il regime semplificato dei contribuenti ex minimi<br />
è un regime naturale pertanto vi si può accedere<br />
senza effettuare alcuna opzione.<br />
Tuttavia, il contribuente può optare per il regime<br />
ordinario e detta opzione resta valida per un triennio.<br />
Decorso il triennio l’opzione rimane valida<br />
per ciascun anno successivo, fino a quando per-<br />
Tavola n. 1 - Motivi di fuoriuscita dal regime dei minimi dal 2012<br />
24<br />
Riferimenti normativi Motivi<br />
1/2012<br />
mane la concreta applicazione della scelta operata.<br />
I contribuenti che non rispettano neppure le condizioni<br />
per potersi avvalere del regime semplificato<br />
dei contribuenti ex minimi dovranno obbligatoriamente<br />
transitare nel regime ordinario, con la conseguenza<br />
che, ai fini IVA:<br />
- dovranno istituire i registri IVA;<br />
- dovranno provvedere alla relativa liquidazione e<br />
versamento periodico dell’IVA (mensile o trimestrale).<br />
Rettifica IVA<br />
Il contribuente che fuoriesce dal regime dei minimi<br />
esegue la rettifica dell’IVA di cui all’art. 19bis2<br />
del D.P.R. n. 633/1972 a proprio vantaggio; la<br />
fattispecie è disciplinata dal comma 101 dell’art. 1<br />
della legge n. 244/2007.<br />
Art. 1, comma 96 L. 24 dicembre 2007, n. 244 conseguimento di ricavi o compensi ragguagliati ad anno superiori<br />
a 30.000 euro;<br />
effettuazione di cessioni all’esportazione;<br />
sostenimento di spese per lavoratori dipendenti o collaboratori;<br />
erogazione di somme a titolo di partecipazione agli utili agli associati<br />
in partecipazione con apporto costituito esclusivamente dalla<br />
prestazione di lavoro;<br />
acquisti nel triennio precedente di beni strumentali, anche tramite<br />
appalto, locazione e leasing per un ammontare superiore a Euro<br />
15.000;<br />
Art. 1, comma 99, L. 24 dicembre 2007, n. 244 mutamento dell’attività in una di quelle soggette ai regimi speciali<br />
ai fini Iva;<br />
trasferimento della propria residenza all’estero;<br />
mutamento dell’attività in attività avente ad oggetto in via esclusiva<br />
o prevalente la cessione di fabbricati, di porzioni di fabbricato, di<br />
terreni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi;<br />
acquisizione di partecipazioni in società di persone, in società a responsabilità<br />
limitata con ristretta base proprietaria in trasparenza<br />
ovvero in associazioni professionali costituite per l’esercizio in forma<br />
associata di arti e professioni;<br />
Art. 1, comma 114, L. 24 dicembre 2007, n. 244 presenza di un avviso di accertamento divenuto definitivo in cui si<br />
accerti il venir meno di una delle condizioni di cui al comma 96<br />
ovvero il realizzarsi di una delle ipotesi elencate nel comma 99.<br />
Art. 27, comma 1, D.L. n. 98/2011 inizio attività prima del 31 dicembre 2007<br />
Art. 27, comma 2, D.L. n. 98/2011 esercizio nel triennio precedente all’ingresso di un’attività d’impresa<br />
o lavoro autonomo;<br />
mera prosecuzione di altra attività già svolta precedentemente in<br />
forma di lavoro dipendente o autonomo;<br />
prosecuzione di attività d’impresa svolta precedentemente da altro<br />
soggetto con ammontare di ricavi superiori a 30.000 euro.
Il riferimento è senz’altro al terzo comma dell’art.<br />
19-bis2 che disciplina la rettifica dell’IVA nelle<br />
ipotesi di mutamento del regime fiscale.<br />
Il contribuente passa da un regime che in conseguenza<br />
della mancata applicazione dell’imposta<br />
sulle operazioni attive non permette la detrazione<br />
dell’IVA sugli acquisti ad un regime di applicabilità<br />
dell’IVA che, conseguentemente, prevede la<br />
detrazione dell’IVA sugli acquisti.<br />
Le rettifiche in esame, previste dal comma 3 dell’art.<br />
19-bis2, concernono tutti i beni o servizi non<br />
ancora ceduti o non ancora utilizzati nell’attività<br />
esercitata dal contribuente, esistenti nel momento<br />
in cui si determinano mutamenti nella misura della<br />
detrazione spettante.<br />
Rettifica dell’IVA relativa ai beni<br />
non ammortizzabili<br />
L’IVA relativa a beni e servizi non ancora ceduti o<br />
non ancora utilizzati deve essere rettificata in<br />
un’unica soluzione senza attendere il materiale impiego<br />
degli stessi.<br />
In particolare, per i beni in rimanenza occorrerà far<br />
riferimento alle esistenze iniziali al 1° gennaio 2012.<br />
Beni di costo unitario non superiore a 516,46 euro<br />
o il cui coefficiente di ammortamento<br />
è superiore al 25%<br />
La circolare 21 dicembre 2007, n. 73/E dell’Agenzia<br />
Regimi IVA<br />
delle entrate mette in evidenza che l’art. 19-bis2 del<br />
D.P.R. n. 633/1972, integralmente richiamato dal<br />
comma 101 dell’art. 1 della legge n. 244/2007 prevede<br />
che la rettifica non debba essere effettuata per:<br />
• i beni ammortizzabili di costo unitario non superiore<br />
a 516,46 euro;<br />
• i beni il cui coefficiente di ammortamento stabilito<br />
ai fini delle imposte sul reddito è superiore<br />
al 25%.<br />
Tuttavia, l’Agenzia delle entrate con circolare 28<br />
gennaio 2008, n. 7/E, ha precisato che ai sensi del<br />
combinato disposto dei commi 5 e 3 dell’art. 19-bis2<br />
del D.P.R. n. 633/1972, la rettifica della detrazione<br />
deve essere eseguita anche con riferimento ai suddetti<br />
beni qualora non ancora entrati in funzione, ossia<br />
per i quali non sono state ancora eseguite le deduzioni<br />
integrali o le deduzioni delle relative quote di ammortamento<br />
al momento della fuoriuscita del regime.<br />
Rettifica dell’IVA relativa a beni ammortizzabili<br />
La rettifica della detrazione dell’IVA relativa a beni<br />
ammortizzabili, inclusi i beni immateriali, deve<br />
essere eseguita soltanto se non siano ancora trascorsi<br />
quattro anni da quello della loro entrata in<br />
funzione, ovvero dieci anni dalla data di acquisto<br />
o di ultimazione, se trattasi di fabbricati o loro<br />
porzioni (circolare 21 dicembre 2007, n. 73/E,<br />
par. 3.1.4, Agenzia delle entrate).<br />
Nel caso dei beni ammortizzabili occorre innanzi-<br />
Tavola n. 2 - Confronto nuovo regime dei contribuenti minimi e regime semplificato degli ex-minimi<br />
Nuovo regime<br />
dei contribuenti minimi<br />
Limiti ricavi/compensi Ricavi o compensi anno precedente<br />
non superiori a 30.000 euro<br />
Tenuta della contabilità Numerazione e conservazione delle<br />
fatture<br />
Regime semplificato<br />
dei contribuenti ex-minimi<br />
Ricavi o compensi anno precedente<br />
non superiori a 30.000 euro<br />
Numerazione e conservazione delle<br />
fatture<br />
Limiti temporali Cinque anni dall’inizio attività ovvero Nessun limite temporale<br />
oltre ma fino al compimento del 35 anno<br />
d’età<br />
Imposta sul reddito Imposta sostitutiva del 5% Irpef, addizionali regionale e comunale<br />
Irap Esente Esente<br />
Iva con obbligo di rivalsa e diritto di No<br />
detrazione<br />
Si, versamento annuale<br />
Studi di settore e parametri No Si<br />
Spesometro No Si<br />
Ritenuta d’acconto per professionisti, Si<br />
agenti o committenti dei condomini<br />
Si<br />
1/2012<br />
25
Regimi IVA<br />
tutto prendere in considerazione i beni acquistati<br />
nel periodo di vigenza del regime dei minimi, individuare<br />
l’IVA relativa a detti beni e calcolare i<br />
quinti d’imposta (decimi nel caso di fabbricati)<br />
che mancano al compimento del quinquennio (o<br />
decennio nel caso di fabbricati).<br />
Esempio<br />
Se il 1° giugno 2009 è stata acquistata un’attrezzatura di<br />
euro 1.000 + 200 IVA, al compimento del quinquennio i<br />
quinti mancanti sono 2, pertanto, l’IVA risultante a credito<br />
sarà pari a 80 (200*2/5).<br />
Rettifica dell’IVA per i servizi non ancora utilizzati<br />
L’obbligo di rettifica della detrazione IVA opera<br />
anche in relazione ai servizi non ancora utilizzati.<br />
A questo riguardo, si evidenzia che, la rettifica dell’I-<br />
VA opera per i canoni di locazione (anche finanziaria)<br />
e di noleggio corrisposti anticipatamente, per la<br />
parte di essi non ancora maturata (circolare 26 febbraio<br />
2008, n. 13/E, par. 2.2, Agenzia delle Entrate).<br />
Per determinare il credito IVA spettante, i contribuenti<br />
dovranno verificare l’IVA relativa al canone<br />
o alla rata anticipata e conteggiare l’IVA relativa<br />
alla frazione di imposta corrispondente al periodo<br />
di residua durata del canone o della rata.<br />
Documentazione<br />
Ai fini della rettifica della detrazione deve essere<br />
predisposta un’apposita documentazione che potrà<br />
essere richiesta dall’amministrazione finanziaria nella<br />
quale indicare distintamente, per categorie omogenee,<br />
la quantità e i valori dei beni oggetto di rettifica<br />
(circolare 24 dicembre 1997, n. 328/E, par 4.2).<br />
Tavola n. 3 - Fac-simile<br />
Beni facenti parte del patrimonio aziendale<br />
al 31/12/2011<br />
(documentazione ai sensi dell’art. 12-bis2, comma 3,<br />
D.P.R. n. 633/1972)<br />
Dati dell’imprenditore o professionista<br />
Tipologia Quantità Valore<br />
Tavola n. 4 - Rettifica in dichiarazione<br />
26<br />
1/2012<br />
Momento di effettuazione della rettifica<br />
e indicazione in dichiarazione IVA<br />
Le rettifiche della detrazione IVA devono essere<br />
effettuate nella prima dichiarazione annuale IVA<br />
relativa all’anno dal quale il contribuente è fuoriuscito<br />
dal regime dei contribuenti minimi ovvero<br />
per i contribuenti che fuoriescono dal 1° gennaio<br />
2012 nella dichiarazione annuale IVA relativa all’anno<br />
2012 (circolare 21 dicembre 2007, n. 73/E,<br />
par. 3.1.4 Agenzia delle Entrate).<br />
Per quanto riguarda la Dichiarazione IVA 2011 relativa<br />
all’anno 2010 la rettifica doveva essere indicata<br />
al rigo VF56.<br />
Il credito IVA emergente dalla rettifica potrà dunque<br />
essere utilizzato:<br />
• in corrispondenza del versamento del saldo<br />
annuale IVA relativo al 2012;<br />
• ovvero, al momento in cui sarà versata per la<br />
prima volta l’IVA dovuta.<br />
Compensazione con l’IVA dovuta al momento<br />
dell’accesso nel regime<br />
Il contribuente che al momento dell’accesso nel<br />
regime dei contribuenti minimi, in quanto proveniente<br />
dal regime ordinario, ha dovuto operare la<br />
rettifica dell’IVA a suo sfavore aveva la possibilità<br />
di versare la rettifica IVA in cinque quote annuali<br />
senza interessi.<br />
Qualora si fosse optato per la rateizzazione, le residue<br />
rate sono computate nel primo versamento<br />
periodico successivo alla fuoriuscita.<br />
In questo caso, il contribuente potrà utilizzare il<br />
credito IVA derivante dalla rettifica a favore in<br />
conseguenza alla fuoriuscita del regime con le rate<br />
ancora dovute.<br />
Rilevazione della sopravvenienza attiva<br />
Con circolare 26 febbraio 2008, n. 13/E, par. 2.3<br />
l’Agenzia delle entrate ha chiarito che la rettifica<br />
in aumento dell’imposta detraibile determina, ai<br />
fini delle imposte dirette, una sopravvenienza attiva<br />
che rileva secondo le regole ordinarie.
Le note esplicative<br />
della Commissione UE<br />
sulla fatturazione elettronica<br />
di Marco Peirolo<br />
L’approfondimento<br />
Le Note esplicative della nuova normativa<br />
comunitaria in materia di fatturazione, di cui<br />
alla direttiva n. 2010/45/UE, pubblicate dalla<br />
Commissione europea il 5 ottobre 2011,<br />
forniscono le linee guida per comprendere<br />
le modifiche alla direttiva IVA che gli Stati<br />
membri dovranno recepire entro il 1° gennaio<br />
2013.<br />
Particolare importanza assumono gli indirizzi<br />
interpretativi riguardanti la fatturazione elettronica,<br />
volti a consentire la totale libertà<br />
nella scelta del formato da utilizzare per<br />
emettere o ricevere la fattura, nel rispetto<br />
però di procedure idonee a garantire l’autenticità<br />
dell’origine, l’integrità del contenuto<br />
e la leggibilità della fattura elettronica.<br />
Riferimenti<br />
Direttiva 13 luglio 2010, n. 2010/45/UE<br />
D.Lgs. 20 febbraio 2004, n. 52<br />
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21<br />
In data 5 ottobre 2011, la Commissione europea ha<br />
pubblicato le Note esplicative della normativa in<br />
tema di fatturazione prevista dalla direttiva 13 luglio<br />
2010, n. 2010/45/UE, che gli Stati membri<br />
dovranno recepire entro il 1° gennaio 2013 (1).<br />
A completamento della direttiva 20 dicembre<br />
2001, n. 2001/115/CE, trasposta nella legislazione<br />
IVA italiana dal D.Lgs. 20 febbraio 2004, n. 52, la<br />
direttiva n. 2010/45/UE è diretta all’ulteriore semplificazione,<br />
modernizzazione e armonizzazione<br />
delle disposizioni che regolano la fatturazione delle<br />
operazioni rilevanti ai fini IVA nei vari Paesi<br />
membri dell’Unione europea.<br />
<strong>Fatturazione</strong><br />
Le Note esplicative sono, pertanto, finalizzate a<br />
garantire l’applicazione uniforme, a livello comunitario,<br />
delle novità contenute nella direttiva n.<br />
2010/45/UE, tra le quali si richiamano quelle riguardanti<br />
la fatturazione elettronica, oggetto della<br />
presenta disamina. Benché non vincolanti per il legislatore<br />
nazionale, esse sono state adottate a seguito<br />
del confronto della Commissione europea<br />
con gli operatori economici e con i rappresentanti<br />
delle Autorità fiscali dei Paesi membri. È quindi<br />
evidente la loro rilevanza, sia perché rappresentano<br />
l’orientamento della Commissione sul tema<br />
della fatturazione, sia perché costituiscono un importante<br />
mezzo per comprendere le modifiche introdotte.<br />
L’attuale disciplina della fatturazione<br />
elettronica<br />
Sul piano interno, la fatturazione è attualmente disciplinata<br />
dall’art. 21 del D.P.R. 26 ottobre 1972,<br />
n. 633, nel testo risultante dalle modifiche apportate<br />
dal citato D.Lgs. n. 52/2004.<br />
Le novità introdotte in sede di recepimento della<br />
direttiva n. 2001/115/CE sono state illustrate dalla<br />
circolare dell’Agenzia delle Entrate 19 ottobre<br />
2005, n. 45. Nel paragrafo 2.5.2, in particolare, si<br />
definisce la fattura elettronica come «il documento<br />
informatico, predisposto in forma elettronica, secondo<br />
specifiche modalità che garantiscono l’integrità<br />
dei dati contenuti e l’attribuzione univoca del<br />
Marco Peirolo - Dottore commercialista in Torino, Gruppo di Studio<br />
- Eutekne<br />
Nota:<br />
(1) Per un primo commento, si vedano P. Centore, «La Commissione<br />
UE anticipa l’Agenzia delle entrate spiegando la nuova fattura<br />
IVA», in Corr. trib. n. 44/2011, pag. 2668 ss.; A. Mastromatteo<br />
e B. Santacroce, «<strong>Fatturazione</strong> elettronica: dalla sottoscrizione<br />
digitale ai controlli interni di gestione», ivi n. 44/2011, pag. 3672<br />
ss.<br />
1/2012<br />
27
<strong>Fatturazione</strong><br />
documento al soggetto emittente, senza necessità<br />
di provvedere alla stampa su supporto cartaceo».<br />
Più precisamente, l’emittente deve assicurare l’attestazione<br />
della data, l’autenticità dell’origine e<br />
l’integrità del contenuto.<br />
In base all’art. 21, comma 3, quinto periodo, del<br />
D.P.R. n. 633/1972, tali requisiti sono garantiti con<br />
«l’apposizione su ciascuna fattura o sul lotto di<br />
fatture del riferimento temporale e della firma<br />
elettronica qualificata dell’emittente o mediante<br />
sistemi EDI di trasmissione elettronica dei dati<br />
(…)».<br />
In difetto, la fattura non può considerarsi «elettronica»<br />
e, quindi, anche se trasmessa per via elettronica,<br />
cioè utilizzando procedure informatizzate (ad<br />
esempio sistema di trasmissione EDI, posta elettronica,<br />
telefax, modem), deve essere materializzata,<br />
registrata e conservata su supporto cartaceo; in<br />
tale ipotesi è, inoltre, indispensabile la sostanziale<br />
corrispondenza di contenuto, da un lato, tra l’esemplare<br />
in possesso dell’emittente e quello in<br />
possesso del ricevente e, dall’altro, tra le annotazioni<br />
nei registri IVA di entrambi gli operatori.<br />
La trasmissione elettronica è la forma ordinaria di<br />
invio della fattura emessa in formato elettronico.<br />
In tal caso, l’integrità, l’immodificabilità, la provenienza<br />
e l’autenticità del contenuto della fattura<br />
trasmessa per via elettronica è garantita dall’esistenza<br />
del riferimento temporale e della firma elettronica<br />
qualificata, nonché dall’assenza di macroistruzioni<br />
e di codici eseguibili.<br />
Come precisato dalla circolare n. 45/E/2005 (paragrafo<br />
2.6.1), le «macroistruzioni» sono comandi<br />
interni che, al verificarsi di determinati<br />
eventi, possono generare automaticamente modifiche<br />
o variazioni dei dati contenuti nel documento.<br />
Occorre quindi che, all’interno del documento<br />
informatico, non siano inserite «macroistruzioni»<br />
che permettano, ad esempio, l’aggiornamento automatico<br />
della data dello stesso al momento dell’apertura<br />
o della visualizzazione del documento. I<br />
«codici eseguibili» sono invece istruzioni che consentono<br />
all’elaboratore di modificare il contenuto<br />
del documento informatico, come nel caso dei file<br />
cd. eseguibili che, se opportunamente programmati,<br />
possono cambiare il contenuto informativo.<br />
L’invio della fattura mediante un qualsiasi strumento<br />
elettronico (ad esempio via e-mail), senza il<br />
28<br />
1/2012<br />
consenso del cliente, non dà luogo ad una trasmissione<br />
elettronica, bensì ad una consegna o spedizione<br />
della stessa mediante strumenti elettronici.<br />
Ne consegue che la fattura è elettronica solo per<br />
l’emittente, ovviamente se emessa in tale formato,<br />
mentre è sempre cartacea per il ricevente, secondo<br />
una distinzione che rileva ai fini della disciplina<br />
della conservazione. Lo stesso dicasi in caso di<br />
utilizzo di fax tradizionali, cioè non connessi a<br />
strumenti informatici, atteso che la fattura, sia<br />
elettronica che cartacea, deve essere riprodotta su<br />
carta per l’invio ed il destinatario la riceve mediante<br />
stampa su supporto cartaceo (2).<br />
Le novità in materia di fatturazione elettronica<br />
La direttiva n. 2010/45/UE intende promuovere il<br />
ricorso alla fatturazione elettronica in modo da ridurre<br />
i costi a carico delle imprese rendendole più<br />
competitive. Come indicato nell’ottavo «considerando»<br />
della direttiva, è necessario rivedere gli attuali<br />
obblighi IVA che caratterizzano la fatturazione<br />
elettronica al fine di garantire lo stesso trattamento<br />
previsto per la fatturazione cartacea (3).<br />
Nella disciplina vigente, la tutela dei requisiti di<br />
autenticità e di integrità è garantita dall’utilizzo di<br />
determinati strumenti tecnologici, quali il sistema<br />
EDI e le firme elettroniche avanzate (4).<br />
L’ulteriore semplificazione della disciplina, che la<br />
direttiva intende perseguire, consiste nel riconoscere<br />
agli operatori la possibilità di ricorrere alle<br />
Note:<br />
(2) Cfr. R.M. 4 luglio 2001, n. 107/E.<br />
(3) L’ottavo «considerando» della direttiva così recita: «Dato che<br />
il ricorso alla fatturazione elettronica può aiutare le imprese a ridurre<br />
i costi e ad essere più competitive, gli attuali obblighi IVA<br />
relativi alla fatturazione elettronica dovrebbero essere rivisti per<br />
eliminare gli oneri e le barriere esistenti che ostacolano il ricorso<br />
a tale tipo di fatturazione. Le fatture cartacee e quelle elettroniche<br />
dovrebbero ricevere lo stesso trattamento e gli oneri amministrativi<br />
gravanti sulle fatture cartacee non dovrebbero aumentare».<br />
(4) Come previsto dal nuovo art. 233, par. 2, della direttiva n.<br />
2006/112/CE, la firma elettronica avanzata idonea a soddisfare i<br />
suddetti requisiti è quella basata su un certificato qualificato e<br />
creata mediante un dispositivo per la creazione di una firma sicura<br />
ai sensi dell’art. 2, punti 6 e 10, della direttiva 5 aprile 1993, n.<br />
1999/93/CE; la trasmissione elettronica di dati (EDI), invece, è<br />
quella definita dall’art 2 dell’allegato 1 della Raccomandazione UE<br />
19 ottobre 1994, n. 1994/820/CE, relativa agli aspetti giuridici della<br />
trasmissione elettronica di dati, a condizione che l’accordo per<br />
questa trasmissione preveda l’uso di procedure che garantiscano<br />
l’autenticità dell’origine e l’integrità dei dati.
procedure ritenute più utili<br />
allo scopo (5).<br />
Ne consegue la possibilità,<br />
per il soggetto passivo, di<br />
scegliere il formato della fattura<br />
elettronica da emettere o<br />
da ricevere. Del resto, il nuovo<br />
art. 217 della direttiva 28<br />
novembre 2006, n.<br />
2006/112/CE, a differenza<br />
del previgente, che fa riferimento<br />
alla «trasmissione o<br />
messa a disposizione per via elettronica» del destinatario<br />
di dati, definisce la fattura elettronica come<br />
«una fattura contenente le informazioni richieste<br />
dalla presente direttiva emessa e ricevuta in<br />
formato elettronico».<br />
Le Note esplicative, sul punto, precisano che la<br />
fattura elettronica, così come quella cartacea, deve<br />
contenere gli elementi previsti dall’art. 226 della<br />
direttiva n. 2006/112/CE ed è, inoltre, necessario<br />
che sia emessa e ricevuta in formato elettronico.<br />
La scelta del formato compete al soggetto passivo<br />
ed include le fatture strutturate in formato XML o<br />
in altri formati elettronici, come i messaggi di posta<br />
elettronica con allegato il PDF della fattura o il<br />
fax ricevuto sul personal computer.<br />
Non ogni fattura creata in formato elettronico può<br />
essere considerata una «fattura elettronica»: non sono,<br />
infatti, tali le fatture predisposte in formato elettronico,<br />
se inviate e ricevute in formato cartaceo.<br />
Al contrario, le fatture create su supporto cartaceo,<br />
ma scannerizzate, inviate e ricevute attraverso la<br />
posta elettronica si considerano fatture elettroniche.<br />
Autenticità dell’origine, integrità del contenuto<br />
e leggibilità nel tempo<br />
In base all’art. 233, par. 1, della direttiva n.<br />
2006/112/CE, nel testo riformulato dalla direttiva<br />
n. 2010/45/UE:<br />
• l’autenticità dell’origine, l’integrità del contenuto<br />
e la leggibilità della fattura, sia essa cartacea<br />
o elettronica, sono assicurate dal momento<br />
dell’emissione fino al termine del periodo di archiviazione<br />
della fattura stabilito dal singolo<br />
Paese membro;<br />
• ciascun soggetto passivo stabilisce il modo in<br />
cui assicurare tali requisiti, per esempio attra-<br />
SOLUZIONI OPERATIVE<br />
Fattura elettronica<br />
Non si considerano fatture<br />
elettroniche quelle predisposte in<br />
formato elettronico, se inviate e<br />
ricevute in formato cartaceo. Al<br />
contrario, le fatture create su supporto<br />
cartaceo, ma scannerizzate, inviate e<br />
ricevute attraverso la posta<br />
elettronica si considerano fatture<br />
elettroniche.<br />
<strong>Fatturazione</strong><br />
verso piste di controllo gestionale<br />
che creino una “tracciabilità”<br />
tra la fattura e la<br />
corrispondente cessione di<br />
beni o prestazione di servizi.<br />
A quest’ultimo riguardo, le<br />
Note esplicative evidenziano<br />
come la firma elettronica<br />
avanzata e il sistema EDI<br />
non assicurino, di per sé, che<br />
l’operazione sia stata effettivamente<br />
compiuta. Per questa<br />
ragione, le piste di controllo gestionale, create<br />
in funzione di parametri quali il tipo, l’attività e la<br />
grandezza del soggetto passivo, sono dirette a determinare<br />
la perfetta corrispondenza tra la fattura<br />
emessa e l’operazione posta in essere.<br />
In particolare, la validità della fattura, sia essa cartacea<br />
o elettronica, può desumersi dall’incrocio<br />
dei documenti giustificativi di supporto della singola<br />
cessione o prestazione fatturata, quali l’ordine<br />
di acquisto, il contratto, il documento di trasporto<br />
e la ricevuta di pagamento.<br />
Il citato art. 233, par. 1, della direttiva n.<br />
2006/112/CE dispone, inoltre, che:<br />
• l’autenticità dell’origine implica la comprovazione<br />
dell’identità del fornitore o del prestatore<br />
o dell’emittente della fattura;<br />
• l’integrità del contenuto implica che il contenuto<br />
richiesto in conformità con la direttiva n.<br />
2006/112/CE non sia stato alterato.<br />
Autenticità dell’origine<br />
L’autenticità dell’origine della fattura è un obbligo<br />
sia per il soggetto passivo che riceve il bene o il<br />
servizio, sia per il soggetto passivo che cede il bene<br />
o presta il servizio, in quanto entrambi sono tenuti<br />
a garantire tale requisito.<br />
In proposito, vanno considerati i seguenti elementi:<br />
• assicurazione di autenticità da parte del fornito-<br />
Nota:<br />
(5) L’undicesimo «considerando» della direttiva così recita: «L’autenticità<br />
e l’integrità delle fatture elettroniche possono essere<br />
assicurate anche ricorrendo a talune tecnologie esistenti, quali la<br />
trasmissione elettronica di dati (EDI) e le firme elettroniche<br />
avanzate. Tuttavia, poiché esistono altre tecnologie, i soggetti passivi<br />
non dovrebbero essere obbligati a ricorrere ad una particolare<br />
tecnologia di fatturazione elettronica».<br />
1/2012<br />
29
<strong>Fatturazione</strong><br />
re: il fornitore deve essere<br />
in grado di garantire che la<br />
fattura è stata emessa dal<br />
fornitore stesso o da un<br />
terzo in suo nome e per<br />
suo conto. Tale obiettivo<br />
può essere soddisfatto con<br />
la tenuta del registro delle<br />
fatture emesse o, in caso di<br />
delega della fatturazione,<br />
attraverso una documentazione<br />
di supporto;<br />
• assicurazione di autenticità<br />
da parte del cliente: il<br />
cliente deve essere in grado<br />
di garantire che la fattura<br />
è stata emessa dal fornitore<br />
o da colui che l’ha<br />
emessa. Si tratta, alternativamente,<br />
di verificare la<br />
correttezza delle informa-<br />
zioni relative all’identità del fornitore riportate<br />
nella fattura e di garantire l’identità di colui che<br />
emette la fattura.<br />
In particolare:<br />
• nel primo caso (assicurazione sull’identità del<br />
fornitore), il cliente può applicare qualsivoglia<br />
sistema di controllo idoneo a collegare la fattura<br />
ricevuta con la cessione o prestazione effettuata;<br />
• nel secondo caso (assicurazione sull’identità del<br />
cliente), il cliente può garantire l’identità di colui<br />
che emette la fattura attraverso lo strumento<br />
della firma elettronica avanzata o il sistema di<br />
trasmissione elettronica di dati (EDI).<br />
Integrità del contenuto<br />
Sia il soggetto passivo che cede il bene o presta il<br />
servizio, sia quello che riceve il bene o il servizio<br />
sono tenuti a garantire che il contenuto della fattura<br />
non sia stato in alcun modo alterato. In ogni caso,<br />
l’integrità del contenuto della fattura non dipende<br />
dal formato della fattura elettronica, la quale<br />
può essere convertita in altri formati.<br />
Nel caso in cui il requisito in oggetto sia soddisfatto<br />
attraverso lo strumento della firma elettronica<br />
avanzata, la conversione da un formato all’altro<br />
deve essere registrata in modo da garantire la tracciabilità<br />
a ritroso dei dati contenuti nel documento<br />
originario.<br />
30<br />
1/2012<br />
LA NOVITÀ<br />
Intervento<br />
della Commissione europea<br />
Le Note di Spiegazione rappresentano<br />
l’orientamento della Commissione<br />
europea - in tema di fatturazione<br />
cartacea ed elettronica in vigore dal 1°<br />
gennaio 2013 - maturato attraverso il<br />
confronto con gli operatori economici e<br />
con i rappresentanti delle<br />
Amministrazioni fiscali degli Stati<br />
membri.<br />
Le indicazioni fornite rappresentano un<br />
«suggerimento» per agevolare gli<br />
Stati membri e gli operatori economici<br />
nella comprensione delle modifiche<br />
introdotte, contribuendo all’effettiva<br />
adozione di norme sincronizzate,<br />
nell’ottica dell’introduzione dell’IVA<br />
europea.<br />
Leggibilità della fattura<br />
La fattura è leggibile se è human<br />
readable.<br />
A tal fine, il documento deve<br />
presentare uno stile redazionale<br />
che consenta l’immediata<br />
comprensione, su carta o<br />
su video, senza la necessità<br />
di ricorrere ad un’attività interpretativa<br />
del contenuto.<br />
Tale requisito non si considera,<br />
pertanto, soddisfatto per i<br />
messaggi EDI, XML e altri<br />
messaggi strutturati nel formato<br />
originale.<br />
Accordo con il destinatario<br />
In base all’art. 232 della direttiva<br />
n. 2006/112/CE, il ricorso<br />
alla fatturazione elettronica<br />
è subordinato all’accordo<br />
del destinatario.<br />
Ciò in ragione dei requisiti tecnici necessari per ricevere<br />
le fatture in formato elettronico, nonché<br />
della capacità del destinatario di assicurare l’autenticità,<br />
l’integrità e la leggibilità delle fatture<br />
elettroniche ricevute, non indispensabile per le fatture<br />
cartacee.<br />
Come specificato dalle Note esplicative, poiché le<br />
fatture cartacee ed elettroniche dovrebbero essere<br />
trattate in modo analogo, l’accordo con il destinatario<br />
della fattura elettronica deve essere manifestato<br />
secondo le stesse modalità previste in caso di<br />
fatturazione cartacea. Si considera, pertanto, sufficiente<br />
qualsiasi accettazione scritta, formale o meno,<br />
ma anche l’accordo tacito desumibile, per<br />
esempio, dalla contabilizzazione o dal pagamento<br />
della fattura ricevuta.<br />
In ogni caso, la decisione riguardante l’utilizzo del<br />
formato elettronico della fattura è lasciata alla volontà<br />
delle controparti.
