19.06.2013 Views

F47 PE febbraio 2010 INTERNO

F47 PE febbraio 2010 INTERNO

F47 PE febbraio 2010 INTERNO

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

La nostra scuola<br />

oltre che educare, oggi<br />

ha il compito urgente<br />

anche di evangelizzare<br />

PRESENZA<br />

EDUCATIVA<br />

<strong>2010</strong><br />

Febbraio - 16 N. -<br />

DON BOSCO VIII<br />

A MILANO Anno<br />

Spedizione in A.P. - Art. 2 Comma 20/C Legge 662/96 - Milano


Doppia festa lo scorso 31 gennaio per la Famiglia<br />

Salesiana: la memoria liturgica di san Giovanni<br />

Bosco, ricordata dal Papa all’Angelus, è stata<br />

infatti scelta per l’apertura dell’anno dedicato<br />

al beato don Michele Rua – primo successore<br />

di don Bosco – nel centenario della morte, avvenuta<br />

il 6 aprile del 1910. Dal modello di don Bosco<br />

all’esempio di don Rua: è l’invito con cui, in una<br />

lettera, il rettor maggiore dei salesiani, don Pascual<br />

Chávez Villanueva, annunciando l’apertura dell’anno<br />

centenario, ha ricordato l’importanza del primo successore<br />

di don Bosco. « Durante quest’anno – ha sottolineato<br />

– è nostro compito farlo conoscere e, attraverso la<br />

sua figura, saper leggere e comprendere una parte di<br />

storia della nostra Congregazione. Scoprire le<br />

nostre radici ci renderà più consapevoli della<br />

nostra identità e quindi più capaci di visione<br />

futura. La conoscenza della storia<br />

– ha proseguito – ci aiuta a comprendere<br />

il contesto in cui egli è vissuto<br />

e la complessità delle situazioni,<br />

illumina le scelte da lui operate,<br />

rivela la sua viva intelligenza,<br />

grandezza d’animo, coraggio<br />

lungimirante. Una migliore conoscenza<br />

di don Rua susciterà<br />

in noi l’amore per lui e<br />

l’amore ci spingerà all’imitazione;<br />

così potremo<br />

proporci più facilmente<br />

di essere come lui un altro<br />

don Bosco».<br />

Questo numero<br />

di “Presenza…”<br />

è dedicato alla memoria<br />

del Beato don Michele Rua:<br />

perché egli con il suo esempio<br />

possa Illuminare anche la nostra<br />

operosa Comunità salesiana di Milano


Digital photo: Adriano Battarin<br />

La parabola del padre buono – don Vittorio Chiari ........................................................................... 4<br />

Il premio ............................................................................................................................................... 7<br />

In un laboratorio di famiglie amiche – don Damiano Galbusera ........................................................ 8<br />

Le parole scolpite – Alessandro Carovigno ....................................................................................... 10<br />

Scaffale – Prete da galera ................................................................................................................... 13<br />

Carissimo Ernesto – don Vittorio Chiari ............................................................................................ 14<br />

Per un’azione terapeutica responsabile .............................................................................................. 16<br />

L’urgenza di evangelizzare – don Pierfausto Frisoli ........................................................................... 19<br />

Le cappelle di via Rovigno – Federico Oriani .................................................................................... 20<br />

Il Vangelo è ottimismo ......................................................................................................................... 21<br />

Una “copia” di don Bosco? – don Enrico Dal Covolo ....................................................................... 22<br />

La costruzione del “brand” – Dario Panciera .................................................................................... 26<br />

La vita, tra inizio e compimento – Giulia Barazzutti ........................................................................... 28<br />

L’Africa ti spiazza – Federica Colombo ............................................................................................. 30<br />

Donarsi con gioia – Samanta Grana .................................................................................................. 32<br />

Profeta di carità – Roberto Parmeggiani ........................................................................................... 34<br />

Un prete che sapeva “incarnarsi” negli altri – don Vittorio Chiari ..................................................... 36<br />

Il nuovo vessillo ................................................................................................................................... 37<br />

I ragazzi del coro – Maurizio Sala ...................................................................................................... 38<br />

Essere digitali – Salvatore Grillo ........................................................................................................ 40<br />

Poche parole e molti fatti .................................................................................................................... 41<br />

Cartellone ............................................................................................................................................ 42<br />

Anno VIII - N. 16<br />

Febbraio <strong>2010</strong><br />

Aut. Trib. MI n. 628<br />

dell’8/11/2002<br />

Direttore Responsabile<br />

Francesco Scolari<br />

Direttore Editoriale<br />

don Renato Previtali<br />

In questo<br />

numero 16<br />

In Redazione: Carlo Brenna - Vittorio Chiari - Damiano Galbusera<br />

Stefano Mascazzini - Franco Sganzerla<br />

Segreteria: Angelo Minuti - Francesca Crippa<br />

Direzione e Redazione: Via Copernico 9 - 20125 MILANO<br />

tel. 02.67.627.283 - fax 02.67.627.282<br />

www.presenza-educativa.it www.salesianimilano.it<br />

redazione@presenza-educativa.it francesco.scolari@salesianimilano.it<br />

Stampa: SCUOLA GRAFICA SALESIANA<br />

Via Tonale, 19 - 20125 MILANO - Tel. 02.67.131.511<br />

Disegni: Andrea Bragalini - Benedetta Gentile - Alberto Raineri<br />

Progetto grafi co: Stefano Arosio<br />

Impaginazione: Franco Grimoldi


Editoriale<br />

La parabola del padre buono<br />

Sarà che ho una certa età o — come dicono i miei amici — che ho un’età certa, che mi ritrovo<br />

spesso a frugare tra i libri letti anni fa, in cerca di saggezza nella parole degli uomini che<br />

hanno familiarità con Dio – i vari Bernanos, Peguy, Bloy o il Chesterton dei romanzi, i Carlo<br />

Bo o Papini o Mazzolari, per citare qualche italiano — o anche solo per curiosità tra i<br />

vari autori laici, celebrati dai nostri laici. Quasi per riequilibrare la lettura dell’ultimo libro<br />

di Umberto Galimberti, pochi giorni fa mi sono imbattuto in Ventisei interviste sull’infanzia<br />

della non più giovane Dacia Maraini. Da una parte, il noto psicologo che, tra i tanti miti,<br />

demitizzava la figura materna; dall’altra, gli illustri intervistati della Maraini — da Montale<br />

alla Cavani ad Abbado a Bellocchio alla Aulenti — che narravano il loro rapporto, non<br />

sempre felice, sofferto, con i propri genitori e familiari.<br />

4


E tu chi eri? Questo il titolo del libro,<br />

edito, se non sbaglio, nel secolo<br />

passato ma non troppo, circa dieci<br />

anni fa. Il top è stato raggiunto da<br />

un grande regista di teatro, Luca<br />

Ronconi, che riassumeva il problematico<br />

rapporto di molti degli intervistati<br />

nel rapporto con il padre.<br />

«Sai, con mio padre — rispondeva —<br />

non ho vissuto affatto. La mia famiglia è solo mia madre. Appena sono nato io, mio padre<br />

e mia madre si sono divisi… Mio padre l’ho visto un paio di volte in tutto. Una volta è venuto<br />

a casa a trovarci e un’altra volta abbiamo fatto una gita a Firenze insieme. Una terza<br />

volta dovevamo vederci ma poi non ci siamo visti. Eravamo partiti per la Svizzera, lui in un<br />

vagone e io in un altro con mia madre. A Milano hanno staccato il suo vagone mentre lui<br />

dormiva e così, quando ci siamo svegliati, ci siamo trovati soli senza di lui. Non ci siamo più<br />

visti».<br />

Ci si può staccare il vagone, anche se si vive in casa, quando i rapporti sono freddi, sono una<br />

collezione di silenzi o di tensioni, è uno stare nello stesso appartamento ma non in famiglia.<br />

Ognuno vive la propria vita: si va e si viene come in un albergo, non si mangia mai insieme,<br />

ognuno ha i propri orari… A questo punto non si giunge improvvisamente o a caso, per<br />

verità taciute o bugie ripetute, per un tradimento, un problema economico o altro: si parte<br />

sempre alla lontana fino al giorno in cui si stacca il vagone per sempre. Rimane il fatto che<br />

i figli si trovano il padre e la madre, che li hanno generati, senza chiedere loro il permesso,<br />

con una preparazione alla paternità e alla maternità non sempre attenta, curata, responsabile.<br />

Al mondo, solo Uno ha dovuto chiedere il permesso di nascere! Il Figlio di Dio. Lo ha chiesto<br />

ad una ragazzina di quindici, sedici anni, che ha acconsentito ed era ben preparata. Il<br />

suo corso per diventare sposa e madre era stato curato da Dio stesso, che l’ha voluta, per<br />

suo Figlio, libera da ogni peccato; l’ha voluta Immacolata.<br />

Generare un figlio è generarlo per sempre — e per sempre, in qualche modo, si è responsabili<br />

dei figli, del rapporto che si costruisce con essi. Cancellarli dalla propria vita crea in loro<br />

danni non sempre riparabili. E’ un danno anche presentarsi a loro come amici, alla pari,<br />

peggio ancora, inferiori a loro! I figli non hanno bisogno di amiconi ma di un padre e di una<br />

madre, contenti di esserlo, capaci di vivere il loro ruolo con maturità. Non perfetti, ma passabili.<br />

Genitori che hanno una buona stima di sé, per cui sono autorevoli di fronte ai loro<br />

figli, in ogni stagione del loro crescere.<br />

Stima di sé! Più volte, nei miei incontri, ho trovati genitori che non si stimavano a sufficienza,<br />

che non si rendevano conto di quanto avevano dato ai loro figli, che si sentivano non<br />

alla pari con i loro compiti di educatori, perché non avevano studiato — i figli sì — non<br />

sapevano usare le nuove tecnologie — i figli sì — parlavano i dialetti — i figli no. A me è<br />

sempre stato facile contraddirli, dissotterrando dalla loro esistenza quanto di bello, di buono,<br />

di vero, di nobile hanno fatto per i loro figli.<br />

5


Editoriale<br />

Ho usato il termine dissotterrare che usava spesso Etty Hillesum, una giovane olandese, morta<br />

in campo di concentramento ad Auschwitz: lei sapeva vedere la speranza anche nelle baracche,<br />

dov’era rinchiusa, dietro al filo spinato di luoghi di morte!<br />

Un genitore è grande anche se imperfetto. Grande e coraggioso perché genera una vita e la<br />

vita non è qualcosa di precario, legata al tempo: la vita si proietta nell’eternità, ha sapore<br />

d’infinito. E questo non è cosa da poco!<br />

Grande e coraggioso se ama la propria creatura, per cui diventa padre e madre, fondando la<br />

personalità del proprio figlio che, amato, potrà amare. L’amore dà valore alla sua esistenza.<br />

Il non amore lo fa sentire anonimo, lo fa sentire nessuno, come diceva un ragazzo quindicenne,<br />

che è fuggito dalla vita, stimandosi un niente: «Io sono di nessuno, io sono nessuno».<br />

Grande e coraggioso nel ritrovare tutto quello che ha seminato nel cuore di suo figlio o di sua<br />

figlia, nei primi anni di vita: quanti gesti d’amore, quanti baci, quante carezze, quanti bagnetti<br />

profumati! E poi le veglie o i risvegli nella<br />

notte: per il primo dentino, le varie malattie<br />

dei piccoli. E poi — e poi… Se un papà e una<br />

mamma fanno il conto dei mille e più, molti di<br />

più, gesti d’amore, che hanno gratuitamente<br />

donato ai loro figli, per farli crescere, si rendono<br />

conto del valore che hanno presso di loro,<br />

di quale autorità possono rivestire i loro gesti,<br />

le loro parole, che non nascono da un rinfaccio<br />

ma da qualcosa di concreto, di reale che dovrebbe<br />

suscitare il loro grazie. Ho detto dovrebbe<br />

perché, crescendo, non è così naturale il<br />

sentimento di riconoscenza. Occorre saper attendere:<br />

le memorie seminate non vanno mai<br />

perdute e prima o poi riemergono. L’amore si<br />

nutre di pazienza e di speranza.<br />

Presentando un libro, così ho definito la speranza:<br />

“E’ vedere la spiga dorata nel tempo del<br />

seme marcito, è tenere le porte aperte sull´impossibile”.<br />

Ci aiuta a mantenere vivo questo<br />

sentimento una narrazione affascinante, direi incredibile. La si trova nel Vangelo di Luca<br />

al capo 15: la parabola del figliol prodigo, che si potrebbe definire meglio: la parabola del<br />

padre buono, ricco di misericordia e di speranza.<br />

Il bene seminato non va mai perso! Diventassi Papa, lo proclamerei dogma di fede! Papa non<br />

lo sarò mai. Come educatore vivo in questa certezza! Mi permette di continuare a lavorare<br />

anche quando non si vedono i frutti del seme marcito!<br />

6<br />

don Vittorio Chiari<br />

direttore dell’Opera Salesiana S.Domenico Savio<br />

e del Collegio Universitario Paolo VI - Milano


Il premio<br />

Il 7 dicembre 2009, nel giorno<br />

della solennità di S.Ambrogio,<br />

il sindaco di Milano Letizia<br />

Moratti ha consegnato al<br />

rettor maggiore dei salesiani,<br />

don Pascual Chávez Villanueva,<br />

una Grande Medaglia d’Oro<br />

per l’impegno che la Congregazione<br />

salesiana dedica al<br />

territorio milanese da oltre un<br />

secolo. La consegna è avvenu-<br />

Da sinistra: don Adriano Bregolin, don Agostino Sosio,<br />

don Pascual Chávez, il presidente del Consiglio comunale Manfredi Palmeri<br />

e il sindaco di Milano Letizia Moratti<br />

ta al Teatro Dal Verme nell’ambito dell’Ambrogino d’Oro, l’annuale manifestazione in cui si premiano<br />

alcune eccellenze che si sono distinte per iniziative sul territorio a favore del bene comune.<br />

A rappresentare la Congregazione salesiana, con don Pascual Chávez, anche il suo vicario don<br />

Adriano Bregolin e l’Ispettore ILE don Agostino Sosio. Questa la motivazione con la quale è<br />

stata assegnata la Grande Medaglia d’Oro:<br />

“Educazione ed evangelizzazione” sono al centro dell’impegno quotidiano dell’Istituto.<br />

Da 150 anni, l’organizzazione internazionale fondata da san Giovanni Bosco<br />

testimonia il suo operato al servizio dei giovani. In prima fila tra i più poveri e gli emarginati,<br />

ha portato con orgoglio cultura e carità in 128 nazioni del mondo,<br />

testimoniando un progetto e uno stile di vita improntato ai valori più alti dell’uomo.<br />

