campania/direzione/01 ... 30/11/09 - Corriere del ...
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12 Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong> <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> Mezzogiorno Lunedì <strong>30</strong> Novembre 20<strong>09</strong><br />
13<br />
NA NA<br />
CREATIVITÀ<br />
Giuseppe Attolini (classe ’71) Matilde Durante (classe ’81) Luca Rubinacci (classe ’81) Francesco Scognamiglio (classe ’75)<br />
Con ago e forbici<br />
alla conquista<br />
<strong>del</strong> mondo<br />
Giuseppe Attolini, classe 1971, è entrato<br />
nell’azienda di famiglia a 18 anni. Ma fin<br />
dai 16 ha lavorato a fianco al padre durante<br />
l’estate. Terza generazione <strong>del</strong>la sartoria<br />
Attolini, insieme con il fratello Massimiliano, ha<br />
dato una svolta rispetto al passato promuovendo<br />
una moda classica ma con spinte più moderne, senza<br />
mai perdere di vista la classe. E con idee sempre<br />
chiarissime. La rete di distribuzione, ad esempio.<br />
L’azienda lavora soprattutto sull’export. L’80 per<br />
cento <strong>del</strong>le produzioni è infatti riservato ai mercati<br />
stranieri. Gli Stati Uniti, l’Europa e gli Emirati Arabi<br />
con una attenzione speciale a Dubai. Ma Giuseppe<br />
vuole concentrarsi anche su altri fronti. Il suo pallino<br />
è infatti presentare ai clienti le collezioni in una<br />
cornice sublime. Dove possibile, andare oltre i corner<br />
— seppur prestigiosissimi — di negozi selezionati<br />
in tutto il mondo. E la recentissima inaugurazione<br />
di uno showroom elegantissimo, in via Filangieri<br />
a Napoli, ben rappresenta questa spinta verso<br />
il futuro. Sono i monomarca, infatti, il nucleo centrale<br />
<strong>del</strong>la crescita <strong>del</strong>l’azienda. E dopo Napoli —<br />
ondeggiamenti dei mercati internazionali permettendo<br />
— si arriverà a New York, Mosca e Londra.<br />
Intanto i fatturati parlano con chiarezza. Il trend di<br />
crescita è attestato su una media superiore al 20 per<br />
cento l’anno. Merito <strong>del</strong> lavoro che — ago e forbici<br />
— viene fatto ancora a mano su tessuti che arrivano<br />
prevalentemente da Scozia e Inghilterra e <strong>del</strong>le<br />
interessanti introduzioni sul fronte <strong>del</strong> total look. È<br />
questa la <strong>direzione</strong> impressa dal giovane Attolini. E<br />
indietro non si torna.<br />
A. P. M.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Una designer<br />
apre le porte<br />
sul lusso<br />
Matilde Durante, 28 anni, è la responsabile<br />
Design & Innovation <strong>del</strong> gruppo Nusco<br />
porte. Laureata in Ingegneria Aerospaziale<br />
e con alle spalle numerose<br />
esperienze aziendali, svolge per l’azienda l’attività<br />
di designer curando sia la progettazione sia la realizzazione<br />
tecnica <strong>del</strong> prodotto. La sua sfida è quella di<br />
coniugare le qualità formali ed estetiche di una porta<br />
attraverso la conoscenza e l’uso di materiali, tecnologie<br />
e processi di produzione. Dal suo estro e dalla<br />
sua visione creativa è nata la collezione Nusco Porte<br />
più prestigiosa ed innovativa, la Linea Diamonds,<br />
che segna il debutto <strong>del</strong>l’azienda nell’esclusivo mercato<br />
<strong>del</strong> lusso e che rappresenta il frutto concreto<br />
<strong>del</strong>la ricerca e <strong>del</strong>la sperimentazione di nuove frontiere<br />
espressive per il settore porta.La Linea Diamonds<br />