La nuova fattura «europea»<br />
di Francesco Scopacasa<br />
L’adempimento<br />
Dal 1° gennaio 2013 gli Stati membri della<br />
UE dovranno rendere operative le nuove<br />
disposizioni recate dalla Dir. 2010/45/UE in<br />
materia di fatturazione.<br />
L’impatto delle nuove regole sarà notevole.<br />
In questa sede si analizzano in particolare gli<br />
aspetti relativi alla fattura in versione «semplificata»<br />
(che costituisce una novità nel nostro<br />
ordinamento tributario), alla rilevanza<br />
delle fatture emesse per la variazione dell’imponibile<br />
o dell’imposta (note di debito o<br />
di credito) e quelli relativi alle modalità e<br />
tempi di conservazione dei documenti.<br />
Riferimenti<br />
Direttiva 13 luglio 2010, n. 2010/45/UE<br />
D.Lgs. 20 febbraio 2004, n. 52<br />
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21<br />
La fattura «semplificata»<br />
La possibilità di emettere una fattura in versione<br />
semplificata costituisce un’interessante «apertura»<br />
concessa dalla direttiva 2010/45/UE che consentirà<br />
al nostro Legislatore, in fase di recepimento,<br />
di dare un concreto e fattivo contributo alla semplificazione<br />
delle procedure di fatturazione seguite<br />
dalle imprese in numerosi settori di attività.<br />
La materia è contenuta nel nuovo art. 220-bis della<br />
direttiva 2006/112/CE, inserito dall’art. 1, par. 1,<br />
p. 14 della dir. 2010/45/UE del 13 luglio 2010, in<br />
vigore dall’11 agosto 2010 (1).<br />
Questo articolo individua, nel par. 1, i casi in cui<br />
gli Stati membri «consentono» ai soggetti passivi<br />
di emettere una fattura semplificata.<br />
L’espressione «consentono» va intesa nel senso di<br />
«hanno l’obbligo di consentire», atteso che la norma<br />
con l’uso dell’indicativo presente esprime il<br />
valore del «comando». Il precetto si articola in due<br />
ipotesi: la prima è legata al limite di importo della<br />
fattura, che non può essere superiore a 100 euro o<br />
<strong>Fatturazione</strong><br />
al controvalore in moneta nazionale per gli Stati<br />
membri che non adottano l’euro (2). La seconda è<br />
legata alla natura del documento emesso che, pur<br />
non possedendo la «sacralità» della fattura (la norma<br />
comunitaria lo definisce semplicemente «messaggio»)<br />
fa riferimento ad una fattura iniziale ed è<br />
ad essa assimilato.<br />
Si tratta di documenti che, a norma dell’art. 219<br />
della direttiva 2006/112/CE «modificano e fanno<br />
riferimento in modo specifico e inequivocabile alla<br />
fattura iniziale»; è il caso, pertanto, delle note di<br />
variazione di cui all’art. 26 del D.P.R. n.<br />
633/1972, sia in aumento (primo comma), sia in<br />
diminuzione (secondo e terzo comma).<br />
Il limite di 100 euro è relativo all’«importo della<br />
fattura». Dato il tenore letterale della disposizione,<br />
si ritiene che il predetto limite debba riferirsi non<br />
al solo «corrispettivo» o base imponibile dell’operazione,<br />
ma piuttosto all’ammontare «complessivo»<br />
della fattura, comprensivo dell’eventuale addebito<br />
per IVA e di eventuali altri importi ivi figuranti<br />
ancorché esclusi dal computo della base imponibile<br />
(art. 15, D.P.R. n. 633/1972).<br />
Sempre nell’art. 220-bis, al paragrafo 2, sono invece<br />
elencati i casi nei quali non è consentita l’emissione<br />
della fattura semplificata. Si tratta, per<br />
esplicito richiamo normativo:<br />
a) delle cessioni intracomunitarie di beni effettuate<br />
ai sensi dell’art. 33 della direttiva 2006/112/CE,<br />
nei confronti di privati o di soggetti passivi o<br />
enti non soggetti passivi i cui acquisti intracomunitari<br />
non sono soggetti ad IVA a norma<br />
dell’art. 3, par. 1 della medesima direttiva;<br />
b) delle cessioni intracomunitarie di beni effettuate<br />
Francesco Scopacasa - Consulente di affari legali e fiscali d’azienda<br />
Note:<br />
(1) Questo articolo era già inserito, anche se con differente contenuto,<br />
nella proposta di Direttiva (Proposta COM(2009) 21 del<br />
28 gennaio 2009) che aveva (per lungo tempo) preceduto l’emanazione<br />
della Dir. 2010/45/UE.<br />
(2) Nella proposta di Direttiva (Proposta COM(2009) 21 del 28<br />
gennaio 2009), il limite era stabilito in 200 euro.<br />
1/2012<br />
31
<strong>Fatturazione</strong><br />
in esenzione da IVA ai sensi dell’art. 138 della<br />
direttiva 2006/112/CE;<br />
c) delle cessioni o prestazioni effettuate in regime<br />
di reverse charge da soggetti non stabiliti a soggetti<br />
passivi stabiliti nello Stato membro dove è<br />
dovuta l’imposta.<br />
Ma in cosa consiste questa «semplificazione»?<br />
Certamente in una riduzione dei contenuti obbligatori.<br />
Per le fatture «normali» l’art. 226 elenca una<br />
serie di ben 18 elementi, numerati progressivamente<br />
da 1 a 15 ai quali si devono aggiungere i<br />
numeri 7 bis, 10 bis e 11 bis. Relativamente alle<br />
fatture «semplificate», l’art. 226-ter, par. 1, stabilisce<br />
invece l’obbligo di indicare «almeno» cinque<br />
di questi elementi - evidenziandoli con le lettere<br />
da a) ad e) - e lasciando intendere che gli altri elementi<br />
di cui all’art. 226 (o almeno alcuni di essi)<br />
possono essere richiesti dagli Stati membri in via<br />
facoltativa.<br />
Infine, nel par. 2, l’art. 226-ter esclude la possibilità<br />
di richiedere l’indicazione in fattura di elementi<br />
diversi da quelli sopra indicati, ad eccezione<br />
del numero di identificazione IVA dell’acquirente<br />
o del destinatario anche se questo non è debitore<br />
dell’imposta (di cui all’art. 227), e dell’indicazione<br />
nella valuta dello Stato membro dell’ammontare<br />
dell’IVA da pagare o da regolarizzare (di cui all’art.<br />
230).<br />
Nella Tavola n. 1 sono messi a confronto gli elementi<br />
obbligatori per le fatture «ordinarie» e per<br />
quelle «semplificate».<br />
INSERIRE TAVOLA n. 1<br />
Tra i requisiti obbligatori della fattura semplificata<br />
merita particolare considerazione quello indicato<br />
sub lett. e) della Tavola n. 1, per il quale si rifà<br />
rinvio al successivo paragrafo concernente le note<br />
di debito e di credito.<br />
Considerazioni<br />
Venendo agli aspetti operativi della fattura semplificata<br />
come tracciata dalla norma comunitaria, si<br />
osserva innanzitutto l’esiguità dell’importo-soglia<br />
che ne consente l’adozione e che si rivelerà, in<br />
molti casi, insufficiente rispetto alle esigenze dei<br />
soggetti passivi. Importo che è stato infatti limitato<br />
a soli 100 euro mentre nella Proposta di direttiva<br />
COM(2009) n. 21 era stato ipotizzato in 200<br />
euro.<br />
Sovviene, a tale proposito, il dettato dell’art. 238<br />
32<br />
1/2012<br />
della Dir. 2006/112/CE che, previa consultazione<br />
del Comitato IVA (3), autorizza gli Stati membri a<br />
consentire la predetta «semplificazione» delle fatture<br />
quando:<br />
a) l’importo della fattura è superiore a 100 euro<br />
ma non a 400 euro, ovvero quando<br />
b) le pratiche commerciali o amministrative del<br />
settore di attività interessato o le condizioni tecniche<br />
di emissione delle suddette fatture rendono<br />
particolarmente difficile il rispetto di tutti gli<br />
obblighi di cui agli artt. 226 o 230.<br />
L’art. 238 al par. 2 conferma in ogni caso il divieto<br />
di adozione di fatture semplificate nelle ipotesi di<br />
operazioni intracomunitarie già indicate dall’art.<br />
220 bis, par. 2 (cfr. supra).<br />
L’ipotesi contenuta al punto b) sopra riportata è disgiunta<br />
da quella della lettera a) che precede e pertanto<br />
ad essa non si applica il limite massimo di<br />
importo di 400 euro ma potrebbe anche comportare<br />
l’emissione di fatture semplificate senza alcun<br />
limite di importo.<br />
Si ritiene tuttavia che la ratio sottesa alla deroga<br />
che consente l’emissione di una fattura semplificata<br />
debba ricercarsi proprio nelle ipotesi avanzate<br />
nella lettera b) dell’art. 238 e, segnatamente, nell’ipotesi<br />
di operazioni effettuate nei settori di attività<br />
rientranti nell’ambito del commercio al minuto<br />
e delle attività ad esso assimilate.<br />
È di tutta evidenza, infatti, che per tali operazioni,<br />
effettuate nel diretto ed immediato rapporto con il<br />
cliente, «le condizioni tecniche di emissione delle<br />
suddette fatture rendono particolarmente difficile<br />
il rispetto di tutti gli obblighi» stabiliti per la fattura<br />
«ordinaria».<br />
Si pensi, in particolare, ai pubblici esercizi che<br />
operano nel settore delle somministrazioni di alimenti<br />
e bevande, i quali incontrano notevoli difficoltà<br />
nel rilasciare la fattura per le prestazioni erogate<br />
ai clienti che ne abbiano fatto richiesta e che<br />
sono peraltro, nella maggior parte dei casi, relative<br />
a transazioni di modesto valore economico unitario.<br />
Infatti, nel settore del commercio al minuto e delle<br />
attività ad esso assimilate a norma dell’art. 22 del<br />
Nota:<br />
(3) Si tratta dell’organismo con funzioni consultive costituito ai<br />
sensi dell’art. 398 della Dir. 2006/112/CE composta da rappresentati<br />
degli Stati membri e dalla Commissione UE.
Tavola n. 1 - Elementi obbligatori<br />
<strong>Fatturazione</strong><br />
Dati obbligatori<br />
Fattura ordinaria<br />
(art. 226)<br />
Fattura semplificata (art. 226 ter)<br />
1 data di emissione della fattura a) data di emissione della fattura<br />
2 un numero sequenziale, con una o più serie, che<br />
identifichi la fattura in modo unico<br />
3 il numero di identificazione IVA, di cui all’articolo<br />
214, con il quale il soggetto passivo ha effettuato la<br />
cessione di beni o la prestazione di servizi<br />
4 il numero d’identificazione IVA dell’acquirente o del --destinatario,<br />
di cui all’articolo 214, con il quale ha<br />
ricevuto una cessione di beni o una prestazione di<br />
servizi per la quale è debitore dell’imposta o una<br />
cessione di beni di cui all’articolo 138<br />
5 il nome e l’indirizzo completo del soggetto passivo<br />
e dell’acquirente o del destinatario<br />
6 la quantità e la natura dei beni ceduti o l’entità e la<br />
natura dei servizi resi<br />
7 la data in cui è effettuata o ultimata la cessione di<br />
beni o la prestazione di servizi o la data in cui è<br />
corrisposto l’acconto di cui all’articolo 220, punti<br />
4) e 5), sempreché tale data sia determinata e diversa<br />
dalla data di emissione della fattura<br />
7 bis se l’IVA diventa esigibile al momento dell’incasso in<br />
conformità dell’articolo 66, lettera b), e il diritto a detrazione<br />
sorge nel momento in cui l’imposta detraibile<br />
diventa esigibile, la dicitura “contabilità di cassa”<br />
8 la base imponibile per ciascuna aliquota o esenzione,<br />
il prezzo unitario al netto dell’IVA, nonché gli<br />
eventuali sconti, riduzioni o ristorni se non sono<br />
compresi nel prezzo unitario<br />
9 l’aliquota IVA applicata<br />
b) l’identificazione del soggetto passivo che effettua la<br />
cessione di beni o la prestazione di servizi<br />
c) l’identificazione del tipo di beni ceduti o di servizi<br />
resi<br />
10 l’importo dell’IVA da pagare, tranne in caso di appli- d) l’importo dell’IVA da pagare o i dati che permettocazione<br />
di un regime speciale per il quale la presente<br />
direttiva escluda tale indicazione<br />
no di calcolarlo<br />
10 bis se l’acquirente/destinatario che riceve una cessione<br />
/ prestazione emette una fattura in luogo del fornitore/prestatore,<br />
la dicitura “autofatturazione”<br />
11 in caso di esenzione, il riferimento alla disposizione<br />
applicabile della presente direttiva o alla disposizione<br />
nazionale corrispondente o ad altre informazioni<br />
che indichino che la cessione di beni o la prestazione<br />
di servizi è esente<br />
11 bis se l’acquirente/destinatario è debitore dell’imposta,<br />
la dicitura “inversione contabile”<br />
12 in caso di cessione di mezzi di trasporto nuovi effettuata<br />
alle condizioni di cui all’articolo 138, paragrafo<br />
1, e paragrafo 2, lettera a), i dati elencati all’articolo<br />
2, paragrafo 2, lettera b);<br />
(segue)<br />
1/2012<br />
33
<strong>Fatturazione</strong><br />
Dati obbligatori<br />
Fattura ordinaria<br />
(art. 226)<br />
Fattura semplificata (art. 226 ter)<br />
13 in caso di applicazione del regime del margine delle<br />
agenzie di viaggio, la dicitura “regime del margine -<br />
agenzie di viaggio”<br />
14 in caso di applicazione di uno dei regimi speciali applicabili<br />
ai beni di occasione e agli oggetti d’arte, di<br />
antiquariato o da collezione, la dicitura “regime del<br />
margine - beni di occasione”, o “regime del margine -<br />
oggetti d’arte” oppure “regime del margine - oggetti<br />
da collezione e di antiquariato”, rispettivamente<br />
15 se il debitore dell’imposta è un rappresentante fiscale<br />
ai sensi dell’articolo 204, il numero d’identificazione<br />
IVA del rappresentante fiscale, di cui all’articolo<br />
214, corredato del nome e dell’indirizzo<br />
completo.<br />
--- e) quando la fattura emessa è un documento o un<br />
messaggio considerato fattura ai sensi dell’articolo<br />
219, il riferimento specifico e univoco a tale fattura<br />
iniziale e le indicazioni specifiche che vengono modificate.<br />
è inoltre facoltà dello S.M. richiedere:<br />
--- V. art. 227<br />
--- V. art. 227<br />
il numero d’identificazione IVA dell’acquirente o del il numero d’identificazione IVA dell’acquirente o del<br />
destinatario, di cui all’articolo 214, in casi diversi da destinatario, di cui all’articolo 214, in casi diversi da<br />
quelli di cui all’art. 226, punto 4).<br />
quelli di cui all’art. 226, punto 4).<br />
--- V. art. 230<br />
--- V. art. 230<br />
Gli importi figuranti sulla fattura possono essere Gli importi figuranti sulla fattura possono essere<br />
espressi in qualsiasi moneta, purché l’importo dell’I- espressi in qualsiasi moneta, purché l’importo dell’I-<br />
VA da pagare o da regolarizzare sia espresso nella VA da pagare o da regolarizzare sia espresso nella<br />
moneta nazionale dello Stato membro utilizzando il moneta nazionale dello Stato membro utilizzando il<br />
meccanismo del tasso di conversione di cui all’arti- meccanismo del tasso di conversione di cui all’articolo<br />
91 (*)<br />
colo 91 (*)<br />
(*) Per le importazioni, secondo il calcolo del valore in dogana; per le operazioni diverse dalle importazioni, si applica<br />
l’ultima quotazione lettera rilevata, nel momento in cui l’imposta diviene esigibile sul mercato o sui mercati dei cambi<br />
più rappresentativi dello Stato membro (quindi, per l’Italia, la Borsa di Milano) o, in alternativa, l’ultimo tasso di cambio<br />
pubblicato dalla BCE al momento in cui l’imposta diviene esigibile.<br />
D.P.R. n. 633/1972, l’emissione della fattura non è<br />
in linea di massima obbligatoria, ma diviene tale<br />
in caso di intervenuta richiesta da parte del cliente.<br />
In particolare, nel settore delle somministrazioni<br />
di alimenti e bevande i clienti soggetti passivi dell’IVA<br />
hanno oggi interesse a ricevere dall’esercente<br />
una fattura che consenta loro la detrazione dell’imposta<br />
assolta, non operando più la preclusione<br />
un tempo stabilita dal previgente testo dell’art. 19<br />
bis-1, comma 1, lett. e), del D.P.R. n. 633/1972.<br />
Dato il peculiare svolgimento delle transazioni<br />
commerciali nel settore del commercio al minuto,<br />
34<br />
1/2012<br />
che impone tempi estremamente rapidi per l’emissione<br />
della relativa documentazione, il rilascio<br />
della fattura ordinaria si rivela particolarmente<br />
gravoso con riferimento all’obbligo stabilito dall’art.<br />
21 del citato D.P.R. 633/1972, di riportare su<br />
di essa - tra le altre indicazioni - anche le complete<br />
generalità dei cessionari o committenti e la dettagliata<br />
indicazione della natura e della qualità dei<br />
beni ceduti e dei servizi prestati.<br />
Questi operatori potrebbero quindi assolvere l’adempimento<br />
di certificazione, salvaguardando altresì<br />
il diritto del cliente alla detrazione dell’impo-
sta, mediante una fattura<br />
semplificata da emettere con<br />
l’utilizzo degli apparecchi<br />
misuratori fiscali di cui alla<br />
legge 26 gennaio 1983, n. 18<br />
che sono normalmente utilizzati<br />
nel settore del commercio<br />
al minuto e attività assimilate.<br />
In sostanza, un (auspicabile)<br />
intervento normativo in tal<br />
senso sul citato art. 22 del<br />
D.P.R. n. 633/1972 consentirebbe<br />
all’operatore economico<br />
di emettere la fattura con<br />
la stessa facilità operativa<br />
con la quale viene abitualmente<br />
emesso uno scontrino<br />
fiscale.<br />
SOLUZIONI OPERATIVE<br />
In tale contesto, si potrebbe stabilire che i dati<br />
identificativi del soggetto che cede i beni o presta<br />
il servizio, di cui all’art. 21, comma 2, lettera a)<br />
del D.P.R. n. 633/1972 possano essere validamente<br />
sostituiti dai dati normalmente riportati nello scontrino<br />
fiscale come previsti nell’art. 12, comma 1,<br />
numeri 1) e 2) del D.M. 23 marzo 1983 e cioè:<br />
a) ditta, denominazione o ragione sociale ovvero<br />
cognome e nome;<br />
b) numero di partita IVA dell’emittente e ubicazione<br />
dell’esercizio.<br />
Per quanto riguarda invece i dati identificativi del<br />
destinatario, si potrebbe ritenere il codice fiscale<br />
(o la partita IVA) di quest’ultimo di per sé sufficiente<br />
per la sua identificazione, ed assorbente degli<br />
altri dati normalmente richiesti, in analogia con<br />
quanto già stabilito in riferimento all’uso dello<br />
scontrino fiscale cosiddetto «parlante» ai fini della<br />
deducibilità delle spese sostenute per gli acquisti<br />
di beni o servizi agli effetti dell’applicazione delle<br />
imposte sui redditi (cfr. art. 3 del D.P.R. 21 dicembre<br />
1996, n. 696), nonché ai fini della documentazione<br />
delle spese sanitarie relative all’acquisto di<br />
medicinali il cui onere risulti detraibile o deducibile<br />
agli effetti dell’applicazione delle imposte sui<br />
redditi (cfr. art. 1, comma 28, della legge 27 dicembre<br />
2006, n. 296).<br />
Per quanto riguarda infine l’obbligo di riportare in<br />
fattura l’indicazione della natura e della qualità<br />
dei beni ceduti e dei servizi prestati, si ritiene che<br />
Emissione «facilitata»<br />
Èauspicabile un intervento normativo<br />
che consenta all’operatore economico<br />
di emettere la fattura con la stessa<br />
facilità operativa con la quale viene<br />
abitualmente emesso uno scontrino<br />
fiscale.<br />
Si potrebbe stabilire, ad esempio, che i<br />
dati identificativi del soggetto che<br />
cede i beni o presta il servizio,<br />
possano essere validamente sostituiti<br />
dai dati normalmente riportati nello<br />
scontrino fiscale e cioè:<br />
a) ditta, denominazione o ragione<br />
sociale ovvero cognome e nome;<br />
b) numero di partita IVA dell’emittente<br />
e ubicazione dell’esercizio.<br />
<strong>Fatturazione</strong><br />
esso possa intendersi correttamente<br />
adempiuto con l’indicazione<br />
delle usuali espressioni<br />
commerciali sintetiche<br />
che consentono comunque<br />
l’individuazione del bene ceduto<br />
o della prestazione erogata<br />
e quindi, nel contempo,<br />
non costituiscono ostacolo<br />
all’accertamento. In particolare,<br />
nel caso delle somministrazioni<br />
di alimenti e bevande,<br />
sono note a tutti quelle<br />
espressioni usuali (primo<br />
piatto, menù turistico, e similari)<br />
che, d’altra parte, avevano<br />
già formato oggetto in<br />
passato di una specifica autorizzazione<br />
in via amministrativa<br />
con riferimento all’emissione delle ricevute<br />
fiscali (cfr. circolare Ministero delle Finanze n.<br />
3/380101 del 19 gennaio 1980).<br />
A tutela degli interessi del destinatario e delle esigenze<br />
di controllo dell’amministrazione finanziaria,<br />
si potrebbe inoltre stabilire l’obbligo che i rotoli<br />
cartacei utilizzati dagli apparecchi misuratori<br />
fiscali per l’emissione delle fatture possiedano oggettivi<br />
requisiti di facile leggibilità e di conservazione<br />
nel tempo con riferimento alla tipologia e alle<br />
dimensioni del supporto cartaceo utilizzato.<br />
Le note di debito e di credito<br />
Dopo aver fornito all’art. 218 la nozione di fattura<br />
(«ogni documento o messaggio cartaceo o elettronico<br />
che soddisfa le condizioni stabilite dal presente<br />
capo»), la dir. 2006/112/CE assimila ad una<br />
fattura «tutti i documenti o messaggi che modificano<br />
e fanno riferimento in modo specifico e inequivocabile<br />
alla fattura iniziale» (art. 219).<br />
È indubbio quindi che per effetto dell’assimilazione<br />
sono soggetti alla disciplina stabilita per le<br />
«fatture» anche quei documenti di cui all’art. 26<br />
del D.P.R. n. 633/1972 che la prassi ha finora relegato<br />
nel ruolo di minor prestigio delle «note» di<br />
variazione e, quindi, di debito o di credito.<br />
È stato già osservato sopra che tra i requisiti obbligatori<br />
della fattura semplificata figura anche quello<br />
indicato sub lett. e), consistente nell’obbligo di<br />
indicare nel documento o messaggio considerato<br />
1/2012<br />
35
<strong>Fatturazione</strong><br />
fattura ai sensi dell’art. 219, il riferimento specifico<br />
e univoco alla fattura iniziale e le indicazioni<br />
specifiche che vengono modificate.<br />
A tal proposito si osserva che la disposizione si<br />
applica sia alle note di variazione che fanno riferimento<br />
ad una fattura «semplificata» sia, a maggior<br />
ragione, alle note di variazione che fanno riferimento<br />
ad una fattura «ordinaria».<br />
Per fugare ogni dubbio, sarebbe stato opportuno<br />
riprodurre il disposto della lettera e) contenuta<br />
nell’art. 226-ter anche come n. 16) dei contenuti<br />
dell’art. 226.<br />
In sostanza, sembra evidente che la nota di variazione,<br />
sia essa ordinaria o semplificata e relativa<br />
ad una fattura ordinaria o semplificata debba fare<br />
riferimento alla fattura alla quale la variazione è<br />
apportata, evidenziandone anche le parti che di<br />
questa vengono modificate. Attualmente l’art. 26<br />
del D.P.R. n. 633/1972 non contiene tale indicazione,<br />
ma si limita ad indicare la strada della fatturazione<br />
per le note di variazione in aumento di cui<br />
al primo comma («... il contribuente deve osservare<br />
le disposizioni di cui agli articoli 21 e seguenti<br />
...»), mentre nulla dice in merito al documento da<br />
creare per le note di variazione in diminuzione di<br />
cui al secondo e terzo comma («... ha diritto di<br />
portare in detrazione ai sensi dell’art. 19 l’imposta<br />
corrispondente registrandola a norma dell’art. 25<br />
...»).<br />
Sull’argomento era tuttavia intervenuto fin dall’inizio<br />
il Ministero delle Finanze con la circolare n.<br />
27 del 21 novembre 1972, par. 2), affermando che<br />
«circa l’osservanza delle disposizioni previste dal<br />
secondo comma dell’art. 26 relative alla variazioni<br />
dell’imponibile o dell’imposta, si precisa che tali<br />
variazioni possono essere annotate in conti separati<br />
o in apposito registro. Le annotazioni, che devono<br />
farsi risultare da apposita documentazione, devono<br />
contenere:<br />
1) il numero del documento;<br />
2) l’ammontare imponibile;<br />
3) l’imposta relativa.<br />
Ai fini delle dichiarazioni mensili (o trimestrali) i<br />
totali dell’IVA “a credito o a debito” del contribuente<br />
devono essere riportati, per il calcolo dell’imposta<br />
dovuta all’erario, rispettivamente, nei<br />
registri di cui all’art. 25 ed in quelli di cui agli articoli<br />
23 e 24» (4).<br />
Come si può notare la citata circolare, lungi dal<br />
36<br />
1/2012<br />
considerare fatture le note credito, attribuisce ad<br />
esse il ruolo di mera «documentazione» a supporto<br />
delle registrazioni effettuate nei registri.<br />
Anche la giurisprudenza, nello stabilire che spetta<br />
al contribuente di dimostrare che la nota di credito<br />
di cui al terzo comma dell’art. 26 è stata emessa<br />
nel rispetto del limite temporale di un anno, ha affermato<br />
genericamente che egli dovrà, a tal fine,<br />
preordinare un’idonea documentazione probatoria<br />
in sede di registrazione delle operazioni (5).<br />
La conservazione delle fatture<br />
Per quanto riguarda gli obblighi di conservazione<br />
delle fatture nel tempo, la direttiva 2010/45/UE<br />
non ha recepito integralmente i suggerimenti che<br />
erano contenuti nella Proposta COM(2009) n. 21.<br />
Quest’ultima, infatti, proponeva di uniformare il<br />
limite temporale in sei anni per tutti gli Stati membri.<br />
L’art. 247, par. 1 della direttiva 2006/112CE, nel<br />
testo come risulta modificato per effetto della direttiva<br />
2010/45/UE, ha lasciato invece a ciascuno<br />
Stato membro il potere di stabilire un termine per<br />
la conservazione delle fatture. Nel caso dell’Italia,<br />
quindi, resta fermo il termine stabilito ai fini tributari<br />
dall’art. 22 del D.P.R. 29 settembre 1973, n.<br />
600 (al quale fa esplicito rinvio l’art. 39 del D.P.R.<br />
n. 633/1972), collegato alla definizione dell’accertamento<br />
(che si compie, fatta salva l’ipotesi di un<br />
più lungo contenzioso, il 31 dicembre del quarto<br />
anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione<br />
relativa al periodo d’imposta, o del<br />
quinto anno successivo in caso di omessa presentazione<br />
della dichiarazione). Tuttavia, per l’imprenditore<br />
che esercita un’attività commerciale<br />
soggetta a registrazione, obbligato alla tenuta delle<br />
scritture contabili di cui all’art. 2214 Cod. civ., tale<br />
termine deve considerarsi «assorbito» nel più<br />
lungo termine decennale stabilito dal successivo<br />
Note:<br />
(4) Ovviamente il riferimento alle soppresse «dichiarazioni» periodiche<br />
deve oggi intendersi fatto alle «liquidazioni» periodiche<br />
dell’imposta, mentre il riferimento al metodo delle registrazioni<br />
«incrociate» in aumento di cui al quarto comma dell’art. 26 è da<br />
intendersi oggi alternativo a quello delle registrazioni di rettifica<br />
in diminuzione sugli stessi registri che avevano accolto l’operazione<br />
principale di cui all’allora inesistente quinto comma e oggi<br />
generalmente utilizzate.<br />
(5) Corte di Cassazione, sentenza n. 9188 del 6 luglio 2001.