«Si dice che i giovani sono il futuro. Per me sono il presente<br />

e se nel presente non ricevono l’opportunità di sviluppare<br />

i loro talenti, non avremo mai persone ricche veramente<br />

di qualità umane, buoni e onesti cittadini».<br />

Lo sostiene don Pascual Chávez, intervistato<br />

da Magdi Cristiano Allam nell’opuscolo<br />

Con Don Bosco e i giovani da poco uscito per la ElleDiCi,<br />

che riporta anche l’intervento tenuto dal rettor maggiore<br />

alla fine del 2009, in occasione delle celebrazioni<br />

per il 150° anniversario della Congregazione salesiana.<br />

Una pubblicazione dedicata a tutti coloro che sono impegnati<br />

(part time o a tempo pieno) nel difficile mestiere di educatori:<br />

genitori, insegnanti, animatori e catechisti.<br />

7


Scuola Genitori<br />

In un laboratorio<br />

di famiglie amiche<br />

In questi anni, più volte abbiamo dato vita<br />

ad una Scuola Genitori, talora con incontri<br />

raccolti nel mese di gennaio, in occasione<br />

della festa di don Bosco (il Gennaio Pedagogico),<br />

in altri casi con conferenze ed incontri<br />

su tematiche specifiche legate alle<br />

questioni educative.<br />

Su sollecitazione dei genitori, adesso abbiamo<br />

provato a pensare in un modo diverso<br />

ad una “scuola dei (per) genitori” : invece<br />

di proporre un incontro con un “esperto”<br />

cui porre domande, abbiamo deciso di<br />

valorizzare le risorse positive che i “veri<br />

esperti” che lavorano educativamente possiedono.<br />

I “veri esperti” sono i genitori, cui<br />

ci siamo rivolti con uno strumento di lavoro,<br />

un “laboratorio” che li vedesse protagonisti<br />

nel costruire la loro “scuola genitori”.<br />

Sono incontri aperti, per la prima volta, a<br />

tutti i genitori che fanno riferimento<br />

all’Opera Sant’Ambrogio nella sua<br />

totalità.<br />

Inizialmente, questo progetto, che<br />

porta a riflettere su tematiche educative<br />

senza la presenza costante<br />

dell’esperto, è sembrato a noi<br />

stessi abbastanza azzardato. Nel<br />

corso degli incontri, invece, sempre<br />

più spesso i genitori presenti<br />

ci hanno fatto conoscere la<br />

ricchezza di questo metodo.<br />

Dopo una breve introduzione<br />

(“innesco” e presentazione<br />

del tema) essi, divisi<br />

a gruppi, studiano il testo<br />

di un “laboratorio”<br />

(un “caso concreto” che<br />

presenta una situazione familiare) e discutono<br />

gli esempi di cui è ricco ogni incontro,<br />

oppure si confrontando sui dubbi<br />

o i diversi modi di agire e reagire in una<br />

situazione concreta. Così, il gruppo “fa”<br />

il laboratorio.<br />

Attraverso la scrittura amabilmente provocatoria<br />

della situazione presentata, si aiutano<br />

i genitori a trovare le “risorse buone” per<br />

il compito educativo dentro la loro esperienza<br />

di coppia.<br />

Un aspetto importante riguarda il modo di<br />

vivere i lavori di gruppo che chiamiamo laboratori:<br />

nessuno può autorizzarsi a non<br />

privilegiare l’ascolto, i silenzi e l’accoglienza<br />

reciproca, fatta anche di un linguaggio<br />

non verbale fraterno (dire di sì con il capo,<br />

sorridere, confermare, mostrare che l’altro<br />

8


ha dato voce a contenuti, esperienze, percorsi<br />

che sono in fondo comuni, sovrabbondando<br />

così in segnali di conferma o in<br />

“ascolto empatico”).<br />

Come detto, ciò che vogliamo approfondire<br />

nei laboratori parte da un contenuto comune,<br />

un “caso concreto”, che non si presenta<br />

mai nella realtà nei modi in cui è presentato<br />

nel laboratorio, ma che mantiene<br />

caratteri di quotidianità tali che anche a<br />

noi potrebbe capitare di essere impigliati in<br />

una simile relazione che crea malessere.<br />

Lo stile dei laboratori è associativo: l’intervento<br />

di uno si associa a quello di un altro<br />

non solo nel senso banale di “si accorda<br />

con” (cioè nel senso di “la penso come lui,<br />

sono d’accordo con lui...”), ma perché riflette,<br />

fa risuonare, specifica, allarga, riempie,<br />

approfondisce un intervento altrui anche<br />

quando lo delimiti, ne rilevi altri versan-<br />

Scuola Genitori<br />

ti, ne mostri il disaccordo con gli altri apporti.<br />

Per usare un’immagine, non si tratta<br />

di sommare perle, ma di tener d’occhio il disegno<br />

che emerge dal loro disporsi.<br />

Lo stile di condivisione non è per nulla indifferente<br />

ai contenuti che emergono, anzi<br />

tale stile rende possibile il fatto che, alla fine,<br />

il gruppo sappia (cioè accumuli sapere)<br />

di più della somma dei contenuti dei singoli<br />

membri. La relazione e sintesi finale, che<br />

raccoglie tutti i gruppi, dovrebbe scoprire e<br />

celebrare le meraviglie che accadono nella<br />

comunicazione.<br />

La convinzione di fondo è che i problemi<br />

della famiglia trovano soluzione proprio<br />

nel paziente lavoro dei confronti e degli incontri:<br />

il complesso sistema-famiglia non<br />

può e non deve mai considerarsi autosufficiente.<br />

Quest’opinione naturalmente non<br />

ha una connotazione negativa, ci riporta<br />

anzi a ritrovare il senso più ampio della<br />

comunicazione.<br />

Così, la “scuola dei genitori” è sempre<br />

meno una scuola e sempre di più<br />

un’esperienza da mettere in comune:<br />

un laboratorio, più che di esperti, di<br />

famiglie amiche. Una via di solidarietà<br />

che, senza dubbio, ci aiuta a<br />

disegnare un destino non effimero<br />

della vita familiare.<br />

9<br />

don Damiano Galbusera<br />

docente licei classico e scientifico<br />

delegato exallievi Istituto S.Ambrogio<br />

Per qualsiasi informazione e per ricevere<br />

il materiale degli incontri, si può contattare<br />

don Damiano Galbusera all’indirizzo mail:<br />

dgalbusera@salesiani.it<br />

Domenica 16 maggio <strong>2010</strong> si terrà<br />

un pellegrinaggio a Torino in occasione<br />

dell’ostensione della Sacra Sindone:<br />

tutti i genitori sono invitati a partecipare


L’incontro (già segnalato nel Cartellone della<br />

scorsa Presenza Educativa — anno VII n.15,<br />

p.44) aveva per titolo Le parole scolpite, perché<br />

ciò che caratterizza i romanzi e la vita stessa<br />

di questo autore è la verità — testimoniata<br />

da una scrittura solida come la roccia — che<br />

non può essere cambiata né<br />

dimenticata. È in un momento<br />

tragico che Corti trova la<br />

sua definitiva vocazione di<br />

scrittore: durante una gelida<br />

notte della ritirata di Russia<br />

nell’inverno 1942, accerchiato<br />

dai nemici, con pochissime<br />

possibilità di salvezza, fa<br />

un voto alla Madonna col<br />

quale si impegna a dedicare<br />

la sua vita di scrittore a quel<br />

versetto del Padre Nostro che<br />

recita Venga il tuo Regno, testimoniando<br />

così la verità<br />

cristiana. Il secondo (ma non<br />

meno importante) pilastro sul quale si fonda<br />

la poetica di questo autore è la bellezza: egli,<br />

come ricorda nell’intervista qui di seguito, si<br />

ispira ad Omero che, a suo parere, trasformava<br />

in bellezza ogni argomento, anche la guerra.<br />

Pur non servendosi del verso ma della prosa,<br />

Corti ricerca e trova una certa armonia<br />

della frase che possa affascinare il lettore e avvincerlo<br />

alla lettura, pagina dopo pagina. Ed<br />

è proprio ciò che succede!<br />

Molti ragazzi, spaventati dalla mole de Il cavallo<br />

rosso (1274 pagine!), rinunciano alla sua<br />

lettura ma sbagliano perché, dopo solo qualche<br />

pagina, ci si immedesima nel racconto e<br />

Incontri<br />

Le parole scolpite<br />

I liceali del S.Ambrogio si sono confrontati con Eugenio Corti,<br />

scrittore e saggista di ispirazione cattolica, brianzolo<br />

e “paolotto” (termine che indica i ferventi cattolici della Brianza)<br />

non lo si abbandona più, attratti sia dai contenuti<br />

che dalla famosa armonia della frase. Per<br />

questo anche un adolescente — abituato a fumettoni<br />

come Harry Potter o Twilight — dovrebbe<br />

impegnarsi nella lettura di un romanzo<br />

così corposo, condividendo paure, aspettative<br />

e gioie di ragazzi poco più<br />

che ventenni, tutti davvero<br />

esistiti all’alba della II guerra<br />

mondiale, anche se le differenze<br />

culturali tra le due generazioni<br />

sono notevoli.<br />

Nulla è inventato: i personaggi<br />

sono reali (parenti o<br />

amici dell’autore stesso) e gli<br />

avvenimenti sono realmente<br />

accaduti. L’identificazione avviene<br />

ancor di più per ragazzi<br />

che vivono nel nord Italia,<br />

dato il radicamento del romanzo<br />

con i luoghi e le tradizioni<br />

nostrane.<br />

Corti è autore fuori da ogni scuola o gruppo:<br />

spesso ignorato dalla critica, i suoi libri (tutti<br />

pubblicati dalle Edizioni Ares) si sono diffusi<br />

tramite il passaparola dei lettori che ne hanno<br />

compreso il valore. Il cavallo rosso fa capire<br />

come non è impossibile vivere cristianamente<br />

e i suoi personaggi non sono votati ad indifferenza,<br />

permissività e disperazione come quelli<br />

di molti altri romanzi del ‘900. Si potrebbero<br />

scrivere ancora fiumi d’inchiostro per elencare<br />

i motivi per affrontare questo autore, ma ora...<br />

tocca ai lettori scoprirli.<br />

10<br />

Alessandro Carovigno


L’intervista<br />

“Il Cavallo rosso” è conosciuto dai lettori quasi esclusivamente attraverso il passaparola, è ignorato<br />

dalla critica corrente e non appaiono recensioni sulle pagine dei giornali dedicate alla cultura:<br />

perché questa esclusione e in cosa si sente distante da altri autori tanto celebrati?<br />

La mia esclusione è causata dal fatto che mi dichiaro apertamente credente, cristiano e cattolico<br />

e anche perché in tutti i miei scritti ho posto alla cultura dominante una critica — decisa, energica<br />

e motivata — e la critica risponde col silenzio: parlare male di me vorrebbe dire comunque<br />

parlarne...<br />

L’odierna cultura dominante deriva dall’illuminismo. Nel medioevo ve ne era una teocentrica,<br />

sostituita poi nel 1500, durante il Rinascimento, da un umanesimo interpretato in modo non<br />

corretto come antropocentrismo e dalla riscoperta degli antichi valori pagani. Inizialmente, Dio<br />

non venne escluso, anzi, ma poi — piano piano — si è scivolati in una posizione di suo rifiuto,<br />

arrivando cosi all’illuminismo e all’idealismo tedesco, punto d’arrivo di questa traiettoria; tramite<br />

i due discepoli di Hegel — Feuerbach e Nietzche — i libri di filosofia sono usciti dalle biblioteche<br />

e sono entrati nella testa della gente. Il liberismo di Hegel ha quindi avuto come figli il<br />

nazismo e il comunismo che, sotto il profilo culturale, sono arrivati a proclamare la morte di<br />

Dio. Questa è stata la conclusione culturale del XX secolo. Il nazismo è stato eliminato militarmente<br />

e il marxismo è imploso e adesso siamo ad una cultura post illuminista che permea tutto:<br />

giornali, televisione, scuola, letteratura. E’ contro questo illuminismo di ritorno che mi sono<br />

schierato: si producono opere morte o moribonde incapaci di generare buone idee, ma diffuse e<br />

sostenute proprio perché funzionali al pensiero dominante, anche se inconsistenti; anzi: proprio<br />

perché inconsistenti. La stessa cultura cattolica è divisa e trovo sostegno solo in una parte di<br />

essa, con giudizi positivi della cultura<br />

cristiana anche protestante.<br />

Pensa che ideologie come quelle nazista e<br />

comunista abbiano modificato il rapporto<br />

dell’uomo con la fede?<br />

Il liberalismo puro ha dato buoni esiti nell’economia fino a che non si è spinto troppo oltre.<br />

Secondo Sant’Agostino, chi opera nella società terrena senza dare spazio a Dio finisce per<br />

seguire il principe di questo mondo, cioè il demonio.<br />

11


L’intervista<br />

E’ quel che si è verificato sia col nazismo che con il comunismo, due fratelli gemelli. A tutti i morti<br />

che essi hanno causato bisogna aggiungere gli effetti che queste idee hanno sulla testa della<br />

gente. Ad esempio, tanti giovani nati in famiglie cristiane sono stati corrotti dalla continua propaganda<br />

effettuata nelle scuole. C’è stata una cesura nella cultura tramandata tra generazioni.<br />

Lei ha vissuto gli eventi della guerra, in particolare quelli successivi all’8 settembre; ritiene corretto<br />

il comportamento del re?<br />

Credo che fece il suo dovere, perché lui e il governo non potevano rischiare di rimanere in balìa<br />

dei tedeschi. Per questo, prese in mano la situazione e si arrivò all’armistizio. Se re e governo<br />

fossero rimasti a Roma, tutta la struttura legittima dell’Italia non sarebbe stata più libera ma<br />

nelle mani dei tedeschi e quindi fecero bene ad andare al sud, dove inglesi e americani garantivano<br />

il libero esercizio del potere. L’errore non fu quello, ma di entrare in guerra completamente<br />

impreparati, quindi l’armistizio venne considerato il minore dei mali, per non provocare altri<br />

lutti e miserie. Certo, non si trattò di una soluzione brillante, ma non vi era molta scelta...<br />

Il suo modello di poesia?<br />

Fin dal ginnasio, il mio maestro è sempre stato Omero; mi innamorai dello scrivere grazie al suo<br />

stile, capace di trasformare in bellezza tutto quel che narrava, anche la guerra. Poi ho scoperto<br />

Virgilio, Dante e Tasso, fino al Manzoni e fra gli stranieri Tolstoj, il mio prediletto: tutti di impostazione<br />

omerica. Quando scrissi il primo romanzo, mi ispirai a loro. Ma credo che, per rendere<br />

la realtà del nostro tempo, occorra utilizzare la prosa, anche se così si perde lo strumento<br />

splendido del verso. Proprio per sostituire l’efficacia del verso, nei miei testi di narrativa cerco<br />

un’indispensabile armonia della frase della quale il lettore quasi non si rende conto: si fa prendere<br />

dall’incantamento e non smette più di leggere! Ecco: l’armonia della frase riesce ad incantare<br />

il lettore come il verso della poesia…<br />

a cura di Alessandro Carovigno<br />

Negli ultimi mesi, alcuni eventi hanno riproposto l’immagine e l’opera di Eugenio Corti: l’assegnazione del<br />

Premio Isimbardi da parte della Provincia di Milano e un convegno a lui dedicato. La premiazione si è svolta<br />

il 18 dicembre 2009 presso l’Istituto dei Ciechi, alla presenza dell’Arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi<br />

Tettamanzi e del Presidente della Provincia di Milano, Guido Podestà. Il convegno “Eroismo, storia e letteratura.<br />

Eugenio Corti: un grande scrittore lombardo. Dalla Campagna di Russia ai giorni nostri” ha invece<br />

avuto luogo al Palazzo Reale il 10 dicembre. Tra i vari attestati di stima rivolti a Corti, sono state avanzate due<br />

proposte per testimoniare la riconoscenza del mondo della cultura allo scrittore brianteo, con lo scopo di<br />

conferirgli finalmente il meritato prestigio. La prima è venuta da Rossana Mondoni, docente di Storia e Filosofia<br />

e vicepresidente della rivista Testimoni della Storia, la quale ha auspicato per Eugenio Corti addirittura<br />

l’assegnazione del Nobel per la letteratura. La seconda vorrebbe invece lo scrittore candidato alla carica di<br />

Senatore a vita, in virtù delle sue opere, modello per educare le generazioni future. Corti ha inoltre ricevuto,<br />

il 9 <strong>febbraio</strong>, il premio La Lombardia per il lavoro, consegnatogli dal presidente della Regione Lombardia<br />

Roberto Formigoni.<br />

Infine, giunge dall’estero una notizia che conferma il grande successo di questo autore: il prestigioso Figaro<br />

Littéraire, supplemento del Figaro magazine, ha indicato Il cavallo rosso come il miglior romanzo apparso in<br />

Europa negli ultimi 25 anni.