rappresenta quindi una proposta innovativa nel<br />
mercato di riferimento, presentando la porta non solo<br />
come complemento puramente funzionale ma come<br />
oggetto d’arredo centrale che combina design e<br />
arte e che si posiziona negli spazi, da protagonista,<br />
ridefinendone gli equilibri. Pensate per una clientela<br />
esigente e sicuramente alla ricerca <strong>del</strong>l’esclusività,<br />
le porte Diamonds sono adatte a location che impongono<br />
scelte d’arredo non convenzionali — dimore<br />
esclusive, yacht, hotel de charme e luxury resort<br />
— abbinando il lusso con uno stile misurato. Insomma<br />
il fatturato di grande livello <strong>del</strong>l’azienda campana<br />
ruota anche intorno all’intuizione <strong>del</strong>la giovanissima<br />
designer che ha intuito la possibilità di giocare<br />
con un elemento d’arredo rilanciando verso una dimensione<br />
preziosa.<br />
A. P. M.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
A lato,<br />
Matilde<br />
Durante<br />
Sopra,<br />
Giuseppe<br />
Attolini<br />
L’editoriale<br />
PERCHÉ CREDO NEI GIOVANI<br />
di ENZO GIUSTINO<br />
SEGUE DALLA PRIMA<br />
I paesi <strong>del</strong>l’Opec, principali detentori <strong>del</strong>le<br />
risorse petrolifere, intendevano imporre all’intera<br />
economia mondiale le proprie condizioni.<br />
Schreiber in un suo famoso libro —<br />
«La sfida mondiale» — citò il documento di<br />
Taif, con cui veniva definito un accordo tra<br />
paesi produttori di petrolio, addirittura per<br />
dar vita a un nuovo ordine mondiale.<br />
Le reazioni a tutto questo furono sostanzialmente<br />
due. La prima, costituita dall’inconvertibilità<br />
<strong>del</strong> dollaro, in deroga agli accordi<br />
di Bretton Woods, con cui veniva garantito<br />
l’equilibrio monetario internazionale.<br />
La seconda, costituita dalla reazione <strong>del</strong><br />
mondo industriale <strong>del</strong>l’Occidente. Con la corsa<br />
all’innovazione tecnologica, di processo e<br />
di prodotto, che poneva a disposizione <strong>del</strong>la<br />
produzione e dei servizi, tutto l’immenso patrimonio<br />
di ricerca, di progresso scientifico e<br />
tecnologico che si era andato creando per la<br />
conquista <strong>del</strong>lo spazio. Scriveva Naisbitt a<br />
questo proposito che «anziché farci guardare<br />
verso l’esterno, verso lo spazio, l’epoca dei<br />
satelliti ha fatto rivolgere il globo terrestre<br />
verso se stesso».<br />
Ecco quegli anni furono entusiasmanti per<br />
i giovani <strong>del</strong>l’epoca. Nei luoghi di lavoro, nelle<br />
Università, nei centri di ricerca, nei circoli<br />
culturali, in quelli sportivi. E anche allora<br />
molti giovani si recavano altrove, all’estero,<br />
per vivere intensamente e con maggiori pos-<br />
sibilità le prospettive di quel tempo.<br />
A questo punto vale la pena di chiedersi, a<br />
proposito dei giovani, sono quelli attuali meno<br />
felici rispetto al passato? Io penso e credo<br />
di no. I giovani di oggi hanno l’esaltante prospettiva,<br />
direi anche la responsabilità, di far<br />
riprendere il cammino all’Europa. Di scuoterla<br />
dal torpore che la caratterizza, a causa <strong>del</strong>la<br />
crisi finanziaria ed economica in atto. Crisi<br />
che qui in Europa induce alla riscoperta <strong>del</strong><br />
protezionismo e <strong>del</strong>l’isolamento, nemici questi<br />
da abbattere, perché sono all’origine di<br />
ogni guerra. Oggi ai giovani incombe il compito<br />
di riabilitare l’Europa nel suo ruolo di<br />