art. 2220 del medesimo Codice. Quest’ultimo termine<br />
è da porre in evidente correlazione con quello<br />
stabilito dal successivo art. 2946 per la ordinaria<br />
prescrizione dei diritti.<br />
La norma comunitaria stabilisce inoltre (il citato<br />
art. 247, par. 2), che «Per garantire il rispetto dei<br />
requisiti di cui all’articolo 233, lo Stato membro di<br />
cui al paragrafo 1 può esigere che le fatture siano<br />
archiviate nella forma originale, cartacea o elettronica,<br />
in cui sono state trasmesse o messe a disposizione.<br />
Qualora le fatture siano archiviate per via<br />
elettronica, esso può esigere altresì l’archiviazione<br />
per via elettronica dei dati che garantiscono l’autenticità<br />
dell’origine e l’integrità del contenuto di<br />
ciascuna fattura come disposto all’articolo 233».<br />
Prima di entrare nel merito della disposizione, si<br />
osserva che la norma nazionale (art. 39/IVA) utilizza<br />
più correttamente, ad avviso di chi scrive, il<br />
termine «conservazione», mentre la direttiva utilizza<br />
il termine “archiviazione” (probabilmente,<br />
come già avvenuto in altri casi, per difetto di traduzione<br />
dal testo inglese) (6).. La semantica attribuisce<br />
ai due termini significati diversi in quanto<br />
il primo esprime il concetto del mantenimento di<br />
una cosa inalterata nel tempo, mentre il secondo<br />
esprime il concetto di utilizzo di una modalità di<br />
ordinamento sistematico delle cose archiviate (alfabetico,<br />
cronologico, ecc.). Orbene, l’obbligo<br />
giuridico relativo alle scritture contabili è certamente<br />
quello della loro «conservazione» nel senso<br />
sopra indicato, a nulla rilevando le modalità di<br />
«archiviazione» la cui definizione spetta al soggetto<br />
passivo fermo restando - ovviamente - il rispetto<br />
del principio immanente della «ordinata contabilità»<br />
(indicato dal nostro Legislatore civile all’art.<br />
2219 Cod. civ., e richiamato esplicitamente<br />
ai fini tributari dall’art. 22 del D.P.R. 29 settembre<br />
1973, n. 600 cui fa rinvio anche l’art. 39 del<br />
D.P.R. n. 633/1092).<br />
Quanto al merito della disposizione, essa è dichiaratamente<br />
finalizzata a garantire il rispetto dei requisiti<br />
di cui all’art. 233, secondo il quale «l’autenticità<br />
dell’origine, l’integrità del contenuto e la<br />
leggibilità di una fattura, sia essa cartacea o elettronica,<br />
sono assicurate dal momento dell’emissione<br />
fino al termine del periodo di archiviazione della<br />
fattura».<br />
A tale scopo, quindi, è data facoltà allo Stato<br />
membro di esigere che il documento sia conserva-<br />
<strong>Fatturazione</strong><br />
to nella forma originale, «cartacea o elettronica, in<br />
cui sono state trasmesse o messe a disposizione».<br />
Quest’ultima espressione merita tre considerazioni.<br />
La prima è relativa all’obbligo di conservazione<br />
della fattura trasmessa in forma cartacea. C’è da<br />
augurarsi che tale disposizione venga recepita nel<br />
(buon) senso che il soggetto passivo possa essere<br />
obbligato a conservare la fattura in formato cartaceo<br />
solo qualora non intenda effettuare il trasferimento<br />
dei dati secondo le regole di sicurezza di<br />
cui all’art. 4 dell’attuale D.M. 23 gennaio 2004 o<br />
delle regole tecniche che saranno a tal proposito<br />
emanate in seguito.<br />
È infatti evidente che l’obbligo di mantenere tout<br />
court la carta vanificherebbe le attese di semplificazione<br />
della maggior parte dei contribuenti.<br />
La seconda considerazione è relativa all’obbligo di<br />
conservazione della fattura trasmessa in forma<br />
elettronica, per la quale gli Stati membri possono<br />
imporre la conservazione, parimenti per via elettronica,<br />
dei dati che garantiscono l’autenticità dell’origine<br />
e l’integrità del contenuto di ciascuna<br />
fattura. Si pensi a fatture trasmesse anni fa in forma<br />
elettronica ed elaborate con strumenti hardware<br />
e software non più disponibili. Anche in tal caso<br />
Nota:<br />
(6) Così ad esempio, è avvenuto in passato con il termine «deduzione»<br />
di cui all’art. 17 della VI Direttiva n. 77/388, in seguito allineato<br />
nel testo «rifuso» dell’art. 167 della Dir. 2006/112/CE al<br />
nostro termine «detrazione» di cui all’art. 19 del D.P.R. n.<br />
633/1972. Così è anche avvenuto più recentemente, ma in senso<br />
opposto, con il termine «domicilio» (che era per noi di chiara<br />
comprensione come indicato nell’art. 43 del Cod. civ.) e che è<br />
stato prima accolto nell’articolo 43 (e numerosi altri) della Dir. n.<br />
2006/112/CE con riferimento alla territorialità dei servizi, ma è<br />
stato successivamente sostituito (con rettifica pubblicata nella<br />
GUUE L 174 del 19.3.11 in vista dell’emanazione del Regolamento<br />
n. 282/2011) con il termine di derivazione anglosassone (ma<br />
per noi poco comprensibile) di «indirizzo permanente». Si osserva<br />
peraltro che, poiché la rettifica è intervenuta sul testo originario<br />
(e non su quello vigente) della Direttiva, il termine domicilio<br />
è tuttora presente non solo negli articoli 44, 45 (e altri) relativi<br />
alla territorialità dei servizi, ma anche nell’articolo 219 bis relativo<br />
alla fatturazione. Peraltro, nell’elencare nell’art. 226 i contenuti<br />
obbligatori della fattura «ordinaria» con riferimento al soggetto<br />
passivo e all’acquirente o destinatario (n. 5)), nonché dell’eventuale<br />
rappresentante fiscale del debitore d’imposta (n. 15)), il<br />
Legislatore comunitario ha utilizzato la (pignola ma) generica<br />
espressione di «indirizzo completo» che, se da un lato è in grado<br />
di identificare con certezza un sito, nulla dice in realtà se tale sito<br />
costituisca il «domicilio” (in senso civilistico o fiscale?, n.d.A) o la<br />
«residenza» del soggetto di riferimento.<br />
1/2012<br />
37
<strong>Fatturazione</strong><br />
c’è da augurarsi che la disposizione venga recepita<br />
nel (buon) senso che certamente il contribuente<br />
deve assicurare l’autenticità, l’integrità e la leggibilità<br />
nel tempo del documento, ma con una metodologia<br />
di conservazione che sia di ampia e semplice<br />
diffusione.<br />
La terza considerazione riguarda la (relativa) «novità»<br />
costituita dalla «messa a disposizione» della<br />
fattura. Già in passato era stato ammesso in via<br />
amministrativa, ma in assenza di un supporto normativo,<br />
che la fattura elettronica può essere «trasmessa»<br />
al cliente, o «messa a sua disposizione»<br />
nel senso che può essere a lui fornito un link che<br />
gli consenta di collegarsi al sito del fornitore dove<br />
sono residenti le fatture e da questo effettuarne il<br />
prelievo (7).<br />
A tale proposito è bene che il Legislatore precisi<br />
che tale procedura può essere seguita solo con l’esplicito<br />
consenso del destinatario della fattura e<br />
solo per le fatture in formato elettronico, restando<br />
invece escluso che le fatture cartacee, anziché essere<br />
«consegnate» o «spedite» all’altra parte possano<br />
essere semplicemente «messe a disposizione»<br />
del cliente, riversando su li lui l’onere del ritiro.<br />
La norma comunitaria stabilisce infine (art. 247,<br />
par. 3), che «lo Stato membro di cui al paragrafo 1<br />
può imporre condizioni specifiche che vietano o<br />
limitano l’archiviazione delle fatture in un paese<br />
con il quale non esiste alcuno strumento giuridico<br />
che disciplini la reciproca assistenza analogamente<br />
a quanto previsto dalla direttiva 2010/24/UE e dal<br />
regolamento (CE) n. 1798/2003, nonché il diritto<br />
di accesso per via elettronica, di scarico e di utilizzazione<br />
di cui all’articolo 249».<br />
A tale proposito sembra opportuno che l’Amministrazione<br />
finanziaria possa rendere disponibile ai<br />
contribuenti sul proprio sito internet un elenco<br />
(aggiornato) dei Paesi con i quali i suddetti strumenti<br />
giuridici esistono, con gli estremi della relativa<br />
sottoscrizione.<br />
Va tenuto presente che in passato era stato precisato<br />
che, non sussistendo al momento alcun accordo<br />
di reciprocità con i Paesi terzi, non era possibile<br />
effettuare la registrazione diretta di soggetti extracomunitari<br />
ai sensi dell’art. 35-ter del D.P.R. n.<br />
633/1972 (8). Al contrario, con riferimento ai soggetti<br />
che, sulla base di accordi di reciprocità possono<br />
accedere al rimborso semplificato di cui all’art.<br />
38-ter, l’Agenzia delle entrate ha ammesso<br />
38<br />
1/2012<br />
che tale reciprocità sussiste con i Paesi terzi Norvegia,<br />
Svizzera e Israele, senza tuttavia citare i relativi<br />
strumenti giuridici (9).<br />
Osservazioni conclusive<br />
Il recepimento delle nuove norme sulla fatturazione<br />
introdotte dalla direttiva 2010/45/UE comporterà<br />
per il nostro Legislatore la necessità di rivedere<br />
sostanzialmente i corrispondenti articoli contenuti<br />
nel Titolo II del D.P.R. n. 633 del 1972.<br />
In particolare, per quanto riguarda i contenuti della<br />
fattura, dovrà essere riscritta una buona parte<br />
dell’art. 21 e un’analoga attenzione dovrà essere<br />
posta alle fatture intracomunitarie di cui agli articoli<br />
41 e 46 (integrazione) del D.L. n. 331/1993.<br />
Relativamente alla fattura semplificata sarebbe opportuna<br />
la creazione di un apposito articolo, nonché<br />
un intervento sull’art. 22 per lo specifico caso<br />
della fatturazione effettuata tramite gli apparecchi<br />
misuratori fiscali in uso negli esercizi di commercio<br />
al dettaglio,<br />
Anche gli aspetti relativi alle fatture integrative e<br />
alle note di credito comportano la necessità di revisione<br />
dell’art. 26, tenendo presente che in tale<br />
sede sarebbe opportuno disciplinare anche le variazioni<br />
dell’imponibile o dell’imposta nell’ambito<br />
delle operazioni intracomunitarie e nell’ambito<br />
delle operazioni al dettaglio, entrambe oggi assenti<br />
(10).<br />
Note:<br />
(7) Agenzia delle entrate, circolare 19 ottobre 2005, n. 45/E, par.<br />
2.4.3: «Peraltro, l’emissione della fattura può coincidere con il<br />
momento in cui la fattura elettronica è messa a disposizione del<br />
destinatario al quale venga inviato un semplice messaggio (e-mail)<br />
contenente un protocollo di comunicazione ed un link di collegamento<br />
al server ove la fattura è reperibile. In tal modo il destinatario,<br />
collegandosi al sito, può effettuare in qualsiasi momento il<br />
download della fattura, ossia scaricare il documento elettronico. In<br />
ogni caso, occorre che il ricevente sia nelle condizioni di leggere<br />
il documento così come messo a disposizione nel server e, pertanto,<br />
è assolutamente indispensabile il preventivo accordo tra le<br />
parti».<br />
(8) Agenzia delle entrate, risoluzione 5 dicembre 2003, n. 220/E.<br />
(9) Agenzia delle entrate, circolare 29 luglio 2011, n. 37/E, par.<br />
2.1.2.<br />
(10) Per quanto riguarda le operazioni intracomunitarie, si è finora<br />
utilizzato il generico (ma non esauriente) rinvio di cui all’art,<br />
56 del D.L. n. 331/1993, mentre per le operazioni di commercio<br />
al dettaglio è stata creata dall’Agenzia delle entrate una prassi<br />
amministrativa che, pur favorendo l’operatività del contribuente,<br />
confligge apertamente con il disposto dell’attuale art. 26 secondo<br />
comma che consente espressamente il ricorso alla nota di credi-
Infine, per quanto riguarda le norme di conservazione<br />
delle fatture sembra necessaria una revisione<br />
dell’art. 39. L’occasione potrebbe consentire al<br />
Legislatore anche una revisione dei termini ormai<br />
obsoleti (l’impiego di «schedari a fogli mobili» o<br />
di «tabulati di macchine elettrocontabili» di cui al<br />
secondo periodo del primo comma), e delle ipotesi<br />
operative ormai «arcaiche» e non più in uso tra i<br />
contribuenti (il cosiddetto «registro unico» di cui<br />
al secondo comma). Si è già accennato, infine,<br />
all’opportunità di uniformare le varie indicazioni<br />
dell’obbligo tributario di «conservazione» (e non<br />
di «archiviazione») delle fatture e delle altre scritture<br />
contabili.<br />
Il termine del 31 dicembre 2012 potrebbe sembrare<br />
un tempo sufficientemente lungo per i lavori di<br />
recepimento ma, considerando il difficile iter di<br />
formazione del decreto legislativo ed i suoi numerosi<br />
passaggi, è opportuno che il Legislatore ne<br />
inizi senza indugio l’esame. È infatti un argomen-<br />
<strong>Fatturazione</strong><br />
to vasto, che spazia dall’analisi dei soggetti che<br />
intervengono nella emissione o ricezione del documento,<br />
ai suoi numerosi contenuti, alle nuove regole<br />
della fatturazione elettronica che si affianca<br />
alla tradizionale fatturazione cartacea, alle modalità<br />
di conservazione. Peraltro, le nuove regole incidono<br />
profondamente sull’operatività delle imprese<br />
che dovranno conoscere in tempo utile le<br />
nuove disposizioni per rivedere non solo il lay-out<br />
della propria fattura, ma anche le relative procedure<br />
di emissione e di ricezione.<br />
Nota:<br />
(segue nota 10)<br />
to esclusivamente «per le operazioni per le quali sia stata emessa<br />
fattura». La procedura ammessa dall’Agenzia delle entrate prevede<br />
l’emissione del cosiddetto scontrino negativo (ma in realtà<br />
positivo) che comporta per i contribuenti una serie di difficoltà<br />
operative (cfr. risoluzione 5 dicembre 2003, n. 219/E e risoluzione<br />
7 aprile 2005, n. 45/E).<br />
1/2012<br />
39
<strong>Fatturazione</strong><br />
La nuova fattura europea: soluzione<br />
(parziale) del conflitto normativo<br />
fra gli Stati membri<br />
di Nicola Galleani D’Agliano e Maurizio Bancalari<br />
La direttiva 2010/45/UE del 13 luglio 2010<br />
fornisce un indirizzo comune al fine di armonizzare<br />
ulteriormente la disciplina normativa<br />
degli Stati membri nell’ottica del<br />
mercato comune. Precisamente, con riferimento<br />
agli adempimenti obbligatori ai fini<br />
IVA, introduce importanti novità volte allo<br />
snellimento, alla modernizzazione e all’uniformità<br />
delle procedure di fatturazione<br />
all’interno dell’Unione europea, anche al fine<br />
di risolvere i conflitti tra le normative<br />
nazionali degli Stati membri.<br />
Riferimenti<br />
Direttiva 13 luglio 2010, n. 2010/45/UE<br />
D.Lgs. 20 febbraio 2004, n. 52<br />
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21<br />
Il 1° gennaio 2013 scatta il termine per il recepimento<br />
della seconda direttiva sulla fatturazione, la<br />
direttiva n. 2010/45/UE, all’interno delle normative<br />
nazionali degli Stati membri (1).<br />
Le disposizioni ivi contenute regolamentano a livello<br />
comunitario tale obbligo amministrativo che,<br />
a tutt’oggi, è lasciato alla potestà decisionale dei<br />
singoli Paesi (2).<br />
Nonostante quanto intuito dalla Commissione europea<br />
relativamente al migliore strumento legislativo<br />
di coordinamento della normativa IVA comunitaria<br />
(3), le nuove disposizioni in esame, malgrado<br />
l’elevato grado di armonizzazione richiesto per<br />
superare l’attuale regime transitorio e combattere<br />
le frodi IVA, sono state introdotte con lo strumento<br />
della direttiva.<br />
Pertanto, sarà onere degli Stati membri recepire le<br />
40<br />
L’approfondimento<br />
1/2012<br />
disposizioni comunitarie entro la scadenza indicata<br />
e sarà un dovere degli stessi interpretarle in maniera<br />
uniforme.<br />
Le nuove disposizioni sulla fatturazione comune<br />
s’inseriscono nell’ambito del più generale progetto<br />
di riforma del sistema comune dell’IVA, denominato<br />
VAT Package, al fine di ottimizzare il processo<br />
di sincronizzazione delle normative domestiche<br />
degli Stati membri.<br />
Al fine di fornire alle Autorità dei «27» le giuste<br />
linee guida per la corretta introduzione delle nuove<br />
disposizioni relative alla fatturazione sia elettronica<br />
che cartacea, per la prima volta, la Commissione<br />
europea ha emanato un documento contenente<br />
le «Note di spiegazione» delle nuove disposizioni.<br />
Tale documento, che in futuro dovrebbe<br />
accompagnare tutti i provvedimenti normativi<br />
comunitari in materia di IVA, fornisce utili linee<br />
guide per l’interpretazione delle leggi emanate<br />
dall’Unione europea (4).<br />
Nicola Galleani d’Agliano - Studio legale e tributario P. Centore<br />
& Associati - Senior Partner<br />
Maurizio Bancalari - Studio legale e tributario P. Centore & Associati;<br />
ODIT - Osservatorio di diritto tributario - Socio fondatore<br />
Note:<br />
(1) Cfr. direttiva n. 2001/115/CEE del 20 dicembre 2001, recepita<br />
dal D.Lgs n. 52/2004, in modifica degli artt. 21, 39 e 52 del D.P.R.<br />
n. 633/1972.<br />
(2) Come emerge dall’interrogazione alla Camera dei deputati<br />
del 6 luglio 2011 n. 5-05055, «le scelte operate dalle amministrazioni<br />
coinvolte nella predisposizione del decreto sulla fatturazione<br />
elettronica nei rapporti con le pubbliche amministrazioni hanno<br />
già pienamente accolto quanto contenuto nella direttiva<br />
2010/45/UE».<br />
(3) Cfr. Libro Verde, di cui al Doc. Com. (2010) 695 del 1° dicembre<br />
2010, pag. 15, p.to D13: «Quali disposizioni della normativa<br />
UE in materia di IVA dovrebbero eventualmente essere stabilite<br />
da un regolamento, anziché da una direttiva, del Consiglio?»<br />
(4) Sul tema della direttiva 2010/45/UE, cfr. P. Centore, «La Commissione<br />
UE anticipa l’Agenzia delle entrate spiegando la nuova<br />
fattura IVA», in Corr. Trib., n. 44/2011, pag. 3668.