Questo nuovo scritto di don Luigi Melesi presenta storie<br />

che hanno segnato in profondità l’Italia, dalle Brigate<br />

Rosse agli scandali per corruzione. Un capitolo è<br />

dedicato a Renato Vallanzasca, autore negli anni Settanta<br />

di clamorose rapine, sul quale in autunno verrà<br />

<br />

Don Luigi Melesi, salesiano dell’istituto S.Ambrogio<br />

storica molto nota nel mondo<br />

che sta dietro le sbarre. Ordinato sacerdote nel 1960,<br />

ha vissuto la prima esperienza con la realtà del carcere<br />

Ferrante<br />

Aporti di Torino. Ha poi operato presso la casa<br />

di rieducazione di Arese come insegnante e catechista,<br />

rimanendo sette anni a contatto con centinaia di ragazzi mandati dai tribunali minorili di tutta<br />

Italia. In seguito, insieme ad un altro padre salesiano, don Ugo De Censi, ha sviluppato l’idea di<br />

una spedizione giovanile missionaria tra le popolazioni più emarginate del Brasile, dando così vita<br />

all’Operazione Mato Grosso, con l’obiettivo — sulla linea dell’enciclica Populorum Progressio<br />

— di educare i giovani attraverso il lavoro gratuito per i più poveri in alcuni paesi dell’America<br />

Latina. Risale al 1967 la partenza della prima spedizione.<br />

Tornato nuovamente ad Arese come direttore della casa di rieducazione, don Luigi ha fondato la<br />

rivista Espressione Giovani, riodo<br />

ha scritto i suoi principali testi teatrali: La parabola di Gesù in teatro, Gli Atti degli Apostoli<br />

in teatro, Il corpo racconta, Gli incontri, Teatro fattore di riunione.<br />

Risale al 1978 il suo primo ingresso come cappellano nel carcere di San Vittore di Milano. Da<br />

quel momento, si è sempre interessato dei tanti problemi che affliggono ogni giorno i carcerati,<br />

combattendo contro coloro che vorrebbero trasformare i penitenziari in fabbriche per dannati<br />

(spesso ha ripetuto che la prigione non ha senso, perché non cura il male ma lo aggrava e<br />

lo trasforma in disastro sociale). Una volta, interpellato sul perché della sua destinazione come<br />

cappellano di un carcere, don Luigi rispose: «Sono stato mandato a San<br />

Vittore perché l’allora arcivescovo di Milano, il cardinale Giovanni Colombo,<br />

aveva chiesto al superiore dei Salesiani uno di noi. Avendo io fatto per<br />

vent’anni il prete-insegnante con i ragazzi della casa di rieducazione di Arese,<br />

venivo considerato... abilitato anche per gli adulti! A San Vittore avrei<br />

dovuto prestare servizio per tre mesi; sono diventati invece trent’anni».<br />

don Luigi Melesi<br />

Scaffale<br />

Silvio Valota, Prete da galera,<br />

Don Luigi Melesi racconta storie di chi sta in carcere<br />

e di chi mai ha pensato di entrarci<br />

San Paolo Edizioni, <strong>2010</strong><br />

13


Carissimo Ernesto…<br />

Il 27 novembre 2009 Ernesto Treccani si è spento a Milano<br />

nella sua “Casa delle Rondini” e con lui è scomparso<br />

uno tra i più genuini poeti d’immagine del Novecento.<br />

Durante la cerimonia funebre di questo grande amico<br />

dei salesiani, don Vittorio Chiari ha pronunciato una<br />

ispirata omelia, che qui riportiamo nei suoi punti essenziali<br />

(…) Io vorrei rivolgermi ad Ernesto nel tono familiare<br />

dei nostri incontri di oltre trent’anni d’amicizia fraterna.<br />

Negli occhi conservo il verde del Forte<br />

ma anche l’azzurro della Casa delle Rondini,<br />

questa casa di via Porta, tra terra e cielo<br />

dove tutto parla di lui, della sua arte, dei suoi amici.<br />

Più volte, prima di salire, mi sono fermato a contemplare<br />

il volo delle rondini nel cielo azzurro: libere, veloci, rapide,<br />

soffermandomi su un punto dove si trovano, si innamorano,<br />

si baciano, vincendo la loro solitudine.<br />

Oggi, caro Ernesto, il tuo volo va oltre il Cielo della casa<br />

e, nell’Oltre, ti viene incontro un corteo di persone, i tuoi genitori,<br />

i compagni delle tue battaglie a favore della giustizia, della pace,<br />

gli artisti di Corrente: Birolli, Guttuso, Manzù, Morlotti, Cassinari,<br />

Vittorio Sereni, Amendola e tanti altri,<br />

la tua Lidia, “la signora compagna” che ti attendeva<br />

dopo avere condiviso con te sessantadue anni di vita insieme.<br />

Sei giunto a lei nel giorno anniversario del tuo matrimonio,<br />

un record che raggiungono solo coloro che amano<br />

e all’amore non hanno dato un termine, un tempo determinato.<br />

Di lei avevi scritto che era straordinaria,<br />

che ti ha dato sempre nuova linfa di vita,<br />

che ha contribuito molto alla tua arte:<br />

“Standole accanto ogni difficoltà veniva superata<br />

e diventavamo una corda sola che suonava all’ unisono».<br />

L’amore è stata la tua vita. Come l’arte. “Arte per amore”.<br />

(…) Hai amato i “barabitt” di Arese. Li hai dipinti con amore.<br />

Nei loro volti hai intuito la sofferenza di chi è lasciato solo<br />

sulle vie del crescere, ma anche la speranza, la voglia di riscatto,<br />

di trovare la propria dignità.<br />

Non si sentivano giudicati da te e tu li trovavi belli<br />

quando altri li giudicavano brutti,<br />

li accoglievi quando altri li mettevano al margine.<br />

14


Ricordo<br />

(…) Eri entusiasta quando un giovane veniva a trovarti,<br />

a parlarti, a chiedere consiglio sull’arte del dipingere.<br />

Ti consideravi un artigiano, uno che sudava,<br />

che faticava senza sosta<br />

nella ricerca di un tratto che fosse tuo caratteristico<br />

e che a noi è sembrato fl uire naturale dalla tua tavolozza<br />

come fl uiva il tuo parlare.<br />

(…) Un giorno, mentre passeggiavamo per via Turati, ti ho detto:<br />

«E’ diffi cile sentire la primavera, qui in città».<br />

Tu mi hai sorriso, indicandomi un fi lo d’erba, che spuntava<br />

tra il marciapiede e il muro: «Basta solo un poco di terra<br />

perchè la primavera risplenda anche qua!».<br />

E’ bastato incontrare persone come te,<br />

per amare questa nostra umanità,<br />

questo mondo così grande e avvilito,<br />

così ricco e disperato, così dinamico e dolorante,<br />

Sono certo, l’avresti nuovamente scelto,<br />

senza un istante di esitazione,<br />

se fossi tornato a nascere, per renderlo più bello,<br />

più abitabile, più in pace con tutti,<br />

come hai tentato di fare<br />

nella tua lunga esistenza, dove hai dato tanto di te.<br />

“Tutta la vita non è<br />

servita a niente e servirà a<br />

niente nel futuro, perché<br />

io lo so, io sono un<br />

ragazzo che non sa amare<br />

perché non è mai<br />

stato amato”<br />

Luca, anni 14,<br />

attualmente in carcere<br />

L’immagine qui a lato e il pensiero di Luca<br />

sono tratti da: I “Barabitt” di Ernesto Treccani<br />

30 disegni con testo dei ragazzi di Arese<br />

© 1986 e edizioni successive<br />

Associazione Amici di Don Della Torre, Arese (Milano)


Exallievi<br />

Per un’azione terapeutica<br />

responsabile<br />

Tradizionale appuntamento con il Forum promosso dall’Osservatorio nazionale di bioetica degli<br />

exallievi di Don Bosco; la terza edizione (14 e 15 novembre scorsi, presso il teatro del S.Ambrogio),<br />

era incentrata sulle alleanze possibili per una responsabile azione terapeutica, nel solco dei precedenti<br />

convegni e nell’ambito di un percorso formativo rivolto ad exallievi (medici e non) impegnati<br />

nella promozione della vita e della persona secondo i valori cristiani.<br />

Maurizio Bruni — presidente regionale exallievi e copromotore del Forum — ha iniziato con<br />

una provocazione (Quanto vale, in termini di euro, una persona?), invitando a riflettere sui rischi di<br />

una deriva aziendalistica della sanità italiana (tanto pubblica che privata), anche alla luce dell’ultima<br />

enciclica papale. Traendo spunto dai dati della nostra spesa pubblica, fra le più basse in<br />

Europa in termini di investimento sul PIL, il conseguente dibattito è stato animato da alcuni<br />

gravi interrogativi (Dove va la professione medica? Dov’è rimasta la persona con i suoi diritti?) e si<br />

è concluso con l’auspicio di nuove positive iniziative da parte della comunità politica, nell’interesse<br />

dei cittadini e della nostra stessa economia.<br />

Il direttore del S.Ambrogio don Renato Previtali, rammentato che non tutto quanto tecnicamente<br />

possibile è eticamente ammissibile, ha<br />

ribadito che anche in bioetica il sicuro riferimento<br />

morale è rappresentato per i credenti<br />

dalla visione cristiana dell’uomo. Bernardo<br />

Cannelli, presidente nazionale exallievi, ha sottolineato<br />

l’universalità del debito formativo in<br />

materia di bioetica, non ristretto ai soli medici<br />

o agli addetti ai lavori, ma a tutti gli exallievi<br />

consapevoli dell’importanza della posta in gioco;<br />

perché la vita è un bene che appartiene a<br />

tutti e non può essere lasciata nelle mani di<br />

qualcuno. Da qui la missione dell’Osservatorio<br />

di bioetica, un movimento laicale ispirato ai valori<br />

cristiani e al mandato civile di don Bosco<br />

(essere “onesti cittadini” oltre che “bravi cristiani”),<br />

aperto al confronto e al dialogo coi non<br />

credenti.<br />

Notevole per densità di contenuti e per impatto<br />

emotivo è stata poi la relazione di Giuseppe Puglisi,<br />

rettore IULM, il cui richiamo ad autori<br />

dell’era precristiana (Ippocrate e Seneca) ha<br />

mostrato come i valori laici della filantropia e<br />

16


Exallievi<br />

della filotecnia, coniugati al principio dell’universalità del diritto alle cure (liberi e schiavi,<br />

indigenti e stranieri) e della beneficenza (intesa come promuovere il bene evitando il danno)<br />

abbiano straordinarie assonanze con il pensiero moderno occidentale e con l’universo valoriale<br />

cristiano, sintetizzate nelle figure di Albert Schweitzer e di S. Giuseppe Moscati. L’attuale<br />

spersonalizzazione delle cure sarebbe riconducibile da una parte al preponderante ruolo<br />

della tecnologia nella medicina e dall’altro all’ingresso di terzi soggetti (stato, società,<br />

aziende, economia) nel rapporto tra medico e paziente, tra i quali non è comunque più proponibile<br />

il tradizionale modello paternalistico<br />

(“Fai come ti dico”), essendo oggi necessario<br />

armonizzare: autonomia del paziente (attraverso<br />

il consenso informato), beneficialità (concedere<br />

solo ciò che è bene), equità (garantire a<br />

tutti l’accesso alle cure) e non maleficienza delle<br />

cure (motto ippocratico: Primum, non nocere).<br />

Vi è tuttavia il rischio di estremizzare l’autonomia<br />

decisionale con tutti i risvolti del caso<br />

(problemi connessi al testamento biologico,<br />

aberrazioni dell’utero in affitto e del commercio<br />

di organi — e così via), oltre al problema della<br />

sostenibilità delle spese sanitarie, acuito dalla<br />

tendenza attuale ad un maggior invecchiamento<br />

della popolazione (quindi: più bisognosa di<br />

cure), dal condizionamento dell’industria<br />

nell’incremento della spesa farmaceutica e diagnostica e — all’opposto — dal prevalere di<br />

criteri meramente economici nella gestione delle aziende sanitarie. Nella destinazione delle<br />

risorse dovrebbe invece essere auspicabile il richiamo ai valori di eticità, efficacia, appropriatezza,<br />

qualità delle cure ed equità, nel superamento dei rischi opposti di spreco e discriminazione.<br />

Secondo il relatore, una possibile via d’uscita potrebbe consistere, a livello istituzionale<br />

(Università), in un maggiore investimento nella ricerca indipendente e, a livello di massmedia,<br />

in una informazione più critica, cioè meno condizionata dal mercato.<br />

Giorgio Lambertenghi Deliliers, presidente ANMCI, ha poi ribadito la necessità di un dialogo<br />

aperto, pacato e meditato con il mondo laico sui temi della bioetica, come spesso auspicato<br />

anche dal cardinale Tettamanzi, suggerendo inoltre il dovere formativo di ogni medico<br />

in ambito antropologico, filosofico e religioso per una migliore alleanza terapeutica.<br />

Le riflessioni proposte da Giuseppe Acocella, exallievo membro dell’Osservatorio di bioetica<br />

nonché rettore LUSPIO e vice presidente CNEL, hanno concluso i lavori della prima giornata,<br />

con un’efficace distinzione tra i vari modelli medico-paziente: paternalistico (il medico,<br />

unico depositario del sapere, propone / impone la cura); contrattualistico (che presuppone<br />

equilibrio tra obblighi e benefici, oltre che autonomia decisionale del paziente, ma che rischia<br />

di considerare non-persone i bambini e i soggetti in coma o con disturbi cognitivi); utilitaristico<br />

(il principio dell’utilità sociale orienta ogni decisione sulla salute del paziente: pericoloso<br />

perché, se spinto alle estreme conseguenze, legittima comportamenti di dubbia eticità<br />

17


Alcuni dei relatori del terzo Forum dell’Osservatorio nazionale di bioetica<br />

(da sinistra: Maurizio Bruni, Giuseppe Acocella, Giuseppe Puglisi e Bernardo Cannelli)<br />

quali, ad esempio, il commercio di organi). Il modello delle alleanze terapeutiche può invece<br />

rappresentare il superamento di quelli precedenti, attraverso confronto, dialogo e mediazione<br />

tra medico, paziente, famiglia, società e istituzioni nell’individuazione dei bisogni, anche<br />

inespressi, della persona malata, dei familiari (spesso accomunati al paziente dal senso di<br />

solitudine, impotenza e angoscia) e del medico (talvolta schiacciato dal peso delle responsabilità).<br />

Sua chiave di volta è il prendersi cura in senso globale, senz’altro più impegnativo di<br />

un asettico (per quanto tecnicamente ineccepibile) curare inteso come semplice somministrazione<br />

di terapie. Nel dibattito conclusivo si è accennato anche al rischio di eugenetica connesso<br />

ad un eccesso di diagnostica — come nel caso delle attuali procedure di diagnosi prenatale<br />

— e all’abuso dell’espressione qualità della vita, neologismo medico spesso utilizzato in<br />

medicina palliativa e in oncologia nei casi ai confini dell’accanimento terapeutico, contrapposta<br />

alla sacralità della vita di matrice cristiana.<br />

Nella seconda giornata, ad apertura dei lavori, il presidente exallievi del S.Ambrogio, Eros<br />

Tavernar, ha spronato i partecipanti ad essere protagonisti nel ricercare, promuovere e diffondere<br />

sempre idee eticamente ispirate, rifuggendo ignavia ed indifferenza.<br />

Ugo Garbarini, Presidente OMCEO di Milano, ha poi sottolineato la tendenza alla burocratizzazione<br />

della professione medica, l’aberrazione della medicina difensiva (finalizzata non al<br />

bene del paziente ma alla tutela legale del medico) e il falso mito della medicina ipertecnologica<br />

e onnipotente (adesso non muore più nessuno!). Per lui, solo il richiamo alla missione del<br />

medico — mai come oggi così impopolare — e l’invito alla comunicazione con il paziente<br />

rappresentano il punto di svolta per una rivoluzione morale, antropologica e intellettuale di<br />

una classe in crisi di identità. Maurizio Sala, avvocato ed exallievo, è intervenuto su responsabilità<br />

giuridica e alleanza terapeutica, presentando e discutendo alcuni casi di giurisprudenza<br />

in materia sanitaria, mentre Antonio Frassini, altro esperto dell’Osservatorio di Bioetica,<br />

si è riferito al giuramento professionale attualizzato ed al codice deontologico medico.<br />

Il Forum si è concluso con la stesura di un documento finale, con la sintesi delle principali<br />

argomentazioni emerse durante i lavori.<br />

18


Punto di vista<br />

L’urgenza di evangelizzare<br />

Cosa intendiamo con il termine evangelizzazione? La Congregazione per la Dottrina della<br />

Fede ha suggerito che – in senso ampio – esso riassume l’intera missione della Chiesa e che<br />

quindi ha come destinataria l’intera umanità: “Evangelizzare significa non soltanto insegnare<br />

una dottrina, bensì annunciare il Signore Gesù con parole e azioni, cioè farsi strumento<br />

della sua presenza e azione nel mondo”. E’ una definizione molto ricca, che sottolinea come<br />

la missione della Chiesa non si racchiude nella celebrazione di se stessa, ma nella promozione<br />

del bene pieno e definitivo di tutti gli uomini. Essa rende presente il Signore Gesù che si è<br />

incarnato per noi uomini e per la nostra salvezza. Il Vangelo non è solo parola, ma è parola<br />

potente, ricca cioè di energia, di forza trasformatrice dell’uomo e della realtà sociale: vi si<br />

annuncia il Signore con la parola e con l’azione caritativa, educativa, liberatrice. Egli insegna<br />

e risana, dà compimento alle attese dell’uomo, manifesta l’autentico dell’amore, fino al dono<br />

totale di sé; è la Parola, la luce vera, la via, la verità, la vita piena, il pane di vita eterna, l’acqua<br />

viva. Evangelizzare è rendere presente, attuale e sperimentabile tutto ciò.<br />

Ma perché oggi è così urgente evangelizzare? Osservando l’attuale malessere sia dei giovani<br />

che degli educatori, è evidente che siamo nel mezzo di una vasta crisi educativa, la cui radice<br />

– secondo l’acuta analisi di Papa Benedetto XVI – risiede in una società e in una cultura che<br />

spesso fanno del relativismo il proprio credo. La via di uscita può consistere in uno stile educativo<br />

davvero autentico: vicinanza e fiducia, equilibrio tra libertà e disciplina, autorevolezza<br />

e responsabilità. È perciò necessario evangelizzare nella scuola e non accanto ad essa, percorrendo<br />

tre vie complementari e fortemente interdipendenti: cura dell’ambiente, valorizzazione<br />

della cultura ed espliciti itinerari di fede, che andrebbero intesi non come interventi isolati,<br />

extra-didattici, ma come momenti sapienziali, in<br />

un continuum coerente con la didattica, i contenuti<br />

culturali e le relazioni, in forte rapporto di interdipendenza<br />

e di arricchimento reciproco.<br />

Questo compito alto – per la scuola e per la formazione<br />

professionale – non solo di educare, ma<br />

anche di diventare strumento della presenza e<br />

dell’azione del Signore, potrà certamente essere<br />

arricchito dall’esperienza e dall’opera di ricerca<br />

di tutti gli educatori salesiani.<br />

don Pierfausto Frisoli<br />

Consigliere Regionale Salesiano<br />

per l’Italia e il Medio Oriente<br />

Su questo tema, don Pierfausto Frisoli ha sviluppato<br />

un’ampia relazione durante l’ultima Giornata Salesiana<br />

della scuola e della formazione professionale<br />

organizzata dall’Ispettoria Lombardo-Emiliana<br />

19


Le cappelle<br />

di via Rovigno<br />

L’excursus sulle cappelle officiate<br />

dai salesiani a Milano<br />

(presentate negli scorsi numeri<br />

di questo giornale) non si può limitare<br />

alle tre di via Copernico e a quelle di via<br />

Tonale, delle<br />

Abbadesse e<br />

della Stazione<br />

Centrale.<br />

Per completezza<br />

è necessario<br />

spostarsi, in verità<br />

non di molto,<br />

in via Rovigno,<br />

nella parrocchiasalesiana<br />

di S. Domenico<br />

Savio, dove<br />

troviamo la<br />

cappella feriale<br />

per i parrocchiani,<br />

quella nuovissimadell’oratorio<br />

e quella dedicata al Beato Piergiorgio<br />

Frassati nella casa per studenti Paolo VI.<br />

La cappella feriale si affaccia sul cortile<br />

dell’istituto e occupa con la sua pianta<br />

mistilinea un locale ricavato alle spalle<br />

dell’altar maggiore. Gli arredi sono improntati<br />

ad una genuina semplicità: la<br />

mensa d’altare è in legno e poggia su due<br />

montanti su cui è raffigurata una coppia<br />

di cherubini. Alle spalle del celebrante è<br />

appesa una copia in dimensioni ridotte<br />

del “Crocifisso di San Francesco”, ovvero<br />

di quell’icona della chiesa di S. Damiano<br />

ad Assisi per mezzo della<br />

quale fu rivelata a Francesco<br />

quale sarebbe stata la sua<br />

missione. Sulla parete destra<br />

tre stampe, raffiguranti Domenico<br />

Savio, Maria Ausiliatrice<br />

e don Bosco, precedono<br />

il tabernacolo la cui porta, in<br />

metallo sbalzato, raffigura Gesù come<br />

Buon Pastore. Quattro pile lignee reggono<br />

fiori ed un simulacromariano.<br />

Diversa origine<br />

ha invece avuto<br />

la nuovissima<br />

“cappellina”<br />

dell’oratorio,<br />

benedetta dal<br />

cardinale Tettamanzi<br />

in occasione<br />

della festa<br />

di don Bosco<br />

2009 (cfr. l’inserto<br />

di “PresenzaEducativa”<br />

n. 14). Si<br />

tratta di un piccolo<br />

ambiente appositamente progettato per<br />

affacciarsi sul nuovo patio nel cortile dell’oratorio.<br />

Il gioco e la preghiera devono stare a<br />

contatto e potersi alternare senza fratture, in<br />

modo naturale. La separazione architettonica<br />

tra i due spazi è anche l’elemento che illumina<br />

l’interno essendo costituita da una<br />

grande vetrata a tutta parete formata da lastre<br />

policrome alternate a ritratti a grisaglia<br />

di Cristo in mezzo ai giovani e legate a piombo<br />

dal laboratorio artigianale Magni. L’attenzione<br />

è catturata dal leggìo posto sotto<br />

un’icona di Cristo benedicente, unici elementi<br />

di arredo al di fuori delle sedie.<br />

20


Nel nostro tour abbiamo visto alcune cappelle<br />

ultracentenarie e molte nuovissime,<br />

tutte con qualche peculiarità e molta dignità<br />

ma — per concludere — sarebbe poco<br />

corretto non ricordare anche quelle che non<br />

esistono più. Tra esse è la prima cappella ad<br />

essere officiata dai salesiani a Milano nel<br />

mitico oratorio di via Commenda, attivo dal<br />

dicembre 1894 e della quale si persero le<br />

tracce con la chiusura dello stesso nel 1947.<br />

Dal Bollettino Salesiano sappiamo che quella<br />

cappella fu utilizzata per la festa di Maria<br />

Ausiliatrice del 1895. Anche le notizie sulla<br />

seconda cappella milanese sono estremamente<br />

scarse: si trattava del primo altare<br />

eretto in via Copernico, nel corpo di fabbricato<br />

parallelo alla via stessa e terminato nel<br />

1897. Era riservata alle scuole ed ebbe vita<br />

breve: fu benedetta dal Card. Ferrari il 15<br />

maggio 1897 e fu smontata nel 1899 con<br />

Il cardinale salesiano<br />

Tarcisio Bertone<br />

Segretario di Stato Vaticano<br />

Fogli di diario<br />

l’inaugurazione della cappella S. Ambrogio.<br />

In entrambi i casi doveva trattarsi di ambienti<br />

artisticamente spogli.<br />

Nel secondo dopoguerra i salesiani, già responsabili<br />

dell’assistenza religiosa in Stazione<br />

Centrale, furono chiamati ad occuparsi<br />

anche della cappellina dello smistamento<br />

ferroviario che divenne la più piccola<br />

tra le opere salesiane meneghine. Serviva<br />

all’assistenza religiosa dei figli dei ferrovieri<br />

e della gioventù delle zona Milano-Smistamento<br />

e Ortica. La chiesa, minuscola, era<br />

stata edificata dai ferrovieri stessi in memoria<br />

dei loro morti. In inverno ogni domenica<br />

bisognava portare fuori le panche per contenere<br />

almeno i ragazzi in piedi e in estate si<br />

celebrava all’aperto.<br />

BOTTA & RISPOSTA<br />

Il Vangelo è ottimismo<br />

Federico Oriani<br />

Dove sta andando la nostra società?<br />

Non in una buona direzione, mi pare, visto il pessimismo<br />

e la malvagità che la contraddistinguono…<br />

Quindi?<br />

Quindi non resta che rimboccarsi le maniche, come già faceva<br />

don Bosco. Oggi, serve più che mai una laboriosità gioiosa,<br />

anche — e soprattutto — perché il nostro modo di vivere,<br />

essendo molto complesso, ci porta spesso a scoraggiarci,<br />

fi n quasi ad arrenderci.<br />

E’ una proposta controcorrente…<br />

Non può essere che così.<br />

E’ fondamentale non lasciarsi risucchiare<br />

dal conformismo.<br />

Vede segnali positivi?<br />

Come no! Sono tanti i segni di speranza, che per fortuna<br />

offuscano la mediocrità ormai dilagante.<br />

In fondo, il Vangelo è… ottimismo!<br />

fs


Spiritualità salesiana<br />

Una “copia” di don Bosco?<br />

“Don Michele Rua, fedele discepolo di don Bosco” è espressione che ricorre<br />

come un leitmotiv nelle biografi e del beato.<br />

Di fronte a tali stereotipi e per ristabilire un minimo di verità, è necessario<br />

approfondire il confronto tra le virtù di don Bosco e quelle di don Rua<br />

Il 1 aprile 1934 — domenica di Pasqua e<br />

solenne chiusura del Giubileo straordinario<br />

della redenzione — Giovanni<br />

Bosco fu proclamato santo al termine<br />

della sua causa di beatificazione e di<br />

canonizzazione, iniziata a Torino il 4<br />

giugno 1890. La prima fase (cioè il<br />

processo ordinario, così chiamato perché<br />

condotto sotto la responsabilità<br />

del vescovo ordinario del luogo) venne<br />

chiusa il 1 giugno 1897, mentre la seconda<br />

(il processo apostolico sotto la responsabilità<br />

diretta della Santa Sede)<br />

iniziò a Roma dieci anni dopo e<br />

durò vent’anni, con esiti alterni.<br />

Dopo il riconoscimento dei<br />

quattro miracoli allora prescritti<br />

(due per la beatificazione e due per la canonizzazione), Pio XI poté infine procedere alla<br />

beatificazione di don Bosco e poi alla sua canonizzazione.<br />

E’ soprattutto il processo apostolico che illustra al meglio, pur con i limiti delle ricerche umane, il<br />

peculiare modello di santità incarnato dalla persona di cui si discute. Così, il confronto tra le rispettive<br />

Positiones di don Bosco e di don Rua consente di verificare le tangenze e le distanze dei<br />

due modelli. Secondo la procedura allora vigente, il processo apostolico era condotto con il metodo<br />

delle obiezioni (le cosiddette animadversiones proposte dall’ufficio del Promotore della Fede,<br />

cioè dal pubblico ministero della Sacra Congregazione, volgarmente chiamato avvocato del diavolo)<br />

e delle risposte (le responsiones preparate dall’avvocato [difensore] designato dalla Postulazione).<br />

Le obiezioni alla santità di don Bosco, che emergono dalla lettura della Positio, sono abbastanza<br />

note. Si tratta soprattutto della sua astuzia, orientata, secondo l’avvocato del diavolo, a un’ardente<br />

passione di successo personale e di guadagno economico. Vi entra anche, per gli stessi motivi,<br />

l’accusa di un certo plagio nei confronti dei ragazzi, con rilievi pesanti riguardo al mancato esercizio<br />

della prudenza, specialmente nei racconti di sogni e di premonizioni terrificanti; di non<br />

trasparenza (per usare il vocabolario di oggi) nella ricerca e nella gestione di elemosine e di eredità;<br />

di scarsa sobrietà nella mensa; e, finalmente, di disubbidienza pressoché sistematica all’arcivescovo<br />

di Torino, mons. Lorenzo Gastaldi.<br />

22


Spiritualità salesiana<br />

La prima fase della causa di beatificazione e di canonizzazione del Servo di Dio Michele<br />

Rua si svolse invece a Torino tra il 1922 e il 1928. Otto anni dopo, quando la canonizzazione<br />

di don Bosco era ormai avvenuta da più di due anni, iniziò la seconda fase della causa,<br />

che fu però rallentata dal periodo bellico, tanto che il Decreto sull’eroicità delle virtù fu<br />

promulgato soltanto nel 1953. Trascorsero ancora diciassette anni per il riconoscimento dei<br />

due miracoli prescritti per la beatificazione e finalmente, il 29 ottobre 1972, il venerabile<br />

Michele Rua fu solennemente beatificato a Roma, nella basilica di San Pietro, da Papa<br />

Paolo VI.<br />

La procedura introdotta da Giovanni Paolo II nel 1983 e tuttora vigente richiede un altro<br />

miracolo — e non due — per la canonizzazione. Tuttavia, benché la Postulazione abbia<br />

raccolto un lungo elenco di grazie attribuite all’intercessione di don Rua, al momento presente<br />

nessuna di esse si configura in maniera tale da consentire l’apertura di un processo sul<br />

miracolo. Quando questo processo sarà celebrato (a tale scopo è necessario promuovere nel<br />

popolo di Dio la conoscenza del beato, diffonderne il culto e raccomandarne l’intercessione)<br />

e se il giudizio degli organismi giudicanti sarà positivo, il Papa potrà procedere alla canonizzazione<br />

di don Rua.<br />

Lo studio del “processo apostolico” e l’esame della Positio super virtutibus di don Rua sono<br />

decisivi per il confronto tra il modello di santità rappresentato da don Bosco e quello incarnato<br />

da don Rua. Questa analisi, già compiuta da storici e biografi del calibro di Agostino<br />

Auffray, Eugenio Ceria e Joseph Aubry, è stata sintetizzata da Francis Desramaut nelle pagine<br />

conclusive della sua recente Vita di don Michele Rua primo successore di don Bosco,<br />

appena pubblicata in lingua italiana (Edizioni LAS, Roma), per la quale appare evidente<br />

che prudenza, temperanza e povertà sono le virtù che caratterizzano maggiormente il profilo<br />

spirituale di don Rua tracciato nella Positio.<br />

Anzitutto, don Rua praticò puntualmente la prudenza, contribuendo a far crescere dovunque<br />

la società salesiana: promosse nei confratelli la pietà e lo zelo per le anime; moltiplicò<br />

le spedizioni missionarie; approvò e sostenne chi desiderava dedicarsi all’apostolato dei<br />

lebbrosi; fece in modo che nei collegi si coltivassero la pietà, lo studio e la disciplina. E con<br />

grande energia – mai disgiunta dall’amorevolezza – non trascurò alcuna cosa che, secondo<br />

gli insegnamenti del Fondatore, potesse contribuire alla maggior gloria di Dio.<br />

Quanto alla temperanza, essa si traduceva per lui nel culto della regola (si dice che don Bosco<br />

ripetesse: “Don Rua è la regola vivente”): sorvegliava attentamente se stesso per concedere<br />

al corpo solo lo stretto necessario. Mai si concesse la siesta pomeridiana. Ogni giorno,<br />

dopo il pranzo, partecipava alla ricreazione con i confratelli, secondo le indicazioni della<br />

regola, mentre alla sera, dopo le preghiere, manteneva il religioso silenzio. Così pure osservava<br />

e faceva osservare tutte le prescrizioni, anche le più piccole, della sacra liturgia. Era<br />

temperante pure nel cibo: non lo si vide mai assumere alcun alimento fuori dai pasti e alla<br />

sua mensa di rettor maggiore non tollerava alcun privilegio. Per il sonno, al termine della<br />

sua estenuante giornata, si stendeva per cinque o sei ore su un divano trasformato in letto.<br />

Insomma, aveva imparato fin da ragazzo a non ascoltarsi mai, non certo per il gusto della<br />

mortificazione in se stessa, ma per rendere il corpo più docile al servizio della carità.<br />

23


Spiritualità salesiana<br />

Riguardo infine alla povertà, don Rua ne fece la sua compagna prediletta. Non aveva che<br />

due talari, una per l’estate e una per l’inverno, tutt’e due usate fino a logorarne la stoffa,<br />

ma sempre perfettamente ordinate. Per ventidue anni abitò la camera che era stata di don<br />

Bosco e non permise mai che qualche cosa ne fosse cambiata. Forse la sua lettera circolare<br />

più ispirata è quella del 31 gennaio 1907, dedicata appunto al tema della povertà, da lui<br />

definita il primo dei consigli evangelici. “La povertà, in se stessa, non è una virtù” vi si<br />

legge “ma lo diventa solo quando è volontariamente abbracciata per amore di Dio, come<br />

fanno coloro che si danno alla vita religiosa. Tuttavia anche allora la povertà non cessa di<br />

essere amara, perché anche ai religiosi impone dei gravi sacrifici, come noi stessi ne abbiamo<br />

fatto mille volte l’esperienza. Non è perciò da stupire se la povertà sia sempre il punto<br />

più delicato della vita religiosa, se ella sia come la pietra di paragone per distinguere una<br />

comunità fiorente da una rilassata, un religioso zelante da uno negligente… Di qui la<br />

necessità per parte dei Superiori di parlarne sovente e per parte di tutti i membri della<br />

famiglia salesiana di mantenerne vivo l’amore e intiera la pratica”.<br />

A questo punto, può destare qualche sorpresa e perplessità la conclusione più evidente a<br />

cui approda il confronto tra le due Positiones, cioè il fatto che le stesse virtù maggiormente<br />

invocate per delineare la santità di don Rua sono quelle costantemente impugnate per<br />

contestare la santità di don Bosco. E’ vero infatti che proprio la prudenza, la temperanza<br />

e la povertà sono i cavalli di battaglia delle animadversiones raccolte nella Positio del Fondatore.<br />

Si può vedere, al riguardo, come abbiano resistito tenacemente – fino alla Novissima<br />

positio super virtutibus, stampata per la congregazione generale coram sanctissimo<br />

dell’8 <strong>febbraio</strong> 1927 – le obiezioni alla prudenza di don Bosco (oltre che alla sua obbedienza),<br />

specialmente a causa della vicenda con mons. Gastaldi; e le obiezioni alla sua povertà,<br />

soprattutto a causa di una certa transazione di beni dei Servi di Maria.<br />

La risposta a queste e alle altre obiezioni giunse finalmente – oltre che dagli avvocati difensori<br />

– dall’autorità suprema del Papa. Al termine della medesima congregazione generale<br />

prima ricordata, con la quale si chiuse il processo apostolico, Pio XI ebbe a dire: “Il<br />

venerabile don Bosco appartiene alla magnifica categoria di uomini scelti in tutta l’umanità,<br />

a questi colossi di grandezza benefica e la sua figura facilmente si ricompone, se<br />

all’analisi minuta, rigorosa delle sue virtù, quale venne fatta nelle precedenti discussioni<br />

lunghe e reiterate, succede la sintesi che, riunendone le sparse linee, la restituisce bella e<br />

grande: una magnifica figura, che l’immensa, insondabile umiltà non riusciva a nascondere”.<br />

E qualche anno dopo, nell’omelia della canonizzazione, il Santo Padre avrebbe solennemente<br />

definito quella magnifica figura come l’apostolo della gioventù, interamente dedito<br />

alla gloria di Dio e alla salute delle anime, distintosi per arditezza di concetti e modernità<br />

di mezzi in ordine all’educazione completa dell’uomo.<br />

Il riconoscimento delle virtù di don Bosco non poteva essere più pieno né più autorevole.<br />

D’altra parte, la pratica delle medesime virtù aveva in lui quel tanto di inedito e di ardimentoso<br />

– per riecheggiare il linguaggio di Pio XI – che può spiegare, almeno in parte, le<br />

animadversiones citate.<br />

24


Ebbene, la ricezione assai differente della<br />

santità di don Rua rispetto a quella del<br />

Fondatore – come attesta con sufficiente<br />

chiarezza il confronto tra le due Positiones<br />

– dimostra che egli non fu la copia di don<br />

Bosco. Se lo stereotipo del fedele discepolo<br />

dovesse significare questo, sarebbe certamente<br />

da rigettare. In ogni caso, è da preferire<br />

l’espressione adottata dal rettor maggiore<br />

nella sua lettera del 24 giugno 2009,<br />

con la quale egli indice un anno dedicato<br />

alla memoria del beato Michele Rua nel primo<br />

centenario della sua scomparsa: qui infatti<br />

don Chávez parla di don Rua come di<br />

un discepolo fedele di Gesù sui passi di don<br />

Bosco.<br />

In realtà, assai più che una semplice copia<br />

del Fondatore, il primo successore di don<br />

Il beato Michele Rua, primo successore di Don Bosco<br />

Bosco appare – anche nella vita spirituale e<br />

nell’itinerario della santità salesiana – come<br />

colui che ha fatto della sorgente, una corrente, un fiume. Conservando intatta la propria irrepetibile<br />

personalità – che era ben diversa da quella di don Bosco – egli ha approfondito e sistematizzato<br />

in un progetto di vita personale e comunitaria il cammino di perfezione di san Giovanni<br />

Bosco, percorrendo una via propria, originale. In questo senso va interpretata l’affermazione<br />

di Angelo Amadei (che cita a sua volta don Paolo Albera) là dove si legge che don Rua<br />

“riuscì a riprodurre in se stesso nel modo più perfetto il modello” del Fondatore. Per questo<br />

motivo, infine, il beato Michele Rua rappresenta la chiave di lettura migliore – e quasi obbligatoria<br />

– per comprendere a fondo il modello di santità realizzato da san Giovanni Bosco.<br />

don Enrico dal Covolo<br />

Postulatore Generale per le cause dei Santi<br />

promosse dalla Congregazione salesiana<br />

Dal 28 ottobre al 1 novembre 2009 si è tenuto a Torino-Valdocco il primo Convegno<br />

Internazionale di Studi dedicato a “Don Michele Rua, primo successore di Don Bosco”,<br />

in occasione del centenario della morte del Beato (avvenuta il 6 aprile 1910) e<br />

dell’anno speciale che il Rettor Maggiore ha indetto nella sua memoria (31 gennaio<br />

<strong>2010</strong> / 31 gennaio 2011).<br />

Al Convegno, organizzato dall’Associazione Cultori di Storia Salesiana e dall’Istituto<br />

Storico Salesiano, hanno partecipato studiosi provenienti da numerose nazioni.<br />

Quella qui pubblicata è la sintesi della prima relazione, tenuta da don Enrico<br />

Dal Covolo in qualità di Postulatore Generale della Cause dei Santi della Famiglia<br />

Salesiana.


La costruzione<br />

del “brand”<br />

Un marchio compare nella visione del fruitore dell’immagine<br />

come elemento distintivo dell’attività e dell’essere di un’azienda, di un<br />

prodotto, di una organizzazione, di una persona. Oltre al fattore tecnico estetico<br />

della sua realizzazione, è ovviamente necessario che chi lo progetta cerchi di tradurre<br />

in elemento di comunicazione visiva ciò che intende comunicare nel contenuto. Questo implica<br />

una capacità critica e sistematica della realtà (che in una parola si potrebbe definire “cultura”) del<br />

grafico creativo che non si può basare solo su talento estetico o abilità tecniche. Perciò, la formazione<br />

del tecnico grafico nelle nostre scuole non può prescindere — per la realizzazione del<br />

marchio come per tutte le altre attività — dalla formazione culturale e umana complessiva e<br />

quindi da una serie di interventi didattici e formativi che investono a 360 gradi la sensibilità dello<br />

studente, inteso come persona in formazione.<br />

La stessa disciplina che negli istituti tecnici industriali per le arti grafiche contiene l’insegnamento<br />

del disegno del brand ha contenuti culturali ampi e il suo nome — Storia e tecniche della comunicazione<br />

visiva — li esprime solo in parte: oltre a Disegno, Storia dell’arte, Storia del carattere<br />

e della comunicazione visiva, Tecnologia e Laboratorio grafico ne costituiscono l’ossatura<br />

fondamentale. Nel percorso globale degli ITI gli studenti affrontano parallelamente altre discipline,<br />

come Diritto ed Economia aziendale (con tuttta la normativa sulla registrazione del brand<br />

e sul diritto d’autore), Lettere (Italiano e Storia) e Lingua inglese che rafforzano questo principio.<br />

Ma tutto questo vale per la formazione in genere.<br />

Il brand deve declinare i valori più seri dell’attività che rappresenta e di questi ovviamente cerca<br />

di rappresentare quelli più immediati nella comunicazione. La forma di comunicazione deve essere<br />

quindi semplice, rapida nella comprensione ma non deve essere assolutamente banale, ovvero<br />

priva di contenuto. E’ inoltre un grave elemento di responsabilità.<br />

Recentemente l’AIAF (Associazione Analisti Finanziari) ha inserito il brand nei criteri utilizzati<br />

per la quotazione in borsa delle società, oltre a una serie di interessantissimi altri intangibles assets,<br />

tra i quali la qualità dei manager, la ricchezza di idee, il turn over dei collaboratori e l’età del<br />

personale. Non più quindi solo valori di bilancio. Si legge nel supplemento del n.46 della rivista<br />

dell’Associazione, riguardo i metodi di misurazione e valorizzazione degli intangibles: «Il brand è<br />

frutto spesso della combinazione tra innovazione e struttura organizzativa, inteso come immagine<br />

dell’azienda e non solo nell’accezione di marchio commerciale, il quale rappresenta una serie<br />

di benefici intangibili che gli utenti finali associano ai diversi player del mercato ed è fondamentale<br />

nel processo di acquisto e consumo, in quanto il suo ruolo è quello di identificazione, garanzia<br />

e personalizzazione dei beni e servizi stessi. Le aziende stanno quindi portando avanti strategie<br />

sempre più brand oriented dovute alla consolidata ed acquisita consapevolezza che tale asset<br />

intangibile sta diventando il centro dei rapporti tra l’impresa ed il mercato ed è il presupposto per<br />

sviluppare la satisfaction dei clienti ed accrescere il capitale di fiducia e riconoscibilità del mar-<br />