«motore <strong>del</strong> mondo». Di realizzare gli obiettivi<br />
<strong>del</strong>la conoscenza, <strong>del</strong>lo sviluppo sostenibile,<br />
<strong>del</strong>la solidarietà sociale. Il sogno europeo,<br />
insomma, come lo definì Jeremy Rifkin. Ve<br />
ne sarebbero, oggi ve ne sono, tutte le condizioni.<br />
Specie con l’entrata in vigore <strong>del</strong>l’ultimo<br />
trattato di Lisbona, che come sappiamo<br />
supera la fase istituzionale e pone, come è<br />
stato affermato, il cittadino al centro <strong>del</strong> progetto<br />
europeo. Soprattutto i giovani di oggi.<br />
Quelli che già lavorano, quelli che ancora studiano,<br />
quelli che si preparano per più avanzati<br />
traguardi professionali, quelli che già intraprendono.<br />
I più giovani insomma. Essi dovrebbero<br />
avere coscienza che il momento attuale<br />
non è dissimile da quelli <strong>del</strong> passato.<br />
Da quelli cioè che hanno impresso un notevole<br />
impulso alla civiltà, alla solidarietà e al<br />
progresso. E questo vale soprattutto per il<br />
Mezzogiorno. Un’area questa in cui sussiste,<br />
senza possibilità di equivoci, la responsabili-<br />
tà di noi più anziani per non aver creato le<br />
condizioni sufficienti a porre i giovani in grado<br />
di realizzare i loro sogni. Per riproporre<br />
l’ammonimento di Einstein secondo il quale<br />
l’umanità per sopravvivere «dovrà impadro-<br />
L’illustrazione di copertina è di Daniela Pergreffi<br />
nirsi di un modo sostanzialmente nuovo di<br />
pensare». Un richiamo ancora oggi attuale,<br />
perché le trasformazioni che caratterizzarono<br />
gli anni Sessanta e Settanta, definite a suo<br />
tempo «epocali», sono ancora in essere. Soprattutto<br />
è ancora pienamente attuale la velocità<br />
<strong>del</strong> cambiamento, la velocità con cui<br />
quelle trasformazioni si determinarono e ancora<br />
oggi si determinano. Pochi giorni fa abbiamo<br />
accertato che i giovani imprenditori<br />
nel loro convegno di Capri, «scrutando i nuovi<br />
orizzonti» come è nella loro missione, hanno<br />
individuato nell’integrazione euro-mediterranea<br />
uno strumento decisivo per il rilancio<br />
<strong>del</strong>l’Europa nel nuovo sistema degli equilibri<br />
mondiali. Tra l’altro con lo scopo di impostare<br />
una strategia con la Federazione Russa,<br />
gli Stati Uniti, la Cina e l’India. Due Paesi,<br />
questi ultimi, va osservato, il cui ingresso sui<br />
mercati ha rivalutato il Mediterraneo e quindi<br />
i nostri mari. Qualcosa che non trovava allora,<br />
come non trova tuttora, si commentò a<br />
suo tempo, nessun riscontro nella storia <strong>del</strong>l’umanità.<br />
Negli anni Ottanta, in una conversazione<br />
al Rotary sulle «nuove professioni», ebbi modo<br />
di rievocare con maggiori dettagli le profonde<br />
mutazioni che si prospettavano. Conclusi<br />
quella conversazione citando l’espressione<br />
con cui Naisbitt chiudeva le sue «Macrotendenze».<br />
Un’espressione valida ancora<br />
oggi specie per i più giovani ma anche per i<br />
quarantenni: «Mio Dio, che tempo fantastico<br />
per vivere».<br />
Tra i 50 uomini<br />
più eleganti<br />
<strong>del</strong> pianeta<br />
Francesco<br />
Scognamiglio<br />
e, nella foto<br />
a sinistra,<br />
Luca<br />
Rubinacci<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Ènella classifica — stilata da GQ United Kingdom<br />
— dei cinquanta uomini più eleganti<br />
<strong>del</strong> mondo. Ed è l’unico italiano a essere<br />