Il nuovo sistema di fatturazione, seppur non completamente<br />
armonizzato, è volto a ridurre ulteriormente<br />
il rischio di frode e il possibile conflitto<br />
normativo successivo al recepimento delle disposizioni<br />
comunitarie introducendo, a tal fine, regole<br />
che specificano chiaramente lo Stato membro le<br />
cui norme di fatturazione si applicano (5).<br />
Il grado di uniformità della fattura comunitaria,<br />
quindi, sarà garantito anche dalle regole «territoriali»<br />
prescritte dalla direttiva 2010/45/UE e applicabili<br />
al caso concreto.<br />
I conflitti normativi in materia di fatturazione<br />
all’interno dell’Unione europea<br />
Il processo di armonizzazione, nonostante l’apprezzabile<br />
sforzo effettuato dalla Commissione<br />
europea con l’emanazione della direttiva sulla fatturazione,<br />
quantomeno nel suo intento uniformatore,<br />
così come è meritevole l’introduzione a corredo<br />
delle Note di spiegazione, con funzione nomofilattica,<br />
non può prescindere da una forte revisione<br />
delle disposizioni sostanziali sull’imposta.<br />
Come si è potuto constatare nella causa C-277/09,<br />
RBSD, esaminata dalla Corte di giustizia, il recepimento<br />
difforme nei diversi Stati membri delle<br />
norme in materia di IVA, può avere quale conseguenza<br />
l’omesso versamento dell’imposta a valle<br />
e il necessario riconoscimento in sede comunitaria<br />
del diritto di detrazione sull’imposta assolta a<br />
monte.<br />
Le disposizioni contenute nella direttiva<br />
2010/45/CE mirano ad eliminare le discrasie normative<br />
esclusivamente in tema di fatturazione attraverso:<br />
i) l’identificazione dello Stato membro del quale<br />
si applicano le norme di fatturazione per le cessioni/prestazioni<br />
transfrontaliere (art. 219 bis<br />
della direttiva 2006/112/CE);<br />
ii)la fissazione di un termine armonizzato di emissione<br />
della fattura (art. 222 della direttiva<br />
2006/112/CE);<br />
iii) l’armonizzazione delle informazioni contenute<br />
nella fattura (art. 221 della direttiva 2006/<br />
112/CE).<br />
Il processo di armonizzazione previsto dalla direttiva<br />
sulla fatturazione, quindi, è supportato dalle<br />
regole territoriali di applicazione che, seppur non<br />
consentano un allineamento definitivo in materia,<br />
raggiungibile solamente attraverso l’emanazione<br />
<strong>Fatturazione</strong><br />
di un Regolamento comunitario, consentono un<br />
grado di sincronia integrata e coadiuvata dalle Note<br />
di spiegazione per l’applicazione concreta e<br />
uniforme della normativa nazionale di recepimento.<br />
Regole territoriali della nuova fattura europea<br />
L’art. 1, punto 12), della direttiva 2010/45/UE introduce<br />
il nuovo art. 219-bis della direttiva<br />
2006/112/UE (6).<br />
Come chiarito dalle Note di spiegazione fornite<br />
dalla Commissione, lo scopo di tale norma,<br />
conformemente a quanto previsto dal quinto considerando<br />
della direttiva sulla fatturazione, è quello<br />
di fornire agli operatori economici regole chiare su<br />
quale Stato membro debba stabilire le regole di<br />
fatturazione in relazioni alle operazioni rilevanti ai<br />
fini dell’IVA.<br />
Tale norma che esclude dal suo ambito applicativo<br />
le regole sulla conservazione dei documenti contabili,<br />
si applica alle regole relative all’emissione al<br />
contenuto ovvero alle misure di semplificazione<br />
laddove sia prevista una libertà degli Stati membri<br />
nella prescrizione degli obblighi formali da rispettare.<br />
A prescindere dal mantenimento del principio di<br />
tassazione all’origine, ovvero dall’introduzione<br />
della tassazione a destinazione delle operazioni rilevanti<br />
ai fini IVA, l’obiettivo è chiaramente quello<br />
di rendere uniforme l’attuale frammentazione<br />
delle regole di fatturazione adottate in maniera autonoma<br />
e diacronica dai singoli Paesi.<br />
In base alla regola generale prevista dal disposto<br />
del nuovo art. 219-bis, paragrafo 1, della direttiva<br />
2006/112/CE «la fatturazione è soggetta alle norme<br />
applicabili nello Stato membro in cui si considera<br />
effettuata la cessione di beni o la prestazione<br />
di servizi, conformemente alle disposizioni del titolo<br />
V».<br />
Al principio generale, che segue le regole di fattu-<br />
Note:<br />
(5) Il Considerando n. (5) della direttiva 2010/45/UE dispone affinché<br />
«Per garantire alle imprese certezza del diritto in merito<br />
agli obblighi cui sono tenute in materia di fatturazione, occorre<br />
specificare chiaramente lo Stato membro le cui norme di fatturazione<br />
si applicano».<br />
(6) Al titolo XI, capo 3, sezione 3, della direttiva 2006/112/CE è<br />
inserito il seguente articolo, art. 219-bis.<br />
1/2012<br />
41
<strong>Fatturazione</strong><br />
razione del territorio ove l’operazione è territorialmente<br />
rilevante, seguono due deroghe:<br />
i) la prima, prevista dal par. 2, lett. a), per le cessioni<br />
di beni o le prestazioni di servizi in cui il<br />
cedente/prestatore non è stabilito nello Stato<br />
membro in cui le operazioni sono territorialmente<br />
rilevanti ovvero qualora la propria stabile<br />
organizzazione, conformemente a quanto disposto<br />
dall’art. 192-bis della direttiva 2006/112/CE,<br />
non interviene nell’operazione. Sono esclusi da<br />
tale deroga i casi in cui il cessionario/committente,<br />
agendo nella sua qualità di soggetto passivo,<br />
emette autofattura. In tale ultimo caso, quindi,<br />
si tornerà ad applicare la regola generale;<br />
ii)la seconda, prevista dal par. 2, lett. b), per le<br />
cessioni di beni o le prestazioni di servizi che<br />
Tavola n. 1 - Cessioni di beni<br />
42<br />
1/2012<br />
non siano territorialmente rilevanti nel territorio<br />
dell’Unione.<br />
In tali ipotesi derogatorie, le lettere a) e b), art.<br />
219 bis, par. 2, della direttiva 2006/112/CE prevedono<br />
che la fatturazione sia soggetta alle regole<br />
dello Stato membro in cui il cedente/prestatore ha<br />
stabilito la sede della propria attività economica (o<br />
della sua stabile organizzazione qualora intervenga<br />
nell’operazione).<br />
Le regole territoriali esposte, oltre a consentire<br />
l’individuazione territoriale dei precetti in materia<br />
di fatturazione, si inseriscono nel più ampio contesto<br />
della lotta alle frodi IVA, quale obiettivo immanente<br />
e centrale delle autorità comunitarie in<br />
materia di imposizione indiretta, e, almeno apparentemente,<br />
si propongono di superare l’attuale
obbligo di compilazione e la funzione di monitoraggio<br />
svolta dai modelli Intrastat (7).<br />
In tal senso, il legislatore comunitario ha evidenziato<br />
l’esigenza di permettere agli Stati membri di<br />
controllare i beni che sono trasportati temporaneamente<br />
da uno Stato membro ad un altro in regime<br />
sospensivo ovvero in regime ordinario al fine di<br />
evitare eventuali fenomeni di non imposizione (8).<br />
L’adozione delle regole di fatturazione sopra esposte<br />
sono riassunte nelle Tavole n. 1 e n. 2.<br />
Il termine di emissione della fattura<br />
L’armonizzazione integrata dalle suesposte regole<br />
territoriali, ancorché parziale, non potrebbe in<br />
ogni caso prescindere dall’uniformità del momento<br />
di emissione della fattura.<br />
Il problema non è di poco conto solamente considerando<br />
che, in base all’art. 178, par. 1, lett. a),<br />
della direttiva 2006/112/CE, non recepito dalla<br />
normativa domestica, per esercitare il diritto di detrazione,<br />
il soggetto passivo deve essere in possesso<br />
della fattura.<br />
L’asincronia del momento di emissione della fattu-<br />
Tavola n. 2 - Prestazioni di servizi<br />
<strong>Fatturazione</strong><br />
ra, quindi, può ben causare ai soggetti passivi comunitari<br />
un ritardo nel recupero dell’imposta assolta<br />
o versata.<br />
In tal senso, il Consiglio europeo ha precisato che<br />
al fine di migliorare il funzionamento del mercato<br />
interno, è necessario imporre un termine armonizzato<br />
di emissione delle fatture per quanto riguarda<br />
talune cessioni/prestazioni transfrontaliere (9).<br />
Di regolamentare tale termine di emissione si occupa<br />
il nuovo articolo 222 della direttiva<br />
2006/112/CE, come modificato dall’art. 1, punto<br />
15, della direttiva sulla fatturazione.<br />
La previgente disposizione comunitaria, infatti,<br />
prevedeva solamente che gli Stati membri potessero<br />
imporre ai soggetti passivi che effettuassero<br />
cessioni di beni o prestazioni di servizi, rilevanti<br />
ai fini IVA all’interno del loro territorio, un termi-<br />
Note:<br />
(7) Cfr. art. 50, comma 7, D.L. n. 331/1993.<br />
(8) Sulla lotta alle frodi ai fini IVA cfr. anche Reg. (UE) n. 904/2010<br />
«relativo alla cooperazione amministrativa e alla lotta contro la<br />
frode in materia d’imposta sul valore aggiunto».<br />
(9) Cfr. Considerando n. (6) della direttiva 2010/45/UE.<br />
1/2012<br />
43
<strong>Fatturazione</strong><br />
ne per l’emissione delle fatture.<br />
Più precisamente, il nuovo<br />
dettato dell’art. 222 citato,<br />
dispone affinché per le cessioni<br />
intracomunitarie di beni<br />
o per le prestazioni di servizi<br />
per le quali l’imposta sia dovuta<br />
dal destinatario (quindi<br />
le prestazioni di servizi generiche<br />
disciplinate dall’art. 7ter<br />
del D.P.R. n. 633/1972,<br />
effettuate in regime B2B), la<br />
fattura deve essere emessa<br />
entro il quindicesimo giorno<br />
del mese successivo a quello<br />
in cui si è verificato il fatto<br />
generatore dell’imposta.<br />
In via residuale, per le altre<br />
cessioni di beni o prestazioni<br />
di servizi la scelta è lasciata<br />
agli Stati membri che, in pie-<br />
na autonomia, potranno imporre, ai soggetti passivi<br />
che effettuino operazioni ivi territorialmente rilevanti,<br />
dei termini per l’emissione delle fatture<br />
(10).<br />
In merito, nonostante l’uniformità raggiunta sul<br />
momento di emissione della fattura, occorre notare<br />
la distonia generata tra gli Stati membri dalla facoltà<br />
di deroga concessa dall’art. 66 della direttiva<br />
2006/112/CE sul momento di effettuazione dell’operazione<br />
previsto dagli artt. 63, 64 e 65 della direttiva<br />
citata.<br />
Le informazioni contenute nelle fatture<br />
Armonicamente con quanto previsto dall’art. 219bis<br />
richiamato, il nuovo disposto dell’art. 221 prevede<br />
le nuove regole in merito alle indicazioni che<br />
devono essere contenute nelle fatture. Le due disposizioni<br />
sono strettamente connesse laddove si<br />
consideri che la prima, l’art. 221, par. 3, prevede<br />
alcune libertà per gli Stati membri e la seconda,<br />
l’art. 219-bis, determina quale normativa nazionale<br />
sulla fatturazione si applichi in base alle descritte<br />
regole territoriali.<br />
La sincronia delle due disposizioni normative può<br />
essere verificata in concreto nel caso di risoluzione<br />
di conflitti tra la normativa il cui recepimento è<br />
lasciato alla libertà degli Stati membri. Nella di-<br />
44<br />
1/2012<br />
IL PROBLEMA E LA SOLUZIONE<br />
Emissione<br />
«armonizzata» della fattura<br />
L’armonizzazione integrata dalle<br />
regole territoriali in tema di IVA,<br />
ancorché parziale, non può<br />
prescindere dall’uniformità del<br />
momento di emissione della fattura.<br />
L’asincronia del momento di<br />
emissione della fattura può causare ai<br />
soggetti passivi comunitari un ritardo<br />
nel recupero dell’imposta assolta o<br />
versata.<br />
In tal senso, il Consiglio europeo ha<br />
precisato che al fine di migliorare il<br />
funzionamento del mercato interno,<br />
è necessario imporre un termine<br />
armonizzato di emissione delle fatture<br />
per quanto riguarda talune<br />
cessioni/prestazioni<br />
transfrontaliere.<br />
sciplina dettata dal citato paragrafo<br />
3 dell’art. 221, infatti,<br />
il legislatore comunitario<br />
ha concesso che gli Stati<br />
membri possano esonerare i<br />
soggetti passivi dall’obbligo<br />
di emettere una fattura per le<br />
operazioni che, nel territorio<br />
di destinazione, rientrano tra<br />
quelle esenti secondo la normativa<br />
domestica.<br />
Tale libertà non comporta alcuna<br />
conseguenza nel caso di<br />
operazioni transfrontaliere<br />
classificate come esenti nel<br />
territorio di rilevanza ai fini<br />
IVA. In tale situazione, infatti,<br />
lo Stato membro le cui regole<br />
sulla fatturazione sono<br />
applicabili sarà quello del cedente/prestatore<br />
(art. 219-bis,<br />
par. 2, lett. a). L’esenzione<br />
dall’obbligo di fatturazione prevista nel territorio<br />
del cessionario/committente, quindi, non rileverà,<br />
in ogni caso, sull’obbligo di emissione della fattura.<br />
La libertà lasciata agli Stati membri, in questo caso,<br />
rileverà solamente ai fini delle operazioni interne<br />
concluse tra soggetti passivi residenti nel<br />
medesimo territorio, così garantendo le adeguate<br />
informazioni a livello comunitario alle Autorità fiscali.<br />
Nota:<br />
(10) Cfr. art. 21 del D.P.R. n. 633/1972.
La rilevanza IVA<br />
nelle operazioni di riparazione<br />
e sostituzione in garanzia<br />
di Stefano Cesati, Alberto Santi, Francesco Zondini<br />
L’approfondimento<br />
Se, in linea di principio, le operazioni di sostituzione<br />
ovvero la riparazione di beni, durante<br />
il periodo di garanzia costituiscono operazioni<br />
non rilevanti ai fini IVA (in quanto carenti<br />
del presupposto oggettivo di applicazione<br />
dell’imposta), si riscontrano di fatto incertezze<br />
operative nell’ambito di altre tipologie<br />
contrattuali (quali le riparazioni o sostituzioni<br />
effettuate nell’ambito di manutenzioni<br />
programmate o le vendite «a catena»).<br />
Riferimenti<br />
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 2, 3, 12<br />
Codice civile, art. 1490<br />
Nell’ambito del contratto di compravendita, così<br />
come più in generale nell’ambito dei contratti per<br />
lo scambio di beni (appalto, fornitura, ecc.) l’acquirente<br />
è assistito da diverse forme di tutela tese<br />
a garantire che il bene sia conforme ai requisiti<br />
stabiliti nelle pattuizioni contrattuali.<br />
L’obbligazione di «conformità» gravante sul venditore<br />
è rinvenibile, oltreché nella prassi contrattuale<br />
invalsa da tempo nel commercio, nelle disposizioni<br />
degli artt. 1490 e seguenti del Codice civile,<br />
nella disciplina comunitaria di cui alla Direttiva<br />
44/1999/CEE relativa alla vendita di beni di consumo,<br />
recepita dal D.Lgs. n. 206/2005 (c.d. Codice<br />
del consumo), nonché, infine, nella Convenzione<br />
di Vienna del 1980 applicabile alla vendita internazionale<br />
di merci.<br />
Tralasciando in questa sede una compiuta disamina<br />
della normativa citata - nella quale ad esempio<br />
si distingue la garanzia legale da quella contrattuale,<br />
nonché le possibili ipotesi di difformità dei be-<br />
Operazioni<br />
accessorie<br />
ni (in relazione alla esistenza di vizi, mancanza di<br />
qualità essenziali o promesse, aliud pro alio) - può<br />
essere utile fare riferimento alle disposizioni del<br />
Codice del consumo, che hanno il pregio di individuare<br />
una fattispecie unitaria costituita dal «difetto<br />
di conformità» del bene, ricomprendendovi, sostanzialmente,<br />
le fattispecie di difformità di cui al<br />
codice civile e prevedendo, peraltro, uno specifico<br />
regime di responsabilità legale del venditore.<br />
In particolare, secondo il Codice di consumo si<br />
presume esistente il difetto di conformità del bene<br />
qualora lo stesso:<br />
• sia inidoneo all’uso che abitualmente viene fatto<br />
con beni della stessa species;<br />
• sia difforme alle descrizioni riportate dal venditore,<br />
ovvero non possegga le qualità presentate<br />
nei campioni o modelli;<br />
• faccia difetto delle qualità abituali dei beni dello<br />
stesso tipo, tenuto conto della natura del bene<br />
e, se del caso, delle dichiarazioni pubbliche del<br />
venditore, produttore o loro ausiliari, in particolare<br />
nella pubblicità o etichettatura;<br />
• sia inidoneo all’uso particolare voluto dall’acquirente,<br />
portato a conoscenza del venditore e<br />
da quest’ultimo accettato anche tacitamente.<br />
In tali casi, la tutela primaria accordata all’acquirente<br />
consiste nel diritto ad ottenere senza spese la<br />
riparazione o la sostituzione del bene, qualora il difetto<br />
di conformità si manifesti entro i due anni dalla<br />
consegna (art. 130). Carattere sussidiario, invece,<br />
è rivestito dalle azioni giuridiche volte alla risoluzione<br />
del contratto, ovvero alla riduzione di prezzo,<br />
in quanto tali rimedi risultano esperibili, in linea generale,<br />
solo qualora la sostituzione o la riparazione<br />
risultino impossibili o eccessivamente onerose.<br />
Stefano Cesati - Dottore Commercialista in Milano<br />
Alberto Santi - Dottore Commercialista in Roma<br />
Francesco Zondini - Dottore Commercialista in Milano<br />
1/2012<br />
45
Operazioni<br />
accessorie<br />
Riparazioni e sostituzioni di beni in garanzia<br />
Le disposizioni di cui agli artt. 2 e 3 del D.P.R. n.<br />
633/1972 stabiliscono, in linea generale, che le<br />
operazioni assumono rilevanza IVA solo qualora<br />
effettuate in cambio di uno specifico corrispettivo.<br />
Fanno eccezione le ipotesi di autoconsumo personale<br />
dell’impresa, nonché le cessioni di beni e le<br />
prestazioni di servizi rivolte a finalità estranee<br />
all’esercizio dell’attività d’impresa.<br />
Ai fini che qui interessano, le operazioni di riparazione<br />
e sostituzione in garanzia vengono eseguite gratuitamente<br />
dal venditore in adempimento dell’obbligazione<br />
di conformità (legale o contrattuale) assunta<br />
in relazione all’operazione di cessione di beni, per la<br />
quale l’imposta è stata già assolta su un corrispettivo<br />
comprensivo anche degli eventuali interventi. Da tali<br />
considerazioni deriva che, in linea di principio, la sostituzione<br />
ovvero la riparazione di beni, durante il<br />
periodo di garanzia (1), costituiscono operazioni non<br />
rilevanti ai fini IVA, in quanto carenti del presupposto<br />
oggettivo di applicazione dell’imposta.<br />
Tale impostazione veniva confermata dall’Amministrazione<br />
Finanziaria già nella R.M. n. 502563 del<br />
11 novembre 1975, ove è stato precisato che le «sostituzioni<br />
dell’intero prodotto o di parti difettose,<br />
non costituiscono cessioni o prestazioni imponibili<br />
ai fini dell’IVA, nella considerazione che le stesse<br />
sono effettuate in esecuzione di una obbligazione<br />
prevista contrattualmente e per la quale non sussiste<br />
un corrispettivo in quanto il prezzo di vendita, già<br />
assoggettato al tributo è comprensivo di tali eventuali<br />
cessioni in sostituzione o riparazione» (2).<br />
Analoga posizione trova riscontro in successive<br />
pronunce, a mezzo delle quali si è costantemente<br />
ribadita l’esclusione dall’assoggettamento al tributo<br />
di tali operazioni, in quanto carenti del presupposto<br />
oggettivo di applicazione dell’IVA (3).<br />
Ovviamente, in caso di sostituzione del bene difettoso,<br />
il bene ceduto in sostituzione deve avere lo<br />
stesso valore di quello originario; diversamente,<br />
l’eventuale maggior valore integrerebbe i presupposti<br />
applicativi dell’imposta.<br />
Nella circolare n. 48 del 23 dicembre 1980, emanata<br />
a commento degli obblighi relativi al rilascio della<br />
ricevuta fiscale (4), si puntualizzava che l’ipotesi di<br />
esclusione dall’IVA ricorre, «per quanto concerne le<br />
operazioni di lavorazione, riparazione o manutenzione<br />
in garanzia soltanto nel caso in cui tale prestazione<br />
non comporti pagamento di corrispettivo…».<br />
46<br />
1/2012<br />
Il principio è stato confermato nella successiva risoluzione<br />
n. 334423 dell’11 gennaio 1982 che, in caso<br />
di prestazioni solo in parte incluse nella garanzia,<br />
afferma la rilevanza IVA dei corrispettivi addebitati<br />
per le ulteriori prestazioni fuori garanzia (5).<br />
Ciò premesso occorre considerare che, sebbene le<br />
operazioni effettuate in regime di garanzia (ovvero<br />
anche, come più avanti si dirà, nell’ambito dei contratti<br />
di assistenza e manutenzione) siano da ricondurre<br />
nell’alveo delle prestazioni di servizi, le stesse<br />
danno luogo nella maggior parte dei casi alla contemporanea<br />
cessione di beni che, in quanto connessa<br />
alla esecuzione del servizio di garanzia, è anch’essa<br />
esclusa dall’applicazione dell’imposta, in ragione<br />
del principio di accessorietà che la cessione riveste<br />
rispetto alla prestazione del servizio. Al riguardo,<br />
l’Amministrazione ha precisato che non risultano<br />
autonomamente soggette all’imposta le «cessioni di<br />
beni, parti o pezzi che vengono sostituiti in relazione<br />
alle prestazioni stesse (di garanzia n.d.A.). Infatti, in<br />
quest’ultima ipotesi la cessione del bene si configura<br />
quale operazione accessoria alla prestazione di servizio<br />
ai sensi dell’art. 12 del D.P.R. n. 633/1972 e<br />
come tale non soggetta autonomamente all’imposta<br />
rispetto all’operazione principale» (6).<br />
Analoghe considerazioni valgono per le operazioni<br />
di riparazione eseguite a seguito di una estensione<br />
della garanzia. Tali fattispecie, tutt’altro che infrequenti<br />
nella prassi commerciale, prevedono che il<br />
venditore offra all’acquirente la possibilità di<br />
estendere il periodo di garanzia standard a fronte<br />
di un corrispettivo prefissato.<br />
Senza entrare nel merito delle particolarità regolamentari<br />
necessarie per porre in essere tali operazioni<br />
Note:<br />
(1) Restano, ovviamente, attratte nel regime ordinario le operazioni<br />
che avvengono fuori dal periodo di tutela (legale o contrattuale)<br />
ovvero quelle prestazioni che vengono eseguite non in dipendenza<br />
di un obbligo, ma per ragioni commerciali di diversa natura.<br />
(2) Si rileva che Il riferimento del Ministero alle sole prestazioni<br />
effettuate in esecuzione di una obbligazione contrattuale è motivato<br />
dal fatto che, all’epoca della pronuncia, la garanzia di buon<br />
funzionamento di cui all’art. 1512 c.c. era prevista unicamente dal<br />
codice civile, quale facoltà adottabile dalle parti in sede di contrattazione.<br />
Attualmente, per effetto delle disposizioni del Codice<br />
di Consumo la garanzia di buon funzionamento assume forma di<br />
garanzia legale inderogabile nei rapporti con i privati consumatori.<br />
(3) Cfr. anche R.M. 7 aprile 1976 n. 360323.<br />
(4) Cfr. D.M. del 2 luglio 1980.<br />
(5) In merito a tale rilevanza si veda anche Cass., Sez Trib., 1° ottobre<br />
2003, n. 14603.<br />
(6) Cfr. R.M. 29 marzo 1991 n. 490292 e C.M. n. 40 del 3 ottobre 1980
nel rispetto della norme in materia<br />
di assicurazione (in particolare,<br />
per evitare di incorrere<br />
nella fattispecie dell’esercizio<br />
abusivo dell’attività assicurativa<br />
(7)), né del trattamento IVA<br />
del corrispettivo per l’estensione<br />
della garanzia (8), ai fini<br />
che qui rilevano basti segnalare<br />
che le operazioni di riparazione<br />
effettuate in esecuzione<br />
dell’obbligo contrattuale assunto<br />
risultano anch’esse fuori<br />
dal campo di applicazione dell’imposta.<br />
Da quanto sopra evidenziato e<br />
come confermato dal Ministero<br />
stesso (9), rimangono soggette<br />
all’ordinario regime Iva<br />
le operazioni di riparazione<br />
che i terzi eseguono a favore<br />
dell’acquirente, ma per conto<br />
dei soggetti obbligati alla prestazione della garanzia.<br />
Così, un laboratorio di assistenza fatturerà con<br />
IVA il corrispettivo addebitato al venditore del bene<br />
difettoso, in relazione ad una riparazione effettuata<br />
(gratuitamente) a favore dell’acquirente finale.<br />
Vendite tramite concessionari<br />
Un fenomeno particolarmente diffuso riguarda, inoltre,<br />
le vendite cosiddette a catena, nelle quali la garanzia<br />
alla riparazione o sostituzione del bene difettoso<br />
viene assunta, in ultima analisi dal produttore,<br />
ma eseguita concretamente da soggetti diversi, quali<br />
i concessionari di vendita i quali possono a loro volta<br />
risultare anch’essi tenuti all’obbligo di garanzia.<br />
In tali ipotesi, solitamente, l’acquirente può ricevere<br />
prestazioni in garanzia non solo dal concessionario<br />
presso il quale ha acquistato il bene, ma anche da altri<br />
concessionari appartenenti alla medesima rete.<br />
Il caso è stato affrontato dall’Amministrazione nella<br />
risoluzione n. 500655 del 18 aprile 1975, in relazione<br />
ad una fattispecie per la quale, in forza di specifiche<br />
disposizioni contrattuali, il produttore estero<br />
del bene (nel caso specifico autovetture) prestava la<br />
garanzia nei confronti del distributore italiano, che<br />
a sua volta garantiva le vendite nei confronti dei<br />
concessionari, i quali assumevano analoghe responsabilità<br />
nei confronti degli acquirenti finali. In tale<br />
SOLUZIONI OPERATIVE<br />
Vendite «a catena»<br />
Nelle vendite cosiddette a catena,<br />
(nelle quali la garanzia alla<br />
riparazione o sostituzione del bene<br />
difettoso viene assunta, in ultima<br />
analisi dal produttore, ma eseguita<br />
concretamente da soggetti diversi,<br />
quali i concessionari di vendita che<br />
possono a loro volta risultare anch’essi<br />
tenuti all’obbligo di garanzia) «la<br />
riparazione in garanzia effettuata dal<br />
concessionario nei confronti<br />
dell’acquirente non è soggetta all’IVA<br />
in quanto costituisce l’esecuzione di<br />
una prestazione dovuta<br />
contrattualmente e per la quale non<br />
sussiste un corrispettivo in quanto il<br />
prezzo di vendita del bene, già<br />
assoggettato al tributo, è comprensivo<br />
anche di eventuali prestazioni».<br />
Operazioni<br />
accessorie<br />
ipotesi, tutti i soggetti coinvolti<br />
risultavano pertanto obbligati<br />
«in proprio» a prestare<br />
garanzia nei confronti dei<br />
propri acquirenti.<br />
La pronuncia ministeriale è di<br />
notevole rilevanza in quanto,<br />
sebbene non emergano particolari<br />
e nuovi profili interpretativi<br />
in merito alle prestazioni<br />
effettuate dal concessionario<br />
che ha venduto il bene,<br />
l’Amministrazione si esprime<br />
anche in merito ai rapporti in<br />
essere nell’ambito dell’intera<br />
catena distributiva, escludendo<br />
anch’essi dall’applicazione<br />
dell’imposta (10). Secondo<br />
il Ministero, infatti «la ripara-<br />
Note:<br />
(7) Secondo l’art. 5, comma 4 del Regolamento Isvap n. 29 del 16<br />
marzo 2009 «…. Non costituiscono attività assicurativa le prestazioni<br />
di assistenza, di manutenzione e di riparazione offerte dal venditore<br />
di beni di consumo ai propri clienti, anche a fronte di un corrispettivo<br />
anticipato, in assenza di elementi tipici del rapporto assicurativo<br />
quali, in particolare, l’organizzazione imprenditoriale basata<br />
sulla comunione dei rischi e la determinazione del corrispettivo si<br />
basi tecniche assicurative…»; l’art. 2 del medesimo Regolamento ricomprende<br />
nell’attività di intermediazione assicurativa «la attività<br />
svolta a titolo oneroso nel contesto di una attività commerciale ….<br />
ed anche se tale attività riguardi contratti di assicurazione abbinati<br />
alla vendita di beni ….»; infine, l’art. 3, comma 6 del medesimo Regolamento<br />
prevede appositi limiti temporali e di importo al di sotto<br />
dei quali il Regolamento citato non risulta applicabile.<br />
(8) Il trattamento IVA dipende sia dal fatto che venga svolta unicamente<br />
una attività di tipo assicurativo, (per l’assoggettamento al regime<br />
di esenzione delle attività assicurative svolte anche in assenza<br />
di autorizzazione si veda Corte di Giustizia CE del 25 febbraio<br />
1999, causa C-349/96) ovvero più servizi diversi, tra i quali l’estensione<br />
di garanzia risulti non prevalente. Ovviamente, qualora l’attività<br />
resa rientri tra quelle assicurativa e risulti svolta con sufficiente<br />
grado di autonomia rispetto all’attività principale, con continuità e<br />
impiego di risorse e mezzi adeguati, sarà necessario valutarne le relative<br />
conseguenze anche sul piano del pro-rata di detrazione.<br />
(9) R.M. n. 611268 del 24 febbraio 1989.<br />
(10) Tale impostazione risulta coerente con quanto attualmente<br />
previsto dall’art. 131 del Codice di Consumo ove viene previsto<br />
che «Il venditore finale, quando è responsabile nei confronti del<br />
consumatore a causa di un difetto di conformità imputabile ad<br />
un’azione o ad un’omissione del produttore, di un precedente<br />
venditore della medesima catena contrattuale distributiva o di<br />
qualsiasi altro intermediario, ha diritto di regresso, salvo patto<br />
contrario o rinuncia, nei confronti del soggetto o dei soggetti responsabili<br />
facenti parte della suddetta catena distributiva».<br />
1/2012<br />
47
Operazioni<br />
accessorie<br />
zione in garanzia effettuata dal concessionario nei<br />
confronti dell’acquirente non è soggetta all’IVA in<br />
quanto costituisce l’esecuzione di una prestazione<br />
dovuta contrattualmente e per la quale non sussiste<br />
un corrispettivo in quanto il prezzo di vendita del<br />
bene, già assoggettato al tributo, è comprensivo anche<br />
di eventuali prestazioni».<br />
Inoltre, non devono considerarsi soggette al tributo<br />
le somme corrisposte successivamente al concessionario<br />
dalla società distributrice, nonché a<br />
quest’ultima dalla casa produttrice, in quanto «non<br />
costituiscono corrispettivi di cessioni di beni o di<br />
prestazioni di servizio ma importi versati a titolo<br />
di indennizzo o risarcimento».<br />
È bene precisare che le considerazioni appena citate<br />
valgono nell’ipotesi in cui ognuno dei soggetti<br />
della catena abbia uno specifico obbligo di garanzia<br />
(legale o contrattuale) nei confronti del proprio<br />
acquirente. Da ciò, pertanto, l’Amministrazione<br />
conclude che le prestazioni di sostituzione o riparazione<br />
sono soggette all’ordinario regime di imponibilità,<br />
qualora il soggetto che esegue le prestazioni<br />
in argomento non sia tenuto ad effettuare alcuna<br />
prestazione in garanzia, non avendo lui venduto il<br />
bene rivelatosi difettoso. In particolare, nella citata<br />
Risoluzione si afferma che «per quanto riguarda,<br />
infine, le riparazioni effettuate da un concessionario<br />
diverso da quello che ha venduto l’autoveicolo,<br />
ferma restando l’imponibilità dell’addebito da questi<br />
effettuato alla società distributrice, il successivo<br />
indennizzo a quest’ultima riconosciuto […] non è<br />
soggetto al tributo trattandosi in sostanza di somme<br />
versate a titolo di risarcimento».<br />
Pertanto, in tutti i casi nei quali il soggetto obbligato<br />
alla garanzia si avvalga di terzi (ad esempio appositi<br />
centri di assistenza o normali officine di riparazione)<br />
per l’esecuzione della prestazione in garanzia,<br />
l’operazione è soggetta all’ordinario regime<br />
IVA (11), con la conseguenza che il terzo/prestatore<br />
deve emettere fattura con IVA direttamente nei<br />
confronti del soggetto obbligato alla garanzia, il<br />
quale provvede al pagamento del relativo corrispettivo<br />
o a rifondere il beneficiario della garanzia, allorché<br />
quest’ultimo abbia provveduto ad anticipare<br />
il corrispettivo al prestatore (12).<br />
In linea con tali argomentazioni, la Commissione<br />
Tributaria Regionale di Roma, nella sentenza n. 14<br />
del 26 giugno 2008, rilevava la legittimità della<br />
detrazione dell’IVA da parte del produttore, in re-<br />
48<br />
1/2012<br />
lazione ai corrispettivi ad esso fatturati dai propri<br />
concessionari, argomentando che gli interventi<br />
eseguiti da questi ultimi venivano prestati in ragione<br />
degli impegni contrattuali con il produttore «e<br />
non a seguito di prestazioni da effettuare in forza<br />
del codice civile (13)».<br />
Peraltro, ad avviso di chi scrive, dovrebbero risultare<br />
escluse dal campo di applicazione del tributo<br />
anche le operazioni in garanzia effettuate da soggetti<br />
diversi dal venditore del bene, qualora tali<br />
soggetti adempiano alla garanzia surrogandosi<br />
all’obbligo del venditore (ad esempio su tutti i beni<br />
recanti un determinato marchio o venduti nell’ambito<br />
della rete commerciale di appartenenza),<br />
a fronte di uno specifico obbligo contrattuale appositamente<br />
remunerato o di cui si è esplicitamente<br />
tenuto conto nella determinazione della remunerazione<br />
relativa a diversi rapporti contrattuali (14).<br />
Contratti di assistenza o manutenzione<br />
Analoghe problematiche si riscontrano anche<br />
nell’ambito di altre tipologie contrattuali quali, ad<br />
esempio, la sostituzione o riparazione di beni che<br />
vengono effettuate nell’ambito dei programmi di<br />
«manutenzione programmata».<br />
Si tratta in sostanza delle prestazioni che vengono<br />
rese nell’ambito di contratti di appalto o d’opera,<br />
che prevedono interventi di riparazione o sostituzione<br />
di beni o loro parti per un certo periodo di tempo.<br />
Anche in questo caso valgono le considerazioni in<br />
precedenza riportate, dal momento che, in linea di<br />
principio, il corrispettivo delle prestazioni di ripa-<br />
Note:<br />
(11) Coerentemente con quanto affermato nella R.M. n. 611268<br />
del 24 febbraio 1989 citata<br />
(12) Tale impostazione è coerente con quanto prevede l’art. 73<br />
della Direttiva 2006/112/CEE che definisce la base imponibile come<br />
«corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore<br />
da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese<br />
le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali<br />
operazioni».<br />
(13) L’esclusivo riferimento al codice civile potrebbe imputarsi al<br />
fatto che all’epoca della controversia relativa all’anno di imposta<br />
1998 non erano ancora state introdotte nel nostro ordinamento<br />
le disposizioni del Codice di Consumo recepite per la prima volta<br />
in Italia con il D.Lgs. 2 febbraio 2002 e successivamente dal<br />
D.Lgs. 6 settembre 2005 n. 206.<br />
(14) Depone in tal senso il tenore letterale stesso della risoluzione<br />
n. 500655 del 18/41975 nella quale l’istante rappresentava una<br />
situazione nella quali i concessionari «rispondono delle prestazioni<br />
di garanzia nei confronti dei propri diretti acquirenti».