26


Didattica<br />

chio che una impresa è stata in grado di costruire nel tempo. Secondo molti autori, il brand è<br />

quindi in grado di spiegare ampia parte del valore che può essere creato dagli intangibles value<br />

drivers». La creazione di un brand diventa allora un fatto di responsabilità sempre più grande, che<br />

unisce alla classica responsabilità del grafico di fare cose utili e belle quella di rappresentare il<br />

meglio del soggetto analizzato secondo un criterio di realismo (di verità).<br />

Dal punto di vista della realizzazione dell’esecutivo, l’ottenimento del marchio è un fatto più tecnico<br />

che creativo. La creatività ne è sicuramente parte importante, ma non fondamentale. La creazione<br />

del grafismo è questione di metodo, in cui l’intervento creativo dà caratteristiche di eccellenza<br />

senza però precludere la possibilità a chi ha meno fantasia di realizzare validi segni di comunicazione<br />

visiva. Trattandosi di una questione di metodo, essa è facilmente inseribile in un percorso<br />

didattico, perché schematizzabile in passaggi precisi che soddisfano obiettivi altrettanto precisi:<br />

comunicazione, riproducibilità, versatilità di applicazione, eccetera. Tra i prerequisiti richiesti,<br />

l’elemento irrinunciabile nell’ambito della progettazione di un marchio è una buona conoscenza<br />

tecnica del disegno, che implica la conoscenza, almeno di base, della geometria e del lettering.<br />

Questo consente la creazione di grafismi credibili sia sul piano esecutivo che su quello stilistico,<br />

indipendentemente dallo strumento utilizzato per crearli (a mano o con l’ausilio del computer).<br />

Come già osservato, lo studio e la realizzazione del brand è per sua natura interdisciplinare e offre<br />

svariate possibilità di applicazione perché, partendo dalla progettazione del marchio, si arriva a<br />

toccare le diverse ramificazioni della comunicazione visiva e della multimedialità e le discipline<br />

ad essa trasversalmente collegate. L’esercitazione didattica sul brand nella scuola è quindi – oltre<br />

che momento formativo – preziosa occasione di verifica interdisciplinare del percorso complessivo<br />

dello studente, della sua crescita tecnico professionale ma anche culturale e umana.<br />

Milano, Assolombarda<br />

30 ottobre 2009<br />

I ragazzi dell’ITI Don Bosco<br />

alla cerimonia di premiazione<br />

del concorso nazionale<br />

“Un marchio per il marketing”,<br />

promosso dall’AISM<br />

(Associazione Italiana<br />

Marketing).<br />

Al centro, Dario Panciera<br />

autore della relazione<br />

che ha dato spunto<br />

a questo articolo<br />

Dario Panciera<br />

coordinatore settore Grafico<br />

I.T.I. per le Arti Grafiche e la Comunicazione“Don Bosco” - Milano<br />

CFP Cnos Fap - Regione Lombardia


Dentro i cortili<br />

La vita, tra inizio e compimento<br />

Buona riuscita degli incontri riservati alle ultime classi dei licei sul tema della vita<br />

Anche quest’anno, la proposta di riflessione<br />

rivolta alle classi dei maturandi del<br />

S.Ambrogio ha coinvolto e colpito tutti gli<br />

studenti. L’argomento scelto — la vita<br />

nelle sue due fasi di nascita e morte — è<br />

certamente di difficile discussione e i ragazzi<br />

si sono trovati ad affrontare tematiche<br />

basilari per chiunque voglia dare un<br />

senso alla propria vita. Certo, non tutti<br />

sono partiti con cuore aperto...<br />

C’era ad esempio chi pensava ai soliti incontri<br />

di taglio moralistico (“tutta teoria<br />

e, poi, dei sentimenti chi si cura?”) ed è sceso<br />

nella sala Sant’Ambrogio — che ha<br />

ospitato i tre momenti — con aria diffidente.<br />

O chi non aspettava che di lanciare<br />

la sua provocazione, sperando di confrontarsi<br />

su argomenti difficili con gli esperti.<br />

Alcuni, partiti con idee chiare in testa, le<br />

hanno cambiate completamente, altri invece,<br />

confusi, hanno forse trovato un ordine<br />

al groviglio delle loro riflessioni partorite<br />

negli anni di vita adolescenziale. Di<br />

certo, nessuno avrebbe pensato di assistere<br />

ad una condivisione così intensa di<br />

esperienze vissute: i due medici si sono<br />

raccontati semplicemente, senza pretese,<br />

umanamente e così hanno conquistato la<br />

partecipazione dei ragazzi.<br />

Il primo incontro, sul tema della nascita, ha<br />

visto protagonista Agostino Mangia, ginecologo<br />

ed esperto in ostetricia. Dopo una<br />

rapida presentazione del processo biologico<br />

di concepimento, egli ha parlato dell’importanza<br />

dell’istinto alla procreazione, che supera<br />

la dimensione propriamente animale,<br />

volta alla sopravvivenza della specie e si trasforma<br />

invece in un vero e proprio dono, la<br />

vita; dono completamente gratuito, perché<br />

quello materno è un amore che viene da<br />

dentro, la volontà di partecipare al ciclo naturale<br />

di riproduzione e di ringraziare<br />

dell’opportunità di vivere che ci è stata concessa.<br />

Impegno certo gravoso, ma anche<br />

stupendo, se carico d’affetto.<br />

28


Un genitore è ben consapevole che, donando<br />

la vita, dona anche la morte: è il naturale<br />

ciclo dell’esistenza, per cui ogni cosa ha<br />

un inizio e una fine, così come ogni essere<br />

vivente nasce, vive, invecchia e poi muore.<br />

Bisogna imparare ad accettare le naturali<br />

conseguenze di un dono di questa portata.<br />

Nella vita non tutto sarà piacevole e fonte<br />

di felicità e per chiunque arriva un periodo<br />

buio, di angoscia, dolore o fatica. E spesso<br />

la sofferenza giunge alla fine della vita,<br />

quando la malattia consuma ed è difficile<br />

mantenere uno sguardo di gratitudine verso<br />

la vita stessa. I volti dei ragazzi, di fronte<br />

a tali riflessioni, si sono fatti pensierosi:<br />

chiaro segno di condivisione di quel cammino<br />

di gioie, speranze e momenti duri che<br />

accomuna tutti.<br />

Proprio sul filo rosso della sofferenza e della<br />

malattia (inevitabili, perché naturali) si è<br />

incentrato il secondo incontro, riguardante<br />

la morte e le cure palliative.<br />

Simona Ianna, specialista in terapia del dolore,<br />

ha invece parlato del suo lavoro presso<br />

le strutture specializzate nel trattamento dei<br />

Dentro i cortili<br />

malati terminali, gli hospice, pensati proprio<br />

per coloro che, non rispondendo più al<br />

normale trattamento ospedaliero, hanno bisogno<br />

di cure particolari che li accompagnino<br />

serenamente al termine della loro vita.<br />

Talvolta, quando è possibile, i malati preferiscono<br />

rimanere nella propria casa in questo<br />

delicato passaggio ed è proprio qui che<br />

entrano in azione specialisti come la dottoressa<br />

Ianna. Il supporto offerto dall’equipe<br />

di medici è sia terapeutico (visite, medicinali,<br />

sessioni di ginnastica riabilitativa) che,<br />

soprattutto, psicologico. Il malato terminale<br />

— ha spiegato la Ianna — ha ovviamente<br />

diritti pari a quelli di qualsiasi altro paziente;<br />

perciò, deve essere considerato come<br />

un uomo in piena salute: i suoi desideri vanno<br />

assecondati e — fatto di basilare importanza<br />

— non deve essere mai abbandonato<br />

a se stesso.<br />

Spiegata brevemente la parte pratica del<br />

suo lavoro, la relatrice ha poi raccontato la<br />

sua esperienza personale, lasciando trasparire<br />

i dubbi e le angosce del medico che, di<br />

fatto, deve avere forza... per due persone:<br />

per sostenere il malato nei momenti di<br />

sconforto, rispettare i suoi tempi, capire i<br />

suoi gesti e la sua volontà ma, allo stesso<br />

tempo, nonostante le difficoltà che queste<br />

azioni comportano, per vivere serenamente<br />

la propria vita.<br />

Grande l’emozione dei ragazzi davanti a<br />

questi racconti di vita tanto che molti, al termine,<br />

sono rimasti a porre domande, o semplicemente<br />

a ringraziare i due specialisti.<br />

A questi incontri ne è poi seguito un terzo<br />

con Giuseppe Anzani, magistrato ed editorialista<br />

di Avvenire, che si è occupato della<br />

tutela della vita dal punto di vista giuridico.<br />

29<br />

Giulia Barazzutti


L’Africa ti spiazza<br />

Mi è stato chiesto di scrivere un articolo e, se da una parte ne sono molto felice e lusingata,<br />

dall’altra sono parecchio preoccupata… In queste poche righe infatti vorrei riuscire a fare una<br />

cosa difficilissima per me: trasmettere, almeno in piccolissima parte, quello che l’estate scorsa è<br />

stato il mio periodo trascorso in un quartiere, Mekanissa, di una città, Addis Abeba, di uno stato,<br />

Etiopia, in un continente, Africa.<br />

Siamo partiti in dodici, poi smistati in alcune delle missioni salesiane.<br />

I progetti riguardanti la missione di Mekanissa sono l’oratorio dei bambini di Donato con la<br />

scuola elementare e quella professionale, la clinica di Asco e le suore gasparine. Donato ha avviato<br />

con altri salesiani un progetto grazie al quale centinaia di bambini hanno un pasto caldo, un<br />

luogo dove giocare, studiare, lavarsi. Asco è la clinica per bambini sieropositi ed è un tangibile<br />

segno della speranza di allievare la grave piaga dell’aids in Etiopia. Le suore gasparine invece con<br />

affetto e pazienza ospitano coloro che, dopo essere stati operati oppure in attesa di esserlo, non<br />

hanno un posto in cui vivere. Questi progetti sono degli spiragli di luce per la gente, dei veri e<br />

propri miracoli!<br />

Scesa dall’aereo, non sapevo cosa aspettarmi… Certo, ci eravamo preparati, avevamo parlato<br />

con ragazzi e ragazze che erano già partiti, visto le foto, imparato qualche parola in amarico…<br />

ma ho maturato questa convinzione: non si è mai totalmente pronti, perché l’Africa ti spiazza.<br />

30


Amici del Sidamo<br />

Abbiamo visto dove e come abitano, ci hanno raccontato le loro storie… storie che ti entrano<br />

nel cuore… Come potremmo dimenticarci di Bailo? Un ragazzo di 18 anni che, dopo<br />

varie operazioni tra cui alcune sbagliate, ora pesa 27 chili… e sua madre a fianco del suo<br />

letto piange, ma non sono lacrime disperate, lei è contenta e ringrazia perché suo figlio è<br />

ancora vivo.<br />

Non possiamo nemmeno dimenticarci dei bambini e dei ragazzi dell’oratorio… Mi ricordo<br />

il mio primo pomeriggio, non sapevo bene come comportarmi… Ad un certo punto, un<br />

bambino mi prende per mano e mi trascina e io non capivo, poi mi mette in mano una scatola<br />

e a gesti mi spiega che dovevo distribuire i biscotti che c’erano dentro. Era meraviglioso<br />

quando ti correvano incontro e ti prendevano la mano…<br />

Uno dei momenti più belli durante la giornata era quello del pranzo. I bambini si sedevano<br />

per terra e aspettavo che portassero il loro piattino con un po’ di pasta o riso e un frutto; mi<br />

sembravano così piccoli e indifesi… Allora, sedendomi a guardarli in un angolo, mi rendevo<br />

conto della loro totale innocenza. Sicuramente non si sono scelti loro questa vita; noi — che<br />

gratuitamente abbiamo ricevuto così tanto — come potremmo stare con le mani in mano?<br />

Durante questo mese io, Alice e Chiara siamo state ospiti di una famiglia di volontari:<br />

Sebastiano che dirige la scuola professionale di meccanica, Fulvia medico di Asco e i<br />

loro tre figli Sara, Daniel e la piccola Marta. E’ fantastico sapere che ci sono degli eroi<br />

in questo mondo che tutte le mattine nonostante tutto si alzano e combattono per dare<br />

un futuro a chi è stato così sfortunato. Purtroppo,<br />

spesso noi occidentali pensiamo di essere quelli<br />

civilizzati e vogliamo andare nei luoghi del bisogno<br />

per insegnare… In realtà chi non ha niente<br />

(sembra assurdo dirlo ma, credetemi, è così!) è<br />

capace di darti tutto… altrimenti come si spiegherebbe<br />

che io sono così riconoscente verso<br />

di loro?<br />

Possiamo pensare di fare qualcosa per l’Etiopia?<br />

Certo! Ognuno di noi è una piccola goccia, ma<br />

non dimentichiamoci che — come diceva<br />

Madre Teresa — tante piccolo gocce<br />

messe insieme formano l’oceano!<br />

“Ogni istante che Dio ti dona è un tesoro<br />

immenso! Non buttarlo, non correre<br />

sempre alla ricerca di chissà<br />

quale domani…<br />

Vivi meglio che puoi, pensa meglio che<br />

puoi e fai del tuo meglio oggi! Perché<br />

l’oggi sarà presto il domani e il domani<br />

sarà presto l’eterno!”<br />

31<br />

Federica Colombo


Il nostro campo di lavoro è partito sabato<br />

12 dicembre alle 14.30, quando i ragazzi<br />

hanno iniziato a riempire il cortile della<br />

scuola già prima dell’orario indicato, accolti<br />

dai responsabili dell’Associazione<br />

Amici del Sidamo. Dopo essere saliti nelle<br />

camere per sistemare i bagagli, ci siamo ritrovati<br />

tutti in teatro: circa 200 tra educatori,<br />

ragazzi e genitori.<br />

Esperienze<br />

Donarsi con gioia<br />

Il “Campo Calendari” ha recentemente coinvolto l’intera scuola<br />

Secondaria di Primo Grado del nostro Istituto S.Ambrogio<br />

Nel giro di pochi secondi, il Sales ha cambiato<br />

aspetto, passando dalla confusione generale<br />

a un’atmosfera quasi surreale. Calato il<br />

silenzio, abbiamo vissuto un bellissimo momento<br />

di preghiera e riflessione che ci ha aiutato<br />

a capire il vero significato dell’esperienza<br />

che ci apprestavamo a vivere. Un video<br />

con le immagini dell’Etiopia, una bellissima<br />

meditazione ed ecco che i nostri ragazzi sono


stati mandati a piccoli gruppi — accompagnati<br />

dai genitori e dai ragazzi del Sidamo<br />

— per le vie del centro di Milano. Così, la<br />

zona tra Piazza Duomo e il Castello Sforzesco<br />

ha subìto un’improvvisa trasformazione,<br />

colorandosi di arancione e riempendosi di<br />

ragazzi che proponevano l’acquisto di un calendario<br />

in cambio di un’offerta per le Missioni<br />

salesiane in Etiopia. I ragazzi erano entusiasti<br />

e sul loro viso si vedeva la gioia di<br />

mettersi al servizio degli altri, anche solo per<br />

un giorno. Verso sera, il ritorno alla base. Il<br />

cortile della scuola si è nuovamente riempito<br />

di ragazzi che, contenti, scambiavano idee e<br />

opinioni su quanto vissuto, raccontandosi<br />

anche qualche incontro particolare.<br />

Ma il campo era solo all’inizio: ci restava da<br />

vivere ancora molto tempo insieme.<br />

La cena è stata preparata da alcuni genitori,<br />

resisi disponibili per l’occasione: un piatto di<br />

pasta, una cotoletta e tanta, tanta allegria,<br />

per saziare tutti, anche i più affamati! Dopo<br />

cena, ancora tre momenti importanti: con il<br />

gioco, che ha coinvolto tutti, persino i professori,<br />

alle prese con un’agguerrita partita a<br />

pallavolo; in palestra dove, divisi a gruppi, si<br />

è potuto riflettere sull’intera giornata; in<br />

cappella, per una bellissima veglia di pre-<br />

ghiera. Incredibile<br />

l’atteggiamento dei ragazzi,<br />

circa 180, ma concentrati e<br />

silenziosi, come catturati in pieno dalla<br />

splendida esperienza che stavano vivendo.<br />

Terminata la veglia, ci si è infine divisi nelle<br />

varie camere, per trascorrere la notte.<br />

Il giorno seguente, suonata la sveglia, dopo<br />

la preghiera e una veloce colazione sempre a<br />

cura dei genitori, di nuovo per le vie del centro,<br />

a vendere ancora qualche calendario. In<br />

tarda mattinata, la celebrazione eucaristica e<br />

poi tutti a mangiare una splendida pizza, prima<br />

— purtroppo! — del ritorno a casa.<br />

Era la prima volta che mi capitava di vivere il<br />

Campo Calendari e sono veramente contenta<br />

di avervi partecipato, poiché mi ha fatto constatare<br />

l’entusiasmo, la partecipazione e la<br />

grande disponibilità dei nostri ragazzi e che<br />

ha dato tanto anche a noi adulti, permettendoci<br />

di riflettere — almeno per un giorno —<br />

su temi grandi come quello della povertà e<br />

della sofferenza, con l’opportunità di vivere il<br />

Natale in un’ottica completamente diversa.<br />

33<br />

Samanta Grana<br />

volontaria in Servizio Civile


Profeta di carità<br />

L’esempio dei padri<br />

Don Gnocchi è beato.<br />

La solenne cerimonia si è svolta lo scorso 25 ottobre<br />

in piazza del Duomo a Milano, davanti a 50mila fedeli.<br />

In queste pagine, un breve ritratto della sua vita<br />

e la testimonianza di don Vittorio Chiari<br />

Dalle organizzazioni giovanili fasciste alla Resistenza. E in mezzo la guerra, prima in<br />

Albania, poi in Russia, con la tragica esperienza della ritirata nella sacca del Don. Sempre<br />

da educatore, prete fino in fondo, con i piedi ben piantati per terra e gli occhi costantemente<br />

al cielo. La vita di don Carlo Gnocchi (1902- 1956), il papà dei mutilatini è<br />

stata un’avventura umana e spirituale intensissima, coronata dalla grande opera di carità<br />

nata in favore degli orfani della guerra e dei piccoli dilaniati dalle bombe.<br />

Nato a San Colombano al Lambro il 25 ottobre 1902, sacerdote dal 1925, prima a Cernusco<br />

sul Naviglio e poi nella parrocchia di San Pietro in Sala a Milano, don Gnocchi fu cappellano<br />

nell’Opera nazionale Balilla e nella Legione Universitaria milanese. Nominato assistente<br />

spirituale all’Istituto Gonzaga, quando vide che i suoi ragazzi cominciavano a partire per<br />

il fronte decise di seguirli, per sostenerli là dove andavano.<br />

Nel 1941 l’Albania, nel luglio 1942 la Campagna di Russia come cappellano militare nella<br />

Divisione alpina Tridentina. E’ qui che nasce l’idea di un’opera di carità. Don Gnocchi si<br />

china sui morenti, ascolta le loro ultime parole, li conforta con la fede. Chinato su quei Cristi<br />

in croce, Buon samaritano nel gelo e nella battaglia, promette di prendersi cura degli<br />

orfani. «Padre, le affido mio figlio». «Ci penserò io».<br />

Rientrato in Italia, prende parte alla Resistenza e intanto sale sui monti a rintracciare le<br />

famiglie dei suoi alpini, scopre la miseria e la fatica e decide di fare qualcosa. Nell’aprile del<br />

1944, la Prefettura di Como gli affida la direzione dell’Istituto Grandi Invalidi di guerra ad<br />

Arosio e lui lo apre agli orfani di guerra. Poi, l’8 dicembre 1945 arriva il primo mutilatino,<br />

Paolo Balducci.<br />

34


Ne seguiranno tanti altri, a migliaia. Don Gnocchi trova la forza, il modo e i soldi per aprire altre<br />

case, accoglie i mutilatini e i mulattini (figli di donne italiane e soldati americani di colore) e poi<br />

anche i poliomielitici, di cui allora in Italia nessuno si occupava.<br />

Il profeta della carità si batte instancabilmente per i suoi ragazzi, li cura nel corpo e nello spirito,<br />

frequenta i ricchi e i politici (fu molto amico di Giulio Andreotti, che lo aiutò a consolidare la sua<br />

opera) per trovare soldi e nuovi spazi. Nel 1948 nasce la Federazione Pro Infanzia Mutilata, che<br />

poi diventa Pro Juventute e oggi si chiama Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus.<br />

La sua vita trascorre velocissima, in una dedizione totale ai piccoli sofferenti che sfiora la santità,<br />

una santità fatta di sacrificio quotidiano e dono totale di sé. Poi, nell’autunno del 1955, la scoperta<br />

di un tumore allo stomaco. Don Gnocchi muore il 28 <strong>febbraio</strong> 1956 alla Clinica Columbus<br />

di Milano, ma prima organizza il suo ultimo dono, quello delle cornee, che il professor Cesare<br />

Galeazzi impianta di nascosto (l’Italia non aveva ancora una legge sui trapianti) in due ragazzi,<br />

Silvio Colagrande e Amabile Battistello.Per chi l’aveva conosciuto don Gnocchi era già santo. Il<br />

25 ottobre scorso è diventato beato, grazie al miracolo riconosciuto per la sopravvivenza di un<br />

elettricista bergamasco, Sperandio Aldeni, che l’aveva invocato nel momento in cui il suo corpo<br />

venne attraversato da una scarica da 15 mila volt nel 1979. Ma il suo vero miracolo è stato quello<br />

di indicare con chiarezza e credibilità la via dell’amore e della solidarietà in tempi in cui il male<br />

sembrava dover vincere sul bene. Don Gnocchi sapeva che non doveva accadere e si è speso fino<br />

all’ultimo in questa sua santa battaglia.<br />

35<br />

Roberto Parmeggiani<br />

Dell’autore di questo articolo è da poco uscita per le edizioni San Paolo Don Carlo<br />

Gnocchi imprenditore della carità, che racconta la vita del santo attraverso il racconto di<br />

chi gli è stato vicino e che ha ricevuto il suo aiuto (in particolare la testimonianza degli alpini,<br />

l’intervista a Silvio Colagrande e la storia di Sperandio Aldeni). Il libro comprende anche alcu-<br />

Fondazione Don Carlo Gnocchi oggi.<br />

Roberto Parmeggiani ha lavorato per tre anni al quotidiano Avvenire e poi a Famiglia Cristiana,<br />

dove è caporedattore. A Don Gnocchi aveva già dedicato un altro libro, Ho conosciuto<br />

don Gnocchi. I testimoni raccontano, uscito nel 2000.


UN PRETE<br />

CHE SA<strong>PE</strong>VA<br />

“INCARNARSI”<br />

NEGLI ALTRI<br />

Nell’occasione della<br />

beatificazione di don<br />

Carlo Gnocchi, ho riletto<br />

Cristo con gli alpini,<br />

un suo libro, ristampato<br />

in anastatica, nel<br />

centenario della nascita,<br />

in numero limitato di copie: 1000. La mia<br />

è la numero 0860. La conservo come memoria<br />

dolcissima di un grande Educatore, che dentro<br />

aveva un pizzico di Don Bosco. Non solo<br />

perché aveva frequentato la seconda ginnasiale<br />

a Milano dai salesiani di via Copernico −<br />

una splendida pagella con un due in latino nel<br />

primo trimestre e un sette e mezzo finale (vedere<br />

“Presenza Educativa” n.16, giugno 2009,<br />

p. 17) − ma perché di don Bosco, ottimo traduttore<br />

del Vangelo in campo educativo, aveva<br />

appreso quel principio dell’incarnazione che<br />

gli ha permesso di essere prossimo ai suoi ragazzi,<br />

ai suoi alpini negli anni della guerra.<br />

Leggendo l’introduzione di Cristo tra gli alpini,<br />

firmata nel 1942 da Innocenzo Cappa, appare<br />

la figura del Cappellano, di don Carlo,<br />

proprio nel suo “incarnarsi” nella vita dei<br />

suoi giovani alpini: «Il Cappellano che non sale<br />

sugli autocarri per risparmiarsi la fatica, che<br />

non abbassa il capo per non esporsi alle armi<br />

nemiche, che non mormora in fretta le sue preci<br />

per diminuire a sé medesimo il tempo del più<br />

L’esempio dei padri<br />

grave rischio, che fisicamente patisce con il più<br />

anonimo degli scarponi, che cade con lui, che si<br />

infanga come lui, diventa per l’anima rude ed<br />

eroica dell’alpino l’ambasciatore del Cielo fra<br />

gli spasimi della terra».<br />

E’ per questo suo mettersi nei panni dell’altro<br />

che «a lui, l’alpino si confida e gli sorride benché<br />

per natura sia avaro di sorriso, a lui chiede<br />

consiglio ed aiuto per le lettere che deve scrivere<br />

e per comprendere l’altro significato delle<br />

lettere che riceve».<br />

Don Carlo non era isolato dai suoi giovani,<br />

ma accomunato alla loro sorte: «Questo mangiare<br />

lo stesso pane (com’è bello, in linea,<br />

quando arriva la spesa mettersi in fila con gli<br />

altri a ricevere la razione!), questo dormire accanto<br />

agli altri, distesi per terra, nell’uguaglianza<br />

macerante della stanchezza e del sonno,<br />

questo marciare con il Battaglione incorporati<br />

nel reparto, polverosi come gli altri, col sacco in<br />

spalla come tutti, cantando a piena voce le canzoni<br />

alpine, dà il senso vivo di una comunione<br />

così intima e così eroica che ogni cosa, anche la<br />

più umile e ordinaria, si trasfigura nello spirito<br />

all’altezza e alla solennità di un rito e di un sacerdozio<br />

nuovo».<br />

Per don Carlo, insomma, non solo compartecipazione<br />

di vita, ma vera e propria incarnazione.<br />

Così dovrebbe essere per tutti coloro<br />

che si sentono responsabili di altre persone:<br />

preti e suore, educatori, genitori in famiglia,<br />

insegnanti nella scuola.<br />

don Vittorio Chiari<br />

direttore dell’Opera Salesiana S.Domenico Savio<br />

e del Collegio Universitario Paolo VI - Milano<br />

36


Exallievi<br />

Il nuovo vessillo<br />

Nel 2008, la Federazione Lombarda exallievi / e di don Bosco aveva indetto<br />

un concorso di idee per la realizzazione della propria bandiera / vessillo.<br />

La partecipazione a questa competizione grafi ca era riservata agli allievi delle scuole salesiane<br />

della Lombardia di ogni ordine e grado<br />

Anche il settore grafico delle nostre<br />

Scuole Professionali di via Tonale è<br />

sceso in campo con una mini taskforce<br />

coordinata da Andrea Cugini<br />

(formatore delle discipline di Disegno<br />

Grafico e Comunicazione) e<br />

composta dagli studenti Matteo Alparone,<br />

Elisa Maggi, Diego Passoni,<br />

Giulia Petrocelli, Mara Salveti ed<br />

Alice Sorrentino. Il lavoro di questo<br />

piccolo gruppo di allievi volenterosi<br />

(è il caso di dirlo, visto che si sono<br />

trovati a lavorare al progetto fuori<br />

dalle ore di lezione in un periodo di<br />

cinque settimane) ha portato buoni<br />

frutti. Infatti, il concorso è stato vinto<br />

da Diego Passoni il cui progetto è<br />

ora l’immagine del nuovo vessillo.<br />

La premiazione è avvenuta durante<br />

il Forum di Bioetica organizzato dalla<br />

Federazione Lombarda exallievi,<br />

tenutosi lo scorso novembre a Milano<br />

presso il Teatro Sales dell’Istituto<br />

Salesiano (vedere alle pp. 16/18 di<br />

questo stesso numero) e il direttore<br />

della casa, don Renato Previtali, ha ufficialmente benedetto il vessillo.<br />

Ma non è tutto. Secondo quanto dichiarato dal presidente prof. Maurizio Bruni, è stato difficile<br />

scegliere il vincitore, vista la buona qualità degli elaborati e la fantasia espressa dagli studenti. Per<br />

questo, nonostante il bando non lo prevedesse, il Consiglio Ispettoriale ha ritenuto opportuno<br />

premiare tutto il gruppo degli allievi partecipanti, compreso il loro insegnante.<br />

È stata sicuramente una sorpresa e una bella soddisfazione per i ragazzi che hanno potuto vivere<br />

una significativa esperienza di lavoro insieme, mirata ad un lavoro reale e — una volta tanto —<br />

diversa dai quotidiani esercizi scolastici. Complimenti!<br />

37<br />

a cura dell’IFP Don Bosco


I ragazzi del coro<br />

Ho studiato otto anni all’Istituto Salesiano Sant’Ambrogio di Milano (medie, ginnasio e liceo<br />

classico). Grande, quindi, l’emozione quando nel 2004 scoprii che mio figlio Andrea avrebbe<br />

avuto come compagno di classe alle medie Alessandro, figlio del mio compagno di classe del liceo<br />

di trent’anni prima, Maurizio Borroni.<br />

Preside nel 2004 era don Carlo Montelaghi che nell’imminenza del Natale organizzava in refettorio<br />

la cena di classe con i ragazzi ed i genitori. Essendo numerosi si veniva divisi per sezioni.<br />