stato incluso, nella parte alta <strong>del</strong>la lista,<br />
nel club di questi nuovi Lord Brummel. Luca Rubinacci,<br />
figlio di Mariano Rubinacci, nipote di don<br />
Gennaro, detto Bebè — che nell’atelier di via Filangieri<br />
ha disegnato quella che è passata alla storia<br />
come «la giacca napoletana» e ha vestito personaggi<br />
<strong>del</strong> calibro di Curzio Malaparte, Eduardo De Filippo,<br />
Vittorio De Sica e molte teste coronate — ha<br />
un armadio che per proporzioni, provocazioni cromatiche<br />
e accostamenti audaci ricorda quello di<br />
Oscar Wilde o Gabriele d’Annunzio. Un dandy che<br />
ama osare, stupire, rimescolare le carte e che è stato<br />
protagonista con il suo stile all’ultimo festival<br />
<strong>del</strong> cinema di Venezia, dove ha portato smoking<br />
bianchi e neri e un profluvio di abiti stipati in diversi<br />
bauli.<br />
Luca vive fra Milano, Londra e New York e segue<br />
le sartorie di famiglia dedicandosi alla clientela<br />
internazionale. Il rampollo di casa Rubinacci è<br />
indicato come uno dei testimonial più autorevoli<br />
<strong>del</strong>l’eleganza maschile made in Neaples. Complice,<br />
probabilmente, anche la copertina — e le venti<br />
pagine — che la prestigiosa rivista di moda «The<br />
Rake» gli ha dedicato. Un servizio sulla storia <strong>del</strong>l’atelier<br />
di famiglia — con foto di papà Mariano,<br />
mamma e sorelle — e un altro sull’eleganza. Un<br />
servizio per il quale ha indossato esclusivamente<br />
abiti <strong>del</strong> proprio armadio.<br />
Anna Paola Merone<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Lo stilista timido<br />
che veste Madonna<br />
e Lady Gaga<br />
Francesco Scognamiglio è nato a Pompei<br />
nel 1975. Dopo aver studiato presso l'Istituto<br />
Europeo <strong>del</strong> Design, ha iniziato a collaborare<br />
con alcune importanti case di moda,<br />
fra cui la maison Versace.<br />
Per lui il 1998 è un anno importante: Scognamiglio<br />
apre la sua prima boutique monomarca. Due<br />
anni dopo, nel 2000, esordisce finalmente nel campo<br />
<strong>del</strong>l’alta moda. Sfila a Palazzo Barberini con una<br />
collezione ispirata alla moda degli anni Ottanta. È<br />
solo l’inizio di una strada che porta diritto ad Hollywood.<br />
Nel 2007 Scognamiglio disegna gli abiti per Eva<br />
Riccobono, in occasione <strong>del</strong> Festival <strong>del</strong> cinema di<br />
Venezia. Il 28 febbraio 2008 Paola e Chiara indossano<br />
le sue creazioni sul palcoscenico <strong>del</strong> Teatro Ariston<br />
per il Festival di Sanremo. Ed è questo l’anno<br />
in cui il ragazzo di Pompei — timido e talentuoso<br />
— spicca il volo. È l’anno in cui una regina indiscussa<br />
<strong>del</strong>lo showbitz internazionale lo nota e vuole assolutamente<br />
qualcosa di suo da indossare. Madonna<br />
vede una sua sfilata e attraverso la sua stylist,<br />
Arianne Phillips, gli chiede degli abiti che indosserà<br />
in tournée, per la locandina dei concerti e per il<br />
video »Give it 2 me». Il marchio diventa così popolare<br />
anche negli Stati Uniti. L’ultima star in ordine<br />
di tempo che Scognamiglio ha vestito è Lady Gaga.<br />
Nel 20<strong>09</strong> lo stilista debutta nel campo <strong>del</strong>la moda<br />
maschile, durante Pitti Immagine Uomo, con il marchio<br />
Allegri di cui è direttore creativo. Fortissimo<br />
resta il suo legame con la Campania.<br />
A. P. M.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA