Il <strong>Redone</strong> La Parola del Parroco Carissimi parrocchiani, vi scrivo appena dimesso dall’ospedale. Nell’ultimo periodo di tempo una serie di fattori h<strong>anno</strong> inciso sulla mia salute: il susseguirsi di avvenimenti lieti e tristi, i molteplici impegni, le celebrazioni di eventi liturgici e sacramentali, le difficoltà nella gestione della comunione pastorale, l’aumentato del numero delle morti di persone conosciute e amate, soprattuttto la morte di Don Francesco, mio predecessore nella guida di questa parrocchia, ma anche “Padre Spirituale” del mio primo <strong>anno</strong> di seminario, la sofferenza di tanti nostri parrocchiani segnati dalla croce della malattia......., tutto questo, per il mio carattere emotivo, ha inciso sulla mia salute. Dopo aver vissuto il mese di giugno sotto il peso della stanchezza e con qualche sintomo di cedimento della mia salute, nel desiderio di concludere gli ultimi impegni pastorali prima di concedermi una pausa di riposo estivo, proprio subito dopo le festività patronali, inaspettatamente, il Signore ha voluto propormi un riposo obbligato in ospedale. Una ischemia, fortunatamente non eccessivamente invasiva, mi ha creato alcuni problemi neurologici - 4 - che spero superare con il tempo. Ecco perchè questo numero del <strong>Redone</strong> esce in ritardo e senza aver potuto sottolineare il ricordo di don Francesco ripromettendomi di farlo con un numero speciale a lui dedicato. Come mi è stato detto dai medici, l’attuale cedimento della mia salute è stato solo un campanello di allarme. Certamente il Signore ha voluto dirmi che d’ora in poi dovrò delegare un po’ di più i tanti impegni e attività pastorali che mi sobbarcavo, incluso l’impegno della redazione di questo periodico parrocchiale e sarà un vantaggio per tutti: per me che sento il bisogno di dedicarmi di più alla preghiera, al ministero pastorale e all’incontro con le persone, per la parrocchia perchè si former<strong>anno</strong> persone responsabili della gestione di ogni ambito dell’attività pastorale. Se questo sarà il frutto di questo incidente di percorso, insieme renderemo grazie a Dio che attraverso le croci della vita genera sempre nuovi spazi di risurrezione. (non tutto il male vien per nuocere). Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo. C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante. Un tempo per uccidere e un tempo per guarire, un tempo per demolire e un tempo per costruire. (Qoelet 3,1 ss) Non posso non rendere grazie e lode per il grande impegno dei tanti collaboratori della nostra parrocchia che, ormai da tempi immemorabili, h<strong>anno</strong> tracciato in ogni momento dell’<strong>anno</strong> sentieri propizi per il servizio educativo dei ragazzi, degli adolescenti e dei giovani. Quei sentieri tanto simili ai viottoli di Don Saverio montagna, di cui non si sa bene chi per primo li abbia tracciati, ma che si rivelano utili per il cammino e rispettosi dei campi. E ogni <strong>anno</strong> ne trovi di nuovi, appena segnati o già collaudati. E proprio durante l’estate è significativo cogliere che il passo fedele e costante della quotidianità educativa si attiva in ritmi nuovi, in voli acrobatici verso orizzonti sempre nuovi nelle molteplici attività di questo periodo. E quello che durante il corso dell’<strong>anno</strong> non ha potuto essere detto trova nell’estate linguaggi e intensità nuovi. È il tempo in cui è possibi- le incontrarsi di più, ascoltarsi di più, in cui si può aprire il cuore e la mente a nuovi dialoghi educativi, a nuovi confronti di fede, a nuova disponibilità e preghiera. Un primo grazie va allora a tutti coloro che col tempo o la preghiera h<strong>anno</strong> dato una mano. E una esortazione: che la festa del servizio educativo continui sui binari nuovi dell’estate, in progetti ed esperienze che vadano oltre i nostri cancelli e le aule dei nostri ambienti. Nei giardini e ai crocicchi de nostro paese. Per essere una presenza che testimonia un dialogo, un incontro, una disponibilità già ricche di un grande significato. Mi auguro allora che ogni “tempo” e “luogo” diventi momento di grazia, di amore concreto. Che sa guardare e sa vedere! Che sa esserci! Che offre un tempo dove le cose che non possono essere dette, possono essere cantate nella musica gioiosa del servizio e della disponibilità. Un secondo invito lo rivolgo ai tanti animatori che vivono il loro essere chiesa nel servizio educativo dell’estate. Pare proprio che con giugno da ogni angolo della nostra parrocchia emergano numerosi volti di “animatori nuovi”. Disponibili perché l’estate sia festa di gioia e di passione di vita. A loro chiedo un impegno forte e serio. Verso se stessi: non basta diventare educatori perché la scuola è finita, o per stare con i propri amici. Educatore è chi sa tirar fuori da - 5 - Il <strong>Redone</strong> se stesso cose grandi, valori entusiasmanti, amicizie gratuite, ricerca appassionata di sé e di Dio. Che “anima” darete ai campeggi, ai campi scuola, ai grest e ai follest se non avete un’anima che canta la gioia di essere persone vere, che canta il Signore della vita cercato e incontrato? Chiedete voi stessi cose grandi ai vostri sacerdoti. Perdere le ragioni del vivere è perdere se stessi. Anche se si fa animazione. Trovare ed offrire le ragioni del vivere è offrire la più bella testimonianza, è compiere il grande gesto della carità e della verità. Una terza parola vorrei dire pensando ai desideri, spesso contrastanti, che albergano nel cuore dei giovani e dei ragazzi vivi, ma a responsabilità limitata, assistiti, ma solitari, assicurati, ma insicuri. Offriamo loro il tempo. Il tempo del credere. Il tempo per riflettere. Il tempo per gioire o il tempo per mettersi al servizio. Le esperienze che andiamo progettando siano sempre cariche di amore alla persona del ragazzo e del giovane. Non siano uno scimmiottare “il fare le vacanze”. Le solite vacanze che comunque già vivrebbero in famiglia o con gli amici. Grest, campeggi, campi scuola, soggiorni marini siano l’occasione per offrire momenti decisamente diversi da quelli che per tanti mesi h<strong>anno</strong> posseduto la vita. Recuperando un termine desueto, vorrei dire offriamo esperienze alternative, perché vere. Vere nella fede. Vere di umanità accogliente. Non abbiamo paura nell’indicare cammini impegnativi. Con pazienza e con forza. E infine, un augurio: cresca la letizia perché aumenta la libertà cristiana sorgente della verità e dell’amore. È quanto dire: da Gesù Cristo. Don Angelo