azione o sostituzione è riferibile complessivamente<br />
al contratto stipulato, relativo all’attività di<br />
assistenza e manutenzione.<br />
Pertanto, le singole prestazioni di manutenzione e<br />
riparazione effettuate nell’ambito di tali contratti<br />
non rientrano nel campo d’applicazione dell’imposta,<br />
in quanto si concretizzano nell’esecuzione dell’obbligazione<br />
contrattuale assunta con il contratto<br />
di assistenza, per la quale, in linea di principio, i<br />
relativi interventi risultano già ricompresi nel corrispettivo<br />
pattuito.<br />
A sostegno di quanto sopra, nella risoluzione n. 73<br />
del 25 marzo 2003 l’Amministrazione ha confermato<br />
che «l’operazione di sostituzione/ritiro, essendo<br />
riferibile al corrispettivo complessivamente<br />
inteso, non è da assoggettare a tassazione IVA come<br />
operazione autonoma» (15).<br />
Di maggior rilievo risultano, tuttavia, le considerazioni<br />
proposte dal Ministero in merito alla possibile<br />
configurabilità in tali fattispecie di un operazione<br />
di permuta (16), qualora le parti abbiano contrattualmente<br />
previsto la compensazione tra il corrispettivo<br />
per il servizio di manutenzione ed il valore<br />
delle componenti difettose prelevate, con la<br />
conseguente applicazione ai fini IVA delle previsioni<br />
di cui all’art. 11 del D.P.R. n. 633/1972, secondo<br />
cui vengono a configurarsi distinte operazioni<br />
rilevanti ai fini IVA.<br />
In particolare, secondo il Ministero, l’operazione<br />
di permuta verrebbe a configurarsi qualora «l’ammontare<br />
del corrispettivo del servizio … viene ad<br />
essere fissato “al netto” del valore dei beni che<br />
vengono ritirati, sulla base di una specifica valorizzazione<br />
del pezzo ritirato».<br />
In tal caso, il valore della prestazione di manutenzione<br />
risulterebbe costituito dalla somma del corrispettivo<br />
del servizio di manutenzione e il valore<br />
economico residuo dei beni ritirati dal prestatore.<br />
Nella fattispecie, oltre alla prestazione di manutenzione<br />
resa dal fornitore si realizzerebbe anche<br />
un’autonoma cessione di beni da parte del committente<br />
del servizio (il cui corrispettivo verrebbe<br />
compensato in diminuzione dal corrispettivo dovuto<br />
per tale servizio), con il conseguente obbligo in<br />
capo a quest’ultimo di assolvere gli obblighi IVA,<br />
qualora rivesta la posizione di soggetto passivo.<br />
Tali fattispecie sono particolarmente frequenti<br />
quando i beni da sostituire hanno ancora un valore<br />
residuo, in quanto riutilizzabili o ricondizionabili.<br />
Operazioni<br />
accessorie<br />
Tuttavia, affinché il contratto di permuta abbia<br />
luogo (producendo quindi le relative conseguenze<br />
in ambito IVA), è necessario - come dianzi detto -<br />
che le parti si accordino consapevolmente (17) in<br />
merito al valore da attribuire ai singoli componenti<br />
«ritirati» e che tale valore venga, quindi, volontariamente<br />
«decurtato» dal prezzo del servizio di<br />
manutenzione.<br />
Obblighi documentali<br />
Qualora le riparazioni consistano anche nella sostituzione<br />
del bene o di sue parti, si rende necessario<br />
per il venditore documentare opportunamente<br />
l’impiego dei beni nelle attività di garanzia che<br />
non danno luogo all’incasso di uno specifico corrispettivo.<br />
Ciò anche al fine di superare positivamente<br />
la presunzione di cessione per i beni acquistati<br />
che non siano rinvenibili nei luoghi del venditore,<br />
di cui al D.P.R. n. 441/1997. A tal fine, potranno<br />
essere utili le pattuizioni contrattuali, oltre<br />
a tutti i documenti (18) nei quali siano descritti gli<br />
interventi effettuati, le parti sostituite ed indicato il<br />
riferimento all’obbligo di garanzia relativa al bene<br />
riparato o sostituito.<br />
Nulla vieta, peraltro, che tali documenti, oltreché<br />
essere conservati ed esibiti in caso di controlli,<br />
vengano anche annotati in appositi registri tenuti<br />
ai sensi dell’art. 39 del D.P.R. n. 633/1972.<br />
La movimentazione connessa alla sostituzione dei<br />
beni difettosi può porre ulteriori oneri per il venditore,<br />
qualora la sostituzione del bene richieda l’invio<br />
dello stesso all’estero, dovendosi distinguere<br />
in tale eventualità le fattispecie possibili in rela-<br />
Note:<br />
(15) In precedenza, cfr R.M. n 334676, del 9 febbraio 1982, il Ministero<br />
aveva confermato la validità di una procedura che prevedeva<br />
l’assoggettamento a IVA della cessione gratuita di motori<br />
fuori uso, da tassare in base al valore normale, da parte di un<br />
concessionario alla casa madre la quale provvedeva a ricondizionarli<br />
e a rimetterli sul mercato.<br />
(16) Ai sensi dell’art. 1552 c.c. la permuta è il contratto che ha<br />
per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose, o<br />
di altri diritti, da un contraente all’altro.<br />
(17) È di tutta evidenza, infatti che nessuna operazione permutativa<br />
può rinvenirsi ove la decisione di ritirare il pezzo difettoso<br />
dipende unicamente dalla volontà del prestatore, senza che il ritiro<br />
incida sulla determinazione del corrispettivo della prestazione<br />
di manutenzione.<br />
(18) Ad esempio moduli per richieste di intervento, i documenti<br />
di prelievo dei beni dal magazzino riportanti la causale del prelievo<br />
per le sostituzioni in garanzia.<br />
1/2012<br />
49
Operazioni<br />
accessorie<br />
zione all’invio di beni in sostituzione a soggetti<br />
comunitari o extracomunitari.<br />
Con riferimento all’invio di beni in altri Stati<br />
membri, la circolare del 23 febbraio 1994 n. 13,<br />
precisa al paragrafo 15.1 che «non sussiste l’obbligo<br />
di presentazione degli elenchi riepilogativi,<br />
neppure agli effetti statistici, per i beni inviati o ricevuti<br />
in esecuzione di obblighi di garanzia a nulla<br />
influendo la restituzione o meno dei beni da sostituire».<br />
In relazione a tali fattispecie, rimangono pertanto i<br />
citati obblighi documentali di carattere generale e<br />
consistenti nell’emissione di documenti di accompagnamento<br />
riportanti la causale dell’operazione e<br />
la relativa annotazione nei registri di magazzino.<br />
Nell’ambito dei rapporti intercorrenti con soggetti<br />
extracomunitari, occorre avere a riferimento, oltre<br />
a quanto già visto, anche alle ulteriori disposizioni<br />
doganali. In particolare, quindi, pur non ricorrendo<br />
- in ragione della gratuità dell’operazione - i presupposti<br />
di applicazione per le cessioni all’esportazione<br />
ai fini IVA, dovranno tuttavia essere esperite<br />
le formalità doganali previste per le esportazioni.<br />
Resi<br />
Come accennato in premessa, oltre ai rimedi discussi,<br />
nell’ipotesi di difetti di conformità l’acquirente<br />
gode anche di una tutela legale consistente<br />
nella risoluzione del contratto, che avviene operativamente<br />
tramite la restituzione del bene e la conseguente<br />
restituzione del prezzo, ovvero nella riduzione<br />
del prezzo (19).<br />
Le problematiche connesse a tali fattispecie non<br />
presentano particolari profili di complessità, in<br />
quanto, in linea generale, sono riconducibili alle<br />
previsioni di cui all’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972.<br />
In tali ipotesi, peraltro, ad avviso di chi scrive, non<br />
opera il limite di un anno dall’effettuazione dell’operazione,<br />
di cui al citato art. 26 D.P.R. n.<br />
633/1972, in quanto non si ricade nelle ipotesi di<br />
sopravvenuto accordo tra le parti, ma di un adempimento<br />
effettuato in esecuzione di un preciso obbligo<br />
che, in caso di inerzia del venditore, potrebbe<br />
essere fatto rispettare, in modo ben più incisivo,<br />
da una sentenza di un giudice, ipotesi che ricadrebbe<br />
esplicitamente nell’ambito dell’art. 26,<br />
comma 2, citato.<br />
Tale principio trova conferma anche nella prassi<br />
50<br />
1/2012<br />
ministeriale (20) che, con riferimento al caso in<br />
cui i beni difettosi risultavano anche pericolosi per<br />
l’utilizzatore, ha ammesso la procedura di cui all’art.<br />
26 del D.P.R. n. 633/1972, oltre i limiti temporali<br />
ivi indicati, in quanto l’operazione derivava<br />
da precise disposizioni di legge.<br />
Da ultimo, si osserva che anche tali fattispecie<br />
presentano alcune criticità nei casi in cui la vendita<br />
originaria sia documentata mediante ricevuta fiscale<br />
o scontrino, in quanto le previsioni dell’art.<br />
26 citato risultano applicabili solo ad operazioni<br />
documentate originariamente da fattura.<br />
Sul punto si è espressa l’Amministrazione Finanziaria<br />
nella risoluzione del 5 dicembre del 2003, in<br />
risposta ad un interpello proposto da una società<br />
che concedeva contrattualmente ai propri clienti,<br />
in alternativa alla consegna di un buono acquisto<br />
di pari valore del bene restituito, anche la possibilità<br />
di restituire il bene ed ottenere il rimborso del<br />
prezzo. L’Amministrazione, prendendo atto della<br />
lacuna normativa ed interpretativa in relazione a<br />
tale casistica, ha avallato la soluzione proposta<br />
dall’istante, articolata attraverso i seguenti passaggi:<br />
• creazione di un’apposita «pratica di reso», contenente<br />
i dati ed i documenti dell’operazione<br />
originaria e della relativa risoluzione;<br />
• ripresa in carico del bene con annotazione nella<br />
contabilità di magazzino, riportante il numero di<br />
pratica;<br />
• emissione di uno scontrino fiscale negativo,<br />
contenente oltre al numero di pratica la causale<br />
«rimborso per restituzione di vendita», da annotare<br />
nel registro dei corrispettivi di cui all’art.<br />
22 del D.P.R. n. 633/1972;<br />
• restituzione del prezzo pagato, con sottoscrizione<br />
da parte del cliente di apposita ricevuta.<br />
Note:<br />
(19) Oltre al risarcimento del danno nel caso di occultamento<br />
del difetto da parte del venditore, per le quali vale l’esclusione<br />
dall’IVA ai sensi dell’art. 15 del D.P.R. n. 633/1972.<br />
(20) R.M. n. 571646 del 24 ottobre 1990
Il regime dell’IVA di gruppo rappresenta un’opportunità<br />
molto interessante per i raggruppamenti di società<br />
nell’ambito dei quali alcune sviluppano costantemente<br />
crediti IVA, mentre altre devono effettuare<br />
versamenti di imposta in quanto sempre a debito.<br />
Il regime permette infatti di compensare i debiti ed<br />
i crediti maturati in capo alle società partecipanti.<br />
La compensazione, che risulta immediata, è applicabile<br />
senza limiti di importo.<br />
La possibilità di compensare debiti e crediti IVA<br />
senza limite di importo è di estremo interesse visto<br />
che altri istituti permettono di recuperare i crediti<br />
IVA ma con limitazioni nell’ammontare.<br />
Si pensi, ad esempio, alla possibilità di compensazione<br />
tra crediti IVA e debiti per altre imposte, in<br />
relazione alla quale non solo è prevista l’apposizione<br />
del visto di conformità (1), ma sono altresì<br />
previsti specifici limiti (2).<br />
Procedura<br />
di gruppo<br />
IVA di gruppo: quando (e quanto)<br />
è conveniente la sua applicazione?<br />
di Ciro D’Ardia<br />
L’adempimento<br />
La procedura di gruppo permette la compensazione<br />
dei debiti e dei crediti IVA maturati<br />
dalle società partecipanti.<br />
Ma, è sempre conveniente la sua applicazione?<br />
Dipende.<br />
L’IVA di gruppo è una libera scelta ma, una<br />
volta effettuata l’opzione, è obbligatoria la<br />
sua applicazione, con tutti gli adempimenti<br />
connessi (dall’invio telematico del modello<br />
IVA 26 entro il 16 febbraio dell’anno in cui<br />
si vuole applicare la procedura, agli obblighi<br />
di garanzia richiesti).<br />
Prima di esercitare l’opzione in maniera affrettata<br />
e rischiare di trovarsi «ingabbiati», è<br />
opportuno, quindi, effettuare una accurata<br />
valutazione.<br />
Riferimenti<br />
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 73<br />
L’applicazione del regime di gruppo, peraltro, è<br />
possibile in presenza di specifici requisiti delle società<br />
partecipanti; sono inoltre previsti specifici<br />
adempimenti.<br />
Requisiti delle società partecipanti<br />
Per l’applicazione di una procedura di gruppo è<br />
necessario che il gruppo stesso abbia almeno due<br />
soggetti partecipanti; non è invece previsto un numero<br />
massimo di partecipanti.<br />
In ogni caso, è stabilito che sia presente una controllante,<br />
la quale adempierà alla maggior parte<br />
degli obblighi previsti; le altre società partecipanti<br />
sono invece denominate controllate.<br />
Per l’applicazione della procedura, le società partecipanti<br />
devono essere tutte società di capitali (3).<br />
Il controllo deve inoltre esplicarsi per oltre il<br />
50% almeno dall’inizio dell’anno solare precedente<br />
a quello in cui si intende applicare la procedura<br />
(4).<br />
Se quindi si vuole applicare la procedura nel 2012,<br />
deve esserci il controllo almeno dall’inizio del 2011.<br />
Per quello che riguarda il controllo, è da tenere<br />
Ciro D’Ardia - Esperto tributario - Pubblicista<br />
Note:<br />
(1) Nel caso di credito annuale superiore a 15.000 euro, mentre<br />
non è richiesto il visto di conformità nel caso dei crediti infrannuale<br />
in compensazione.<br />
(2) È infatti previsto un limite generale di 516.456,90 euro, elevato<br />
ad un milione di euro nel caso di soggetti subappaltatori in<br />
possesso di specifici requisiti.<br />
(3) Articolo 2, comma 1 D.M. 11065 del 13 dicembre 1979 e circolare<br />
16 del 28 febbraio 1986. È comunque ammessa la partecipazione<br />
di società estere aventi forma giuridica equipollente a<br />
quella delle società di capital con stabile organizzazione, rappresentanza<br />
fiscale o identificazione diretta sul territorio dello Stato<br />
(risoluzione 21 febbraio 2005 n. 22). È inoltre ammessa la partecipazione<br />
di società con forma giuridica consortile (risoluzione 3<br />
luglio 2009 n. 171).<br />
(4) Articolo 2, comma 1 D.M. 11065/1979 e circolare 16/1986.<br />
Per alcune ipotesi particolari si vedano le risoluzioni 21 marzo<br />
2003 n. 68, 14 giugno 2007 n. 132 e 6 giugno 2008 n. 232.<br />
1/2012<br />
51
Procedura<br />
di gruppo<br />
presente che questo può essere sia a «raggiera» che a «catena» (si veda la Tavola n. 1).<br />
Tavola n. 1 - Controllo a «catena» e a «raggiera»<br />
Ipotesi 1<br />
In una situazione:<br />
In cui Alfa controlla Beta, che a sua volta controlla Gamma, la quale controlla Delta, se:<br />
in ognuno dei rapporti di controllo risultano soddisfatte le condizioni relative alla partecipazione per oltre il 50%<br />
e<br />
in ognuno dei rapporti di controllo vi è la partecipazione a partire dall’inizio dell’anno solare precedente a quello in<br />
cui si vuole applicare la procedura è possibile applicare il regime di gruppo per tutte e quattro le società.<br />
Conseguentemente, Alfa potrà assumere il ruolo di controllante, mentre Beta, Gamma e Delta potranno partecipare<br />
come controllate.<br />
In pratica, se si vuole applicare la procedura di gruppo nel 2012, la partecipazione deve essere superiore al 50% almeno<br />
dall’inizio del 2011.<br />
Ipotesi 2<br />
In una situazione:<br />
Nella quale Alfa partecipa in ognuna delle società Beta, Gamma e Delta per oltre il 50% a partire dall’inizio dell’anno<br />
solare precedente a quello in cui si vuole applicare la procedura di gruppo, Alfa potrà assumere il ruolo di controllante,<br />
mentre Beta, Gamma e Delta quello di controllate.<br />
Ipotesi 3<br />
In una situazione “mista” tra le due precedenti:<br />
In cui:<br />
Alfa partecipa in Beta, Gamma e Delta per oltre il 50% dall’inizio dell’anno solare precedente<br />
e<br />
Delta partecipa in Epsilon che a sua volta partecipa in Zeta e in entrambe le partecipazione si esplica per oltre il<br />
50% dall’inizio dell’anno solare precedente.<br />
È possibile l’applicazione della procedura di gruppo, nella quale Alfa assumerà il ruolo di controllante, mentre Beta,<br />
Gamma, Delta, Epsilon e Zeta quello di controllate.<br />
52<br />
Alfa<br />
Beta<br />
1/2012<br />
Gamma<br />
Alfa<br />
Delta<br />
Beta Gamma Delta<br />
Alfa<br />
Beta Gamma Delta<br />
Epsilon<br />
Zeta
Non è invece ammesso il controllo indiretto (si veda<br />
la Tavola n. 2).<br />
Adempimenti delle società partecipanti<br />
Gli adempimenti necessari per l’applicazione della<br />
procedura di gruppo fanno capo principalmente alla<br />
società controllante.<br />
Essi si possono suddividere in:<br />
- obblighi di opzione;<br />
- obblighi di liquidazione e versamento;<br />
- obblighi dichiarativi;<br />
- obblighi di garanzia.<br />
Obblighi di opzione<br />
Per applicare la procedura di gruppo è necessario<br />
manifestare una specifica opzione.<br />
L’opzione è fondamentale in quanto, a differenza<br />
di altre tipologie di opzioni, non risulta valido il<br />
comportamento concludente sancito, in linea generale,<br />
dal D.P.R. 10 novembre 1997, n. 442.<br />
L’art. 4 del D.P.R. n. 442/1997 ha infatti stabilito<br />
che resta comunque obbligatorio l’esercizio dell’opzione<br />
(5).<br />
L’opzione, che dura esclusivamente per un anno,<br />
va manifestata inviando in via telematica l’apposito<br />
modello IVA 26 entro il 16 febbraio dell’anno<br />
in cui si vuole applicare la procedura (6).<br />
Tavola n. 2 - Ipotesi di non sussistenza del controllo<br />
In una situazione:<br />
Alfa<br />
Beta Gamma<br />
Delta<br />
Procedura<br />
di gruppo<br />
Eventuali variazioni dei dati comunicati con il modello<br />
IVA 26 devono essere comunicate presentando,<br />
sempre in via telematica, un altro modello entro<br />
30 giorni dall’avvenuta variazione (7).<br />
Obblighi di liquidazione e versamento<br />
La società controllante deve effettuare, su un apposito<br />
registro (8), le liquidazioni periodiche di<br />
gruppo, sommando algebricamente i debiti ed i<br />
crediti periodici delle società partecipanti.<br />
Se dalle liquidazioni periodiche di gruppo emerge<br />
un credito questo deve essere riportato al periodo<br />
successivo, nel caso in cui vi sia un debito di grup-<br />
Note:<br />
(5) L’illegittimità dell’applicazione della procedura di gruppo è<br />
stata confermata dalle sentenze della Corte di Cassazione 29 luglio<br />
2009 n. 17576 e 30 luglio 2009 nn. 17707 e 17708.<br />
(6) Il modello è stato approvato con il provvedimento dell’Agenzia<br />
delle Entrate del 6 dicembre 2010 n. 171422. Prima era previsto<br />
l’utilizzo di un modello IVA 26 cartaceo da presentare sia<br />
all’Ufficio competente per la società controllante, sia agli Uffici<br />
competenti per le società controllate.<br />
(7) In precedenza, quanto l’opzione veniva esercitata tramite il<br />
modello IVA 26 cartaceo, le variazioni venivano comunicate con<br />
il modello IVA 26-bis, anch’esso cartaceo. È comunque da tenere<br />
presente che restano fermi gli obblighi di presentazione delle variazioni<br />
anagrafiche ai sensi dell’articolo 35 del D.P.R. n.<br />
633/1972.<br />
(8) Articolo 4 D.M. 11065/1979.<br />
Nella quale:<br />
– Alfa partecipa sia in Beta che in Gamma per oltre il 50% dall’inizio dell’anno solare precedente;<br />
– Beta partecipa in Delta per il 30% dall’inizio dell’anno solare precedente;<br />
– Gamma partecipa in Delta per il 40% dall’inizio dell’anno solare precedente.<br />
La procedura è applicabile limitatamente ad Alfa, Beta e Gamma, con Alfa come controllante e Beta e Gamma come<br />
controllate.<br />
Delta non può invece essere inclusa nella procedura in quanto la partecipazione per oltre il 50% deve essere posseduta<br />
da una sola controllata, mentre nel caso in esame, la quota di partecipazione richiesta si raggiunge sommando<br />
le partecipazioni di Beta e di Gamma.<br />
1/2012<br />
53
Procedura<br />
di gruppo<br />
po, questo deve essere versato dalla controllante<br />
(9).<br />
In alcune ipotesi il credito trimestrale di gruppo<br />
può essere compensato con altre imposte e/o chiesto<br />
a rimborso dalla controllante, in questo caso<br />
deve essere presentato l’apposito modello TE.<br />
È comunque da tenere presente, come principio<br />
generale, che l’unico soggetto che può decidere<br />
come utilizzare i crediti di gruppo, annuali o trimestrali,<br />
è la società controllante.<br />
Obblighi dichiarativi<br />
Gli obblighi dichiarativi nei quali si riflette l’esistenza<br />
del gruppo sono (10):<br />
- la dichiarazione annuale;<br />
- il quadro TE/modello IVA TR.<br />
La dichiarazione annuale<br />
Le società partecipanti (quindi sia controllante che<br />
controllate) devono presentare la dichiarazione IVA<br />
in forma autonoma (11) compilando, oltre ai quadri<br />
«normali», anche degli specifici righi/quadri (in<br />
particolare il quadro VK ed i righi VL21 e VL30).<br />
La società controllante deve inoltre inserire nella<br />
propria dichiarazione il prospetto IVA 26/PR, che<br />
deve essere presentato anche in forma cartacea al<br />
competente agente per la riscossione insieme al<br />
prospetto IVA 26/LP ed alle eventuali garanzie per<br />
le eccedenze di credito compensate.<br />
Il quadro TE / modello IVA TR<br />
Il modello IVA TR va presentato nel caso in cui<br />
venga maturato un credito infrannuale rimborsabile/compensabile<br />
(12).<br />
Nel caso di partecipazione ad una procedura di<br />
gruppo, però, le società partecipanti sono tenute a<br />
trasferire al gruppo sia i debiti che i crediti periodici,<br />
perdendone così la disponibilità.<br />
Quindi, nel caso in cui si maturi un credito infrannuale<br />
di gruppo, nel quale vi sono crediti rimborsabili/compensabili,<br />
la società controllante può decidere<br />
di utilizzare il credito in compensazione/rimborso.<br />
In questo caso va presentato, in via telematica ed<br />
entro la fine del mese successivo al trimestre di<br />
maturazione del credito, l’apposito quadro TE, al<br />
quale va allegato un modulo IVA TR per ognuna<br />
delle società da cui deriva il credito chiesto a rimborso/compensazione.<br />
54<br />
1/2012<br />
Obblighi di garanzia<br />
Particolarmente rilevanti, per quello che riguarda<br />
la procedura di gruppo, sono gli obblighi di garanzia.<br />
È infatti previsto che i crediti «effettivamente»<br />
compensati nella procedura di gruppo vengano garantiti<br />
dalle società che li hanno trasferiti.<br />
La prassi amministrativa ha chiarito (13) che vi<br />
sono gli obblighi di garanzia in quanto con la procedura<br />
di gruppo si ha un effetto simile (anzi più<br />
vantaggioso) di quello che si ha con i rimborsi<br />
IVA, vale a dire il recupero delle eccedenze di credito<br />
(in questo caso con effetto immediato).<br />
Le garanzie servono quindi per cautelare l’Erario<br />
nel caso in cui siano utilizzati crediti indebiti; anche<br />
le norme relative all’IVA di gruppo rinviano,<br />
per quello che riguarda le modalità di prestazione<br />
della garanzia, a quanto previsto in materia di rimborsi<br />
IVA (14).<br />
È importante evidenziare come gli adempimenti<br />
relativi agli obblighi di garanzia si possano suddividere<br />
in due fasi:<br />
- una prima fase, nella quale vengono calcolati i<br />
crediti effettivamente compensati e quindi da<br />
garantire;<br />
- una seconda fase nella quale si scelgono le<br />
modalità di prestazione della garanzia o si<br />
verifica la sussistenza di ipotesi di esonero.<br />
La prima fase è sicuramente quella che ha sempre<br />
creato i maggiori problemi agli operatori, anche se<br />
le modalità di calcolo, chiarite con della prassi alquanto<br />
«datata» (15) non sono mai state modificate.<br />
La prassi ha evidenziato, innanzitutto, che i calcoli<br />
degli importi da garantire devono essere effettuati<br />
Note:<br />
(9) I codici tributo per il versamento dell’IVA nella procedura di<br />
gruppo sono comunque identici a quelli ordinari.<br />
(10) Per quello che riguarda, invece, la comunicazione dati IVA è<br />
da tenere presente che ogni società deve presentarla per proprio<br />
conto, non essendo prevista la presentazione di una comunicazione<br />
dati IVA “di gruppo”.<br />
(11) Articolo 3, comma 1 DPR 22 luglio 1998 n. 322 e istruzioni<br />
per la compilazione della dichiarazione IVA.<br />
(12) Articolo 8, comma 2, secondo periodo del DPR 14 ottobre<br />
1999 n. 542.<br />
(13) Risoluzione 9 dicembre 1987 n. 365025.<br />
(14) Articolo 6, comma 3 D.M. 11065/1979.<br />
(15) Risoluzioni 9 dicembre 1987 n. 365025 e 20 dicembre 1989<br />
n. 626305. Relativamente alla durata delle garanzie si veda la circolare<br />
21 giugno 2004 n. 28 par. 5.
