IL PERIODO AUREO DELLA RAGIONERIA ITALIANA - Economia
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Dispensa a cura del Prof. Stefano Coronella ad uso esclusivo degli studenti<br />
go universitario, grazie alle scuole superiori di commercio, ed in particolare quella di Venezia<br />
dove Fabio Besta, fin dal 1872, fu chiamato a ricoprire la prima cattedra di ragioneria ( 2 ).<br />
Le prime “Scuole Superiori di Commercio” vennero fondate in Italia nella seconda metà<br />
dell'Ottocento, seguendo l’esempio di Anversa (1852) e di Parigi (1861).<br />
Dopo Ca’ Foscari (1868) nacquero quella di Genova (1884) e di Bari (1886). Nel 1902 fu<br />
inoltre istituita l’Università Commerciale “Luigi Bocconi” di Milano. Nel 1906 fu la volta di<br />
Roma e di Torino, nel 1920 di Trieste ( 3 ) e di Napoli, nel 1922 di Palermo e di Catania, nel<br />
1926 di Firenze e nel 1929 di Bologna.<br />
Le scuole superiori di commercio furono però, almeno inizialmente, considerate come<br />
uno strumento di approfondimento della preparazione dei diplomati in ragioneria ed il titolo<br />
che rilasciavano (un attestato di licenza) non era riconosciuto come diploma di laurea. Ai fini<br />
giuridici, tale titolo era di fatto equiparato al diploma dell’istituto tecnico ad indirizzo commerciale.<br />
Solo nei primi anni del novecento, il Regio Decreto 26 novembre 1903, n. 476, concesse<br />
alle Scuole superiori di commercio di Venezia, Genova e Bari la possibilità di rilasciare un<br />
diploma speciale di laurea esattamente equipollente agli ordinari gradi superiori accademici,<br />
mentre con il Regio Decreto 15 luglio 1906 fu concesso il titolo di “dottore in scienze applicate<br />
al commercio” ai laureati delle scuole citate. Nel 1906 ottenne il riconoscimento da parte<br />
dello Stato anche l’Università Bocconi ed il relativo titolo di laurea.<br />
Infine, la legge 20 marzo 1913 attribuì definitivamente dignità universitaria a tutti gli Istituti<br />
superiori di commercio ( 4 ).<br />
Nel 1915 il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione riconobbe l’equipollenza dei titoli<br />
rilasciati dagli Scuole Superiori di Commercio, i quali furono unificati prima col titolo di<br />
“dottore in scienze economiche e commerciali” e successivamente di “dottore in economia e<br />
commercio”.<br />
Nel 1933 la giurisdizione di queste scuole passò dal Ministero dell’Agricoltura, Industria<br />
e Commercio a quello dell’Educazione Nazionale e nel 1935, con R.D. del 28 novembre, esse<br />
vennero annesse all’Università e trasformate nelle moderne Facoltà di <strong>Economia</strong> e Commercio.<br />
Come si nota, le scuole di commercio, soprattutto fra otto e novecento, ebbero vita dura<br />
per quanto riguarda il riconoscimento del rango universitario del proprio titolo di studio.<br />
Invero, la questione dell’insegnamento universitario della ragioneria fu dibattuta per decenni<br />
e la prima scintilla fu accesa in occasione del primo congresso dei ragionieri italiani del<br />
1879 ( 5 ) dove fu posto in discussione, fra l’altro, proprio la necessità di introdurre<br />
l’insegnamento della ragioneria nelle Università, fino a costituire una vera e propria Facoltà<br />
Amministrativa o Commerciale (da taluni denominata addirittura “Facoltà di Ragioneria”).<br />
–––––––––<br />
( 2 ) Fabio Besta prese servizio a Ca’ Foscari come docente di ragioneria il 27 dicembre 1872. Ricoprì la cattedra<br />
fino al febbraio 1919.<br />
( 3 ) In realtà, Trieste andrebbe annoverata fra le più antiche scuole superiori di commercio italiane, essendo stata<br />
istituita nel 1877. Tuttavia, solo nel 1920 il governo italiano, subentrato alla dominazione austro-ungarica due<br />
anni prima, le riconobbe il titolo di “Regio Istituto superiore di Scienze Economiche e Commerciali”.<br />
( 4 ) In ogni caso, già prima, i loro “diplomati” ottenevano automaticamente l’abilitazione all’insegnamento negli<br />
istituti d’istruzione tecnica di secondo grado relativamente ad una serie di materie, fra cui anche la ragioneria e<br />
la computisteria, e potevano quindi fregiarsi del titolo di “professore”.<br />
( 5 ) Cfr. il paragrafo successivo.<br />
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