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IL PERIODO AUREO DELLA RAGIONERIA ITALIANA - Economia

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Dispensa a cura del Prof. Stefano Coronella ad uso esclusivo degli studenti<br />

nova (1892), Roma (1895), Venezia (1899), Milano (1902), Bologna (1905), Genova (1910),<br />

Roma (1911), Napoli (1921) e Trieste (1924).<br />

Tutti questi, sulla spinta vigorosa del primo, si proposero fra l’altro di elevare gli studi<br />

ragioneristici – obiettivo, lo si è appena visto, pienamente raggiunto solo nel 1935 con<br />

l’istituzione delle Facoltà di <strong>Economia</strong> – e di nobilitare la figura del ragioniere-professionista.<br />

Quello del 1879 è però rimasto nella storia in quanto ha rappresentato un “punto di rottura”<br />

con la precedente situazione di “stallo” istituzionale, una vera e propria presa di coscienza<br />

da parte di una categoria professionale che fino ad allora non aveva dato segni significativi di<br />

esistenza.<br />

In altri termini, esso ha rappresentato “[…] una tappa importante del processo formativo<br />

della nostra disciplina, in quanto segnò il risveglio degli studi contabili” ( 10 ).<br />

Non a caso, proprio in seguito al congresso di Roma del 1879 si cominciarono ad istituire<br />

i primi collegi dei ragionieri e si avviarono lunghi e travagliati dibattiti che condussero successivamente<br />

al riconoscimento giuridico della professione contabile e all’istituzione delle<br />

Facoltà di <strong>Economia</strong> e Commercio.<br />

4. Il riconoscimento giuridico della professione contabile e l’istituzione dei Collegi dei<br />

Ragionieri<br />

La questione del riconoscimento giuridico della qualifica di ragioniere “libero professionista”<br />

è stata una vicenda tormentata e che forse solo oggi, con l’unificazione dell’albo dei<br />

Ragionieri e quello dei Dottori Commercialisti, può dirsi chiusa.<br />

Nel XIX secolo l’esercizio professionale nel nostro Paese era subordinato a regole piuttosto<br />

“blande”.<br />

Ciò, anzitutto, a causa della mancanza, fino al 1865, di un apposito diploma di ragioniere.<br />

Inoltre, poiché nei diversi Stati pre-unitari la relativa regolamentazione era estremamente<br />

variegata ( 11 ).<br />

Fu il primo Congresso Nazionale dei Ragionieri Italiani del 1879, sopra ricordato, che richiamò<br />

con forza l’attenzione sulla necessità di regolamentare con precisione tale attività,<br />

–––––––––<br />

( 10 ) ANTONI T., Nel centenario del “primo congresso dei Ragionieri Italiani (Roma ottobre 1879), in “Rivista<br />

Italiana di Ragioneria e di <strong>Economia</strong> Aziendale”, n° 12, dicembre 1979, pag. 415.<br />

( 11 ) Prima dell’unificazione la regolamentazione dell’esercizio della professione di ragioniere era alquanto diversificata.<br />

Nel Regno di Sardegna esistevano i “regi liquidatori”, istituiti fin dal 1620 e soggetti ad una rigida regolamentazione,<br />

mentre nel Regno delle Due Sicilie la professione veniva esercitata da tutte le persone ritenute<br />

“competenti in materia”, indipendentemente dal titolo di studio e dalla preparazione culturale. Solo per la specifica<br />

funzione di Perito Giudiziario veniva effettuato un pubblico controllo da parte dei Tribunali. Nella parte di<br />

Italia soggetta all’influenza napoleonica (la Repubblica Cisalpina) veniva applicato un vecchio regolamento per<br />

l’abilitazione dell’esercizio della professione di “pubblico ragioniere” risalente al 1805 che prevedeva, per<br />

l’ottenimento della qualifica di ragioniere, la frequenza di un corso ginnasiale e uno di aritmetica teorica. Era<br />

inoltre richiesto un tirocinio pratico di tre anni da tenersi presso un ragioniere approvato. Infine, bisognava superare<br />

un esame con quattro prove (tre di aritmetica e una di contabilità). Con l’unità d’Italia si cercò di uniformare<br />

tali norme e, successivamente all’istituzione degli istituti tecnici con indirizzo commerciale (cfr. il paragrafo 2),<br />

con i regolamenti 18 ottobre 1865 n° 1742 e 28 luglio 1866 n° 3133, per poter operare come ragioniere si richiese<br />

il conseguimento dello specifico diploma, il compimento di una pratica biennale ed il superamento di un apposito<br />

esame di abilitazione davanti ad una commissione di ragionieri. Fu però previsto un regime transitorio<br />

volto a sanare situazioni “di fatto” relative a professionisti che già esercitavano la professione, pur se sprovvisti<br />

dei titoli suddetti.<br />

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