a fine anno; è quindi a fine anno che la procedura<br />
di gruppo «presenta il conto» (16).<br />
I calcoli vanno quindi effettuati nella seguente maniera:<br />
- vanno determinate, per ogni società partecipante,<br />
le eccedenze di debito o le eccedenze di<br />
credito trasferite nel corso dell’anno. Le predette<br />
eccedenze vanno calcolate sommando<br />
algebricamente i risultati delle liquidazioni<br />
periodiche e del saldo annuale;<br />
- vanno sommate tutte le eccedenze di debito;<br />
- dal totale delle eccedenze di debito vanno sottratti<br />
i versamenti effettuati dalla controllante<br />
in corso d’anno;<br />
- nel caso in cui residui un importo, va sottratto<br />
l’ammontare dell’eccedenza di credito di<br />
gruppo dell’anno precedente, che va quindi<br />
garantita;<br />
- nel caso in cui residui ancora un importo,<br />
vanno sottratti gli ammontari delle eccedenze<br />
di credito trasferite dalle società partecipanti<br />
in corso d’anno, che vanno garantite (17).<br />
Una volta calcolati gli importi da garantire, si devono<br />
scegliere le modalità di prestazione della garanzia.<br />
Le norme in materia di IVA di gruppo rinviano,<br />
come già evidenziato in precedenza, a quelle previste<br />
per i rimborsi IVA, per cui si applicano, in linea<br />
generale, tutte le ipotesi possibili, nonché le<br />
relative ipotesi di esonero (18).<br />
Sono quindi possibili varie modalità, ma quella<br />
più utilizzata è sicuramente quella della fideiussione<br />
bancaria o della polizza fideiussoria, per la quale<br />
va utilizzato l’apposito modello opportunamente<br />
adattato (19).<br />
Un’interessante opportunità è anche offerta, per i<br />
gruppi con bilancio consolidato con un netto superiore<br />
a 258.228.449,54 euro; è infatti possibile la<br />
prestazione della garanzia dalla società capogruppo<br />
tramite una specifica «assunzione di obbligazione<br />
di pagamento» (20).<br />
Per quello che riguarda le ipotesi di esonero dalla<br />
garanzia molto interessanti (e molto utilizzate) sono<br />
la possibilità di esonero per crediti «minimi»<br />
(21) e l’esonero per soggetti «virtuosi» (22).<br />
L’utilizzo dei crediti IVA<br />
Nel regime dell’IVA di gruppo le società partecipanti<br />
sono obbligate a trasferire i crediti ed i debiti<br />
Procedura<br />
di gruppo<br />
maturati nell’anno di applicazione della procedura.<br />
Di contro, nel caso di un credito annuale maturato<br />
al di fuori del gruppo, questo non può essere trasferito<br />
alla procedura (23).<br />
Un altro principio fondamentale stabilisce poi che<br />
la controllante è l’unico soggetto che può utilizzare<br />
i crediti maturati dalla procedura di gruppo; tale<br />
principio si applica sia per i crediti annuali di<br />
gruppo, che per i crediti infrannuali.<br />
Analisi di convenienza<br />
È sempre conveniente l’applicazione della procedura<br />
di gruppo?<br />
La risposta è molto semplice: dipende.<br />
L’applicazione della procedura di gruppo infatti è<br />
Note:<br />
(16) Si veda C. D’Ardia e R. Lupi, «Omissione di garanzie nell’IVA<br />
di gruppo tra riversamento e fantomatiche “cauzioni”», in Dialoghi<br />
tributari n. 3/2011.<br />
(17) È da evidenziare che nel caso in cui le eccedenze di credito<br />
trasferite in corso d’anno superino il residuo delle eccedenze di<br />
debito, l’unico soggetto che può decidere quali eccedenze di credito<br />
si presumono compensate è la società controllante.<br />
(18) In relazione alle ipotesi di esonero non è comunque applicabile<br />
la franchigia prevista dall’articolo 21 del D.M. 28 dicembre<br />
1993 n. 567.<br />
(19) Le modalità di prestazione della garanzia sono previste dall’articolo<br />
38-bis, primo comma del D.P.R. n. 633/1972. Il modello<br />
di garanzia nel caso di polizza fideiussoria o fideiussione bancaria<br />
è stato approvato con il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate<br />
del 10 giugno 2004.<br />
(20) Articolo 38-bis, primo comma del DPR 633/1972. Si veda<br />
inoltre la circolare del 22 giugno 1998 n. 164, nonché le risoluzioni<br />
12 giugno 2002 n. 189 e 21 aprile 2011 n. 49. In relazione<br />
all’ipotesi dei rimborsi nell’ambito della procedura di gruppo si<br />
veda la risoluzione del 25 febbraio 2009 n. 51.<br />
(21) Vale a dire di importo uguale o inferiore a 5.164,57 euro. L’ipotesi<br />
è prevista dall’articolo 38-bis, primo comma del DPR<br />
633/1972. Chiarimenti sono stati forniti con le risoluzioni 3 novembre<br />
2000 n. 165 e 29 marzo 2001 n. 38.<br />
(22) Articolo 38-bis, settimo ed ottavo comma del DPR<br />
633/1972. I primi (e più importanti) chiarimenti sull’agevolazione<br />
sono stati forniti con la circolare del 4 marzo 1999 n. 54. Ulteriori<br />
chiarimenti sono stati forniti con la risoluzione del 29 marzo<br />
2001 n. 38, nonché, in maniera specifica per la procedura di gruppo<br />
con la risoluzione 28 dicembre 2004 n. 165. Particolarmente<br />
rilevanti sono anche i chiarimenti forniti con la risoluzione del 14<br />
gennaio 2011 n. 9, relativi alla precedente procedura di rimborso<br />
del credito IVA annuale che prevedeva la presentazione del modello<br />
VR al competente agente della riscossione.<br />
(23) Articolo 73, terzo comma del D.P.R. n. 633/1972. Sul punto si<br />
veda la circolare del 19 febbraio 2008 n. 12 par. 10.8, nonché le<br />
risoluzioni 14 febbraio 2008 n. 4/DPF, 11 aprile 2008 n. 151, 22<br />
settembre 2010 n. 92, 11 maggio 2011 n. 56 e 28 luglio 2011 n.<br />
78.<br />
1/2012<br />
55
Procedura<br />
di gruppo<br />
una libera scelta ma, una volta effettuata l’opzione,<br />
è obbligatoria la sua applicazione, con tutti gli<br />
adempimenti connessi.<br />
Prima di esercitare l’opzione in maniera affrettata<br />
e rischiare di trovarsi «ingabbiati» è, quindi, opportuno<br />
effettuare una valutazione.<br />
Tavola n. 3 - Utilizzo del credito maturato nel gruppo<br />
Come già evidenziato nella Tavola n. 1 in una situazione:<br />
In cui Alfa controlla Beta, che a sua volta controlla Gamma, la quale controlla Delta, se:<br />
56<br />
1/2012<br />
Se le società partecipanti sviluppano solo crediti,<br />
l’applicazione della procedura, in linea generale,<br />
non risulta conveniente.<br />
Ciò in quanto i crediti (così come i debiti) devono<br />
essere necessariamente trasferiti al gruppo, solo<br />
che potrebbe essere conveniente, per una società<br />
in ognuno dei rapporti di controllo risultano soddisfatte le condizioni relative alla partecipazione per oltre il 50%<br />
e<br />
Alfa<br />
Beta<br />
Gamma<br />
Delta<br />
in ognuno dei rapporti di controllo vi è la partecipazione a partire dall’inizio dell’anno solare precedente a quello in<br />
cui si vuole applicare la procedura<br />
è possibile applicare il regime di gruppo per tutte e quattro le società.<br />
Si potranno quindi avere tre situazioni diverse:<br />
– Il ruolo di controllante sarà assunto da Alfa. Nel gruppo potranno entrare Beta, Gamma e Delta ovvero solo due<br />
o una sola delle società;<br />
– Il ruolo di controllante sarà assunto da Beta. Nel gruppo potranno entrare Gamma e Delta ovvero una sola delle<br />
società;<br />
– Il ruolo di controllante sarà assunto da Gamma. Il gruppo sarà formato da Gamma (controllante) e Delta (controllata).<br />
Si ipotizzi che nell’anno X si realizzi la situazione 2), in quanto Alfa rinuncia a partecipare. Beta assumerà il ruolo di<br />
controllante, mentre Gamma e Delta parteciperanno come controllate.<br />
Si presuma che nell’anno X la procedura di gruppo messa in atto dalle suddette società maturi un credito annuale.<br />
Si considerino le seguenti possibilità nell’anno X+1:<br />
– la procedura viene rinnovata con Beta come controllante;<br />
– la procedura viene rinnovata ma Beta partecipa come controllata, in quanto il ruolo di controllante viene assunto<br />
da Alfa;<br />
– la procedura non viene rinnovata o comunque Beta non partecipa ad una procedura di gruppo.<br />
Nel caso 1) il credito dell’anno X è trasferibile al gruppo; è ininfluente se nel gruppo dell’anno X+1 vi sono nuovi<br />
soggetti e/o ne escano alcuni presenti nell’anno X.<br />
Nell’ipotesi 2), il credito dell’anno X non è trasferibile al gruppo, per cui dovrà essere gestito da Beta come credito<br />
“proprio”, con obbligo di garanzia nel caso di detrazione su IVA a debito.<br />
Nella situazione 3), il problema non si pone, in quanto Beta non partecipa ad alcuna procedura di gruppo; anche in<br />
questo caso, quindi, il credito sarà gestito come “proprio” con obbligo di garanzia nel caso di utilizzo in detrazione<br />
su IVA a debito.
che sviluppa costantemente crediti, mantenere la<br />
titolarità dei crediti medesimi in modo da utilizzarli<br />
per il pagamento di altre imposte.<br />
In questo modo, il limite dei 516.456,90 euro (24)<br />
sarebbe riferibile ad ognuna delle società partecipanti;<br />
di contro, nel caso di trasferimento dei crediti<br />
al gruppo, il limite dovrebbe essere riferito alla<br />
sola controllante, la quale dovrebbe eventualmente<br />
scegliere altri utilizzi, come la richiesta di<br />
rimborso, sempreché vi siano i relativi presupposti.<br />
Come massimizzare l’utilizzo<br />
della procedura di gruppo<br />
Una volta optato per l’applicazione della procedura<br />
di gruppo, come si può massimizzare l’utilizzo<br />
della procedura stessa?<br />
Si possono fare delle considerazioni su due aspetti<br />
diversi:<br />
- l’utilizzo dei crediti;<br />
- la prestazione della garanzie.<br />
L’utilizzo dei crediti<br />
Per quello che riguarda l’utilizzo dei crediti di<br />
gruppo si deve porre particolare attenzione all’utilizzo<br />
del credito annuale.<br />
In primo luogo, è da tenere presente che questo<br />
può essere utilizzato, su scelta della controllante,<br />
nelle modalità tradizionali, vale a dire:<br />
- in detrazione su IVA a debito;<br />
- in compensazione con altre imposte;<br />
- ceduto nel caso di partecipazione al consolidato<br />
nazionale;<br />
- richiesto a rimborso nel caso in cui sussistano,<br />
in capo ad uno o più delle società partecipanti,<br />
i relativi presupposti.<br />
Per quello che riguarda l’utilizzo in detrazione su<br />
IVA a debito è da evidenziare che il credito sarà<br />
utilizzabile nel gruppo anche l’anno successivo<br />
sempreché il ruolo di controllante sia rivestito dalla<br />
stessa società.<br />
Di contro, nel caso in cui il gruppo venga rinnovato,<br />
ma il ruolo di controllante venga assunto da<br />
un’altra società (25), il credito maturato dal gruppo<br />
non sarà trasferibile al nuovo gruppo, per cui<br />
esso rimarrà nella disponibilità della prima controllante<br />
che dovrà gestirlo come credito «proprio»<br />
(26).<br />
In senso analogo, se la procedura di gruppo non<br />
Procedura<br />
di gruppo<br />
viene rinnovata o, in linea più generale, la controllante<br />
nell’anno successivo non entra in nessuna<br />
procedura di gruppo, il credito rimane nella sua disponibilità<br />
(si veda riepilogo nella Tavola n. 3).<br />
Il credito potrà quindi essere utilizzato secondo le<br />
ordinarie modalità, anche se vi saranno degli obblighi<br />
di garanzia nel caso di utilizzo in detrazione<br />
su IVA a debito (27).<br />
È poi da tenere presente, nel caso di utilizzo in<br />
compensazione e di cessione nel consolidato nazionale,<br />
la sussistenza dei limiti attualmente presenti<br />
fissati nell’ammontare di 516.456,90 euro<br />
(28).<br />
In senso analogo anche per quello che riguarda la<br />
richiesta di rimborso del credito annuale di gruppo,<br />
in quanto la quota chiesta a rimborso con procedura<br />
semplificata entra nei limiti poc’anzi citati<br />
(29).<br />
Diverse considerazioni devono invece farsi per<br />
quello che riguarda gli eventuali crediti infrannuali.<br />
Nel caso in cui vengono sviluppati tali crediti, la<br />
prima considerazione da fare riguarda il fatto che<br />
bisogna concentrarsi sull’utilizzo degli stessi, invece<br />
di farlo sul credito annuale.<br />
Quanto detto in ragione del fatto che:<br />
Note:<br />
(24) Previsto dagli articoli 25, comma 4 del D.Lgs 9 luglio 1997 n.<br />
241 e 34, comma 1 della legge 23 dicembre 2000 n. 388. Il limite<br />
è elevato ad un milione di euro nel caso di soggetti subappaltatori<br />
che nell’anno precedente hanno effettuazione prestazioni soggette<br />
a reverse charge di cui all’articolo 17, sesto comma, lett. a)<br />
del D.P.R. n. 633/1972, in misura superiore all’80% del volume<br />
d’affari (articolo 35, comma 6-ter del D.L. 4 luglio 2006 n. 223).<br />
(25) Quindi una società che controlla la prima controllante ma<br />
che aveva a suo tempo rinunciato a partecipare alla procedura.<br />
(26) Si veda la prassi in nota 23.<br />
(27) Se il credito di gruppo viene utilizzato dalla ex controllante<br />
in detrazione su propria IVA a debito, sussistono gli stessi obblighi<br />
di garanzia già citati per i crediti compensati nella procedura<br />
di gruppo. Gli importi utilizzati in questo modo dovranno essere<br />
indicati nella dichiarazione annuale e garantiti a seguito di specifica<br />
richiesta del competente Ufficio dell’Agenzia delle Entrate<br />
(circolare 9 giugno 1998 n. 144 par. 6).<br />
(28) Si applicano inoltre gli obblighi di utilizzo dei servizi telematici<br />
dell’Agenzia delle Entrate nel caso di credito superiore a<br />
10.000 euro (con utilizzo a partire dal 16 del mese successivo a<br />
quello di presentazione della dichiarazione) e l’obbligo di apposizione<br />
del visto di conformità nel caso di credito superiore a<br />
15.000 euro.<br />
(29) Non entrano invece, nel limite di 516.456,90 euro, gli importi<br />
richiesti con procedura ordinaria.<br />
1/2012<br />
57
Procedura<br />
di gruppo<br />
- il credito infrannuale utilizzato in compensazione<br />
entra nei limiti previsti di 516.456,90<br />
euro. Per questi crediti, però, anche se superiori<br />
a 15.000 euro non deve essere apposto<br />
alcun visto di conformità (30);<br />
- il credito infrannuale chiesto a rimborso non<br />
entra nei limiti più volte citati. Esso è infatti<br />
sempre liquidato dal competente Ufficio<br />
dell’Agenzia delle Entrate, anche se l’erogazione<br />
effettiva avviene da parte dell’agente<br />
della riscossione.<br />
La prestazione delle garanzie<br />
Estrema attenzione deve anche essere posta agli<br />
adempimenti relativi alla prestazione delle garanzie.<br />
Quanto detto sia nella prima fase c.d. di calcolo,<br />
sia nella successiva scelta delle modalità.<br />
Nella prima fase deve essere posta particolare at-<br />
58<br />
1/2012<br />
tenzione a calcolare l’importo dei crediti “effettivamente”<br />
compensati.<br />
Quanto detto al fine di evitare errori sia per difetto<br />
che per eccesso.<br />
I primi, in quanto espongono a contestazioni da<br />
parte dei competenti Uffici dell’Agenzia delle Entrate;<br />
i secondi, in quanto sono causa di sostenimento<br />
di maggiori costi per le garanzie.<br />
Anche la scelta delle modalità non è ininfluente<br />
soprattutto per verificare la presenza di ipotesi di<br />
esonero (crediti minimi e soggetti virtuosi) o la<br />
possibilità di prestazione della garanzia a «costo<br />
zero» (garanzia da parte dalla capogruppo con bilancio<br />
consolidato superiore a 258.228.449,54 euro).<br />
Nota:<br />
(30) Circolare 15 gennaio 2010, n. 1/E, par. 2.2.
