TURANDOT TURANDOT - Il giornale dei Grandi Eventi
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<strong>Il</strong> Giornale <strong>dei</strong> <strong>Grandi</strong> <strong>Eventi</strong><br />
finire Turandot<br />
Le due versioni<br />
<strong>Il</strong> lavoro di Alfano fu<br />
completato e consegnato<br />
nel gennaio 1926 e<br />
Ricordi ne stampò uno<br />
spartito per canto e pianoforte.<br />
Questa edizione<br />
rappresenta una<br />
vera rarità, di cui esistono<br />
solo 12 copie in<br />
tutto il mondo. Infatti<br />
venne ben presto ritirata<br />
dal mercato:<br />
Toscanini la rifiutò con<br />
la motivazione che in<br />
essa vi fosse «troppo<br />
Alfano e poco Puccini».<br />
Le discussioni e i malumori<br />
non mancarono,<br />
ma alla fine la volontà<br />
dello scorbutico ed<br />
inflessibile direttore<br />
d’orchestra prevalse e<br />
107 battute di Alfano<br />
vennero tagliate impietosamente,<br />
conducendo<br />
alla stesura di una<br />
seconda versione della<br />
partitura.<br />
Le parti tagliate non<br />
erano state scritte a<br />
caso da Alfano ed erano<br />
funzionali a rendere<br />
La prima edizione di Turandot<br />
con gradualità e penetranza<br />
psicologica il<br />
progressivo mutamento<br />
interiore di Turandot,<br />
come per i fondamentali<br />
momenti successivi al<br />
bacio di Calaf o alla<br />
rivelazione del nome<br />
del principe. Toscanini,<br />
tuttavia, da grande<br />
conoscitore della<br />
vocalità, era anche<br />
consapevole che l’impegno<br />
richiesto ai cantanti<br />
nell’esecuzione<br />
della prima versione<br />
sarebbe stato eccessivo.<br />
Fu questa, probabilmente,<br />
la motivazione<br />
della sua impuntatura.<br />
La prima versione di<br />
Alfano fu riesumata<br />
solo nel 1982, in forma<br />
d’oratorio, alla<br />
Barbican Hall di<br />
Londra, dopo il ritrovamento<br />
della partitura<br />
negli archivi Ricordi<br />
e da allora è stata<br />
ripresa in diverse<br />
occasioni, l’ultima<br />
delle quali al Teatro<br />
Turandot<br />
Bozzetto del secondo atto per la prima rappresentazione di Turandot<br />
del Giglio di Lucca,<br />
nel 2003.<br />
Alfano ebbe la sfortuna<br />
di nascere in un<br />
momento di crisi del<br />
melodramma, dove,<br />
per giunta, giganteggiava<br />
la figura di<br />
Puccini. <strong>Il</strong> suo caratte-<br />
Ci ha provato subito dopo la<br />
morte di Puccini, Franco Alfano,<br />
ci ha provato recentemente<br />
Luciano Berio. Ma nell’opera degli enigmi,<br />
l’enigma centrale, quello dell’epilogo<br />
a lieto fine con la gelida Turandot<br />
che si scioglie per Calaf, rimane a tutt’oggi<br />
irrisolto.<br />
<strong>Il</strong> trionfo dell’amore, il mutamento della<br />
principessa di ghiaccio, per quanto lo si<br />
rallenti (e Berio ha inserito un breve<br />
interludio strumentale, quasi a voler<br />
concedere qualche minuto in più alla<br />
donna per la metamorfosi) rimane<br />
improvviso e inaspettato.<br />
Certo, la trasformazione repentina di<br />
Turandot era già in Gozzi, ma lì l’atmosfera<br />
fiabesca la giustificava.<br />
In Puccini la dimensione favolistica è<br />
appena evocata da Ping,Pong e Pang;<br />
nel resto si è in un dramma alquanto<br />
forte e vibrante che sfocia in commedia<br />
a lieto fine con qualche difficoltà.<br />
E così, dopo l’interruzione di Toscanini<br />
all’esecuzione dell’opera alla “prima<br />
assoluta” del 1926 al momento della<br />
morte di Liù dove l’aveva lasciata<br />
Puccini (così diversa dalla gozziana<br />
Adelma), dopo il finale (anzi il doppio<br />
finale: quello tagliato e quello intero) di<br />
Alfano, dopo l’ultima fatica di Berio, si<br />
potrebbe suggerire un ulteriore finale a<br />
re sanguigno e indipendente<br />
non gli consentiva<br />
di inseguire i<br />
gusti del pubblico ed<br />
egli cercò pertanto di<br />
imporre una sua idea<br />
di teatro musicale.<br />
Morì quasi dimenticato<br />
dalla critica, ricor-<br />
9<br />
dato solo per il suo<br />
lavoro di completamento<br />
di Turandot,<br />
che, pur essendo stato<br />
compiuto con scrupolo<br />
e sensibilità, venne<br />
bistrattato da direttori<br />
d’orchestra e critici<br />
musicali.<br />
Andrea Cionci<br />
Proposta per un finale<br />
Uccidete Calaf!<br />
sorpresa: la morte di Calaf.<br />
Calaf, in effetti, merita di morire. Egli,<br />
infatti, è - si badi bene - molto più crudele<br />
di Turandot. La Principessa fa<br />
decapitare i suoi spasimanti, ma non li<br />
conosce neppure. Ella mantiene un<br />
atteggiamento distaccato, li invita<br />
anche a desistere prima di leggere i fatidici<br />
tre enigmi. Se poi, volontariamente<br />
ed incoscientemente, quelli si lanciano<br />
nel “quiz”, la responsabilità è anche e<br />
soprattutto loro.<br />
Calaf, invece, getta allo sbaraglio il<br />
povero padre e la deliziosa Liù per un<br />
semplice capriccio. Guarda Liù che si<br />
suicida per salvarlo e non muove un<br />
dito. Manda in giro il padre cieco per il<br />
mondo senza alcuna pietà. Di quale<br />
umanità, dunque, è capace?<br />
Dalla morte di Calaf, Turandot avrebbe<br />
tutto da guadagnare. Manterrebbe la<br />
propria coerenza, dimostrando fino in<br />
fondo la propria crudeltà, giocando uno<br />
splendido tranello al suo spasimante e<br />
battendolo dopo averlo blandito e<br />
sedotto. Una gran donna.<br />
«O Padre Augusto… ora conosco il<br />
nome dello straniero.<br />
<strong>Il</strong> suo nome… è Calaf!»<br />
Uccidete Calaf. Avanti un altro!<br />
Roberto Iovino