Noi della prima C occupammo il corridoio a lato del teatro Sales. Senza ancora saperlo lì si formò<br />

il gruppo. Canti, musiche ed un po’ di ballo fece conoscere i genitori tra di loro. Gli incontri<br />

in cortile al sabato, in attesa dell’uscita di scuola dei figli, fecero il resto.<br />

Ed allora ecco l’idea: perché non costituire un coro di adulti – occasionalmente tutti genitori di<br />

allievi salesiani – per accompagnare i ragazzi nei canti in occasione delle S. Messe principali<br />

dell’anno? Chi ci sta? Quindi, con l’inizio del nuovo anno scolastico 2005/2006, si costituì il gruppo<br />

che nella sua composizione originaria vedeva partecipanti: Maurizio Sala, Massimo Bologna,<br />

Maurizio Borroni, Daniele Chiavari, Domenico Clerici, Alberto Dallera, Giampiero Foglia,<br />

Carlo Marzorati, Claudio Perduca e Davide Recalcati. Si provava nel teatro Sales, inizialmente<br />

senza accompagnamento, poi con Eros Tavernar (exallievo salesiano anche lui) al pianoforte e<br />

Massimo Bologna alla chitarra.<br />

La prima nostra apparizione in pubblico fu alla messa di Natale della scuola media nel dicembre<br />

2005. Tuttò andò bene, tant’è che cantammo ancora alla festa di Don Bosco del gennaio 2006 ed<br />

in occasione di un successivo pellegrinaggio alla Basilica di Sant’Ambrogio nonché in Duomo,<br />

con prove tenute sotto la cripta.<br />

38


Dentro i cortili<br />

Il gruppo c’era e sempre più affiatato. Ai componenti originari, dopo la prematura scomparsa<br />

di Giampiero Foglia, si aggiunsero altri genitori di allievi, dapprima Claudio Leone e<br />

successivamente Giuseppe Caruso e Lorenzo Consonni, unitamente ad Alessandro Dome<br />

per meriti acquisiti alla tastiera. Al crescere dei figli, la presenza del coro superò il confine<br />

della scuola media per passare al liceo. Ma il cuore è alle medie, dove tutto è cominciato.<br />

A dirigere il coro – ed evitarne la gestione un po’ anarchica iniziale – venne simpaticamente<br />

costretto don Stefano Guastalla al quale subentrò il prof. Bacuzzi.<br />

L’emozione più grande: aver cantato, il 18 aprile 2009, sulla terrazza del Duomo di Milano<br />

alla presenza del Rettor Maggiore, in occasione della manifestazione organizzata da don<br />

Stefano Mascazzini. L’emozione che si rinnova ogni anno: la S.Messa per la festa di Don<br />

Bosco ed il mitico Giù dai colli, l’inno salesiano.<br />

39<br />

Maurizio Sala<br />

exallievo<br />

Il coro dei genitori del S.Ambrogio con il rettor maggiore dei salesiani, don Pascual Chávez Villanueva,<br />

al termine dell’esibizione sulla terrazza del Duomo di Milano, il 18 aprile 2009


Far crescere nella fede, nel contatto con gli uomini e le donne del nostro tempo,<br />

usando i mezzi messi a disposizione dall’era digitale in cui viviamo.<br />

Questo l’invito di papa Benedetto XVI in occasione della 44esima Giornata Mondiale<br />

delle Comunicazioni Sociali del 16 maggio <strong>2010</strong>. Perché le nuove tecnologie diventino<br />

una risorsa e un’opportunità per tutti i credenti, dato che nessuna strada va preclusa<br />

a chi, nel nome di Cristo, si avvicina all’uomo.<br />

Essere digitali<br />

Il computer? Internet? Facebook?<br />

Ma che roba è? Non lo so!<br />

E non ho complessi d’inferiorità!<br />

Mi sento ancora più libero,<br />

soprattutto dopo aver letto una frase<br />

nel libro “Magistrati dietro le sbarre”<br />

di Alberto Marcheselli:<br />

“Il computer è un cretino veloce,<br />

la penna ti costringe a pensare”.<br />

Ma… al di là di tutto,<br />

se il computer, internet, facebook,<br />

che servono spesso a nefandezze,<br />

possono servire a cose sante:<br />

ricordi, amicizie<br />

sfoghi per vecchie incomprensioni;<br />

se possono servire<br />

a perdonare<br />

e farsi perdonare,<br />

in poche parole,<br />

a costruire una società<br />

basata sull’amore,<br />

facciamo pure uso<br />

del computer, di internet, di facebook,<br />

con un avvertimento:<br />

prima scrivete con la penna<br />

e, quindi, con il cuore!<br />

SI’ all’amore, alla misericordia,<br />

al perdono, alla pace, alla vita;<br />

NO all’odio, alla persecuzione,<br />

alla vendetta, alla guerra, alla morte.<br />

Salvatore Grillo


Tra noi<br />

Poche parole e molti fatti<br />

«Poche parole e molti fatti: in questo detto è racchiuso il suo modo di essere, la sua storia, il legame<br />

alla sua gente. Poche parole durante gli anni fecondi di lavoro tra i giovani e a servizio generoso dei<br />

confratelli – poche parole (fino al silenzio) nel lungo periodo della malattia».<br />

Così l’Ispettore don Agostino Sosio ha salutato il sig. Angelo Sironi durante le esequie nella basilica<br />

di S.Agostino, alla presenza della comunità salesiana del S.Ambrogio, di numerosi allievi<br />

della scuola nella quale per tanti anni aveva insegnato e di amici e confratelli delle case vicine.<br />

Angelo Sironi – coadiutore salesiano scomparso il 13 ottobre<br />

2009 a 88 anni, dopo 66 anni di professione religiosa –<br />

era nato a Garbatola di Nerviano il 29 marzo 1921 e aveva<br />

iniziare a lavorare molto presto perché, dopo la prematura<br />

scomparsa del padre, era rimasto l’unico maschio della famiglia,<br />

con due sorelle da crescere. Però poi si licenziò dalla<br />

ditta per assecondare la sua vocazione religiosa ed approdò<br />

a Milano alla parrocchia di S.Agostino, iniziando la vita<br />

del coadiutore.<br />

Operò con slancio nella missione salesiana a Brescia, Iseo,<br />

Modena, Sesto San Giovanni, Chiari e, per diversi anni, insegnò<br />

Educazione tecnica alla scuola media del S.Ambrogio<br />

di Milano, dimostrando sempre grande passione educativa.<br />

Erano gli anni in cui il signor Angelo non conosceva ancora quei gravi problemi di salute – derivati<br />

anche da un aneurisma non operabile – che avrebbero finito per compromettere la sua attività<br />

con i ragazzi, ma anche il rapporto di dialogo con i confratelli, chiudendolo progressivamente<br />

in un lungo silenzio.<br />

Nel 2000, a causa delle peggiorate condizioni, venne trasferito nella casa-infermeria Don Quadrio<br />

di Arese, dove è stato amorevolmente assistito e curato fino all’ultimo giorno. Da vero figlio di<br />

don Bosco, egli ha saputo realizzare sempre l’impegno assunto nella domanda di ammissione al<br />

noviziato: «Ho ferma speranza, con l’aiuto di Dio, di continuare per tutta la mia vita il cammino che<br />

chiedo di iniziare».<br />

A un anno dalla sua prematura scomparsa, don Angelo Tengattini<br />

(già direttore del S.Ambrogio per molti anni) è stato ricordato il 12 gennaio<br />

con una solenne celebrazione pomeridiana nella basilica di S.Agostino,<br />

alla presenza di parenti, autorità, confratelli, exallievi e di molti studenti.<br />

La mattina stessa, i bambini delle elementari ne avevano già anticipato il ricordo,<br />

con una speciale messa in cappella e l’inaugurazione di una targa<br />

commemorativa nei locali della scuola primaria, da lui fortemente voluta<br />

e che poi aveva sempre seguito con grande attenzione.<br />

41


CARTELLONE<br />

L’Ispettoria Lombardo Emiliana ha vissuto<br />

un momento di grande festa domenica 13 settembre<br />

2009, in occasione delleProfessioni<br />

Perpetue e dei Giubilei, celebrati nella Basilica<br />

di S.Agostino. La giornata è stata resa<br />

particolarmente solenne dalla presenza del<br />

rettor maggiore, don Pascual Chávez. Durante<br />

la solenne concelebrazione, sette SdB<br />

e due FMA hanno espresso il loro sì definitivo<br />

a Dio secondo il carisma di don<br />

Bosco e di Madre Mazzarello.<br />

Il 28 <strong>febbraio</strong>, si è ripetuto ancora una volta il<br />

Trofeo don Bosco di pesca alla trota, importante appuntamento<br />

annuale nel quale si sono fronteggiati molti di coloro che stanno vivendo<br />

o che hanno vissuto parte del loro cammino con i salesiani di don<br />

Bosco. Come al solito, l’evento si è svolto presso il laghetto Morganda,<br />

in quel di Arese. Anche il programma, ben collaudato, è rimasto lo stesso:<br />

ritrovo di buon mattino, poi la competizione e la Santa Messa, concelebrata<br />

nella cappella del Centro Giovanile don Bosco di Arese, dove<br />

è stato infine servito il gustoso pranzo preparato dalle mamme del posto<br />

e impreziosito dai doni di don Luca che, anche in questa circostanza, si è mostrato molto generoso. Elevato<br />

il numero dei partecipanti, per la presenza di giovani e adulti provenienti da più case salesiane: Sesto<br />

San Giovanni, Treviglio e, ovviamente, Arese. Tra gli sponsor — che hanno fornito premi e coppe —<br />

L’oasi del pescatore e il Comune di Arese, presente con l’assessore a sport e tempo libero dott. Giudici.<br />

Fondamentale anche l’intervento di chi ha contribuito all’organizzazione: pescatori del posto, papà che<br />

hanno fatto la spola con le auto e mamme che si sono prodigate nel preparare il pasto.<br />

Dal n.54 (novembre 2009), il mitico Aeroplanino di carta ha un nuovo dorso,<br />

Whist, realizzato dai ragazzi più grandi: lo si può leggere sfogliando il<br />

fascicolo alla rovescia. Tra gli obiettivi dichiarati nel primo editoriale,<br />

il tentativo di affrontare problematiche più complesse di<br />

quelle abitualmente presenti nel tradizionale giornale. L’esordio<br />

è avvenuto alla grande con un’intervista esclusiva a mons.<br />

Loris F. Capovilla, che fu segretario particolare di papa Giovanni<br />

XXIII, realizzata dai giovani cronisti nella splendida residenza<br />

di Cà Maitino, a Sotto il Monte. Invece, sul n.55 (marzo<br />

<strong>2010</strong>), un forum con il ministro della difesa Ignazio La Russa,<br />

dedicato alle missioni di pace all’estero del nostro esercito ed all’invio<br />

di una portaerei ad Haiti per aiutare le popolazioni terremotate.


A rivestire i panni dell’ospite<br />

d’onore del S.Ambrogio per la<br />

tradizionale Festa di Don Bosco<br />

di fine gennaio è stato questa<br />

volta Massimo Moratti,<br />

con rigoroso ossequio della<br />

par condicio, in questo caso<br />

sportiva; l’anno scorso, infatti,<br />

il compito di venirci a trovare<br />

era toccato ad Ancelotti,<br />

altro versante calcistico meneghino,<br />

anche se ormai in procinto<br />

di migrare in Inghilterra.<br />

Accompagnato dalla moglie sig.ra Milly, il pluridecorato presidente dell’Inter è sceso prima al<br />

Teatro Sales per le premiazioni dei ragazzi della scuola Secondaria e poi ha continuato la sua<br />

visita nel cortile di via Tonale, per un ulteriore bagno di folla.<br />

Da alcuni mesi, una... presenza inquietante incombe a pochi<br />

passi dal S.Ambrogio. Si tratta del nuovo grattacielo della Regione<br />

Lombardia, costruito a ritmo vertiginoso (è proprio il<br />

caso di dirlo!) e che fra non molti mesi inizierà ad essere<br />

operativo. Intanto, domenica 31 gennaio il cardinale Dionigi<br />

Tettamanzi ha benedetto la copia della Madonnina<br />

posta sulla sua sommità, perché anche da questa angolazione<br />

essa protegga la città di Milano. Nell’immagine<br />

(© Carulli/Fotogramma), alle spalle dell’Arcivescovo,<br />

don Franco Sganzerla, prevosto di S.Agostino.


LA NOSTRA OFFERTA FORMATIVA<br />

ISTITUTO S.AMBROGIO<br />

Scuole paritarie aperte a ragazze e ragazzi<br />

Con ingresso da Via Copernico, 9<br />

tel. 02.67.62.71 fax 02.67.07.21.96 e-mail: direttore.milanosa@salesiani.it<br />

SCUOLA PRIMARIA<br />

SCUOLA SECONDARIA DI 1° GRADO<br />

LICEO CLASSICO E SCIENTIFICO<br />

www.salesianimilano.it<br />

Con ingresso da Via Tonale, 19<br />

tel. 02.67.13.15.11 fax 02.67.62.73.94 e-mail: direttore.milanosa@salesiani.it<br />

ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE (SETTORI: Grafi co, Meccanico, Elettromeccanico):<br />

ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE (con specializzazione in Arti Grafi che e Meccaniche):<br />

Arti Grafi che e Comunicazione, Meccanica e Automazione industriale.<br />

LICEO SCIENTIFICO-TECNOLOGICO.<br />

COLLEGIO <strong>PE</strong>R STUDENTI UNIVERSITARI<br />

Centro Paolo VI<br />

Via Rovigno 11/A<br />

tel. 02.28.41.83.8 02.26.13.72.6 fax 02.261.98.85 e-mail: direttore.milanods@salesiani.it<br />

Scuole Professionali don Bosco<br />

Istituto S.Ambrogio<br />

Salesiani di don Bosco - Milano<br />

MM2 (verde): Centrale e Gioia;<br />

MM3 (gialla): Sondrio e Centrale;<br />

Filobus 90-91-92;<br />

Autobus 42-43-60-81-83;<br />

Tram 2-5-33<br />

AUTOBUS INTERURBANI:<br />

8/a Milano-Bresso (P.zza IV novembre);<br />

8/b Milano Sesto S.G.-Monza (via<br />

Sammartini); Milano-Cinisello<br />

Collegio Universitario - Centro Paolo VI<br />

Zona Turro-Gorla:<br />

MM1 (rossa): Turro

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!