Comunità europea<br />
Dalla Comunità europea<br />
con NOTE di Marco Peirolo<br />
Corte di Giustizia<br />
Osservatorio<br />
Regime IVA dei giochi d’azzardo<br />
(Corte di Giustizia, 10 novembre 2011, cause riuniteC-259/10 e C-260/10 - Rank Group)<br />
La Corte di Giustizia UE è intervenuta sull’applicazione del principio di neutralità<br />
fiscale in relazione alla norma comunitaria che concede agli Stati membri la possibilità<br />
di riconoscere l’esenzione dall’IVA per operazioni concernenti, tra l’altro, le<br />
scommesse, le lotterie e altri giochi d’azzardo con poste di denaro.<br />
NOTA - La Corte di Giustizia ha fornito la propria interpretazione dell’art. 13, parte B, lett. f), della VI Direttiva<br />
CEE (ora art. 135, par. 1, lett. i, della Direttiva n. 2006/112/CE), riferito all’esenzione IVA prevista per «le scommesse,<br />
le lotterie e altri giochi d’azzardo con poste in denaro, salvo condizioni e limiti stabiliti da ciascuno Stato<br />
membro».<br />
Le questioni pregiudiziale sollevate dal giudice del rinvio discendono dal rifiuto, opposto dall’Autorità fiscale, alla<br />
richiesta di rimborso dell’IVA assolta sulle prestazioni fornite nell’ambito di alcuni giochi.<br />
I giudici comunitari, in particolare, hanno affermato che:<br />
• il diverso trattamento IVA di due prestazioni identiche o simili dal punto di vista del consumatore che, peraltro,<br />
soddisfano le stesse esigenze di quest’ultimo è sufficiente a dimostrare la violazione del principio di neutralità<br />
fiscale, senza che sia necessario anche dimostrare l’effettiva esistenza di una concorrenza tra i servizi in oggetto o<br />
una distorsione della concorrenza determinata dal diverso regime IVA;<br />
• il principio di neutralità fiscale non può ritenersi violato nell’ipotesi in cui il differente trattamento IVA di due giochi<br />
d’azzardo sia giustificato dalla riconducibilità di tali attività a categorie di licenza diverse e all’applicazione di<br />
discipline diverse relativamente al controllo e alla regolamentazione;<br />
• per valutare, alla luce del principio di neutralità fiscale, se due tipi di slot machines siano simili ed assoggettate<br />
allo stesso regime IVA occorre verificare se l’utilizzo di tali beni sia comparabile dal punto di vista del consumatore<br />
medio e risponda alle medesime esigenze di quest’ultimo; in proposito, gli elementi che possono essere presi<br />
in considerazione sono i limiti minimi e massimi di puntata e di vincita, nonché le probabilità di vincita;<br />
• un soggetto passivo non può richiedere il rimborso dell’IVA versata relativamente a talune prestazioni di servizi,<br />
adducendo una violazione del principio di neutralità fiscale, allorché l’Autorità fiscale ha considerato come<br />
prestazioni esenti da IVA prestazioni di servizi simili, benché, secondo la normativa interna, non fossero esenti;<br />
• uno Stato membro, che si sia avvalso del potere discrezionale conferito dal citato art. 13, parte B, lett. f), ed abbia<br />
esentato da IVA la messa a disposizione di qualunque mezzo per giocare a giochi d’azzardo, escludendo nel contempo<br />
dall’agevolazione una categoria di apparecchi rispondenti a determinati criteri, non può addurre - in risposta<br />
ad una domanda di rimborso dell’IVA, basata su una violazione del principio di neutralità fiscale - di avere<br />
agito con la dovuta diligenza all’apparizione sul mercato di un nuovo tipo di apparecchio non rispondente a tali<br />
criteri.<br />
Dichiarazioni doganali di immissione in libera pratica<br />
(Corte di Giustizia, 10 novembre 2011, cause riuniteC-319/10 e C-320/10 - X)<br />
1/2012<br />
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Osservatorio Comunità europea<br />
60<br />
La decisione dell’organo di conciliazione delle controversie dell’Organizzazione<br />
mondiale del commercio (OMC) del 27 settembre 2005 non è applicabile alle dichiarazioni<br />
doganali di immissione in libera pratica effettuate anteriormente al 27<br />
settembre 2005.<br />
NOTA - Secondo la Corte di Giustizia, la decisione dell’organo di conciliazione delle controversie<br />
dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) del 27 settembre 2005 non è applicabile alle dichiarazioni<br />
doganali di immissione in libera pratica effettuate anteriormente al 27 settembre 2005.<br />
Tale decisione, in particolare, non può essere invocata per interpretare il termine «salata», di cui alla voce 0210 della<br />
Nomenclatura combinata, né quindi per valutare la validità e/o per interpretare i Regolamenti nn. 535/94, 1832/2002,<br />
1871/2003 e 2344/2003, con cui è stata introdotta e, successivamente, modificata la nota complementare 7 (NC) al<br />
capitolo 2, se le controversie si riferiscono a dichiarazioni per il regime doganale di immissione in libera pratica anteriori<br />
al 27 settembre 2005.<br />
Alla luce di tale conclusione, restano conseguentemente «assorbite» le ulteriori questioni pregiudiziali sollevate dal<br />
giudice del rinvio, riguardanti:<br />
• il modo in cui occorre valutare se la natura della carne di pollo abbia subìto una modifica a seguito della salatura;<br />
• la validità dei citati regolamenti laddove prevedono che la carne, ai fini dell’applicazione della voce 0210, deve<br />
essere considerata «salata» se ha un tenore complessivo di sale pari o superiore all’1,2% in peso;<br />
• il contenuto della nota complementare 7 (NC) al capitolo 2, ove è stabilito che la carne con un tenore di sale pari<br />
o superiore all’1,2% in peso si considera avere subìto una modifica e si qualifica come salata, ai sensi della voce<br />
0210, mentre la carne con un tenore di sale inferiore all’1,2% in peso, la cui natura per l’aggiunta di sale ha subìto<br />
un’evidente alterazione, non viene esclusa dalla voce 0210;<br />
• il modo in cui occorre valutare se la conservazione a lungo termine della carne di pollo sia garantita dalla salatura.<br />
In ogni caso, la voce 0210 comprende «carni e frattaglie commestibili, salate o in salamoia, secche o affumicate; polveri,<br />
carne o frattaglie commestibili». La nota complementare, nella versione risultante dal Reg. CE n. 1810/2004,<br />
precisa che i prodotti in oggetto, per essere considerati salati, devono avere un contenuto di sale totale almeno pari<br />
all’1,2% in peso. Ne consegue che, nel caso in esame, la carne di pollo disossata e congelata non può essere classificata<br />
nella voce 2010, in quanto ha un contenuto di sale inferiore all’1,2% in peso.<br />
Cessione d’azienda senza trasferimento dell’immobile<br />
(Corte di Giustizia, 10 novembre 2011, causa C-444/10 - Schriever)<br />
Per qualificare un’operazione come cessione d’azienda, in quanto tale esclusa dal<br />
campo di applicazione dell’IVA, non è necessario che sia trasferito anche l’immobile<br />
nel quale il cedente svolgeva l’attività, se la cessione dello stesso non è indispensabile<br />
per l’esercizio dell’impresa.<br />
NOTA - Con la sentenza in oggetto, alla Corte di Giustizia è stato chiesto se, in base all’art. 5, par. 8, della VI<br />
Direttiva (ora art. 19 della Direttiva n. 2006/112/CE), costituisce un trasferimento di un’universalità totale o parziale<br />
di beni il trasferimento della proprietà dello stock di merci e dell’attrezzatura commerciale di un negozio al dettaglio,<br />
contestuale alla locazione, al cessionario, dei locali del negozio a tempo indeterminato, ma dal quale entrambe le parti<br />
possono recedere con un breve preavviso.<br />
La giurisprudenza comunitaria ha già stabilito che, affinché si configuri un trasferimento d’azienda, escluso da IVA<br />
ai sensi del citato art. 5, par. 8, occorre che il complesso degli elementi trasferiti sia idoneo a consentire la prosecuzione<br />
dell’attività economica (Corte di Giustizia, 27 novembre 2003, causa C-497/01, Zita Modes).<br />
In proposito, nell’ipotesi in cui un’attività economica non richieda l’uso di locali particolari o dotati di impianti<br />
fissi necessari per la prosecuzione dell’attività, può sussistere un trasferimento di un’universalità di beni, ai<br />
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Comunità europea<br />
Osservatorio<br />
sensi dell’art. 5, n. 8, della sesta direttiva, anche senza il trasferimento dei diritti di proprietà su un bene immobile.<br />
Per contro, non sussiste trasferimento, senza che al cessionario siano stati conferiti in godimento i locali commerciali,<br />
qualora l’attività economica interessata consista nella gestione di un complesso inscindibile di beni mobili ed<br />
immobili.<br />
Del pari, un trasferimento di beni può altresì avere luogo se i locali commerciali sono messi a disposizione del cessionario<br />
mediante un contratto di locazione o se quest’ultimo dispone di un bene immobile appropriato in cui tutti i<br />
beni trasferiti possano essere collocati e in cui egli possa continuare ad esercitare l’attività economica.<br />
Occorre, pertanto, effettuare una valutazione globale delle circostanze di fatto che caratterizzano l’operazione in<br />
esame per determinare se essa rientri nella nozione di trasferimento di un’universalità di beni, ai sensi della VI<br />
Direttiva.<br />
In tale ambito, deve essere accordata particolare importanza alla natura dell’attività economica che si intende proseguire.<br />
In linea generale, poiché la cessione dello stock di merci e dell’attrezzatura del negozio è sufficiente per consentire<br />
la continuità di un’attività economica autonoma, il trasferimento dei beni immobili non è determinante ai fini della<br />
qualificazione dell’operazione come trasferimento di un’universalità di beni. Inoltre, qualora risulti che la prosecuzione<br />
dell’attività economica richieda che l’acquirente utilizzi gli stessi locali di cui dispone l’alienante, nulla osta, in<br />
via di principio, a che tale possesso sia trasferito mediante la conclusione di un contratto di locazione.<br />
Dalla giurisprudenza comunitaria emerge anche che le intenzioni dell’acquirente possono o, in alcuni casi, devono<br />
essere prese in considerazione in sede di valutazione globale dell’operazione, purché comprovate da elementi oggettivi<br />
(sent. 14 febbraio 1985, causa C-268/83, Rompelman; sent. 26 settembre 1996, causa C-230/94, Enkler; sent. 21<br />
marzo 2000, cause riunite da C-110/98 a C-147/98, Gabalfrisa e a.; sent. 18 novembre 2010, causa C-84/09, X).<br />
Allo stesso modo, secondo i giudici comunitari, elementi quali la durata del contratto di locazione prevista e le modalità<br />
convenute per porvi un termine devono essere presi in considerazione in sede di valutazione globale dell’operazione<br />
in quanto possono incidere su tale valutazione nell’ipotesi in cui siano diretti ad impedire la prosecuzione duratura<br />
dell’attività. In ogni caso, la possibilità di recedere da un contratto di locazione a tempo indeterminato con un<br />
preavviso a breve termine, di per sé, non implica che il cessionario abbia l’intenzione di liquidare immediatamente<br />
l’azienda o la parte di azienda trasferita.<br />
Accise sugli oli minerali: nozione di «navigazione»<br />
(Corte di Giustizia, 10 novembre 2011, causa C-505/10 - Sea Fighter)<br />
Gli oli minerali forniti per essere utilizzati in un escavatore installato in maniera<br />
permanente su una nave, ma che, disponendo di un motore e di un serbatoio autonomi,<br />
funziona indipendentemente dal motore di propulsione della nave, non sono<br />
esenti da diritti di accisa.<br />
NOTA - La Corte di Giustizia si è pronunciata sulla portata dell’art. 8, par. 1, lett. c), della Direttiva n. 92/81/CEE,<br />
relativa all’armonizzazione delle strutture delle accise sugli oli minerali, a seguito di una controversia sorta a seguito<br />
del disconoscimento dell’esenzione dalle accise sugli oli minerali del carburante consumato da un escavatore<br />
installato su una nave.<br />
Secondo i giudici comunitari, non sono esenti da accisa gli oli minerali utilizzati da un escavatore installato in maniera<br />
permanente su una nave che, disponendo di un motore e di un serbatoio autonomi, funziona indipendentemente dal<br />
motore di propulsione della nave stessa.<br />
In base al citato art. 8, par. 1, lett. c), sono esentati dall’accisa armonizzata gli oli minerali forniti per essere usati come<br />
carburanti per la navigazione nelle acque dell’Unione europea, fatta eccezione per gli oli minerali utilizzati per la<br />
navigazione in imbarcazioni private da diporto, cioè per scopi non commerciali.<br />
Tutte le operazioni di navigazione a fini commerciali beneficiano dell’esenzione a prescindere dall’oggetto della navigazione<br />
(Corte di Giustizia, 1° aprile 2004, causa C-389/02, Deutsche See-Bestattungs-Genossenschaft).<br />
1/2012<br />
61
Osservatorio Comunità europea<br />
Così, l’oggetto del tragitto effettuato da una nave nelle acque dell’Unione è irrilevante, ai fini dell’applicazione dell’esenzione<br />
dai diritti di accisa sugli oli minerali consumati, qualora si tratti di navigazione che implichi una prestazione<br />
di servizi a titolo oneroso.<br />
Al riguardo, le manovre effettuate da una draga trasportatrice nel corso di operazioni di aspirazione e scarico dei<br />
materiali, vale a dire gli spostamenti inerenti all’esecuzione delle attività di dragaggio, rientrano nell’ambito di applicazione<br />
della nozione di «navigazione», ai sensi dell’art. 8, par. 1, lett. c), della Direttiva n. 92/81/CEE (Corte di<br />
Giustizia, 1° marzo 2007, causa C-391/05, Jan De Nul).<br />
La nozione in oggetto esige, in particolare, che la prestazione di servizi a titolo oneroso sia inerente allo spostamento<br />
della nave, in quanto l’esenzione è subordinata all’utilizzo degli oli minerali come carburante per la navigazione<br />
nelle acque comunitarie.<br />
Nel caso di specie, il consumo degli oli minerali ad opera dell’escavatore sulla nave è totalmente indipendente dalla<br />
propulsione di quest’ultima.<br />
Alla luce delle considerazioni che precedono, il suddetto consumo non può considerarsi inerente allo spostamento<br />
della nave sulla quale è fissato l’escavatore, per cui l’esenzione non è applicabile.<br />
La Corte dei conti UE può verificare come lo Stato membro attua la cooperazione<br />
(Corte di Giustizia, 15 novembre 2011, causa C-539/09 - Commissione/Germania)<br />
Viene meno agli obblighi derivanti dalla normativa comunitaria lo Stato membro che<br />
si oppone ai controlli, da parte della Corte dei conti dell’UE, diretti a verificare la corretta<br />
applicazione delle disposizioni del regolamento CE n. 1798/2003 in materia di<br />
cooperazione amministrativa tra gli Stati membri per il contrasto delle frodi all’IVA.<br />
NOTA - La Commissione europea ha chiesto alla Corte di Giustizia di dichiarare che la Repubblica federale di<br />
Germania, essendosi opposta allo svolgimento, da parte della Corte di conti dell’Unione europea, di controlli in<br />
Germania sulla cooperazione amministrativa ai sensi sia del Reg. CE n. 1798/2003 (relativo alla cooperazione amministrativa<br />
in materia di IVA), sia delle modalità applicative di quest’ultimo, è venuta meno agli obblighi ad essa<br />
incombenti in forza dell’art. 248, par. 1-3, CE.<br />
Nella fattispecie, il controllo programmato dalla Corte dei conti era inteso a sincerarsi che le strutture e le procedure<br />
di cooperazione amministrativa previste dal Reg. CE n. 1798/2003 in materia di IVA fossero state predisposte e funzionassero<br />
regolarmente.<br />
Le risultanze degli accertamenti previsti, se del caso, dovevano consentire di formulare, in una relazione speciale, raccomandazioni<br />
finalizzate a garantire una maggiore efficacia di tali strutture e meccanismi.<br />
I giudici comunitari osservano che è vero che il gettito dell’IVA rimane essenzialmente un’entrata fiscale nazionale<br />
iscritta nel bilancio degli Stati membri, di modo che solo un’esigua percentuale di tale entrata va a profitto del bilancio<br />
comunitario a titolo di risorse proprie (Corte di Giustizia, 16 settembre 1999, causa C-414/97,<br />
Commissione/Spagna).<br />
È altrettanto vero, però, che, come afferma il Governo tedesco, il calcolo dell’importo delle risorse IVA non consiste<br />
in una mera percentuale del gettito dell’IVA effettivamente riscosso, ma che nel contesto di tale calcolo intervengono<br />
una serie di correttivi intesi, tra l’altro, a garantire la condizione di parità tra Stati membri che hanno optato o meno<br />
per l’esenzione di determinati settori (Corte di Giustizia, 23 maggio 1990, causa C-251/88, Commissione/Germania).<br />
Nonostante tali considerazioni, il sistema di risorse proprie predisposto in esecuzione del Trattato risulta finalizzato, quanto<br />
alle risorse IVA, ad istituire un obbligo a carico degli Stati membri di mettere a disposizione della Comunità, come risorse<br />
proprie, una parte delle somme che essi riscuotono a titolo di IVA (Corte di Giustizia, 13 marzo 1990, causa C-30/89,<br />
Commissione/Francia) e gli Stati membri, per garantire un prelievo effettivo di detto gettito dell’IVA ed essere in grado<br />
di mettere a disposizione del bilancio comunitario le corrispondenti risorse IVA, sono tenuti ad osservare le norme del<br />
diritto comunitario relative a tali prelievi, come quelle contenute nella Direttiva IVA e nel Reg. CE n. 1798/2003.<br />
Del resto, la Corte UE, in passato, ha affermato che, quando uno Stato membro ha omesso di assoggettare ad IVA una<br />
tipologia di operazioni in violazione della Direttiva IVA, siffatta violazione può riflettersi in un inadempimento del-<br />
62<br />
1/2012
Comunità europea<br />
Osservatorio<br />
l’obbligo di tale Stato membro di mettere a disposizione della Commissione, a titolo di risorse IVA, gli importi corrispondenti<br />
all’imposta che avrebbe dovuto prelevare su dette operazioni (Corte di Giustizia, 12 settembre 2000,<br />
causa C-276/97, Commissione/Francia).<br />
Nel caso di specie, la Corte dei conti era competente ad effettuare il controllo programmato, in quanto quest’ultimo,<br />
vertendo sulla cooperazione amministrativa ai sensi del Reg. CEE n. 1798/2003, era effettivamente collegato alle<br />
entrate della Comunità, considerate sotto il profilo della loro legittimità e della relativa sana gestione finanziaria, per<br />
cui presentava un nesso diretto con le funzioni attribuite a tale istituzione dall’art. 248 CE.<br />
Posto che da quanto precede si evince che la Corte dei conti, ai sensi dell’art. 248 CE, era competente a procedere ad<br />
un controllo come quello controverso, si deve dichiarare che, essendosi opposta allo svolgimento di detto controllo<br />
sul suo territorio, la Repubblica federale di Germania ha violato gli obblighi ad essa incombenti in forza della normativa<br />
comunitaria.<br />
Necessaria sincronia tra la sussistenza dell’IVA dovuta e la sua detrazione<br />
(Avvocato Generale, 17 novembre 2011, causa C-414/10 - Société Veleclair)<br />
L’IVA dovuta all’importazione è detraibile anche se non è ancora stata versata all’Erario;<br />
per permettere la detrazione è tuttavia necessario che il credito relativo al<br />
pagamento dell’imposta dovuta sia realizzabile.<br />
Non è pertanto conforme alla normativa comunitaria, conclude l’Avvocato generale,<br />
la norma nazionale che subordina il diritto alla detrazione dell’IVA all’importazione<br />
al previo pagamento.<br />
NOTA - Alla Corte di Giustizia è stato chiesto se l’IVA all’importazione sia detraibile anche se non è stata ancora<br />
versata all’Erario.<br />
Sul piano normativo, l’art. 17, par. 1, della VI Direttiva CEE (ora art. 167 della Direttiva n. 2006/112/CE) dispone<br />
che il diritto di detrazione sorge quando l’imposta diventa esigibile. In caso di importazione, si tratta dell’imposta<br />
«dovuta o assolta» per i beni introdotti nel territorio dello Stato (art. 17, par. 2, lett. b, della VI Direttiva, ora art. 168,<br />
par. 1, lett. e, della Direttiva n. 2006/112/CE).<br />
La stessa espressione, riferita all’imposta dovuta o assolta, è utilizzata dalla normativa comunitaria per le operazioni<br />
interne, rispetto alle quali la Corte di Giustizia ha affermato che la detrazione sorge e può essere esercitata indipendentemente<br />
dal versamento del corrispettivo dovuto, IVA inclusa (sent. 28 luglio 2011, causa C-274/10,<br />
Commissione/Ungheria).<br />
Allo stesso modo, è irrilevante stabilire se l’IVA dovuta sulle cessioni precedenti o successive riguardanti gli stessi<br />
beni sia stata versata o meno all’Erario (Corte di Giustizia, 12 gennaio 2006, cause riunite C-354/03, C-355/03 e C-<br />
484/03, Optigen e a.; Id., 6 luglio 2006, cause riunite C-439/04 e C-444/04, Kittel und Recolta Recycling).<br />
È vero che, nelle operazioni interne, il soggetto che versa l’IVA all’Erario è diverso da quello che la detrae. In<br />
ogni caso, anche laddove - come si verifica generalmente nelle importazioni - il debitore della relativa imposta<br />
sia altresì il soggetto legittimato all’esercizio della detrazione, la situazione è comparabile dal punto di vista economico.<br />
Nelle operazioni interne, infatti, così come il fornitore è tenuto a versare l’imposta anche se non ancora corrisposta<br />
dal cliente, quest’ultimo può esercitare la detrazione anche se non pagata al fornitore a titolo di rivalsa e, una volta,<br />
pagata, anche se quest’ultimo non provveda a versarla all’Erario.<br />
Al fine di garantire il principio di neutralità fiscale, giustificato dall’interpretazione sistematica e teologica della<br />
Direttiva IVA, l’Avvocato generale è dell’avviso che l’IVA all’importazione sia detraibile anche se non è stata ancora<br />
versata all’Erario. Ai fini della detrazione è però necessario che l’imposta sia ancora dovuta, il che presuppone che<br />
il soggetto passivo abbia un obbligo di versamento che sia possibile realizzare giuridicamente.<br />
Sorgere dell’obbligazione doganale a seguito dell’introduzione irregolare di merci: nozione di<br />
«debitore»<br />
(Corte di Giustizia, 17 novembre 2011, causa C-454/10 - Jestel)<br />
1/2012<br />
63
Osservatorio Comunità europea<br />
È debitore dell’obbligazione doganale sorta per effetto dell’introduzione irregolare<br />
di merci nel territorio doganale dell’Unione europea colui che, pur senza concorrere<br />
direttamente all’introduzione, vi abbia partecipato come intermediario ai fini della<br />
conclusione di contratti di compravendita relativi alle merci medesime, qualora<br />
sapesse o dovesse secondo ragione sapere che tale introduzione sarebbe stata irregolare,<br />
circostanza che spetta al giudice del rinvio acclarare.<br />
NOTA - L’art. 202, par. 1 e 3, del Reg. CEE n. 2913/1992 (Codice doganale comunitario) dispone che l’obbligazione<br />
doganale all’importazione sorge in seguito all’irregolare introduzione, nel territorio doganale della Comunità, di<br />
merci soggette a dazi all’importazione.<br />
Si considerano debitori, tra gli altri, coloro che hanno partecipato all’introduzione sapendo o dovendo sapere che essa<br />
era irregolare.<br />
La Corte di Giustizia ha dovuto stabilire se si considera soggetto partecipe all’irregolare introduzione di merci nel territorio<br />
doganale comunitario colui che, pur non avendo partecipato direttamente alla suddetta introduzione, abbia<br />
svolto la funzione di intermediario nella conclusione dei contratti di compravendita relativi a tali merci.<br />
Secondo i giudici comunitari, il citato art. 202, par. 3, del Reg. CEE n. 2913/1993 si riferisce, rispettivamente, alla<br />
persona che ha introdotto materialmente le merci senza dichiararle e alle persone che hanno acquistato o detenuto tali<br />
merci successivamente alla loro introduzione.<br />
Di conseguenza, non può considerarsi debitore dell’obbligazione doganale colui che si limiti ad intervenire nella conclusione<br />
di contratti di compravendita delle merci, ad incassare il relativo corrispettivo e a comunicare i nomi e gli<br />
indirizzi degli acquirenti al fornitore.<br />
In base alla stessa disposizione, sono debitrici dell’obbligazione doganale le persone che hanno partecipato alle operazioni<br />
d’introduzione irregolare delle merci nel territorio della Comunità sapendo o dovendo sapere che tale introduzione era irregolare.<br />
Ne deriva che la qualifica di debitore è subordinata al ricorrere di due condizioni, delle quali la prima, cioè la partecipazione<br />
a tale introduzione, è oggettiva, e la seconda, cioè che le persone abbiano partecipato consapevolmente all’operazione<br />
di introduzione irregolare, è soggettiva (Corte di Giustizia, 3 marzo 2005, causa C-195/03, Papismedov e a.).<br />
Riguardo, in primo luogo, alla condizione oggettiva, la Corte UE ha dichiarato che partecipato all’introduzione irregolare<br />
le persone che hanno preso in qualsiasi modo parte a tale introduzione (sent. 23 settembre 2004, causa C-<br />
414/02, Spedition Ulustrans). Rispetto al caso di specie, sia la conclusione dei contratti di compravendita in esame<br />
sia la consegna delle merci, che rappresenta l’oggetto di tali contratti, costituiscono elementi di un’unica operazione,<br />
vale a dire la compravendita delle merci.<br />
Si deve ritenere, quindi, che una persona che, senza prestare direttamente il proprio concorso nell’introduzione irregolare<br />
delle merci nel territorio doganale comunitario, abbia svolto la funzione di intermediario nella conclusione dei contratti<br />
di compravendita, abbia partecipato a detta introduzione ai sensi dell’art. 202, par. 3, del Reg. CEE n. 2913/1992.<br />
In secondo luogo, riguardo alla condizione soggettiva, deve essere chiarito se sia necessario, perché tale condizione<br />
sia soddisfatta, che i partecipanti prevedano l’irregolarità dell’introduzione, ovvero se sia sufficiente che essi ne considerino<br />
soltanto l’eventualità.<br />
Alla luce del principio di ripartizione delle competenze tra i giudici comunitari e i giudici nazionali, spetta a questi<br />
ultimi verificare se l’intermediario sapesse o dovesse sapere che l’importazione era irregolare.<br />
Sesta direttiva IVA: obbligo degli Stati membri di garantire una riscossione effettiva dell’IVA ed<br />
estinzione di procedimenti giudiziari senza pronuncia in terzo grado<br />
(Avvocato Generale, 17 novembre 2011, causa C-500/10 - Belvedere Costruzioni)<br />
Secondo le conclusioni dell’Avvocato generale, è legittima la disposizione nazionale<br />
in base alla quale, in una controversia in materia di IVA tra un soggetto passivo e<br />
l’amministrazione finanziaria, che origina da un ricorso iscritto a ruolo in primo<br />
grado da oltre dieci anni, un secondo ricorso in appello da parte dell’autorità finanziaria<br />
che sia risultata soccombente in primo grado e in appello venga definito automaticamente<br />
senza pronuncia nel merito da parte della seconda corte d’appello.<br />
64<br />
1/2012
Comunità europea<br />
Osservatorio<br />
NOTA - Secondo l’Avvocato generale della Corte di Giustizia, l’art. 3, comma 2-bis, lett. a), del D.L. n. 40/2010,<br />
convertito dalla L. n. 73/2010, è compatibile con l’ordinamento comunitario.<br />
In particolare, è legittima la definizione automatica delle controversie tributarie pendenti innanzi alla Commissione<br />
Tributaria Centrale da più di dieci anni, quando l’Amministrazione finanziaria sia risultata soccombente nei primi due<br />
gradi di giudizio.<br />
In materia, la Corte di Giustizia (sent. 17 luglio 2008, causa C-132/06, Commissione/Italia) si è già pronunciata, affermando<br />
che il cd. “condono tombale”, previsto dalla L. n. 289/2002, è contrario ai principi comunitari.<br />
La Corte di Cassazione (sent. 13 ottobre 2009, n. 21719), successivamente, ha ritenuto illegittime tutte le forme di<br />
definizione agevolata dell’IVA.<br />
La Commissione europea, alla luce della censura avanzata dalla Corte UE nel procedimento C-132/06, ritiene che il<br />
citato art. 3, comma 2-bis, lett. a) costituisce una totale rinuncia, da parte dello Stato italiano, all’applicazione<br />
dell’IVA dovuta, senza una valutazione caso per caso delle circostanze concrete.<br />
Il Governo italiano, da parte sua, sostiene che, diversamente dal condono tombale, la disposizione controversa ha<br />
natura puramente processuale, avendo ad oggetto controversie innanzi al giudice tributario e si colloca «a valle» dell’esercizio,<br />
da parte dello Stato, delle sue potestà e dell’esercizio dei suoi obblighi.<br />
In linea con la posizione del Governo italiano, l’Avvocato generale osserva che, a differenza della normativa applicabile<br />
ai condoni (di cui alla L. n. 289/2002), la norma controversa «si applica alla fase giurisdizionale e non a quella<br />
amministrativa per la quale sono competenti le autorità fiscali.<br />
La sua natura procedurale è sottolineata dal fatto che è applicabile non solo all’IVA, come nel caso delle disposizioni<br />
di cui trattasi nella causa C-132/06, ma a ricorsi relativi ad ogni tipo di imposta, dinanzi alla Commissione Tributaria<br />
Centrale»; la norma controversa, del resto, «mette un termine al ricorso di ultima istanza dell’autorità finanziaria avverso<br />
una decisione giurisdizionale sfavorevole, ma non favorisce in particolare i soggetti colpevoli di frode fiscale.<br />
In effetti, appare improbabile (…) che le pretese di tali soggetti in un contenzioso con l’amministrazione finanziaria<br />
siano accolte due volte dinanzi ai tribunali - non solo in primo grado, ma in appello».<br />
In definitiva, la valutazione favorevole dell’Avvocato generale si basa sulla natura procedurale della norma, tale<br />
peraltro da non ostacolare la lotta alle frodi fiscali.<br />
Il transito esterno delle merci e la «finzione di produzione»<br />
(Corte di Giustizia, 1° dicembre 2011, cause riunite C-446/09 e C-495/09 - Philips Electronics e Nokia)<br />
Secondo l’Avvocato generale, i beni in transito o in deposito temporaneo non possono<br />
essere automaticamente considerati contraffatti e per ciò sequestrati dalle dogane,<br />
senza che vi siano «sufficienti motivi per sospettare» (senza cioè qualche<br />
prova ragionevole) che le merci debbano essere immesse sul mercato europeo.<br />
Ciononostante, taluni «sospetti» fondati sulla base di prove circostanziali possono<br />
essere sufficienti per far scattare il sequestro da parte delle autorità doganali.<br />
NOTA - Secondo la Corte di Giustizia, le merci provenienti da uno Stato terzo che costituiscono imitazione di un<br />
prodotto tutelato nell’Unione europea da un diritto di marchio o copia di un prodotto ivi protetto da un diritto d’autore,<br />
da un diritto connesso, da un modello o disegno non possono essere qualificate come «merci contraffatte» o<br />
«merci usurpative» per il solo fatto di essere introdotte nel territorio doganale dell’Unione in regime sospensivo (nella<br />
specie, in regime di deposito doganale e in transito esterno).<br />
Dette merci, per contro, possono violare il diritto d’autore ed essere, pertanto, qualificate come «merci contraffatte»<br />
o «merci usurpative» laddove sia dimostrato che sono destinate ad essere immesse in commercio nell’Unione europea;<br />
una siffatta prova è fornita, in particolare, qualora emerga che dette merci sono state oggetto di una vendita ad<br />
un cliente dell’Unione o di una offerta in vendita o di una pubblicità rivolta a consumatori dell’Unione, ovvero quando<br />
risulta da documenti o da corrispondenza concernenti tali merci che è previsto che le medesime siano dirottate<br />
verso i consumatori dell’Unione.<br />
È stata così ridimensionata la pretesa avanzata dai titolari del diritto d’autore, i quali - invocando il rischio che merci<br />
1/2012<br />
65
Osservatorio Comunità europea<br />
dichiarate sotto regime sospensivo siano dirottate verso i consumatori dell’Unione, nonché i rischi per la salute e la<br />
sicurezza che presentano spesso i prodotti di imitazione e di copia - hanno sostenuto che i prodotti di imitazione e di<br />
copia scoperti in fase di deposito o di transito in uno Stato membro devono essere sequestrati e, se del caso, eliminati<br />
dal commercio senza la necessità di disporre di elementi atti a suggerire o a dimostrare che tali merci sono o saranno<br />
immesse in commercio nell’Unione.<br />
A tal fine, essi hanno proposto di riconoscere l’esistenza di una finzione secondo cui le merci dichiarate in deposito o<br />
in transito e che formano oggetto di una domanda d’intervento sono considerate prodotte nello Stato membro ove detta<br />
domanda è presentata, sebbene sia pacifico che la produzione è avvenuta in uno Stato terzo (finzione di produzione).<br />
I giudici comunitari affermano inoltre che, affinché l’Autorità competente a statuire nel merito possa esaminare utilmente<br />
l’esistenza della prova riguardante la destinazione nel mercato comunitario dei prodotti, l’Autorità doganale<br />
cui è stata presentata una domanda d’intervento, non appena dispone di indizi che consentano di sospettare l’esistenza<br />
di detta violazione, deve sospendere lo svincolo o procedere al blocco delle stesse merci; tra i predetti indizi possono<br />
figurare, segnatamente, il fatto che la destinazione delle merci non sia dichiarata mentre il regime sospensivo<br />
richiesto esige una siffatta dichiarazione, l’assenza di informazioni precise o affidabili circa l’identità o l’indirizzo del<br />
produttore o dello speditore delle merci, la mancanza di cooperazione con le Autorità doganali, oppure la scoperta di<br />
documenti o di corrispondenza concernenti le merci di cui trattasi atti a far supporre che è possibile che le medesime<br />
siano dirottate verso i consumatori dell’Unione europea.<br />
Tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità<br />
(Corte di Giustizia, 1° dicembre 2011, causa C-79/10 - Systeme Helmholz)<br />
Rimane esclusa dal beneficio dell’esenzione dall’accisa sul carburante utilizzato<br />
per la navigazione aerea prevista dall’art. 14, n. 1, lett. b), della direttiva<br />
2003/96/CE,relativa alla tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità), l’impresa<br />
che, al fine di sviluppare la propria attività, utilizzi un suo aereo per provvedere<br />
agli spostamenti del proprio personale presso clienti o luoghi di svolgimento<br />
di fiere commerciali, laddove tali spostamenti non sono direttamente funzionali alla<br />
prestazione di servizi aerei a titolo oneroso da parte dell’impresa medesima.<br />
NOTA - La Corte di Giustizia, con la pronuncia in esame, ha escluso l’applicabilità dell’esenzione fiscale prevista<br />
dall’art. 14, par. 1, lett. b), della Direttiva n. 2003/96/CEE, riguardante l’accisa sui prodotti energetici utilizzati quali<br />
carburanti o combustibili per la navigazione aerea, nei confronti di un’impresa il cui oggetto sociale sia estraneo alla<br />
navigazione aerea e che, al fine di sviluppare i propri affari, utilizzi un aeromobile di sua proprietà per lo spostamento<br />
del proprio personale presso clienti o nei luoghi di svolgimento di fiere commerciali.<br />
La citata disposizione esclude dall’agevolazione fiscale l’aviazione privata da diporto, definita - in termine negativi<br />
- come «uso di un aeromobile (…) per scopi non commerciali ed in particolare per scopi diversi dal trasporto di passeggeri<br />
o merci o dalla prestazione di servizi a titolo oneroso o per conto di autorità pubbliche».<br />
Secondo i giudici comunitari, dalla locuzione «diversi dal trasporto passeggeri o merci o dalla prestazione di servizi<br />
a titolo oneroso» emerge che la navigazione aerea ricompresa nella sfera di applicazione di detta esenzione fa riferimento<br />
all’utilizzazione del carburante nel caso in cui l’aeromobile sia direttamente destinato all’effettuazione di prestazioni<br />
di servizi a titolo oneroso inerenti allo spostamento dell’aeromobile (Corte di Giustizia, 11 novembre 2011,<br />
causa C-505/10, Sea Fighter). Da tale interprestazione consegue che le operazioni di navigazione aerea effettuate dall’impresa<br />
non sono assimilabili all’utilizzazione di un aeromobile a fini commerciali e, quindi, non beneficiano dell’esenzione<br />
fiscale laddove non siano direttamente funzionali alla prestazione di un servizio aereo a titolo oneroso.<br />
L’art. 15, par. 1, lett. j), della Direttiva n. 2003/96/CEE prevede, invece, un’esenzione facoltativa volta ad incoraggiare<br />
specificamente un determinato numero di attività commerciali effettuate dai costruttori di aerei e dalle officine di manutenzione<br />
aeronautica che implicano il consumo di carburante al suolo, ove nessuna di tali attività ricade nel campo di<br />
attività abituale delle imprese operanti nel settore della navigazione aerea. Di conseguenza, i giudici comunitari hanno<br />
escluso che l’impresa possa beneficiare dell’agevolazione in oggetto, nella specie per i carburanti consumati dall’aeromobile<br />
di sua proprietà per l’effettuazione dei voli di andata e ritorno verso un’officina di manutenzione aeronautica.<br />
66<br />
1/2012
Commissione europea<br />
Dalla Commissione Europea<br />
Osservatorio<br />
Commissione Europea, COM(2011) 537, Valutazione intermedia del programma Dogana 2013<br />
(Bruxelles, 5 settembre 2011)<br />
Il programma Dogana 2013 è stato istituito dalla decisione n. 624/2007/CE quale<br />
programma d’azione doganale pluriennale nella Comunità finalizzato ad appoggiare<br />
e integrare le azioni intraprese dagli Stati membri per garantire il funzionamento<br />
efficace del mercato interno nel settore doganale. Esso si basa su quattro programmi<br />
precedenti (Matthaeus, Dogana 2000, Dogana 2002 e Dogana 2007).<br />
I principali beneficiari del programma sono le amministrazioni doganali degli Stati<br />
membri; ulteriori beneficiari sono le amministrazioni di altri paesi partecipanti e gli<br />
operatori del commercio. Attualmente il programma è aperto alla partecipazione di<br />
Stati membri dell’UE, paesi candidati e potenziali candidati all’adesione e paesi<br />
associati alla politica europea di vicinato. Oltre ai 27 Stati membri dell’UE, altri<br />
quattro paesi partecipano al programma: la Turchia e la Croazia (entrambe<br />
partecipanti del programma precedente), la Serbia e l’ex Repubblica jugoslava di<br />
Macedonia (che hanno aderito al programma attuale nel 2009). Il programma<br />
attuale copre il periodo dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2013.<br />
Per conseguire gli obiettivi il programma si basa principalmente sui seguenti<br />
strumenti:<br />
• azioni congiunte, fra cui seminari e seminari di approfondimento, gruppi di progetto<br />
e di indirizzo, azioni di formazione, azioni di monitoraggio, benchmarking e altre<br />
azioni;<br />
• fornitura di sistemi informatici, fra cui sistemi transeuropei e applicazioni doganali<br />
comuni.<br />
A norma dell’articolo 22, paragrafo 1, della decisione Dogana 2013, il programma<br />
è oggetto di una valutazione intermedia svolta dalla Commissione sulla base delle<br />
informazioni trasmesse dagli Stati membri. Per garantire la coerenza della<br />
metodologia e dell’impostazione, tale valutazione è stata commissionata al<br />
consulente esterno The Evaluation Partnership, dotato di specifiche competenze in<br />
materia di valutazioni. I servizi della Commissione e i paesi partecipanti hanno<br />
orientato e sostenuto tale soggetto esterno attraverso un gruppo di indirizzo che si è<br />
riunito più volte durante l’esecuzione del progetto.<br />
La presente relazione adottata dalla Commissione adempie all’obbligo di<br />
comunicare i risultati della valutazione intermedia al Consiglio, al Parlamento<br />
europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni. La<br />
relazione di valutazione definitiva del consulente esterno si può scaricare dal sito<br />
internet Europa della DG TAXUD.<br />
Finalità della valutazione<br />
La valutazione intermedia ha analizzato l’impatto delle attività svolte nell’ambito<br />
del programma dal 2008 fino a marzo 2011, esaminando i progressi finora compiuti<br />
nel periodo di esecuzione del programma e la misura in cui i suoi obiettivi sono<br />
stati raggiunti (l’efficacia del programma) a costi ragionevoli (l’efficienza del<br />
programma). Essa ha anche verificato se gli obiettivi corrispondevano ai bisogni<br />
del settore doganale (valutazione di pertinenza) e in che misura il programma ha<br />
generato un valore aggiunto per l’Unione europea, cioè se gli obiettivi del<br />
programma possono essere realizzati in modo migliore mediante un programma<br />
dell’Unione piuttosto che dagli Stati membri. Ha anche valutato l’utilizzo della<br />
dotazione finanziaria e l’andamento del monitoraggio e dell’attuazione, in<br />
particolare per quanto riguarda la gestione del programma.<br />
1/2012<br />
67
Osservatorio Comunità europea<br />
68<br />
L’obiettivo della presente valutazione intermedia è quello di valutare sia<br />
l’auspicabilità del proseguimento del programma, sia l’eventuale necessità di<br />
apportarvi modifiche in termini di pianificazione delle attività per i prossimi anni. I<br />
risultati della valutazione saranno anche utilizzati per la valutazione d’impatto in<br />
corso sul futuro programma Dogana 2020. Tuttavia, le conclusioni della presente<br />
comunicazione non sono vincolanti per le future decisioni che la Commissione<br />
prenderà in tal senso.<br />
Metodologia<br />
I consulenti esterni si sono avvalsi di una metodologia dettagliata e hanno basato le<br />
loro risposte su un’analisi rigorosa e sui risultati derivati da più metodi di raccolta<br />
di dati, come illustra la tabella in appresso (colloqui, sondaggi, strumenti di<br />
raccolta di dati quantitativi, ecc.). I dati sono stati analizzati sulla base di un<br />
insieme completo di criteri di valutazione e giudizio, sviluppato con l’aiuto del<br />
gruppo di indirizzo per il progetto di valutazione.<br />
La validità dei risultati è stata poi ulteriormente discussa nelle riunioni con il<br />
gruppo di indirizzo. Complessivamente, la valutazione si è avvalsa dei tassi elevati<br />
di risposta ai sondaggi indirizzati ai funzionari doganali degli Stati membri e della<br />
collaborazione attiva dei coordinatori nazionali del programma Dogana 2013.<br />
QV<br />
Strumenti Questionario per<br />
le amministrazioni<br />
doganali nazionali<br />
Sondaggio<br />
dei partecipanti<br />
delle azioni<br />
Colloqui con i gestori<br />
del programma<br />
Studi di casi<br />
Ricerca<br />
documentale<br />
Efficacia ✓ ✓ (✓) ✓ (✓)<br />
Gestione (✓) (✓) ✓ (✓)<br />
Efficienza (✓) (✓) (✓) ✓<br />
Pertinenza ✓ (✓) (✓) ✓<br />
Valore aggiunto UE ✓ (✓) ✓ (✓) ✓<br />
Le parentesi indicano che i dati ottenuti con il corrispondente metodo di raccolta<br />
hanno rilevanza solo parziale per i quesiti di valutazione nella categoria specifica.<br />
Valutazione<br />
Il consulente esterno ha presentato una relazione definitiva di valutazione<br />
contenente una visione d’insieme sistematica e completa del programma Dogana.<br />
Un riassunto dettagliato delle attività e delle azioni svolte dal 2008 in poi<br />
costituisce una base solida per i risultati e le conclusioni, che mostrano un livello di<br />
soddisfazione chiaramente elevato delle parti interessate e dei beneficiari.<br />
Risultati<br />
La valutazione dimostra che il programma è ben adattato ai bisogni e ai problemi dei<br />
beneficiari. I risultati riferiti dai consulenti esterni dimostrano che il programma è un<br />
buono strumento di sostegno all’attuazione della politica doganale. Inoltre, la<br />
valutazione fornisce indicazioni chiare e convincenti di come il programma abbia<br />
ottenuto gli effetti desiderati. L’elevata efficienza ed efficacia del programma si spiega<br />
in parte anche con la sua gestione competente, valutata in modo molto positivo.<br />
La valutazione mostra anche che le attività finanziate da Dogana 2013 hanno<br />
contribuito ad armonizzare i metodi di lavoro delle amministrazioni doganali<br />
nazionali. Inoltre, l’elemento di flessibilità del programma è stato evidenziato come<br />
un aspetto positivo della sua attuazione.<br />
Ad esempio, gruppi di progetto hanno potuto attingere all’esperienza delle<br />
amministrazioni doganali nazionali per affrontare determinati problemi ed<br />
elaborare soluzioni. La relazione ha anche concluso che il programma apporta un<br />
valore aggiunto significativo dell’UE.<br />
1/2012
Comunità europea<br />
Osservatorio<br />
La Commissione ha preso atto della valutazione molto positiva del programma<br />
espressa da tutte le parti interessate. Il programma riesce a raggiungere i suoi<br />
obiettivi offrendo alle amministrazioni doganali nazionali una piattaforma di<br />
collaborazione, strumenti supplementari, sistemi informatici comuni o<br />
interoperabili, una formazione condivisa e opportunità di coordinazione. Ciò<br />
dimostra chiaramente il valore aggiunto UE del programma. Gli amministratori<br />
nazionali del settore doganale hanno espresso livelli particolarmente elevati di<br />
apprezzamento del programma Dogana 2013.<br />
La Commissione è quindi giunta alla conclusione che sia auspicabile, in termini<br />
generali, darvi proseguimento.<br />
Raccomandazioni per il rimanente periodo di esecuzione del programma<br />
Le raccomandazioni per ulteriori miglioramenti si basano su una metodologia<br />
rigorosa, su ricerche minuziose e sull’analisi di dati di sondaggi e colloqui diretti<br />
con tutte le parti interessate. Le raccomandazioni dettagliate sono riportate nella<br />
valutazione. I principali suggerimenti per ottenere risultati ancora più incisivi da<br />
qui al 2013 sono i seguenti:<br />
1) affrontare questioni esterne che ostacolano i progressi dell’agevolazione degli<br />
scambi commerciali;<br />
2) sostenere la piena attuazione delle disposizioni di attuazione del codice doganale<br />
aggiornato, della gestione dei rischi e dell’applicazione uniforme di importanti<br />
regole, processi e concetti nuovi;<br />
3) comunicare a un pubblico più ampio i risultati dei lavori dei gruppi di progetto che<br />
sviluppano e attuano l’Iniziativa sul futuro delle dogane;<br />
4) istituire meccanismi per aiutare le autorità doganali a prevenire, investigare e<br />
contrastare le operazioni illegali;<br />
5) considerare attentamente le implicazioni in termini di risorse umane delle nuove<br />
attività di Dogana 2013 ed evitare di aumentare il carico di lavoro complessivo sul<br />
personale degli Stati membri e della Commissione nell’attuale congiuntura<br />
economica;<br />
6) incentivare la partecipazione di associazioni commerciali alle attività di<br />
Dogana 2013, ove pertinente e appropriato, e garantire la trasparenza nella selezione<br />
dei rappresentanti di singole imprese e negli inviti ad essi rivolti per partecipare ad<br />
azioni congiunte;<br />
7) monitorare attentamente l’adozione di strumenti comuni di formazione e fornire un<br />
sostegno supplementare, se necessario;<br />
8) incrementare il sostegno ai paesi candidati e potenziali candidati (compresi i paesi<br />
non partecipanti);<br />
9) affrontare questioni esterne che limitano l’efficacia dei sistemi informatici doganali<br />
transeuropei e comuni;<br />
10) migliorare le procedure di alcuni organismi di Dogana 2013 e le interazioni fra di<br />
essi;<br />
11) migliorare il modo in cui ART2 rispecchia i collegamenti fra le attività e gli<br />
obiettivi/priorità di Dogana 2013.<br />
In generale, la Commissione avalla tali raccomandazioni. Per dare seguito al<br />
progetto, la Commissione elaborerà un piano d’azione relativo a ciascuna delle<br />
raccomandazioni contenute nella relazione di valutazione e preciserà in che misura<br />
possano essere attuate negli anni rimanenti di pianificazione delle attività.<br />
Ad esempio, la Commissione è consapevole dell’importanza attribuita alla piena<br />
attuazione delle disposizioni di attuazione del codice doganale aggiornato<br />
(Modernised Customs Code Implementing Provisions, MCCIP). In questo settore il<br />
programma attuale sta consentendo di compiere progressi, che saranno rafforzati<br />
1/2012<br />
69
Osservatorio Comunità europea<br />
70<br />
con il futuro programma. Le implicazioni in termini di risorse umane delle attività<br />
di Dogana 2013 saranno prese in debita considerazione e la raccomandazione in<br />
merito sarà integrata nel programma successore, che mirerà a introdurre modalità di<br />
cooperazione più strutturate ed efficienti.<br />
Parimenti, la Commissione intende monitorare l’adozione di strumenti di<br />
formazione condivisi già nel corso del programma attuale e anche questo verrà<br />
preso in attenta considerazione nell’ambito della valutazione d’impatto del<br />
programma futuro. La Commissione esaminerà anche lo schema di governance del<br />
programma Dogana 2013 e il funzionamento del comitato e dei gruppi di indirizzo.<br />
Essa concorda con l’indicazione dei consulenti secondo cui è possibile apportare<br />
miglioramenti.<br />
1/2012
Prassi amministrativa<br />
Rassegna<br />
Servizi in farmacia esenti da IVA<br />
(Agenzia delle Entrate, risoluzione 20 dicembre 2011, n. 128/E)<br />
Le prestazioni rese dalle farmacie, consistenti nella messa a disposizione di operatori<br />
socio-sanitari, infermieri e fisioterapisti per lo svolgimento di specifiche prestazioni<br />
professionali, sono riconducibili nell’ambito applicativo dell’esenzione<br />
dall’IVA di cui all’art. 10, n. 18), D.P.R. n. 633/1972.<br />
In particolare, con il D.Lgs. 3 ottobre 2009, n. 153, il Governo ha definito i nuovi<br />
servizi erogabili dalle farmacie nell’ambito del servizio sanitario nazionale. Tale<br />
normativa prevede l’erogazione in farmacia di nuovi servizi ad alta valenza sociosanitaria,<br />
quali: la partecipazione all’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) e la<br />
presa in carico di particolari pazienti cronici, la realizzazione di iniziative per il<br />
corretto uso del farmaco, la partecipazione a programmi di educazione sanitaria e<br />
prevenzione, l’effettuazione di autoanalisi di prima istanza, le prenotazioni di visite<br />
ed esami (CUP).<br />
Il Ministro della Salute ha successivamente emanato tre decreti attuativi sui nuovi<br />
servizi, riguardanti le autoanalisi di prima istanza, la presenza in farmacia di altri<br />
operatori sanitari e la prenotazione per via telematica di prestazioni ambulatoriali.<br />
Secondo l’Agenzia delle Entrate, dall’analisi della disciplina di riferimento, si evince<br />
che le prestazioni professionali in questione, purché oggettivamente riconducibili<br />
alla diagnosi, alla cura e alla riabilitazione della persona e in quanto materialmente<br />
rese da soggetti (infermieri, fisioterapisti, operatori socio-sanitari) sottoposti<br />
a vigilanza ai sensi dell’art. 99 del T.U. delle leggi sanitarie ovvero individuati dal<br />
decreto interministeriale del 17 maggio 2002, presentano i requisiti per ricadere<br />
nell’ambito di applicazione dell’esenzione IVA.<br />
In conclusione, sono esenti dall’IVA sia le prestazioni effettuate dai professionisti<br />
sanitari nei confronti della farmacia sia le prestazioni effettuate dalla farmacia nei<br />
confronti del cliente/paziente: e lo stesso dicasi anche nel caso in cui la farmacia,<br />
così come prospettato, si avvalga - per la prestazione dei servizi sanitari nei confronti<br />
del cliente-paziente - di una struttura societaria, eventualmente organizzata in<br />
forma di società cooperativa, che effettua le prestazioni tramite propri professionisti<br />
sanitari.<br />
Conferimento d’azienda: il plafond è convisibile<br />
(Agenzia delle Entrate, risoluzione 14 dicembre 2011, n. 124/E)<br />
Nell’ambito di un’operazione di conferimento d’azienda, il plafond maturato in capo<br />
alla società conferente è condivisibile anche con la società conferitaria, nel caso<br />
in cui a seguito dell’operazione in commento entrambe mantengano lo status di<br />
esportatore abituale.<br />
Sotto il profilo degli adempimenti connessi al trasferimento del plafond, l’Agenzia<br />
ribadisce la necessità che il passaggio del plafond e i criteri di attribuzione dello<br />
stesso siano espressamente indicati nell’atto di conferimento e comunicati all’ufficio<br />
mediante il modello AA7/10, quadro D.<br />
La sintesi dei documenti segnalati è a cura della Redazione IPSOA.<br />
1/2012<br />
71
Rassegna<br />
RIFERIMENTI<br />
• Di prossima pubblicazione su questa Rivista<br />
Rimborso IVA anche per il locatore «IAS adopter»<br />
(Agenzia delle Entrate, risoluzione 13 dicembre 2011, n. 122/E)<br />
È ammesso il rimborso IVA anche nel caso di acquisto di beni ammortizzabili concessi<br />
in leasing in caso al soggetto concedente che adotta nella contabilizzazione di<br />
tale operazione i principi contabili internazionali (IAS/IFRS).<br />
Ai fini della corretta individuazione dei beni ammortizzabili, il cui acquisto o importazione<br />
legittimano il rimborso dell’IVA, occorre fare riferimento alle norme<br />
previste in argomento dal TUIR.<br />
Secondo quanto chiarito da ultimo nella risoluzione n. 147/E/2009, infatti, in materia<br />
di ammortamento ha valenza esclusivamente la qualificazione del bene assunta<br />
al momento del suo acquisto, a nulla rilevando la circostanza che il relativo costo<br />
sostenuto sia stato di fatto sottoposto ad ammortamento da parte del concedente.<br />
Inoltre, affinché l’imposta possa essere chiesta a rimborso è necessario che si sia<br />
verificato l’effetto traslativo della proprietà del bene in capo al soggetto cessionario<br />
(risoluzione n. 179/E/2005).<br />
Tanto premesso in termini generali, l’Agenzia, con specifico riguardo alla determinazione<br />
della base imponibile IRES dei soggetti che redigono i bilancio in applicazione<br />
degli IAS ha precisato che - secondo quanto previsto dall’art. 83 TUIR - hanno<br />
piena rilevanza fiscale i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione<br />
adottati contabilmente dagli stessi.<br />
Secondo quanto previsto dallo IAS 17, ai fini della contabilizzazione di un’operazione<br />
di leasing finanziario, il locatore, sebbene continui a mantenere la proprietà<br />
del bene locato, rileva nello stato patrimoniale il bene oggetto dell’operazione come<br />
credito e non come immobilizzazione materiale da ammortizzare, il cui valore<br />
ammortizzabile viene, invece, rilevato dall’utilizzatore dello stesso in ciascun esercizio<br />
del periodo di durata dell’utilizzazione, con un criterio sistematico coerente<br />
con il principio di ammortamento.<br />
Alla luce di tale disposto, si è quindi posto il problema se la società locatrice possa<br />
o meno richiedere il rimborso dell’IVA relativa all’acquisto del bene, sebbene lo<br />
stesso non figuri nel suo attivo patrimoniale.<br />
Secondo l’Agenzia delle Entrate, il riconoscimento ai fini IRES della rappresentazione<br />
contabile prevista dagli IAS non influenza però la disciplina IVA, dal momento<br />
che ai fini dell’applicazione dell’art. 30, comma 2, lettera c), D.P.R. n.<br />
633/1972 ciò che rileva è solo la proprietà giuridica del bene e la sua teorica ammortizzabilità.<br />
RIFERIMENTI<br />
• Di prossima pubblicazione su questa Rivista<br />
72<br />
1/2012
Febbraio 2012<br />
a cura di Valerio Artina e Roberta Aiolfi<br />
15<br />
mercoledì<br />
16<br />
giovedì<br />
25<br />
sabato<br />
Dottori commercialisti in Bergamo<br />
Agenda<br />
<strong>Fatturazione</strong> differita<br />
Ultimo giorno utile per emettere le fatture differite relative a beni consegnati o spediti nel mese di gennaio.<br />
Annotazione separata dei corrispettivi<br />
Termine per la registrazione nel registro corrispettivi delle operazioni effettuate nel mese solare precedente<br />
per le quali è stato rilasciato lo scontrino fiscale o la ricevuta fiscale.<br />
Ravvedimento relativo al versamento delle ritenute e dell’IVA mensile<br />
Ultimo giorno utile per la regolarizzazione, con sanzione ridotta al 3%, del versamento IVA relativo al<br />
mese di dicembre, non effettuato o effettuato in misura ridotta.<br />
Versamento imposta di produzione e consumo<br />
Ultimo giorno utile per il versamento dell’imposta indiretta sulla produzione e sui consumi per i prodotti<br />
in regime fiscale delle accise immessi al consumo nel mese precedente.<br />
Liquidazione periodica IVA per soggetti con obbligo mensile<br />
e trimestrale per i contribuenti rientranti in settori particolari<br />
• Versamento dell’IVA per i contribuenti mensili relativa al mese di gennaio o del quarto trimestre 2011<br />
(ottobre - dicembre) per particolari contribuenti di cui all’articolo 74 del D.P.R. n. 633/1972.<br />
• Versamento dell’imposta relativa al mese di dicembre per i contribuenti mensili che hanno optato per<br />
il regime di cui all’art. 1, comma 3, del D.P.R. 23 marzo 1998, n. 100 (contabilità affidata a terzi).<br />
Versamento imposta unica<br />
Ultimo giorno utile per il versamento dell’imposta indiretta sulla produzione e sui consumi per i prodotti<br />
in regime fiscale delle accise immessi al consumo nel mese precedente.<br />
Comunicazione dei dati contenuti nelle dichiarazioni d’intento ricevute<br />
Comunicazione all’Agenzia delle entrate dei dati contenuti nelle dichiarazioni d’intento ricevute nel<br />
mese precedente.<br />
Presentazione Mod. IVA 26 per regime speciale previsto per le società<br />
controllanti e controllate<br />
Termine per la presentazione del Modello IVA 26 per la dichiarazione di adesione al regime previsto per<br />
le società controllanti e controllate e per la comunicazione delle variazioni.<br />
Operazioni intracomunitarie<br />
Presentazione all’Ufficio doganale competente per territorio degli elenchi riepilogativi degli acquisti e<br />
delle cessioni intracomunitarie effettuate nel mese precedente.<br />
1/2012<br />
73
Agenda<br />
29<br />
mercoledì<br />
74<br />
Adempimenti di fine mese<br />
Termine adempimenti contabili di fine mese tra i quali si segnalano le autofatture per scambi intracomunitari,<br />
la rilevazione dei chilometri sulle schede carburanti, adempimenti agenzie di viaggi.<br />
Comunicazione delle operazioni con soggetti<br />
in paesi a fiscalità privilegiata<br />
Invio telematico del modello di comunicazione delle operazioni con soggetti aventi sede, residenza o<br />
domicilio in Paesi a fiscalità privilegiata effettuate nel periodo precedente.<br />
Sono obbligati alla presentazione della comunicazione tutti i soggetti passivi dell’imposta sul valore<br />
aggiunto, identificati ai fini IVA nel territorio dello Stato, che abbiano effettuato operazioni nei confronti<br />
di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato<br />
individuati con DD.MM. 4 maggio 1999 e 21 novembre 2001, nel periodo di riferimento indicato<br />
dall’art. 2 del citato decreto 30 marzo 2010, così come modificati dal decreto 27 luglio 2010.<br />
Presentazione dei modelli INTRA 12<br />
Invio telematico del modello INTRA 12 relativo agli acquisti intracomunitari effettuati nel periodo precedente.<br />
Sono tenuti alla presentazione del modello INTRA 12 gli enti non commerciali, non soggetti<br />
passivi d’imposta, ed i produttori agricoli di cui all’art. 34, sesto comma, del D.P.R. n. 633/1972.<br />
Trasmissione telematica delle forniture di documenti fiscali<br />
Le tipografie autorizzate alla stampa di documenti fiscali ed i soggetti autorizzati ad effettuarne la rivendita<br />
sono tenuti a comunicare per via telematica all’Agenzia delle entrate, rispettivamente, i dati relativi<br />
alle forniture effettuate ai rivenditori e ai soggetti utilizzatori di tali documenti.<br />
Comunicazione annuale dati IVA<br />
Sono obbligati alla presentazione della comunicazione annuale dati IVA i titolari di partita IVA tenuti alla<br />
presentazione della dichiarazione annuale IVA. Nella comunicazione il contribuente deve riportare l’indicazione<br />
complessiva delle risultanze delle liquidazioni periodiche oltre ad altri dati sintetici relativi alle<br />
operazioni effettuate nel periodo. Il modello deve essere presentato esclusivamente in via telematica<br />
direttamente oppure tramite gli intermediari abilitati.<br />
Dichiarazione acquisti intracomunitari<br />
I soggetti di cui all’art. 4, quarto comma, del D.P.R. n. 633/1972, non soggetti passivi d’imposta, che<br />
hanno effettuato acquisti intracomunitari per i quali è dovuta l’imposta, devono presentare, in duplice<br />
esemplare, una dichiarazione relativa agli acquisti registrati nel mese di gennaio da cui devono risultare<br />
l’ammontare degli acquisti, l’imposta dovuta e il relativo pagamento da effettuarsi entro tale termine.<br />
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