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TURANDOT TURANDOT - Il giornale dei Grandi Eventi

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<strong>Il</strong> Giornale <strong>dei</strong> <strong>Grandi</strong> <strong>Eventi</strong><br />

Alla fine dell’ottobre<br />

1880, Puccini<br />

lasciò la sua casa<br />

toscana per andare a studiare<br />

al Conservatorio di<br />

Milano. Sostenne l’esame<br />

e scrisse alla madre:<br />

«Cara mamma per ora non<br />

ho ancora saputo niente<br />

della mia ammissione al<br />

Conservatorio, perché sabato<br />

si aduna il Consiglio per<br />

deliberare circa gli esaminati<br />

e vedere quali possono<br />

ammettere; i posti sono<br />

molto pochi. Io ho buone<br />

speranze avendo riportato<br />

più punti. Dica al mio caro<br />

maestro Angeloni che l’esame<br />

fu una sciocchezza, perché<br />

mi fecero accompagnare<br />

un basso scritto di una riga,<br />

senza numeri è facilissimo,<br />

e poi mi fecero svolgere una<br />

melodia in re maggiore, che<br />

mi riuscì felicemente. Basta,<br />

è andata anche troppo bene!<br />

...Vado spesso dal Catalani<br />

che è gentilissimo...La sera<br />

quando ho palanche vado al<br />

caffè, ma passano moltissime<br />

sere che non ci vado perché<br />

un ponce [sic] costa 40<br />

centesimi. Però vado a letto<br />

presto, mi stufo a girare su e<br />

giù per la galleria. Ho una<br />

cameretta bellina, tutta<br />

ripulita con un bel banco di<br />

noce a lustro che è una<br />

magnificenza. Insomma ci<br />

sto volentieri. La fame non<br />

la pato. Mangio maletto, ma<br />

mi riempio di minestroni<br />

brodo lungo e...seguitate!<br />

La pancia è soddisfatta....».<br />

In una successiva lettera<br />

ancora alla madre, il giovane<br />

artista raccontava la<br />

sua giornata: «Ieri ho<br />

avuto la seconda lezione di<br />

Bazzini e va benissimo...Mi<br />

sono fatto un orario così<br />

disposto. La mattina mi alzo<br />

alle otto e mezza, quando ci<br />

ho lezione, vado. In caso<br />

diverso studio un po’ di pianoforte...Seguito:<br />

alle dieci e<br />

1/2 faccio colazione, poi<br />

esco. All’una vado a casa e<br />

studio per Bazzini un paio<br />

d’ore; poi dalle tre alle cinque<br />

via daccapo col pianoforte,<br />

un po’ di lettura di<br />

musica classica...Alle cin-<br />

que vado al pasto frugale<br />

(ma molto di quel frugale!) e<br />

mangio minestrone alla<br />

milanese, che per dire la<br />

verità è assai buono. Ne<br />

mangio tre scodelle, poi<br />

qualche altro empiastro; un<br />

pezzetto di cacio coi bei e un<br />

mezzo litro di vino. Dopo<br />

accendo un sigaro e me ne<br />

vado in Galleria a fare una<br />

passeggiata in su e in giù,<br />

secondo il solito. Sto lì fino<br />

alle nove e torno a casa spiedato<br />

morto. Arrivato a casa<br />

faccio un po’ di contrappunto,<br />

non suono perché la<br />

notte non si può suonare.<br />

Dopo infilo il letto e leggo<br />

sette o otto pagine di un<br />

romanzo. Ecco la mia<br />

vita!...».<br />

La vita di Puccini studente<br />

assomiglia a quella di<br />

tanti suoi colleghi, dalla<br />

provincia arrivati nella<br />

grande città, armati solo<br />

del talento e della determinazione.<br />

In tasca pochi<br />

soldi. Stomaco costantemente<br />

vuoto, o quasi.<br />

Sembra di rivivere nella<br />

realtà le storie di Rodolfo,<br />

Marcello, Schaunard e<br />

Colline i quattro sfortunati<br />

artisti di Bohème.<br />

Casa e scuola, combattuti<br />

fra una realtà certamente<br />

difficile e il sogno di una<br />

carriera ancora tutta da<br />

conquistare e da vivere.<br />

Puccini, come Mascagni,<br />

come Leoncavallo si<br />

accontentava, limitava i<br />

bisogni a quelli strettamente<br />

necessari. Quando<br />

era tentato dai ricordi<br />

Turandot<br />

Nei primi, goliardici, anni di studi del compositore lucchese<br />

Fagioli e minestrone per Puccini<br />

Albina Magi Puccini , madre di Giacomo<br />

della cucina lucchese, si<br />

rivolgeva alla madre:<br />

«Avrei bisogno di una cosa,<br />

ma ho paura a dirgliela, perché<br />

capisco anch’io Lei non<br />

può spendere. Mi stia a sentire,<br />

è roba da poco. Siccome<br />

ho una gran voglia di fagioli<br />

(anzi un giorno me<br />

li fecero, ma non li<br />

potei mangiare a<br />

cagione dell’olio che<br />

qui è di sezamo di<br />

lino!) dunque dicevo...avrei<br />

bisogno di<br />

un po’ d’olio, ma di<br />

quello nuovo. La pregherei<br />

di mandarmene<br />

un popoino....».<br />

A Milano si era creata<br />

una «colonia»<br />

toscana. Artisti<br />

buontemponi dalla<br />

battuta facile e dal<br />

sorriso sempre pronto.<br />

Luogo di riunione,<br />

l’Excelsior, una modesta<br />

trattoria toscana: «Da<br />

Puccini a Mascagni fino ai<br />

più ignoti maestri paesani<br />

sparsi oggi giorno per<br />

l’Italia e all’estero...o<br />

quali maestri di cappella<br />

in qualche ignoto<br />

villaggio, tutti i giovanotti<br />

etruschi che studiavano<br />

al<br />

Conservatorio non<br />

mancavano mai. Vi<br />

faceva signorilmente<br />

qualche rara apparizione<br />

in cerca di un<br />

amico o di un concittadino,<br />

oppure una<br />

pietanza casalinga,<br />

Alfredo Catalani, sem-<br />

pre pallido, elegante,<br />

modesto e melanconico,<br />

sobrio di parole e di gesto,<br />

freddo, ma garbato e signorile...<br />

Quando c’era bisogno di<br />

una voce schietta, di un<br />

vocabolo nuovo, di una frasettina<br />

viva che non facesse<br />

una grinza, si andava<br />

all’Excelsior dove il puzzo<br />

di cucina, quello che la<br />

buona anima di Raffaellino<br />

Fornaciari, già insegnante<br />

d’italiano al Liceo Lucca,<br />

sua città nativa, avrebbe<br />

chiamato leppo, tappava il<br />

naso. Tutti mangiavano e<br />

bevevano e nessuno, Dio ci<br />

liberi, si dava il pensiero di<br />

pagare....A nessuno saltava<br />

mai in mente di tirar fuori<br />

un centesimo; e Gigi, il<br />

padrone, onorato da tanta<br />

fiducia dimostrava la sua<br />

gratitudine in due maniere:<br />

segnava a libro e teneva a<br />

mente. Quando per caso<br />

capitava qualche novizio il<br />

quale per ignoranza o per<br />

inavvertenza pagava subito,<br />

la “Laringe Etrusca” - il<br />

bollettino manoscritto <strong>dei</strong><br />

clienti dell’Excelsior - usciva<br />

fuori il giorno dopo con<br />

queste poche ma significanti<br />

righe della cronaca artistica<br />

teatrale: “Ieri all’Excelsior è<br />

avvenuto un putiferio. Una<br />

persona forse affatto ignara<br />

degli usi e <strong>dei</strong> costumi di<br />

quel ritrovo, dopo aver mangiato<br />

una bistecca alla fiorentina,<br />

ha osato imprudentemente<br />

di volerla pagare.<br />

Questo incidente spiacevole,<br />

senza precedenti, per buona<br />

fortuna non ha avuto luttuose<br />

conseguenze”».<br />

Giacomo Puccini ai tempi del soggiorno milanese<br />

Le difficoltà per Puccini<br />

si protrassero per diversi<br />

anni. Ancora il 30 aprile<br />

1890 scriveva al fratello:<br />

«...Qui c’è un gran fermento<br />

per il primo maggio. Tutti<br />

gli operai fanno sciopero.<br />

Io... vado in campagna.<br />

Stanotte ho lavorato fino<br />

alle tre e dopo ho cenato con<br />

un mazzo di cipolle..». Poi,<br />

finalmente, nel 1893,<br />

Manon Lescaut diede<br />

notorietà, fama e benessere<br />

al Lucchese che potè<br />

rientrare da vincitore<br />

15<br />

nelle sue terre dove praticò<br />

tutta la vita, ogni volta<br />

che la musica glielo consentiva,<br />

la caccia e la<br />

pesca.<br />

<strong>Il</strong> tono nelle sue lettere<br />

cambia. Si legga la<br />

seguente indirizzata da<br />

Torre del Lago al librettista<br />

Luigi <strong>Il</strong>lica, il 4 agosto<br />

appunto del 1893:<br />

«...Pomè mi ha scritto che<br />

tu forse verrai a Lucca. In<br />

casa mia, qui, esistono letti<br />

soffici, polli, oche, anitre,<br />

agnelli, pulci, tavoli, sedie,<br />

fucili, quadri, statue, scarpe,<br />

velocipedi, cembali, macchine<br />

da cucire, orologi, una<br />

pianta di Parigi, olio buono,<br />

pesci, vino di tre qualità<br />

(acqua non se ne beve), sigari,<br />

amache, moglie, figli,<br />

cani, gatti, rhum, caffè,<br />

minestre di varie forme, una<br />

scatola di sardine andate a<br />

male, pesche, fichi, due<br />

latrine, un eucaliptus,<br />

pozzo in casa, una scopa,<br />

tutto a vostra disposizione<br />

(eccetto la moglie)...».<br />

In quegli anni si fecero<br />

stretti i rapporti fra<br />

Puccini, <strong>Il</strong>lica, Giacosa<br />

(suoi collaboratori per<br />

Bohème, Madama Butterfly<br />

e Tosca) e naturalmente<br />

Giulio Ricordi, il suo<br />

grande editore.<br />

Proprio a Ricordi nell’ottobre<br />

1895, Puccini inviò<br />

una certa quantità di<br />

fagioli con la ricetta per<br />

cucinarli: «Carissimo sig.<br />

Giulio, riceverà un poco di<br />

fagiuoli... sono di quelli<br />

straordinari e si cuociono<br />

così: si mettono al fuoco in<br />

acqua fredda (l’acqua deve<br />

essere una dose giusta, nè<br />

troppa nè poca) devono bollire<br />

due ore a fuoco lento e<br />

quando sono cotti non deve<br />

restarci che 3 o 4 cucchiai di<br />

brodo. Ergo, attenzione alla<br />

dose dell’acqua.<br />

N.B. Quando si mettono al<br />

fuoco bisogna aggiungere 4 o 5<br />

foglie di salvia, 2 o 3 teste d’aglio<br />

intere, sale e pepe e quando<br />

sono (i fagiuoli) a mezza<br />

cottura metterci un poco d’olio<br />

a bollire insieme...».<br />

Ro. Io.

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